Lezioni di Campi Elettromagnetici Sandra Costanzo, Giuseppe Di Massa Dip. Elettronica, Informatica e Sistemistica Universitá della Calabria, 87036 Rende (CS) - Italy Indice 1 Le Equazioni di Maxwell 1.1 Contesto storico e scientifico . . . . . . . . . . . . 1.2 Equazioni di Maxwell in forma differenziale . . . . . 1.3 Le Equazioni di Maxwell in forma integrale . . . . . 1.4 Interpretazioni ed Applicazioni . . . . . . . . . . . . 1.4.1 Corrente di spostamento . . . . . . . . . . . 1.4.2 Forza elettromotrice . . . . . . . . . . . . . 1.4.3 Spira rettangolare in un campo b . . . . . . 1.4.4 Condensatore piano . . . . . . . . . . . . . 1.5 Continuitá dei campi . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.6 Relazioni Costitutive . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.6.1 Relazioni costitutive per mezzi lineari . . . . 1.6.2 Relazioni costitutive ed Equazioni di Maxwell 1.7 Onde in mezzi ionizzati . . . . . . . . . . . . . . . 1.7.1 Plasma freddo senza collisioni . . . . . . . . 1.7.2 Plasma freddo con collisioni . . . . . . . . . 1.8 Teorema di Poynting . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.9 Principio delle immagini . . . . . . . . . . . . . . . 1.10 Teorema di Equivalenza . . . . . . . . . . . . . . . 1.11 Teorema di Reciprocitá . . . . . . . . . . . . . . . 2 Onde Piane 2.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Soluzione dell’equazione d’onda . . . . . . . . . 2.3 Incidenza Normale . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.1 Incidenza Normale su mezzi con perdite . 2.4 Incidenza Obliqua . . . . . . . . . . . . . . . . 2.4.1 Polarizzazione Perpendicolare . . . . . . 2.4.2 Polarizzazione Parallela . . . . . . . . . 2.4.3 Trasmissione Totale: angolo di Brewster 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 2 3 5 7 7 8 9 9 10 12 14 15 16 17 18 19 20 21 22 . . . . . . . . 26 26 26 30 32 33 34 36 37 Capitolo 1 Le Equazioni di Maxwell 1.1 Contesto storico e scientifico Faraday ha ideato, in modo empirico, attraverso le linee di forza, la nozione di campo come continuum entro lo spazio di forze espandentesi ovunque e tali da determinare i fenomeni elettrici che vi hanno luogo. La costruzione del nuovo edificio, ovvero la costruzione di una teoria dei campi, spetta a James Clark Maxwell. Le equazioni che legano fra di loro le grandezze elettriche furono studiate e rielaborate da Maxwell e hanno preso il nome di Equazioni di Maxwell. Esse hanno rappresentato un passo importante nell’approccio unificato alla comprensione dei fenomeni fisici. Furono giudicate l’avvenimento piú importante verificatosi dai tempi di Newton in poi e ció non soltanto per la dovizia di contenuti ma anche perché esse hanno fornito il modello di un nuovo tipo di legge (Einstein, Infeld). Nel contesto storico in cui furono studiate, le Equazioni di Maxwell rappresentarono la riaffermazione della fisica del continuo (dagli stoici con la teoria del neuma) rispetto a quella atomistica di Democrito. Le ricerche di Maxwell hanno spaziato in molti settori della scienza. A tal proposito si vuole ricordare il suo contributo alla teoria cinetica dei gas. Maxwell intuı́ che le proprietá macroscopiche dei gas si spiegavano ammettendo velocitá diverse in direzione e grandezza e che bisognava tener conto delle velocitá considerandole in media e non uguali fra di loro come si era fatto fino ad allora. Da qui l’importanza della distribuzione statistica delle velocitá, ossia quello che verrá chiamato il teorema della distribuzione di Maxwell che fornisce la probabilitá che una molecola sia compresa fra u ed u+ du data la temperatura del gas. Questo fu il punto di partenza della teoria cinetica dei gas. Maxwell rilevó il risultato di due fisici tedeschi, Weber e Kohlrausch, che avevano calcolato, nel 1857, il rapporto fra unitá elettrostatica ed elettrodinamica 2 della carica elettrica, ottenendo una velocitá uguale a 310.740 Km/sec, e la paragonó con la velocitá della luce misurata da Fizeau nel 1849 (c= 314.858 Km/sec). Da tale intuizione Maxwell dedusse che le Onde ElettroMagnetiche e la luce si propagano con la stessa velocitá. E’ importante sottolineare come questo risultato sia scaturito nel contesto concettuale che assumeva un mezzo materiale come mediatore della propagazione delle azioni a distanza, concezione che possiamo dire viene annichilita dalla formulazione matematica delle Equazioni di Maxwell, che non prevedono la sua esistenza. Successivamente, utilizzando i risultati fin allora conosciuti, viene costruito, sotto questa nuova luce, un modello atto a spiegare il trasporto di energia per mezzo di onde elettromagnetiche. I risultati di Maxwell, essenzialmente teorici dovranno aspettare il 1888 per essere verificati sperimentalmente da Heinrich Hertz che studiando gli effetti della forza elettrica sui dielettrici, come gli aveva suggerito Helmholtz, dimostró che le onde elettromagnetiche esistono e si propagano con velocitá finita pari a quella della luce. 1.2 Equazioni di Maxwell in forma differenziale Le leggi dell’elettricitá e magnetismo furono stabilite nel 1983 da James Clerk Maxwell: ∂b(r, t) ∂t ∂d(r, t) + j(r, t) ∇ × h(r, t) = ∂t ∇ · d(r, t) = ρ(r, t) ∇ · b(r, t) = 0 ∇ × e(r, t) = − Nelle equazioni precedenti le grandezze coinvolte sono: • e campo elettrico [V olt/m] • h campo magnetico [Ampere/m] • d induzione elettrica [Coulomb/m2 ] • b induzione magnetica [W eber/m2 ] 3 (1.1) (1.2) (1.3) (1.4) • ρ densitá di carica [Coulomb/m3 ] • j densitá di corrente [Ampere/m2 ] La densitá di carica é definita come la carica esistente