lezioni 19-21 - Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale

21/11/2014
Capitolo 7
7.1 La natura del pregiudizio e la discriminazione
Pregiudizio: Atteggiamento sfavorevole e talvolta ostile
verso un gruppo sociale e i suoi membri.
Pregiudizio
e relazioni intergruppo
•
Disumanizzazione: Privare le persone della propria
dignità e umanità.
•
1
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Pregiudizio → discriminazione
2
Pregiudizio → disumanizzazione
↓
genocidio
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
7.2 Due “ismi”: razza e genere
7.2.2 Sessismo
7.2.1 Razzismo
Sessismo: Pregiudizio e discriminazione verso le persone
sulla base del loro genere sessuale.
• Stereotipi sessuali: uomini → competenti e indipendenti
donne → gentili e comunicative
Razzismo: Pregiudizio e discriminazione verso le persone
sulla base della loro etnia o della loro razza.
Il razzismo palese è di solito illegale e socialmente
condannatoÆ è più difficile da smascherare.
•
3
Teoria del ruolo sociale: Teoria secondo cui le differenze
sessuali nelle occupazioni sono determinate dalla società
piuttosto che da fattori biologici individuali.
Nuovo razzismo: → razzismo riluttante
→ razzismo moderno
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
4
Presentation Title runs here l 00/00/00
1
21/11/2014
7.2.3 Profezia che si autoavvera e minaccia dello stereotipo
7.2.2 Sessismo (cont.)
I cambiamenti nell’accesso a occupazioni “maschili” sono
lenti e solo parziali.
•
Nel corso della loro ascesa, e proprio a ridosso della
vetta, le donne si imbattono nel soffitto di vetro.
•
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
5
Profezia che si autoavvera: Aspettative e supposizioni su
una persona che influenzano l’interazione e ne cambiano il
comportamento allineandolo alle nostre aspettative
Minaccia dello stereotipo: Pensiero che saremo giudicati e
trattati sulla base di stereotipi negativi attribuiti al nostro
gruppo e che confermeremo questi stereotipi attraverso il
comportamento.
6
7.5 Teoria del conflitto realistico
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Augusto Palmonari, Nicoletta Cavazza (a cura di):
“Ricerche e protagonisti della psicologia sociale”, Il Mulino, 2003, capitolo 3
Teoria del conflitto realistico:
Teoria del conflitto realistico: Teoria del conflitto intergruppo
elaborata da Sherif che spiega il comportamento intergruppo nei
termini della natura delle relazioni basate sull’obiettivo che si
instaurano tra i gruppi.
Obiettivi sovraordinati: Obiettivi a cui i gruppi possono aspirare, ma
che sono raggiungibili solo attraverso la cooperazione intergruppo.
Gli individui che condividono obiettivi che richiedono interdipendenza
tendono a cooperare e a formare un gruppo.
•
↓
• Quando gli obiettivi condivisi richiedono interdipendenza ai fini del
loro raggiungimento si riduce il conflitto e si promuove l’armonia.
7
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Gli esperimenti dei campi estivi per ragazzi
3 studi condotti da Sherif in “campi estivi”:
1951 1° studio. Processo di formazione di un gruppo sociale.
1953 2° studio. Effetti della suddivisione di un gruppo in
sottogruppi posti in competizione sulla produzione di uno stato di
conflittualità intergruppi.
1955 3° studio. Processo di riduzione della conflittualità intergruppi
tramite l’assegnazione ai gruppi in conflitto di uno “scopo
sovraordinato”
8
2
21/11/2014
Gli esperimenti dei campi estivi per ragazzi
Gli esperimenti dei campi estivi per ragazzi
1955 3° studio.
1953 2° studio.
• Ipotesi: quando 2 gruppi competono per il raggiungimento dello
stesso obiettivo, fra di essi si producono ostilità e reciproci
stereotipi negativi.
Ipotesi: la cooperazione fra i membri di gruppi reciprocamente ostili,
nel corso di un’attività volta al raggiungimento di uno “scopo
sovraordinato”, è sufficiente a produrre un miglioramento delle
relazioni fra i gruppi.
• Ipotesi 2: il contatto fra membri di gruppi reciprocamente ostili,
che si ha nel corso di attività non competitive anche piacevoli,
non riduce lo stato di ostilità fra i gruppi.
