Positivismo

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Positivismo
Il termine positivismo indica una corrente filosofica, sociologica e culturale che si sviluppa nella
seconda metà dell'Ottocento ed è caratterizzata dalla fiducia nel progresso scientifico e dal tentativo
di applicare il metodo scientifico a tutte le sfere della conoscenza e della vita umana.
Il movimento filosofico e culturale del Positivismo nasce in Francia con Auguste Comte
(1798-1857) e darà origine anche alla sociologia. L'origine del termine positivismo è però dovuta a
Henri de Saint-Simon, che lo usò per la prima volta nel 1822.
Il positivismo trovò anche degli antagonisti molto forti nei Cattolici che non credevano nella
spersonalizzazione dell'uomo e nell'affermarsi della scienza. I Marxisti vedevano il positivismo
come il mezzo per l'affermarsi del capitalismo.
Il contesto storico
Il positivismo si sviluppa in Europa in un periodo di relativa pace che durerà fino alla prima guerra
mondiale. In questo senso la credenza positivista nel progresso scientifico che porta benessere
sembra confermata.
Il positivismo è un approccio filosofico derivato dai pensatori dell'Illuminismo come Pierre-Simon
Laplace e molti altri, secondo il quale (come teorizzato da Comte) il metodo scientifico avrebbe
dovuto sostituire la metafisica nella storia del pensiero. Egli notò anche la dipendenza circolare tra
teoria ed osservazione nella scienza.
Le idee
Principali aspetti del positivismo:
1. enfasi sulla scienza come prodotto, come insieme di asserzioni linguistiche o numeriche;
2. una preoccupazione per l'assiomatizzazione, cioè per la dimostrazione della struttura logica
e della coerenza di tali asserzioni;
3. un'insistenza sulla possibilità di verificare almeno alcune delle asserzioni, confermando o
falsificando l'osservazione empirica della realtà; le asserzioni che per loro natura venivano
considerate indimostrabili includevano quelle teleologiche; (quindi il positivismo rigetta
buona parte della metafisica classica).
4. la credenza che la scienza sia decisamente cumulativa;
5. la credenza che la scienza sia sostanzialmente indipendente dalla cultura locale;
6. la credenza che la scienza si appoggi su risultati specifici indipendenti dalla personalità e
dalla posizione sociale dell'osservatore;
7. la credenza che la scienza contenga teorie e tradizioni di ricerca commensurabili;
8. la credenza che la scienza a volte incorpori nuove idee che creano una discontinuità con le
idee precedenti;
9. la credenza che la scienza sia intrinsecamente unitaria, cioè che al di là delle varie discipline
scientifiche ci sia fondamentalmente una sola scienza del mondo reale.
Il positivismo viene anche definito come "il punto di vista secondo il quale tutta la vera conoscenza
è scientifica".
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Il positivismo in Italia
Tra i filosofi seguaci del positivismo in Italia ci furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò. Il
positivismo ebbe anche influenza sulle concezioni pedagogiche di Aristide Gabelli ed in seguito di
Maria Montessori.
Furono però maggiori le spinte anti-positiviste in Italia, ad esempio da parte di Benedetto Croce che
proponeva la purezza del ragionamento. Per questo motivo, personaggi come Maria Montessori, per
di più donna, trovarono molte difficoltà nel diffondere le loro idee.
POSITIVISMO
Corrente filosofica che si sviluppa nella seconda metà del XIX secolo, caratterizzata da un'esaltazione della
scienza, considerata l'unica fonte legittima della conoscenza e il modello di riferimento per tutte le scienze
degne di tale nome.
Il positivismo, che nasce in Francia e si impone successivamente a livello europeo e mondiale, trae il suo
nome dalla esaltazione della positività della scienza e dalla concretezza e oggettività dei fatti da essa
studiati, in contrapposizione alle astrattezze e alle fantasticherie delle religioni e delle concezioni metafisiche
in genere. Da questo punto di vista, tale movimento filosofico appare strettamente legato ai notevoli successi
ottenuti dalle scienze esatte nei diversi campi di applicazione (chimica, meccanica, elettrologia, ottica e
biologia). Nello stesso tempo non va sottovalutata l'influenza del processo di organizzazione scientifica e
tecnica della società, dei sistemi di produzione, sulla maturazione delle nuove idee, le quali daranno, a loro
volta, un impulso notevole a tale processo.