in un volumetto ∆V Q (1.5) ∆V mentre la densitá di corrente é definita come la corrente attraverso un areola ∆S ρ = lim ∆V →0 i (1.6) ∆S I campi, la induzioni, le cariche e le correnti sono quantitá incognite dello spazio e del tempo che debbono soddisfare le equazioni di Maxwell [1.1-1.4] per assegnate condizioni al contorno. Alcune di queste quantitá possono essere specificate in una regione dello spazio e in un certo intervallo di tempo. Quando ció avviene, esse vengono dette sorgenti del campo, (normalmente si tratta di correnti e cariche). La corrente che appare nella [1.2] puó essere decomposta in j = lim ∆S→0 j = j0 + j0 (1.7) dove j0 é la parte di corrente dovuta alle sorgenti mentre j0 é quella indotta dagli stessi campi elettromagnetici. Le equazioni [1.1-1.4] comprendono grandezze puramente elettromagnetiche e non tengono conto delle forze di mutua interazione. A ció provvede l’equazione della forza di Lorentz f = ρe + j × b (1.8) L’equazione della continuitá della corrente ∂ρ (1.9) ∂t é ricavabile dalle Equazioni di Maxwell. Infatti dalla divergenza dell’equazione [1.2], sapendo che ∇ · ∇ × h = 0 ed utilizzando l’equazione [1.3], otteniamo l’equazione [1.9]. Le Equazioni di Maxwell non sono tutte indipendenti. Se applichiamo l’operatore di divergenza all’equazione [1.1] otteniamo l’equazione [1.4]. Le incognite nelle equazioni [1.1 -1.4] sono e, h, b, d, j0 con due equazioni vettoriali ed una scalare indipendenti. Abbiamo bisogno di ulteriori relazioni affinché il sistema ammetta una sola soluzione. ∇·j=− 4 1.3 Le Equazioni di Maxwell in forma integrale Le equazioni [1.1-1.4] possono essere scritte in forma integrale: I e · t̂ dl = − IL ∂ x b · n̂ dA ∂t x x ∂d h · t̂ dl = j · n̂ dA + · n̂ dA ∂t A A L y { ρ dV d · n̂ = S (1.11) (1.12) V S { (1.10) A b · n̂ = 0 (1.13) Le equazioni [1.10] e [1.11] possono essere ricavate dal flusso dalle equazioni [1.1] e [1.2] attraverso una superfice A racchiusa dalla linea L e la successiva applicazione del teorema di Stockes al primo membro. Le equazioni [1.12] e [1.13] possono essere ricavate dall’integrale volumetrico dalle equazioni [1.3] e [1.4] esteso al volume V racchiuso dalla superfice S e la successiva applicazione del teorema di Gauss al primo membro. Figura 1.1: Superfici e Volumi di integrazione Per dare un aspetto alle equazioni [1.10-1.13] piú vicino alle leggi conosciute in altri ambiti disciplinari introduciamo la grandezze: 5 q(t) = y ρ(r, t) dV (1.14) V ϕm = x ϕe = A x i(t) = A x A b(r, t) · n̂ dA (1.15) d(r, t) · n̂ dA (1.16) j(r, t) · n̂ dA (1.17) Nelle equazioni precedenti le grandezze coinvolte sono: • q carica [Coulomb] • ϕm flusso magnetico [W eber] • ϕe flusso elettrico [Coulomb] • i corrente [Ampere] Le ultime definizioni permettono di scrivere le Equazioni di Maxwell in forma integrale [1.10-1.13] come segue: I IL e · t̂ dl = − ∂ϕm ∂t h · t̂ dl = i(t) + (1.18) ∂ϕe ∂t (1.19) L ϕe = q(t) ϕm = 0 (1.20) (1.21) Le equazioni [1.20] e [1.21] esprimono la legge di Coulomb : il flusso dell’induzione attraverso una superfice chiusa S che racchiude un volume V é uguale alla carica totale contenuta nel volume, non esistono cariche magnetiche isolate. L’equazione [1.18] esprime la legge di Lentz Neumann: l’integrale curvilineo lungo una curva chiusa L che circonda una superfice A del campo elettrico é uguale alla variazione temporale del flusso dell’induzione magnetica. L’equazione [1.19] esprime la legge di Ampere Faraday: l’integrale curvilineo lungo una curva chiusa L del campo magnetico che circonda una superfice A é uguale alla somma delle corrente e la variazione temporale del flusso dell’induzione elettrica. 6 1.4 1.4.1 Interpretazioni ed Applicazioni Corrente di spostamento L’equazione [1.11] é la legge di Ampere generalizzata che include il termine della corrente di spostamento di Maxwell; essa stabilisce che l’integrale di linea del campo magnetico su una traiettoria chiusa (forza magnetomotrice) é uguale alla corrente di conduzione, do convenzione o di spostamento che passa attraverso il contorno. LL’equazione [1.11] nel caso statico si riduce a I h · t̂ dl = i(t) (1.22) L ovvero la legge della Circuitazione di Ampere come era conosciuta prima che Maxwell aggiungesse il termine della corrente di spostamento. Figura 1.2: Calcolo della corrente di spostamento Il termine della corrente di spostamento ci permette di spiegare certi fenomeni che sarebbero risultati inconsistenti se avessimo incluso la sola corrente di conduzione nelle leggi del campo magnetico. Si consideri, ad esempio, il circuito composto dal generatore a-c ed il condensatore della figura 1.2. Si supponga di voler valutare l’integrale di linea del campo magnetico lungo la linea a-b-c-d. Se applichiamo la legge descritta nell’equazione [1.22] otteniamo la corrente che passa nel filo nel caso del flusso applicato alla superfice S1 e zero nel caso della superfice S2 , risultato chiaramente inconsistente. Per trovare un risultato congruente, cioé sempre lo stesso valore di corrente quando il flusso é calcolato su 7 S1 o su S2 devo aggiungere alla [1.22] il termine di corrente di spostamento cosı́ come previsto dall’equazione di Maxwell [1.22]. 