Capitolo 18 Storia

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capitolo
Ledate e i fatti
1852 Primo grande magazzino
a Parigi
1873-96 Fase di depressione
economica
1875 Fondazione della
socialdemocrazia tedesca
1878 Gli stati europei
iniziano ad assumere misure
di protezione dei mercati
1878 A Londra viene installato
il primo centralino telefonico
1881 La Francia stabilisce
il proprio protettorato
sulla Tunisia
1889 Inaugurazione della torre
Eiffel a Parigi
1889 Fondazione della Seconda
internazionale
1891 Enciclica Rerum novarum
1892 Fondazione del Partito
socialista italiano
1899-1902 Guerra degli inglesi
contro i boeri in Sudafrica
1900 Rivolta xenofoba
dei boxers in Cina
1900 Murri fonda il movimento
della Democrazia cristiana
1900-14 Fase di crescita
dell'economia mondiale
1903 Ford fonda l'omonima casa
automobilistica
1904 Guerra russo-giapponese
per il controllo sulla Cina
1908 Commercializzazione
della vettura Ford "modello T
W
o
Capitolo 18, Celà dell'impelialismo e la socielà di massa
Una crisi economica generale
I nuovi caratteri del colonialismo
Viene coniato il termine
"imperialismo"
per indicare la nuova
forma in cui si esercita
il primato degli stati
europei sul resto
del mondo
Nel 1902 apparveln Inghilterra il saggio di un noto economista, John Atkinson Hobson,
dal titolo Impelialism. A 5tudy Per la prima volta veniva utilizzato un temline destinato ad
avere una grande fortuna e a definire un'epoca della storia mondiale. Il lavoro di Hobson
si sforzava di.analizzare quello che ai suoi occhi appariva come il fenomeno saliente del
suo tempo, vale a dire la creazione di imperi coloniali che attraversavano i continenti
sotto il dominio degli stati-nazione europei. Questa "corsa alle colonie" rispondeva a finalità molto diverse da quelle che avevano dato impulso al colonialismo sette-ottocentesco, fondato essenzialmente sul mero controllo degli scambi commerciali tra paesi ricchi,
produttori di beni di consumo e di tecnologie, e paesi poveri, fornilori di materie prime.
Questi imperi coloniali erano basati su di un nuovo fenomeno che Hobson chiamò il "cosmopolitismo del capitale", la tendenza, cioè, del capitale industriale e finanziario, accumulatosi all'interno dei grandi paesi industrializzati, a cercare costantemente nuovi spazi
e nuovi mercati d'investimento per allargare il mercato inlerno, creando aree economiche
protette, nelle quali far circolare le merci al liparo dalla concorrenza internazionale.
Questo avveniva nel tentativo di sfuggire a un nuovo "spettro" che aveva cominciato ad
aggirarsi in Europa, la crisi economica da sovrapproduzione.
Il nuovo colonialismo era di tipo imperialistico perché mirava alla conquista militare
del terri.Lorioe al dominio delle società colonizzate, per trasformarle in entità poliliche
direttamente assoggettate alla madrepatria.
La ricerca st01ica, nonostante abbia fallO grandi progressi da quando uscì il libro di
Hobson, non ha smentito il carattere epocale di quel processo di spartizione del mondo tra le grandi potenze industrializzate e la centralità che esso assunse nell'evoluzione
storica tra la fine del XIX secolo e !'inizio di quello successivo.
Il boom speculativo del 1871-73 e lo scoppio della crisi economica
La creazione
degli imperi coloniali
rappresenta una risposta
alla gravissima
depressione seguita
a un ventennio
di sviluppo
RICORDA CHE
La guerra vittoriosa della Prussia
contro la Francia del 1870-71 segnò la nascita dell'Impero tedesco
J risarcimenti di guerra
versati dalla Francia
alla Germania
alimentano un'ondata
di speculazioni,
che si conclude con
un crollo borsistico
Come si è detto, la creazione di immensi domini coloniali da parte delle nazioni sviluppate costituiva innanzitutlo una risposta.a una sfida del tutto nuova che nasceva
nella sfera economica: l'esplosione di una gravissima depressione dopo un ventennio
di straordinario sviluppo, di cui immediatamente gli osservatori e l'opinione pubblica
percepirono l'originalità e la profondità, che la rendevano diversa rispetto agli alni periodi di congiuntura sfavorevole che già avevano colpito l'economia europea nel corso
dell'Ottocento (1816, 1825, 1839, 1846-47, 1857, 1866)
La Clisi del 1873, come molte che l'avevano preceduta, ebbe una causa congiunturale: il
boom speculativo provocato dalla conclusione della guerra franco-pmssiana del 1870-71.
In economia possiamo parlare di "speculazione" quando alcuni operatori sono in grado di prevedere di quanto potrà aumentare nel futuro il prezzo di un bene rispetto al
prezzo corrente, al fine di realizzare un guadagno spesso molto rilevante. Una speculazione diventa illecita se chi ha interesse al rialzo del prezzo ha anche la possibilità di influenzarne l'andamento, portando lo oltre il livello di effettivo equilibrio di mercato: è
un comportamento questo che non danneggia solo l'acquirente malaccorto, ma che
può avere conseguenze molto gravi per l'intero sistema economico.
Lorigine dei fenomeni speculativi che si diffusero in Europa si può far risalire alla pace
dellO maggio 1871 fra la Germania e la Francia, che aveva imposto a quest'ultima il pagamento di un'indennità di 5 miliardi di franchi-oro e aveva subordinato a questa condizione il ritiro delle tmppe di occupazione ledesche. Il pagamento dell'indennità avvenne in tempi molto più rapidi del previsto e nei diciolto mesi successivi alla pace la
Francia fece affluire nelle banche tedesche un'enorme quantità di denaro Questa massa
di capitali entrò nel circuito finanziario europeo, rendendo possibili ingenti investimen717
UdA 6, lmperi, masse, nazioni
ti nei settori più disparati: ferrovie, carbone, ferro, edilizia. MaggiOliinvestimenti, se opportunamente collocati, sviluppano l'attività economica, producono una maggiore ricchezza complessiva e maggiori profitti.
Nelle Borse europee la prospettiva dei profitti futuri creò un'ondata di speculazioni basate sulla tendenza al rialzo del prezzo dei titoli. Si trattava però di fenomeni speculativi che non trovavano pieno liscontro negli andamenti dell'economia reale: il prezzo dei
titoli azionari era troppo superiore alloro effettivo valore Nel maggio 1873 alcune banche austriache, particolarmente implicate nella speculazione, fallirono e i titoli borsistici austriaci e tedeschi cominciarono a cadere. Iniziò una reazione a catena: le imprese finanziariamente più deboli vennero trascinate nel fallimento facendo così aumentare la disoccupazione; maggiore disoccupazione significa mino li redditi e, di conseguenza, minore domanda di beni di consumo. A questo punto la crisi toccò anche le
industlie leggere e divenne generale.
La Borsa valori
La crisi del 1873 dimostrò
il ruolo ormai centrale
assunto dalle Borse nella vita
economica, che erano in grado
di influenzare profondamente
con le loro crisi. Ma che cosa
è una Borsa, e come funziona?
La Borsa valori è il luogo dove si
contrattano, cioè si acquistano e si vendono, i titoli azionari, i titoli obbligazionari e quelli di debito pubblico, secondo
regole in genere determinate dall'autorità pubblica. Le sue origini risalgono a
quei luoghi, già fiorenti nel Quattrocento, nei quali i banchieri europei contrattavano alcune merci particolarmente significative per l'economia internazionale, come i prodotti tessili e i grani.
li suo nome deriva appunto da una
grande famiglia di mercanti-banchieri,
i
Van der Burse, che stimolarono nella loro città natale, Bruges, la creazione di
una delle più importanti Borse merci di
tutta l'Europa.
Dalla transazione delle merci
a quella dei titoli
Il passaggio dalle transazioni
delle
merci a quelle effettuate su valori azionari fu molto lento e attraversò tutta
l'età moderna. Esso è legato allo sviluppo delle società per azioni, che si affermarono pienamente soltanto alla metà
del secolo scorso, e in particolare
al
grande boom economico del ventennio
718
1850-70, nel quale il dispiegarsi della rivoluzione industriale richiese una mobilitazione di capitali su vastissima scala.
Questo salto di qualità nella massa
degli investimenti era reso possibile dalla concentrazione
dei capitali e dei risparmi dei singoli nelle società per azioni. È in questo momento che la Borsa
assunse un ruolo centrale nella vita
economica, perché divenne il luogo nel
quale si svolgevano i processi di redistribuzione della proprietà delle grandi
e medie industrie attraverso la negoziazione dei pacchetti azionari.
A questo punto è bene addentrarsi
nei concreti meccanismi
di funzionamento della Borsa.
Azioni, obbligazioni,
titoli di debito pubblico
Come abbiamo visto, i titoli azionari
sono le quote di comproprietà delle società per azioni, il cui valore è detenninato dal numero di azioni emesse in
rapporto al capitale della società. Questo valore, denominato valore nominale, non è detto che sia equivalente
al
prezzo con cui in un determinato
momento un singolo titolo può essere venduto o acquistato in Borsa. Il prezzo,
cioè la "quotazione di Borsa" di un titolo, può modificarsi per molte ragioni,
come vedremo fra poco.
Prima occorre brevemente
chiarire
che cosa rappresentino le obbligazioni e
i titoli di debito pubblico che costituiscono una parte rilevante delle contrattazioni di Borsa. Entrambi sono titoli di
credito, emessi da una società privata o
da un ente pubblico come lo stato, allo
scopo di ottenere un prestito in denaro,
rimborsato
ai singoli creditori a una
scadenza prefissata, con l'aggiunta di
un modesto tasso di interesse pagato
periodicamente.
Chi acquista questi titoli vuole effettuare un investimento
senza rischi e dall'esito garantito: sa
cioè quando gli verrà restituito e quale
ricavo realizzerà dal pagamento degli
interessi. La loro quotazione in Borsa ha
oscillazioni minime rispetto al valore
nominale,
tranne
quando
vengano
emessi titoli concorrenti a più alta rimunerazione, cioè con un maggiore tasso
di interesse, come è accaduto generalmente in periodi di forte inflazione.
Il titolo azionario è invece sottoposto
a maggiori oscillazioni, spesso legate alle
attese di'alto guadagno di chi investe; vediamo, in generale, come avviene.
Il valore dei titoli azionari
Le attese di chi acquista azioni fra le
società quotate in Borsa sono assai diverse e mirano in genere ad alti guadagni, legati alle forli oscillazioni di prezzo cui sono sottoposti i titoli azionari,
soprattutto nelle fasi di intenso sviluppo
economico.
Questo tipo di operatore
economico
si orienta all'acquisto
di
azioni di quelle società che realizzano
alti profitti e che quindi sono in grado di
distribuire maggiori dividendi per ogni
azione posseduta. Se il dividendo distribuito aumenta, aumenta parallelamente
anche il valore dell'azione; questo fenomeno ha immediate ripercussioni sulla
quotazione di Borsa di quel titolo, perché l'innalzamento
della domanda determina necessariamente
un conseguente aumento del prezzo di vendita di
quel titolo azionario. Allora può risulta-
Capitolo 18, Cetà dell'imperialismo e la società di massa
Le cause strutturali
n ~mre
furroviMio,
tr.ùnm~ per lo sviluppo
induslrlale, esauri~ la
sua crescita, plO\"OOmdo
UJla O"ÌSÌ ~~e
della crisi
La depressione che durò dal 1873 al 1896 ebbe però delle cause assai più profonde. Il
settore leader dello sviluppo nella plima metà dell'Ottocento era stato quello fenoviario. Nella seconda metà del secolo si manifestarono alcune contraddizioni tra lo sviluppo delle ferrovie e quello degli altri settori indusniali. Le ferrovie avevano svolto un
ruolo trainante nello sviluppo industriale: avevano consentito la formazione dei mercati nazionali, avevano favorito il trasporto e la commercializzazione dei beni di consumo, avevano tenuto alta la domanda di matoiale rotabile e di carbone sostenendo
quindi le industrie meccanica, siderurgica ed estrattiva. La ferrovia, inoltre, aveva provocato una netta riduzione dei costi di trasporto che, a sua volta, aveva determinato la
riduzione dei prezzi di vendita dei prodotti.
Verso il 1870 i paesi più industrializzati avevano praticamente messo a punto la propria
rete ferrovimia; restavano da allestire le linee più difficili da un punto di vista tecnico e
re conveniente vendere, per realizzare il
cospicuo guadagno costituito dalla differenza fra il maggiore prezzo di vendita rispetto a quello d'acquisto.