Pur comprendendo pensatori che si diversificano tra loro sia per formazione intellettuale, che per temi
affrontati e soluzioni specifiche, il positivismo può essere sintetizzato nei seguenti aspetti distintivi:
1) La scienza è la sola forma di conoscenza possibile e il metodo della scienza è l'unico valido: pertanto il
ricorso a cause o principi che non siano riconducibili al metodo della scienza non fa progredire il cammino
della conoscenza, ma va considerato una pericolosa ricaduta nella metafisica.
2) Il metodo della scienza, essendo l'unico valido, va esteso a tutti i campi d'indagine, compresi quelli che
riguardano l'uomo e i fenomeni sociali.
3) Il progresso della scienza rappresenta la base del progresso umano e lo strumento per una
riorganizzazione complessiva della vita sociale, capace di trovare adeguate soluzioni ai numerosi problemi di
ordine politico e sociale posti dalla Restaurazione e dalla rivoluzione industriale.
4) La filosofia, non avendo oggetti suoi propri, o campi privilegiati di indagine sottratti alla scienza, tende a
coincidere con la totalità del sapere positivo o, più in particolare, con l'enunciazione dei principi comuni alle
varie scienze. La funzione peculiare della filosofia consiste quindi nel riunire e nel coordinare i risultati delle
singole scienze, in modo da realizzare una conoscenza unificata e generale (1). In ciò, il positivismo si
contrappone alla convinzione, tipicamente romantica, che la filosofia debba essere separata dalla scienza in
quanto disciplina contraddistinta da problemi e metodi del tutto diversi.
RAPPORTI CON L'ILLUMINISMO
Per certi aspetti, si può dire che il positivismo si configuri come una ripresa originale del programma
illuministico all'interno di una nuova situazione storico-sociale post-rivoluzionaria, caratterizzata dall'avvento
del capitalismo industriale e dallo sviluppo della scienza e della tecnica.
I principali elementi di affinità tra positivismo e illuminismo, possono essere riassunti nei seguenti tre punti:
1) fiducia nella ragione e nel sapere, concepiti come strumenti di progresso al servizio dell'uomo e del
miglioramento sociale;
2) esaltazione della scienza a scapito della metafisica e di ogni altro tipo di sapere non verificabile;
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3) visione tendenzialmente laica ed immanentistica della vita. (2)
D'altro canto, positivismo e illuminismo presentano anche alcune differenze di rilievo:
1) Sebbene i bersagli polemici del positivismo siano in parte identici a quelli dell'illuminismo (cioè la
tradizione metafisica e religiosa, come pure il parassitismo dell'aristocrazia agraria, considerato un ostacolo
al progresso), gli atteggiamenti politici sono differenti. Mentre l'illuminismo si configura come riformismo di
carattere rivoluzionario (posto in atto dalla Rivoluzione francese), il positivismo si presente come un
riformismo anti-rivoluzionario, che pur lottando contro la vecchia tradizione politica e culturale, è
fondamentalmente contrario alle nuove forme rivoluzionarie rappresentate dal proletariato e dalle dottrine
socialiste.
2) Diversità del modo di rapportarsi alla scienza e alla filosofia: rispetto alla prima, gli illuministi vedono nel
sapere sperimentale un mezzo per dissolvere le antiche credenze della metafisica e della religione, mentre
nei positivisti, il richiamo alla scienza tende a una riedificazione di certezze assolute, esplicitamente
presentate come la forma "moderna" e "positiva" delle antiche religioni e metafisiche. Riguardo alla filosofia,
mentre gli illuministi sono interessati soprattutto a una fondazione gnoseologica e critica della scienza
(che sfocerà nella concezione di Kant), i positivisti, dando per scontata la validità del pensiero scientifico,
ritengono che il compito della filosofia sia quello di ordinare e di unificare le diverse scienze. (3)
Il positivismo, colto nel suo nucleo storico-filosofico più decisivo, presenta anche caratteristiche che lo
accomunano al romanticismo. La più importante di tali caratteristiche è l'idealizzazione della scienza, che si
traduce in una esaltazione del sapere positivo, assunto a unica verità ed unica guida della vita umana, in tutti
i campi. Come i romantici e gli idealisti tendevano a caricare la poesia o la filosofia di significati assoluti,
così i positivisti tendono ad attribuire alla scienza una portata assoluta, con atteggiamenti analoghi alla fede
religiosa. (4)
In Francia, il maggiore rappresentante del positivismo fu Auguste Comte. Successivamente il positivismo si
diffuse anche in Inghilterra, soprattutto per merito di John Stuart Mill, impegnato a sottrarre la scienza
morale alle sue incertezze per stabilire invece per essa un insieme di regole ben definite. Di non minor
statura fu lo scienziato naturalista Charles Darwin, ma una certa importanza ebbe anche Herbert Spencer.
