TESINA - Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche

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ÉMILE DURKHEIM
Giulia Orlando
Matricola 1649973
INDICE
INTRODUZIONE
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STORIA DELLA FAMIGLIA
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ÉMILE DURKHEIM
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SOCIETA’ DISORGANIZZATE OMOGENEE
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LA FAMIGLIA NELLE SOCIETA’ MODERNE
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LA FAMIGLIA CONIUGALE E VITA FAMILIARE
(intervista ai soggetti del Municipio I)
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CONCLUSIONI
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INTRODUZIONE
La famiglia è una realtà sociale molto incerta e complessa che ha cambiato più volte “veste” nel
corso del tempo e struttura la vita quotidiana di ognuno di noi.
In realtà, non c’è un solo modello o definizione universale di famiglia che ci dica cosa e come essa
deve essere, ma esistono molti modi di definire, vedere e fare famiglia, infatti parliamo di
FAMIGLIE e non di FAMIGLIA.
Essa è un luogo privilegiato, portatrice di valori ed è il luogo dove avvengono i cambiamenti e le
mutazioni di un individuo; è una “cornice” che deve sostenere l’individuo nei diversi bisogni,
momenti e aspetti della sua esistenza.
Inoltre può essere definita come l’insieme delle persone che vivono sotto lo stesso tetto, ampiezza,
composizione, rapporti di parentela cioè l’insieme delle persone che sono legate da vincoli biologici
e sociali.
La funzione affettiva (la riproduzione biologica, sessuale e socio-culturale dei membri), la funzione
economica (es. la famiglia investe quello che guadagna per favorire la sopravvivenza dei suoi
membri ma anche per la società e inoltre molto spesso sostituisce beni e servizi che lo Stato non
dà più, facendosi carico dei bisogni e del benessere familiare) e la
funzione politica
(la
suddivisione dei ruoli per generazione e per sesso) sono le tre funzioni principali che interessano
la famiglia.
Il ciclo di vita di una famiglia si articola in due serie di fasi; una fase di espansione (es. nascita di
un figlio) ed una fase di contrazione (es. uscita di casa di un figlio); inoltre distinguiamo due
sistemi di discendenza che si fondano sul sesso:
- COGNATICO: i discendenti sono legati sia attraverso la linea maschile sia quella femminile;
- UNILINEARE: i discendenti di un antenato comune sono legati attraverso la linea maschile
(discendenza patrilineare) o femminile (discendenza matrilineare).
Il matrimonio è invece un patto tra gli sposi, un tipo di unione che determina due modalità di fare
famiglia:
FAMIGLIA MONOGAMICA (si può sposare una sola persona – uomo più donna) e FAMIGLIA
POLIGAMICA (si possono sposare più persone – un individuo con più partner)
A suo volta quest’ultima si suddivide in POLIGINICA (un uomo con più donne) e POLIANDRICA
(una donna con più uomini).
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STORIA DELLA FAMIGLIA
Se volessimo ripercorrere cronologicamente la trasformazione della famiglia osserviamo come
essa si sia dapprima costituita nei villaggi passando successivamente alla città, contenenti a sua
volta più villaggi, per arrivare infine alle nazioni che contengono più città.
La famiglia è un fenomeno in mutamento in quanto, inizialmente, nella preistoria essa era intesa
come “fatto sociale”, cioè modi di agire, di pensare e di sentire che sono esterni all'individuo ma
che si impongono anche su sé stesso; successivamente, nell’era della Grecia Ellenistica vi erano
separatezza dei ruoli e degli spazi (es. il compito della donna era la cura del bambino e la cura
della casa; l’uomo si occupava dell’istruzione del bambino e imponeva la sua autorità). Nella
famiglia nell’antica Roma invece il matrimonio era visto come un contratto tra coniugi e inoltre si
insediava una nuova concezione di genitorialità (es. per i ceti sociali più alti, la cura del bambino, la
sua istruzione sono affidati ad entrambi i genitori). In questo periodo, per la prima volta il padre ha
una rilevanza fondante (PIETA’ FAMILIARE - es. Imperatore romano Augusto che perde il figlio e
gli dedica il teatro “Marcello”).
Con l’avvento del Medioevo comincia a “formarsi” una nuova concezione di famiglia: la famiglia
"allargata”, dove diverse generazioni e diversi nuclei familiari vivono sotto lo stesso tetto e vige la
condivisione degli spazi ed oggi è piuttosto diffusa a seconda della collocazione geografica.