Il capitale così aumentato potrà essere investito in nuove acquisizioni di quei
titoli azionari che si ritiene aumenteranno presto di valore.
Ma qui l'investimento
in Borsa può
presentare gli aspetti speculativi più rischiosi. Che cosa avviene, infatti, quando un titolo "buono" - cioè quello il cui
valore è in crescita per l'andamento positivo della società che lo ha emesso - è
molto richiesto?
Come abbiamo visto, si mette in moto il meccanismo tipico del mercato: un
bene molto richiesto aumenta di valore,
cioè di prezzo.
Un titolo azionario
che aumenta
molto velocemente di prezzo si segnala
presso gli investitori, che accorreranno
in gran numero ad acquistarlo, determinando così un ulteriore e accelerato aumento di prezzo. n prezzo dell'azione si
dovrebbe fermare quando chi investe
valuta che il rapporto fra il prezzo del titolo e il futuro dividendo è soddisfacente rispetto ad altre opportunità. Questa
valutazione però risulta molto soggettiva ed è influenzata in gran parte proprio
dalla velocità con cui un titolo aumenta
di valore. Quindi un titolo può risultare,
alla fine di questa corsa al rialzo, "gonfiato", cioè non remunerativo.
La speculazione in Borsa
La Borsa in questo caso si trasforma
in un gioco speculativo dove l'interesse
di chi investe non è più riferito al rapporto fra il valore reale del titolo e il di-
Transazioni
alla Borsa di
Parigi alla fine
del XIX secolo.
videndo, ma al veloce guadagno che si
ottiene acquistando e vendendo un titolo, indipendentemente
da quel rapporto.
Quando affluiscono ingenti capitali,
gestiti da potenti gruppi finanziari, la
grande richiesta di titoli in Borsa determina il rialzo dei prezzi, che può essere
governato da abili ed esperti speculatori. Questi stessi infatti acquistano e vendono un titolo fino a farlo "gonfiare",
per attirare su quel titolo l'interesse di
altri investitori meno accorti, salvo poi
ritirarsi dalla competizione in tempi opportuni, realizzando ingenti guadagni. È
il meccanismo di rialzo della Borsa che,
se non controllato con opportuni accorgimenti, dà luogo ai crolli successivi,
spesso disastrosi per l'intera economia.
La negoziazione
di Borsa, di per sé
legittima, diventa irresponsabile speculazione quando innesca corse al rialzo
che portano il valore di singoli titoli oltre il livello delle effettive possibilità di
guadagno
dell'impresa.
Le manovre
speculative diventano poi illegali quando alcuni operatori si avvantaggiano
di
informazioni riservate, ignote alla maggioranza, che provengono dall'interno
dell'azienda,
per prevederne gli andamenti futuri, acquistando
o vendendo
per tempo il titolo. Altrettanto illegale è
il comportamento di chi propaga ad arte
informazioni
false o tendenziose
sull'andamento
di certi titoli azionari: in
quest'ultimo caso si è in presenza dello
specifico reato di aggiotaggio, purtroppo difficilmente identificabile e perseguibile penalmente.
Per riflettere
-+
-+
A quale periodo storico risale
la definitiva affermazione della Borsa
come cuore del sistema economico?
Attraverso quale meccanismo
si verificano i fenomeni speculativi?
719
UdA 6, Imperi, masse, nazioni
le operazioni di carico del cotone sui battelli a vapore lungo la
riva del Mississippi nel XIXsecolo. A
causa della diffusa carenza di manodopera l'attività agricola statunitense conobbe ben prima dell'Europa la meccanizzazione. la diffusione dei piroscafi,
allargando i confini del mercato nordamericano, consentì ai prodotti di questa avanzata agricoltura di esercitare
una temi bile concorrenza in tutto il
mondo occidentale.
Contemporaneamente,
fagricoltura europea
è messa in crisi dalle
importazioni di grano
dagli Stati Uniti
[aumento del numero
dei paesi produttori
di manufatti industriali
causa una crisi
di sovrapproduzione
720
meno redditizie dal punto di vista economico, e questo accadeva proplio in una fase in
cui i salari lendevano a salire. Le ferrovie, che avevano avuto un ruolo trainante nella fase di ascesa, lo ebbero anche in quella di discesa l'arresto degli investimenti nel settore ferroviario provocò un rallentamento degli inveSlimenti negli altri settori e dello sviluppo economico generale.
Un'altra causa stllJtturale della depressione del 1873-96 fu la Clisi che colpì, negli anni
settanta, l'agr"icoltura europea. Vediamo come si sviluppò la crisi agraria
La cresci la industriale aveva consentito agli Stati Uniti di creare un'agricoltura
estensiva e meccanizzata, caratterizzata da cosli di produzione assai ridotti. Nelle
pianure americane scarsamente popolate, le macchine agricole si erano potute
diffondere più facilmente che altrove, senza incontrare gli ostacoli che in Europa opponevano a volte la natura e, più spesso, le antiche strutture sociali delle campagne
Va aggiunto che l'agricoltura americana non era gravata, come quella europea, dal
peso della rendita fondiaria, perché le numerose terre vergini dell'ovest erano state
messe a coltura di recente da contadini che erano anche proprietari dei fondi.
Lagricoltura americana, insomma, produceva a costi nettamente inferiori rispetto a
quelli europei. Quando i piroscafi a vapore e le ferrovie consentirono di trasportare
con costi meno elevati i cereali dall'America all'Europa, l'agricoltura europea cominciò a subire l'irresistibile concorrenza di quella americana. Il prezzo del grano americano era notevolmente inferiore a quello del grano europeo: molte aziende agricole
del Vecchio continente furono così messe fuori dal mercato. In generale, l'agricoltura
in Europa assunse un rilievo molto minore sia rispetto al sistema economico europeo, sia rispetto al sistema agricolo mondiale
La Clisi si manifestò in modo grave anche nel settore industriale. La prima fase dell'indusnializzazione era stata guidata all'inizio dall'lnghilterra e, successivamente, da
pochi paesi indusnializzati, tutti europei. Lequllibrio dell'intero sistema era dato dal
[atto che alcune grandi nazioni, come la Cina, l'lndia, la Russia, gli stati meridionali degli Stati Uniti, servivano da mercati per le merci europee e, soprattutto, da grandi fornitori di materie prime per l'industria europea.
CapiLOlo 18, Lelà dell'imperialismo
e la socielà di massa
Nella seconda melà dell'Ottocento, invece, alcuni nuovi paesi come gli Stati Uniti, il
Giappone e in parte anche la Russia, cominciarono a produrre autonomamente i tessuti, i macchinari, l'acciaio che prima importavano dall'Europa. A questo punto il fragile
equilibrio su cui si basavano gli scambi si era spezzato.
In ambito europeo, l'avvento di una nuova potenza indusniale come la Gennania costituì un ulteriore elemento di squilibrio, in quanto accresceva il numero dei paesi produttOli di manufatti, bisognosi quindi di nuovi mercati.
Agricoltura e industria furono così coinvolte in una generale crisi di sovrapproduzione. Il mercato, infaLti, era troppo ristretto per accogliere e consumare lutte le merci
prodotte. In molti settori produttivi, come in quelli cerealicolo in agricoltura, tessile, siderurgico, meccanico nell'industria, il crollo delle vendite fu tale da causare il dissesto
e il fallimento di moltissime imprese.
nessi
La grande depressione
Fine del boom
speculativo degli anni
1871-73
t
Crisi
finanziaria
Calo
deg li i nvesti menti
ferroviari
l.
Crisi
di sovrapproduzione
Diffusione
del modello
industriale
J
Rivoluzione
dei trasporti
~
Concorrenza
dei cereali
nordamericani
Il protezionismo e la concentrazione monopolistica
Gli stati europei
abbandonano la politica
di non intervento
in economia, adottando
tariffe doganali
protezionistiche
e sostenendo
le industrie belliche
[agricoltura europea
reagisce in modo
differenziato alla
concorrenza
d'oltreoceano
Per fronteggiare la drammatica diminuzione dei prezzi, agricoltOli e industriali di tutta
Europa invocarono l'adozione di ~ tariffe doganali protettive. Per difendere la produzione
nazionale, essi chiedevano cioè l'imposizione di dazi sull'importazlone di merci. Le pressioni esercitate sui governi ottennero gli effetti sperati: con l'eccezione dell'Inghilterra,
tra il 1878 e il 1882 le maggiori nazioni europee adottarono le misure protettive richieste. Stava quindi ormai definitivamente tramontando il principio caro ai liberali
dell'Ottocento, secondo il quale lo stato non doveva intervenire nella vita economica,
perché la licchezza delle nazioni dipendeva esclusivamente dalla libertà degli scambi.
Ogni stato ora si assumeva il compiLOdi regolare gli squilibli dello sviluppo industriale
proteggendo l'industria nazionale dalla concorrenza degli altri paesi. Gli stati cominciarono a sostenere in maniera molto più forte che in passato le industrie siderurgiche, diventando i principali clienti dei produttori di acciaio e fornendo il loro aiuto finanziario
nei momenti di difficoltà Con il nuovo rapporto instaurato tra siderurgia e stato, le industrie belliche, e specialmente la cantieristica, divelmero l'elemento essenziale della
politica anticrisi.
Quanto all'agricoltura, alla grande depressione si reagì in maniera molto diversa nei
vari paesi: in Inghilterra si andò verso la sua liquidazione e il paese diventò sempre più
dipendente dalle importazioni alimentari. In altri paesi, come la Danimarca, ci si
orientò sulle produzioni più pregiate e legate alla traSf0l111azioneindustriale (allevamento di bovini, latle)
In Italia un protezionismo cerealicolo assai spi11l0consentì a una cerealicoltura molto arretrata di evitare la sfida del rinnovamento tecnologico e sociale e rese ancora più
drammatico il sottosviluppo delle regioni meridionali.
721
VdA 6, Imperi, masse, nazioni
I &.D.imentidovuti
alla crisi tà.VOlÌscono
la concentrazione
delle industrie in grandi
monopoli
o Quali sono
1873?
Con la crisi si trasformò profondamente anche il sistema industriale delle maggiori nazioni europee. Le industrie fallite vennero acquistate a prezzi bassissimi da poche grandi imprese, che si assicurarono in tal modo il controllo di interi settori produttivi.
Nacquero così i monopoli, gigantesche concentrazioni industriali dotate di enormi
capitali, in grado di produrre una quantità ancora più considerevole di merci e di controllare i prezzi di mercato.
Era ormai aperta la strada che doveva condurre alla nascita di quelle che, nei diversi paesi, vennero chiamate trusts, Konzeme, holdings, ossia grandi società finanziarie che controllavano i pacchetti azionari di maggioranza di un notevole numero di imprese, collocate magari in diversi paesi e in molteplici comparti produttivo-merceologici.
In Inghilterra si ebbero grandi fusioni nel settore chimico e tessile. Ben 655 imprese tra
il 1880 e il 1914 furono assorbite in unità produttive più ampie, investendo per queste
fusioni oltre 100 milioni di sterline. Per superare la crisi non bastava però questo processo di concentrazione dei capitali, che di fatto sottoponeva il mercato allo stretto controllo di pochi grandi operatori economici. Era anche indispensabile procedere alla costante estensione del mercato interno e internazionale per allargare il numero dei consumatori e acquisire fattori fondamentali della produzione a costi sempre più bassi. Solo
così si potevano controbilanciare le tendenze alla sovrapproduzione latenti. Per questa
ragione si rendeva necessario trovare nuovi sbocchi di mercato e di investimento. Le
principali potenze europee si lanciarono così in una gara alla conquista di quelle zone
del mondo, come l'Asia e l'Africa, che non si erano ancora sottomesse alloro dominio.
i caratteri del fenomeno che Hobson definisce "imperialismo"?
e Quale fu la causa
scatenante della grave crisi del
El Quale fu invece la causa profonda della lunga fase di depressione? O A che cosa si dovette la crisi agraria europea conco-
mitante con la depressione industriale?
e Con quali misure i governi
europei risposero alla crisi? Cl) Quali effetti ebbe la crisi sul-
l'organizzazione del tessuto industriale europeo?
gLossario
Tariffe doganali Tasse imposte dallo stato per l'importazione di merci dall'estero.
Oltre che fonti della finanza
pubblica, le tariffe sono uno
strumento per diminuire le
importazioni allo scopo di
proteggere la competitività
del prodotto interno, alzando
artificiosamente i prezzi delle
stesse merci quando sono importate.
