Breve storia della geometria non euclidea

Breve storia della geometria non euclidea
Martina De Marchis
26 maggio 2016
Nel quaderno delle lezioni dedicato alla geometria non euclidea Corrado
Segre definisce le geometrie non euclidee
quelle che si svolgono logicamente quando dall’insieme delle premesse dell’edifizio euclideo se ne sopprima qualcuna. Dapprima quel
nome s’introdusse per quella geometria che si ha togliendo il postulato delle parallele: ed è appunto di quella che noi ci occuperemo.
(Segre, [53])
Il problema di chiedersi se esista almeno una geometria che soddisfi un insieme di assiomi diverso da quello contenuto nell’opera di Euclide, cioè chiedersi
se esistono geometrie non euclidee, nasce quindi dall’analisi critica dei postulati
presenti nel I libro dei suoi Elementi di Geometria ([26]), in particolar modo del
V. Per duemila anni infatti gli Elementi costituirono il testo privilegiato di riferimento per l’insegnamento della geometria e il modello per l’ordinamento logico
deduttivo di una teoria matematica. Cominciamo con l’enunciare i postulati di
Euclide
1. da qualunque punto si può condurre una retta ad ogni altro punto;
2. ogni segmento si può prolungare per dritto a piacimento;
3. con ogni centro e ogni distanza si può descrivere un cerchio;
4. tutti gli angoli retti sono uguali;
5. se una retta, incontrando due altre rette, forma con esse da una medesima
parte angoli interni la cui somma sia minore di due retti, quelle due rette,
prolungate indefinitivamente, si incontrano dalla parte da cui stanno gli
angoli la cui somma è minore di due retti.
Si nota subito che il quinto è meno intuitivo e meno immediato rispetto agli
altri, nonché molto meno chiaro: infatti esso è meno accessibile all’esperienza
dello spazio fisico percepibile attraverso i sensi.
Euclide stesso cercò, per quanto possibile, di sviluppare la geometria elementare del piano senza riferirsi a questo postulato. Le prime 28 proposizioni degli
Elementi infatti non ne fanno uso; viene invece utilizzato nella dimostrazione
della proposizione 291
Già dai primi commentatori di Euclide compare una chiara volontà di far
luce su due questioni: il postulato delle parallele può essere dimostrato a partire
1 Cfr.
[15], p. 17; [18] p. 3.
1
dai primi quattro? Se il quinto postulato è indipendente dai primi quattro, è
possibile sostituirlo con uno equivalente ma più intuitivo?
Per rispondere alla seconda domanda numerosi matematici in epoche diverse
cercarono di fornire alcuni enunciati equivalenti al postulato delle parallele, tra
cui:
• il luogo dei punti equidistanti da una retta è una retta (Posidonio (135
a.c.–50 a.c));
• se una retta interseca una di due rette parallele, interseca anche l’altra
(Proclo (412–485));
• dato un triangolo, ne esiste uno simile a quello dato e grande a piacere
(Wallis (1616–1703));
• la somma degli angoli di un triangolo è uguale a due angoli retti (Saccheri
(1667–1733), Legendre (1752–1833));
• per tre punti non allineati passa sempre la circonferenze di un cerchio
(Bolyai Farkas (1775–1856));
• per un punto fuori di una retta passa una e una sola parallela alla retta
stessa (assioma di Playfair (1748–1819)).
Le geometrie non euclidee nascono dunque dalla negazione del quinto postulato,
detto anche postulato delle parallele. Più precisamente si arriverà a costruire
la geometria iperbolica lasciando cadere quest’ultimo e, modificando anche il
secondo postulato, si otterrà la geometria ellittica, come vedremo fra poco.
Tutto il lavoro fatto dai matematici per cercare formulazioni equivalenti
del quinto postulato ne mette in luce la profondità; la speranza di trovarne
uno equivalente ma più semplice da verificare testimonia la grande difficoltà a
concepire la possibilità che nel mondo fisico si possano presentare situazioni “non
euclidee” (si pensi in proposito alla filosofia Kantiana in cui lo spazio euclideo è
un giudizio sintetico a priori, cioè l’unico spazio che la mente umana è in grado
di concepire). Quello che l’esperienza fisica suggerisce nel dominio dei nostri
sensi e l’autorità di Euclide furono infatti i motivi principali che ostacolarono
la possibilità di concepire le geometrie non euclidee.
1
John Wallis e il suo postulato equivalente
Fra i tentativi più significativi2 di enunciato equivalente e di dimostrazione del
V postulato a partire da questo, citiamo quello di Wallis, che
fu uno dei primi professori Saviliani di Oxford, cioè della cattedra
fondata da sir Savile, il [cui] titolare doveva dedicare qualche lezione
agli Elementi di Euclide.(Castelnuovo. Cfr Cap. 3, “preistoria della
geometria non euclidea”.)
2 Sui tentativi di dimostrazione avvenuti prima del 1663 non ci dilunghiamo, rimandando
ai riferimenti che fa Castelnuovo nel suo quaderno, Cap. 3 “Preistoria della geometria non
euclidea”.
2
Nel 1663 Wallis tenne due conferenze dedicate agli Elementi; una di queste
era proprio sul V postulato. Egli propone di sostituirlo con la proposizione
per ogni triangolo ne esiste un altro ad esso simile (con gli stessi angoli) e
di grandezza arbitraria. Da questa ipotesi Wallis riesce poi a dimostrare il
postulato delle parallele. L’assunzione non è però più elementare di quella di
Euclide, poiché si assume l’esistenza di figure simili, quindi di rette parallele,
che non è in alcun modo garantita. Ma rimane interessante osservare come
l’equivalenza degli assiomi di Euclide con quelli che si ottengono sostituendo il
quinto postulato con quello di Wallis implica che in una geometria in cui non
valga il quinto postulato, necessariamente figure simili devono essere uguali e che
la grandezza di una figura è legata a quella dei suoi angoli. Ad esempio, nel caso
di un triangolo sferico3 con angoli A, B, C, l’area è data da ∆ = r2 (A+B+C −π)
(dove r è il raggio della sfera)4 .