All’interno di questa forma di famiglia, si svolgevano attività produttive legate all’agricoltura o
all’artigianato, in cui erano impegnati tutti i componenti (uomini, donne, bambini), ciascuno con un
preciso compito.
Nell’epoca Vittoriana (1937-1901), la donna si occupava dell'organizzazione, della delega e
dell’istruzione della servitù. I pranzi e le cene all'interno della casa dovevano essere organizzati al
meglio per portare prestigio al marito, ed anche per allacciare relazioni con gente di rilievo e
consolidare i rapporti economicamente importanti. Allo stesso tempo, la moglie doveva assicurarsi
di dedicare abbastanza tempo ai suoi bambini, e doveva cercare di migliorare costantemente le
sue proprie abilità e conoscenze culturali.
Nell’età pre-moderna, invece la famiglia somiglia a quella tipica del sud Italia fino agli anni ’50, il
cui numero dei componenti era elevato e la maggior parte erano bambini. Con l'avvento invece
della rivoluzione industriale, tra il XVIII e il XIX secolo, attraverso complessi meccanismi di
ristrutturazione sociale emerge, una forma di mentalità e di struttura familiare "borghese". È un
modello di famiglia nucleare che si basa sulla distinzione tra casa e luogo di lavoro, sulla
dominanza del marito-capofamiglia, unico produttore di reddito, e sulla delega alla moglie della
gestione della vita domestica e dell'educazione dei figli.
Il fascismo, certamente, è stato il portatore di una precisa ideologia della famiglia e del ruolo della
donna che stabiliva dei precisi ruoli all’interno della famiglia. Difatti il regime fascista produsse una
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legislazione orientata al sussidio per le nuove famiglie: alle nuove coppie di sposi venivano fatti
prestiti che dovevano essere restituiti solo nel caso non facessero figli, e polizze d’assicurazione a
condizione molto favorevoli erano distribuite anche dal sacerdote che celebrava il matrimonio.
Oggigiorno le famiglie si sono ristrette, infatti, sono composte soltanto dai genitori, che nella
maggior parte dei casi lavorano entrambi, e mediamente da un figlio solo. Sono molto frequenti i
casi di separazione o divorzio e sta diventando sempre più comune il caso della famiglia ricostituita
o aperta dove c’è una coppia con figli propri e con altri figli provenienti da precedenti unioni, che
vivono un po' con un genitore ed un po' con l'altro.
Un altro tipo di famiglia moderna si può considerare la coppia omosessuale, che in Italia non è
ancora riconosciuta, ma lo è in altri paesi. Mentre una volta sposarsi era in sostanza un obbligo
adesso è diventata una scelta, infatti, molte persone che non si ritengono adatte alla vita in
comune decidono di rimanere “single”. Oppure molte coppie vivono insieme per tutta la vita
semplicemente convivendo, senza mai sposarsi.
La famiglia può essere studiata dall’interno (si osserva o indagano le fenomenologie familiari
attraverso osservazioni, interviste qualitative, analisi visuale), dall’esterno (si indagano le
fenomenologie familiari senza entrare nel nucleo familiare attraverso survey, indicatori, studi
quantitativi) e indirettamente (tramite fonti storiche, documentari, fotografie).
Per fare un buono studio sarebbe necessario utilizzare tutte e tre le tipologie.
Sono diversi gli autori classici della sociologia che nel corso dell’800 hanno messo al centro del
loro oggetto di studio la famiglia).
DURKHEIM ad esempio elabora l’analisi della famiglia e della sua evoluzione sottolineando il
problema dell’ordine sociale e delle relazioni tra individuo e società.
Fin da i suoi primi scritti era convinto che solamente attraverso l’analisi delle forme anteriori di
famiglia, da cui discenderebbe quella moderna, si può dare vita ad una sociologia della famiglia.
Per Durkheim esiste l’essere sociale e quindi i gruppi sociali; evidenzia l’individuo all’interno delle
istituzioni, cioè quello che fa all’interno di esse e non all’interno della famiglia.
ÉMILE DURKHEIM (1858-1917)
DURKHEIM è un sociologo, antropologo e storico francese, padre fondatore della Sociologia.
L’esigenza del lavoro di Durkheim è quella di fondare una scienza della società che sia
equiparabile a quella delle scienze naturali e quindi a sua volta fondata su basi empiriche
(osservazione diretta e indiretta dei fatti). L’esigenza che il sociologo ha di costruire un metodo
scientifico che ha come fine l’organizzazione sociale spinse l’autore ad avvicinarsi al positivismo,
inducendolo ad analizzare la società e a scoprire le leggi che la regolano attraverso l’osservazione.