Colonialismo e imperialismo
I paesi industrializzati e la «corsa alle colonie~
tlnghìhma,
già dominatrice di un
vasto impero, dà inizio
all'accaparramento
di tmitori in Asia
22
Le conquiste coloniali costituirono un mezzo efficace per superare la crisi di sovrapproduzione che attanagliava le economie dei paesi industriali. I territori occupati, infatti, servirono a creare nuovi collocamenti ai prodotti e a garantire rifornimenti costanti di materie prime a basso costo, che i progressi nelle comunicazioni mettevano
a disposizione in quantità sempre maggiori e che erano indispensabili per far funzionare il sistema produttivo.
Ad avviare il nuovo processo di colonizzazione fu l'Inghilterra, già da un secolo dominatrice di un vasto impero. Spinto dalle necessità dello sviluppo industriale e dalle conseguenze della generale crisi economica degli anni settanta, il governo britannico avviò
una nuova fase di espansionismo, che portò l'Inghilterra, agli inizi del XX secolo, a possedere circa un quarto delle terre emerse.
Trust
Il settore siderurgico e i grandi impianti industriali si imposero, nel corso della seconda rivoluzione industriale, come gli aspetti trainanti dell'attività economica nazionale. Il legame fra stato e impresa era ulteriormente rinsaldato dalla natura dei
prodotti siderurgici, in gran parte indirizzati alle
forniture degli eserciti, indispensabili nel quadro
di una forte competizione politica internazionale.
iii Veduta degli stabilimenti
Krupp a Essen nel XIX secolo.
L'interno delle acdaierie
Krupp a Essen.
Un esempio particolarmente
rappresentativo dei colossi
industriali costituiti si nella
seconda metà dell'Ottocento
può essere considerata l'acciaieria tedesca Krupp. Fondata nel 1811 a Essen, nel
cuore del bacino carbonifero
della Ruhr, l'azienda non co-
nobbe nei primi tempi grande successo. Solo con il successore del fondatore Friedrich Krupp, Alfred, che introdusse il convertitore Bessemer, la ditta iniziò ad assumere dimensioni e importanza nazionali.
La rilevanza strategica delle
acciaierie Krupp fu tale che,
durante la Prima guerra mondiale, esse furono in grado di
esercitare il monopolio sulle
forniture militari al Reich. Riconvertita a produzioni civili
dopo la sconfitta tedesca,
l'azienda fu nuovamente impiegata a scopi militari dalla
dittatura hitleriana, tanto
che i suoi dirigenti furono
coinvolti nei processi contro
le gerarchie naziste.
Per breve tempo requisita
dagli alleati, l'azienda rimase controllata dalla famiglia
Krupp fino al 1968, quando
la società divenne pubblica.
Nel 1999 la Krupp si fuse
con il suo principale competitore, la Thyssen, e la nuova
società così formatasi rappresenta ancora oggi una
delle più grandi aziende siderurgiche del mondo.
UdA 6
Per quanto di ispirazione
repubblicana
e
progressi sta, il ministro francese Jules Ferry
fu uno dei più decisi sostenitori dell' espansionismo coloniaLe, soprattutto in Africa, individuando
l'accaparramento
di materie prime a buon prezzo
e di mercati di sbocco per la manifattura naziona-
·
I
le come uno strumento indispensabile
I zamento
I
per ['avaneconomico della Francia e la sua perma-
nenza fra le nazioni industriali
già
I domini inglesi,
consolidati in Asia,
si estendono a larga
parte dell'Africa
RICORDA CHE
Il canale di Suez era stato costruito tra il1859 e il 1869 con capitali francesi
La corsa alle colonie
viene intrapresa anche
dalla Francia, dall'Italia
e dalla Germania
724
evolute.
Alcune colonie inglesi erano state quasi completamente popolate da bianchi: Canada,
Australia, Nuova Zelanda. Più spesso, però, la minoranza inglese dominava la maggioranza indigena, tenendo la in uno stato di pesante soggezione e privandola di ogni diritto politico e sociale. Alla fine del secolo i possedimenti inglesi in Asia comprendevano la Birmania, la Malesia, Hong Kong e i territori dell'India e del Pakistan.
In Africa gli inglesi avevano occupato da tempo i paesi dell'area del golfo di Guinea:
Nigeria, Costa d'Oro, Sierra Leone e Gambia. Nella seconda metà dell'Ottocento essi
assunsero il controllo di una larga fascia di territori che andava dal Mediterraneo al capo di Buona Speranza. Nel 1882 occuparono l'Egitto, creando una forte tensione con la
potenza coloniale concorrente, la Francia, che considerava quest'area come un suo
protettorato e vi aveva compiuto cospicui investimenti di capitali, in particolare nella
costruzione del canale di Suez. LInghilterra ottenne un controllo quasi completo del
paese, inserendosi con un commissario all'interno dell'amministrazione egiziana.
Successivamente gli inglesi occuparono il Sudan, l'Uganda, il Kenya, la Rhodesia, mentre nell'Africa australe erano già insediati dall'inizio del XIX secolo nella Colonia del
Capo; le zone più interne del Transvaal, ricche d'oro e di diamanti, erano invece occupate dai ~boeri, coloni di origine olandese.
Dal 1899 al 1902 gli inglesi combatterono una durissima guerra contro i boeri, che alla fine furono costretti a cedere i loro ricchissimi territori; si costituì così l'Unione sudafricana, uno stato autonomo, ma sottoposto al controllo inglese.
La Francia, che già possedeva in Africa il Senegal, l'Algeria e la Costa d'Avorio, stabilì
nel 1881 il proprio protettorato sulla Tunisia. Da qui estese successivamente il suo impero sul Congo occidentale, il Dahomey e il Sudan occidentale, impadronendosi di un
immenso territorio che si affacciava sia sul Mediterraneo sia sull'Atlantico. Nel 1895
anche il Madagascar entrò a far parte del vasto impero francese.
Nell'Estremo Oriente, ai territori precedentemente conquistati, i francesi aggiunsero
l'Annam e il Laos, raggruppati nel 1887 nell'Unione indocinese.
Tra le ultime a spingersi nella gara all'accaparramento delle colonie furono la Germania
e l'Italia. LItalia, come vedremo più avanti, realizzò una faticosa conquista dell'Eritrea
e di parte della Somalia.
18, Lelà dell'impeJialismo
Capilolo
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In Africa si crearono due grandi imperi coloniali: quello francese e quello inglese. I possedimenti francesi
formavano un blocco compatto nell'area nord-occi-
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dentale del continente, con l'aggiunta del Madagascar,
conquistato nel 1895. L'Inghilterra invece concentrò
la sua attenzione sull'area orientale (Corno d'Africa e
mar Rosso), con l'intenzione
di proteggere i propri
traffici verso l'India, e sull'Africa meridionale, dove
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vinse la resistenza dei boeri (1899-1902),
discendenti degli antichi colonizzatori
olandesi, creando
l'Unione sudafricana e la Rhodesia. Imperi minori
erano quelli belga in Congo, portoghese in Angola e
Mozambico e tedesco in Camerun e Togo. L'Italia cercò
di conquistare il Corno d'Africa, ma non riUScl a vincere la resistenza dell'Etiopia e si dovette accontentare
dell'Eritrea, di parte della Somalia (conquistate
nel
1889-90)
e della Libia (1912).
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e la società di massa
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Stati
e
indipendenti
La Germania, a partire dalla metà degli anni ottanta, stabilì rapidamente il suo dominio in territori dislocati in vari punti dell'Africa (Togo, Camerun, Africa sud-occidentale tedesca, Africa Olientale tedesca), costituendo il terzo grande impero coloniale dopo
quelli di Francia e Inghilterra.
La spartizione deIrMrica tra le potenze europee
La spartizione delfAfrica
viene attuata a tavolino
fra le potenze europee,
e non incontra effettiva
resistenza da parte
delle popolazioni
del continente
La conquista dell'Africa fu un'impresa abbastanza semplice grazie alla superiorità tecni.ca
e militare degli europei. In questo cOl1linentetutte le potenze europee operarono come
se si trovassero in tenitori "vuoti"; nello stesso tempo, però, utilizzarono (con accordi anche formali) parte delle slrutture delle organizzazioni sociali indigene per esercitare con
maggtore efficacia il dominio coloniale. La spartizione del territOlio africano fra le potenze europee, basata su considerazioni strategtche e in funzione degli equilibri politici e mihtali di quesli stati, avvenne in molti casi in modo quasi pacifico, e non diede luogo a particolari forme organizzate di resistenza da parte delle popolazioni locali. La suddivisione
dei tenitori f1.1fatta, quindi, sulle carte geografiche, senza tenere conto degli insediamenti umani preesistenti e creando separazioni traumatiche, le cui conseguenze si risentono
ancora oggi Gran parte delle lotte tribali, negli attuali stati dell'Aflica, affondano infatti le
loro radici nelle divisioni tra le vaÙe etnie create allora dal colonialismo europeo.
Questa spartizione avvenne senza trovare un'effettiva resistenza nelle gt-acilistrutture
statuali indigene, che non riuscirono a coalizzare forze sufficienti per difendere l'indipendenza del continente. Questo non significa negare che si velificarono numerose rivolte
anticoloniali, come quella dei nyabingi ugandesi, degli shona o degli zulu rhodesiani, animati dalla volontà di difendere l'identilà e l'autonomia delle tribù dalla subordinazione
coatta al potere militare bianco. Esse, però, non furono in grado di impedire la conquista
dell'Africa e vennero spazzate via dalla superiOlità incommensurabile sul piano tecnico e
militare delle forze colonizzatrici. Si sarebbe dovuto aspettare il nuovo secolo perché cominciassero a prendere forma movimenti indipendentistici che non professavano un
725
UdA 6, Imperi, masse, nazioni
semplice ritorno al passato precoloniale, ma accettavano il nuovo assetto statuale delle
colonie e si proponevano l'obiettivo di costituire dei moderni stati indipendenti, in nome
di un nazionalismo africano che fu la matrice di tutti i movimenti anticolonialisti fino alla definiliva decolonizzazione del continente, avvenuta nel secondo dopoguerra.
La difficile conquista dell'Asia
Le ambizioni europee
in Asia si devono
confrontare con quelle
di Russia, Stati Uniti
e Giappone
La resistenza della Cina
alla penetrazione
straniera induce
ad accettare la politica
delle "porte aperte"
Ben diversa fu, invece, la penetra zione nel continente asiatico, dove le potenze europee
dovettero affrontare società più sviluppate e complesse di quelle africane, nonché la
concorrenza di altre tre potenze assenti nella spartizione dell'Africa: la Russia, gli Stati
Uniti e il Giappone.
Dopo la colonizzazione della Siberia, l'espansione della Russia verso l'area del Pacifico
e la Cina divenne una delle tendenze fondamentali della politica estera dello zar
Alessandro III e dei gruppi indusniali più influenti.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, l'intervento in Asia era conseguente a una politica
espansiva, che li aveva spinti ad allargare la propria influenza su tutto il territorio americano. Nel 1898 gli Stati Uniti diedero inizio anche all'ampliamento della loro influenza
nel Pacifico ottenendo il possesso di Guam, dell'arcipelago delle Hawaii e delle Filippine.
La Cina, con i suoi immensi tenitOli, costituiva poi il naturale polo di attrazione per
una giovane potenza come il Giappone, che vedeva in questo enorme paese sprovvisto
di industrie un mercato nel quale far confluire la propria produzione eccedente.
Proprio fra Giappone e Russia esplose una guerra (1904) la cui posta in gioco era il
predominio economico sulla Cina, che finì per sanzionare il ruolo del Giappone come
potenza di plimo piano. Contemporaneamente, accanto ai conflitti armati fra le potenze concorrenti, esplosero anche le ribellioni delle popolazioni locali contro la penetrazione straniera; la più nota fu quella scoppiata in Cina nel 1900, chiamata la "rivolta
La rivolta dei boxers
La completa dominazione
coloniale della Cina non poté
essere raggiunta, non solo
per i disaccordi fra le grandi
potenze (fra le quali gli Stati
Uniti difendevano l'autonomia
del paese), ma anche
per il precoce organizzarsi
di movimenti popolari
xenofobi, decisi a combattere
contro la supremazia politica
ed economica degli europei
e in difesa della cultura cinese.
• La spartizione della Cina
e la nascita di un movimento
xenofobo
A fine Ottocento, la suddivisione in
aree di influenza economico-politica
dei
territori del "Celeste impero" era cosa
compiuta.
726
La Cina, strangolata
dall'indebitamento con le banche occidentali e reduce dalla disastrosa sconfitta della guerra
con il Giappone (1894-95), cui aveva dovuto cedere la Corea e Formosa, non era
più in grado di contrastare la penetrazione delle grandi potenze europee.