Disegno della ricerca:
Metodo
Soggetti Il campione sperimentale doveva essere il più possibile
omogeneo: 12 anni, gruppo etnico euro-americano, ceto medio,
religione protestante, livello di scolarizzazione e quoziente intellettivo
simili.
Procedura
- Durata: 18 giorni.
- Luogo: struttura residenziale posta in una zona isolata per
escludere l’influenza di persone esterne al campo.
- Il gruppo degli sperimentatori in incognito sostituiva il personale del
campo estivo.
1. Formazione di gruppi amicali, scelte libere
2. Formazione di 2 gruppi sperimentali separati
• i membri di ciascun gruppo svolgevano fra di loro le diverse
attività
• Socializzazione solo con membri del proprio gruppo
sperimentale
3. Contatto fra i 2 gruppi sperimentali:
• giochi competitivi con premi in palio
• creazioni di situazioni frustranti per uno dei 2 gruppi
4. Scioglimento dei 2 gruppi sperimentali
• partecipazione a attività comuni: scopo sovraordinato
•
3
21/11/2014
Risultati
a) I condizione sperimentale
c) III condizione sperimentale
I soggetti si erano riuniti in gruppi amicali omogenei per interessi e
preferenze
- aumento coesione intragruppo
- comportamenti ostili nei confronti dell’altro gruppo
- stereotipi negativi verso l’altro gruppo
b) II condizione sperimentale
- struttura di ruoli sociali con status differente
d) IV condizione sperimentale
- coesione intragruppo: sentimenti di lealtà e solidarietà verso i soli
membri del gruppo
- diminuzione delle ostilità intergruppi di tipo diretto
- norme di gruppo: soprannomi, parole d’ordine, slogan
- segnali indiretti di ostilità intergruppi: Es. scelta del vicino di posto
Discussione dei risultati
7.6 Teoria dell’identità sociale
7.6.1 Gruppi minimali
- Ostilità e stereotipi negativi intergruppi sono una conseguenza
normale di situazioni in cui individui interagiscono come membri di
gruppi diversi in competizione per l’ottenimento di un dato scopo di
gruppo;
- La cooperazione fra gruppi reciprocamente ostili per ottenere uno
scopo sovraordinato rappresenta la condizione necessaria e
sufficiente per migliorare i rapporti fra i gruppi.
•
Quali sono le condizioni minime per il comportamento intergruppo?
↓
paradigma del gruppo minimale
Paradigma del gruppo minimale: Metodologia sperimentale usata
per dimostrare la discriminazione intergruppo, anche quando le
persone vengono categorizzate casualmente o a partire da criteri
irrilevanti.
Categorizzazione sociale: Classificazione delle persone in quanto
membri di gruppi sociali differenti.
16 Presentation Title runs here l 00/00/00
4
21/11/2014
Augusto Palmonari, Nicoletta Cavazza (a cura di):
“Ricerche e protagonisti della psicologia sociale”, Il Mulino, 2003
Tajfel, Paradigma del gruppo minimale:
Studi sulla categorizzazione
significativi per la produzione di Tajfel:
Gli studi sui processi di categorizzazione
Ricerche di Tajfel: esperimenti con il paradigma dei gruppi minimi.
Hanno dato contributi fondamentali nell’ambito delle relazioni
intergruppi.
• Bruner: sovrastima percettiva. Quando gli stimoli percettivi hanno
un certo valore (esempio: monete) i soggetti sperimentali
sovrastimano la loro grandezza.
Principio esplicativo: organizzazione degli stimoli in categorie
differenti, si accentuano le differenze tra stimoli dotati di valore e
stimoli privi di valore.
H. Tajfel: è possibile individuare delle basi razionali che spieghino la
discriminazione intergruppi, la formazione degli stereotipi sociali e del
pregiudizio sociale?
L’esperimento sui gruppi minimi
La categorizzazione degli stimoli della percezione è un principio
organizzativo della conoscenza degli oggetti che spesso modifica,
agli occhi di chi percepisce, i dati della realtà.
La categorizzazione sociale è una condizione sufficiente per la
manifestazione della discriminazione intergruppi?
