CASO CLINICO Trombolisi intra-arteriosa associata ad ultrasuoni nell’embolia polmonare submassiva: primo caso italiano Anna Salerno1, Azeem Latib1, Carlo Ballarotto1, Stefano Cappio2, Paolo G. Camici1,3, Antonio Colombo1 1 Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Ospedale San Raffaele, Milano 2 Dipartimento di Radiodiagnostica, Ospedale San Raffaele, Milano 3 Università Vita-Salute, Ospedale San Raffaele, Milano A 76-year-old woman presented with a one-week history of dyspnea on minimal exertion and at rest. In the emergency room she underwent echocardiography and thoracic computed tomography scan with diagnosis of bilateral pulmonary embolism. Due to right ventricular dilatation and increasing values of NT-probrain natriuretic peptide, both markers of high risk that classify pulmonary embolism as “submassive” according to current international guidelines, we opted for thrombolysis. The patient underwent intra-arterial bilateral pulmonary thrombolysis facilitated by ultrasound, the first case in Italy. The patient recovered from pulmonary embolism after 10h of therapy, with improved gas exchange and symptoms. Subsequently, she developed arterial bleeding at the puncture site, due to accidental puncture of a branch of the femoral artery. The patient was treated with percutaneous embolization and transfusions. In patients with pulmonary embolism, even if not massive, thrombolysis should be considered, especially in the presence of high-risk markers. Direct intra-arterial pulmonary thrombolysis, facilitated by ultrasound, is an effective procedure that provides an alternative to conventional thrombolysis with the advantage of a lower thrombolytic dose. Key words. Intra-arterial thrombolysis; Pulmonary embolism; Ultrasound. G Ital Cardiol 2013;14(4):289-292 CASO CLINICO 2 Donna di 76 anni, obesa (indice di massa corporea 32 kg/m ); in anamnesi pregressa amputazione dell’arto superiore destro per infortunio sul lavoro, mastectomia e chemioterapia adiuvante per neoplasia mammaria (follow-up negativo). La paziente lamenta dispnea per sforzi minimi per cui si reca in pronto soccorso. All’arrivo si presenta dispnoica, tachipnoica; vengono misurati i parametri vitali: pressione arteriosa 120/70 mmHg, frequenza cardiaca 120 b/min; all’emogasanalisi alcalosi respiratoria con ipossia (pO2 71 mmHg) e saturazione arteriosa ai limiti inferiori di norma per l’età (94% in aria ambiente). Viene eseguito un esame ecocardiografico che evidenzia severa ipertensione polmonare (pressione arteriosa sistolica polmonare 55-60 mmHg), insufficienza tricuspidale severa, ventricolo destro dilatato ma normofunzionante, funzione ventricolare sinistra nei limiti. Alla routine ematochimica rialzo del D-dimero (11.97 µg/ml, v.n. 0.22-0.77 µg/ml). Nel sospetto di embolia polmonare, la paziente esegue una tomografia computerizzata (TC) del torace con mezzo di contrasto, che conferma un quadro di embolia polmonare a cavaliere con difetti di riempimento dell’arteria polmonare bilate- © 2013 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 22.10.2012; nuova stesura 04.02.2013; accettato 04.02.2013. Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Azeem Latib Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60, 20132 Milano e-mail: [email protected] ralmente, dei rami segmentari e subsegmentari (Figura 1A, 1B), con significativa dilatazione del ventricolo destro (Figura 1C). La paziente viene ricoverata in terapia intensiva e trattata con ossigeno (maschera di Venturi) ed eparina. Durante il ricovero mantiene stabilità emodinamica (pressione arteriosa sistolica >110 mmHg); all’emogasanalisi persiste alcalosi respiratoria ipossiemica e desaturazione nonostante sia trattata con ossigenoterapia ad alti flussi (saturazione 91% in terapia con ossigeno a 6 l/min, successivamente 93% con reservoir, pO2 75 mmHg). Gli esami ematochimici evidenziano un significativo rialzo dell’NT-propeptide natriuretico cerebrale (BNP) (4957 pg/ml, v.n. 