I.:Inghilterra esercitava la sua influenza militare e commerciale
nel sud, la
Russia in Manciuria, la Francia in Indocina, il Giappone nel Fukien, la Germania
nello Shandong e l'Italia nel porto di
Tientsin.
I.:esistenza di queste aree di influenza costituiva il primo passo verso lo
smembramento
coloniale di questo immenso paese.
Solo gli Stati Uniti si opponevano alla
perdita dell'unità territoriale e politica
della Cina, in quanto miravano a espandersi in questo immenso mercato giudicato capace di assorbire una grande
quantità di merci americane.
In questo contesto il rischio di una riduzione della Cina a colonia aveva suscitato nel paese la formazione di un
ampio schieramento conservatore e na-
zionalista, orientato alla restaurazione e
all'allontanamento
con la forza dal suolo cinese dei "diavoli stranieri".
Si venne così sempre più radicando,
sia a livello dei ceti intellettuali, sia a livello di opinione popolare, la tesi dell'equivalenza tra straniero e nemico, tra
straniero e colonizzatore senza scrupoli.
In altre parole si andò costituendo un
ampio e diffuso movimento d'opinione a
carattere xenofobo che identificava nella
cacciata degli stranieri dal suolo cinese
la condizione fondamentale della restituzione alla Cina della sua dignità di paese
libero e della sua autonomia culturale.
• L'insurrezione dei boxers
Di questo desiderio di rivalsa si fecero
interpreti, a partire dal 1898, diverse società segrete che diedero vita a un movimento insurrezionale
su vasta scala finalizzato a compiere atti di sabotaggio
contro le forze militari e le istituzioni
commerciali straniere. Tra queste società la più importante fu quella i cui
membri usavano l'appellativo
di yihequan, perché affiliati all'antica società
Capitolo 18, Cetà dell'impelialismo e la società di massa
dei boxers" (boxer era il nome dato dagli europei agli aderenti alla società segreta
~ xenofoba che diresse la rivolta). Essa raggiunse dimensioni tali da sconvolgere il corso
del nuovo espansionismo europeo in Cina. Dopo la libellione dei boxers, infatti, gli europei e gli stessi giapponesi capirono che una spartizione della Cina sulla falsariga di
quella africana sarebbe stata troppo difficile e probabilmente fallimentare. Europei, russi e giapponesi finirono con l'accettare la politica delle "porte aperte" caldeggiata dagli Stati Uniti: riconobbero cioè l'indipendenza del paese, mantenendo però il territorio
cinese (tramite il controllo dei porti e l'installazione di basi militari) aperto al libero
scambio delle merci europee e americane.
Due differenti modelli di colonialismo
I paesi europei adottano
differenti modelli
per famministrazione
delle loro c.olonie
La diversa storia dell'espansione del colonialismo in Africa e in Asia determinò differenti caratteristiche della struttura coloniale costruita dagli europei nei due continenti.
In Africa gli inglesi istituirono, sulla base di una forte emigrazione di coloni bianchi,
colonie di popolamento che godevano di una certa autonomia amministrativa, mentre
le colonie con prevalente popolazione africana erano governate da Londra senza alcun
tipo di indipendenza. I francesi, invece, non fecero distinzioni e mantennero le loro colonie totalmente dipendenti dalla burocrazia di Paligi. La colonia belga costituita nel
bacino del Congo fu in un primo tempo gestita come una grande azienda moderna, di
proprietà personale del re Leopoldo II I tedeschi, invece, costruirono un impero africano pensando più agli equilibri militari europei che all'utilità economica o strategica
dei territOli di cui si impossessavano.
Nel continente asiatico, come abbiamo prima accennato, le mire colonialistiche dei governi europei non trovarono un ambiente così favorevole come in Africa; non si costruirono vere e proprie colonie di popolamento e poco spazio trovarono le imprese fi-
ginnica e di arti marziali dei "Pugni della
giustizia e dell'armonia", da cui derivò il
termine inglese boxer.
Il movimento era, agli inizi, fortemente nazionalista, anticristiano e contrario
alla dinastia regnante, i Qing mancesi.
Il moto insurrezionale si estese rapidamente, con sanguinose aggressioni ai
missionari e ai·convertiti, dall'originario
Shandong sino alla capitale Pechino
(1900), dove il governo imperiale cercò di
deviarne la violenza contro gli europei re-
si denti nella capitale, assediando le loro
legazioni (20 giugno-14 agosto) e dichiarando guerra alle potenze straniere le
quali, dal canto loro, avevano già occupato i forti di Dagu nei pressi di Tianjin.
• Una durissima repressione
Il corpo di spedizione internazionale
inviato subito in Cina al comando del generale tedesco von Waldersee, di cui faceva parte anche un contingente italiano, ebbe rapidamente
il sopravvento
sulle truppe cinesi e sulle bande dei
boxers. Entrato a Pechino, si abbandonò
a feroci quanto indiscriminati massacri e
devastazioni
(compreso l'incendio del
palazzo imperiale) con la distruzione o
la dispersione di un vastissimo patrimonio culturale e artistico. Con il protocollo
del 190 1 la Cina fu costretta a nuove
concessioni e al pagamento di un'indennità di 450 milioni di dollari. I profondi
disaccordi politici tra gli occidentali impedirono tuttavia, ancora una volta, la
spartizione coloniale della Cina e la caduta della dinastia Qing, che riuscì a sopravvivere fino al 1911.
I combattimenti di Pechino in una stampa
dell'epoca.
Per riflettere
~
~
A quali circostanze dovettero
il loro nome i boxers?
Quale ispirazione dominava
il loro tentativo di rivolta?
727
UelA 6, Imperi, masse, nazioni
Il Sud-est asiatico
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deL Novecento
ghilterra
e, in direzione
della Cina, con il
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il controllo dell'Indonesia, mentre gli Stati
Uniti conquistarono le Filippine.
Inghilterra, Olanda e Francia furono le principali protagoniste della spartizione dell'Asia. Le mire espansionistiche russe, invece,
si scontrarono, nell'Asia centrale, con l'In-
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nalizzate a occupare territOli per aumentare il prestigio degli stati maggiori delle capitali europee. La tipologia delle colonie europee in Asia fu meno variegata e si uniformò
al modello inglese del direct mie C'governo diretto"), applicato in India.
Un dato accomuna l'esperienza dell'imperialismo
tanto in Africa quanto in Asia, nonostante queste diversità nelle modalità di penetrazione e di gestione dell'amministrazione è solo a partire dal dominio europeo e dall'opposizione
a questo che ebbero origine
le prime [orme di nazionalismo fra i popoli colonizzati.
Se furono proprio gli esasperati nazionalismi europei e la loro volontà eh dominio e potenza a detelluinare il fenomeno imperialistico, fu poi lo Slesso imperialismo, quasi per
ironia della sorte, a suscitare l'affermarsi di nuove forme di nazionalismo nei continenti dell'Aflica e dell'Asia.
[ideologia della conquista
La missione civilizzatrice
ed evangelizzatrice
deIruomo bianco
viene adottata come
giustificazione ideologica
dell'imperialismo
728
La politica di conquista aveva però bisogno di giustificazioni
agli occhi dell'opinione
pubblica. Così, l'espansione coloniale in Africa venne propagandata come una missione che la superiore civiltà europea doveva compiere presso le popolazioni "selvagge",
in possesso di una cultura considerata inferiore ed estranea al secolare sistema di idee e
valori elaborato in Occidente.
La diffusione dell'ideologta della conquista vide !'intervento e la partecipazione di numerosi intellettuali che, attraverso opere letterarie di vmio genere, divulgarono l'idea che
all'Europa fosse assegnato il compito stOlico di civilizzare i nuovi "barbari" dell'Asia e
dell'Africa. Quest'idea, però, a differenza che in occasione della conquista delle Ameri-
Capitolo 18, Cetà dell'imperialismo e la società di massa
che nel Cinquecento, trovò giustificazione non tanto nella missione evangelizzatrice
dell'Europa, e dunque nella sua superiorità morale, quanto piuttosto nel benessere economico e nel progresso civile di cui le potenze colonizzatrici si sentivano portatrici.
Lo scrittore inglese Rudyard Kipling (1865-1936), autore di romanzi d'avventura come
libro della giungla (1894) o Kim (1901), costituì il prototipo dell'intellettuale militante a
favore della causa colonialista. Nei suoi scritti si miscelavano l'ideale, intriso di razzismo,
della superiorità dell'uomo bianco sulle altre razze "colorate" e la convinzione che le grandi potenze coloniali, e in particolare l'Inghilterra, fossero portatrici di un ideale morale e
di una finalità riformatrice, volti al benessere economico e civile dei popoli africani e asiatici. Il colonizzatore, forte delle sue conoscenze tecniche, dei suoi prodigi industriali, della sua superiore cultura politica, si faceva promotore del progresso universale.
Il richiamo alla religione cristiana servì comunque, in molte occasioni, a giustificare l'intervento militare e le annessioni territoriali che fecero seguito, in alcune circostanze, alle
violenze subìte da piccoli gruppi di missionari durante la loro opera di evangelizzazione.
Nella maggior parte dei casi la conquista si basò su un'utilizzazione strumentale della
capillare opera di esplorazione scientifica, geografica e antropologica che anticipò e
accompagnò la penetrazione politica. Già tra il 1827 e il 1828 il francese René Caillié si
era spinto nella regione del fiume Niger e, seguendo il suo corso, era riuscito ad arrivare, primo fra gli europei, fino a Timbuctu. Gli inglesi David Livingstone ed Henry M.
Stanley, fra gli anni cinquanta e settanta, percorsero da oriente a occidente il continente africano. Il tedesco Gustav Nachtigal, tra il 1871 e il 1874, attraversò le regioni del
fiume Ciad. Gli obiettivi che questi esploratori si ponevano non erano però esclusivamente scientifici. Spesso, per conto dei loro governi, negoziavano trattati di amicizia
con i capi indigeni, che, in un secondo momento, sarebbero serviti a legittimare l'occupazione militare da parte degli stati europei.
Oltre alla missione civilizzatrice, altre motivazioni vennero addotte per giustificare le
conquiste. Fra le più diffuse vi era quella secondo la quale l'enorme crescita della popolazione europea non era contenibile all'interno dei confini naturali del Vecchio continente e imponeva l'accaparramento di nuovi territori per l'insediamento stabile della popolazione in eccesso.
In realtà gli europei che emigrarono nelle terre africane e asiatiche non furono mai in
numero tale da rendere credibile questa giustificazione. La stragrande maggioranza degli emigranti, inglesi, tedeschi, francesi, polacchi, russi, italiani, che abbandonarono
l'Europa nell'ultimo trentennio dell'Ottocento e nel primo decennio del Novecento, si
diresse infatti soprattutto verso l'America del Nord, che fu invasa da oltre 60 milioni di
europei in cerca di lavoro e di benessere.
n
La conquista è preceduta
e accompagnata
da esplorazioni
scientifiche, geografiche
e antropologiche
La sovrappopolazione
dell'Europa, adottata
come giustificazione
delle conquiste, non
corrisponde alt effettiva
emigrazione nelle colonie
verifica breve
o Qual era la funzione
economica dei territori coloniali? f) In quali aree si attuò la politica coloniale inglese?
si estesero le mire coloniali di Francia, Germania e Italia?
europee?
e Quale strategia
O Quale fu
e A quali territori
la reazione delle popolazioni indigene africane alle conquiste
adottò in via definitiva la penetrazione coloniale degli stati europei e del Giappone in Cina?
li forme venne organizzato dagli stati europei il governo delle colonie?
O Quali furono
0 In
qua-
le motivazioni ideologiche delle conquiste
coloniali?
I
gLossario
I
Boeri Sono i discendenti dei
coloni olandesi insediatisi
nell'Africa australe in seguito
alla fondazione di Città del
Capo nel 1652 da parte della
Compagnia olandese delle
Indie orientali. Contadini di
religione riformata, accolsero
dopo il 1685 gli ugonotti
francesi.
Xenofobia Il termine deriva
dal greco xénos, "straniero",
e phobia, "paura". La xenofobia è l'atteggiamento di ostilità e discriminazione nei
confronti degli stranieri, ovvero di chi si distingue per
lingua, cultura e appartenenza politica dalla maggioranza
degli abitanti di uno stato.
