*?:éÉV& I Due scuole di pensiero lI , Il fotto sociclle Di che cosa dovrebbe occuparsi la sociologia secondo il sociologo francese? Durkheim sostiene il contrario di quello che afferma Weber, owero che esiste un ambito di oggetti il cui studio spetta soltanto allo sociologia, costituito da fatti sociali. Qrando assolvo i1 compito di fratello, di marito o di cittadino, quando soddisfo agli impegni che ho contratto, io adempio a doveri che sono definiti, - al di fuori di me e dei miei atti - nel diritto e nei costumi. Anche quando essi si accordano con i miei sentimenti, e io ne sento interiormente la realtà, questa non è perciò meno oggettiva: non 1i ho fatti io, ma ii ho ricemti mediante l'educazione. [...] 11 sistema di segni de1 quale mi servo per esprimere il mio pensiero, i1 sistema monetario che impiego per pagare i miei debiti, gli strumenti di credito cheutTlizzo neile mie operazioni commerciali, le pratiche seguite da1la mia professione, e così via, funzionano indipendentemente dall'uso che ne faccio. Se prendiamo g1i uni dopo gli altri tutti i membri di cui è composta 1a società, ciò che precede potrà essere ripetuto per ognuno di essi. Vi sono dunque modi di agire, di pensare e di sentire che presentano la notevole proprietà di esistere al di fuori delle coscienze individuali. (É. Durkheim, op. cit.) Max Weber, senza dubbio, troverebbe un po'ridicola l'affermazione che "il fatto sociale", o\ryero i modi di agire oppure i pensieri, possano esistere al di fuori delle nostre menti. "Dove sono?" potrebbe chiedere. Si tratta, secondo il teorico tedesco, soltanto di aziom e pensieri dotati di un certo potere perché eseguiti o adottati da tan- ti individui. Se questi cambiassero idea, sparirebbe anche il sedicente "fatto sociale". Per il singolo, risponde invece Durkheim, tale considerazione non cambia nulla. La libertà delf individuo è limitata da fattori che non può controllare, anzi, essi sono accompagnati da un potere coercitivo. Se violo il diritto, vengo punito. Se mi comporto in modo amorale, il pubblico me lo farà notare. Se non mi sottometto alle convenzioni del mondo, se nel mio abbigliamento non tengo conto degli usi del mio paese e del1a mia classe, f ilarità che provoco e la distanza in cui sono tenuto producono - per quanto in maniera più attenuata - gli e{fetti di un pena propriamente detta. [...] Anche quando posso effettivamente rendermi indipendente da queste regole e violarle con successo, ciò non accade mai senza che sia obbligato a lottare contro di esse. [...] Non c'è innovatore - anche riuscito - le cui imprese non abbiano finito con l'urtarsi contro opposizioni di questo genere. Ecco dunque un ordine di fatti che presentano caratteri molto specifici: essi consistono in modi di agire, di pensare e di sentire esterni alf individuo, e dotati di un potere di coercizione in virtu del quale si impongono a esso. (É. Durkheim, op. cit.) II,,.. Scienzq e molqle Dopo aver introdotto il concetto difatto sociale,Durkheim procede distinguendo fatti "normali" e "anormali", o\,'vero "sani" e "patologici", a seconda della funzione che svolgono per la società1. Un vecchio trucco, secondo Max Weber, per introdurre clandestinamente delle valutazioni morali nella scienza empirica. I toni delf ipotetico dibattito, a questo punto, si farebbero ancora più aspri. I1 tedesco chiederebbe, per esempio, se il professor Durkheim abbia imparato a distingueretra la capacità di conoscere e quella di giudicare. 11 professore ha, per caso, intenzione di fare il "piccolo profeta", "salariato dallo stato"l La risposta di Durkheiml Ne1 suo saggio Le regole del metodo sociologica, riassume la posizione degli studiosi che, come Weber, difendono l'avalutatività della scienza. Secondo questi teorici, la scienza deve astenersi da giudizi morali e limitarsi a comprendere e a spiegare i fatti. 11 rappresentante di questa corrente di pensiero, af147 HI ltii lfi il, ferma il sociologo francese, vuole "sì rischiarare il mondo, ma lascia la notte neì cuori" perché "spetta al cuore fnrsi luce da solo". Weber sarebbe d'accordo. Durkheim. invece, sottolinea più volte che non accetta questa posizione. La scier.rza si trova in tal rnodo privata totalmente, o quasi, di ogni efficacia pratica. [... Se non può guidarci nella determinazione degli scopi superìori, essa non è meno impoterte quando si tratta di quegli scopi secondari e subordinati che chiamiamo mezzi. (E. Durkheim, op. cit.) I Che coso significo lo tesi che lo scienzo debbo essere ovolutotivo? 