In Italia seguaci del positivismo furono Carlo Cattaneo e Roberto Ardigò.
L'età del positivismo copre il periodo che va dai moti del 1830 fino alla fine
dell'ottocento: un'insolita situazione di pace, l'espansione coloniale in Africa e Asia,
il processo di industrializzazione e di organizzazione scientifica e tecnica della
società, conducono a un eccezionale sviluppo economico e a un profondo
mutamento sociale. E' il trionfo della borghesia.
Il positivismo
La concezione positivista diventa la visione del mondo delle classi colte e borghesi,
di cui riflette la mentalità e le speranze, il pragmatismo e la fiducia nella possibilità
della scienza di nazionalizzare la realtà. Nato in Francia nella prima metà
dell'ottocento con Auguste Comte, il positivismo si diffonde rapidamente in tutta
Europa; l'eterogeneità delle sue dottrine si spiega con la continuità che in ogni
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nazione lo lega alla tradizione filosofica precedente: il razionalismo in Francia,
l'empirismo in Inghilterra, il materialismo in Germania. La scienza diventa il
linguaggio comune per la cultura, il nuovo fattore di unità della società occidentale.
La filosofia perde il proprio primato: sono le scienze particolari, ormai, a influenzarla
e non più viceversa, come è evidente nell'influsso delle teorie biologiche sulla
concezione dell'uomo.
Il positivismo si propone quale principio di interpretazione di tutta la realtà e come
garanzia scientifica di un sicuro progresso dell'umanità, concepito però spesso
attraverso schemi che ne nascondono i conflitti e le contraddizioni. Oggetto
privilegiato di studio è l'uomo: nasce una nuova scienza, la scienza dei fenomeni
sociali - o sociologia.
La Francia attraversa un periodo di conflittualità sociale e di instabilità politica che
culmina nella "rivoluzione di febbraio" del 1848: qui, più che altrove, si afferma la
concezione ottimistica della scienza come fattore di stabilità e l'illusione - di
derivazione platonica - di un governo guidato da scienziati e filosofi. La scienza
sostituisce addirittura le religioni storiche e si propone quale nuova religione
dell'umanità.
Il positivismo viene introdotto in Inghilterra da John Stuart Mill, e riceve un impulso
straordinario dalle teorie evoluzionistiche di Darwin e Spencer. All'assolutismo
politico di Comte si oppone tuttavia la tradizione liberale inglese, contraria ad ogni
intervento dello Stato e propugnatrice dei diritti dell'individuo.
Anche in Germania il processo di industrializzazione è in rapido sviluppo, grazie alla
cultura scientifica della borghesia tedesca, esclusa peraltro dalla gestione effettiva
dello Stato. Gli intellettuali discutono sulla possibilità di ridurre l'ordine meccanico
dell'universo a un unico principio materiale: è la disputa sud materialismo. Ernst
Haeckel (1834-1919), nell'opera Gli enigmi del mondo (del 1895, venduta in più di
400.000 copie), sostiene un monismo panteistico, contrapponendosi al fisiologo
Emil Du Bois-Reymond (1818-96), che, nei Sette enigmi del mondo (1880), reputa
come sola affermazione legittima da parte dell'uomo una dichiarazione di ignoranza
sui misteri dell'universo.
In Italia il positivismo è l'area culturale comune in cui si muovono scienziati, medici,
psicologi, giuristi, sociologi. Il rappresentante più importante è Roberto Ardigò
(1828-1920); il suo positivismo, vicino a quello di Spencer, se ne distingue in un
punto essenziale: contro l'agnosticismo del filosofo inglese, Ardigò considera il
dominio della religione solo un limite contingente della conoscenza dell'uomo
(l'Ignoto).
Le critiche al positivismo
Karl Marx vede con lucidità i limiti del positivismo: se il progresso dell'umanità è
assicurato da leggi scientifiche, esso è inevitabile e non necessita di una particolare
attenzione da parte dei governi: il superficiale ottimismo sulle sorti del mondo ha
dunque un ruolo politico e sociale sostanzialmente conservatore. La critica sociale,
economica e politica di Marx è ben più incisiva, e individua nelle condizioni materiali
della società i fattori che determinano il nostro modo di pensare. Il filosofo tedesco
si fa interprete dei proletariato industriale, e dà una nuova dimensione alla filosofia:
essa non può limitarsi a criticare il mondo, ma deve modificarlo.