1.4.2 Forza elettromotrice Consideriamo una spira rettangolare di larghezza d e lunghezza l che ruota con velocitá angolare ω intorno ad un asse perpendicolare ad un campi di induzione magnetica b come indicato in figura [1.3]. Valutiamo la f.e.m indotta nella spira. Figura 1.3: Spira rettangolare Il flusso di b ϕm = { A b(r, t) · n̂ dA (1.23) con A superfice della spira. ϕm = BA cos θ = BA cos(ωt) (1.24) La f.e.m, dalla prima equazione di Maxwell, diventa ∂ϕm = ωBA sin ωt (1.25) ∂t L’equazione [1.25] é alla base della teoria delle macchine generatrici sia in corrente alternata che in corrente continua Nel seguito si riporta la soluzione di alcuni esercizi evidenziando come problemi, normalmente risolti con approcci apparentemente diversi, posso essere riportati direttamente alle equazioni di Maxwell e=− 8 1.4.3 Spira rettangolare in un campo b Una spira rettangolare é immersa in campo con induzione magnetica ortogonale al piano della spira: b = b0 ecx eat ẑ (1.26) Si calcoli la tensione letta da un voltmetro inserito lungo la spira Figura 1.4: Spira rettangolare in un campo b Si consideri la prima equazione di Maxwell in forma integrale I ∂ x V (t) = e · t̂ dl = − b · n̂ dA ∂t (1.27) A L Sostituendo l’espressione dell’induzione magnetica [1.26] nel flusso presente nella seconda parte dell’equazione [1.27] otteniamo l’espressione della tensione V (t) = − ∂ x b0 ecx eat dxdy ∂t A L cd cd V (0) = b0 a e 2 2 sinh c 2 1.4.4 (1.28) (1.29) Condensatore piano Un condensatore a facce piane e parallele ha come dielettrico il vuoto. La distanza fra le piastre varia con legge: 9 d = 10−3 + 10−4 sin 2π400t [m] (1.30) Il condensatore é connesso ad un tensione continua di 1000 V. Trovare la corrente che fluisce fra le piastre. Scriviamo l’equazione di continuitá della corrente [1.9] in forma integrale y V ∇ · j dV ∂ y = − ρ dV ∂t (1.31) ∂q(t) ∂t (1.32) V i(t) = − Per il condensatore piano q(t) = V C(t) = V ε0 S d (1.33) La sostituzione della [1.33] nella [1.32] ci da: 400 10−4 cos (2π400t) i(t) = V ε0 2πS [10−3 + 10−4 sin (2π400t)]2 (1.34) Si noti che la corrente [1.34] non é sinusoidale. 1.5 Continuitá dei campi Si consideri lo spazio suddiviso da superfice illimitata S in due zone caratterizzate da valori diversi della permeabilitá magnetica e della costante dielettrica ε1 , µ1 e ε2 , µ2 . Se si vuole studiare il comportamento dei campi elettromagnetici alla superfice di discontinuitá é necessari servirsi delle equazioni di Maxwell in forma integrale [1.10-1.13]. Vogliamo stabilire la continuitá del campo elettrico e magnetico usando le equazioni di Maxwell [1.10] e [1.11]. Sia A la superfice rettangolare, illustrata in figura 1.5, di dimensioni l x δ abbastanza piccole da poter considerare in esse costanti i campi, l’equazione I x ∂ x h · t̂ dl = d · n̂ dA j · n̂ dA + (1.35) ∂t lxδ A A diventa 10 Figura 1.5: Mezzi 1 e 2. Superfice di separazione (h1 − h2 ) · îc = x A j · în dA + ∂ x d · în dA ∂t (1.36) A Poiché J e d sono finiti alla discontinuitá per δ → 0 e l’area tende a 0, se non vi sono sorgenti sulla discontinuitá il secondo membro della [1.35] tende a zero: (h1 − h2 ) · îc = 0 (1.37) Posto îc = îA × în dalla [1.37] otteniamo: (h1 − h2 ) · îA × în = 0 (1.38) h1 × în = h2 × în (1.39) da cui Analogamente partendo dalla equazione di Maxwell [1.11] otteniamo per il campo elettrico e1 × în = e2 × în (1.40) Le componenti tangenziali dei campi elettrici e magnetici, in assenza di sorgenti sulla superfice di separazione sui due mezzi, sono continue. Consideriamo un volumetto in cui possiamo considerare costanti le induzioni, Fig. 1.6. 11 Figura 1.6: Mezzi 1 e 2. Superfice di separazione { S d · n̂ = y ρ dV (1.41) V Nel caso di assenza di cariche sulla superficie e per δ → 0 la precedente diventa d1 · în = d2 · în (1.42) In modo analogo per l’induzione magnetica b1 · în = b2 · în (1.43) Le ultime due equazioni ci dicono che, in assenza di cariche sulla superfice, le induzioni elettrica e magnetica sono continue. Nel caso di correnti sulla superfice di separazione 1.6 (e2 − e1 ) × în = −jmS (1.44) (h2 − h1 ) × în = −jS (1.45) Relazioni Costitutive Le Equazioni di Maxwell [1.1-1.4] presentano un numero di incognite superiore al numero delle equazioni indipendenti. Le equazioni indipendenti sono tre, due vettoriali ed una scalare, corrispondenti a sette equazioni scalari mentre le 12 incognite sono quindici. Per rendere determinato il problema occorrono altre otto relazioni scalari che mettano in relazione fra loro le incognite del problema. Queste relazioni, dette relazioni costitutive, dipendono dalla natura del mezzo. L’esperienza e la compatibilitá con le leggi note indicano la scelta delle seguenti relazioni: b ⇒ h d ⇒ e j0 ⇒ e Si potrebbero studiare dipendenze di altro tipo quali ad esempio: b ⇒ (h, e) d ⇒ (h, e) j0 ⇒ e Nel seguito ci limiteremo ad esaminare la dipendenza piú semplice. Il tipo di dipendenza é legata alla natura del mezzo, nel senso che la sua composizione e c.ratterizzazione determinano il legame funzionale. Le relazione che andremo a considerare fra i vettori saranno del tipo causa-effetto e pertanto dovranno soddisfare il principio di causalitá ovvero che le azioni non si possono propagare a velocitá superiore a quella della luce. Ulteriori vincoli vengono dalle proprietá di simmetria e dal tipo di relazione causa-effetto: Proprietá di simmetria Relazione causa effetto omogeneitá isotropia linearitá dispersivitá ½ ½ spaziale temporale spaziale temporale Descriviamo in dettaglio le proprietá indicate Linearitá. Un mezzo si dice lineare quando ad una combinazione lineare di cause, corrisponde la combinazione lineare degli effetti secondo gli stessi coefficienti. Omogeneitá. Un mezzo si dice omogeneo nello spazio quando le sue caratteristiche sono indipendenti dal punto considerato, ovvero quando ad una traslazione 13 spaziale della causa corrisponde un effetto traslato della stessa quantitá. In modo analogo un mezzo si dice omogeneo nel tempo quando in ogni punto le caratteristiche del mezzo non variano nel tempo, ovvero ad una traslazione temporale della causa corrisponde un uguale traslazione dell’effetto. Isotropia. Un mezzo si dice isotropo quando la relazione fra causa ed effetto (supposta di tipo vettoriale), non dipende dalla direzione della causa ovvero ad una rotazione della causa corrisponde una uguale rotazione dell’effetto. Nel caso di mezzo lineare l’isotropia equivale a richiedere che l’effetto sia allineato con la causa qualunque sia la direzione di quest’ultima. Dispersivitá. Un mezzo si dice dispersivo nel tempo se l’effetto all’istante t dipende solo dal valore della causa allo stesso istante di tempo. Analogamente un mezzo si dice dispersivo nello spazio se l’effetto in un punto dipende solo dal valore della causa nello stesso punto. 