0-334 pg/ml) e valori normali di troponina T. In considerazione del quadro clinico, viene posta diagnosi di embolia polmonare “submassiva” secondo le linee guida dell’American Heart Association1, o “a rischio intermedio” secondo le linee guida della Società Europea di Cardiologia2, ovvero un’embolia polmonare che presenta un quadro emodinamico stabile (con valori di pressione arteriosa sistolica >90 mmHg, in assenza di terapia inotropa in corso), ma con un significativo sovraccarico emodinamico (dilatazione e disfunzione del ventricolo destro, rialzo di BNP, rialzo degli indici di miocardiocitolisi, alterazioni elettrocardiografiche). Tali marker sono correlati ad una mortalità più elevata, in particolare nelle prime ore dall’ingresso3,4. Secondo le linee guida americane ed europee, la trombolisi è indicata per l’embolia polmonare massiva o ad alto rischio, con una raccomandazione di classe IIa, livello di evidenza B, e deve essere considerata per l’embolia submassiva o a rischio intermedio, con una raccomandazione di classe IIb, livello di eviG ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013 289 A SALERNO ET AL Figura 1. Tomografia computerizzata del torace all’ingresso (A-C) e post-procedura (D, E). A: embolia polmonare in arteria polmonare destra; B: embolia polmonare in arteria polmonare sinistra; C: dilatazione del ventricolo destro pre-trombolisi (proiezione asse lungo 4 camere); D: assenza di embolia polmonare post-trombolisi; E: normalizzazione delle dimensioni del ventricolo destro post-trombolisi (proiezione asse lungo 4 camere). denza C. Pertanto, vista l’estesa trombosi dell’albero arterioso polmonare, la dilatazione del ventricolo destro, il rialzo dell’NTproBNP e la tachicardia sinusale, dopo discussione collegiale, si decide di procedere con una trombolisi intra-arteriosa facilitata da ultrasuoni, che offre il vantaggio di ridurre sensibilmente il dosaggio di trombolitico da somministrare. La paziente viene condotta in emodinamica; vengono posizionati due introduttori da 6F in vena femorale destra, attraverso i quali vengono avanzati due cateteri per ogni arteria polmonare: un catetere “intelligent side-hole drug delivery” (5.4F), dotato di numerose soluzioni di continuo attraverso le quali viene somministrato il trombolitico e, all’interno, un secondo ca- tetere “Ultrasound MicroSonic Core”, che eroga ultrasuoni (Figura 2). I due cateteri “Ultrasound MicroSonic Core”, uno per ogni arteria polmonare, sono connessi a due unità centrali (EKOS, Ekosonic Corp., Washington, DC, USA), che erogano ultrasuoni. All’interno sono posizionati i due cateteri “intelligent side-hole drug delivery”, connessi ad una pompa siringa che somministra il trombolitico. Trombolitico ed ultrasoni, in associazione, raggiungono l’arteria polmonare e pertanto svolgono la loro azione direttamente sul trombo. I cateteri vengono lasciati in situ per la durata della procedura (da 12 a 20h), ed in totale vengono somministrati 1 mg/h di alteplase (0.5 mg/h per ogni arteria polmonare). Figura 2. A: unità di controllo Ekosonic per erogazione degli ultrasuoni; B: catetere per la somministrazione del trombolitico; C: catetere per l’erogazione degli ultrasuoni; D: immagine fluoroscopica dei due cateteri all’interno di ogni arteria polmonare. 290 G ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013 TROMBOLISI INTRA-ARTERIOSA ED ULTRASUONI NELL’EMBOLIA POLMONARE SUBMASSIVA Al termine del posizionamento dei cateteri, la paziente viene trasferita in terapia intensiva per la prosecuzione della terapia trombolitica associata ad ultrasuoni e l’infusione di eparina non frazionata (dose anticoagulante). All’arrivo in terapia intensiva si assiste ad un netto miglioramento dei parametri respiratori (ossigeno con reservoir: pO2 220 mmHg e saturazione 99.5%, per cui viene progressivamente svezzata del tutto dall’ossigenoterapia). La paziente rimane stabile ed asintomatica fino a quando, a 10h dall’inizio della terapia, sviluppa un esteso