729
UelA 6, Imperi, masse, nazioni
1900-14: un nuovo ciclo
di espansione economica
Le cause della crescita economica mondiale
Alla fine del XIX socolo Verso la fine degli anni novanta la crisi iniziata nel 1873 poteva dirsi conclusa. Si avviò
un nuovo ciclo di espansione, che durò, seppur turbato da fluttuazioni congiunturaÙÙÙll un nuovo ciclo dì
li, fino alla vigilia della Prima guerra mondiale.
espansione economica,
favorito daDa crescita
Le cause della crescita dell'economia mondiale tra il 1900 e il 1914 vanno cercate in didemografica e della
versi fenomeni. Innanzitutto la flessione del tasso di mortalità favorì la crescita demodomanda dì beni . grafica e questa, a sua volta, ebbe l'effetto di allargare il mercato e, in particolare, la dodì consumo
manda di beni di consumo.
Inoltre, prese avvio un intenso sfruttamento di nuovi giacimenti auriferi portati alla
luce soprattutto nelle regioni del Sudafrica. Questo fece lievitare la disponibilità di oro,
che si tradusse in maggiore quantità di moneta, fornendo quindi un più ampio supporto alle transazioni internazionali di beni, servizi e capitali.
Va aggiunto poi che la rivoluzione dei trasporti, causa prima della crisi del 1873-96,
La rivoluzione
non si arrestò e dischiuse anzi nuove strade allo sviluppo economico, ampliando a didei trasporti prosegue,
smisura i mercati. Nell'Europa continentale tra il 1890 e il 1914 si passò da 22S 000 a
ampliando ulteriormente
imercati
340 000 chilometri di ferrovie.
Nel settore marittimo l'introduzione degli scafi in metallo e della navigazione a vapore,
cui successe presto il motore a turbina, abbreviò enormemente i tempi delle traversate
oceaniche, rendendo più semplice e sicura la navigazione.
Inoltre, un ruolo non secondario nella definizione di nuovi assetti commerciali svolsero le recenti infrastrutture stradali e i trafori. I prodotti dei paesi industriali e le materie
prime di quelli meno sviluppati poterono essere trasportati anche su lunghissime distanze con notevole risparmio di tempo e a costi decisamente inferiori che in precedenza.
L'andamento della popoLazione mondiaLe
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Popolazione
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26,8
Capitolo 18, Letà dell'imperialismo e la società di massa
Il palazzo dell'Elettricità con Le
sue cascate luminose all'Esposizione universale del 1900 a Parigi. la
nuova fonte di energia rivoluzionò le
abitudini dell'epoca, consentendo di
illuminare in modo efficiente le vie
cittadine e i locali di ritrovo, oltre a
prestarsi, come in questo caso, a spettacoLarigiochi di luce.
r
Nuove fonti di energia: elettricità e il petrolio
La fase economica
è segnata dalla
diffusione di nuove
fonti di energia. prima
fra tutte f elettricità
RICORDA CHE
Il telefono venne brevettato nel
1871 dall'italiano Meucci e nel
1876 dallo statunitense BelI, che
ne curò anche la commercializzazione
I.:energia elettrica
modifica la distribuzione
geografica
degli insediamenti
industriali
Sì diffonde anche
fimpiego del petrolio
come fonte energetica.
grazie all'adozione
del motore a scoppio
Ma il processo di sviluppo del primo Novecento affondò le proprie radici in una
profonda trasformazione delle tecnologie e, soprattutto, nella scoperta di due nuove
fonti di energia: il petrolio e l'elettricità. Se ferro e carbone erano stati alla base della
prima rivoluzione industriale, l'energia elettrica, il nascente settore chimico, l'acciaio e
il petrolio furono spie di una nuova fase che stava maturando.
In seguito alle scoperte scientifiche di Michael Faraday e Thomas Edison, una nuova forma di energia, l'elettricità, si diffuse rapidamente, aprendo una nuova era. Da una parte,
infatti, produrre elettricità, servendosi dei grandi bacini idrici delle montagne, divenne
una nuova attività industriale che richiese quantità crescenti di capitali, dall'altra, la nuova energia venne rapidamente applicata nelle industrie in sostituzione del vapore.
Dagli usi industriali essa passò presto anche agli usi civili. Le ferrovie cominciarono a
essere mosse dall'elettricità invece che dal carbone; le città cominciarono a essere stabilmente illuminate elettricamente e la scoperta della lampadina accelerò l'uso domestico dell'elettricità in sostituzione del petrolio. Tra il 1897 e il 1899 taxi mossi da motori elettrici fecero la loro comparsa nelle strade di Londra. Nel 1878 Londra ebbe anche il suo primo centralino telefonico e l'uso del telefono cominciò a diffondersi in
Europa e negli Stati Uniti già nei primi anni del Novecento.
Le conseguenze della diffusione dell'energia idroelettrica furono molteplici; essa, per
esempio, consentì anche a paesi poveri di carbone, come l'Italia, di procedere più speditamente lungo la strada dello sviluppo industriale. Inoltre, lo sfruttamento dell'energia idroelettrica e la costruzione di elettrodotti per trasportare a bassi costi l'energia
stessa spalancarono nuove possibilità e introdussero logiche differenti nella distribuzione territoriale delle imprese industriali.
Si rese così possibile un ulteriore decentramento industriale che influenzò, tra l'altro,
la crescita urbana. Nel ventennio prebellico ben una settantina di città si aggiunse infatti alle centoventi circa che alla fine dell'Ottocento già avevano superato la soglia dei
100000 abitanti.
Ma la crescita economica fu sorretta sul versante energetico anche dall'utilizzazione del
petrolio, che affiancò e gradualmente sostituì il carbone. Già noto ai tempi degli imperi mesopotamici, fino alla seconda metà dell'Ottocento il petrolio era stato usato solo
per l'illuminazione. Ma, con l'espansione dell'industria automobilistica nei primi anni
. del Novecento e con l'applicazione dei motori a scoppio alle navi e ad altri macchinari,
il suo consumo si diffuse enormemente. Il petrolio e i suoi derivati furono poi utilizza731
UcLA 6, Imperi, masse, nazioni
ti, oltre che per l'illuminazione, anche per il riscaldamento domestico. Le prime stufe a
~ cherosene fecero la loro comparsa all'Esposizione universale di Parigi del 1878 e, nei
decenni successivi, la produzione di cherosene fu notevolmente incrementata per rispondere alla continua richiesta. Gli Stati Unili, che avevano cominciat.o con largo anticipo sugli altri paesi i primi esperimenti di trivellazione (857), divennero presto il
maggiore produttore mondiale di petrolio
I progressi delYindustria chimica e la rivoluzione delYacciaio
Nuove scoperte si
affermano nell'industria
chimica e nella
metallurgia, con
il perfezionamento della
produzione di acciaio
Oltre all'industria elettrica, anche quella chimica compì nei primi anni del NovecenlO
un grande balzo, soprattutto quando, grazie alle scoperte del belga Ernest Solvay sulla
soda e sull'acido solfOlico, si rese possibile l'applicazione delle sostanze chimiche aLl'agricoltura, utilizzandole come fertilizzanti, in sostituzione dei tradizionali concimi
organicl Altre scopert.e chimiche consentirono poi la produzione industriale dell'alLuminio, che divenne una merce a basso prezzo, utilizzata nella produzione di massa.
La scoperta dei coloranti artificiali, adatti a tingere sia la lana sia il cotone, diede grande impulso all'industria tessile, soprattutto tedesca, che non ebbe più bisogno di importare dall'estero i principali elementi coloranti naturali.
Con l'elettricità e la chimica, l'acciaio fu una delle principali leve della crescita inclusniale: l'uso di questa lega di ferro e carbonio ebbe un enorme sviluppo negli ultimi
quarant'anni dell'Ottocento, quando l'inglese Bessemer nel 1856 scoprì che la ghisa
(95% di ferro, 4% di carbonio, 1% di altri elementi) poteva essere trasformata in ac-
La mondializzazione
dello spazio umano
Tra la fine del XIX
e gli inizi del XX secolo
si verifica un primo processo
di globalizzazione,
con l'esplorazione deUe zone
ancora poco note del mondo
e !'integrazione delle economie
mondiali in una fittissima
rete di scambi di merci
e di capitali.
La nuova percezione planetaria
Quando nel 1914 scoppiò la Grande
guerra, nella coscienza della società civile europea emerse con chiarezza la dimensione mondiale di questo drammatico evento. Sulle trincee dei fronti europei si trovarono schierati, insieme con i
francesi, i tedeschi o gli italiani, soldati
americani e indiani, australiani e africani: ormai ciò che per gli uomini e le donne di quel tempo rappresentava il "mon-
732
do", vale a dire la più estesa dimensione
spaziale che poteva essere soggettivamente controllata dal sistema delle
informazioni in loro possesso, cominciava a coincidere con il pianeta, nella sua
effettiva dimensione fisica. Jl mondo, come mappa mentale, equivaleva adesso
al globo terracqueo.
Questo era l'esito definitivo di un lungo processo di dilatazione degli spazi
umani che aveva avuto le sue tappe salienti nell'integrazione fra Oriente e Occidente nel Medioevo, nella scoperta
delle Americhe agli inizi dell'età moderna, nell'ampliamento
della rete degli
scambi commerciali tra Atlantico e Pacifico nel Settecento; infine, nell'estensione mondiale dei mercati, determinata
dall'industrializzazione e dalla rivoluzione dei trasporti.
Ma ancora negli anni settanta del XIX
secolo rimanevano esterne ed estranee
alla coscienza europea porzioni consistenti della Terra: il continente africano
subsahariano ed equatoriale, ancora sostanzialmente inesplorato; il Giappone,
chiuso nel suo isolamento plurisecolare;
l'Australia, nella quale la colonizzazione
era iniziata da pochi anni sotto la spinta
della corsa all'oro; lo stesso immenso
f-òr West degli Stati Uniti, nel quale restavano ampie fasce territoriali ignote.
Lo sviluppo del commercio
internazionale
Nel giro di poco più di un trentennio
questo vuoto venne colmato e l'intero
globo integrato nel sistema delle relazioni
economiclle e politiche internazionali. A
partire da quest'epoca, ogni evento che si
fosse verificato in un angolo del mondo
avrebbe riverberato la sua influenza su
scala planetaria e si sarebbe dispiegata
appieno la mondializzazione dei fenomeni salienti dell'organizzazione sociale.
Il fattore che contribuì con maggiore
intensità ad accelerare questo processo
fu certamente l'imperialismo. Il capitalismo, nel suo sforzo di superare le tendenze alla stagnazione e alla sovrapproduzione, fu spinto a modellare un sistema
di valorizzazione del capitale che implicava una scala compiutamente mondiale.
Innanzitutto va osservato che, secondo le
elaborazioni statistiche di due storici anglosassoni, Alan S. Milward e S. Berrik
Saul, il commercio mondiale ttiplicò tra il
1880 e il 1914, nonostante il ritorno al
protezionismo, con ritmi decennali superiori al 40%. «Da che cosa derivava - si
sono chiesti gli autori - questa straordinaria espansione del commercio?" La risposta, secondo loro, è in parte tecnologica. «Progressi di questo genere offriva-
CapiLOlo
18, Lelàdell'imperialismo
e la societàdi massa
ciaio eliminando pane del carbonio e aggiungendo precise quantità eli altri. elementi,
tramite l'immis~ione forzata di aria nel metallo fuso. Lacciaio divenne un materiale di
primaria importanza: fu sottoposto a continue trasformazioni che ne aumentarono la
produzione e la qualità, tanto che divenne più vantaggioso utilizzarlo al posto del ferro
nella costruzione di binari, navi, caldaie, locomotive, case, fabbliche e cannoni, giganteschi ponti, torri. La torre Eiffel, inaugurata a Parigi nel 1889, alta 300 meni, tutta in
acciaio, può essere presa a simbolo della rivoluzione tecnologica eli questo periodo.
Una nuova divisione mondiale del lavoro
I traffici internazionali
si infittiscono
e le esportazioni
dell'Europa crescono
più deIrimportazione
di materie prime
I processi espansivi che si sono delineati in precedenza ebbero dimensioni tali da determinare una riorganizzazione complessiva del sistema economico a livello planetario
La prima riorganizzazione riguardò la divisione inlernazionale del lavoro l:espansione
del settore produttivo ebbe come conseguenza l'infittirsi della trama dei traffici, dei
rapporti finanziari e dunque, più in generale, delle relazioni internazionali.