Nel triangolo sferico, a differenza di quello euclideo,
tre angoli determinano completamente il triangolo a meno di isometrie.
2
Saccheri, precursore inconsapevole delle geometrie non euclidee
Colui che diede una svolta ai tentativi di dimostrazione del V postulato, e fu
precursore inconsapevole delle geometrie non euclidee, è il gesuita Girolamo Saccheri che nell’anno della sua morte pubblicò Euclides ab omni naevo vindicatus: sive conatus geometricus quo stabiliuntur prima ipsa universae geometriae
principia, [51]. Diversamente dai suoi predecessori, nella sua opera Saccheri non
cerca di dimostrare il quinto postulato, bensı̀ parte dall’ipotesi che esso sia falso
e con una serie di conseguenze dedotte da ciò, cerca di arrivare ad un assurdo.
L’approccio seguito è appunto radicalmente diverso rispetto ai tentativi del
passato; per questo rappresenta una svolta nella critica al V postulato:
Il progresso rappresentato da quest’opera sta in ciò: mentre i
predecessori di Saccheri si erano sforzati di dimostrare il postulato
5o appoggiando su premesse non sempre esplicitamente enunciate, il
3 Cioè
di un triangolo in un modello in cui vale localmente la geometria non euclidea di
tipo ellittico.
4 La formula precedente, valente per la geometria ellittica, è stata osservata da diversi
autori, come Cavalieri, Girard e Lambert, per citarne alcuni.
3
Saccheri ammette che il detto postulato (o una proposizione equivalente) sia falsa, e da queste ipotesi trae una serie di conseguenze, col
proposito di far vedere che si va incontro all’assurdo. (Castelnuovo.
Cfr. Cap.3, “Preistoria della geometria non euclidea”.)
Alla teoria delle parallele Saccheri dedica il primo libro e 39 proposizioni,
dove cerca di esplorare le conseguenze logiche della negazione del quinto postulato nella speranza di trovare delle contraddizioni, ma determinando invece, in
maniera irreprensibile, una serie di risultati di geometria non euclidea (iperbolica). Beltrami, che porta di nuovo all’attenzione dei matematici il lavoro del
gesuita, loda quest’ultimo per l’accuratezza dei risultati:
Parmi perciò degnissimo di menzione un libro che porta la data
del 1733 ed una buona metà del quale è dedicata ad una critica veramente accurata e profonda del postulato d’Euclide.(Beltrami, [9],
p. 348.)
Nell’ultima parte del primo libro, che contiene le proposizioni che dovrebbero
demolire le ipotesi alternative al quinto postulato, arriva a risultati che sono
invece semplicemente errati5 :
Ma quello che spiace di vedere è la leggerezza dell’ argomentazione cui l’autore ricorre per istabilire incondizionatamente la da lui
asserita eguaglianza: egli ha voluto escire qui dal suo terreno, da
quello della geometria infinitesimale, che evidentemente non gli era
famigliare.(Beltrami, [9] p. 354.)
Saccheri basa la sua trattazione sulla costruzione di un quadrilatero piano
birettangolo isoscele6 ABCD con i lati AC e BD congruenti7 , dimostra che la
perpendicolare nel punto medio E del lato AB è asse di simmetria del quadrilatero, deduce che essa è anche perpendicolare nel punto medio del segmento CD
al segmento stesso e che gli angoli in C e D sono congruenti; tutto questo senza
usare il quinto postulato. Stabilisce infine che il lato CD è uguale, minore o
maggiore della base AB secondo che gli angoli C e D siano retti, ottusi od acuti;
e viceversa (prop. 2 e 3).
I quadrangoli isosceli di Saccheri. Quelli trirettangoli EFBD sono detti di Lambert.
5 Ciò
è da attribuire, forse, al fatto che per arrivare all’assurdo Saccheri si serve prima
di proprietà che valgono al finito pretendendo che possano estendersi all’infinito e poi di
considerazioni di carattere infinitesimale; entrambi i tentativi tradiscono una scarsa conoscenza
di Saccheri per il Calcolo Infinitesimale allora appena nato, cfr [28], pp. 12-13.
6 Lambert, probabilmente indipendentemente da Saccheri, e prima di lui il matematico
arabo Al Khayyam considerarono il quadrilatero trirettangolo, cioè metà del quadrilatero di
Saccheri.
7 Cfr. Castelnuovo, “Preistoria della geometria non euclidea”.
4
Saccheri osserva poi che che ciascuna delle 3 ipotesi accennate relative alla
natura degli angoli dei quadrilateri birettangoli isosceli, se è verificata in un solo
caso particolare, lo sarà pure in ogni altro caso. (prop. V, VI e VII).
Il gesuita dimostra ancora che la somma degli angoli di ogni triangolo è, nei
tre casi, rispettivamente eguale, maggiore o minore di due retti. Le ipotesi di
Saccheri corrispondono a tre distinti sistemi geometrici, che oggi sappiamo essere
tutti logicamente possibili, la geometria euclidea (angolo retto), la geometria
iperbolica (angolo acuto) e la geometria ellittica (angolo ottuso). Quest’ultima si
realizza localmente su una regione opportunamente limitata della sfera, qualora
si sostituisca alla retta l’arco di cerchio massimo, come vedremo più avanti8 .
