Insegnamento: Equazioni alle derivate parziali II Anno Accademico

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Insegnamento: Equazioni alle derivate parziali II
Docenti: Cecilia Cavaterra ed Elisabetta Rocca
e-mail: [email protected] [email protected]
Anno Accademico e semestre: 2008/2009 – II semestre
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Prologo: A causa di impegni scientifici improrogabili, purtroppo non possiamo presentare il corso di Equazioni alle derivate parziali II nelle giornate dedicate a tale scopo.
Ci scusiamo per l’inconveniente e per ovviare alla nostra assenza abbiamo deciso di illustrarne brevemente i contenuti e le motivazioni con questa modalità. Se qualche
studente volesse ricevere ulteriori informazioni, parlando con noi di persona, lo invitiamo a inviarci un messaggio di posta elettronica per concordare un appuntamento.
Siamo comunque disponibili a fissare, in una data successiva al 28/09/2008, un breve
incontro con tutte le persone interessate a seguire il corso.
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Presentazione
Che cosa sono le equazioni alle derivate parziali (EDP)?
Una equazione alle derivate parziali è una equazione della forma
F (x, u, uxi , uxi xj , . . . ) = 0
dove u = u(x) = u(x1 , . . . , xn ) è una funzione (eventualmente vettoriale) di n variabili
2u
∂u
(generalmente reali). Per semplicità, qui usiamo le notazioni uxi = ∂x
, uxi xj = ∂x∂i ∂x
i
j
e via di seguito. L’ordine di una EDP è il massimo grado di derivazione con cui vi
compare u. L’equazione si dice lineare se F è lineare rispetto a u e a tutte le sue
derivate. In caso contrario si dice non lineare.
A cosa servono le EDP?
Nella descrizione di numerosi fenomeni nelle scienze applicate, si fa uso di modelli
matematici. Per modello matematico si intende un insieme di equazioni in grado di
descrivere le caratteristiche principali di un dato fenomeno (p. es., il moto di un satellite
intorno alla terra) e di prevederne e controllarne certi aspetti (p. es., la posizione del
satellite ad un istante dato). Storicamente la modellistica matematica trova le sue radici
nella fisica e nella chimica ma, più recentemente, ha assunto un ruolo fondamentale
anche in discipline come la finanza, la biologia, l’ecologia, la medicina o in attività
industriali quali, ad esempio, il funzionamento dei reattori nucleari, la generazione e la
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distribuzione di elettricità, il controllo del traffico. Un modello matematico è ottenuto
combinando alcune leggi generali della fisica (leggi di Newton della dinamica, legge
di conservazione della massa, legge di conservazione dell’energia, ecc.) con relazioni
costitutive di natura sperimentale che dipendono dal fenomeno in esame (legge di
Fourier per il flusso di calore, legge di Ohm per la corrente elettrica, ecc.). Il risultato
a cui si perviene è una equazione o un sistema di equazioni alle derivate parziali.
Che cosa sono le EDP di evoluzione e a cosa servono?
In numerosi fenomeni delle scienze applicate, le grandezze di cui si vuole dare una
descrizione dipendono da più variabili delle quali una assume un ruolo privilegiato: il
tempo. Studiare la dipendenza dal tempo (oltre che dallo spazio) di queste grandezze
(ad esempio la temperatura di un materiale, la densità di una popolazione, l’ampiezza di
un’onda, ecc.) è di fondamentale importanza nelle applicazioni, per poterne prevedere
lo sviluppo ed eventualmente controllarlo. In tale contesto, i relativi modelli matematici sono costituiti da EDP (o sistemi di EDP) che vengono chiamate di evoluzione.
Nella maggior parte dei casi significativi da un punto di vista applicativo, le EDP di
evoluzione sono riconducibili alla forma (detta normale)
ut = F (t, x, u, uxi , uxi xj , . . . )
dove t è la variabile che rappresenta il tempo e u = u(t, x). Le EDP di evoluzione sono
una generalizzazione delle equazioni differenziali ordinarie (EDO)
ut = F (t, u)
dove u = u(t) è una funzione a valori in Rm . Si osservi che, nel caso delle EDO,
le soluzioni possono essere viste come curve in uno spazio di dimensione finita
(t 7→ u(t) ∈ Rm ). Estendendo questa interpretazione geometrica, le soluzioni di una
EDP di evoluzione risultano invece essere curve parametrizzate rispetto al tempo (dette
anche traiettorie) in uno spazio funzionale (t 7→ u(t, ·)), quindi in uno spazio di
dimensione infinita.
Quali sono degli esempi significativi di EDP di evoluzione?
1. Equazione del trasporto
ut + v · ∇u = 0
Descrive il trasporto lungo un canale di un agente inquinante la cui concentrazione è
u. Il vettore v indica la velocità della corrente.
2. Equazione del calore
ut − D∆u = 0
Descrive la propagazione del calore in un mezzo omogeneo, dove u è la temperatura
del mezzo e D > 0 è il coefficiente di diffusione termica del materiale.
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3. Equazione delle onde
utt − c2 ∆u = 0
Descrive la propagazione di onde (sonore, elettromagnetiche) nel vuoto, dove u è
l’ampiezza dell’onda e c è la sua velocità di propagazione.
4. Equazione del telegrafo
utt − c2 uxx + k 2 ut = 0
Descrive la trasmissione di impulsi elettrici attraverso un cavo quando vi siano perdite
di corrente a terra rappresentate dal termine di dissipazione k 2 ut .
5. Equazione di reazione e diffusione
ut − D∆u = au − bu2
Descrive la crescita di una popolazione di individui la cui densità è u. La crescita
è soggetta a diffusione (D∆u, dove D > 0) ed è controllata dal termine di reazione
a secondo membro. Qui il tasso intrinseco di crescita è a > 0, mentre gli effetti del
sovraffollamento sono descritti dal termine non lineare −bu2 , dove b > 0.
6. Sistema di Navier Stokes
(
ut − ν∆u + u∇u + ∇p = 0
div u = 0
Descrive il moto di un fluido viscoso, omogeneo e incomprimibile. Qui u è la velocità
del fluido, p è la pressione, e ν è la viscosità.
7. Sistema di equazioni di Maxwell (nel vuoto)