Da principio le due potenze emergenti, Stati Unill e Giappone, ebbero nell'interscambio mondiale un ruolo abbastanza marginale; ciò era dovuto all'elevato aumento demografico, che assorbiva buona pane degli incrementi della produzione nazionale, lasciando all'esportazione solo eccedenze marginali. Anche se l'lnghilterra rimase fino al
1914 il "direttore d'orchestra" dell'economia mondiale, ormai non era più la massima
potenza industriale. Slali Uniti, Germania e Francia l'avevano superata in più di un settore: acciaio, automobili, petrolio.
no possibilità di specializzazioni, creavano nuovi prodotti per il commercio, riducevano i costi e con ciò accrescevano
la domanda. Gli sviluppi nell'ambito dei
trasporti avevano grande innuenza nell'incoraggiare questo flusso di merci e
questo processo di specializzazione."
In questa espansione i paesi europei
giocarono la parte del leone soltanto
Francia, Gran Bretagna e Germania detenevano nel 1913 oltre il 68% delle
esportazioni mondiali, concentrate quasi esclusivamente nei prodotti manifatturieri.
Tra il 1876 e il 1890 il traffico nel canale di Suez tl'iplicò, riversando sui mercati europei i prodotti coloniali provenienti dall'Asia, primo fra tutti il tè; cresceva inoltre la domanda di cacao e di
caffè provenienti dall' America latina,
mentra l'Argentina si affermava come la
principale esportatrice di carne a livello
mondiale, dopo che furono inventate le
celle refrigeranti installabili sulle navi.
Il movimento mondiale
dei capitali
Insieme alle merci cominciarono a
uscire anche i capitali. Anzi, il movimento internazionale dei capitali assunse un
ruolo centrale nella configurazione del
sistema economico capitalistico. Quasi
due quinti dei risparmi degli inglesi e la
metà circa di quelli francesi lasciarono il
suolo patrio per essere impiegati all'estero. Complessivamente, quando scoppiò la Grande guerra, ammontavano a
oltre 40 miliardi di dollari gli investimenti a lungo termine piazzati nei circuiti internazionali. La destinazione di questi
capitali, che facevano capo alle plincipali banche d'affari europee, era costituita
dalle grandi infrastrutture per i trasporti,
per la fornitura di gas e per l'illuminazione urbana, o dalle grandi imprese. Gli investimenti francesi dominavano la produzione degli armamenti in Russia, insieme a quelli tedeschi e inglesi, mentre
contribuivano alla costruzione dei maggiori porti bulgari e turchi; la Dresdner
Bank creò la Società elettrica delle cascate Vittoria in Africa; le principali banche olandesi, insieme a quelle tedesche,
si impegnarono nella costruzione delle
imprese petrolifere di Romania e Russia,
che rappresentavano i principali paesi
produttori di questa nuova fonte di energia. Le stesse centrali finanziarie europee si impegnarono nello sfruttamento
delle miniere del Congo e del Sudafrica o
dei giacimenti petroliferi del Venezuela,
nell'avventura del caucciù brasiliano,
come nella valorizzazione delle ricchezze forestali della Manciuria.
Parallelamente, prendeva corpo l'espansionismo commerciale statunitense
nell' America latina e nel Pacifico, qui in
diretta concorrenza con quello giapponese, volto a fare di quell'oceano uno
spazio economico integrato con il proprio mercato interno insulare.
Poco conta in questo contesto chiedersi, come hanno fatto lungo tutto il
corso del xx secolo alcuni storici ed
economisti, quale sia stato il peso effettivo di ogni colonia nell'economia degli
stati nazionali: quel che conta è che la
conquista dei "possedimenti d'oltremare" abbia rappresentato uno degli stimoli
più efficaci perché il mondo diventasse
la base materiale di una nuova espansione del capitalismo.
Per riflettere
-+
-+
In quale periodo si verifica la prima
globalizzazione dell' orizzonte
politico ed economico?
Quale fu il ruolo in questo processo
della riorganizzazione del capitale
nell'età dell'imperialismo?
733
UelA 6, Imperi, masse, nazioni
...
Fabbrica di automobili agli inizi
del Novecento. È possibile osservare le caratteristiche della catena di
montaggio, che prevede che il manufatto scorra attraverso un percorso lungo il quale squadre di operatori compiono le fasi successive del montaggio,
dal telaio alla vettura finita. L'adozione di queste modalità produttive consentì una drastica riduzione dei costi
di produzione, consentendo, negli Stati Uniti, la diffusione di massa dell'automobile.
Tra il 1900 e il 1914 il commercio internazionale dei prodotti industriali raddoppiò, mentre quello delle materie Plime aumentò appena del 65%.
Era il segno di un'inversione dei flussi di scan1bio rispetto a un passato che aveva visto
l'Europa attingere a piene mani e a costi modesti dai mercati delle materie prime
d'America, d'Asia e d'Africa Per la plima volta illitmo delle esportazioni europee sopravanzò quello delle importazioni. Ciò voleva dire che il resto del mondo non era più
un mero serbatoio di risorse, ma era diventato un'immensa area capace di assorbire
l'eccesso di offerta e verso la quale venivano dirottati cospicui investimenti di capitali.
Alla base della ripresa economica vi fu quindi anche il colonialismo, che aveva fatto
dell'Asia, dell'Africa e dell'America latina degli immensi mercati aperti alle potenze imperialiste.
La fabbrica meccanizzata e il taylorismo
Nei grandi gruppi
industriali
forganìzza.zione
del lavoro evolve verso
la standardizzazione
e la mecGUÙZZaZÌone
734
Il secondo importante mutamento legato all'espansione economica interessò direttamente l'organizzazione del lavoro nella grande fabbrica, che era diventata ormai sempre più meccanizzata, e coinvolse in prima persona l'enorme massa di operai che popolava i paesi industrializzati.
Il nuovo ciclo espansivo risultò profondamente segnato dai cambiamenti che la crisi
aveva determinato, soprattutto nella natura e nel sistema delle imprese
La nuova fase di sviluppo economico fu infatti sorretta e guidata dai grandi gruppi industriali monopolistici: le imprese che appartenevano a questi gruppi, a differenza di
quelle dell'Ottocento, erano infatti in grado di effettuare un controllo complessivo del
ciclo produttivo.
Alloro interno si verificò quindi una radicale riorganizzazione del lavoro finalizzata a
razionalizzare i processi produttivi per aumentare il rendimento. Con l'uso sistematico delle macchine e la standardizzazione della produzione, la fabblica, da unità produttiva semplice, divenne un sistema complesso, formato da un gran numero di "processi meccanici interconnessi", ognuno dei quali doveva essere sincronizzato e reso
funzionale agli altri.
Capilolo 18, Lelà dell'impelialismo e la società di massa
Siaffernm
lorganinazìone
scientifica dcl.lavoro,
basata sulh
~edelle
competente e su una
rlgidapi~
delle manSÌOlÙ
Data la complessità tecnologica e organizzativa di tale sistema, esso non poteva essere
conosciuto, controllato e diretto da singoli uomini; tutte le funzioni dovevano essere
svolte da un'organizzazione impersonale formata da tecnici rigorosamente selezionati e
con competenze specifiche, definite in base a una rigida divisione del lavoro. Peraltro,
a mano a mano che cresceva il numero degli operai concentrati nella medesima unità
produttiva, che il lavoro diventava maggiornlente dipendente dalla macchina e che le
operazioni si facevano tra loro più interdipendenti, il problema della disciplina della
forza-lavoro diventava cruciale.
In questo quadro si affermò lo scientific management, l'organizzazione scientifica del
lavoro induslriale, introdotta, teorizzata e diffusa dall'ingegnere americano Fredelick
W Taylor, da cui prese ilnome; questo nuovo sistema di organizzazione del lavoro venne infatti successivamente chiamato "taylorismo"
Esso mirava a ottenere un basso costo della manodopera e a mantenere, allo stesso
tempo, un alto livello dei salari, e si prefiggeva di raggiungere questi due obiettivi attraverso una maggiore produttività. Per questo motivo Taylor iniziò a impiegare sistematicamente nelle sue officine alcuni sistemi di lavoro già esistenti, che utilizzavano la
divisione delle operazioni complesse compiute da un operaio in segmenti di operazioni a tempo fisso, e giunse alla conclusione che aumentavano di molto la produttività.
Diventava essenziale, allora, perfezionare lo studio dei tempi di lavoro (con il cronometraggio delle diverse operazioni semplici che concorrono alla produzione di un pezzo finito), al fine di sostituire a operazioni complesse e differenziate - che implicavano
da parte degli operai spreco di fatica e di attenzione - movimenti elementari, da ripetersi sempre nello stesso modo.
A una manodopera che diventava così a buon mercato, anche per i lavori più complicati (poiché non le si richiedeva più di essere qualificata), si affiancavano i controllori
del lavoro che - muniti di apposite schede contenenti le operazioni di lavoro scomposte - procedevano alla registrazione dei ritmi effettivi tenuti dagli operai. Attraverso
queste riorganizzazioni si sarebbe ottenuta la massima ottimizzazione dei processi produttivi e, quindi, maggiori profitti; parallelamente si sarebbero velificati, però, la scomparsa dei mestieri operai e la formazione di una classe lavoratrice dequalificata e
spersonalizzata, facilmente intercambiabile, maggiormente controllabile: resa idonea,
cioè, a integrarsi in un sistema produttivo dominato dalle macchine e da tecnologie
sempre più sofisticate
L'industria tayLorista
nessi
Semplificazione
delle mansioni
Sta nda rdizzazione
dei prodotti
Concentrazione
industriale
L
Aumento
della produttività
......
.
-----.---
____
~~u~~~~~
,.
la razionalizzazione della produzione: dal taylorismo al fordismo
La produzione dì massa
seamdo criteri sòentifiò.
viene potenziata dalla
catena dì montaggio
A fronte della nuova organizzazione del lavoro si affacciava la necessità di standardizzare i beni prodotti, cioè di semplificare al massimo la vmietà e il tipo degli oggetti da
mettere in commercio, in modo da poter sfruttare la maggiore velocità di produzione
che questa organizzazione offriva.
735
UclA 6, lmpen, masse, nazioni
Il modello fordista,
attraverso gli
innalzamenti dei salari,
consente un allargamento
del mercato
La compiuta razionalizzazione del lavoro è conosciuta sotto 11nome di fordismo
Henry Ford (1863-1947), il pioniere dell'industria americana dell'automobile, applicò
nella sua azienda, fondata nel 1903, i princìpi per i quali sarebbe diventalo famoso: all'interno della fabbrica, un'efficiente organizzazione che portasse il lavoro all'operaio
invece di far spostare l'operaio verso il lavoro; l'applicazione della scomposizione tayloristica dei gesti complessi in gesti semplici; il calcolo esatto dei tempi di lavoro; la
produzione in selie e di massa. La catena di montaggio, che univa le varle fasi della lavorazione di un prodotto senza comportare spostamenti nello spazio e sprechi di energia, era la macchina essenziale della nuova fabbrica.
Il fordismo non fu un fenomeno limitato alla produzione: esso rappresentò anche una
concezione più ampia del lavoro industriale, una filosofia complessiva della società e
dei rapporti sociali, un credo etico. Era ferma convinzione di Ford che esistesse un nesso stretto fra prosperità industriale (aumento della produzione) e allargamento del
mercato attraverso l'innalzamento del livello di vita: l'operaio diventava consumatore
attraverso gli alti salari e assorbiva quella cultura dell'abbondanza che si anelava diffondendo nell'epoca della produzione di massa. Si spiega anche in questo modo il fatto
che il successo di Ford fosse legato a una macchina utilitmia (il celebre "modello T"),
dal disegno semplificato al massimo per poter essere realizzata più facilmente, velocemente, con minori costi e in grandi quantilà.
La IImostruosa" società
di Taylor e di Ford
Taylorismo e fordismo
assumono nella cultura
del loro tempo significati
assai più ampi di quelli legati
alla semplice organizzazione
scientifica del lavoro o alla
razionaUzzazione dei processi
produttivi, prendendo, specie
nelle rielaborazioni letterarie,
il volto di una dittatura delle
macchine sulla vita umana.
Automatismo
e spersonalizzazione
del lavoro
Taylorismo e fordismo circolano, travisati in parte e certamente allargati nel
significato, in una cultura più ampia,
passando anche attraverso le caricature
e le deformazioni del romanzo. I due termini vengono a significare l'automatismo del lavoro e la sua spersonalizzazione, la meccanizzazione della vita, il
controllo totale dell'esistenza (nel lavoro
e anche al di fuori del lavoro), il conformismo dei comportamenti, la standardizzazione di consumi, movimenti, sogni e idee, l'omologazione dei gusti, illi-
736
delle differenze, la pianificazione delle esistenze, e dunque, in definitiva, l'emergere di una dittatura anonima che basava la sua forza non sul carisma di un qualche tiranno, ma su procedure impersonali, rigide e meccaniche,
di funzionamento della vita sociale.