ematoma in sede di puntura femorale associato ad intenso dolore omosede; sviluppa inoltre ipotensione arteriosa (pressione arteriosa 90/60 mmHg). L’infusione di trombolitico viene interrotta e la paziente viene inviata in radiologia per una TC dell’addome con mezzo di contrasto, che evidenzia un sanguinamento attivo in fase arteriosa in prossimità della puntura femorale, a livello dell’inguine destro. Pertanto esegue un’angiografia selettiva femorale, che tuttavia non evidenzia la sede del sanguinamento. Nelle ore successive il dolore persiste, associato a riduzione dell’emoglobina (fino a valori di 9 g/dl) ed oliguria; pertanto la paziente viene sottoposta a nuovo controllo TC dell’addome che mostra persistenza di sanguinamento attivo in fase arteriosa. La paziente esegue pertanto un nuovo controllo angiografico, in corso di terapia con eparina endovena; in tale occasione risulta evidente il sito del sanguinamento (Figura 3), un ramo secondario tributario dell’arteria circonflessa dell’arteria femorale (calibro 0.5 mm), punta accidentalmente durante il cateterismo della vena femorale; il sito di sanguinamento viene embolizzato mediante rilascio di particelle di alcool polivinilico. Dopo la procedura la paziente presenta valori pressori normali, diuresi valida e valori di emoglobina stabili (dopo aver ef- Figura 3. Evidenza di sanguinamento arterioso alla tomografia computerizzata dell’addome (A) e all’angiografia (B). fettuato trasfusione di tre sacche di emazie concentrate). Viene sottoposta a TC del torace di controllo che evidenzia netto miglioramento del quadro vascolare polmonare con pervietà del tronco polmonare e delle arterie polmonari (Figura 1D) e persistenza di minimi difetti di riempimento in alcuni rami subsegmentari dell’arteria polmonare destra; inoltre, è evidente una sensibile riduzione delle dimensioni del ventricolo destro (Figura 1E). Anche i valori di NT-proBNP risultano quasi normalizzati (400 pg/ml). DISCUSSIONE Il ruolo della trombolisi nell’embolia polmonare submassiva è ancora dibattuto e non trova opinione unanime nella comunità scientifica. Le linee guida indicano tale trattamento come raccomandazione di classe IIb, livello di evidenza C. Tuttavia, anche in presenza di valori pressori stabili, elementi come dilatazione/disfunzione destra, rialzo di troponina/BNP, sono fattori prognostici negativi nell’immediato (a causa della possibilità che l’embolia polmonare evolva in “massiva”) e a lungo termine, visto il rischio di sviluppare ipertensione polmonare cronica, fino a quadri prognosticamente infausti di scompenso destro3,4. Esistono in letteratura degli score di rischio basati su caratteristiche cliniche, semplici da individuare anche al letto del paziente, che possono indicare soggetti a rischio. Il PESI score, ad esempio, si basa su indici come frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, saturazione di ossigeno, che indicano una mortalità a 30 giorni da 0% a 10%, a seconda delle caratteristiche cliniche del malato5. Sulla base di queste premesse la stratificazione del rischio risulta di fondamentale importanza per comprendere l’entità emodinamica della patologia ed indirizzare il paziente al trattamento adeguato6. La trombolisi sembrerebbe ragionevole nei casi di tromboembolia polmonare submassiva gravati da importanti fattori di rischio; tuttavia in letteratura non esistono dati solidi che dimostrino un vantaggio del trattamento trombolitico rispetto alla terapia con sola eparina in questa categoria di pazienti. Esiste uno studio clinico che prevede l’arruolamento di 1000 pazienti con embolia polmonare submassiva, randomizzati a terapia con sola eparina o terapia con eparina e trombolisi, ma è ancora in corso e non esistono dati preliminari7. Visto però il minor carico emodinamico che comporta la tromboembolia polmonare submassiva rispetto all’embolia polmonare massiva, sembrerebbe ragionevole considerare tipi di trattamento meno invasivi rispetto alla trombolisi