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Tali fenomeni osservabili (fenomeni sociali) si differenziano sia dai fenomeni naturali-organici
sia da quelli psichici in quanto quest’ultimi sono soggettivi e sono dentro la coscienza individuale
del soggetto, mentre i fenomeni sociali sono oggettivi e si verificano esternamente all’individuo.
La società è considerata un organismo esterno alla volontà del soggetto ma che allo stesso tempo
si impone al soggetto stesso. Durkheim induce e analizza lo studio della famiglia intesa come
fenomeno sociale ricorrendo ad un metodo induttivo ricavando dati storici attendibili, arrivando a
classificare e spiegare i fenomeni storico-sociali.
Essendo la famiglia un fenomeno sociale, può essere anche definita come lo specchio della
società in un determinato periodo storico infatti lo storico sottolinea che la famiglia nasce quando
l’uomo, uscendo dalla sua condizione animale, si aggrega dando vita a piccoli elementi di
organizzazione
sociale.
Durkheim si sofferma su quelli che sono i bisogni che spingono gli uomini a raggrupparsi;
in particolare il:
 bisogno di organizzazione;
 bisogno di protezione.
Da un’interpretazione fatta da “Filippo Citarrella” in un libro intitolato “Per una sociologia della
famiglia” (Émile Durkheim), emerge lo studio della morale domestica cioè non è altro che la
“descrizione” e la “spiegazione” dell’essenza della famiglia poiché la morale non è nella famiglia
una sovrastruttura, ma ciò che meglio esprime il suo stato interno. Per morale si intendono infatti
una serie di modelli comportamentali, che derivano da determinate condotte ispirate
da norme di comportamento.
La stessa attenzione è riservata a quello che è il “costume”; quest’ultimo rappresenta un fenomeno
che si contrappone agli eventi particolari della vita quotidiana e consiste in una serie di
comportamenti che sono ritenuti doverosi. Ma se da una parte esso è visto come un insieme di
credenze che rimangono allo stato vago e la loro violazione comporta solo un giudizio sociale,
d’altro canto il costume può essere visto come qualcosa che si cristallizza di cui l’autorità pubblica
assicura rispetto.
Gli elementi costitutivi della famiglia, per Durkheim, sono le “persone” e i “beni” (le cose), in quanto
dimensioni di una specie determinata di bisogni del sistema sociale. Lui cerca di analizzare la
famiglia come se fosse un continuum che va dalla famiglia estesa (o allargata cioè composta da un
gruppo più grande di più di una generazione di persone tra loro imparentate, questi possono
essere i genitori con i loro figli e nipoti, zii, zie o altri parenti) a quella coniugale (composta dai
genitori e dai loro figli). Durkheim non giudica le diverse forme di famiglia ma i suoi studi si
concentrarono principalmente ad osservare come quest’ultima si sia trasformata nel corso degli
anni elaborando la legge di contrazione progressiva cioè: più si estende l’ambiente sociale
maggiormente la famiglia si contrae.
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Riporto di seguito una tabella che descrive i cinque stati evolutivi della famiglia per Durkheim:
TIPO DI FAMIGLIA
FAMIGLIA-CLAN
FAMIGLIA AGNATICA
FAMIGLIA PATRIARCALE
ROMANA
FAMIGLIA PATERNA
GERMANICA
FAMIGLIA MODERNA
(CONIUGALE O NUCLEARE)
CARATTERISTICHE
PRINCIPALI
Gruppo di non consanguinei
legati da un credo comune
Famiglia allargata matrilineare
o patrilineare costituita da più
famiglie
Complesso di persone e beni
che fanno capo al pater
familias, signore assoluto
della domus
Famiglia formata dal padre,
della madre, dai discendenti a
eccezione delle figlie.
Riconoscimento dei diritti della
moglie, dei figli maschi e dei
parenti in linea materna.
Famiglia formata da marito,
moglie e figli minorenni celibi.
Riduzione delle obbligazioni
reciproche e differenziazione
delle identità
FORME SIMBOLICHE CUI SI
CI RIFERISCE
Natura religiosa
Conservazione del patrimonio
familiare
Autorità indiscussa del
capofamiglia
Autorità del capofamiglia
Assenza di un principio
superiore di unità
La famiglia-clan, la famiglia agnatica, la famiglia patriarcale romana e la famiglia paterna
germanica vengono definite “società disorganizzate omogenee”, mentre, la famiglia moderna viene
collocata in quella che è la “società moderna eterogenea”.