2 Che coso offermo Durkheim riguordo o questo posizione? I "Che coso dobbiomo fore?" A vostro porere, lo scienzo dovrebbe rispondere o tole domondo? !,., 4 Due sociologie? lI ,, Portire dqll'individuo? Weber e Durkheim, come abbiamo visto, rappresentano due visioni opposte dell; sociologia. La prima pone l'agire dell'individuo al centro del proprio pensiero, l'altn insiste sulla preesistenza della società. I due indirizzi, inconciliabili agli esordi delia nuova disciplina, sono rimasti tali essenzialmente fino a oggi. Ciò non è molto sorprendente, perché rispecchia il modo conflittuale ìn cui tutti noi viviamo la realtà sociale. A volte, per spiegare certe situazioni sgradevoli, ricorriamo al concetto di società. Per esempio, quando si osserva con rammarico come tanti soffrano della vita anonima delle grandi città oppure dell'eccessiva rmporta:nza del denaro, infine vi si rassegna perché sembra trattarsi di fatti tanto radicati nelle leggi della convivenze umana da rendere vano ogni tentativo di opposizione. D'altro canto, sappiamo bene che la società, la quale sembra imporci tutto iI nostro modo di vivere, non è nient'altro che un insieme di persone corne noi, e che quindi potremmo sì adoperarci per rendere il mondo migliore. In breve: il mondo determina ciò che siamo, ma noi (insieme) creiamo il mondo. Anche la sociologra non ci può liberare dalla difficoltir d: orientamento Il:, tr1 mezzo a queste due posizioni, altrettanto giustifìcate. Premodetno vs moderno indtnzzi principali rendono ardua la cocorrenti. Eppure, i testi più importanti de: delle due municazione tra i rappresentanti fondatori della sociologia moderna sono accomunati da un elernento non trascurabite. Gli studi più importanti trattano un unico argomento centrale, forse il vero fondamento comune dello sviluppo della disciplina. E il mondo moderno che irrita, cht desta meraviglia, che spinge unl- generazione di studiosi a occuparsi di quell'oggetto strano che chiamano società. Lo awertono tutti: qualche cosa nel modo di vivere, di lavorare, di vedere il mondo e di credere è profondamente cambiato. Per analizzare dei contrasti talmente accentuati, i ricercatori spesso si attengono all'opposizione tra moderno e premoderno e ricorrono a concetti dicotomici, ossia a coppie Le differenze concettuali e metodiche tra gli di concetti contrapposti in modo polare. 148 ìl ii l li #r'§g?À t Due scuole di pensiero Fè=* I è Provo o dore -ro definizione del -:rmine comunitò. 2 Perché, secondo -:. olcuni gruppi :re seguono lo i:opo di integrore :elle persone di descrivere la particolarità del mondo moderno FerdinandTònnies (7855-1,936). Tonnies descrive una tendenza a sostituire la vecchia comunità degli uomini, legati tra di loro dallatradizione e dall'affetto, con la società (vedi Scheda 4) che regola la convivenza di individui liberi ed estranei uno all'altro tramite norme astratte. Max Weber invece preferisce contrapporre due tipi di atteggiamento: lo spirita tradizionalistico, ossia un atteggiamento che cerca di rispettare valori e modi di comportamento tramandati, allo spirito moderno, contraddistinto da una razionalità. che invade e rivolta tutti gli ambiti della viI1 teorico che prefigura tale modo Èil .ffi"T, in :fficoltò (per ;sempio tossicodi:endenti) si chio-ono comunito? il tedesco ta umana. Ponendo l'accento sul funzionamento della società, anche Émile Durkheim giunge a creare una coppia di concetti opposti per paragonare il vecchio mondo con il nuovo. I1 sociologo francese constata che f individualismo moderno non ha dato luogo al semplice dissolvimento del vecchio ordine, bensì a un nuovo modo di integrare le azioni dei singoli in un insieme funzionante. Un precursore Ferdinand Tiinnies, {iglio di un ricco agricoltore, aacque nel 1855 vicino a Husum, nell'estremo Nord della Germània. I-lopera più importante di Tònnies, Comunità e società (1881), ha esercitato una grande in- iluenza sia nella sociologia tedesca che nel mondo della sociologia americana. Eppure, forse a causa di una salute un po'cagìonevole e della sua forte awersione per la vita in città (affermava che gli faceva venire 1'emicrania), Tònnies, uno dei cofondatori della Società Tedesca di Sociologia (1909), non si inserì