La categorizzazione sociale di Tajfel:
• implica elementi di valore che danno significato rilevante per gli
individui alla divisione dell’ambiente sociale in “noi” e “loro”
• influenza il modo in cui le persone elaborano informazioni ed
agiscono nei confronti dell’uno e dell’altro gruppo sociale
5
21/11/2014
Ù Tajfel, Billig, Bundy, Flament (1971): esperimento dei “Gruppi
1° Esperimento
Minimi”
• compito: valutare n°di puntini presentati su uno schermo
Criteri della procedura sperimentale:
• condizione neutrale: gruppo dei sotto-stimatori vs. gruppo dei sovrastimatori
- nessuna interazione faccia a faccia
- anonimità reciproca dei soggetti: solo appartenenza categoriale
• condizione di valore: gruppo dei giudizi accurati vs. gruppo dei giudizi
meno accurati
- nessuna relazione tra criterio di categorizzazione e compito di
distribuzione delle risorse
• compito sperimentale: distribuzione di denaro ad altri soggetti
attraverso apposite matrici
- la distribuzione delle risorse non ha valore strumentale in termini
personali per il soggetto che la compie
- importanza concreta delle risorse da distribuire
Matrice: costituita da 14 caselle, ogni casella contiene 2 numeri.
- fila superiore dei numeri: potenziali punti da distribuire a un soggetto
- fila inferiore dei numeri: potenziali punti da distribuire distribuiti a un
altro soggetto
Punteggi da assegnare
Possibili strategie di distribuzione
Esempio matrice 3:
1 2
3
4
5
6 7 8 9 10 11 12 13 14
14 13 12 11 10 9 8 7 6
5
4
3
2
1
1. massimo profitto comune: scegliere la casella che totalizza la
somma più alta per massimizzare l’importo che poteva essere
dispensato a ciascuno.
2. equità
Varianti dei compiti sperimentali:
1) distribuzione risorse tra 2 membri diversi dell’ingroup (non sé!)
2) distribuzione risorse/penalità tra 2 membri dell’outgroup
3) distribuzione risorse/penalità tra 1 membro ingroup e 1 membro
outgroup (non sé!)
3. massimo profitto a favore dell’ingroup: favorire i membri
dell’ingroup rispetto a quelli dell’outgroup.
4. massima differenza a favore dell’ingroup: massimizzare la
differenza tra membri dell’ingroup e membri dell’outgroup, a costo di
sacrificare parte del profitto per l’ingroup.
6
21/11/2014
Risultati:
Quando devono distribuire le risorse tra due membri dell’ingroup o tra
due membri dell’outgroup, i soggetti utilizzano la strategia dell’equità.
Quando devono distribuire le risorse tra un membro dell’ingroup e un
membro dell’outgroup, i soggetti discriminano a favore dei membri
dell’ingroup.
2° Esperimento
Strategie di distribuzione considerate:
1. massimo profitto comune
2. massimo profitto per l’ingroup
3. massima differenza a favore dell’ingroup
Indipendentemente dal fatto che distribuissero a categorie con o
senza valore aggiunto (accurati/meno accurati;
sovrastima/sottostima)
Interpretazioni: la mera categorizzazione delle persone in gruppi è
una condizione sufficiente a generare la discriminazione tra gruppi.
Risultati:
- 72,3% dei soggetti → scelte a favore dell’ingroup
- 19,2% dei soggetti → scelte a favore dell’outgroup
- 8,5% dei soggetti → scelte eque
Decisioni intergruppi (1 membro ingroup e 1 membro outgroup):
- massimo profitto a favore dell’ingroup
- massima differenza a favore dell’ingroup
Decisioni ingroup (2 membri ingroup):
- massimo profitto comune
• soggetti: 48 studenti, categorizzati in 2 gruppi, in base a preferenze
estetiche: gruppo Klee, gruppo Kandinsky
• compito: distribuzione risorse a 2 membri ingroup / 2 membri
outgroup / 1 membro ingroup e 1 membro outgroup
•Interpretazioni
Secondo una norma comportamentale condivisa, l’idea di far parte
dello stesso gruppo (minimo!) porta al desiderio di far vincere il
proprio gruppo, anche a costo di fargli perdere qualche beneficio.
•Interpretazioni post esperimento
Strategia della massima differenza a favore dell’ingroup: i membri
dell’ingroup perdono benefici ⇒ interesse personale non difeso.
Tajfel: la strategia della massima differenza dell’ingroup viene
utilizzata per ottenere una differenziazione positiva del proprio
gruppo.
.
7
21/11/2014
Identità sociale e appartenenza al gruppo
Alla ricerca di un’identità sociale positiva
L’identità sociale è quella parte del concetto di sé che si
sviluppa dall’appartenenza a un gruppo → favoritismo
ingroup.
