Capitolo 6 Funzioni Elementari 6.1 Le potenze La potenze dovrebbero essere ben note in quanto si studiano già alle scuole medie. Non dovrebbero esserci difficoltà a dare significato ad espressioni come 52 e 23 . Nel seguito avremo bisogno di forme meno elementari di potenze, poiché incontreremo espressioni del tipo ab dove a e b sono numeri reali. Prima di considerare le proprietà delle funzioni potenza è opportuno quindi richiamare alcune proprietà generali delle potenze. Richiami sulle potenze La tabella seguente elenca i casi in cui il simbolo ab ha senso: a>0 a=0 a<0 b∈R b∈R, b>0 b= m n , m, n ∈ Z, n dispari √ Attenzione: n a è l’unico numero reale c tale che cn = a e quindi se n è dispari esiste sempre ed ha lo stesso segno di a, mentre per n pari non esiste quando a < 0, √ esiste ed è positivo per a > 0. Non bisogna infatti confondere il simbolo n a che ha al massimo un significato con l’insieme delle soluzioni dell’equazione xn = a che √ √ per n pari e a > 0 ha le due soluzioni n a e − n a, che possiamo scrivere in modo √ compatto come ± n a. √ Esempio 6.1. L’uguaglianza √ √ √ 9 = 3 è corretta, mentre sono sbagliate le seguenti: 9 = −3 , 9 = ±3 , 9 = {3, −3}. È invece corretto scrivere: l’equazione x2 = 9 ha soluzioni 3 e −3 (oppure ±3 oppure, meglio ancora, {3, −3}). La tabella successiva riepiloga le principali proprietà delle potenze in relazione alla operazioni di somma e prodotto su basi ed esponenti. 71 72 Capitolo 6 a0 = 1 ab+c = ab · ac a−1 = 1 a abc = (ab )c a−b = 1 ab (ab)c = ac · bc a1/b = ab−c = √ b a ab ac Si noti che le uguaglianze presentate nella tabella valgono per ogni valore degli esponenti quando la base a è positiva, mentre per a < 0 può capitare che uno dei due membri sia definito e l’altro no, oppure che siano entrambi definiti ma abbiano segno opposto. Quando la base è negativa, oppure è una variabile che potrebbe anche assumere valori negativi, è opportuno fare molta attenzione nell’applicare tali formule. Esempio 6.2. Consideriamo la formula abc = (ab )c nel caso in cui a = −9, b = 2 e c = 21 . Il primo membro vale (−9)2·1/2 = (−9)1 = −9, mentre il secondo membro √ vale ((−9)2 )1/2 = 81 = +9 $= −9: in questo caso quindi la formula non vale. D’altra parte se consideriamo il prodotto bc scritto come cb (proprietà√commutativa del prodotto), il primo membro vale sempre −9 mentre il secondo ( −9)2 non è definito. Usando le potenze possiamo costruire due diversi tipi di funzioni: • le funzioni potenza y = xb dove la variabile indipendente è la base, mentre l’esponente b è fissato; • le funzioni esponenziali y = ax dove la variabile indipendente è l’esponente, mentre la base a è fissata. Entrambi questi tipi di funzioni sono particolarmente importanti nelle scienze applicate. Funzioni potenza y = xb Il dominio di queste funzioni varia a seconda di alcune caratteristiche dell’esponente come risulta dalla prima tabella riportata nel paragrafo precedente; riepiloghiamo per semplicità mettendo in evidenza alcuni valori di b particolarmente importanti: S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 73 D = dominio della funzione potenza y = xb b= 1 n b= b∈N D=R b ∈ Z, b < 0 D = R∗ = (−∞, 0) ∪ (0, +∞) con n ∈ N, n dispari D=R con n ∈ N, n pari D = R≥0 = [0, +∞) come nel caso m = +1 1 n b= m n con m, n ∈ Z, b > 0 b= m n con m, n ∈ Z, b < 0 D = (−∞, 0) ∪ (0, +∞) se n è dispari D = (0, +∞) se n è pari b∈R\Q D = R>0 = (0, +∞) È opportuno conoscere l’andamento qualitativo dei grafici delle funzioni potenza. Si noti inoltre che la semiretta negativa dell’asse x fa parte del dominio soltanto per particolari valori razionali degli esponenti; negli altri casi il grafico è contenuto nel primo quadrante. Anche se i grafici delle potenza che si ottengono per valori diversi dell’esponente sono tutti diversi tra loro, possiamo però classificarli facilmente in uno dei seguenti tipi, a seconda che l’esponente sia maggiore di 1, compreso tra 0 e 1, minore di 0 (tralasciamo i casi particolari con b = 1, con grafico la retta y = x bisettrice del primo e terzo quadrante e b = 0, con grafico la retta orizzontale y = 1). Se l’esponente b è > 1, il grafico passa per l’origine e per il punto (1, 1), è crescente, volge la concavità verso l’alto e tende a +∞ per x → +∞. L’andamento ricorda quello di un ramo di parabola con asse verticale (che però è il solo caso b = 2). Se l’esponente b è compreso tra 0 e 1, il grafico passa per l’origine, è crescente e concavo e tende a +∞ per x → +∞. L’andamento ricorda quello di un ramo di parabola con asse orizzontale (che però è il solo caso b = 21 ). Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 74 Capitolo 6 Se l’esponente b è negativo, l’origine non fa parte del dominio; il grafico è decrescente, convesso, tende a +∞ per x → 0− e tende a 0 per x → +∞. L’andamento ricorda quello di un ramo dell’iperbole equilatera (che però è il solo caso b = −1). Le funzioni potenza con esponente positivo sono crescenti su (0, +∞) e quindi conservano le diseguaglianze, ossia: ∀ b > 0, x1 , x2 > 0 si ha: x1 < x2 ⇐⇒ xb1 < xb2 . Le funzioni potenza con esponente negativo sono decrescenti su (0, +∞) e quindi rovesciano le diseguaglianze, ossia: ∀ b < 0, x1 , x2 > 0 si ha: x1 < x2 ⇐⇒ xb1 > xb2 . Nei casi particolari con esponente razionale b = m n con n dispari, il dominio comprende anche i numeri negativi. Più precisamente: • se m è pari, la funzione è pari ossia (−x)b = xb e il grafico è simmetrico rispetto all’asse y. • se anche m è dispari, la funzione è dispari ossia (−x)b = −(xb ) e il grafico è simmetrico rispetto all’origine. Per ottenere il grafico completo disegneremo allora un ramo simmetrico rispetto all’asse y nel II quadrante nel caso pari oppure un ramo simmetrico rispetto all’origine nel III quadrante nel caso dispari. Esempio 6.3. Consideriamo il caso b = 32 ; poiché il numeratore è pari la funzione è pari, dobbiamo considerare il grafico delle potenze con esponente b > 1 e disegnare un ramo simmetrico rispetto all’asse y. La curva ottenuta ha la particolarità di presentare un punto angoloso nell’origine. Volendo poi confrontare i grafici di due funzioni potenza con esponenti diversi, vedremo che passano tutti per il punto P (1, 1) e che in tale punto si “incrociano” poiché per x > 1 quella con esponente maggiore “sta sopra” all’altra, mentre tra 0 e 1 quella con esponente maggiore “sta sotto” all’altra. Escludendo il caso dell’esponente b = 0 e considerando come dominio solo la semiretta positiva dell’asse x, i valori assunti da ogni funzione potenza (ossia la sua S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 75 immagine) è l’intera semiretta positiva dell’asse y. Restringendo quindi dominio e codominio ai soli numeri positivi, le funzioni potenza sono biunivoche e dunque ammettono funzioni inverse; inoltre tali inverse sono a loro volta funzioni potenza. Si ha infatti: 1 se f (x) = xb allora f −1 (x) = x b . Esempio 6.4. Se f (x) = x2 , allora la sua inversa su √ [0, +∞) è la funzione f −1 (x) = x. Si noti che il do√ minio completo di f (x) è tutto R, ma y = x è l’inversa di f (x) soltanto sulla semiretta positiva, poiché, come √ già osservato, per ogni numero x negativo, x2 è −x e √ non x. D’altra parte partendo dalla funzione g(x) = x, che assume solo valori positivi, avremmo ottenuto come inversa proprio la funzione g −1 (x) = x2 con dominio la semiretta positiva. Esempio 6.5. Se f (x) = x5 , allora la sua inversa su [0, +∞) è la funzione f −1 (x) = √ 5 x. In questo caso il dominio completo di f (x) è tutto R e su di esso f è biunivo√ ca. Allora y = 5 x è l’inversa di√f (x) su tutto R, poiché per ogni numero reale x 5 (positivo, negativo o nullo) si ha x5 = x. Esempio 6.6. Se f (x) = x1 = x−1 , allora la sua inversa su (0, +∞) è la funzione f −1 (x) = x−1 ossia f stesso. Anche in questo caso, come nel precedente, f (x) è biunivoca su tutto il suo dominio, ossia su (−∞, 0) ∪ (0, +∞) e non solo sulla semiretta positiva. Quindi f è l’inversa di se stessa su R − {0}. 