medicina legale, criminalistica e scienze sociali

MEDICINA LEGALE, CRIMINALISTICA E SCIENZE SOCIALI
COLLANA INTERNAZIONALE DIRETTA DA FRANCESCO VINCI

Direttore
Francesco V
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Comitato scientifico
Francesco V
Già professore ordinario di Medicina Legale
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Francesco C
Giudice unico
Tribunale di Brindisi — Sezione distaccata di Ostuni
Nicoletta V
Professore a contratto di Diritto penale minorile
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Iglis Innocenti
Neuroscienze forensi della memoria
Crime–related amnesia
Prefazione di
Simone Rossi
Gioacchino Onorati editore S.r.l. – unipersonale
www.gioacchinoonoratieditore.it
[email protected]
via Sotto le mura, 
 Canterano (RM)
() 
 ---xxxx-x
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: agosto 
Ad Iris, la mia più bella pubblicazione;
A mia moglie: ama e ricorda.
Indice

Prefazione

Capitolo I
Ricordo ergo sum
.. Memoria e diritto: le neuroscienze forensi,  – .. Il “vero” volto del
ricordo: le neuroscienze cognitive,  – .. La memoria in laboratorio: la
visione multi–componenziale del ricordo,  – .. La memoria a breve
termine,  – .. La memoria a lungo termine, .

Capitolo II
Crime–related amnesia
.. Incantesimi e credenze sul funzionamento della memoria nell’offender, 
– .. Oblio di una mente pericolosa: cause di amnesia nell’offender, 
– .. L’amnesia organica nel contesto criminale,  – .. Crime–related
amnesia dovuta ad intossicazione da sostanze,  – .. CRA correlata
ai disturbi del sonno–veglia,  – .. Sleep related–violence e disturbi
dell’arousal del sonno non–REM,  – .. Sexsomnia,  – .. Sleep related–
violence e disturbo comportamentale del sonno REM,  – .. L’amnesia
psicogena nel delitto,  – .. Violenza, emozioni e memoria: reactive
vs. instrumental violence,  – .. Trauma e dissociazione,  – .. La
simulazione di amnesia: il caso del malingering, .

Capitolo III
Procedure e strumenti per la corretta valutazione della crime–
related amnesia
.. Caratteristiche relative all’amnesia dichiarata e all’imputato,  –
.. Test e questionari per la detezione della simulazione,  – .. Memory
detection: metodi di rilevazione psicofisiologica nei casi di Crime–related
amnesia, .

Bibliografia

Ringraziamenti

Prefazione
S R∗
Agli inizi del secolo corrente, un giovane e dinamico psicologo si presentò nel mio laboratorio, dove all’epoca studiavamo — con Stefano
Cappa, Paolo Rossini, Carlo Miniussi e Claudio Babiloni — i processi
fisiologici della memoria episodica tramite l’originale utilizzo della
stimolazione magnetica transcranica, e mi disse: «Salve, sono Iglis
Innocenti da Prato, sono appassionato di memoria, e mi hanno affascinato tutti i vostri studi sull’argomento, tanto che vorrei collaborare. . .
ho qualche idea di sviluppo in proposito». Durante il successivo dottorato di ricerca a Siena e gli anni a seguire, il Dr. Innocenti, anzi Iglis,
ideò, propose e portò a compimento una serie di studi che trovarono
pubblicazione su alcune delle più importanti riviste internazionali di
stampo cognitivo e di neuro–immagini.
Ora, ho l’onore di introdurre questo libro, frutto della piena maturità professionale raggiunta da Iglis. L’ho letto con piacere ed interesse,
nella doppia veste di una prospettiva esperta di studioso della fisiologia
e fisiopatologia della memoria, ma anche di una prospettiva più naïf
riguardo alle implicazioni medico–legali e forensi dell’argomento, che
in parte esulano dal contesto fisiologico–clinico dove sono giornalmente impegnato. Di seguito, alcune riflessioni che mi sono venute a
mente.
Il concetto di memoria episodica, cioè di quella componente della
memoria che è responsabile della nostra capacità di registrare, immagazzinare e recuperare informazioni che sono caratterizzate da
precise coordinate di luogo, di tempo o di persona, è antico. Forse
il primo esempio che ben spiega l’utilità del sistema “memoria episodica”, almeno nel senso più semplicistico del “videoregistratore”
citato nel testo, è quello degli mnemones dell’antica Roma: le stive delle
navi da carico contenevano diversi materiali per lo più racchiusi in
∗
Professore di Fisiologia umana presso l’Università degli Studi di Siena.