Et − rot B = 0



 B + rot E = 0
t

div
E=0



div B = 0
Le prime due equazioni sono le leggi di Ampère e di Faraday, mentre le seconde due
sono le leggi di Gauss. Qui E è il campo elettrico mentre B è il campo magnetico.
Ricordiamo altri esempi significativi di EDP di evoluzione, vale a dire: l’equazione
della piastra vibrante (meccanica), l’equazione dei mezzi porosi (chimica), l’equazione
di Black e Scholes (finanza matematica), l’equazione di Schroedinger (meccanica quantistica).
Quali sono i problemi principali relativi alle EDP di evoluzione?
In generale, per poter risolvere qualunque problema relativo alle EDP di evoluzione
occorre preventivamente associare loro un insieme opportuno di condizioni iniziali nel
tempo (esattamente come nel caso delle EDO). Inoltre, poiché le soluzioni delle EDP di
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evoluzione sono funzioni oltre che del tempo anche dello spazio, in molti casi applicativi
è naturale avere anche delle condizioni al contorno, ovvero alla frontiera dell’insieme in
cui sono definite le variabili spaziali. Meno di frequente si incontrano infatti problemi
ambientati in tutto lo spazio. Vengono cosı̀ definiti i problemi alle condizioni iniziali e
al contorno. Per tali problemi le questioni principali da investigare sono le seguenti:
• Esistenza di almeno una soluzione
• Unicità della soluzione
• Dipendenza continua dai dati (ad esempio dai dati iniziali e al contorno)
• Regolarità della soluzione
• Comportamento della soluzione per t → +∞
• Approssimazione numerica della soluzione
• Identificazione di parametri (problemi inversi)
Quando un problema possiede le prime tre proprietà si dice che è ben posto nel senso
di Hadamard.
In questo corso noi ci occuperemo solamente dei primi cinque temi. Tuttavia,
lo studio della buona positura di un problema e l’analisi della regolarità della sua
soluzione sono risultati preliminari sia per i problemi di approssimazione numerica che
per i problemi inversi, argomenti importanti dal punto di vista applicativo.
Come si studia la buona positura di problemi alle condizioni iniziali e al
contorno?
Affinchè un problema sia significativo, la prima proprietà che è necessario provare è
l’esistenza di almeno una soluzione. A questo scopo la scelta del quadro funzionale in
cui ambientare il problema diventa di fondamentale importanza. Per esempio, si può
scegliere di ambientare le equazioni in spazi classici di funzioni C k oppure, come in
questo corso, di usare gli spazi di Sobolev e di intendere quindi le equazioni in senso
distribuzionale o variazionale. In molti problemi associati alle EDP, quest’ultima è una
scelta obbligata poiché per mostrare l’esistenza di una soluzione si deve ampliare la
classe di soluzioni ammissibili, talvolta a scapito dell’unicità. La migliore ambientazione
funzionale dovrebbe essere quella in cui si riescono a provare entrambe le cose.
Riguardo ai metodi, è naturale pensare che questi possano venire suggeriti dalle
EDO, di cui le EDP di evoluzione (come già osservato in precedenza) sono una generalizzazione. In alcuni casi infatti, i problemi associati alle EDP di evoluzione si possono
riformulare come problemi di punto fisso e i risultati di buona positura, per lo meno
locali nel tempo, possono essere provati tramite generalizzazioni opportune del teorema
delle contrazioni. Più in dettaglio, nel caso delle EDP il procedimento dimostrativo
può essere schematizzato nei seguenti punti:
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• approssimazione: si sostituisce il problema originale con una famiglia (una successione) di problemi più semplici, di cui si sa provare la buona positura, e le cui
soluzioni convergano in qualche senso alla soluzione del problema originale;
• stime a priori: sono ottenute, ad esempio, moltiplicando l’equazione approssimante con funzioni opportune della soluzione approssimante;
• passaggio al limite: in generale, grazie alle stime a priori, che permettono di
applicare teoremi di compattezza o compattezza debole ad hoc, è possibile passare