•
•Diversi
sistemi di credenze supportano diverse
strategie e tattiche
L’identità sociale di un individuo presenta due importanti
funzioni:
2.
29
È possibile “passare” da un gruppo con uno status
inferiore a un gruppo con uno status superiore?
•
1. Autoaccrescimento
Riduzione dell’incertezza soggettiva
Presentation Title runs here l 00/00/00
30 Presentation Title runs here l 00/00/00
7.7 Come migliorare le relazioni intergruppo
1. Ipotesi del contatto
Figura 7.6 Strutture di credenze e strategie adottate per migliorare l’identità sociale.
Ipotesi del contatto: Riunificare i membri di gruppi sociali
contrapposti migliorerà le relazioni intergruppo e ridurrà il
pregiudizio e la discriminazione.
•
Condizioni necessarie per il contatto intergruppo:
– prolungato e con attività cooperativa
– all’interno di una cornice di sostegno all’integrazione
– tra persone o gruppi di uguale stato sociale
31
Presentation Title runs here l 00/00/00
32 Presentation Title runs here l 00/00/00
8
21/11/2014
Il contatto porterà a percepire somiglianza?
Il contatto porta le persone a riconoscere che sono più
simili di quanto pensassero, e iniziano a piacersi.
Ma…
•
•
Alcuni gruppi possono essere molto diversi: il contatto
potrà evidenziare differenze più profonde e più ampie.
•
Quando il contatto migliora gli atteggiamenti nei
confronti di altri individui, ciò non si può generalizzare al
gruppo nella sua interezza.
33
Presentation Title runs here l 00/00/00
2. Categorizzazione di ingroup comune
Il modello dell’identità dell’ingroup comune
(Gaertner): se membri di gruppi contrapposti vengono
incoraggiati a essere più inclusivi, ricategorizzando se
stessi come membri dello stesso gruppo, gli atteggiamenti
intergruppo spariranno.
•
34 Presentation Title runs here l 00/00/00
4. Negoziazione tra gruppi
3. Definizione di obiettivi sovraordinati
•Un
importante requisito per l’uso di obiettivi sovraordinati:
↓
Se i gruppi falliscono nel raggiungimento dell’obiettivo, non si
riduce il conflitto intergruppo.
↓
• Le relazioni intergruppo possono peggiorare : il fallimento
può essere attribuito, a torto o a ragione, all’altro gruppo.
35
Presentation Title runs here l 00/00/00
La negoziazione per ridurre il conflitto può essere un
compito difficile.
•
•
Ostacoli alla negoziazione:
→ tendenze sistematiche individuali che operano nella
percezione, nell’attribuzione o a vantaggio del sé
→ l’incapacità di adottare la prospettiva di un’altra
persona.
36 Presentation Title runs here l 00/00/00
9
21/11/2014
Capitolo 8
8.1 Che cos’è l’aggressività?
Aggressività = “infliggere in maniera intenzionale
qualche tipo di danno agli altri”
•
•L’aggressività
Danneggiare gli altri
37
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Variabilità tra gli studiosi e nelle differenti culture.
•
38 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Teorie istintuali dell’aggressività
•Teoria psicodinamica L’aggressività umana nasce da un
innato istinto di morte, contrapposto all’istinto di vita (Freud)
L’istinto di morte è diretto all’autodistruzione, ma crescendo
il bambino dirige questo istinto verso altri.
↓
Teoria monofattoriale: l’aggressività cresce in modo naturale
e deve essere liberata
si esprime a diversi livelli.
Teorie istintuali dell’aggressività
Etologia: il comportamento è determinato geneticamente
e controllato dalla selezione naturale.
↓
Gli umani devono essere in possesso di un istinto al
combattimento ereditario.
•
Konrad Lorenz → I comportamenti aggressivi sono:
○ funzionali alla sopravvivenza individuale e al
mantenimento della specie
○ in un ambiente insidioso e con risorse limitate
• Limiti:
mancano conferme dal punto di vista anatomofisiologico
39
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
40 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
10
21/11/2014
8.3 Teorie sociali dell’aggressività
8.3.1 Frustrazione e aggressività (cont.)
8.3.1 Frustrazione e aggressività
Teorie biosociali: enfatizzano una componente innata,
sebbene non l’esistenza di un istinto.
Ipotesi della frustrazione-aggressività: → l’aggressività è la
risposta a una precedente condizione di frustrazione.