Nell’ipotesi dell’angolo acuto, Saccheri stabilisce che due rette nel piano, o
si incontrano, o ammettono una perpendicolare comune oppure vanno sempre
più avvicinandosi e chiama queste ultime parallele non euclidee (prop. XXII,
XXIII e XXV). Saccheri dimostra che nell’ipotesi dell’angolo acuto esistono
esattamente due parallele non euclidee che posso condurre da un punto a una
retta non passante per il punto.
Le parallele non euclidee: BX e AX.
Ma la frase con cui conclude la parte costruttiva del lavoro lascia poco spazio
alle geometrie non euclidee:
Hypotesis anguli acuti est absolute falsa, quia repugnans naturae
lineae rectae.(Saccheri, Prop. XXXIII, in [9] p. 354.)
L’opera di Saccheri, dopo aver destato inizialmente un certo interesse, venne
ampiamente trascurata fino al 1889, anno in cui Beltrami, che ne era venuto
a conoscenza grazie alla segnalazione del gesuita Padre Manganotti, richiamò
nuovamente su di essa l’attenzione dei geometri in [9].
8 Nel
suo libro Saccheri dimostra che la geometria ellittica non è realizzabile. È necessario
quindi spiegare in maggior dettaglio le differenze tra il punto di vista di Saccheri e quello
moderno sulla geometria ellittica : proprio perché nel modello locale della geometria ellittica
la retta va sostituita con un arco di cerchio massimo Saccheri potè affermare che questo modello
contraddiceva non solo il quinto ma anche il secondo postulato di Euclide, affermando quindi
con sicurezza la non esistenza di questa geometria. Se inoltre consideriamo la sfera nella sua
interezza, per due punti non passa necessariamente un solo cerchio massimo (si pensi a punti
antipodali) contraddicendo anche il primo postulato. Questo modello di geometria sulla sfera
era conosciuto già dai tempi di Euclide, ma la mancata aderenza ai primi due postulati e al
quinto non permise di considerarla valida come modello di geometria elementare. Sarà solo
grazie alla memoria di Riemann ([49]), e dei suoi suggerimenti per una opportuna modifica del
secondo postulato che la geometria ellittica assumerà un senso come geometria non euclidea. È
assolutamente fondamentale, per concepire il contributo di Riemann e il suo modo di intendere
le geometrie non euclidee, il lavoro di Gauss che, con il suo trattato ([30]) introdurrà l’idea di
considerare le geometrie da un punto di vista intrinseco.
5
3
Lambert, Legendre e la diffusione dei risultati
sul V postulato
A risultati per molti versi analoghi a quelli di Saccheri giunse, forse in maniera
indipendente, anche Lambert, nella sua opera Theorie der Parallellinien, pubblicata nel 1786, [39]. Lambert è più critico nei confronti delle conseguenze tratte
dall’ipotesi dell’angolo acuto, e non è cosı̀ sicuro di aver trovato una prova dell’insostenibilità di tale ipotesi, anche se mira sempre, come Saccheri a dimostrare
la necessità dell’assioma euclideo. Le osservazioni più interessanti di Lambert
riguardano l’analogia che osserva tra le formule che legano l’area di un triangolo
ai suoi angoli nel caso dei triangoli sferici ∆ = r2 (A + B + C − π) e dei triangoli
iperbolici (che non dimostra in maniera completa) e cioè ∆ = ρ(π − A − B − C)
e dice:
Dovrei quasi trarne la conclusione che la terza ipotesi si verifichi
sopra una sfera di raggio immaginario!(Lambert, [39].)
Infatti Beltrami riuscı̀ a dimostrare che la geometria iperbolica si realizza su una
superficie di curvatura costante negativa, come lo sarebbe una sfera complessa
di raggio iρ.
Nella geometria euclidea e in quella iperbolica, esiste una unità di misura
naturale per gli angoli, come l’angolo retto. Lambert osserva che nella geometria iperbolica, a differenza di quella euclidea, esistono unità naturali anche per
le lunghezze. Infatti in questa geometria angoli e segmenti sono strettamente
legati in quanto, come già osservato, triangoli con gli stessi angoli devono necessariamente avere lati congruenti. Ad ogni segmento possiamo quindi associare
l’angolo di un triangolo equilatero basato su quel segmento.
Intorno al 1800, tra i numerosi matematici che rifletterono sui fondamenti
della geometria, e in particolare sul quinto postulato, ricordiamo Adrien Marie
Legendre, non per la novità dei risultati, in massima parte già noti a Saccheri
e Lambert, ma per l’influenza e la diffusione delle sue opere in Francia e in
Germania che sollevano un interesse ben maggiore di quello suscitato dai suoi
predecessori.
4
La corrispondenza di Gauss: geometria “antieuclidea”
Il primo ad ammettere chiaramente la possibilità di concepire una geometria
non contradditoria in cui non sia verificato il quinto postulato fu Gauss. La sua
visione non fu però esposta in alcuna pubblicazione, restando confinata nei suoi
appunti e nelle lettere a qualcuno dei suoi corrispondenti scientifici per paura
degli “strilli dei beoti”9 che temeva di poter sentire se avesse esposto pubblicamente le sue conclusioni. Per Gauss infatti i tempi non erano maturi per
accettare le geometrie non euclidee e la sua reputazione di illustre matematico
9 Come scritto in una lettera a Bessel del 1829. Gli appunti di Gauss verrano resi noti solo
dopo il 1860; l’intera corrispondenza con Schumacher([29]) (sono infatti le lettere scambiatisi
con costui in cui si parla di geometria non euclidea, in particolar modo quelle del 1831) venne
pubblicata da Peters dal 1860 in poi (cfr [27], p. 20).