1.6.1 Relazioni costitutive per mezzi lineari Nel caso di mezzi lineari si possono specificare maggiormente le caratteristiche evidenziate nelle relazioni costitutive. Dalla teoria generale dei sistemi lineari si ha infatti che sotto l’ipotesi il sistema sia continuo, la relazione fra ingresso u(r, t) ed uscita v(r, t) supposti per semplicitá di tipo scalare, ovvero fra causa ed effetto, si puó sempre porre nella forma: v(r, t) = Z∞ g(r, r0 , t, τ )u(r, τ )dr0 dτ (1.46) −∞ La funzione g é la risposta del sistema ad un impulso unitario applicato al punto r0 all istante t e viene detta funzione di Green del sistema. Il principio di causalitá impone che l’effetto non possa precedere l’applicazione della causa deve aversi che g(r, r0 , t, τ ) = 0 per t < τ (1.47) Poiché le azioni non possono propagarsi con velocitá superiore a quella della luce c la [1.47], a rigori, va scritta nella forma g(r, r0 , t, τ ) = 0 per t − τ < |r − r0 | c che si riduce alla [1.47] per c → ∞. Alla luce delle ultime considerazioni la [1.46] diventa 14 (1.48) v(r, t) = Zt g(r, r0 , t, τ )u(r, t)dr0 dτ (1.49) −∞ Se il mezzo é invariante nel tempo ad una traslazione temporale della causa u(t − t0 ) corrisponde la stessa traslazione dell’effetto v(t − t0 ), di conseguenza la funzione di Green g(t, τ ) = g[(t − t0 ) − (τ − t0 )]. Zt v(r, t) = g(r, r0 , t − τ )u(r0 , τ )dr0 dτ (1.50) −∞ Nel caso di mezzo non dispersivo nel tempo la funzione di Green si riduce a g(t) = αδ(t) con δ(t) funzione di Dirac. L’equazione [1.50] diventa: v(t) = α Zt δ(t − τ )u(τ )dτ = α u(t) (1.51) −∞ Considerazioni analoghe alle precedenti si possono fare per mezzi dispersivi nello spazio. Si noti come, a rigori, quando si tiene conto del fatto che le azioni si propagano a velocitá finita, un mezzo dispersivo nello spazio non puó essere non dispersivo nel tempo, nel senso da noi definito. 1.6.2 Relazioni costitutive ed Equazioni di Maxwell Consideriamo un mezzo lineare, omogeneo, isotropo e non dispersivo nello spazio. Come causa assumiamo i vettori di campo e come effetto le induzioni. d(r, t) = Zt ge (t − τ )e(r, τ )dτ (1.52) Zt gh (t − τ )h(r, τ )dτ (1.53) Zt gj (t − τ )e(r, τ )dτ (1.54) −∞ b(r, t) = −∞ j(r, t) = −∞ Gli integrali nelle precedenti sono di convoluzione, di conseguenza la trasformata di Fourier delle [1.52-1.54], utilizzando il Teorema di Borel, 15 D(r, ω) = ε(ω)E(r, ω) (1.55) B(r, ω) = µ(ω)H(r, ω) (1.56) J0 (r, ω) = σ(ω)E(r, ω) (1.57) Le relazioni [1.55-1.57] permettono di scrivere le Equazioni di Maxwell nel dominio della frequenza ∇ × E(r, ω) = −jωµ(ω)H(r, ω) (1.58) ∇ · ε(ω)E(r, ω) = ρ (1.60) ∇ × H(r, ω) = jωε(ω)E(r, ω) + σ(ω)E(r, ω) + j0 (r, ω) ∇ · µ(ω)H(r, ω) = 0 (1.59) (1.61) Il secondo membro dell’equazione [1.59] si riscrive, in forma compatta, come · ¸ σ = jω ε̂ (1.62) [jωε(ω) + σ(ω)] E(r, ω) = jω ε + jω L’equazione [1.59] mediante l’espressione [1.62] diventa ∇ × H(r, ω) = jω ε̂(ω)E(r, ω) + j0 (r, ω) (1.63) ε̂ viene detta costante dielettrica generalizzata. 1.7 Onde in mezzi ionizzati Consideriamo un gas ionizzato nel quale la concentrazione di ioni ed elettroni possono essere considerate costanti. Si usa il termine plasma per un gas ionizzato nel quale le densitá degli ioni e degli elettroni sono uguali ovvero un aggregato neutro di particelle. Nel seguito si suppone che il plasma sia costituito da elettroni liberi e da ioni positivi monovalenti il cui numero complessivo sia indipendente dal tempo (plasma stazionario). Nel caso che il plasma sia costituito da solo due tipi di particelle cariche con una molto piú leggera dell’altra, come nel caso della ionosfera, le particelle piú leggere sono le uniche a muoversi sotto l’azione del campo elettromagnetico di frequenza abbastanza elevata. Le altre particelle si possono ritenere praticamente ferme. In tal caso si parla di plasma ad un solo costituente, o ad un solo fluido; é questo il caso che consideriamo nel seguito. La tabella seguente fornisce gli ordini di grandezza tipici della densitá in equilibrio N0 e della temperatura degli elettroni in vari tipi di plasma. 