Se il bersaglio dell’aggressività è indefinito, troppo potente,
irreperibile, amato, è possibile spostare l’aggressività, indotta
dalla frustrazione, su un bersaglio alternativo:
↓
capro espiatorio
41
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
8.3.2 Attivazione e aggressività
Modello del trasferimento dell’eccitazione:
l’aggressività ha luogo quando sono presenti:
•
•
•
43
•
Tuttavia:
○ La collera è un predittore della successiva
aggressività più affidabile rispetto alla frustrazione.
○ L’aggressività può verificarsi in assenza di
frustrazione
○ La frustrazione può dar luogo ad altri comportamenti,
per es. pianto.
42 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Figura 8.1 Applicazione del modello di aggressività basato sul trasferimento
dell’eccitazione.
comportamento aggressivo appreso
attivazione (eccitazione) che può provenire da
qualunque fonte
interpretazione di questa attivazione in modo che la
risposta aggressiva sembri appropriata
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
44 Presentation Title runs here l 00/00/00
11
21/11/2014
8.3.3 Come si impara a essere aggressivi
•Teoria
dell’apprendimento sociale (Bandura): il
comportamento sociale umano non è innato, ma appreso
da modelli appropriati.
L’apprendimento per esperienza diretta è basato sul
rinforzo:
• un comportamento è stabilizzato grazie alle ricompense
o alle punizioni esperite dal bambino.
•
45
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
8.3.3 Come si impara a essere aggressivi (cont.)
•
8.3.3 Come si impara a essere aggressivi (cont.)
Apprendimento per esperienza vicaria: Acquisizione di
un comportamento dopo aver osservato che ha dato
origine a una ricompensa per un’altra persona.
Apprendimento per osservazione (Modellamento):
Tendenza di una persona a riprodurre azioni,
atteggiamenti e risposte emotive di un modello, tratto
dalla vita reale oppure simbolico.
46 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Figura 8.2 Come i bambini apprendono l’aggressività attraverso la semplice
osservazione.
Modellamento nei bambini
I bambini imitano in fretta le azioni aggressive degli altri.
• Adulti → modello forte
•I
bambini, quando osservavano un adulto comportarsi in
modo aggressivo, si comportano in seguito con maggiore
aggressività (ricerca su Pupazzo Bobo).
Una sequenza aggressiva instauratasi nell’infanzia è
persistente.
•
47
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
48 Presentation Title runs here l 00/00/00
12
21/11/2014
8.4 Ruolo dei mass media
8.4.1 Mass media
Figura 8.3 Tendenza a manifestare condotte aggressive prima e dopo la visione di un
film violento.
Le rappresentazioni della violenza nei media possono influenzare in
modo importante il comportamento futuro dei bambini.
•
•Correlazioni
tra: esposizione ripetuta alla violenza dei media →
comportamento aggressivo durante l’infanzia
•Il
punto non è se i media incrementano l’aggressività, ma perché.
Desensibilizzazione: Vistosa riduzione della sensibilità di fronte a
materiale che solitamente provoca una forte reazione emotiva.
•Rischi
49
di riduzionismo!
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
8.4.2 La memoria si mette all’opera
50 Presentation Title runs here l 00/00/00
Figura 8.4 Effetti “inconsci” dei media: un’analisi neoassociazionista.
• Analisi neoassociazionista Berkowitz (1984): I mass
media possono fornire immagini di violenza a un pubblico,
che in seguito le tradurrà in atti antisociali.
•L’esposizione
51
a immagini di persone che aiutano gli altri
↓
azioni prosociali
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
52 Presentation Title runs here l 00/00/00
13
21/11/2014
8.6 Influenze sociali
8.4.2 La memoria si mette all’opera (cont.)
La sola visione di un’arma da fuoco può spingere una
persona a usarla?
↓
Il neoassociazionismo può spiegare l’effetto arma
Ruoli e genere
•
Gli stereotipi di genere hanno caratterizzato gli uomini
come individui molto più aggressivi delle donne.
•
Con il cambiamento dei ruoli sessuali nelle società
occidentali → donne meno inibite rispetto alla violenza.
•
Sebbene la violenza criminale sia ancora più diffusa tra
gli uomini, il tasso di aggressioni violente è aumentato
più rapidamente tra le donne.
•
Effetto arma: La sola presenza di un’arma aumenta la
probabilità che venga usata in modo aggressivo.