6.2 Funzioni esponenziali Consideriamo ora le funzioni che si ottengono fissando la base e facendo variare l’esponente: y = ax . Poiché in ogni intervallo della retta, per quanto piccolo, ci sono sempre numeri non razionali, come possibili basi a si considerano solo i numeri positivi. Supporremo inoltre a $= 1, perché per a = 1 si ottiene la retta y = 1 che già abbiamo considerato. Il dominio di y = ax è tutto R, qualunque sia a > 0. I grafici delle funzioni esponenziali hanno andamento qualitativo di due soli tipi, a secondo che la base a sia > 1 oppure < 1: a > 1 Il grafico passa per Q(0, 1), è crescente, volge la concavità verso l’alto, tende a +∞ per x −→ +∞ e tende a 0 per x −→ −∞; Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 76 Capitolo 6 a < 1 Il grafico passa per Q(0, 1), è decrescente, convesso, tende a 0 per x −→ +∞ e tende a +∞ per x −→ −∞: Le funzioni esponenziali con base a > 1 sono crescenti poiché conservano le diseguaglianze, mentre per a < 1 sono decrescenti poiché rovesciano le diseguaglianze, ossia: Se a > 1 allora: x1 > x2 ⇐⇒ ax1 > ax2 Se a < 1 allora: x1 > x2 ⇐⇒ ax1 < ax2 Volendo poi confrontare i grafici di due funzioni esponenziali con esponenti (positivi) diversi, vedremo che nel punto P (0, 1) si “incrociano” poiché per x > 0 quella con base maggiore “sta sopra ” all’altra, mentre per x < 0 quella con base maggiore “sta sotto” all’altra. Gli esponenziali ax come funzioni R −→ R+ sono biunivoche e quindi ammettono funzioni inverse (si noti che il codominio è R+ e non tutto R!). Per poter ottenere ulteriori proprietà importanti delle funzioni esponenziali dobbiamo prima occuparci delle loro inverse, che sono le funzioni logaritmiche. 6.3 Logaritmi I logaritmi sono nati come strumento di calcolo. Fino a non molto tempo fa eseguire calcoli a mano era essenzialmente l’unica possibilità; quando i calcoli da eseguire coinvolgevano numeri con molte cifre il tempo richiesto era molto e alta era anche la probabilità di commettere errori. Non tutte le operazioni algebriche tra numeri hanno però lo stesso grado di complicazione: se vogliamo per esempio operare con numeri di 10 cifre, per eseguire una somma sono necessarie 10 somme elementari (cioè tra numeri di una sola cifra), mentre per una moltiplicazione sono necessarie 100 moltiplicazioni elementari, seguite da una somma di 10 addendi e il risultato avrà 19 o 20 cifre. Ancor più complicate sono operazioni quali la divisione, l’elevamento a potenza e l’estrazione di radice. Mediante l’uso dei logaritmi si possono trasformare operazioni più complicate in altre più semplici: prodotti in somme, divisioni in differenze, potenze in prodotti e radici in quozienti. Le tavole logaritmiche, alla cui composizione si dedicarono il matematico Napier (latinizzato Nepero: 1550-1617) e il suo allievo Briggs, permettono un veloce S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 77 passaggio dai numeri su cui si vuole eseguire un calcolo ai loro logaritmi e poi dal logaritmo del risultato al risultato stesso. Attualmente i logaritmi non vengono più usati a questo scopo poiché i calcoli un po’ complicati si eseguono abitualmente mediante calcolatrici o computer, ma rimangono importanti nelle applicazioni sia per la costruzione di modelli, sia per il disegno di grafici. Definizione 6.7. Dati due numeri reali positivi a e c con a $= 1 si dice il logaritmo in base a di c, denotato loga (c), l’esponente z che si deve dare alla base a per ottenere c ossia loga (c) è definito dalla relazione: z = loga (c) ⇐⇒ az = c. L’idea dei logaritmi è tutta lı̀: i logaritmi sono degli esponenti. Notiamo che, come già osservato, se a > 0 e z1 $= z2 allora az1 $= az2 e quindi la definizione di logaritmo è univoca poiché non vi possono essere due diverse soluzioni dell’equazione az = c. Ricordiamo che i numeri della forma az con a > 0 sono tutti positivi, qualsiasi sia z; allora potremo calcolare il logaritmo di un numero c, che equivale a risolvere l’equazione az = c, soltanto se c è positivo. Inoltre le condizioni sulla base (a > 0 e a $= 1) sono quelle naturali perché la definizione abbia senso per molti valori di c. Esempio 6.8. Per calcolare log2 (8) dobbiamo determinare l’esponente z tale che √ z 3 8 = 2 : poiché 8 = 2 si ha log2 (8) = 3. Analogamente, poiché 3 = 9 = 91/2 , si ha log9 (3) = 12 . Dalle proprietà delle potenze segue la formula più importante relativa ai logaritmi, quella di trasformare prodotti in somme: loga (c1 · c2 ) = loga (c1 ) + loga (c2 ) ossia il logaritmo di un prodotto è la somma dei logaritmi dei due fattori. Dalla definizione di logaritmo e dalla formula precedente si possono poi ricavare come conseguenza altre proprietà come: loga (1) = 0 (poiché a0 = 1) loga (a) = 1 (poiché a1 = a) aloga (b) = b (per definizione di logaritmo) Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 78 Capitolo 6 loga (b) · logb (a) = 1 (poiché aloga (b)·logb (a) = (aloga (b) )logb (a) = blogb (a) = a = a1 e gli esponenti sono univocamente determinati) loga ( cc12 ) = loga (c1 ) − loga (c2 ) (sottraendo loga (c2 ) dai due membri di loga (c1 ) = loga ( cc12 ) + loga (c2 ).) loga (cn ) = nloga (c) (se az = c allora anz = (az )n = cn ). Prima di applicare qualcuna di queste formule a logaritmi di espressioni incognite o variabili, sarà sempre opportuno stabilire per quali valori delle lettere le espressioni coinvolte in entrambi i membri hanno senso. Esempio 6.9. Vogliamo risolvere l’equazione log3 (x) + log3 (9x − 8) = 0. Se applichiamo le proprietà dei logaritmi, troviamo log3 (x(9x − 8)) = 0 che è vera se e solo se x(9x − 8) = 1 (poiché log3 (1) = 0). Troviamo cosı̀ le due soluzioni x = 1 e x = − 19 ; la prima è corretta (come si può verificare per sostituzione nell’equazione iniziale), mentre per x = − 19 l’equazione iniziale non ha senso. Prima di applicare la formula del prodotto avremmo dovuto porre le condizioni di esistenza x > 0 e x > 98 da cui x ∈ ( 89 , +∞). Nell’esercizio precedente, per risolvere l’equazione, abbiamo fatto ricorso alla proprietà dei logaritmi, dedotta da quella analoga degli esponenziali, che non esistono numeri diversi con lo stesso logaritmo: loga (x1 ) = loga (x2 ) ⇐⇒ x1 = x2 . Per quel che riguarda le disequazioni che coinvolgono i logaritmi, è necessario tenere conto, come già per gli esponenziali, anche del fatto che la base sia maggiore oppure minore di 1. Se a > 1 allora: x1 > x2 =⇒ loga (x1 ) > loga (x2 ) Se a < 1 allora: x1 > x2 =⇒ loga (x1 ) < loga (x2 ) In altre parole: logaritmi in base a > 1 conservano le diseguaglianze, mentre logaritmi in base a < 1 rovesciano le diseguaglianze. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 79 Esempio 6.10. Vogliamo risolvere le disequazioni log2 (3x−1) > 1 e log0,5 (3x−1) > 1. Prima di tutto imponiamo per entrambe le disequazioni la condizione di esistenza 3x − 1 > 0 Quindi nel primo caso scriviamo log2 (3x − 1) > log2 (2) da cui 3x − 1 > 2 e, tenuto conto anche delle condizione di esistenza, otteniamo le soluzioni x ∈ (1, +∞). Nel secondo caso scriviamo log0,5 (3x−1) > log0,5 (0, 5) da cui 3x−1 < 0, 5 da cui, tenuto conto anche delle condizione di esistenza, otteniamo le soluzioni x ∈ ( 13 , 12 ). Una proprietà molto importante dei logaritmi è la seguente: i logaritmi rispetto a due basi diverse sono proporzionali tra loro. Per esempio i logaritmi in base 3 e in base 9 sono semplicemente l’uno doppio dell’altro: log9 (c) = z ⇐⇒ c = 9z ⇐⇒ c = (32 )z = 32z ⇐⇒ log3 (c) = 2z. Un’analoga relazione vale tra due qualsiasi basi diverse e la costante di proporzionalità è proprio l’esponente che devo dare ad una per ottenere l’altra, cioè tale costante è un logaritmo. Si ottiene cosı̀ la Formula di cambiamento di base: loga (x) = loga (b) · logb (x) Infatti aloga (b)·logb (x) = (aloga (b) )logb (x) = blogb (x) = x. Potremo quindi limitarci a considerare i logaritmi nella base che preferiamo, ad esempio i logaritmi in base 10 oppure nella base naturale e. Logaritmi decimali Esaminiamo ora il problema della scelta della base a rispetto alla quale calcolare i logaritmi. Abbiamo affermato che ogni scelta è corretta (purché positiva e diversa da 1), ma non tutte sono altrettanto comode. Una delle più comuni è la base 10 (10 come le cifre che usiamo nella nostra numerazione posizionale); per indicare i logaritmi decimali, ossia i logaritmi in base 10, non si usa di solito la scrittura log10 (b), ma si preferisce Log(b), in cui la base 10 è sottintesa. Scegliere 10 come base ha il vantaggio