rigorosamente dal problema approssimante a quello originale.
L’unicità e la dipendenza continua dai dati iniziali e al contorno si ottengono generalmente studiando i problemi associati alla differenza di due soluzioni e sfruttando
proprietà di monotonia e/o di lipschitzianità.
Perché studiare il comportamento per tempi grandi delle soluzioni di EDP
di evoluzione?
In numerosi problemi di evoluzione si rende necessario studiare il comportamento delle
grandezze in esame quando il tempo diventa grande, ovvero per t → +∞. Si pensi,
ad esempio, alla previsione della crescita di una o più popolazioni di individui in un
ambiente isolato oppure al controllo della temperatura del combustibile in un reattore
nucleare. In particolare, lo studio del comportamento asintotico delle soluzioni dei
modelli non lineari è di grande rilevanza poiché in generale è difficile predire se il sistema evolverà verso uno stato stazionario, ovvero una soluzione non dipendente dal
tempo, oppure se mostrerà un comportamento più complesso, eventualmente caotico.
Questo tipo di analisi è alla base di un importante campo di ricerca noto come teoria
dei sistemi dinamici. Tale teoria è stata ampiamente sviluppata a partire dal secolo
19-esimo, nel caso delle EDO. Più recentemente, è stata estesa con successo alle EDP,
dando luogo alla teoria dei sistemi dinamici infinito dimensionali.
Che cos’è un insieme assorbente? Che cos’è l’attrattore globale?
In molti fenomeni naturali sono presenti vari tipi di dissipazione (ad esempio, la viscosità, la frizione, la perdita di calore). Questo aspetto caratterizza quelli che vengono
chiamati sistemi dinamici dissipativi. Da un punto di vista matematico, un sistema
dinamico si dice dissipativo se ammette un insieme assorbente, ovvero se esiste un
insieme G, limitato nello spazio infinito dimensionale in cui sono definite le traiettorie,
tale che tutte le traiettorie che partono da un qualsiasi insieme limitato dopo un certo
istante t∗ entrano in G.
Una ulteriore proprietà significativa è l’esistenza dell’attrattore globale, ovvero del
più piccolo insieme compatto A che attrae uniformemente (secondo una opportuna
definizione di convergenza) tutte le traiettorie che partono da un qualsiasi insieme
limitato. Per alcuni sistemi dinamici è possibile dimostrare che l’attrattore A (che
è un sottoinsieme compatto di uno spazio infinito dimensionale) possiede dimensione
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frattale finita (una generalizzazione della comune dimensione geometrica). Si osservi
quindi che in tali casi la dinamica a lungo termine di un sistema infinito dimensionale
è in realtà controllata solamente da un numero finito di parametri. Questa proprietà
può essere di aiuto ad esempio per l’implementazione di schemi di approssimazione
numerica delle soluzioni.
Quali prerequisiti ci vogliono per seguire questo corso?
Per poter seguire il corso senza particolari difficoltà occorre conoscere le definizioni e
le principali proprietà relative ai seguenti argomenti: spazi di Banach, spazi di Hilbert,
spazi Lp , spazi duali, convergenze deboli, operatori compatti e loro spettro. Inoltre è
consigliato possedere conoscenze di base sulle EDP di tipo ellittico.
Nel caso qualche studente fosse interessato a seguire il corso ma ritenesse di avere
qualche lacuna sui prerequisiti, è invitato vivamente a contattarci prima possibile per
consigli e suggerimenti su come colmare tali lacune.
Quali sono le modalità d’esame?
L’esame consisterà in una prova orale in cui lo studente dovrà mostrare di avere appreso i concetti principali illustrati durante il corso. Verranno inoltre richieste alcune
dimostrazioni di teoremi che verranno esplicitamente segnalati al momento della stesura
del programma definitivo.
È prevista inoltre la possibilità di sostituire la parte della prova orale relativa alle dimostrazioni con la presentazione di un problema sviluppato e risolto in modo autonomo
dallo studente. Questa seconda modalità dovrà essere concordata con i docenti.