SOCIETA’ DISORGANIZZATE OMOGENEE
La famiglia nelle società tradizionali è caratterizzata dal fatto che le differenze tra gli individui sono
minime.
Il punto di partenza sono le famiglie-CLAN dove sono assenti i vincoli di sangue.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI:
1. ai membri di tale società era vietata qualsiasi forma di rapporto sessuale a causa del
vincolo religioso che per l’autore assume un ruolo molto importante;
2. non esisteva nessuna forma di matrimonio;
3. le relazioni intime erano unioni prive di regole;
4. il soggetto era quasi completamente assorbito dal gruppo di appartenenza, dai costumi e
dalle tradizioni di quest’ultimo;
5. le idee del gruppo prevalevano su quelle del singolo;
6. forte dipendenza dai membri della famiglia;
7. regole, pensieri e decisioni erano prese in base alle aspettative altrui;
8. i beni diventano elementi intorno a cui si formano i legami della famiglia.
Il rapporto tra individuo e società è quindi regolato dalla famiglia che assume un ruolo
fondamentale.
La famiglia agnatica, la famiglia patriarcale romana e la famiglia paterna germanica assumono le
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stesse caratteristiche della famiglia Clan, differenziandosi da quest’ultima solo per i legami interni
(vincoli di sangue). Solamente nella famiglia paterna germanica cominciano a delinearsi i
riconoscimenti dei diritti di alcuni membri della famiglia.
LA FAMIGLIA NELLE SOCIETA’ MODERNE
La famiglia moderna può essere definita come “la somma di tutte le trasformazioni” avvenute in
una società che è sempre più complessa. In questo senso si comincia a restringere la cerchia
familiare in quanto l’individuo comincia a distaccarsi dal gruppo di appartenenza, dai costumi, dalle
reti familiari cominciando ad essere più indipendente nelle sue scelte e a godere della propria
autonomia.
Con la divisone del lavoro si assiste ad un rovesciamento del rapporto individuo-famiglia-società
perché non è più la famiglia a regolare e a gestire il futuro dei suoi membri ma sono proprio
quest’ultimi a trovare una posizione attraverso un rapporto con la società.
Il rapporto famiglia-divisione del lavoro è ancora poco delineato. Con l’aumento della massa e
della densità (fisica e morale), gli individui per sopravvivere, devono differenziarsi tra di loro.
Ciascuno deve avere un vero e proprio compito e un proprio modo di vivere. Con la divisione del
lavoro si originano dei sotto-sistemi, per cui i membri della famiglia non sono più in competizione
tra di loro, generando così una forma di solidarietà (organica) cercando di ridurre le disuguaglianze
esteriori, che derivano da cause sociali. Per l’autore quanto detto assume valore di <<condizione
primaria dell’equilibrio sociale>>.
Per Durkheim è anche grazie agli interventi dello Stato, tramite la sua tutela nei confronti dei
membri della famiglia, che si è assistito alla nascita della famiglia nucleare, al matrimonio, ma a
sua volta d’altro canto, con l’introduzione del divorzio lo stato ha compromesso il patto morale tra i
coniugi.
LA FAMIGLIA CONIUGALE E VITA FAMILIARE
La famiglia coniugale, come interpretata da F. Citarrella è un punto di partenza per spiegare le
trasformazioni della famiglia.
Lui definisce famiglia coniugale, la famiglia che si è costituita presso le società che si sono
sviluppate nelle società germaniche, cioè verso i popoli che erano più vicini all’Europa moderna
composta dal marito, la moglie, i figli minorenni e celibi.
In questa forma di famiglia, il padre ha il dovere di nutrire il figlio e di provvedere alla sua
educazione fino alla maggiore età, ma il figlio in compenso è posto sotto la dipendenza del padre.
È solo quando il figlio raggiunge la maggiore età e il matrimonio che cessa ogni rapporto avendo
così una personalità propria, ma di certo può continuare a vivere sotto lo stesso tetto del padre
anche se la sua presenza non è altro che un fatto materiale o solamente morale.
D’altra parte la coabitazione a volte cessa ancor prima del raggiungimento della maggiore età.
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Ad ogni modo una volta che il figlio si è sposato, la regola è che egli formi una famiglia
indipendente senza dubbio però continua ad essere legato ai suoi genitori.