Un esempio tra i più suggestivi e
pregnanti di questa tendenza letteraria
è rappresentato dal Viaggio al termine
deJla notte (1932) dello scrittore francese Louis-Ferdinand Céline (1894-1961),
che viene universalmente considerato
uno dei romanzi fondamentali del Novecento.
vellamento
Il lavoro alle Officine Ford
di Detroit
«E ho visto infatti - scriveva Célinegrandi costruzioni massicce e vetrate,
della specie di acchiappa-mosche senza
fine, in cui si vedevano degli uomini
muoversi, ma muoversi appena, come se
si dibattessero solo debolmente contro
un non so che d'impossibile. Era quello
Ford? E poi tutt'intorno e al di sopra sino
al cielo un rumore pesante e multiplo e
sordo di torrenti d'apparecchi, duro, l'ostinazione dei meccanismi nel girare, roteare, gemere, sempre in procinto di
rompersi ma che non si rompono mai.
"È dunque qui, - mi san detto .. - Non
è eccitante." Era persin peggio di lutto il
resto. Mi san avvicinato di più, sin alla
porta dove c'era scritto su una lavagna
che si cercava del personale [...]
Ed io avevo paura che mi rifiutassero a
causa delle febbri d'Africa, se ne sarebbero subito accorti, se per caso mi avessero
tastato il fegato' Invece parevano averci
l'aria contenta nel trovare degli sfessati e
degli infermi nel nostro gr·uppo.
"Per quel che farete qui, non ha importanza come siete rovinatE" m'ha assicurato subito il medico esaminatore.
"Tanto meglio - gli ho risposto - ma
sapete, signore, ho dell'istruzione io e ho
persino cominciato degli studi di medicina. " Di colpo m'ha guardato con occhio brutto. Ho sentito che avevo commesso una gaffe di più a mio danno.
"Non vi serviranno a nulla i vostri studi
qui, ragazzo mio' Voi non siete venuto
qui per pensare, ma per fare i gesti che vi
si comanderà d'eseguire ... Non abbiamo
bisogno d'immaginativi nell'officina. L'è
di scimpanzè che abbiamo bisogno ... Un
consiglio ancora. Non parlate mai più
della vostra intelligenza 1 Ci saranno altri
che penseranno per voil Tenetevelo per
detto."
Aveva ragione d'avvertirmi. Era meglio che sapessi come regolarmi sulle abitudini della casa. Di stupidaggini, n'avevo
già abbastanza al mio attivo e per' dieci
anni almeno. Ci tenevo a passare ormai
per un essere insignificante. Una volta rivestiti, fummo divisi in file che si strasci-
Capilolo 18, Celàdell'imperialismoe la societàdi massa
Convinto che il progresso generale della società si realizzasse attraverso il progresso
lecnico applicalO alla produzione, Ford lo identificò con la diffusione sempre piÙ ampia dei beni industriali, e con la loro larga accessibilità il progresso, insomma, consisteva nel consumo messo alla portata di tutti.
verifica breve
o Quali furono
e Quali nuove
i fattori della crescita economica con cui si inaugurò il XXsecolo?
tecnologie caratterizzarono
que-
9 In quali settori industriali si registrarono i maggiori progressi? O Come si modificò la divisione internazio-
sta fase economica?
nale del lavoro? Cl) Quali modelli organizzativi assunsero i grandi gruppi industriali? Cl) Quali furono i princìpi fondamentali dell'or-
G Quali erano le caratteristiche del modello fordista?
ganizzazione scientifica del lavoro?
gLossario
cavano,
i 150 e i 25rc. È composto da
una miscela di idrocarburi che
lo rendono un buon combusti-
Cherosene Rappresenta la frazione del petrolio che distilla a
una temperatura compresa fra
per gruppi
esitanti
inviati
di
bile, sia per il riscaldamento,
sia per l'impiego con motori.
contro gli altri e certi così violenti
che si
rinforzo verso quei luoghi da cui arrivava
scatenano
il fracasso enorme dei meccanismi.
cie di silenzi che vi fanno un po' di bene
tremava
nell'immenso
edificio
noi dai piedi alle orecchie
Tutto
e anche
posseduti
da
intorno
a sé come delle spe-
[ ...].
di far
tutto il piacere possibile alle macchine vi
e dal pavimento e dalla ferraglia, vibrante
disgustano,
dall'alto
macchine
andato,
come per quelli
qui, a far passare i bulloncini
fianco di chi li calibrava,
Gli operai curvi e preoccupati
quel tremore, le scosse venivano dai vetri
in basso. Si diventava
mie ore, il resto del mio tempo, tutto se
ne sarebbe
nell'atto
di passare i bulloni
bulloncini,
di
alla cieca a
lui, da anni, i
sempre gli stessi.
E l'ho subito
fatto molto
mi si rimproverò
male. Non
per nulla, solo dopo tre
al calibro e dei bulloni ancora, anziché fi-
giorni da quel lavoro iniziale, fui trasferi-
per forza e con tutta la propria carne an-
nirlo una volta per sempre, con quell'o-
to, dopo quel fiasco, a trascinare
cor tremante
dore d'olio, con quei vapori che bruciano
rello pieno di dischetti, quello che faceva
enorme che prendeva il di dentro e il giro
i timpani
cabotaggio
della testa e più in basso agitava le trippe
verso la gola. Non è la vergogna a far loro
e risaliva agli occhi in leggeri colpi preci-
chinar la testa. Si cede al rumore come si
cinque
pitati, infiniti,
cede alla guerra.
Non esistevo più se non per una specie
in quel rumore
di rabbia
continui. A misura che s'a-
vanzava, perdevamo dei compagni.
e l'interno
delle orecchie attra-
Ci s'abbandona
alle
da una macchina
Là ne lasciavo
soltanto.
macchine con le tre idee che rimangono a
di esitazione
vacillare su in alto dietro la fronte. È fini-
Nulla aveva importanza
come se tutto quel che succedeva fosse
to. Dovunque
nuità frastornante
pura cortesia. Non si poteva più né parla-
mano tocca, è duro ora.
Si faceva loro un sorrisetto lasciandoli
re né sentire. Ne rimanevano
tre o quattro
intorno
ogni volta
della
propria
S'è diventati
d'un solo colpo
vorrebbe poter arrestare
riflettere
e sentire
facilmente,
sostanza,
noi si gira dentro con le macchine
la terra. Tutti insieme'
i piloni
e
e con
E le mille rotelle e
che non casca n mai e con essi
dei rumori
che vi schiacciano
vecchi
la vita
ciaio, qualcosa di utile. Non la si amava
ma ormai non è più possibid'acciaio
oscenamente
Occorre abolire
dal di fuori, farne anche di essa dell'ac-
le. Non può più finire. È come una catascatola
L.-E Céline,
notte,
a
in sé il cuore battere
strofe quell'infinita
come il ferro e
si
tutto per poter
gli uni
tra l'ebetudine
e il delirio.
fuorché la conti-
Il
dei mille e mille stru-
menti che comandavano
non c'è più gusto nel pensare.
"Si resiste lo stesso, s'ha dirficoltà
laggiù
mi parlava.
agli uomini."
E tutto quel che si riesce a ricordare
ancora un po' è indurito
ad una macchina."
La lotta impari tra uomo
e macchina
disgustarsi
si guardi, tutto quel che la
all'altra.
tre, qui dodici;
Nessuno
il car-
abbastanza
così com'era,
Milano 1933, pp 234- 238
Per riflettere
l'è per questo.
Bisogna farne un oggetto, dunque, qual-
-+
cosa di solido, l'è la Regola.
Cercai di parlargli
l'orecchio,
all'assistente
ha grugnito
nel-
come un porco
per tutta lisposta e con dei gesti soltanto
m'ha spiegato,
pazientemente,
plicissima
manovra
eseguire
per sempre.
che ormai
la semdovevo
l miei minuti,
Viaggio al termine della
trad. di A. Alexis, Dall'aglio,
-+
In base a quale precetto
dell' organizzazione scientifica
del lavoro il medico avverte Céline
dell'inutilità della sua cultura?
In che termini Céline descrive
l'asservimento dell'uomo
alla macchina?
le
737
l
UdA 6, Imperi, masse, nazioni
La società di massa
[espansione dei consumi e la nascita del consumatore moderno
rallargamento del
mercato per i prodotti
industriali si traduce
in crescita dei consumi
presso tutte le classi
sociali
raumento dei salari
delle classi lavoratriò
contribuisce
alfespansione
del mercato interno
Come abbiamo visto, l'allargamento del mercato costituì una delle componenti essenziali della ripresa economica di fine Ottocento e del lungo ciclo espansivo dell'economia industriale nel primo decennio del Novecento.
La conseguenza sul piano sociale di questa scelta fu la crescita dei consumi presso
classi e ceti che in precedenza ne erano rimasti esclusi o che vi potevano fare ricorso solo parzialmente, perché i loro redditi erano troppo bassi per accedere stabilmente al
mercato.
Le masse proletarie e la piccola borghesia urbana e rurale erano state costrette per tutto l'Ottocento a consumi frugali. Con i loro redditi, infatti, difficilmente erano in grado
di superare il soddisfacimento dei bisogni primari (alimentazione, abbigliamento, alloggio); il proletariato, soprattutto agricolo, in molti casi aveva conosciuto situazioni di
miseria spaventosa, che gli avevano impedito di varcare stabilmente la soglia della sopravvivenza fisica.
Grazie all'innovazione tecnologica e alla riorganizzazione della produzione (organizzazione taylOlista del lavoro) questi gruppi sociali cominciarono ad accedere alla fruizione del beni, che l'impresa moderna era in grado di fornire su scala sempre più larga é a
prezzi tendenzialmente più bassi.
Se gli strati più alti della borghesia avevano già inizi.ato a usufruire di beni di consumo
prodotti industrialmenle fin dalla metà del secolo, è solo alla fine dell'Ottocento che
anche la piccola e la media borghesia possono accedere all'universo del comfort prodotto in selie.
A ciò si deve aggiungere l'aumento dei salari delle classi lavoratrici generato dalla cliffusione dell'industrializzazione e dallo sviluppo dei sindacati, che riuscirono a garantire una più equa disnibuzione dei redditi.
Un'economia basata sul consumo di massa pOlé quindi affermarsi Ciò significava non
solo produrre per l'esportazione, ma anche realizzare una quantità maggiore di prodotti per un mercato interno in espansione È in quest'epoca, infatti, che il livello di vita
aumenta in maniera sensibile, che il commercio mondiale si intensifica, che la tecnica
rende i manufatti più a buon mercato, che la scoperta di nuove fonti di derrate alimentari e di materie prime riduce i prezzi di base Un pubblico dall'ampiezza sconcertante
lispetto al passato poté avvicinarsi a consumi e comportamenti talvolta nuovi in assoluto, talvolta finalmente disponibili, dopo essere stati propri soltanto dei ceti sociali più
elevati.
Grandi magazzini, stadi e cinema
Nasce
la grande distribuzione
dei prodotti, che adotta
a suo supporto
la pubblicità
738
La trasformazione del mercato non liguardò soltanto la produzione, ma implicò un
cambiamento radicale anche nei sistemi di dislribuzione, fino ad allora basati sulla rete delle botteghe, sul commercio ambulante e sullo scambio in natura tra artigiani, contadini e lavoratori manuali. Già nella seconda metà dell'Ottocento, nelle grandi citlà,
prime fra tutte Londra, PaÙgi e New York, erano comparsi l "grandi magazzini", grandi fabbricati a più piani dove era possibile trovare di tutto dal1'abbigharnento ai prodotti per la casa, dai mobili agli articoli per il cucito, dai libri e i rotocalchi ai materiali
per scrivere, ai generi ali.mentari Il primo grande magazzino fu aperto a Parigi nel
1852 con il nome emblematico di Bon Marché, e ad esso ne seguirono altri, destinali a
diventare il simbolo di questo nuovo modo di vendere e di comperare, nel quale era
scomparso ogni rapporto diretto tra acquirente e venditore: Harrod's, La[ayette, che ancora oggi sono attivi.
Capitolo 18, CeLàdell'imperialismo e la società di massa
Affissione pubblicitaria ritraente i magazzini Crespin e
Dufayel. Colpisce l'eleganza degli
ambienti, dove tuttavia sono poste
in vendita merci adatte per ogni categoria di acquirenti. Oltre all'introduzione della grande distribuzione, i grandi magazzini segnano
['inizio di un nuovo modo di impiegare il tempo libero, girellando fra
i banconi e distraendosi con la varietà delle merci in mostra, in un
vero e proprio rito del consumo.