endovenosa tradizionale, con dosaggi di farmaco ridotti. A tutt’oggi le strategie terapeutiche alternative alla trombolisi convenzionale comprendono l’embolectomia chirurgica e vari trattamenti percutanei basati sull’utilizzo di cateteri, che hanno come scopo comune la rimozione del trombo all’interno dell’arteria polmonare8. Alcuni di questi non prevedono l’utilizzo di farmaci trombolitici: frammentazione diretta del trombo, trombectomia per suzione, trombectomia rotazionale, trombectomia reolitica. Quest’ultima si basa su un getto ad alta pressione salina all’interno del dispositivo AngioJet (Axle International), che genera un gradiente di pressione per il principio di Bernoulli, permettendo la frammentazione del trombo. Esistono inoltre altre tecniche percutanee che combinano l’utilizzo di un catetere all’utilizzo di trombolitico, che viene però somministrato a dosaggio inferiore rispetto alla trombolisi endovenosa convenzionale. Tali tecniche sono la trombolisi conG ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013 291 A SALERNO ET AL venzionale via catetere e la trombolisi “farmaco-meccanica”, che combina l’utilizzo del trombolitico via catetere all’utilizzo di mezzi “meccanici”, come ad esempio gli ultrasuoni. Una strategia combinata di basse dosi di trombolitico associata ad ultrasuoni risulta un’alternativa interessante, e i due sistemi insieme hanno un effetto additivo. Infatti, gli ultrasuoni contribuiscono alla frammentazione meccanica del trombo e permettono una penetrazione migliore del farmaco all’interno di esso; ciò significa incrementare l’efficacia del farmaco che, in tal modo, lega più facilmente i recettori del plasminogeno. Inoltre, le onde pressorie degli ultrasuoni dirigono meccanicamente il farmaco in profondità all’interno del trombo e contribuiscono alla sua permanenza all’interno del coagulo. Ciò permette una riduzione del dosaggio del farmaco, e quindi dei suoi effetti collaterali in gran parte dose-dipendenti, ed una riduzione delle tempistiche di trattamento. È stato dimostrato che un trombo sottoposto all’effetto di trombolitico ed ultrasuoni assorbe l’89% di farmaco in più in 4h rispetto ad un trombo esposto a solo trombolitico9, e studi clinici hanno dimostrato l’efficacia della trombolisi associata ad ultrasuoni10; inoltre, visto l’utilizzo di una minore dose di trombolitico necessaria per il trattamento, è presumibile una riduzione dei possibili effetti collaterali dovuti al farmaco. Nel caso discusso precedentemente è stata presa la decisione di trattare la paziente in modo invasivo, vista la presenza di fattori come il movimento del BNP e la dilatazione destra. È stata scelta la trombolisi “farmaco-meccanica” vista la stabilità emodinamica; la paziente era affetta da embolia polmonare “submassiva” e sembrava ragionevole tentare di somministrare una terapia trombolitica con il minor dosaggio possibile di farmaco. Tale strategia si è dimostrata efficace, ma purtroppo l’insorgenza di una complicanza importante ha sicuramente inficiato il risultato finale. Alcuni accorgimenti potrebbero risultare utili a minimizzare i rischi: esecuzione della procedura in centri ad alto flusso, selezione di pazienti normopeso, in cui la puntura vascolare risulta più semplice; puntura vascolare in un sito facilmente comprimibile (es. vena brachiale), per risolvere un eventuale sanguinamento con un’adeguata compressione. In conclusione, l’embolia polmonare submassiva presenta, in alcuni casi, delle caratteristiche cliniche che richiedono un trattamento aggressivo; in tale contesto un approccio con basse dosi di trombolitico, come la trombolisi intra-arteriosa facilitata da ultrasuoni, è una valida alternativa al trattamento convenzionale, e potrebbe essere considerata in futuro una terapia di prima linea in tale categoria di pazienti; tuttavia non è una procedura scevra da rischi, pertanto, al fine di minimizzare il numero di complicanze, tale strategia deve essere presa in considerazione in