16 Tipo di plasma Gas Interstellare Ionosfera Corona solare Atmosfera solare Plasma per fusione 1.7.1 N0 [m−3 ] 106 108 − 1012 1013 1018 18 10 − (1024 T (0 K) 102 103 106 104 102 Plasma freddo senza collisioni La corrente indotta, nel caso di particelle messe in movimento dai campi j0 = N qv(r, t) (1.64) con v velocitá del gas elettronico perturbato ed N numero di elettroni. Consideriamo la forza di Lorentz q (1.65) v×b V con f densitá di forza e V volume contenente il plasma. Integrando la [1.65] nel volume V otteniamo: f = ρe + F = qe + qv × b (1.66) Uguagliando la [1.66] con l’espressione della forza otteniamo mN ∂v(r, t) = N q [e + v × b] ∂t (1.67) con m massa dell’elettrone. Se la velocitá non é troppo elevata e il plasma non denso v ×b é trascurabile. Riscrivendo la [1.67] nel dominio della frequenza jωmN V(r, ω) = N qE(r, ω) (1.68) Sostituendo nella [1.64] scritta nel dominio della frequenza otteniamo J(r, ω) = N q2 E(r, ω) jmω (1.69) Confrontando la [1.69] con la relazione costitutiva [1.57] otteniamo il valore di σ(ω) N q2 σ(ω) = jmω e la costante dielettrica generalizzata 17 (1.70) ¶ µ ¶ µ ωp2 σ σ = ε0 1 − 2 = ε0 1 + ε̂ = ε0 + jω jωε0 ω (1.71) avendo posto la pulsazione di plasma ωp uguale a ωp2 = N q2 ε0 m (1.72) Dall’esame dell’espressione [1.72] si deduce che il plasma si comporta come un dielettrico dispersivo nel tempo 1.7.2 Plasma freddo con collisioni Nel bilancio delle forze agenti sugli elettroni consideriamo la densitá di forza dovuta alle collisioni. f l = −mN νv (1.73) con ν frequenza di collisione per agitazione termica. Si noti che νv é una accelerazione. Le equazioni [1.66] e [1.68] diventano J(r, ω) = N qV(r, ω) (1.74) jωmN V(r, ω) = N qE(r, ω) − mN νV(r, ω) (1.75) Dalla equazione [1.75] ricaviamo la velocitá V= qE jωm + mν (1.76) L’espressione [1.76] sostituita nella densitá di corrente [1.74] J(r, ω) = N q2 E(r, ω) m (jω + ν) (1.77) da cui ricaviamo l’espressione della conducibilitá σ(ω) = N q2 m (jω + ν) e della costante dielettrica generalizzata 18 (1.78) ¶ ¸ · µ N q2 σ = ε0 1 + ε = ε0 1 + jωε0 m (ν + jω) jωε0 ¾ ½ 2 2 ωp ν ωp = ε0 1 − 2 −j ω + ν2 ω (ω 2 + ν 2 ) (1.79) L’aver considerato la forza di collisione ha introdotto una parte immaginaria nella costante dielettrica che é direttamente associata alle perdite. 1.8 Teorema di Poynting Consideriamo la divergenza del vettore s = e × h ∇ · s = ∇ · (e × h) = h · ∇ × e − e · ∇ × h (1.80) Utilizzando le equazioni di Maxwell otteniamo ∂d ∂b +h· +e·J=0 (1.81) ∂t ∂t Considerando un mezzo non dispersivo possiamo porre J = σe + J0 . Integrando l’equazione [1.81] in un volume V racchiuso da una superfice S ∇·s+e· { S s·n̂dS+ yµ V ∂d ∂b e· +h· ∂t ∂t ¶ dV + y V 2 σe dV = − y e·J0 dV (1.82) V J0 é la corrente fornita dai generatori, e · J0 é una densitá volumetrica di potenza e di conseguenza y P0 = − e · J0 dV (1.83) V la potenza fornita dai generatori. Analogamente y Pj = σe2 dV (1.84) é la potenza dissipata nel volume V. Se poniamo ∂we ∂d =e· ∂t ∂t ∂wm ∂b =h· ∂t ∂t 19 (1.85) We = y we dV Wm = V y wm dv (1.86) V possiamo riscrivere la [1.82] { S s · n̂dS + ∂ [We + Wm ] + Pj = P0 ∂t (1.87) La potenza fornita dai generatori P0 uguaglia la potenza dissipata Pj + la variazione temporale di We + Wm + la potenza che fluisce dalla superfice S. Nel vuoto le relazioni costitutive ci permettono di scrivere la [1.85] · ¸ ∂we ∂e ∂ 1 2 (1.88) = ε0 e = ε0 e ∂t ∂t ∂t 2 · ¸ ∂ 1 ∂wm ∂h 2 = µ0 e = µ0 h (1.89) ∂t ∂t ∂t 2 Di conseguenza 1 1 wem = we + wm = ε0 e2 + µ0 h2 2 2 rappresenta l’energia immagazzinata nel volume V. 1.9 (1.90) Principio delle immagini La presenza di ostacoli, in particolar modo quando sono vicini agli elementi radianti, puó cambiare in modo significativo le caratteristiche di radiazione del sistema. Nella pratica l’ostacolo piú comune che si incontra é il terreno ed ogni onda diretta verso di esso viene riflessa con un coefficiente che dipende dalle caratteristiche del terreno stesso. Il terreno é un mezzo con perdite (σ 6= 0), la cui conducibilitá cresce con la frequenza. Di conseguenza ci aspettiamo che esso si comporti come un buon conduttore per frequenze molto elevate. Per semplificare la nostra analisi assumiamo che il terreno sia costituito da un conduttore elettrico perfetto piano. Consideriamo un gruppo di sorgenti J, Jm ed i campi elettromagnetici prodotti E, H. Siano le sorgenti ed i campi come al solito descritti in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale (x,y,z) con l’asse z ortogonale al CEP. Consideriamo la trasformazione 20 x0 = x y0 = y z 0 = −z (1.91) che corrisponde ad una riflessione rispetto al piano z=0. Il nuovo campo sará E0x = −Ex ; H0x = Hx E0y = −Ey ; H0y = Hy E0z = Ez ; H0z = −Hx (1.92) Il campo E0 , H0 é prodotto dalle sorgenti J0x = −Jx ; J0mx = Jmx J0y = −Jy ; J0my = Jmy J0z = Jz ; J0mz = −Jmz (1.93) Se consideriamo il campo somma delle due soluzioni indicate E1 = E + E0 H 1 = H + H0 (1.94) (1.95) E1x = E1y = H1z = 0 (1.96) per z=0 abbiamo condizioni a cui deve soddisfare il Campo Elettromagnetico su un conduttore elettrico perfetto. Il risultato precedente ci suggerisce di esprimere i campi in funzione delle immagini J0 , J0m Con ragionamenti analoghi si possono considerare le immagini di correnti magnetiche in presenza di un conduttore elettrico perfetto. 1.10 Teorema di Equivalenza Consideriamo un gruppo di sorgenti J, Jm interne ad un volume V racchiuso da una superfice S (Fig. 1.9) 21 Figura 1.7: Sorgenti elettriche in presenza di un conduttore elettrico perfetto Le correnti producono i campi elettromagnetici E, H all’interno ed all’esterno del volume V. Diciamo ES , HS il valore che i campi assumono sulla superfice S. Introduciamo un campo E1 , H1 che abbia le seguenti caratteristiche ½ all’interno del volume V (E1 , H1 ) = 0, (1.97) (E1 , H1 ) = (E, H), all’esterno dal volume V Introduciamo inoltre delle correnti su S jS = n̂ × Hs jmS = −n̂ × Es (1.98) (1.99) I campi descritti in [1.97] sono soluzione delle equazioni di Maxwell, infatti all’esterno del volume V (E1 , H1 ) = (E, H) ed é una soluzione delle equazioni di Maxwell, all’interno del volume V la soluzione é quella banale che é una soluzione delle equazioni di Maxwell. Sulla superfice S la soluzione é discontinua data la presenza delle correnti