GEOMETRIA E SPAZIO FISICO
Il problema dei rapporti tra matematica ed esperienza.
Le geometrie euclidee, fin dall'antichità, non erano viste soltanto come una
teoria matematica, ma anche come uno strumento assai valido per la
descrizione dei fatti sperimentali; si pensava che lo spazio fisico avesse una
sua
struttura
assoluta
e
che
la
geometria
euclidea
la
descrivesse
adeguatamente.
Anche la scoperta delle geometrie non euclidee ha lasciato inalterata, per molti
decenni la posizione di privilegio della geometria euclidea come teoria capace
di descrivere lo spazio fisico. La sua posizione è stata scossa soltanto quando
Einstein ha introdotto per la prima volta una teoria fisica, una geometria non
euclidea.
Il passaggio da una geometria intesa in senso matematico a quella che
possiamo chiamare una geometria fisica, consiste nel fatto che i concetti della
teoria geometrica vengono interpretati su oggetti fisici e che, grazie a tale
interpretazione, le proposizioni della teoria geometrica appaiono in grado di
descrivere con fedeltà il comportamento di tali oggetti nello spazio fisico.
Le proposizioni fisiche che si ottengono interpretando la geometria si trovano
in una situazione in cui la loro verifica sperimentale appare assai discutibile.
Nella geometria iperbolica ed ellittica il difetto o l'eccesso angolare sono
proporzionali all'area del triangolo e anche un triangolo "molto grande" su cui
noi conducessimo le nostre misure potrebbe essere ancora "troppo piccolo"
perché il difetto o l'eccesso angolare siano tali da poter essere individuati con
una misurazione empirica.
Vogliamo ora prendere in considerazione una ragione di natura diversa che
dovrebbe farci comprendere come sia molto improbabile poter riuscire a
determinare sperimentalmente se lo spazio ha o no struttura euclidea.
Tutte le misurazioni fisiche coinvolgono non soltanto limiti di precisione legati
all'uso degli strumenti, ma anche ipotesi di natura geometrica e di natura fisica
connesse all'uso di tali strumenti, per cui un risultato sperimentale può sempre
essere spiegato in più modi.
Ad esempio, se Gauss, quando misurò il triangolo formato da tre vette di
monti, avesse trovato come somma il valore di 179°, egli avrebbe dovuto forse
necessariamente dire che la geometria dello spazio fisico è iperbolica?
La risposta è no.
In effetti avendo dovuto far ricorso a strumenti ottici di misura, Gauss ha
misurato gli angoli formati da tre raggi di luce, accettando tacitamente l'ipotesi
dell'ottica geometrica secondo cui la luce viaggia in linea retta. Se non si
accetta questa ipotesi fisica, ma si ammette, ad esempio, che i raggi di luce
descrivano linee curve, si può dire che la somma degli angoli di un triangolo
non è risultata di 180° perché, in realtà, Gauss ha misurato gli angoli di un
triangolo curvilineo del tipo di quello della figura.
Per il triangolo
curvilineo interno
Per il triangolo
a lati rettilinei esterno
γ
α + β + γ < 180°
α + β + γ = 180°
α
β
In questo caso si direbbe che nello spazio fisico vale la geometria euclidea,
mentre bisogna variare in qualche modo le leggi dell'ottica.
appunti tratti da
1) Storia del concetto di spazio - Max Jammer - Feltrinelli (pag. 140-141)
2) Le geometrie non euclidee – Agazzi, Palladino – Est Mondadori