6
non meritava, a suo avviso, di essere compromessa con una teoria cosı̀ impopolare10 . Anche il suo apprezzamento per i lavori di Lobačevskij e Bolyai (i padri
effettivi delle geometrie non euclidee) restò confinato in una sfera quasi esclusivamente privata, salvo proporre la candidatura di Lobačevskij a corrispondente
della Società delle Scienze di Gottinga.
Dalla corrispondenza sembra che Gauss abbia cominciato a riflettere sui fondamenti della geometria fin dal 1792, con lo scopo iniziale di dimostrare il quinto
postulato. Dopo una fase in cui trovò anche lui numerosi enunciati equivalenti,
cominciò a pensare che la geometria non euclidea fosse logicamente non contraddittoria e fin dal 1816 esistono tracce nei suoi appunti che testimoniano come
stesse sviluppando una geometria che lui chiamava inizialmente antieuclidea.
Nel 1831 affermò esplicitamente in una lettera a Schumacher che la geometria
“non euclidea” non ha in sé nulla di contraddittorio, nonostante i suoi aspetti apparentemente paradossali, come il fatto che non vi sono figure simili e di
grandezza diversa. In queste lettere Gauss osserva anche che gli angoli di un
triangolo equilatero variano con il lato e tendono a zero quando il lato cresce
indefinitamente; esiste un’unità assoluta per le lunghezze, che compare nelle formula come una costante speciale k; la geometria euclidea corrisponde al valore
k = ±∞.
Anche se Gauss decise di non pubblicare nessuna delle sue idee sulle geometrie non euclidee, nel suo più famoso lavoro [30], in cui sviluppa la geometria
intrinseca delle superfici, manifesta in più punti collegamenti evidenti con le
riflessioni sulla geometria non euclidea, ma questi collegamenti non sono mai
resi espliciti. Da questo lavoro di Gauss deriveranno i fondamentali contributi
di Riemann e di Beltrami.
5
Le influenze di Gauss sui contemporanei: Schweikart e Taurinus
Gauss esercitò un’influenza indiretta sulle ricerche collegate alle geometrie non
euclidee di vari matematici suoi contemporanei.
Schweikart, un giurista venuto a conoscenza della teoria delle parallele, sviluppa una geometria, che chiama astrale in cui la somma degli angoli di un
triangolo è minore di π e diminuisce quando l’area aumenta. Nel 1818 osserva
che l’altezza di un triangolo rettangolo isoscele continua a crescere con i suoi lati
ma non può mai superare una certa lunghezza. Gauss viene a conoscenza delle
teorie di Schweikart e ne parla al suo interlocutore Schumacher, sviluppandone
alcuni aspetti.
Detta C la costante di Schweikart,
Gauss osserva, in un’altra lettera a Schu√
macher che C = k log(1 + 2) − 1 e che l’area del triangolo è limitata da πk 2 ,
dove k è la costante introdotta nel paragrafo precedente.
10 In realtà un un forte ostacolo nel concepimento delle geometrie non euclidee furono anche
le idee di Kant sul concetto di spazio a priori euclideo e nella sua Critica della ragion pura,
[36] in cui affrontava il problema dei fondamenti della geometria introducendo appunto l’idea
di uno spazio assoluto a priori di cui il soggetto (l’uomo) possa avere conferma dall’esperienza.
In questo senso, per Kant è impossibile concepire delle idee di spazio diverse da quelle euclidee.
7
L’altezza rispetto all’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele iperbolico è limitata da
√
k log(1 + 2).
Un ulteriore importante contributo, che precedette il riconoscimento pubblico della non contraddittorietà delle geometrie non euclidee da parte di Lobačevskij e Bolyai fu dato da Taurinus (nipote di Schweikart): egli osservò che
√ se
nelle formule di Trigonometria sferica si cambia il raggio R della sfera in R −1
(ritroviamo quindi l’affermazione di Lambert che a lui sembrava cosı̀ assurda)
si ottengono tra lati e angoli del triangolo relazioni che assumono forma reale usando funzioni iperboliche, e che corrispondono a quelle relative all’ipotesi
dell’angolo acuto.
In questa maniera ottenne formalmente le formule per l’area del triangolo,
la lunghezza della circonferenza, l’area del cerchio, l’area e il volume della sfera,
valide per la geometria iperbolica prima che, al termine di un lungo percorso, ci
arrivassero Lobačevskij e Bolyai L’opera di Taurinus non ebbe alcun riconoscimento, forse dovuto al fatto che venne stampata a sue spese e distribuita solo
agli amici.
6
Lobačevskij e il suo approccio empirista
Nikolaj Lobačevskij, con Gauss e Boylai, fu lo scopritore delle geometrie non
euclidee. Fu il primo a pubblicare risultati in maniera consapevole al riguardo.
Nell’introduzione a [40] del 1829 scrive:
I vani sforzi compiuti dai tempi di Euclide, per il corso di duemila
anni, mi spinsero a sospettare che nei concetti stessi della geometria non si racchiuda ancora quella verità che si voleva dimostrare, e che può essere controllata in modo simile alle altre leggi della fisica, soltanto da esperienze, quali, ad esempio, le osservazioni
astronomiche.11
Studiò e svolse la sua attività accademica presso l’università di Kazan, di cui fu
anche rettore. Orientò la sua ricerca verso la geometria non euclidea (che sarà
l’unica ricerca a cui si dedicherà in tutta la sua vita) tra il 1823 e il 1825. Il
suo approccio può definirsi empirista in quanto era convinto che la questione
11 Cfr.[10]
per la traduzione
8
della validità del quinto postulato dovesse stabilirsi sperimentalmente, come per
le altre scienze (ad esempio la fisica). Nel 1826 fece la sua prima comunicazione sui principi della geometria non euclidea presso la Sezione fisico-matematica
dell’università di Kazan ma la relazione non venne pubblicata. La prima pubblicazione in cui annuncia le sue scoperte e riassume i risultati è del 1829 ([40]).