e la validitá del principio di continuitá dei campi. Per il teorema di unicitá la soluzione trovata é unica 1.11 Teorema di Reciprocitá Consideriamo due gruppi di sorgenti ed i campi da esse prodotte ∇ × E1 = −jωµ · H1 − Jm1 22 (1.100) Figura 1.8: Sorgenti magnetiche in presenza di un conduttore elettrico perfetto ∇ × H1 = jωε · E1 + J1 (1.101) ∇ × E2 = −jωµ · H2 − Jm2 (1.102) ∇ × H2 = jωε · E2 + J2 (1.103) Moltiplichiamo scalarmente le equazioni di Maxwell relative alle sorgenti 1 per i campi 2: H2 · ∇ × E1 = −jωµ · H2 · H1 − H2 · Jm1 (1.104) E2 · ∇ × H1 = jωε · E2 · E1 − E2 · J1 (1.105) −H1 · ∇ × E2 = jωµ · H1 · H2 + H1 · Jm2 (1.106) −E1 · ∇ × H2 = −jωε · E1 · E2 − E1 · J2 (1.107) 23 Figura 1.9: Volume contenente le sorgenti sommando le equazioni [1.104-1.107] otteniamo H2 · ∇ × E1 + E2 · ∇ × H1 −H1 · ∇ × E2 − E1 · ∇ × H2 = −jωH2 · µ · H1 − H2 · Jm1 + jωE2 · ε · E1 − E2 · J1 + jωH1 · µ · H2 + H1 · Jm2 − jωE1 · ε · E2 − E1 · J2 (1.108) (1.109) (1.110) (1.111) (1.112) (1.113) Nella precedente, nel caso di mezzo isotropico, possiamo semplificare i prodotti doppi (es.µ · H2 · H1 = µ · H1 · H2 , etc. ) e riscrivere il primo membro usando una nota identitá vettoriale. ∇ · (E1 × H2 − E2 × H1 ) = E2 · J1 − H2 · Jm1 + H1 · Jm2 − E1 · J2 (1.114) Integriamo la [1.114] in un volume V racchiuso da una superfice S. { y V S (E1 × H2 − E2 × H1 ) · n̂dS = (E2 · J1 − H2 · Jm1 ) dV + y V (1.115) (H1 · Jm2 − E1 · J2 ) dV Si dimostra facilmente che quando il volume V é racchiuso da un conduttore elettrico perfetto, da un conduttore magnetico perfetto o comprende tutto lo spazio il primo termine della [1.115] é nullo e quest’ultima diventa 24 y V (E2 · J1 − H2 · Jm1 ) dV = y V (E1 · J2 − H1 · Jm2 ) dV (1.116) La reazione delle sorgenti 2 sulle sorgenti 1 é uguale alla reazione delle sorgenti 1 sulle 2. 25 Capitolo 2 Onde Piane 2.1 Introduzione La conseguenza piú appariscente delle equazioni di Maxwell é il fenomeno della propagazione elettromagnetica: una sorgente attiva in una certa regione spaziale, a partire da un certo istante temporale, é rilevabile sperimentalmente solo dopo un intervallo temporale finito non nullo. L’onda elettromagnetica puó, dunque, definirsi come segnale identificabile punto per punto ed istante per istante, che si propaga con velocitá finita [2] . Lo studio della propagazione elettromagnetica impone di risolvere le equazioni di Maxwell prescindendo dalle sorgenti di eccitazione. Si considerano, in particolare, quelle soluzioni, denominate onde piane, i cui campi godono della proprietá di mantenersi costanti lungo la direzione di propagazione. É immediato rilevare che una tale definizione non é in grado di rappresentare una situazione fisica reale. Ragionando in termini energetici si osserva, infatti, che se i campi fossero costanti lungo la direzione di propagazione, lo sarebbero fino all’infinito, ed i generatori dovrebbero erogare una potenza infinita. Pur rappresentando campi non realizzabili fisicamente, il concetto di onda piana viene largamente utilizzato per due ragioni fondamentali. In primo luogo, i campi a grande distanza dalle sorgenti si comportano come onde localmente piane, come prescritto dalla condizione di radiazione all’infinito. É sempre possibile, inoltre, esprimere qualunque soluzione delle equazioni di Maxwell come sovrapposizione di un insieme infinito continuo di onde elettromagnetiche piane. 2.2 Soluzione dell’equazione d’onda In un mezzo omogeneo, isotropo e illimitato, si considerino le equazioni di Maxwell ai rotori in assenza di sorgenti, nel dominio della frequenza: 26 ∇ × E = −jωµH ∇ × H = jω²E (2.1) (2.2) Si voglia determinare una soluzione per le suddette equazioni tale i campi dipendano dalla sola coordinata spaziale z, ossia: E = E(z), H = H(z) La suddetta condizione é equivalente ad imporre che: ∂E ∂E = = 0; ∂x ∂y ∂H ∂H = =0 ∂x ∂y In generale, assegnato un vettore A = A(z), si puó scrivere: ∇×A= ∂Ax −∂Ay ·x b+ · yb ∂z ∂z (2.3) Applicando la [2.3] nelle equazioni [2.1] e [2.2], si ricava: − dEy = −jωµHx dz dEx = −jωµHy dz dHy − = jω²Ex dz dHx = jω²Ey dz Ez = 0 Hz = 0 (2.4) (2.5) (2.6) (2.7) (2.8) (2.9) L’ipotesi iniziale E = E(z) e H = H(z) implica, dunque, che il campo non abbia componenti lungo l’asse z e sia dato dalla sovrapposizione di due famiglie indipendenti, ottenute risolvendo i seguenti sistemi disaccoppiati: dEx = −jωµHy dz dHy = −jω²Ex dz 27 (2.10) (2.11) dEy = jωµHx dz dHx = jω²Ey dz (2.12) (2.13) Considerato il primo dei suddetti sistemi e derivando nuovamente la [2.10] rispetto a z, si ricava : d2 Ex + β 2 Ex = 0 dz 2 (2.14) √ dove β = ω ²µ é detta costante di propagazione. La soluzione generale della [2.14], nota come equazione d’onda, é data dall’espressione: Ex (z, ω) = Ex+ (ω) · e−jβz + Ex− (ω) · ejβz (2.15) ovvero dalla sovrapposizione di un’onda progressiva, viaggiante nella direzione positiva dell’asse z, e di un’onda regressiva, viaggiante in direzione opposta. Sostituendo la [2.15] nella [2.10] si ricava l’espressione del corrispondente campo magnetico: £ Ex+ (ω) · e−jβz − Ex− (ω) · ejβz Hy (z, ω) = η ¤ (2.16) p dove η = µ/² rappresenta l’impedenza intrinseca del mezzo in cui avviene la propagazione. Si osservi come campo elettrico e campo magnetico formino una terna destrogira con la direzione di propagazione e stiano fra di loro in rapporto mediante l’impedenza η. La soluzione completa del problema in esame impone di determinare anche la seconda coppia di campi, Ey e Hx , ricavabile, con un procedimento del tutto analogo, dalle equazioni [2.12] e [2.13]. La generalizzazione dei risultati