53
Presentation Title runs here l 00/00/00
54 Presentation Title runs here l 00/00/00
8.6.2 Variazioni culturali
Cultura dell’onore: Cultura che approva la violenza
maschile come modo di affrontare i pericoli che derivano
dalle minacce riguardanti la reputazione sociale o la
posizione economica.
Machismo: Codice di comportamento secondo cui sfide,
offese e persino differenze di opinione possono essere
affrontate con i pugni o con altre armi.
55
Presentation Title runs here l 00/00/00
Michael A. Hogg e Graham M. Vaughan
Psicologia sociale
Aiutare gli altri
56 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
14
21/11/2014
9.1 Che cos’è il comportamento prosociale?
9.2 Approcci biologici
9.1.1 Il comportamento prosociale può variare
Le azioni compiute a vantaggio di un’altra persona sono indicate con
i termini di comportamento prosociale (≠ dal comportamento
antisociale).
•
9.2.1 Un fenomeno naturale?
Approccio di tipo biologico → gli umani hanno tendenze innate a
mangiare, bere, unirsi, lottare e aiutare il prossimo.
•
Distinzione tra due spiegazioni attendibili del comportamento
cooperativo negli animali e negli uomini:
•
Il comportamento di aiuto è una sottocategoria del
comportamento prosociale.
•
1.Mutualismo:comportamento
Comportamento di aiuto: Azioni compiute intenzionalmente a
favore di qualcun altro.
57
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Figura 9.1 Aiuto a parenti sani o malati: situazioni di vita o di morte contrapposte a
situazioni quotidiane.
cooperativo che beneficia il cooperatore
come anche gli altri.
2.Selezione familiare: un cooperatore dimostra tendenze sistematiche
all’aiuto verso i propri parenti perché ciò permette la diffusione dei
propri geni.
58 Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
Ricerche e protagonisti in psicologia sociale:
Latané e Darley (1970):
studio dei comportamenti prosociali.
59
Psicologia sociale – Teorie e applicazioni
15
21/11/2014
Un modello a fasi
Latané e Darley (1970):
studio dei comportamenti prosociali.
1. Il soccorritore deve accorgersi di qualcosa di anomalo
2. L’evento dev’essere interpretato come una situazione di
emergenza
3. Il soccorritore deve stabilire se tocchi a lei/lui intervenire o se
altri possono farlo al suo posto: Rischio personale, porsi al
centro dell’attenzione di altre persone
Ipotesi: le persone sono più propense a prestare il proprio aiuto
quando si trovano da sole piuttosto che in compagnia di altri individui.
4. La decisone dev’essere trasformata in un’azione dotata di
senso: Emergenza = situazione inusuale → sapere o meno
come agire
Esperimento:
Fase 1 Accorgersi di una possibile emergenza
• i soggetti compilavano un questionario in una stanza
•Esistono norme che regolano il comportamento interpersonale.
ad esempio, le distanze interpersonali non devono essere troppo
ridotte, gli sguardi insistenti sono poco graditi…
•La presenza di altre persone può:
inibire l’ispezione dell’ambiente;
ritardare (impedire) la consapevolezza che sta accadendo
qualcosa di anomalo e che sarebbe necessario un nostro
intervento.
• manipolazione del numero di persone presenti nella stanza:
•nessuno / 2 complici / altri 2 soggetti ignari.
• da una feritoia usciva un denso fumo
La presenza di altre persone influenza la percezione del fumo?
- soggetti soli nella stanza: 63% mostra di accorgersi del fumo dopo 5
secondi dalla sua emissione
- soggetti in presenza di altre persone: 26% mostra di accorgersi del
fumo dopo 5 secondi dalla sua emissione
La presenza di altre persone inibisce l’ispezione dell’ambiente che
porta all’identificazione di un’emergenza.
63
64
16
21/11/2014
Nell’esperimento di Latané e Darley:
Fase 2: L’interpretazione di quanto sta accadendo
- soggetti da soli: 75% avvisava della presenza del fumo
- soggetti con altre persone: 38% avvisava della presenza di fumo
Situazione ambigua
(più interpretazioni)
Esame situazione +
informazioni dalle altre
persone presenti
Situazione di stallo
(decisione sospesa
per tutti i presenti)
II parte dell’esperimento:
• intervista ai soggetti circa possibili problemi durante la compilazione del
questionario
Ignoranza pluralistica: nessuno offre chiari indizi su come interpreta la
situazione.