di permettere il calcolo immediato di una parte del valore di Log(b) ed esattamente della sua parte intera. Esempio 6.11. Calcoliamo, usando la calcolatrice: Log(521) = 2, 7168377 = 2 + 0, 7168377 Log(5, 21) = 0, 7168377 = 0 + 0, 7168377 Log(0, 000521) = −3, 2831623 = −4 + 0, 7168377 Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 80 Capitolo 6 Come si può vedere abbiamo ogni volta una stessa parte decimale a cui va sommato un numero intero, positivo o negativo, che corrisponde esattamente all’ordine di grandezza del numero di partenza: 521 ha ordine di grandezza 2 cioè delle centinaia, 5, 21 ha ordine di grandezza 0 cioè delle unità, 0, 000521 ha ordine di grandezza −4 cioè dei decimillesimi. Nel linguaggio scientifico sono spesso coinvolti numeri molto grandi o molto piccoli, di difficile lettura immediata; in tal caso è opportuno adottare la cosiddetta notazione scientifica, che mette meglio in evidenza l’ordine di grandezza dei numeri. Esempio 6.12. La scrittura di 2457, 21 in notazione scientifica è 2, 45721·103 poiché 3 è l’ordine di grandezza di 2457, 21. Analogamente 0, 0000579 = 5, 79 · 10−5 dove −5 è l’ordine di grandezza di 0, 0000579. Ogni numero (positivo) x si può scrivere come il prodotto di un numero y compreso tra 1 e 10 (più precisamente 1 ≤ x < 10), moltiplicato per un’opportuna potenza di 10 : x = y · 10n . Calcolando il logaritmo decimale dei due membri avremo allora: Log(x) = Log(y) + n dove 0 ≤ Log(y) < 1 e n ∈ N. Notiamo che i valori di Log(y) potevano essere calcolati con una buona approssimazione anche in passato mediante le tavole logaritmiche. La scrittura di un numero x in notazione scientifica x = y + 10n consentiva quindi il calcolo (approssimato) del suo logaritmo decimale mediante le tavole; Log(y) e n si dicono rispettivamente mantissa e caratteristica di Log(x). Il numero e di Nepero. La base 10 non è l’unica ad essere usata comunemente; in alcuni casi è utile la base 2, per esempio per valutare lunghezze di numeri o di calcoli nella notazione posizionale in base 2 utilizzata dai calcolatori. Vi è però un’altra base molto usata, detta base naturale, la cui utilità e naturalezza è indiscutibile ma tutt’altro che ovvia: cercheremo ora di darne una motivazione intuitiva. Proviamo a calcolare la differenza tra i logaritmi di due numeri molto vicini, più esattamente di due numeri, che indicheremo con b e b + ∆, la cui differenza ∆ sia piccola in rapporto ad essi: loga (b + ∆) − loga (b) = loga ( ∆ b+∆ ) = loga (1 + ). b b Esempio 6.13. Scegliamo b = 1 e poi in sequenza ∆ = 0, 01, 0, 001, 0, 0001, 0, 00001. Calcoliamo i logaritmi decimali di 1 + ∆ e poi scriviamo il risultato in S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 81 notazione scientifica: Log(1 + 10−2 ) Log(1 + 10−3 ) Log(1 + 10−4 ) Log(1 + 10−5 ) = = = = Log(1, 01) Log(1, 001) Log(1, 0001) Log(1, 00001) = = = = 0, 004321373 . . . 0, 000434077 . . . 0, 000043427 . . . 0, 000004342 . . . ∼ ∼ ∼ ∼ 0, 43 · 10−2 0, 43 · 10−3 0, 43 · 10−4 0, 43 · 10−5 Come si può vedere i valori ottenuti sono grosso modo proporzionali a ∆ cioè Log(1 + ∆) ∼ ∆ · 0, 43 . . . . Se nell’esempio precedente avessimo utilizzato una qualsiasi altra base invece che la base 10 avremmo trovato la stessa relazione, solo con una diversa costante: per la base 2 la costante sarebbe stata 1, 44 . . . , per la base 0, 2 sarebbe stata −0, 62 . . . e cosı̀ via. Vi è una sola base per la quale la costante vale 1; purtroppo tale base non è un “bel numero”, cioè un numero intero oppure una frazione facile, anzi è un numero irrazionale, il numero di Nepero e = 2, 7182818 . . . . I logaritmi in base e si indicano di solito col simbolo ln, invece che loge , “l ”come logaritmo e “n”come naturale. La base e è allora l’unica base per la quale si ha ln(1 + ∆) ∼ ∆ con precisione tanto maggiore, quanto più piccolo è ∆ . Scegliendo per esempio 1 + ∆ = 1 + n1 con n numero naturale “grande”si ottiene ln(1 + n1 ) ∼ n1 da cui nln(1 + n1 ) ∼ 1 e quindi, per le proprietà dei logaritmi, ln((1 + n1 )n ) ∼ 1 = ln(e); questo significa che (1 + n1 )n è molto vicino al numero e, tanto più vicino quanto più grande è n. Possiamo cosı̀ calcolare tante cifre decimali di e quante vogliamo. La scelta della base e genera notevoli semplificazioni nel calcolo di derivate ed integrali, come vedremo nel seguito. Le funzioni logaritmiche A partire dai logaritmi loga (c), considerando fissata la base a e facendo variare l’argomento c, ossia ponendo c = x variabile indipendente, otteniamo una funzione: loga : R+ −→ R data da x -→ loga (x) detta appunto funzione logaritmo in base a. La funzione logaritmo in base a è la funzione inversa dell’esponenziale in base a; dalla definizione stessa di logaritmo si ottiene infatti che per ogni numero reale positivo x si ha: y = loga (x) ⇐⇒ ay = x. Grazie alle proprietà dei logaritmi viste in precedenza, potremo riportare il caso generale della funzione logaritmo in una qualsiasi base a ai logaritmi in base 10 Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 82 Capitolo 6 oppure in base e. Si ha infatti: loga (x) = k · Log(x) = h · ln(x) dove k = 1 1 eh= . Log(a) ln(a) Possiamo poi utilizzare i logaritmi per ricondurre ogni funzione esponenziale f (x) = ax ad una funzione esponenziale nella base che preferiamo (ad esempio la base 2, la base 10 oppure la base naturale e) poiché per ogni base b si ha: ax = blogb (a)x e quindi in particolare: ax = 10αx dove α = Log(a) oppure ax = eβx dove β = ln(a). Riepiloghiamo in una tabella tutte le formule sui logaritmi viste fino ad ora. Proprietà dei logaritmi Inversa dell’esponenziale loga (x) = y ⇐⇒ ay = x Prodotto loga (x1 x2 ) = loga (x1 ) + loga (x2 ) Rapporto loga ( xx12 ) = loga (x1 ) − loga (x2 ) Potenza loga (xα ) = αloga (x) loga (x) = Cambiamenti di base 1 logc (a) · logc (x) ax = blogb (a)x Come già sottolineato in precedenza la validità delle formule precedenti è limitato ai valori dell’incognita (o delle incognite) per cui entrambi i membri sono definiti. Il grafico delle funzioni logaritmiche si ottiene facilmente dal grafico funzioni esponenziali ribaltando rispetto alla bisettrice del primo e terzo quadrante. I grafici che si ottengono, anche se sempre diversi per basi diverse, hanno tutti in comune il punto P (1, 0) e sono essenzialmente di due soli tipi a seconda che la base sia a > 1 oppure 0 < a < 1. Per a > 1 sono crescenti, con concavità verso il basso, tendono a −∞ per x → 0+ e a +∞ per x → +∞, mentre per Per 0 < a < 1 sono decrescenti, con concavità verso l’alto, tendono a +∞ per x → 0+ e a −∞ per x → +∞. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 83 Notiamo che le basi più importanti, ossia 10 ed e sono entrambe > 1. Nel disegno a fianco sono messi a confronto i due casi; si può notare che nel punto (0, 1) i due grafici si incrociano, poiché per valori di x maggiori di 1 il logaritmo decimale è minore del logaritmo naturale, mentre per valori di x inferiori a 1 il logaritmo decimale è superiore a quello naturale. Lo stesso tipo di raffronto vale più generalmente per per due basi generiche a, b con 1 < a < b. Osservazione 6.14. Tra tutte le funzioni logaritmiche, quella in base e è l’unica che ha come retta tangente nel punto comune (1, 0) quella parallela alla bisettrice; analogamente tra tutte le funzioni esponenziali quella in base e è l’unica che ha come tangente nel punto comune (0, 1) quella parallela alla bisettrice. Ricordiamo che le funzioni ln(x) e ex sono l’una inversa dell’altra e quindi i loro grafici si ottengono uno dall’altro con un ribaltamento rispetto alla bisettrice stessa). I logaritmi e la misura delle sensazioni. Se proviamo a stimare la lunghezza di alcuni oggetti (per esempio un chicco di riso, il nostro pollice, un corridoio, la strada da casa alla stazione,. . . ) “ad occhio”e poi confrontiamo la nostra stima col valore corretto, ci accorgiamo che la nostra valutazione si discosta un po’ dalla realtà, ma, di solito, l’ordine di grandezza è quello giusto. Chi mai potrebbe sbagliare di molti centimetri la lunghezza di un chicco di riso oppure di metri la lunghezza di un suo dito? La nostra capacità di fare stime non ha un ordine di precisione assoluto; l’errore ha solitamente lo stesso ordine di grandezza della lunghezza da stimare: più grande essa è, maggiore sarà il margine di incertezza. Per capire se siamo bravi o meno nel valutare lunghezze non ha, quindi, senso calcolare la differenza: misura stimata - misura reale ma è più significativo il rapporto misura stimata misura reale che rappresenta la percentuale di errore. In questo siamo diversi dalle macchine: la bilancia del panettiere rileva la stessa variazione di peso dovuta all’aggiunta di un panino, sia se inizialmente vi è sul piatto un solo panino, sia se già vi si trovano altri 20 panini. Noi invece siamo Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 84 Capitolo 6 perfettamente in grado di distinguere tra il peso di 1 e di 2 panini, ma difficilmente saremmo in grado di percepire la differenza di peso tra 20 e di 21 panini. Il motivo è che la bilancia valuta le differenze (la differenza 2 − 1 è esattamente uguale alla differenza 21 − 20), mentre noi percepiamo come differenza ciò che in realtà è un rapporto (la differenza di peso tra 1 e 2 panini risulta per noi più sensibile di quella tra 20 e 21, poiché il rapporto 2−1 1 = 1 = 100% è molto più grande del rapporto 21−20 = 0, 05 = 5% ). 