ottenuti al caso di un’onda piana che si propaghi lungo una direzione arbitraria r impone una soluzione del tipo: b · e−jk·r E=E b · e−jk·r H=H 28 (2.17) (2.18) dove k = kx · x b + ky · yb + kz · zb rappresenta il vettore di propagazione. Introducendo le espressioni [2.17] e [2.18] nelle equazioni di Maxwell si perviene ad un’algebrizzazione delle stesse, in quanto l’operatore ∇ é sostituito dalla quantitá −jk. In altri termini, si ricava: b = ωµH b k×E b = ω²E b −k × H b=0 k·E b =0 k·H (2.19) (2.20) (2.21) (2.22) Le equazioni [2.21] e [2.22] mostrano che il campo elettrico ed il campo magnetico sono entrambi ortogonali al vettore di propagazione. Manipolando la [2.19] si ricava, inoltre: da cui: ³ ´ b b ⇒ |k|2 · E b = ω 2 ²µE b k × k × E = ωµk × H |k|2 = ω 2 ²µ b Sempre dalla [2.19] e’ possibile dedurre l’espressione del campo magnetico H, ossia: b b b = k × E = 1bik × E H ωµ η (2.23) Riassumendo i risultati ottenuti, é possibile affermare che, in presenza di un’onda piana, valgono le seguenti proprietá: 1. campo elettrico e campo magnetico sono mutuamente ortogonali ed entrambi ortogonali alla direzione di propagazione; 2. il rapporto tra i fasori di campo elettrico e di campo magnetico é pari all’impedenza intrinseca del mezzo. 29 2.3 Incidenza Normale Consideriamo un’onda piana incidente su un’interfaccia di separazione tra due mezzi aventi parametri elettrici diversi, ripettivamente ²1 , µ1 e ²2 , µ2 (fig.2.1) Supponiamo che il campo elettrico incidente sia orientato lungo l’asse x e che l’onda incida normalmente sull’interfaccia z=0. Tali considerazioni consentono di scrivere: b · Eo · e−jβ1 z Ei = x Eo −jβ1 z H i = yb · ·e η1 dove: √ β1 = ω ² 1 µ1 , η1 = (2.24) (2.25) r µ1 ²1 x e1 , m 1 e2 , m 2 Ei z Figura 2.1: Incidenza Normale Poiché il semispazio z > 0 é privo di sorgenti, la condizione al contorno all’infinito impone che in tale mezzo non vi sia campo riflesso, ma soltanto campo trasmesso, avente espressione: b · τ12 Eo · e−jβ2 z Et = x Eo −jβ2 z ·e H t = yb · τ12 η2 30 (2.26) (2.27) con: √ β 2 = ω ²2 µ 2 , η2 = r µ2 ²2 Nel semispazio z < 0 si ipotizza, invece, la presenza di un campo incidente e di un campo riflesso, quest’ultimo dato dall’espressione: Er = x b · Γ12 Eo · ejβ1 z Eo jβ1 z H r = −b ·e y · Γ12 η1 (2.28) (2.29) Le uniche quantitá incognite nel problema in esame sono rappresentate dai coefficienti di riflessione Γ12 e di trasmissione τ12 . Essi si ricavano imponendo la continuitá delle componenti tangenziali dei campi sull’interfaccia z=0. In altri termini, si puó scrivere: E 1 |z=0 = E 2 |z=0 H 1 |z=0 = H 2 |z=0 (2.30) (2.31) Sostituendo le espressioni dei campi nelle equazioni [2.30] e [2.31], si ricava: Eo + Eo Γ12 = Eo τ12 Eo Eo Γ12 Eo τ12 − = η1 η1 η2 (2.32) (2.33) da cui: η2 − η 1 η2 + η 1 2η2 = η2 + η 1 Γ12 = (2.34) τ12 (2.35) Si osservi come, nel caso di incidenza normale, i coefficienti di riflessione e di trasmissione dipendano unicamente dai parametri elettrici dei due mezzi, ai quali sono legate le impedenze intrinseche η1 ,η2 che compaiono nelle espressioni [2.34] e [2.35]. 31 2.3.1 Incidenza Normale su mezzi con perdite Il problema esaminato nel paragrafo precedente puó essere facilmente esteso al caso in cui il secondo mezzo presenti una condubilitá finita σ2 6= 0. Tale situazione comporta la presenza di perdite nel semispazio z > 0, dove la costante di propagazione k2 , di valore complesso, é data dall’espressione: k2 = ω sµ σ2 ²2 + jω ¶ µ2 = β2 − jα2 (2.36) In conseguenza di ció, il campo trasmesso risulta modificato come segue: bτ12 Eo · e−jβ2 z · e−α2 z Et = x Eo −jβ2 z −α2 z ·e ·e H t = ybτ12 η2 (2.37) (2.38) La sua ampiezza risulta, pertanto, attenuata di un fattore esponenziale del tipo e−α2 z . Si osservi inoltre, che l’impedenza intrinseca η2 assume anch’essa valore complesso, essendo fornita dall’espressione: η2 = s µ2 σ2 = ²2 + jω s jωµ2 σ2 + jω²2 Per effetto delle perdite, nel semispazio z > 0 viene indotta una densitá di corrente data dalla formula: bσ2 τ12 Eo · e−jk2 z J 2 = σ2 · E 2 = x (2.39) L’intensitá di tale corrente puó essere calcolata valutando il flusso di J 2 attraverso la superficie 0 ≤ y ≤ ∆y, 0 ≤ z ≤ ∞, ossia: Z∆y Z∞ σ2 τ12 Eo ∆y ∆I2 = dy σ2 τ12 Eo · e−jk2 z dz = jk2 0 (2.40) 0 La densitá lineare di corrente vale, pertanto: I2 = σ2 τ12 Eo jk2 (2.41) La sua dipendenza dalla conducibilitá σ2 non é cosi’ semplice come potrebbe dedursi dalla [2.41], in quanto τ12 = τ12 (σ2 ) e k2 = k2 (σ2 ). 32 2.4 Incidenza Obliqua Consideriamo un’onda piana incidente con un angolo arbitrario θi su un’interfaccia di separazione tra due mezzi aventi caratteristiche diverse (fig.2.1): In analogia a quanto determinato per l’onda piana incidente normalmente, é lecito ipotizzare per i campi espressioni del tipo: i b · Eo · e−jk ·r Ei = x r b · Γ12 Eo · e−jk ·r Er = x (2.42) (2.43) t b · τ12 Eo · e−jk ·r Et = x (2.44) Poiché siamo in presenza di un’onda arbitraria, non conosciamo a priori le direzioni dell’onda riflessa e di quella trasmessa; esse, infatti, vengono determinate imponendo le appropriate condizioni al contorno sull’interfaccia in esame: x e1, m1 e2, m2 kr kt qr qt z qi ki Figura 2.2: Incidenza Obliqua A tal riguardo, possiamo scrivere: E 1 |z=0 = E 2 |z=0 da cui: Eo · e−j (kx x+ky y) + Γ12 Eo · e−j (kx x+ky y) = τ12 Eo · e−j (kx x+ky y) i i r 33 r t t (2.45) Affinché l’uguaglianza [2.45] sia soddisfatta, indipendentemente dai valori dei coefficienti Γ12 e τ12 , occorre che gli esponenti coincidano, ossia: ki · x b = kr · x b = kt · x b i r t k · yb = k · yb = k · yb (2.46) (2.47) kxi = kxr ⇒ k1 sinθi = k1 sinθr ⇒ θi = θr (2.48) In particolare, dalla [2.46] si ricava: Analogamente, per l’onda trasmessa si ha: kxi = kxt ⇒ k1 sinθi = k2 sinθt (2.49) Le equazioni [2.48] e [2.49] esprimono le leggi di Snell. La determinazione delle espressioni dei campi, in presenza di incidenza obliqua, prevede la distinzione di due casi fondamentali, dalla cui sovrapposizione é possibile ricavare qualunque altra configurazione. Definito, pertanto, il piano di incidenza quale piano contenente la normale alla superficie di separazione ed il vettore di incidenza, si ha: 1. polarizzazione perpendicolare quando il campo elettrico risulta ortogonale al piano di incidenza; 2. polarizzazione parallela quando il campo elettrico risulta parallelo al suddetto piano. 