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L'ottocento si chiude con Friedrich Nietzsche: contro la pretesa del positivismo di
dominare razionalmente la realtà, di spiegarla come progressione ordinata e lineare
verso la perfezione, l'irrazionalismo di Nietzsche è l'espressione più compiuta
dell'inquietudine e della crisi morale di tutta un'epoca.
POSITIVISMO
Dottrina filosofica che fonda la conoscenza solo sui fatti e deriva la certezza
esclusivamente dall'osservazione propria alle scienze sperimentali, con l'esclusione di
ogni apriorismo e l'ammissione che la conoscenza della "cosa in sé" è inattingibile.
Positivo è quindi il reale in opposizione al chimerico, il certo in quanto posto sul
fondamento sicuro del fatto. Il termine "positivo" si trova per la prima volta nel conte
di Saint-Simon, che lo acquisisce al campo strettamente filosofico (Système de
politique positive), ma che si limita a un generico impegno della filosofia per un
metodo d'indagine che si modellasse sulla ricerca scientifica. Le vere origini del
positivismo però sono da ricercarsi nell'illuminismo inglese e francese: dal primo
dedurrà le matrici empiristica e utilitaristica; dal secondo il principio (elaborato da
Condorcet) che il progresso di tutta la conoscenza dipende dalla costituzione e dal
progresso della scienza positiva. Ambiente favorevole allo sviluppo del positivismo
fu quello formatosi a partire dal 1830: progresso delle scienze naturali, prime
applicazioni tecniche delle scoperte scientifiche e loro riflessi in campo sociale ed
economico, nuova importanza assunta dal lavoro. In Francia A. Comte (a cui si deve
la prima elaborazione e sistemazione del positivismo) partì dal principio già
formulato da Fourier: "Le cause primordiali non ci sono note, ma esse sottostanno a
leggi semplici e costanti, che si possono scoprire per mezzo dell'osservazione e il cui
studio costituisce l'oggetto della filosofia naturale"; e da questa premessa svolse la
sua ricerca giungendo alla definizione della filosofia come "scienza dei fatti
concreti". Nel suo fervore organicistico Comte aveva diviso la storia in tre stadi:
teologico o immaginativo, in cui l'uomo immagina i fenomeni un prodotto di agenti
soprannaturali; metafisico o astratto, in cui l'uomo tenta di spiegarsi il mondo come
effetto di forze astratte; positivo o scientifico, in cui l'uomo ha acquistato la coscienza
dell'impossibilità di attingere l'assoluto e si limita alla conoscenza delle leggi che
reggono i fenomeni. Questo rigore scientifico venne meno nel Comte vecchio, che al
principio intellettualistico sostituì il sentimento, fondando su di esso addirittura una
religione (inconsistente), di cui si autonominò sommo sacerdote. Fecondo e aperto a
nuovi sviluppi fu il positivismo anche in Inghilterra, soprattutto per merito di J.
Stuart Mill, impegnato a sottrarre la scienza morale alle sue consuete incertezze per
stabilire invece per essa un fermo complesso di regole, che consentissero di superare
le antitesi di egoismo e altruismo, d'individualismo e socialismo.
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BIOLOGIA: IL POSITIVISMO EVOLUZIONISTA
Estremamente innovatrice, poi, sul piano delle scienze biologiche, fu la
rivoluzione profonda operata dal cosiddetto positivismo evoluzionistico, fiorito
sempre in Inghilterra, e il cui maggior rappresentante fu Ch. Darwin, il quale,
nella sua opera L'origine delle specie (1859), enunciò per la prima volta le
leggi fondamentali del trasformismo biologico, sempre in un ambito
strettamente scientifico, mentre il suo connazionale H. Spencer sostenne una
teoria universale dell'evoluzione come processo continuo e necessario,
operante sia nella natura sia nella società. Nel tardo positivismo H. Taine
tentò di abolire ogni distinzione tra scienza della natura e scienze sociali,
dichiarando l'identità di natura tra i loro prodotti: "Vizi e virtù sono prodotti allo
stesso modo del vetriolo e dello zucchero". Sulla cruda visione di questo
positivismo si muoverà poi il naturalismo letterario.