20 In altre parole la “differenza ”tra a e b da noi percepita non è proporzionale a b − a ma a ab ossia alla differenza log(b) − log(a). Questa nostra caratteristica ci permette di percepire, confrontare e stimare, in modo sufficientemente corretto, stimoli esterni la cui intensità varia in uno spettro molto ampio. Per questa corrispondenza “sensazione ↔ log(stimolo)”alcune grandezze fisiche, che possono anche riguardare sensazioni, sono misurate in due modi essenzialmente diversi, uno “oggettivo”e l’altro “soggettivo”, legati da una relazione in cui interviene il logaritmo. Esempio 6.15. L’intensità di un suono può essere misurata in modo oggettivo come potenza esercitata dalle onde sonore per unità di superficie in W att/metro2 , oppure come sonorità percepita dall’orecchio in decibel: se un suono ha intensità I W/m2 , la sua sonorità è S = 10Log(I) + b (b è una costante opportuna). Supponiamo che a un rumore di intensità I1 se ne aggiunga un altro di intensità I2 : avremo allora un rumore di intensità I = I1 + I2 con un aumento I − I1 = I2 esattamente pari, come è ovvio, all’intensità del secondo rumore. Se invece misuriamo le sonorità iniziale D1 = 10Log(I1 ) + b e finale D = 10Log(I1 + I2 ) + b, ci accorgiamo che l’aumento di sonorità D − D1 = 10Log(I1 + I2 ) + b − 10Log(I1 ) − b = 10Log( I1 + I2 ) I1 non dipende solo dall’intensità del rumore che si è aggiunto, ma anche dal livello del rumore iniziale. Per questo uno stesso volume di voce può risultare perfettamente comprensibile in un ambiente silenzioso (perché I1 è piccolo rispetto a I2 ) ed essere poco comprensibile o, addirittura, non udibile in un ambiente molto rumoroso (I1 grande rispetto a I2 ). 6.4 I polinomi Richiami sui polinomi Un polinomio F (x) (in una variabile a coefficienti reali) è una espressione del tipo an xn + a1 xn−1 + a2 xn−2 + ... + an−1 x + an S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 85 Se an $= 0, il grado del polinomio è n e an è il suo coefficiente direttivo. Possiamo associare ad ogni polinomio F (x) una equazione F (x) = 0; se il numero F (a), che si ottiene sostituendo a al posto della x in F (x) è 0, diremo che a è soluzione dell’equazione F (x) = 0 o anche che a è una radice del polinomio F (x). Prima di risolvere una equazione è conveniente ricondurci al caso di un polinomio monico, ossia con coefficiente direttivo 1 dividendo tutti i coefficienti per il coefficiente direttivo an . L’equazione di primo grado x+a=0 si risolve immediatamente: L’equazione di secondo grado x = −a. x2 + px + q = 0 era già stata risolta nella remota antichità. La sua soluzione è assai semplice: 2 aggiungendo ai due membri p4 − q, otteniamo: x2 + px + Ma x2 + px + p2 p2 = −q 4 4 p2 p = (x + )2 4 2 e quindi ! p2 p −q x+ =± 2 4 da cui si ricavano le soluzioni dell’equazione quadratica: " " −p + p2 − 4q −p − p2 − 4q x1 = e x2 = . 2 2 La quantità p2 − 4q si chiama discriminante e viene spesso indicata con la lettera greca ∆. Quando ∆ è positivo, questa formula ci fornisce 2 soluzioni distinte x1 e x2 . Quando ∆ è nullo, l’equazione ha la soluzione x1 = − p4 , unica ma ‘‘da contare come doppia’’: il significato sarà chiarito mediante il Teorema di Ruffini. Quando ∆ è negativo, l’equazione non ha soluzioni reali. Si conoscono formule risolutive (complicate) anche per le equazioni di terzo e quarto grado, ma non per le equazioni di grado superiore al quinto; anzi è noto che queste formule non possono esistere. Nelle applicazioni in genere quando si devono risolvere equazioni di grado altro, si ricorre ad uno dei tanti metodi che forniscono soluzioni approssimate. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 86 Capitolo 6 Per sapere se un dato numero a è oppure non è soluzione di una certa equazione F (x) = 0, non è necessario conoscere una formula risolutiva per quell’equazione, ma è sufficiente eseguire una sostituzione. Esempio 6.16. Pur non conoscendo il modo di risolvere le equazioni di quinto grado possiamo dire che il numero 1 è soluzione dell’equazione x5 − 3x2 + 2 = 0, poiché 15 − 3 · 12 + 2 = 0, mentre il numero −1 non è una sua soluzione poiché (−1)5 − 3 · (−1)2 + 2 = −2 $= 0. Teorema 6.17 (Ruffini). Siano F (x) un polinomio di grado n e c un numero reale. Allora: c è una radice di F (x) = 0 se e soltanto se F (x) si può fattorizzare nel prodotto di x − c per un polinomio di grado n − 1. Dimostrazione. Per sapere se un numero c è radice del polinomio F (x) possiamo eseguire la divisione con resto di F (x) per il polinomio di primo grado x − c ottenendo: F (x) = (x − c) · G(x) + r dove r è un polinomio di grado inferiore al grado di x − c, ossia r è un numero reale. Sostituendo poi c al posto di x nei due membri si ottiene F (c) = r e quindi c è radice di F (x) se e soltanto se r = 0 ossia se e soltanto se F (x) = (x − c) · G(x). Come conseguenza di questo importante risultato possiamo definire in modo preciso la molteplicità della soluzione c per l’equazione F (x) = 0 (o della radice c del polinomio F (x)): Definizione 6.18. Si dice che c è una soluzione di F (x) = 0 di molteplicità k se F (x) è divisibile esattamente per (x − c)k , ma non è divisibile per (x − c)k+1 . Se F (x) = G1 (x) · G2 (x) allora c è radice di F (x) se e soltanto se è radice di almeno uno dei fattori G1 (x) o G2 (x). Più precisamente la molteplicità di c come radice di F (x) è la somma delle molteplicità come radice di G1 (x) e di G2 (x). Come conseguenza del Teorema di Ruffini si può allora provare che: una equazione polinomiale di grado n ha al massimo n radici, anche contando la molteplicità di ciascuna. Poiché la difficoltà di risolvere le equazioni polinomiali è esattamente la difficoltà di fattorizzare i polinomi in fattori di grado inferiore, un’equazione che si presenti già totalmente o parzialmente fattorizzata costituisce una notevole semplificazione. Eseguire i prodotti e poi accingersi a risolvere l’equazione ottenuta significa vanificare il vantaggio iniziale. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 87 Esempio 6.19. L’equazione (x−2)(x− 43 )(x−1)(x+7)(x−π)2 = 0, pur avendo grado 6, si risolve immediatamente. Le sue soluzioni sono 2, 43 , 1, −7 e π (quest’ultima soluzione ha molteplicità 2). Poiché la somma delle molteplicità è 6 come il grado dell’equazione, abbiamo sicuramente trovato tutte le soluzioni. Esempio 6.20. L’equazione (x2 −2x−6)(x2 +2x−1)(x+ 12 )x = 0, pur avendo grado 6, richiede per la sua soluzione soltanto la formula risolutiva delle equazioni di secondo grado. Le sue soluzioni sono infatti, oltre a − 12 e 0, le soluzioni dell’equazione x2 − 2x − 6 = 0 e le soluzioni dell’equazione x2 + 2x − 1 = 0. √ Esempio 6.21. L’equazione (x − 1)(x − 3) = 0 è già fattorizzata nel prodotto di due fattori√di primo grado e quindi si risolve immediatamente: le soluzioni sono a = 1 e b = 3. Se invece di procedere in questo modo, decidiamo di eseguire il prodotto e poi risolvere mediante la formula risolutiva per le equazioni di secondo grado, otteniamo √ √ x2 − (1 + 3)x + 3 = 0 e quindi le due soluzioni: √ " √ √ √ " √ √ 1+ 3− 2 2− 3 1+ 3+ 2 2− 3 e d= . c= 2 2 Poiché una equazione di secondo grado non può avere 4 soluzioni, i numeri c e d devono coincidere con a e b. Quale dei due è a? Anche se i numeri reali sono veramente ‘’tanti’’, quelli che si usano in pratica (ad esempio negli esercizi o nelle applicazioni) sono relativamente pochi: numeri interi ‘’piccoli’’, numeri razionali (sia sotto forma di frazioni sia sotto forma di numeri √ √ 5 decimali finiti), qualche radicale (come 3 o 2) e qualche trascendente (come π oppure e). Non è cosı̀ raro quindi incontrare equazioni in cui tutti i coefficienti sono numeri interi oppure al massimo razionali. Neppure per queste particolari equazioni esistono formule risolutive generali, ossia che permettono di trovare sempre le eventuali soluzioni reali. Esempio 6.22. Dalle proprietà che esamineremo nei prossimi paragrafi sarà chiaro che l’equazione x5 − 16x + 2 = 0 ha almeno una soluzione reale (anzi ne ha ben 3). Però si può dimostrare che tali soluzioni non sono esprimibili mediante una formula per radicali e che quindi questa semplice equazione è una di quelle che non si possono risolvere. Tuttavia, è sempre possibile, eseguendo un po’ di calcoli, determinare tutte le soluzioni razionali di una equazione a coefficienti razionali, ammesso che ce ne siano. Trasformiamo innanzi tutto l’equazione in una con coefficienti interi, moltiplicando se necessario per un denominatore comune, ottenendo: a0 xn + a1 xn−1 + a2 xn−2 + ... + an−1 x + an = 0 Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 88 Capitolo 6 dove i coefficienti a0 , · · · , an sono numeri interi. Possiamo supporre an $= 0 (in caso contrario 0 è una soluzione e possiamo dividere il polinomio per x). Ogni sua soluzione razionale cb , dove b, c sono numeri interi senza fattori comuni, avrà la proprietà che il suo numeratore b è un divisore del termine noto an e il suo denominatore c è un divisore del coefficiente direttivo a0 . Per verificarlo è sufficiente sostituire cb nell’equazione e poi moltiplicare i due membri per cn ; si ottiene infatti: a0 bn + a1 bn−1 c + · · · + an−1 bcn−1 + an cn = 0. Possiamo raccogliere b dai primi n addendi e portare l’ultimo a secondo membro: b(a0 bn−1 + a1 bn−2 c + · · · + an−1 cn−1 ) = −an cn . Poiché b non ha fattori in comune con c, allora deve dividere an ; allo stesso modo si prova che c deve dividere a0 . Per trovare le soluzioni razionali, sarà allora sufficiente scrivere l’elenco di tutte le frazioni che si ottengono mettendo un divisore di an al numeratore e un divisore di a0 al denominatore e sostituirle una ad una nell’equazione, per vedere se qualcuna tra esse è una soluzione. Con un metodo simile a questo è possibile controllare se un polinomio a coefficienti interi è o meno decomponibile nel prodotto di due polinomi di grado minore, ancora a coefficienti interi (o razionali). Un consiglio: ogni volta che si è cosı̀ fortunati da trovare una soluzione cb dell’equazione, conviene ricorrere al Teorema di Ruffini, dividendo il polinomio a primo membro per (x − cb ) o meglio ancora per (cx − b) in modo da abbassare il grado dell’equazione. Esempio 6.23. Vogliamo risolvere l’equazione F (x) = 0 dove F (x) = 40x5 −58x4 − 5x3 + 13x2 − 17x + 3. I divisori b di 3 sono: 1, −1, 3, −3 . I divisori c di 40 sono: 1, 2, 4, 5, 8, 10, 20, 40 (NB: possiamo prendere c > 0). Ci sono 32 possibili frazioni cb da provare: 1, 12 , 14 , . . . . . . . Dopo tre tentativi negativi, troviamo che 15 è una soluzione. Invece di continuare la verifica, dividiamo F (x) per 5x − 1 ottenendo F (x) = (5x − 1)G(x) dove G(x) = 8x4 − 10x3 − 3x2 + 2x − 3. Procedendo come prima scopriamo che 32 è una radice di G(x) (e quindi anche di F (x)!) Dividendo G(x) per (2x − 3) otteniamo H(x) = 4x3 + x2 + 1. Ripetendo ancora una volta il procedimento per H(x) = 0, scopriamo che non vi sono ulteriori soluzioni razionali; però ora il grado è 3 e quindi potremmo determinare le rimanenti soluzioni mediante le formule risolutive. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 89 Funzioni polinomiali Ad ogni polinomio F (x) possiamo associare una funzione, quella data dall’espressione y = F (x). Possiamo anche pensare alle funzioni polinomiali come ottenibili dalle funzioni potenza mediante operazioni algebriche di somma e prodotto per numeri. Il grafico della funzione y = F (x) ci permette di visualizzare e mettere in evidenza molte proprietà dei polinomi e, viceversa, conoscere le proprietà dei polinomi può aiutarci a tracciare un grafico corretto. Ai polinomi costanti corrispondono funzioni che hanno come grafico una retta orizzontale. Ai polinomi di grado 1, rette oblique. Ai polinomi di grado 2 parabole con l’asse parallelo all’asse y. Meno familiari sono i grafici di funzioni polinomiali di grado ≥ 3. L’andamento può variare molto a seconda del grado e dei coefficienti, ma tutti i grafici di funzioni polinomiali hanno alcune proprietà in comune. La prima è che tutte le funzioni polinomiali sono continue su tutto R. Inoltre due polinomi differenti danno sempre luogo a grafici differenti; anzi, i grafici corrispondenti a due polinomi diversi si incontrano soltanto in un numero finito di punti, al più in tanti punti quanto è il maggiore dei loro gradi. Infatti i grafici di y = F (x) e di y = G(x) si incontrano nel punto (a, b) se b = F (a) e b = G(a) e quindi in particolare se a è una soluzione dell’equazione polinomiale F (x) − G(x) = 0. Se i due polinomi sono diversi, il polinomio F (x) − G(x) non è il polinomio nullo e quindi ci sono solo un numero finito di soluzioni per l’equazione F (x) − G(x) = 0. Questa proprietà va sotto il nome di principio di identità dei polinomi. In particolare possiamo considerare il caso in cui G(x) sia il polinomio nullo; allora dal principio di identità dei polinomi discende che il grafico di y = F (x) incontra l’asse x soltanto un numero finito di volte, tante quante sono le radici di F (x). Più precisamente possiamo dire che ogni radice di F (x) fa attraversare l’asse x al grafico della funzione y = F (x); una radice doppia a fa sı̀ che il grafico “attraversi due volte” l’asse x nel punto (a, 0) cosicché il grafico “tocca” l’asse x, ma rimane dalla stessa parte; se la molteplicità della radice a è k, il grafico attraversa l’asse x k volte nel punto (a, 0) e quindi passa dalla parte opposta oppure rimane dalla stessa parte a seconda che k sia dispari oppure pari. Inoltre, se fissiamo un qualsiasi numero naturale n, il grafico di una funzione polinomiale (non costante) esce da ogni “striscia” orizzontale −n ≤ y ≤ n per x 0 0 e per x 1 0 ossia: lim F (x) = ∞. x→∞ Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 90 Capitolo 6 Più precisamente: se il grado di F (x) è pari, il grafico sale al di sopra di ogni striscia sia per x grande sia per x piccolo, se il coefficiente direttivo di F (x) è positivo e scende al disotto di ogni striscia da entrambe le parti se il coefficiente direttivo di F (x) è negativo; se il grado di F (x) è dispari e il coefficiente direttivo di F (x) è positivo il grafico sale al di sopra di ogni striscia per x grande e scende al disotto per x piccolo; l’andamento si rovescia se il coefficiente direttivo di F (x) è negativo; se confrontiamo il grafico di due funzioni polinomiali y = F (x) e y = G(x), vediamo che la funzione con grado maggiore cresce (rispettivamente: decresce) più velocemente dell’altra almeno per x → ∞. Esempio 6.24. Tracciamo il grafico della funzione f (x) = −2(x−3)(x+2)x tenendo conto delle intersezioni con gli assi date delle radici del polinomio −2(x − 3)(x + 2)x e dei limiti agli estremi che possiamo dedurre dal segno del coefficiente direttivo e dal grado totale. 