Uno dei motivi più ricorrenti per lasciare la casa di origine è proprio l’inizio di una convivenza di
coppia di cui la maggior parte di essi sono in affitto e hanno lasciato la famiglia di origine per
proseguire gli studi o per terminare un percorso formativo.
Il figlio può avere il suo patrimonio anche se molto spesso fino ai diciotto anni, è il padre che ne ha
l’usufrutto. È la disoccupazione giovanile e altri fattori di diverso tipo che hanno portato i figli ad
avere maggiore difficoltà a rendersi autonomi dai genitori. Infatti è proprio a causa della mancanza
di occupazione che sono solo in pochi ad avere una stabilità economica e un'altra piccola
percentuale dichiara di non dover preoccuparsi del reddito nel frattempo cerca occupazione.
Un alto reddito e una certa stabilità economica non sono gli unici elementi per l’ingresso in età
adulta; sembra che i giovani siano particolarmente interessati ad accumulare capitale umano,
sentendo il bisogno di coltivare interessi personali ed essere coinvolti in attività gratificanti.
Studi fatti attraverso una ricerca, svolta nel 2011, con una popolazione target di 20-30 anni
residenti lì da almeno un anno e commissionata dal Municipio Centro storico del comune di Roma
al Dipartimento di Scienze sociali della Sapienza di Roma, hanno messo in evidenza una
molteplicità di fattori che descrivono la situazione di “instabilità” all’interno delle famiglie.
Dall’ intervista con questionario strutturato, somministrato a soggetti celibi o nubili suddivisi per età
(20-25 anni e 26-30 anni) e macro-area del territorio, è emerso come la metà di essi abita ancora
con la propria famiglia di origine o comunque con i parenti. Una grossa percentuale vive con degli
inquilini in una casa condivisa o con il partner, mentre una piccola percentuale dei soggetti vive da
solo (7,9%).
Come abbiamo già detto la famiglia ha subito diverse trasformazioni nel corso del tempo;
cambiamenti che vanno ad intaccare anche la sfera morale, i rapporti tra figli e genitori.
La domanda che si sono posti gli intervistatori è stata: quali sono gli stili genitoriali vigenti nei
nuclei familiare degli interpellati del Municipio I?
È importante sottolineare che da questa intervista è emerso come il vivere lontano dai genitori non
significa non comunicare, anzi, al contrario l’allontanamento dalla famiglia sembra permettere un
miglioramento dei rapporti e la rielaborazione della propria esperienza familiare.
Per valutare alcuni aspetti sono state poste una serie di domande su scala Likert cioè una tecnica
per la misura dell’atteggiamento attraverso una scala di misura a intervalli o a rapporti attraverso il
quale si evidenzia come in realtà non ci sia una grossa differenza tra la figura paterna e la figura
materna ma la figura materna, anche se di poco, svolge un ruolo di “interlocutore privilegiato”.
È emerso che:
-
la maggior parte degli intervistati si dichiara orgoglioso della propria madre e una
percentuale più bassa ma non significativa, del padre, quindi esiste un forte rispetto nei
confronti dei propri genitori;
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-
-
si rileva come siano le madri ad avere una percentuale lievemente maggiore rispetto al
padre per quanto riguarda la morale; cioè i ragazzi vedono le madri come persone che
fanno abbastanza, indipendentemente dai vantaggi o dagli svantaggi che possano
derivarne a fronte di una percentuale significativa che preferisce invece negoziare le
proprie scelte;
le madri sono indicate come le “più giuste” a dare valore al denaro;
notiamo una differenziazione tra i ruoli genitoriali anche per quanto riguarda i lavori
domestici, solo una piccola percentuale dei padri contribuisce al lavoro entro le mura
domestiche.
Tali principi si ricollegano a quello che è il background socio-economico dei genitori: più esso è
alto, più cresce il livello di condivisione di tali valori. Per ciò che riguarda l’assunzione da parte dei
genitori di atteggiamenti ritenuti aggressivi emerge come sia più la figura maschile, poco superiore
a quella femminile, incline ad avere tali atteggiamenti. Questo può essere causato dal fatto che
nella maggior parte dei casi sono i padri a non essere aperti al dialogo con i figli rispetto alle madri
e quindi a sua volta a mostrare un atteggiamento più autoritario.
Inoltre si è data molta importanza a quelle che sono le relazioni sociali dell’individuo che
diversamente dalla famiglia patriarcale, “classica”, dove comunque la dimensione affettiva era
distaccata a causa dell’ autoritarismo che prevaleva, nelle società odierne, fortunatamente, il
dialogo, il contatto affettivo e amichevole, sono sempre più comuni all’interno delle famiglie.