FILOSOFIA: LA DOTTRINA IN GERMANIA
In Germania il positivismo si colloca in una posizione più propriamente
definita "materialismo": la sua matrice deriva dal positivismo francoinglese e come fatto culturale tedesco è una diretta derivazione del
forte progresso compiuto dalle scienze naturali e dalla biologia. Si
presenta come oppositore dell'eccessivo metafisicismo generato
dall'idealismo (Basta con la metafisica!), ma per altro verso è contrario
anche al romanticismo, anche se a lui si accompagna nel voler
raggiungere il reale: il positivismo sul versante dell'oggetto; il
romanticismo nella zona del soggetto.
FILOSOFIA: LA DOTTRINA IN ITALIA
In Italia seguaci del positivismo furono Carlo Cattaneo, deciso
oppositore di ogni metafisica e di ogni scienza aprioristica, Roberto
Ardigò, che concepì la filosofia come disciplina dell'organizzazione dei
dati scientifici e operò un'originale riforma delle dottrine
evoluzionistiche di Spencer, e i pedagogisti A. Gabelli e A. Angiulli.
Positivismo letterario
Il positivismo letterario è un movimento che si sviluppa in Italia tra gli anni 70' e 80'
del XIX secolo. Si diffonde in italia grazie alla mediazione di Francesco De Sanctis.
Esso è conseguenza del momento storico che si sta vivendo e principalmente dello
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sviluppo capitalistico e più in generale dell'industrializzazione. Nasce quindi una
coscienza "positivista" che vede fondamento nella fiducia nelle forze del progresso
tecnologico e scientifico dell'uomo. Questo ottimismo sfocia in un vero e proprio
culto sfrenato della scienza e della tecnica, che presuppone quindi un rifiuto delle
visioni di tipo metafisico, idealistico, religioso. La scienza diventa il modo di
spiegare la realtà e di conoscerla, consentendo quindi di dominarla asservandola ai
bisogni dell'uomo grazie alla tecnologia. In campo lettrario si sviluppano a tale
proposito movimenti di opposizione o di esaltazione del positivismo. In
contrapposizione sono sicuramente i romantici, dai quali nascerà poi l'atteggiamento
dei scapigliati (vedi scapigliatura) che vedono un necessario ritorno all'ideale passato
pur ammettendo la realtà circostante. Si forma però un filone che accomuna molte
delle ideologie di questo periodo che è quello dei poeti del "vero": si inizia a narrare
la realtà secondo una visione prettamente scientifica e razionale il più possibile,
mostrandone oggettivamente se necessario tutta la sua bruttura e crudezza. Si
formano correnti come quelle del naturalismo (in Francia) e del verismo italiano (del
quale il maggiore esponente è Giovanni Verga), che assumono sfumature diverse a
seconda della posizione ideologica al positivismo.
Per comprendere l'atteggiamento positivista in letteratura è necessario dare
un'occhiata al significato che assume in filosofia, essendo da esso derivato. Diciamo
subito che in letteratura il positivismo trova espressione nel movimento naturalista,
che sfocerà nelle varie correnti realiste.
Il positivismo è una corrente di pensiero che domina nella cultura europea fra il 1849
e il 1890 circa. Era stato fondato dal filosofo francese Auguste Comte(1796-1857) nel
suo Corse de philosophie [Corso di filosofia positiva], uscito fra il 1830 e il 1842.
Secondo Comte, l'unica conoscenza possibile è quella che si realizza secondo il
metodo scientifico, il quale non considera il problema delle cause ultime ma si
propone esclusivamente di analizzare il rapporto di cause-effetto nei fenomeni
obbiettivamente e sperimentalmente osservabili.
L'umanità e la scienza stessa sono passate dagli stadi più arretrati - lo stadio
teologico, in cui dominava l'immaginazione, e lo stadio metafisico, in cui dominava
la ragione astratta - a quello più avanzato, lo stadio positivo, corrispondente allo
sviluppo dell'industria e della scienza moderna.
Inoltre in Comte è già evidente un'idea della storia come progresso. L'ideologia del
progresso assumerà però, fra anni Cinquanta e Settanta, una connotazione di tipo
evoluzionistico assente in Comte.
La teoria evoluzionistica assume la denominazione di "darwinismo" dal suo
fondatore, lo scienziato naturalista inglese Charles Darwin. Un altro esponente di tale
teoria è un altro inglese, Helbert Spencer.