6.5 Riferimenti logaritmici e semilogaritmici Spesso per rappresentare come punti di un piano dei dati empirici ciascuno dei quali è costituito da una coppia di numeri risulta utile il ricorso a sistemi di riferimento un po’ differenti da quello abituale. Se ad esempio i numeri che costituiscono tali dati hanno ordine di grandezza che differiscono molto tra di loro, la scelta di unità di misura grandi porterebbe alla necessità di utilizzare fogli molto grandi e, d’altra parte, la scelta di unità di misura piccole renderebbe poco significative le differenze tra i numeri con ordine di grandezza inferiori. Per toccare con mano la difficoltà si provi a disegnare in uno stesso grafico i punti seguenti: A = (0, 5 , 0, 3), B = (0.2 , 0.4), C = (1 , 20), D = (5 , 0.11), E = (0.5 , 135), F = (612 , 82500). In questi casi spesso è utile utilizzare un riferimento nel piano ottenuto assegnando la corrispondenza tra punti dell’asse delle ascisse (e/o delle ordinate) nel modo seguente: un punto P corrisponde al numero x se il segmento orientato OP misura Log(x). Il seguente disegno mostra la corrispondenza tra punti di una retta e numeri cosı̀ ottenuta. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 91 Nella retta in basso i numeri sono riportati secondo una convenzione spesso usata: si faccia attenzione che ad esempio e + 7 (o anche E + 7) sta ad indicare l’ordine di grandezza 107 e non si riferisce alla base naturale ossia al numero e di Nepero. Se si disegnano i grafici di una funzione y = f (x) nel piano dotato di un riferimento cartesiano usuale oppure nel piano dotato di riferimento logaritmico su uno o su entrambi gli assi, le curve ottenute nei vari casi risultano notevolmente differenti tra loro. i) Se si considera un riferimento logaritmico sulle ordinate, il grafico è analogo a quello che si ottiene disegnando in un riferimento cartesiano usuale la funzione composta Y = Log(f (x)), avendo operato il cambiamento di variabile Y = Log(y). Questo riferimento è particolarmente comodo per disegnare le funzioni esponenziali poiché y = ax diventa Y = Log(a)x il cui grafico è una retta. ii) Se si considera un riferimento logaritmico sulle ascisse, la curva ottenuta coincide col grafico della funzione composta y = f (10X ) (in un riferimento cartesiano usuale), avendo operato il cambiamento di variabile X = Log(x). Questo riferimento è particolarmente comodo per disegnare le funzioni logaritmiche, poiché y = loga (x) diventa y = loga (10)X e il cui grafico è una retta. iii) Se si considera un riferimento logaritmico sulla ascisse, la curva ottenuta coincide col grafico della funzione composta Y = f (10X ) avendo operato i cambiamenti di variabile X = Log(x) e Y = Log(y). Questo riferimento è particolarmente comodo per disegnare le funzioni potenza, poiché y = xa diventa Y = aX il cui grafico è ancora una retta. L’uso di riferimenti semilogaritmici o logaritmici risulta particolarmente utile quando si voglia determinare un modello, ossia una funzione che corrisponda abbanza bene ad un certo insieme di dati. Se i punti del piano che corrispondono ai dati (coppie di numeri) sono all’incirca allineati, potremo utilizzare un modello lineare; analogamente se sono approssimativamente allineati i punti disegnati in uno dei riferimenti logaritmici, potremo utilizzare funzioni esponenziali, logaritmiche oppure potenze secondo la corrispondenza sopra accennata. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 92 Capitolo 6 6.6 Funzioni trigonometriche e periodiche Richiami di trigonometria La trigonometria è essenzialmente lo studio delle relazioni che intercorrono tra le lunghezze dei lati e le ampiezze degli angoli di un triangolo. Per quel che riguarda le misure dei lati non ha importanza il tipo di unità di misura che si adotta; inoltre quasi sempre saremo interessati al rapporto tra le misure di due lati, rapporto che non dipende dall’unità di misura delle lunghezze adottata. Per quel che riguarda la misura dell’ampiezza di un angolo, adotteremo sempre la misura in radianti (e non quella in gradi) perché molto più semplice nei calcoli di analisi. Poiché è meno conosciuta della misura in gradi, ne diamo la definizione. Definizione 6.25. Si dice radiante l’angolo che in una circonferenza è individuato da un arco lungo quanto il raggio. L’angolo giro misura allora 2π radianti, l’angolo piatto π radianti e l’angolo retto radianti. Conoscendo la misura in gradi β di un angolo è facile ottenere la sua misura in radianti α mediante la formula di conversione: π 2 α rad = π β. 180 Come riferimento ideale per gli angoli scegliamo la circonferenza trigonometrica ossia la circonferenza del piano cartesiano di raggio unitario, con centro nell’origine, e fissiamo come prima semiretta per individuare gli angoli la semiretta positiva dell’asse x. Consideriamo poi come angoli con ampiezza positiva quelli ottenuti “girando” in senso antiorario e come angoli di ampiezza negativa quelli in senso orario. Per ogni numero reale α, percorriamo sulla circonferenza trigonometrica un arco lungo |α| in senso antiorario se α > 0 e orario se α < 0 determinando il punto P sulla circonferenza. Diciamo allora che il punto P corrisponde ad un angolo di α radianti. È importante saper individuare senza incertezze nella circonferenza trigonometrica gli angoli con ampiezze π2 , π4 , π3 , π6 , 32 π, − π2 , − 56 π, ecc. Definizione 6.26. Dato un triangolo rettangolo OAB, retto in A, sia α l’angolo al vertice O. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 93 Si dice coseno di α, in simboli cos(α), il rapporto tra tra la misura del lato adiacente OA e quella dell’ipotenusa OB. Si dice seno di α, in simboli sin(α) il rapporto tra la misura del lato opposto AB e quella dell’ipotenusa OB. Il teorema di Pitagora sui triangoli rettangoli si può allora esprimere mediante le funzioni trigonometriche nell’identità fondamentale: cos(α)2 + sin(α)2 = 1. Gli angoli di un triangolo rettangolo sono minori o uguali ad un angolo retto e quindi le precedenti definizioni comprendono solo angoli 0 ≤ α ≤ π2 . Per estendere le definizioni precedenti ad angoli qualsiasi (anche maggiori dell’angolo giro o negativi) posizioniamo il nostro triangolo con vertice nell’origine delle coordinate e con A sulla semiretta positiva dell’asse x; l’angolo α individua un punto P della circonferenza trigonometrica e le coordinate di P sono proprio il coseno e il seno di α. Definizione 6.27. Generalizziamo in questo modo le definizioni precedenti: Sia α un qualsiasi numero reale e sia P il punto della circonferenza trigonometrica corrispondente ad un angolo di α radianti. Si dice coseno di α, in simboli cos(α) l’ascissa di P . Si dice seno di α, in simboli sin(α) l’ordinata di P . Si dice tangente di α, il rapporto tan(α) = Si dice cotangente di α, il rapporto cot(α) sin(α) cos(α) . = cos(α) sin(α) . Mentre tan(α) e cot(α) possono assumere un qualsiasi valore reale, segue subito dalla definizione che seno e coseno sono limitati, ossia: −1 ≤ sin(α) ≤ 1 e − 1 ≤ cos(α) ≤ 1 È opportuno ricordare a memoria i valori di seno e coseno degli angoli fondamentali; richiamiamo solo quelli relativi agli angoli del primo quadrante (ossia compresi tra 0 e π2 , poiché gli altri si possono ricavare per simmetria. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 94 Capitolo 6 α 0 π 6 π 4 cos(α) 1 √ 1 2 3 2 √ √ 2 2 π 3 sin(α) 0 2 2 √ 1 2 3 2 Delle molte formule trigonometriche esistenti ne ricordiamo solo alcune che useremo nel seguito: Periodicità Per ogni k ∈ Z si ha: sin(α + 2kπ) = sin(α) cos(α + 2kπ) = cos(α) , , tan(α + kπ) = tan(α) Simmetrie: sin(−α) = − sin(α) , cos(−α) = cos(α) tan(−α) = − tan(α) , Seno e coseno dell’angolo somma: sin(α + β) = sin(α) cos(β) + sin(β) cos(α) da cui per β = π2 : sin(α + cos(α + β) = cos(α) cos(β) − sin(α) sin(β) π ) = cos(α) 2 , cos(α + π ) = − sin(α) 2 , tan(α + π ) = − cot(α) 2 e per α = β: sin(2α) = 2 sin(α) cos(α) , cos(2α) = cos(α)2 − sin(α)2 Funzioni trigonometriche Definizione 6.28. Si chiamano funzioni trigonometriche le funzioni y = sin(x), y = cos(x), y = tan(x). Ve ne sono anche altre, come cotangente, secante e cosecante, che tralasciamo poiché possono essere ottenute dalle precedenti mediante operazioni algebriche. In realtà anche le tre principali sono ottenibili una dall’altra come si può ricavare dalla precedente tabella e quindi per esempio la sola funzione y = sin(x) sarebbe sufficiente. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 95 I grafici delle funzioni seno e coseno, per il loro andamento si chiamano anche sinusoidi o onde sinusoidali. Il loro dominio è tutto R, sono ovunque continue, il loro grafico è compreso nella striscia orizzontale −1 ≤ y ≤ 1 e assumono infinite volte il valore massimo 1 e il valore minimo −1. Ma la caratteristica più importante di queste due funzioni è la loro periodicità. Definizione 6.29. Una funzione y = f (x) si dice periodica se, per ogni numero x appartenente al dominio di f , vale la relazione: f (x) = f (x + T ) dove T è una costante strettamente positiva. Il minimo numero positivo T0 che soddisfa la precedente relazione si dice periodo di f . Il grafico di una funzione periodica è allora invariante per ogni traslazione orizzontale di lunghezza T0 o multipla intera di T0 . Per disegnarlo potremo limitare il nostro studio ad un qualsiasi intervallo di lunghezza T0 , ad esempio l’intervallo [0, T0 ] e poi ripetere per traslazione tanti pezzi uguali, sia verso destra, sia verso sinistra. Le funzioni sin(x) e cos(x) sono periodiche con periodo 2π. Anche la funzione tan(x) è periodica, ma il suo periodo è T0 = π, è più piccolo di quello di sin(x) e cos(x). Il dominio della funzione tangente non è tutto R poiché bisogna togliere i valori di x per i quali cos(x) si annulla. Quindi il dominio è R \ { π2 + kπ | k ∈ Z} ossia π π π π 3π · · · ∪ (− 3π 2 , − 2 ) ∪ (− 2 , 2 ) ∪ ( 2 , 2 ) ∪ . . . . Si noti che la funzione y = tan(x) è una funzione continua in tutto il suo dominio! I punti in cui il grafico “salta” non sono veri punti di discontinuità poiché non fanno parte del dominio; in tali punti il grafico della tangente presenta degli asintoti verticali. La funzione tangente non ammette massimi e minimi, né assoluti, né relativi, è crescente in ogni intervallo in cui è ovunque definita e cambia concavità (ossia presenta un flesso) in ogni punto in cui incontra l’asse x Come si può notare osservando i grafici (oppure ricordando le definizioni) le funzioni seno e tangente sono dispari, mentre la funzione coseno è pari. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 96 Capitolo 6 Funzioni periodiche Le funzioni periodiche sono quelle che meglio si prestano a modellizzare i fenomeni che si ripetono con regolarità, come quelli astronomici o quelli biologici conseguenti. Con buona approssimazione ogni funzione periodica può essere ottenuta sommando opportunamente funzioni trigonometriche di base. Esempio 6.30. La funzione y = sin( π2 x) ha periodo 4. Infatti sin( π2 (x + 4k)) = sin( π2 x + 2kπ)) = sin( π2 x) per ogni intero k; e inoltre 4 è il minimo numero positivo per cui la relazione di periodicità vale. Se A è un numero reale non nullo e B ∈ R, allora : y = sin(Ax + B) è periodica con periodo 2π |A| 2π al posto di x con k ∈ Z. come si può verificare sostituendo x + k |A| Più in generale, se y = f (x) è periodica con periodo T , la funzione y = f (Ax+B) T è periodica con periodo |A| . Se usiamo funzioni periodiche per costruire funzioni più complesse mediante operazioni algebriche o composizione, a volte otterremo ancora funzioni periodiche, a volte no. Se f (x) è periodica con periodo T1 e g(x) è periodica con periodo T2 , allora la funzione somma y = f (x) + g(x) è periodica se e soltanto se il rapporto T1 : T2 è un numero razionale e, in caso affermativo, il suo periodo è il minimo multiplo intero dei due periodi ossia il minimo numero reale T tale che T = nT1 = mT2 con n, m ∈ N. Per calcolare il periodo T basta scrivere TT12 come frazione di due numeri naturali m n ridotta ai minimi termini. Lo stesso capita relativamente alle funzioni f (x)g(x), f (x)/g(x), af (x) + bg(x) ecc. √ Esempio 6.31. Le funzioni y = sin(x)+cos(πx) e y = sin( x) non sono periodiche mentre y = sin(3x) + cos( 51 x) è periodica con periodo 10π. √ Esempio 6.32. La funzione y = sin( 12x) + cos( √13 x) è periodica poiché √2π12 : √ √2π = 16 ∈ Q e il suo periodo è T = 6 √2π12 = (√2π = 2 3π. ( 3)−1 3)−1 Esempio 6.33. La funzione y = sin(A1 x) + cos(A2 x) è periodica se e solo se A2 2π 2π A1 : A2 = A1 ∈ Q Naturalmente la stessa proprietà vale per le funzioni somma di due seni o di due coseni. Esempio 6.34. Se si misurano gli angoli in gradi invece che in radianti si ottengono 2π 2π le funzioni trigonometriche y = sin( 360 x) e y = sin( 360 x) il cui grafico si può 360 ricavare da quello del seno e del coseno dilatandoli di 2π ossia di circa 57 volte. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 97 Funzioni trigonometriche inverse Le funzioni trigonometriche (e in generale tutte le funzioni periodiche) assumendo infinite volte gli stessi valori non sono iniettive e quindi non ammettono inversa. Per definire le funzioni trigonometriche inverse di y = sin(x), y = cos(x) e y = tan(x) si sceglie allora un opportuno intervallo del dominio (purtroppo non si può scegliere lo stesso per tutte e tre) in cui le funzioni siano invertibili. Gli intervalli sono [− π2 , π2 ] per sin(x), (− π2 , π2 ) per tan(x) e [0, π] per cos(x). Il dominio di arctan(x) è tutto R, mentre y = arcsin(x) , y = arccos(x) sono definite solo sull’intervallo [−1, 1]. Come le rispettive funzioni dirette, le funzioni arcoseno e arcotangente sono dispari, mentre l’arcoseno è pari. Attenzione: si ha sin(arcsin(x)) = x sempre, mentre arcsin(sin(x)) dà x solo se x ∈ [− π2 , π2 ]. Considerazioni analoghe valgono per arccos(x) e arctan(x). 6.7 Esercizi risolti 6.1 Vogliamo studiare la funzione y = A sin(Cx + D) + E, con A, B, C, D ∈ R. Questa funzione oscilla tra il valore massimo |A|+E e il valore minimo −|A|+E: quindi la retta orizzontale y = E ne dà in un certo senso il valore intermedio e 2|A| è l’ampiezza dell’oscillazione o ampiezza d’onda. 2π è il periodo della funzione ossia la lunghezza orizzontale di una oscillazione Il numero T = |C| completa del grafico. Spesso invece del periodo si preferisce considerare la quantità F = T1 detta frequenza che è il numero di oscillazioni complete dell’onda nell’intervallo unitario dell’asse x. Nel nostro caso la frequenza è quindi F = |C| . 2π Possiamo infine osservare che la nostra funzione non assume necessariamente il valore medio E per x = 0, ma lo assume per x = − D ; tale numero rappresenta quindi uno spostamento orizzontale C del grafico rispetto alla posizione “ideale” che si dice fase. In generale, due onde sinusoidali si dicono in fase se assumono negli stessi punti i loro valori massimi e i loro valori minimi, mentre si dicono in opposizione di fase se l’una è massima quando l’altra è minima e viceversa. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 98 Capitolo 6 6.8 Altri esercizi 6.2 Dire se tra le quaterne presentate vi sono coppie di numeri uguali: a) (73 )3 76 b) 7−3 71/3 −5 2 c) (3 d) 66 79 ( 17 )3 −10 ) 727 ; 3 (3−2 )5 . 33 · 22 62 · 63 . 3 36 · 26 (−7)3 ; 25 6.3 Calcolare in modo esatto : log2 (16) log27 (3) log8 (4) √ log3 ( 3) log9 (3) log9 (27) √ log9 ( 3) log5 (625) log10 (0.001) log1000 (10) loga (a) loga (ax ) 6.4 Esprimere il numero a mediante logaritmi in base opportuna nei casi seguenti: 7a = 4 32a = 10 10a+1 = 2 2a = 5a−1 . 6.5 Controllare l’esattezza delle uguaglianze: a) log3 (2) − log3 (6) = −1; b) log0.20 (15) + log0.25 (7) = log0.20 (3) + log0.25 (28). 6.6 Dire, senza eseguire i calcoli, se le seguenti diseguaglianze sono esatte: log7 (8) > log7 (6) log0.75 (8) > log0.75 (6) log0.4 (0.3) > log0.4 (0.5) log2 (5) > log3 (5). 6.7 Dire se sono esatte per ogni valore positivo di x le seguenti uguaglianze: √ Log(x2 ) = 2Log(x) Log(x3 ) = 3Log(x) 2ln( x) = ln(x) p √ ln(x) = ln( x ) ln(x + 2) = ln(x)ln(2) Log(10x) = Log(10) + Log(x) 6.8 In ciascuno dei casi seguenti, determinare tutti i valori possibili della base a per cui l’uguaglianza è corretta: i) loga (3) = 2 ii) loga (2) = −4 iii) loga (16) = 4 iv) loga (16) = 4 v) loga (1) = 0 vi) loga (1) = 1 6.9 Scrivere in modo esatto (ossia non approssimato) le soluzioni delle equazioni: i) 3x = 31 ii) (0, 01)x = 2 iii) 1, 14x = 3.1x−1 6.10 Scrivere 2x come esponenziale in base 10. Scrivere log2 (x) come logaritmo in base 7. 6.11 Calcolare in modo esatto l’insieme delle soluzioni delle disequazioni seguenti e poi disegnarli sulla retta reale: i) 10x > 137 ii) 0.01x ≤ 0.01 iii) log4 (x) > 2 S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 99 v) 10x ≥ 3−x−1 iv) log0.1 (x) > 10 vi) log4 (x) > 2 6.12 Esprimere in notazione scientifica e determinare l’ordine di grandezza dei numeri: 0.0371 0.037 0.03 12.5 9.9 0.90 81000 37milioni di miliardi. 6.13 Esprimere mediante logaritmi decimali e calcolare con la calcolatrice: log3 (21) log1.7 (374) log2 (47852) log4 (360). 