In essa qualifica immaginaria la nuova geometria e dimostra, tra l’altro, che la
somma degli angoli di un triangolo è minore di due retti e introduce la trigonometria iperbolica e le formule per il calcolo di lunghezze, di aree e di volumi
di figure iperboliche. La presentazione completa delle idee di Lobačevskij fu
pubblicata nel 1855 nell’opera Pangeometria, [41]12 , ma la sua geometria non fu
apprezzata durante la sua vita e solo Gauss richiamò l’attenzione sulle sue idee
in alcune lettere ai suoi corrispondenti scientifici. Gauss, come già detto, propose la candidatura di Lobačevskij a corrispondente della Società delle Scienze
di Gottinga, che non venne però approvata.
Tra i risultati più significativi del matematico russo c’è l’idea dell’esistenza di
un’unità naturale per la distanza nella geometria iperbolica13 , e le proprietà dell’angolo di parallelismo14 , osservando che è funzione decrescente della lunghezza
c del segmento ortogonale condotto da A a r.
Sia s una delle parallele alla retta r per A. L’angolo acuto Π si dice angolo di parallelismo
Lobačevskij scopre anche le formule per il volume del tetraedro iperbolico,
per cui introduce la famosa funzione, che oggi porta il suo nome
Z x
L(x) =
log sec yd y.
0
12 Che
verrà tradotta nel volume V del Giornale di Matematiche nel 1867 da Battaglini in
italiano; tuttavia la versione tedesca del lavoro venne rilasciata da Lobačevskij stesso per avere
maggiore diffusione delle teorie.
13 cfr.[43], p.1.
14 L’angolo di parallelismo indica il minimo angolo che una retta s parallela a una retta
data r e passante per un punto A forma con la normale a r passante per A. Nella geometria
euclidea è retto, mentre nella geometria iperbolica è acuto. Per approfondimenti e costruzione,
rimandiamo al quaderno di Castelnuovo nella sezione “La geometria non euclidea secondo
l’indirizzo elementare”.
9
Osserva anche che tutta la geometria non euclidea si basa sulle formule
per l’area del triangolo in funzione delle lunghezze dei lati, che a loro volta
coincidono con quelle per il triangolo sferico quando ai lati a, b e c si sostituiscono
ia, ib e ic. Allora ogni inconsistenza della geometria non euclidea porterebbe
ad una inconsistenza della geometria sferica e quindi, in ultima analisi, della
geometria euclidea.
7
Janos Bolyai e la geometria assoluta
L’altro padre riconosciuto delle geometrie non euclidee è l’ungherese Janos Bolyai. Fu il secondo (in ordine di pubblicazione) a pubblicare un lavoro sistematico sulla geometria non euclidea, che sviluppò in maniera completamente
indipendente da Lobačevskij. Fu avviato agli studi matematici dal padre Farkas, compagno di studi e amico di Gauss, che per anni intraprese studi critici sul
postulato delle parallele e tentò di dimostrare, senza riuscirci, il quinto postulato. Janos condivideva questo obiettivo, ma il padre, che aveva profuse tante
energie in tentativi infruttuosi, esortò il figlio più e più volte ad abbandonare il
proposito:
Non imboccare la strada delle parallele! Io ne conosco bene l’intero cammino. Ho attraversato questa notte senza fondo che ha oscurato ogni luce e gioia nella mia vita. [...] Per amor di Dio, te ne
supplico, lascialo stare. Devi temerlo non meno di una passione carnale, perché anch’esso può prendersi tutto il tuo tempo e privarti del
benessere, della tranquillità della mente e della felicità nella vita.
(cfr [57])
Nonostante i consigli appassionati del padre a rivolgere altrove i suoi interessi, quello per le parallele non era un semplice capriccio e nel novembre del
1823 Janos pervenne alla convinzione che non fosse possibile dimostrare il quinto
postulato, scrivendo al padre:
Sono ormai risoluto a pubblicare un’opera sulla teoria delle parallele, appena avrò ordinato la materia e le circostanze me lo permetteranno. Non l’ho ancora fatto, ma la via che ho seguito ha
certamente, per cosı̀ dire, quasi raggiunto lo scopo; lo scopo proprio
non è raggiunto, ma ho scoperto cose cosı̀ belle che ne sono rimasto
abbagliato, e si dovrebbero sempre rimpiangere se andassero perdute. Quando le vedrete, lo riconoscerete voi pure. Nell’attesa non vi
posso dire altro che questo: ho creato dal nulla un nuovo universo.
(Lettera del 3 novembre 1823, cfr [57])
La redazione delle sue indagini sulla Geometria assoluta, come egli stesso la
chiamò, si protrasse fino al 1829 e i risultati furono pubblicati nel 1832 come
appendice al lavoro del padre, [12], con il titolo in latino di “Appendix. Scientiam spatii absolute veram exibens...”, [13] . Gauss, che ne ricevette una copia,
scrisse che lodare questo lavoro sarebbe come lodare sé stesso poiché i contenuti e i risultati di esso coincidevano con i propri e si compiaceva che proprio il
figlio del suo vecchio amico lo avesse preceduto in modo cosı̀ notevole 15 . Janos
15 Entrambi gli estratti della risposta di Gauss sono contenuti in una lettera a Farkas del 6
marzo 1832, cfr [13] pp.34-35.
10
Bolyai non rimase però soddisfatto dalla risposta di Gauss, temendo, ingiustificatamente, che volesse rivendicare la priorità della scoperta. Anche in seguito,
quando venne in contatto con gli scritti di Lobačevskij sembra che fosse restio
ad accettarli, credendoli scritti di Gauss atto a screditare la sua fama. Con
un’attenta lettura dei lavori di Bolyai e Lobačevskij si può affermare senz’altro
che il lavoro del secondo è più esaustivo e dettagliato di quello del primo, se
consideriamo la parte analitica del lavoro.