2.4.1 Polarizzazione Perpendicolare In presenza di incidenza obliqua con polarizzazione perpendicolare, la configurazione del campo incidente é quella illustrata in fig.2.3: In particolare, il campo elettrico é dato dall’espressione: E i = yb · Eo e−jk1 (xsinθi +zcosθi ) (2.50) Il corrispondente campo magnetico si ottiene sostituendo la [2.50] nella [2.23]: xcosθi + zbsinθi ) · H i = (−b 34 Eo −jk1 (xsinθi +zcosθi ) e η1 (2.51) x e1, m1 e2, m2 Hr Et Er kr Ht kt qr qt z qi ki Ei Hi Figura 2.3: Incidenza Obliqua: Polarizzazione Perpendicolare Procedendo in modo analogo, per il campo riflesso si ha: E r = yb · Γ⊥ Eo e−jk1 (xsinθi −zcosθi ) Γ⊥ Eo −jk1 (xsinθi −zcosθi ) H r = (b e xcosθi + zbsinθi ) · η1 (2.52) E t = yb · τ⊥ Eo e−jk2 (xsinθt +zcosθt ) τ⊥ Eo −jk2 (xsinθt +zcosθt ) e xcosθt + zbsinθt ) · H t = (−b η2 (2.54) (2.53) Infine, per il campo trasmesso: (2.55) Le espressioni dei coefficienti di riflessione e trasmissione Γ⊥ e τ⊥ si determinano, al solito, imponendo la continuitá delle componenti tangenziali dei campi all’interfaccia: E i |z=0 + E r |z=0 = E t |z=0 Hxi |z=0 + Hxr |z=0 = Hxt |z=0 Sostituendo le espressioni dei campi nelle suddette condizioni, si ottiene: 35 (2.56) Eo · e−jk1 xsinθi + Γ⊥ Eo · e−jk1 xsinθi = τ⊥ Eo · e−jk2 xsinθt Γ⊥ Eo τ⊥ E o Eo cosθi · e−jk1 xsinθi = cosθt · e−jk2 xsinθt (2.57) − cosθi · e−jk1 xsinθi + η1 η1 η2 Manipolando le espressioni [2.56] e [2.57], si ricavano le soluzioni: η2 cosθi − η1 cosθt η2 cosθi + η1 cosθt 2η2 cosθi τ⊥ = η2 cosθi + η1 cosθt Γ⊥ = 2.4.2 (2.58) (2.59) Polarizzazione Parallela Nello studio dell’incidenza obliqua con polarizzazione parallela si procede in modo analogo al caso precedente, ottenendo le configurazioni di campo illustrate in fig. 2.4: Le espressioni dei campi incidente, riflesso e trasmesso assumono la forma: xcosθi − zbsinθi ) Eo e−jk1 (xsinθi +zcosθi ) E i = (b Eo H i = yb e−jk1 (xsinθi +zcosθi ) η1 (2.60) E r = (b xcosθi + zbsinθi ) Γk Eo e−jk1 (xsinθi −zcosθi ) Eo Γk −jk1 (xsinθi −zcosθi ) e y H r = −b η1 (2.62) xcosθt − zbsinθt ) τk Eo e−jk2 (xsinθt +zcosθt ) E t = (b Eo τk −jk2 (xsinθt +zcosθt ) H t = yb e η1 (2.64) (2.61) (2.63) (2.65) La determinazione dei coefficienti Γk e τk prevede nuovamente di imporre le appropriate condizioni al contorno sull’interfaccia, ovvero: H i |z=0 + H r |z=0 = H t |z=0 Exi |z=0 + Exr |z=0 = Ext |z=0 36 x e1, m1 e2, m2 Er Et Hr kr Ht kt qr qt z qi ki Ei Hi Figura 2.4: Incidenza Obliqua: Polarizzazione Parallela Sostituendo nelle suddette condizioni le espressioni dei campi precedentemente determinate, si ricava: Eo cosθi · e−jk1 xsinθi + Γk Eo cosθi · e−jk1 xsinθi = τk Eo cosθt · e−jk2 xsinθt τk Eo −jk2 xsinθt Eo −jk1 xsinθi Γk Eo −jk1 xsinθi ·e − ·e = ·e η1 η1 η2 (2.66) (2.67) Risolvendo le equazioni [2.66] e [2.67], si ottengono, infine, le soluzioni: η2 cosθt − η1 cosθi η2 cosθt + η1 cosθi 2η2 cosθi τk = η2 cosθt + η1 cosθi Γk = 2.4.3 (2.68) (2.69) Trasmissione Totale: angolo di Brewster Nell’ipotesi che l’interfaccia separi due dielettrici ideali di parametri ²1 , µ1 e ²2 , µ2 , con ²2 > ²1 , si vogliano determinare i valori dell’angolo di incidenza θi che annullano il coefficiente di riflessione, distinguendo i due tipi di polarizzazione. Considerato il caso di polarizzazione perpendicolare, si puó scrivere: Γ⊥ = cosθi − ncosθt η2 cosθi − η1 cosθt = η2 cosθi + η1 cosθt cosθi + ncosθt 37 (2.70) p dove n = ²2 /²1 rappresenta l’indice di rifrazione del secondo mezzo rispetto al primo. Sostituendo la [2.49] nella [2.70], si ricava: √ cosθi − n2 − sin2 θi √ Γ⊥ = cosθi + n2 − sin2 θi (2.71) Per θi = 0 si ha: |Γ⊥ | = n−1 n+1 Posto, invece, Γ⊥ = 0, si ricava: cos2 θi = n2 − sin2 θi La suddetta equazione non ammette soluzioni reali, pertanto si conclude che la funzione Γ⊥ risulta essere monotona crescente e non presenta punti di nullo. Nel caso di polarizzazione parallela, si puó scrivere: √ cosθt − ncosθi n2 − sin2 θi − n2 cosθi Γk = =√ 2 cosθt + ncosθi n − sin2 θi + n2 cosθi (2.72) Anche in questo caso, per θi = 0 risulta: |Γk | = n−1 n+1 Tuttavia, a differenza di quanto verificato nel caso di polarizzazione perpendicolare, la funzione Γk presenta dei punti di nullo. Si puó scrivere, infatti: Γk = 0 ⇒ n2 − sin2 θi = n4 cos2 θi ⇒ sinθi = √ n +1 n2 (2.73) L’angolo di incidenza che soddisfa la [2.73] é detto angolo di trasmissione totale o anche di Brewster. 38 Bibliografia [1] C. De Marzo, Maxwell e la fisica Classica, Editori La Terza, 1978. [2] G. Franceschetti, E Corti, Lezioni di Campi Elettromagnetici e Circuiti, Editori Liguori, 1965. [3] G. Franceschetti,Campi Elettromagnetici, Boringhieri, 1983. [4] S. Ramo, J. R. Whinnery, T. Van Duzer, Campi ed Onde nell’Elettronica per la Telecomunicazioni, Franco Angeli Editore, 1982. [5] B. : Kadomtsev, Phénomènes Collectifs Dans Les Plasmas, Traduction Française Edition MIR, 1979. 39