6.14 Svolgere l’pr precedente (con la calcolatrice) usando i logaritmi naturali. 6.15 Possiamo misurare l’intensità di un suono in modo oggettivo in W att/m2 oppure, in modo simile alla sensazione di intensità che noi riceviamo, in decibel (dB). Se indichiamo con I l’intensità in W/m2 e con S la sonorità in dB, I e S sono legate dalla relazione: S = 10Log( II0 ) dove I0 corrisponde alla soglia di udibilità (ossia per I = I0 , si ha S = 0) e dipende dalla frequenza del suono stesso. Per un suono di 1000 Hertz si ha I0 = 10−12 W/m2 . i) Calcolare I se S = 30 dB. ii) Qual è l’intensità di un suono di 120 dB (soglia del dolore)? iii) Di quanto aumenta la sonorità S se l’intensità I raddoppia? 6.16 La magnitudine apparente m di una stella (corrispondente all’impressione che noi abbiamo della sua luminosità) è data dalla formula m = c − 2.5Log(I), dove I è l’intensità della luce che raggiunge il nostro occhio di osservatori terrestri e c è una costante opportuna. Calcolare i rapporti tra le intensità della luce proveniente da stelle con magnitudine rispettivamente −1.4 (Sirio), 0 (Vega), 1.2 (Polluce). 6.17 La magnitudine assoluta M di una stella è legata alla magnitudine apparente m dalla formula M = m + 5 − 5Log(d), dove d è la distanza della stella dalla terra misurata in Parsec (∼ 3.2 anni-luce). i) Qual è la distanza dalla terra di una stella (Beta Centauri) con M = −4 e m = 0.7? ii) Quanto deve essere distante una stella affinché M = m? iii) Interpretare la differenza tra magnitudine assoluta e apparente. iv) È più luminoso in assoluto il sole (m = −26.7 e distante dalla terra 8 minuti-luce) oppure Polluce (m = 1.2 e d = 33 anni-luce)? 6.18 La magnitudine dei terremoti espressa secondo la scala Richter è data dalla formula M = Log( Ta ) + B, dove a e T sono, rispettivamente, l’ampiezza espressa in µm (micrometri=10−6 metri) e il periodo in secondi dell’onda sismica e B dipende dalla distanza tra l’epicentro del terremoto e la stazione di rilevamento. Calcolare M se a = 10µm, T = 1, 2 secondi e B = 6, 8. 6.19 Risolvere le disequazioni : ln(x) > 0 LN (−x2 ) < 0 ln(x) < 0 ln(x) > 1 ln(−x) < 0 ln(3x − 2) > 1 ln(−x) > 0 ln(x2 − 1) < 3. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 100 Capitolo 6 6.20 La percentuale di C-14 (carbonio-14 , un isotopo radioattivo del carbonio) rimane costante nei tessuti degli organismi viventi fino alla morte e poi diminuisce progressivamente per decadimento radioattivo, secondo la legge P = 2(t/T ) dove t è il tempo trascorso dalla morte dell’organismo, P è il rapporto percentuale tra la quantità di C-14 presente nell’organismo vivente e quella presente al tempo t e T è una costante che dipende dal tipo di elemento radioattivo: per il C-14, se il tempo t è misurato in anni, la costante T vale 5730. Conoscere P permette di calcolare t, ossia di datare i reperti fossili. 1) Qual è l’età di un reperto fossile in cui la quantità di C-14 si è ridotta al 10% di quella iniziale? 2) Qual è la percentuale che troveremmo in un reperto di 7000 anni? 6.21 Anche per gli altri isotopi radioattivi vale una legge analoga a quella data nell’esercizio precedente per il C-14, solo con un diverso valore di T . 1) Spiegare a partire dalla formula il motivo per il quale T è detto tempo di dimezzamento. 2) Talvolta si preferisce esprimere la legge nella forma P = ekt , con k costante che dipende dal tipo di isotopo. 3) Trovare il valore di k per il C-14. 4) Trovare il valore di k per l’ossigeno-15 che ha tempo di dimezzamento di 124 secondi. 5) Trovare il tempo di dimezzamento del Cobalto-60 che ha k = −0, 13. 6.22 In una coltura batterica il numero N di batteri cresce (almeno inizialmente) secondo la legge N = N0 · 2t/T dove N0 è il numero iniziale di batteri e T dipende dal tipo di batteri e dalle condizioni. 1) Spiegare, a partire dalla formula, perché T si dice tempo di raddoppio (t e T devono essere espressi nella stessa unità di misura). 2) Se il tempo di raddoppio è di 5 ore e 20 minuti, quanti batteri ci saranno dopo 3 giorni? 3) Quanto tempo impiegano per decuplicarsi? 4) Esprimere il numero di batteri nella forma N = N0 · 2at con t misurato in ore e poi con t misurato in giorni. 6.23 Sono equivalenti le due equazioni Log(x2 − 3x + 3) = 0 e ln(x2 − 3x + 3) = 0? Sono equivalenti le due equazioni Log(x2 − 3x + 3) = 1 e ln(x2 − 3x + 3) = 1? Calcolare le soluzioni delle quattro equazioni proposte. 6.24 Dire se è corretta l’uguaglianza ln(x − 1) + ln(x + 1) = ln(x2 − 1). Risolvere l’equazione ln(x − 1) + ln(x + 1) = 3. 6.25 Disegnare in uno stesso sistema di assi cartesiani i grafici delle seguenti coppie di funzioni: a. f (x) = x3 e g(x) = x5 . b. f (x) = x−3 e g(x) = x−5 c. f (x) = x−2 e g(x) = x−3 1 1 1 1 d. f (x) = x 3 e g(x) = x 5 . e. f (x) = x 3 e g(x) = x 4 6.26 Disegnare in uno stesso sistema di assi cartesiani i grafici delle seguenti coppie di funzioni: S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli Funzioni Elementari 101 a. f (x) = x2 e g(x) = x2 − 2. b. f (x) = x3 e g(x) = (x − 1)3 c. f (x) = x−2 e g(x) = 2 · x−2 1 1 d. f (x) = x 4 e g(x) = (−x) 4 . 1 1 e. f (x) = x 3 e g(x) = (x + 2) 3 + 5 6.27 Trovare, se esiste, un polinomio G(x) tale che: 2x3 − 3x2 − 6x + 9 = (x2 − 3) · G(x). 6.28 Determinare tutte le soluzioni delle seguenti equazioni: a. (3x − √ 2)(4 + 2x) = 0 ; √ √ √ √ b. (x − 3)(4 − 5x)( 3 − 5x)( 3 + 5x) = 0 ; √ c. (x − 2 5)(x2 − 5x + 4) = 0 ; √ 4 d. (x − 2) = 0 ; e. (x2 − 5x + 7) = 0 ; f. (x2 − 3x − 5)(3x − 2x2 + 1) = 0 . 6.29 Provare che √ √ 3 e − 3 sono soluzioni di 2x3 − 3x2 − 6x + 9 = 0. Ci sono anche altre soluzioni? 6.30 Risolvere l’equazione (x2 + 6x + 8)(3x2 + 12) = 0 motivando ogni passo del procedimento. 6.31 Trovare tutte le radici reali del polinomio: (x2 + 6x + 8)2 (3x2 + 12)(x + 2) precisando per ciascuna la molteplicità. 6.32 Trovare tutte le soluzioni reali dell’equazione: x4 − 3x2 = x3 precisando per ciascuna la molteplicità. √ 6.33 Il numero 5 2 è l’unica soluzione delle tre equazioni: √ √ 5 5 x5 = 2 , x − 2 = 0 e (x − 2)5 = 0. Ciò nonostante le tre equazioni non sono equivalenti dal punto di vista delle soluzioni. Perché? 6.34 Trovare tutte le soluzioni razionali delle seguenti equazioni: a. 3x3 − 6x2 − x + 2 b. 2(x + 1)(x − 34 )(x2 − 3) = 0 ; c. x3 − 5x2 + 2x + 8 = 0 ; d. x4 − 3x3 + x2 − 2x − 3 = 0 ; e. 2x5 − 13x4 + 37x3 − 57x2 + 48x − 18 = 0. Appunti di Istituzioni di Matematiche (05.09.05) 102 Capitolo 6 6.35 Disegnare in base alle proprietà dei polinomi i grafici delle funzioni: F (x) = x3 − 3 F (x) = x4 − 3x2 √ F (x) = 13 (x − 2)(x + 3)(x − 1) F (x) = x(x + 31 )2 (x − 13 )2 F (x) = x4 − 3 F (x) = x3 − 3x2 F (x) = −3(x − 2)2 (x + 21 ) √ x2 ( 3−x)3 F (x) = 5 F (x) = x5 − 3 F (x) = x3 − 6x2 − 9x = 0 F (x) = x(x − 2)3 F (x) = x − x3 . 6.36 Disegnare i grafici delle funzioni y = G(x) dove: G(x) = x3 G(x) = x3 + 1 G(x) = x2 (x − 2) G(x) = x3 + x G(x) = x4 − 4x2 G(x) = x(x − 3)2 G(x) = x3 − 3 G(x) = −x(x2 + 9) G(x) = (3 − x)(x − 3)(x + 3)(2x + 1) 6.37 Risolvere in modo grafico le seguenti disequazioni: x2 + x > 0 , (x − 3)(2 − 5x)(1 + 3x) ≤ 0 √ √x+3 ≥ 0 x + 1 < 2x − 4 , , 2 3x + 2 > 1 − x , √ x −1 3x + 2 > √ 1−x 6.38 Determinare il dominio delle funzioni f (x) = 6.39 Le funzioni f (x) = Perché? √ 4 , √ 3 √ x2 −1 x+3 x3 , 1 − 4x2 + G(x) = x3 − x2 G(x) = x − x4 G(x) = −2x(x2 − 9) ≥0 + 2x ≤ x + 1 √ x2 +3x+2 ≤ 1. 2x−1 2 1−3x e g(x) = 2+x √ (1−3x) 4 1−4x2 . p p p (x − 1)(x + 3) e g(x) = (x − 1) · (x + 3) hanno lo stesso dominio? 2+x si 6.40 Determinare l’insieme dei valori della x per i quali il grafico della funzione h(x) = x − 2−x trova al di sopra dell’asse delle ascisse e l’insieme dei valori per i quali il grafico si trova al di sotto dell’asse delle ascisse. L’unione di tali due sottoinsiemi è tutto l’insieme dei numeri reali? 6.41 Risolvere le seguenti equazioni o disequazioni irrazionali: √ a. x − 1 > 3 x3 − 3x2 + 1. √ b. 1 − x2 + 5x + 6 = x. √ c. 7 + x2 + x2 − 1 = 0. 6.42 Determinare il dominio delle seguenti funzioni: a. f (x) = x3 − 2x2 − 5x + 6. x2 − 3 . (x + 1)(x2 − 4) 1 f (x) = 2 . x − 5x + 6 p f (x) = (x − 1)(x + 2). q 1 f (x) = x2 −5x . √ 3 f (x) = x3 − 1. p √ f (x) = 1 − x − 1. b. f (x) = c. d. e. f. g. S. Console – M. Roggero – D. Romagnoli