Ma il lavoro di Bolyai appare più elementare: non ricorre pesantemente,
come in quello di Lobačevskij, ai sussidi analitici ma sviluppa la geometria
iperbolica nello stesso spirito con cui Euclide sviluppa quella euclidea.
Un punto importante del suo lavoro consiste nella derivazione della trigonometria del piano iperbolico non facendo uso delle relazioni stereometriche. Egli
però a differenza di Lobačevskij non dimostra la consistenza della geometria
iperbolica, considerandola banale.
8
Diffusione delle geometrie non euclidee
Anche Bolyai non ebbe la soddisfazione di veder apprezzata la sua opera. Fu
solo dopo la morte di tutti e tre gli scopritori della geometria non euclidea che
l’attenzione dei matematici cominciò a rivolgersi al loro lavoro, prima con la
pubblicazione del libro di Baltzer del 1862 [?], e poi con le traduzioni, prima in
francese, curate da Hoüel, e poi in italiano, curate da Battaglini delle opere di
Bolyai e di Lobačevskij. Le traduzioni di Battaglini, tratte da quelle francesi di
Hoüel, apparvero sul Giornale di Matematiche (vol. V e VI), il giornale fondato
nel 1863 da Battaglini, Trudi e Janni e
dedicato principalmente ai giovani studiosi delle Università Italiane perché loro serva come di anello tra le lezioni universitarie, e
le alte quistioni accademiche, cosicchè possano rendersi abili a coltivare le parti superiori della scienza, e leggere senza intoppi le dotte
compilazioni del Tortolini, del Crelle, del Liouville, ed altri.
Sempre nel Giornale di Matematiche, nel VI volume, apparve la famosa memoria di Beltrami in cui si costruivano modelli della Geometria iperbolica di cui
parleremo tra poco, e che ebbero il grande merito di far accettare le geometrie
non euclidee alla comunità matematica.
Beltrami, seguendo le idee sulla geometria intrinseca delle superfici sviluppate da Gauss e generalizzate da Riemann , concepı̀ alcuni modelli intrinseci,
tra cui uno molto semplice, poi sviluppato ulteriormente da Felix Klein.
9
I modelli per la geometria non euclidea
Prima di introdurre i modelli per la geometria iperbolica, è necessario soffermarsi sulla differenza che sussiste tra modelli geometrici immersi (ad esempio
la pseudosfera, su cui torneremo nel capitolo 2) e modelli intrinseci.
Per modello immerso di una geometria elementare intendiamo una superficie
dello spazio tridimensionale con metrica indotta dalla restrizione della metrica
euclidea in cui:
• i segmenti siano archi di curva geodetica;
11
• i cerchi siano luoghi di punti equidistanti a un punto dato (centro del
cerchio).
Se consideriamo le tre geometrie (euclidea, ellittica e iperbolica) possiamo
considerare tre esempi di modelli immersi:
• Il cilindro: è un modello su cui si realizza localmente la geometria euclidea.
• La pseudosfera: è un modello su cui si realizza localmente la geometria
iperbolica. Questo modello fu introdotto da Beltrami in [8] e rappresenta
il primo tentativo concreto di visualizzare la geometria iperbolica. Questa
superficie è ottenuta a partire dalla rotazione di una curva chiamata trattrice, ed ha curvatura costante negativa. La superficie in questione
sarà di fondamentale importanza per la diffusione delle geometrie non
euclidee nella comunità matematica16 .
• La sfera: è un modello su cui si realizza localmente la geometria ellittica.
Come già accennato, la geometria sferica era nota ai tempi di Euclide. Ma
solo grazie a Riemann e alla sua memoria [49] fu possibile concepire una
geometria non euclidea sulla sfera: in questo modello le rette sono rappresentate da archi di cerchio massimo passanti per due punti (possiamo
anche considerare la semisfera per evitare di contraddire il primo postulato). In questo modo non possiamo garantire il secondo postulato, poiché
i cerchi massimi, chiudendosi su loro stessi, non possono essere prolungati indefinitamente. Riemann riprende questo modello, assumendo che il
piano sia una superficie chiusa e che le rette siano chiuse e finite. Il V
postulato può essere sostituito dal seguente assioma di Riemann
Due rette qualsiasi di un piano hanno sempre almeno un
punto in comune
16 La costruzione, come la questione della diffusione, verrà trattata più in dettaglio nel
paragrafo 2.2.
12
(Possiamo dire quindi che in questa geometria non esistono rette parallele).
In questo modo possiamo costruire un modello per la geometria ellittica.
Sebbene questi modelli rappresentino rispettivamente le tre geometrie e le metriche su essi coincidono con quella indotta dalla geometria tridimensionale euclidea, essi non possono essere considerati modelli globali delle geometrie in
questione: infatti essi hanno valenza solo locale, cioè rappresentano solo una
porzione di spazio (rispettivamente: euclideo, ellittico, iperbolico). Questo ci
appare chiaro quando si parla del cilindro e, con le dovute considerazioni, della
sfera; è meno evidente nel caso della pseudosfera. Si osservi come localmente
la geometria del cilindro è la stessa di quella del piano euclideo ma ci sono differenze globali: ad esempio le circonferenze ortogonali all’asse sono geodetiche
ma non sono infinite.
Il problema della località della pseudosfera fu un tema molto accesso negli
anni successivi alla pubblicazione del Saggio di Beltrami([8]) e fu oggetti di
molte critiche ad opera di alcuni matematici (italiani e non), come ad esempio
Genocchi17 . La questione venne definitivamente risolta da Hilbert che nel 1901
in [33] dimostrò che la pseudosfera non poteva essere un modello globale per
la geometria iperbolica poiché non esistono modelli globali per la geometria
iperbolica.