La morale, la religione, e il linguaggio si sono sviluppati fra gli uomini per esigenze
di utilità sociale e di conservazione-riproduzione della specie, non hanno perciò
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un'origine metafisica e vanno spiegate materialisticamente.
Naturalismo
Il Naturalismo come movimento letterario nasce fra il 1865 e il 1870, ai suoi inizi si
colloca il romanzo dei fratelli Jules ed Edmond de Goncourt, Germinie Lacerteux,
uscito nel 1865.
La parola "Naturalismo" compare per la prima volta in un saggio del 1858 del critico
positivista Hippolityte Taine su Balzac, indicato come maestro della narrativa
moderna.
Si sottolinea il nesso fra scienza medica e arte letteraria, si afferma con forza che
anche il "quarto stato" ha diritto di divenire protagonista della narrativa moderna e il
romanzo deve essere il primo fra i generi letterari.
Tutti questi aspetti, attirano l'attenzione di Zola, in una recensione che egli dedica al
romanzo. E quando egli nel 1867 pubblica Thérése Raquin si dichiara, per la prima
volta, "scrittore naturalista".
Zola vuole dimostrare come le leggi dell'ereditarietà condizionino tutti i componenti
di una famiglia e come una "originaria lesione organica" determini lo sviluppo dei
singoli temperamenti combinandosi con l'influenza dell'ambiente: così la "storia
naturale e sociale di una famiglia" diventerà storia della Francia negli anni del
secondo Impero.
Il gruppo di scrittori naturalisti è ormai riconosciuto e comincia a riunirsi
periodicamente dapprima, nel 1874, con Flaubert, in una trattoria di Parigi, poi, a
partire dal 1877 anno in cui esce l'Assormoir (L'ammazzatoio di Zola), nella casa di
campagna di Zola a Médan.
Stile:
I punti fondamentali sono i seguenti:
il rifiuto della letteratura romantica, perché idealisticamente basata sulla fantasia e sul
sentimento invece che sull'analisi rigorosa della realtà oggettiva;
affermazione del metodo dell'impersonalità, che esclude l'intervento soggettivo
dell'autore nella narrazione;
rifiuto dei canoni tradizionali del bello: anche se volgare, brutto e ributtante, il vero è
sempre bello e morale;
impostazione scientifica della narrazione che deve essere basata sia sull'osservazione
sia sulla sperimentazione;
primato del romanzo, che, unico fra i generi letterari, può seguire rigorosamente un
metodo scientifico e dunque collaborare a creare la moderna sociologia.
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Insomma, lo scrittore deve diventare uno scienziato sociale, in corrispondenza con
l'ideologia diffusa dal positivismo. Il Naturalismo pone l'accento sul metodo della
rappresentazione e sui contenuti più che sulla forma.
Per quanto riguarda i contenuti, i naturalisti devono rappresentare tutti i gradini della
scala sociale, muovendo dai più bassi per risalire ai più elevati e seguendo così il
metodo stesso della scienza che procede dal semplice al complesso.
Per quanto riguarda il linguaggio è molto presente il parlato e non manca neppure,
particolarmente in L'ammazzatoio di Zola, il ricorso al gergo popolare della plebe
parigina. Il realismo dei contenuti diventa dunque anche realismo linguistico.
In Italia
In Italia l'influenza del Naturalismo comincia a farsi sentire negli anni Settanta, ma
solo dopo l'uscita dell'Ammazzatoio nel 1877 e l'entusiastica recensione di Luigi
Capuana sul "Corriere della Sera".
Alcuni romanzieri e critici italiani, fra cui oltre a Capuana, Verga cominciarono a
progettare la nascita, anche nel nostro paese, del romanzo moderno, ispirato agli
stessi principi del Naturalismo francese.Il primo racconto verista di Verga, Rosso
Malpelo, esce nell'estate del 1878.
Il Verismo italiano accetta pienamente la cultura positivistica ma sottolinea con assai
minore energia il momento scientifico e l'impegno sociale nella rappresentazione.
In conclusione pur condividendo in generale la battaglia del Naturalismo francese, il
Verismo italiano se ne distingue per i seguenti punti:
-riduce la teoria naturalistica a un metodo di scrittura, mettendo in secondo piano la
componente scientifica;
-sottolinea maggiormente l'aspetto tecnico-formale, concentrando l'attenzione sulle
conseguenze stilistiche dell'impersonalità;
-attribuisce molto minore importanza all'impegno sociale implicito della
rappresentazione;
-sposta l'attenzione più sulle campagne che sui borghi operai;
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