mai pienamente nel mondo accademico: professore ordinario per appena quattro anni (1913-1916 a Kiel), ;i ritirò poi di nuovo per condurre la vita dello studio:o libero. Tònnies, nemico dichiarato del regime nazista, mori nel- 1936. ' Per lunghi anni sembrava che di Tònnies s'interessasse* i pochi storici della sociologia. Oggi invece suo perrsiero viene di nuovo considerato attuale da oumerosi rappresentanti del-iomunitarismò: Si tratta di una scuola politica che accentua f importarr: d"gl, u*biti di convivenza, come per esempio la famiglia e il vi1iaggio, che non siano determinati dallo Stato e dall'econòmia. Tònnìes aveva indagato sulle qualitàL particoro soltanto il ì Vorie correnti dello protesto contro lo "globoliz:izìone selvoggio" si riferiscono ol pensiero comu-torio e spesso. sebbene in modo indiretto, oll'o:ero di Tònnies, per spiegore i loro intenti. ln quo- del no globol? lari di tali ambienti, da lui chiamati comunità in opposìzione aJTa satietà. Tipico per la comunità è un forte senso di appartenenza, l'assuefazìone reciproca, la vita comune e un insieme di regole tacitamente accettate; la società invece si basa su regole astratte, economicamente sullo scambio libero tra persone estranee e, politicamente, su un consenso che di volta in volta deve essere costruito. Nel mondo moderno sempre piir sfere della vita, pubblica e privata, vengono assorbite dalla società. Lo Stato interviene nel modo di vivere delle famiglie e spesso riforma I'ambito dell'educazione (asili, scuole, università). I-leconomia moderna, da un lato, fa sì che le persone si spostino dalla campagna in città dove devono obbedire alle leggi spietate della convivenza di massa, mentre dall'altro lato il mercato assorbe i luoghi delle vecchie comunità e li trasforma in oggetti di consumo, per esempio ristrutturando il vecchio paese per venderlo come luogo di pace ai limiti dei grandi agglomerati urbani. Tònnies è forse stato i1 primo teorico a sottolineare i rischi di una tale espansione della società. Uuomo soffre se 1'aspetto comunitario della vita viene mene, e non può vivere senza i legami, gli affetti e anche le regole che si sviluppano lentamente nel tempo. le modo ulilizzereste il termine comunifd, per esempio, per esprimere uno critico dell'ottuole influenzo di olcune oziende multinozionoli sul mercoto olimentore? .__i:_.?a i 149 Lo societo che combio 5 II Che cosq tiene unitq unq società? Lq solidqrietà meccqnico La società. delle origini della storia umana, secondo Durkheim, era costituita da elementi simili tra di loro, per esempio da famiglie, da clan e tribri. Lavrta di uomini e donne scorreva in modo uniforme e la loro condotta era regolamentata da regole non scritte, ma considerate inviolabili e condivise da tutti. In queste società, secondo Durkheim, dominava incontrastata la coscienzacollettiva, ossia, una coscienza che esisteva in modo indipendente, al di fuori delle considerazioni e delle aziont dei singoli. Tanti scrittori e teorici hanno descritto tale periodo come l'età d'oro della umanità, come un periodo in cui non esisteva il dissenso e il singolo non era costretto a cercare il proprio orientamento, perché non l'aveva mai perso. A Durkheim, quèsti toni nostalgici sono del tutto estranei. E vero, ammette, che la coesione sociale in quei tempi era molto forte e l'ordine non sembrava minacciato da continui e repentini cambiamenti come nell'epoca moderna. Ma si trattava, come afferma il sociologo francese, di una solidarietà meccanica, o\ryero di una coesione sociale dovuta soltanto all'uniformità della vita e delle persone. I1 singolo doveva integrarsi a tutti i costi: f individualità era impensata, la libertà aborrìta. Il Lo divisione del lovoro è ollo bose dello coesione sociole. r50 [q divisione del lqvoro e lq solidorietà orgqnico La società della solidarietà meccanica cominciò molto presto a cambiare. Un lento e inesorabile processo di differenziazione, con il tempo, dissoiveva le unità sociali uniformi. Lagricoltura si specializzava, l'artigianato si manifestava in tante ramificazioni diverse, I'attività" produttiva si staccava dalla sfera domestica, si separavano le attività manuali da quelle organizzative. Pir) si diffondeva la divisione del lavoro, più peso veniva attribuito al singolo. Nella società moderna, f individuo è solo, e da solo deve scegliere la sua strada, il suo modo