Del tutto diversa è la questione dei modelli intrinseci : essi saranno possibili
solo dopo il trattato di Gauss [30] che permise di studiare le superfici non solo
come oggetti immersi in uno spazio più grande ma come oggetti in sé. È chiaro
che il contributo della memoria di Riemann fu necessario per questo scopo, in
quanto generalizza i risultati sulle superfici alle varietà. I modelli intrinseci della
geometria iperbolica possono essere globali.
I principali modelli intrinseci (tutti studiati da Beltrami)18 per la geometria
iperbolica sono tre:
• Modello di Beltrami - Klein, noto anche come “modello proiettivo”;19
• Modello di Beltrami - Riemann - Poincaré20 noto anche come “disco di
Poincaré”;
17 Per
la polemica Genocchi-Beltrami, si rimanda al capitolo 2.
p.e. [2], p. 6.
19 Beltrami lo studiò in [8] e Klein lo studiò dal punto di vista proiettivo rendendolo celebre,
cfr. [43], p.3.
20 Riemann lo menzionò brevemente e implicitamente in [49], e Poicaré gli dedicò uno studio
approfondito concentrandosi sulle applicazioni della geometria non-euclidea, cfr. [43], p.4.
18 Cfr
13
• Modello di Beltrami - Liouville21 , noto anche come “semipiano di Poincaré”.
I tre modelli vennero studiati in dettaglio da Beltrami e vennero poi sviluppati da Klein nelle sue ricerche sull’interpretazione proiettiva della geometria
non euclidea (cfr. [43], p.3.).
In questi modelli alcuni oggetti interessanti per la geometria sono: le geodetiche, gli orocicli e gli ipercicli.
• Una geodetica è una curva che descrive localmente la traiettoria più breve
fra due punti nello spazio;
• gli orocicli, detti anche cerchi limite, sono invece curve perpendicolari a
delle geodetiche che passano tutte in un punto all’infinito;
• gli ipercicli sono curve tali che i loro punti hanno la stessa distanza ortogonale da una data retta (nel piano euclideo, il luogo dei punti che ha
la stessa distanza ortogonale da una retta è la sua retta parallela; nella
geometria iperbolica invece definiamo questi oggetti, che hanno appunto
un comportamento analogo alle rette nel piano).
Modello proiettivo. Il primo modello interpreta la geometria iperbolica
sul disco unitario.
(a)
Geodetiche
nel
modello
di
Beltrami-Klein.
(b) Cerchi nel modello di
Beltrami-Klein.
La distanza in forma finita è
1
log(b(u, v 0 , v, u0 )).
2
dove u0 , v 0 sono le intersezioni col bordo della retta per u e v e b(u, v 0 , v, u0 )
indica il birapporto22 .
La metrica invece è
d(u, v) =
ds2 =
kdxk2
(x · dx)2
+
.
1 − kxk2
(1 − kxk2 )2
21 La forma della metrica è stata indicata, nel caso bidimensionale, da Liouville nelle note
al lavoro di Monge Application de l’Analyse...[44], p.600 (cfr. [7], p.14.)
22 Si definisce birapporto della quaterna di punti allineati A, B, C, D la quantità
b(A, B, C, D) =
AC · BD
BC · AD
dove AC, BD, BC, AD denotano le lunghezze (con segno) dei segmenti orientati.
14
.
In questo modello le geodetiche sono segmenti di retta, ma gli orocicli e
gli ipercicli, essendo già le circonferenze difficili da disegnare, non sono cosı̀
immediati da descrivere.(vedi figure a e b)
Modello del disco di Poincaré. Il secondo modello interpreta anch’esso
il piano iperbolico sul cerchio unitario, ma le geodetiche non sono più rette bensı̀
archi di circonferenza ortogonali alla circonferenza unitaria o segmenti passanti
per il centro del cerchio. Gli orocicli sono circonferenze tangenti alla circonferenza limite e contenute nel cerchio unitario, e gli ipercicli sono circonferenze
che incidono in maniera non ortogonale sul cerchio unitario.
La metrica iperbolica sul modello di Beltrami-Poincaré è
ds2 = 4
dx2 + dy 2
.
(1 − x2 − y 2 )2
La distanza, in forma finita, è
d(u, v) = arcosh
||u − v||2
1+2
(1 − ||u||2 )(1 − ||v||2 )
.
Geodetiche (in verde) orociclo (in rosso) e ipercicli (in blu) nel modello di
Riemann-Beltrami-Poincaré.
Modello del semipiano di Poincaré. Il terzo modello si rappresenta sul
semipiano delle ordinate positive di un piano cartesiano. Le geodetiche anche
qui sono di due tipi: rette perpendicolari all’asse limite, cioè l’asse delle ascisse,
o gli archi di circonferenza che hanno il centro sull’asse limite.
Gli orocicli invece sono circonferenze tangenti all’asse limite contenute nel
semipiano e rette parallele allo stesso asse come mostrato in figura; infine gli
ipercicli sono rette o circonferenze incidenti l’asse limite con angoli acuti o ottusi
(non retti).
Indichiamo anche per questo modello la metrica
ds2 =
dx2 + dy 2
y2
15
e la distanza in forma finita
d(u, v) = arccosh(
1 + (u0 − u)2 + (v 0 − v)2
)
2vv 0
Geodetiche (in verde) e orocicli (in rosso) nel modello di Beltrami-Liouville.