centri esperti e riservata a un numero di pazienti adeguatamente selezionati. Infatti, in un campo in cui non vi sono ancora le prove a favore della trombolisi sistemica, l’introduzione di qualsiasi altra strategia non può prescindere da sperimentazioni cliniche rigorose. La metodica proposta ha un forte razionale ma, accanto alla fattibilità, sicurezza ed efficacia clinica devono ancora essere dimostrate. RIASSUNTO Donna di 76 anni, giunge alla nostra osservazione per dispnea per sforzi minimi da una settimana; viene sottoposta ad ecocardiografia e tomografia computerizzata del torace che evidenziano un’embolia polmonare bilaterale. Vista la dilatazione del ventricolo destro e il rialzo dei valori di NT-propeptide natriuretico cerebrale, marker di aumentato rischio che classificano l’embolia polmonare come “submassiva” secondo le linee guida internazionali, si decide per terapia trombolitica; la paziente viene sottoposta a trombolisi intra-arteriosa loco-regionale facilitata da ultrasuoni, primo caso in Italia. Il quadro di embolia polmonare si risolve completamente dopo 10h di trattamento, con netto miglioramento degli scambi respiratori e della sintomatologia, ma la paziente sviluppa un sanguinamento arterioso a livello della puntura inguinale, dovuto ad una puntura accidentale di un piccolo ramo dell’arteria femorale. Viene pertanto trattata con terapia trasfusionale ed embolizzazione percutanea. In pazienti con embolia polmonare submassiva, la trombolisi deve essere considerata per quel gruppo di pazienti che presentano marker di rischio aumentato. La trombolisi intra-arteriosa loco-regionale facilitata da ultrasuoni è una procedura efficace, e può essere una valida alternativa alla trombolisi convenzionale, visto il minor dosaggio di farmaco necessario per il trattamento. Parole chiave. Embolia polmonare; Trombolisi intra-arteriosa; Ultrasuoni. BIBLIOGRAFIA 1. Jaff MR, McMurtry MS, Archer SL, et al. Management of massive and submassive pulmonary embolism, iliofemoral deep vein thrombosis, and chronic thromboembolic pulmonary hypertension: a scientific statement from the American Heart Association. Circulation 2011;123:1788830. 2. Torbicki A, Perrier A, Konstantinides S, et al. Guidelines on the diagnosis and management of acute pulmonary embolism: the Task Force for the Diagnosis and Management of Acute Pulmonary Embolism of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2008;29:2276-315. 3. Kasper W, Konstantinides S, Geibel A, et al. Management strategies and determinants of outcome in acute major pulmonary 292 G ITAL CARDIOL | VOL 14 | APRILE 2013 embolism: results of a multicenter registry. J Am Coll Cardiol 1997;30:1165-71. 4. Kucher N, Goldhaber SZ. Cardiac biomarkers for risk stratification of patients with acute pulmonary embolism. Circulation 2003;108:2191-4. 5. Aujesky D, Roy PM, Le Manach CP, et al. Validation of a model to predict adverse outcomes in patients with pulmonary embolism. Eur Heart J 2006;27:476-81. 6. Kostantinides S, Goldhaber SZ. Pulmonary embolism: risk assessment and management. Eur Heart J 2012;33:3014-22. 7. Konstantinides SV, Meyer G, Lang I, et al. Single-bolus tenecteplase plus heparin compared with heparin alone for normotensive patients with acute pulmonary embolism who have evidence of right ven- tricular dysfunction and myocardial injury: rationale and design of the Pulmonary Embolism Thrombolysis (PEITHO) trial. Am Heart J 2012;163:33-38.e1. 8. Engelberger RP, Kucher N. Catheterbased reperfusion treatment of pulmonary embolism. Circulation 2011;124:2139-44. 9. Lin PH, Annambhotla S, Bechara CF, et al. Comparison of percutaneous ultrasound-accelerated thrombolysis versus catheter-directed thrombolysis in patients with acute massive pulmonary embolism. Vascular 2009;17(Suppl 3):S137-47. 10. Shah KJ, Scileppi RM, Franz RW. Treatment of pulmonary embolism using ultrasound-accelerated thrombolysis directly into pulmonary arteries. Vasc Endovascular Surg 2011;45:541-8.