di contribuire al mantenimento della società per potersi, a sua volta, sostenere con il contributo degli altri. Ma non è facile spiegare in che modo possa funzionare questo tipo di collaborazìone libera che include il falegname e la casalinga, f ingegnere e la donna d'affari. Come mai una società costituita da un numero enorme di individui che seguono le loro strade, le loro aspirazioni e i loro interessi, soprar,viye senza scomporsi in tante piccole società distinte e senza finire nel caos e nella violenza? Esiste il mercato libero, esistono dei contratti che permettono di coordinare le attività delle persone. T[ttavia, questi fattori, indicati dai teorici dell'utilitarismo, come Herbert Spencer (vedi Scheda 2), non sono sufficienti per spiegare la coesione sociale della società moderna: contratti e patti tra i singoli potrebbero essere disattesi. A tali impegni formali si aggiunge un senso di obbligaz\one che, a quanto pare, è a.wertito dalla maggtoranza delle persone. Esiste :unaforza che induce gli uomini a mantenere gli impegni presi e ad adempiere a numerose funzioni diverse, sicché la società intera, in modo paragonabile al corpo di un essere vivente grazie ai suoi organi, rimanga in vita. Qresta forza, secondo Durkheim, è insita nella collaborazione tra gli uomini. Qrando ci dividiamo ì1 lavoro, presto ci rendiamo conto di di- s**éé€& 1 Due scuole di pensiero I Perché persone :re si dividono il :voro potrebbero ,entirsi legote uno :1'oltro? pendere uno dall'altro, e impariamo anche ad apprezzare le differenze tra di noi come fonte di rtcchezza comune. Durkheim chiama solidarietà organica [a coesione sociale basata su tali fattori: essa f individuo ridiventa consapevole del suo stato di dipendenza nei confronti della società e de1 fatto che da questa provengono le forze che 10 trattengono e 10 in virtù di frenano. In una parola, diventando la fonte eminente della solidarietà sociale, la divisione del lavoro diventa anche la base dell'ordine morale. (trmile Durkheim, Diz,isione 6 Le del laz,oro, Edizioni di Comunità, Torino 1999) clqssi sociqli Sogniamo un mondo migliore. Tirtti saranno liberi, e liberamente seguiranno i loro scopi nel rispetto di tutti gli altri... Tale sarebbe la realtà della solidarietà organica, ossia, della società moderna. Owiamente questo concetto non descrive il mondo attuale. Non tutti possono scegliere l'occupazione secondo le proprie capacità. Fino a oggi, regna la discriminazione: ci sono persone tenute in situazioni di dipendenza economica, e tanti non avranno mai la possibilità di sviluppare i loro talenti. Ma Durkheim è moderatamente otti.mista. La divisione del lavoro funziona meglio quando le abilità dei singoli possono dispiegarsi senza essere ostacolate da barriere sociali. Man mano che il processo di evoluzione sociale procede, i diritti delf individuo potranno avere il sopravvento, sebbene non potranno eliminare del tutto le differenze sociali. Il sociologo francese spiega quindi essenzialmente come fenomeno di transizìone un fatto che tanti altri teorici hanno descritto come una fase autonoma e molto resistente dell'evoluzione sociale. Si tratta della stratificazione, o\ryero della formaitone di ceti o di classi sociali. Nel momento in cui un certo gruppo di persone, grazie a determinate caratteristiche persistenti, è pir) ricco o potente degli altri, prenderà tutte le misure necessarie affinché questi non potranno emergere. 11 ceto o la classe di privilegiati possono essere costituiti da sacerdoti che condividono certi segreti, da possidenti di terra oppure da imprenditori, ossia dalle persone in possesso deimezzi per produrre; sempre, la loro esistenza dipende dalla sottomissione degli uomini "del popolo". Lo studioso che pir) approfonditamente ha anal\zzato il conflitto tra le classi è stato Karl Marx (vedi Unità 6, Scheda 2). A suo giudizio, l'unico modo per superare le società classiste è la rivoluzione che verrà causata da un inevitabile inasprirsi dei con- ì Che coso distin;re lo visione del 'rturo di Korl Mox :clle idee di Durk^eim e di Weber? flitti sociali. La storia non ha dato conferma della previsione di Karl Marx. Anche f idea che un giorno potrà esistere una società senza suddivisioni in ceti o classi, energicamente respinta già cent'anni fa da sociologi come Max Weber, oggi non è ritenuta realistica dalla maggioranza dei teorici.