Prefazione
casse di legno ed orci, indistinguibili quindi dall’esterno. Ad alcuni
membri dell’equipaggio, gli mnemones per l’appunto, veniva richiesto
di assistere e dirigere le operazioni di carico, con la finalità di ricordare
esattamente, nei vari scali della nave, dove, come e quando ciascun
materiale era stato stivato.
Ognuno di noi può essere considerato uno mnemones di se stesso,
almeno fino a quando i complessi circuiti cerebrali che sottendono il
ricordo sono ben funzionanti. La nostra condizione attuale di essere
umano vivente, per altro in continua evoluzione, è infatti la somma
dei fatti accaduti, delle esperienze, delle emozioni positive e negative,
autobiografiche e non, che si sono accumulate nel corso della nostra
vita. La memoria episodica stessa, in pratica la capacità di accumulare esperienza, non è un dono presente dalla nascita, ma il risultato
di un processo di maturazione progressivo, che si realizza alla fine
dell’adolescenza.
Gli studi su pazienti amnesici e le metodiche di neuroimaging ci
insegnano che una piccola ma fondamentale regione cerebrale profonda, l’ippocampo, è costantemente in attività nella formazione e
nel mantenimento di tracce mnesiche: proprio questa costanza di
attivazione rende difficile “vedere l’ippocampo che si accende”, se
non in paradigmi di studio molto particolari. Sono invece le aree
prefrontali a mostrare la maggior parte di attività metabolica durante
compiti di memoria, e ad essere responsabili per la registrazione
ed il recupero preciso delle informazioni, oltre che di altri aspetti
essenziali per il buon funzionamento della memoria episodica, come
la verifica ed i monitoraggio continuo della veridicità dei ricordi,
fatto particolarmente rilevante in ambito forense. Se l’ippocampo
non funziona, il soggetto diviene amnesico, ovvero non è più in
grado di formare memorie episodiche: è quello che verosimilmente succede con i pazienti che vanno incontro, in pieno benessere,
ad una “amnesia globale transitoria”, una condizione che si risolve
spontaneamente ma che lascia un “vuoto permanente” di qualche
ora in chi l’ha subita, come se quel tempo non fosse stato mai vissuto. Se invece l’ippocampo funziona, ma sono le aree prefrontali
a non funzionare correttamente, compaiono difficoltà nella precisa
collocazione spaziale o temporale delle informazioni, ed i soggetti
divengono meno precisi nel giudicare la novità o la veridicità di
un’informazione.
Prefazione

La situazione si complica drammaticamente quando entrano in
campo le emozioni, che sono in grado di modificare, se non distorcere, la veridicità e la nitidezza dei ricordi. Le emozioni di regola
facilitano la memoria, ma in situazioni particolari, come lo stress cronico, possono avere conseguenze negative. La ricerca ha chiarito qual
è la struttura cerebrale responsabile degli effetti delle emozioni sulla
memoria: si tratta dell’amigdala, che esercita la sua influenza tramite
connessioni neurali bidirezionali con i sistemi citati sopra, ovvero ippocampo e corteccia frontale. Il cosiddetto disturbo post–traumatico da
stress, cioè l’improvvisa, inaspettata, intrusione nella mente di un fatto
autobiografico ad elevata valenza emotiva negativa, e che provoca
all’improvviso una serie di disturbi psichiatrici che possono arrivare
ad essere devastanti, sembra proprio essere sostenuto da un’anomala
attivazione di questa piccola e profonda struttura cerebrale. E’ quindi
verosimile che l’amigdala, implicata anche nelle reazioni di rabbia e
di paura che spesso accompagnano i gesti criminali, giochi un ruolo
fondamentale anche nel modificare i ricordi, fino a cancellarli (come
nella crime–related amnesia), sia nell’offender che in chi ha subito o ha
assistito alla scena del crimine.
Per aggiungere complessità al quadro, bisogna ricordarsi che le
metodiche di neuroimaging sono basate su complessi calcoli statistici
necessari per la ricostruzione tridimensionale del cervello e per stimare le variazioni loco–regionali di attività cerebrale. Una variazione
anche minima delle soglie di significatività adottate può condurre a
conclusioni differenti.
Il cammino verso un pieno utilizzo delle neuroscienze in ambito
penale è quindi necessariamente lento, ma recenti processi, anche
in Italia, si sono avvalsi di tests neuroscientifici (oltre che genetici)
per aiutare a raggiungere un giudizio il più obiettivo e scientifico
possibile. L’approccio alle neuroscienze forensi (un terreno altamente
multidisciplinare che coinvolge psicologia, psichiatria, neurologia,
medicina legale, neuroimaging, neurofisiologia e diritto) che ci presenta
Iglis in questo volume mi sembra la giusta strada da percorrere.
Siena e Follonica, luglio 