• tutti menzionavano la presenza di fumo
Si conclude che la situazione non è drammatica altrimenti qualcuno
si sarebbe certamente preoccupato.
- I soggetti che non erano intervenuti interpretano il fenomeno
riconducendolo a cause che non implicano rischi e pericoli (giustificazione del
Risultati:
non-intervento).
65
Le persone riconoscono l’influenza esercitata
da parte di chi le circonda?
66
L’intervento delle componenti motivazionali
nella fase di interpretazione
•Durante l’intervista, i soggetti negano che la presenza di altre
persone abbia influito sulla loro interpretazione dell’evento: scelte
personali autonome.
•Le persone sono inconsapevoli dell’influenza che le situazioni
contestuali possono esercitare sui loro comportamenti:
• continuano a ritenersi razionali e indipendenti esecutori dei
propri comportamenti.
Variabili di tipo motivazionale possono incidere nella fase di
interpretazione dell’evento?
Costi di un potenziale soccorso:
• rischi per la propria incolumità
• mettere in pratica comportamenti mai eseguiti prima
Ipotesi: un individuo non mette in atto un comportamento di soccorso
a causa dei costi che questo comporta.
67
68
17
21/11/2014
Esperimento:
2° Esperimento:
• soggetti lasciati soli in una stanza rispondono a un questionario
• condizione sperimentale identica alla precedente, eccetto per il fatto
che ai soggetti è fatto credere che insieme ai bambini è presente un
adulto.
• viene fatto credere che nella stanza a fianco ci siano bambini intenti a
giocare
• soggetti sentono bambini (registrazione) litigare in modo violento
I soggetti si sentono sollevati dalla responsabilità di intervenire.
- 88% dei soggetti dichiara di aver creduto veramente a un litigio fra i
bambini
Risultati:
- solo 1 soggetto su 12 interviene a sedare la lite
- Giustificano il mancato intervento sostenendo di aver capito che
non era un situazione reale: i bambini non litigano a quel modo
I soggetti risolvono il conflitto tra l’intervenire e il non intervenire autoconvincendosi che non esiste alcuna situazione di emergenza.
Infatti….
69
3. L’individuazione di chi deve intervenire:
la diffusione di responsabilità
Diffusione di responsabilità come meccanismo in grado di bloccare
gli interventi di soccorso.
Ipotesi: le persone in situazioni di emergenza sono propense a ritenere
che la responsabilità di intervenire ricada su qualcun altro.
Esperimento: ogni soggetto era in un cubicolo, non potevano
comunicare tra loro
• Condizione 1: i soggetti credevano che solo un’altra persona
partecipasse all’esperimento
• Condizione 2: i soggetti credevano che 2 persone partecipassero
all’esperimento
• Condizione 3: i soggetti credevano che 4 persone partecipassero
all’esperimento
• solo un partecipante alla volta poteva parlare
• simulazione di un attacco epilettico (registrazione)
Risultati
- Condizione 1: 85% dei soggetti interveniva
- Condizione 2: 62% dei soggetti interveniva
- Condizione 3: 31% dei soggetti interveniva
72
18
21/11/2014
•In una chiara situazione di emergenza, la credenza che altre
persone stiano assistendo
•fa diminuire la responsabilità che ogni individuo si sente di
dover assumere ,
•rendendo meno probabile un reale aiuto
Per escludere spiegazioni in termini di caratteristiche di
personalità del potenziale soccorritore:
-somministrazione di scale di personalità:
-misurano le differenze individuali lungo varie dimensioni
(machiavellismo, anomia, autoritarismo... ).
La relazione tra le risposte alle scale e il comportamento in situazioni
di emergenza è nulla.
La valutazione del modello
Meriti del lavoro di Latané e Darley:
• hanno dimostrato il verificarsi di un determinato fenomeno in
particolari condizioni - il mancato intervento in presenza di altre
persone – definendo gli specifici processi psicologici implicati:
- processi di influenza sociale incidono sulle interpretazioni
avanzate
- la diffusione di responsabilità fa sì che le persone tendano ad
attribuire ad altri l’onere dell’intervento
• nei loro esperimenti hanno riprodotto situazioni reali
• hanno dato vita a nuove ricerche che esaminano aspetti più
specifici del fenomeno:
- ad esempio, quando le persone che assistono a un’emergenza si
conoscono è più probabile che intervengano
74
19