Il termine dialogo indica il confronto verbale che attraversa due o più persone come strumento per
esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte. Pertanto è un
aspetto della vita quotidiana di ciascun individuo significativo.
È stato perciò chiesto a gli studenti del Municipio I di descrivere attraverso una scala che va da
“spesso” a “mai” passando per “a volte” e “raramente”, con quale frequenza dialogano con gli altri
familiari rispetto a determinati argomenti e quanto a sua volta si sentono appoggiati considerando
comunque anche le variabili dell’età, del genere.
Qui è da notare il ritorno alla suddivisione intra-familiare dei ruoli in quanto su gli argomenti
sentimentali si preferisce sempre rivolgersi alla figura materna per ambo i sessi, ma in special
modo, le figlie femmine che si confrontano con il padre solo 3 casi su 10.
È emerso infatti che con la propria madre si parla preferibilmente delle scelte relative al percorso
formativo e sono più le ragazze rispetto ai ragazzi a confidarsi con la propria madre, mentre con il
padre l’argomento viene affrontato in maniere più consistente, con un atteggiamento diverso.
Come ben sappiamo il “LAVORO” al giorno d’oggi è un argomento molto complesso che genera in
ogni soggetto una reazione diversa; viene fuori comunque che la figura materna in merito al
dialogo su questo argomento, è pur sempre, per quanto di poco, preferita a quella paterna.
Anche per quanto riguarda le amicizie, l’amore, il modo di vivere, sono in maggior percentuale le
madri ad occuparsi di questi argomenti e sono più le figlie femmine a parlarne rispetto ai figli
maschi.
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Altro punto saldo della famiglia sono i rapporti tra fratelli e sorelle che rappresentano un punto di
riferimento anche per quanto riguarda le problematiche legate ai rapporti interpersonali. Gioca un
ruolo molto importante l’età nelle relazioni con fratelli e sorelle: sono i ragazzi di età tra i 26-30 anni
che sono appoggiati in maniera maggiore.
Concludendo possiamo dire come sia la madre il componente della famiglia che i figli
percepiscono come più partecipativa e disponibile ma il padre non lascia mica un vuoto; la figura
paterna da sostegno nelle scelte dei figli ma prefigura un modello di genitorialità un po' più
autoritario rispetto alle madri. Il nucleo familiare si presenta come un “luogo di confronto”, in cui i
figli discutono apertamente con i propri genitori ma selezionano argomenti precisi e tendono ad
assegnare al padre e alla madre dei ruoli distinti.
I genitori quindi nella società moderna non assumono più un ruolo “distaccato” ma anzi sembrano
assumere nei confronti dei figli, il ruolo prevalente di amici e alleati, lasciando loro, la propria
libertà. Proprio sotto quest’ultimo aspetto notiamo come i genitori lascino liberi i figli nelle proprie
scelte con una percentuale significativa, sono più le madri a farlo e sono i figli maschi ad averne di
più rispetto alle figlie femmine.
CONCLUSIONI
Sono molti i fattori che incidono ai cambiamenti della famiglia, soprattutto il livello sociale,
economico, culturale, politico, storico, affettivo.
È necessario riscoprire il valore della famiglia ed il ruolo che assume all'interno della società.
Essa è il punto di partenza per lo sviluppo e l'evoluzione della società futura perché l’uomo, per
sua natura, è destinato ad una distensione per l’altro e verso l’altro in quanto tale incontro riempie
l’esistenza e tutti i momenti della vita umana.
La famiglia, costituisce il primo momento sociale di ciascun uomo, cioè l’insieme delle persone che
lo hanno materialmente messo al mondo ed infatti, il primo tra gli infiniti “momenti sociali” della vita
dell’uomo, è quello che lo vede nascere, vivere, crescere all’interno di essa, che costituisce
principio e fondamento della società.
È all’interno della propria famiglia che l’uomo apprende che cosa vuol dire “amare” ed “essere
amati”.
BIBLIOGRAFIA
11
-ÉMILE DURKHEIM, per una Sociologia della famiglia, a cura di Filippo Citarrella , 1999
- TRA PRESENTE E FUTURO, a cura di Antonietta Censi - Marco Chioatto, Francesco Coltrona,
Valeria Fabretti, Orazio Giancola
- FAMIGLIA E SOCIOLOGIA, dai Classici al pensiero contemporaneo, Antonietta Censi
12
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