Località della pseudosfera sui modelli intrinseci. Abbiamo accennato prima alla difficoltà di visualizzare la località della pseudosfera, difficoltà che
con il cilindro non sussisteva. Avendo introdotto alcuni modelli intrinseci di
geometria iperbolica possiamo dire che:
il piano iperbolico può applicarsi, limitatamente a una regione
conveniente, su una superficie rotonda a curvatura costante negativa
[...], in modo che ai meridiani di questa si sovrappongano sempre
rette di un fascio, rispett. ideale, proprio e improprio, e ai paralleli
i cicli (ipercicli, cerchi, oricicli) ortogonali a queste rette. (Fano,
[28] p. 106.)
23
L’affermazione di Fano rende più chiaro in che modo può visualizzarsi l’applicazione della pseudosfera sul piano iperbolico; un esempio di applicazione è
dato dalla seguente figura:
Visualizzazione della pseudosfera sul modello di Beltrami-Riemann-Poincaré.
23 Queste
appplicazioni sono dettagliatamente studiate da Fano in [28]; riferimenti moderni
possono invece essere trovati in [43] e [2].
16
Il lavoro di Beltrami che abbiamo sommariamente presentato può essere
esteso alla costruzione di modelli tridimensionali intrinseci delle geometrie non
euclidee, seguendo le idee di Riemann che permettono di estendere l’approccio intrinseco di Gauss sulla teoria delle superfici differenziabili a varietà di
dimensione qualsiasi.
Una terza via è quella indicata da Helmholtz e approfondita successivamente
da Lie, che assume come concetto primitivo quello di movimento e specifica la
geometria descrivendone il gruppo di movimenti rigidi. Una quarta possibile via
è quella di subordinare la geometria euclidea e anche le geometrie non euclidee
alla geometria proiettiva. Secondo questo punto di vista, considerato per primo
da Cayley e sviluppato successivamente da Klein, le proprietà metriche di una
figura sono le proprietà preservate dalle proiettività che trasformano in sé stessa
una opportuna conica (nel piano) o quadrica (nello spazio).
17
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[12] Bolyai W., Tentamen juventutem studiosam in elementa matheseos purae elementaris ac sublimioris methodo intuitiva evidentiaque huic propria
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[13] Bolyai J., Appendix. The theory of Space,(1832) Budapest, Akademiai
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[14] Bonola R, “Sulla teoria delle parallele e sulle Geometrie non euclidee”,
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[15] Bonola R., La geometria non-euclidea, Zanichelli, Bologna, 1906.
http://ir.nmu.org.ua/bitstream/handle/123456789/10686/
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18
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[19] Delisa A. (2013), “Storia della scoperta delle geometrie non euclidee”. Nuova storia culturale http://storiografia.me/2013/11/18/
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l-ottocento-matematica-la-geometria-non-euclidea_
(Storia-della-Scienza)/
21
Indice degli Autori citati
Al Khayyam, Omar (1048 –1131), 4
Peters, Christian Heinrich Friedrich
(1813–1890), 6
Playfair, John (1748–1819), 2
Poincaré, Jules Henri (1854–1912),
13
Posidonio di Rodi (135 a.c.–50 a.c.),
2
Proclo, Licio Diadoco (412–485), 2
Battaglini, Giuseppe (1826–1894), 9,
11
Beltrami, Eugenio (1835–1900), 5,
6, 11, 14, 17
Bessel, Friedrich Wilielm (1784–1846),
6
Bolyai, Janos (1802–1860), 7, 8, 10,
11
Bolyai, Wolfgang Farkas (1775–1856),
2, 10
Riemann, Georg Friedrich Bernhard
(1826–1866), 5, 11–13, 17
Castelnuovo, Guido (1865–1952), 2,
4
Cavalieri, Bonaventura Francesco (1598–
1647), 3
Cayley, Arthur (1821–1895), 17
Euclide di Alessandria, 367 a.C.–283
a.C., 1–3, 5, 11
Saccheri, Giovanni Girolamo (1667–
1733), 2–6
Schumacher, Heinrich Christian (1780–
1850), 6, 7
Schweikart, Ferdinand Karl (1780–
1857), 7, 8
Segre, Corrado (1863–1924), 1
Taurinus, Franz Adolph (1794–1874),
8
Fano, Gino (1871–1952), 16
von Helmholtz, Hermann (1821–1894),
17
Gauss, Johann Karl Friedrich (1777–
1855), 5–11, 17
Genocchi, Angelo (1817–1889), 13
Girard, Albert (1595–1632), 3
Wallis, John (1616–1703), 2, 3
Hilbert, David (1862–1943), 13
Hoüel, Guillaume-Jules (1823–1886),
11
Iperciclo, 15
Kant, Immanuel (1724–1804), 7
Klein, Felix Christian (1849–1925),
11, 14, 17
Lambert, Johann Heinrich (1728–1777),
3, 4, 6, 8
Legendre, Adrien Marie (1752–1833),
2, 6
Lie, Marius Sophus (1842–1899), 17
Liouville, Joseph (1809–1882), 14
Lobačevskij, Nikolaj Ivanovič (1792–
1856), 7–11
Manganotti, Angelo (1828–1907), 5
22
Indice dei concetti introdotti
Angolo di parallelismo, 9
Asse limite, 15
Birapporto, 14
Dimostrazione di consistenza della
geometria euclidea, 10
Geodetica, 14, 15
Geometria antieuclidea, 7
Geometria assoluta, 10
Geometria astrale, 7
Geometria ellittica, 2, 3, 5
Geometria euclidea, 5
Geometria immaginaria, 9
Geometria iperbolica, 2, 4–6, 8
Parallele non euclidee, 5
Lunghezze naturali, 6
Iperciclo, 14
Lobačevskij
Funzione di, 9
Orociclo, 14, 15
Parallele non euclidee, 5
Pseudosfera, 12, 16
Quinto postulato
Formulazioni equivalenti, 2
Saccheri
Quadrilatero di, 4
23