La pubblicità
favorisce la diffusione
della stampa quotidiana
e periodica
Il mutamento
dei consumi
coinvolge anche la sfera
del tempo libero
La distribuzione su larga scala richiedeva però la creazione di nuovi sistemi informativi per avvicinare una massa crescente e dispersa di consumatori a una quantità enormemente più ampia di prodotti. Nacque così la pubblicità, cioè un insieme di messaggi fatti di disegni, di fotografie e di slogan, inseriti a pagamento su giornali, rotocalchi,
ma anche esposti su tram e mezzi pubblici, oppure su grandi cartelloni affissi ai muri,
volti a stimolare gli acquisti.
La pubblicità servì inoltre come strumento per favorire la diffusione della stampa quotidiana e periodica perché consentiva di abbassare i costi di produzione; si innescò così
un circolo virtuoso poiché più la stampa aumentava i propri lettori più raccoglieva pubblicità, ma più era elevata la raccolta pubblicitaria più cresceva la possibilità di aumentare il pubblico dei lettori, soprattutto man mano che la diffusione della scolarizzazione
faceva lievitare il numero delle persone capaci di leggere. Nacquero così i grandi quotidiani d'opinione, i settimanali d'informazione, la stampa per i ragazzi, i rotocalchi femminili, sulle cui pagine comparvero i primi "romanzi d'appendice", a puntate, antesignani del fotoromanzo, diffusosi a partire dagli anni trenta, e della soap opera televisiva.
Erano questi i mezzi di comunicazione di massa che dagli anni dieci del Novecento si
arricchirono di una straordinaria invenzione: la radio.
Lo sviluppo del mercato toccava dunque anche il tempo libero, oltre che i generi di
prima necessità; anzi, fu proprio in questo ambito che la diffusione dei consumi si trasformò in una vera e propria rivoluzione delle abitudini e dei comportamenti collettivi.
A cavallo tra Ottocento e Novecento si svilupparono infatti i grandi sport di massa come il calcio, l'automobilismo, l'atletica e il ciclismo, parallelamente alla nascita del cinema: l'autodromo, il velodromo, la sala cinematografica, lo stadio divennero i nuovi
spazi dove le masse passavano la domenica e le festività, affiancandosi o addirittura sostituendo la chiesa, l'osteria e la piazza che avevano rappresentato i luoghi pubblici
dell'Ottocento. Mentre ilbenessere toccava gli strati più bassi e si diffondeva, incominciava l'imitazione dei modelli di comportamento un tempo appannaggio dell'alta borghesia: iniziavano le vacanze estive al mare e il turismo di massa, che fu notevolmente accelerato dalla diffusione dell'automobile "utilitaria"; infatti, se il "modello T" di
739
UdA 6, lmpen,
masse, nazioni
Ford uscì nel 1908, la "Zero" italiana, prodotta dalla Fiat (Fabbrica italiana automobili
Torino, nata nel 1899), apparve nel 1912 le visite compiute da Agnelli in America e alle Ofhcine Ford gli avevano fatto comprendere che l'azienda avrebbe potuto decollare
solo grazie alla produzione di massa.
La diffusione della stampa
confronti
Anno di riferimento
Gran Bretaona
Stati Uniti
Francia
Italia
Russia
Giappone
1905
1910
1913
1913
1913
1915
Popolazione lin milioni)
Copie lin milioni)
40
92
39
36
Abitanti per copia
8
3,8
6,5
12
58
12
24,2
173
52
4,3
verifica breve
o Quali furono
i fattori della crescita dei consumi nei primi decenni del XXsecolo?
la diffusione dei consumi?
e Quali furono
le conseguenze
e Quali strumenti
furono ideati a supporto del-
della crescita dei consumi sulle abitudini nel tempo libero?
La crisi dello stato liberale
ringresso delle masse nella vita civile
Le masse entrano a far
parte della vita politica
delle nazioni
La partecipazione
alla vita politica
attraverso il suffragio
si allarga
740
Grazie allo sviluppo dei consumi masse crescenti di popolazione vennero integrate nel
mercato. A questo fenomeno corrispose una nuova domanda di partecipazione politica avanzata da questi soggetti sociali che, fino ad allora, erano stati esclusi dalla vita
civile, soprattutto perché non erano depositari del diritto di voto, che, nello stato liberale, costituiva il fondamento della sovranità.
I sistemi politici degli stati liberali aUavigilia della grande crisi erano caratterizzati da alcuni tratti comuni: i sistemi elettorali erano fondati sui collegt uninominali (in ogni circosClizione si eleggeva un solo deputato), a maggioranza semplice (lisultava vincitore il
candidato che otteneva ilmaggior numero di voti), a uno o due turnl; il diritto di voto era
limitato ai cittadini maschi, cui si aggiungevano altre limitazioni di nalura censitaria; le
competizioni elettorali erano listrette a pochi notabili locali, che avevano rapporti diretti
con i propri, pochi eleuori, e che non erano organizzati in partiti veli e propli, anche se
nei parlamenti erano riconoscibili due raggruppamenti, uno moderato conservatore, e
l'altro liberal-progressista o democratico. Nel quarantennio 1870-1910 l'Europa industriale conobbe una profonda trasfonnazione del suo sistema politico, sull'onda di un fenomeno saliente: il progressivo ingresso delle masse nella vita politica delle nazioni.
Negli anni cruciali dei quali ci stiamo occupando, la fisionomia istituzionale delle nazioni europee, rette in genere da monarchie costituzionali (nel 1870 solo la Francia era
una repubblica parlamentare), rappresentava illisultato di un processo iniziato negli
anni trenta. In questo periodo si assistette a un ampliamento della partecipazione alla vita politica da parte di strati sempre più larghi di cittadini. Nel 1830, nei regimi
politici più aperti, come la monarchia orléanista o il parlamemarismo inglese, il voto
era un diritto acquisito da pochissime persone, generalmente coincidenti con i ceti
proprietari, la borghesia commerciale manifatturiera e le alte proCessioni:in Francia riguardava lo 0,55% della popolazione, in Gran Brelagna il2.15%.
Capitolo 18, Letà dell'imperialismo e la società di massa
Già nel 1832, in Inghilterra, una riforma elettorale aveva esteso il numero dei votanti
a poco più del 3% della popolazione, affidando lo sviluppo della partecipazione politica alla crescita dei redditi individuali, che nel frattempo l'industrializzazione stava promuovendo. La monarchia inglese e i governi liberali che si alternarono in quegli anni
respinsero le pressioni provenienti dal ~ movimento (artista, fondato nel 1836 da William
Lovett, che rivendicava il suffragio universale maschile. In ogni caso tra il 1832 e il
1867, anno nel quale venne approvata una nuova legge di riforma elettorale, il diritto
di voto era raddoppiato, raggiungendo il 5% della popolazione. Dopo il 1867 si verificò un ulteriore balzo in avanti: in Inghilterra e in Scozia circa un terzo dei cittadini
maschi ottenne il diritto di voto.
La situazione della Francia rappresentava un'anomalia in Europa; dopo il 1848, infatti, fu l'unico paese a inserire nel suo sistema politico il suffragio universale maschile,
che costituiva il retaggio storico più profondo della rivoluzione del 1789, ma che consentì a Luigi Bonaparte, il futuro imperatore Napoleone III, di legittimare la propria dittatura. In questo quadro la legge elettorale italiana si contraddistinse per essere particolarmente restrittiva: nel 1861, gli iscritti nelle liste elettorali non raggiungevano il
mezzo milione, meno del 2% della popolazione. In Germania, dopo il 1871 la
Costituzione che sanciva il potere della monarchia e del governo sul parlamento, ne
stabiliva invece l'elezione a suffragio universale maschile, seppure con i limiti imposti
dal livello del reddito.
!
confronti
'
~
., ,.
l'estensione deLsuffragio maschile
1900-10
1870-80
Paese
Austria
Belqio
Danimarca
Finlandia
Francia
Germania
Inqhilterra
Irlanda
Italia
Norveqia
Olanda
Svezia
Svizzera
totale
elettori
1249000
107000
279000
126000
10631000
7656000
2553000
227 000
572 000
81000
104000
256000
639000
24480000
% pop. tot,
10,6
3,7
26,5
8,3
43,7
33,0
14,9
7,7
3,6
8,5
5,0
10,2
38,7
1920
% pop. tot.
elettori
-
1473000
461000
1269000
11342000
13 353 000
7265000
37,7
29,8
74,9
43,7
38,3
28,5
2541000
447000
753000
432000
780000
40116000
13,5
35,2
24,4
14,0
37,4
-
elettori
% pop. tot.
85,9
45,5
70,0
74,1
43,4
95,1
74,8
77,5
52,5
86,9
80,7
96,3
40,3
3752000
2227000
1274000
1439000
11446000
35950000
21392000
1430000
11477 000
1351000
3300000
3223000
983000
99244000
Fanno la loro comparsa
nuovi movimenti
politici, come i partiti
socialisti, promossi
anche dal diffondersi
dei sindacati
g
g
pp
pagn
p
p
741
UelA 6, Imperi, masse, nazioni
Una sostenitrice del suffragio femminile manifesta
le sue opinioni. Il movimento per ilvoto alle donne,
diviso nelle due tendenze delle legalitarie suffragiste e
delle piu radicali suffragette, si diffuse in particolare in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Soprattutto Lesuffragiste
inglesi nusdrono ad animare un vasto movimento di opi.
nione, che ricorreva a forme clamorose di manifestazione.
Iniziano a manifestarsi
anche movimenti
femministi, che
rivendicano il diritto
di voto per le donne
742
l
ultimo, nel 1898, venne fondato il Partito socialdemocratico russo. Lavvicinamento alla partecipazione politica di grandi masse di lavoratori fu stimolato anche dallo sviluppo dei sindacati, che in quegli anni conobbero un notevolissimo incremento dei loro
iscritti e una penetrazione capillare nelle fabbriche e nelle campagne.
Un contributo altrettanto notevole all'estensione della partecipazione politica e, per
conseguenza, alla dissoluzione del sistema politico liberale fu dato dai vari movimenti
femministi; tali movimenti fecero del diritto di voto un obiettivo d'importanza decisiva per la conquista dell'emancipazione della donna, che nella società borghese era tenuta ancora in una condizione di notevole subordinazione.
I primi movimenti si svilupparono negli Stati Uniti con la creazione, nel 1866, di due
associazioni, una progressista e una moderata, che si proponevano di ottenere l'estensione dei diritti elettorali alle donne.
Lanno seguente, in Inghilterra, venne fondata la Società nazionale per ilvoto femminile che ottenne, due anni dopo, l'estensione alle donne del voto amministrativo.
Nel 1870, in Francia, nacque l'Associazione per i diritti di voto delle donne. Anche in
Italia sorsero organismi per l'affermazione dei diritti politici e sociali delle donne: nel
1881 Anna Maria Mozzoni fondò la Lega promotrice degli interessi femminili, che si
proponeva di combinare la battaglia per il diritto al voto con quella per l'estensione
delle tutele sindacali al lavoro femminile.
Questi movimenti non ebbero risultati immediati: infatti, solo dopo la Prima guerra
mondiale le donne cominciarono a ottenere il diritto al suffragio (da qui il nome di
"suffragette" dato alle donne impegnate nei movimenti femministi).
Ciò non toglie che le lotte di massa delle donne favorirono il processo di estensione
della base elettorale negli stati liberali, che si avviarono a diventare autentiche democrazie parlamentari: la riforma elettorale inglese del 1884-85, pur rifiutando il principio del suffragio universale, assicurò il diritto di voto a circa il 65% della popolazione
maschile; anche in Italia la nuova legge elettorale, promulgata nel 1882 dal governo
della Sinistra, aumentò di circa quattro volte il numero degli aventi diritto al voto.
Capitolo 18, Cetà dell'imperialismo e la società di massa
Verso la democrazia dei partiti
I sistemi elettorali
uninominali vengono
sostituiti da sistemi
proporzionali, nei quali
svolgono un ruolo
cruciale i moderni
partiti di massa
I partiti politici
assumono la loro
fisionomia di forme
organizzative stabili
e basate sul consenso
di massa
La trasformazione in senso democratico delle monarchie parlamentari fu accelerata dal
superamento dei sistemi elettorali uninominali che si verificò, quasi dappertutto, alla svolta del nuovo secolo. Il sistema uninominale non solo rischiava di dare la maggioranza in parlamento a un partito che era minoritario dal punto di vista del numero
reale dei suffragi ottenuti, ma riduceva anche la lotta politica a due sole formazioni antagoniste, impedendo in questo modo la creazione di un articolato sistema di partiti.
Già l'introduzione dell'elezione a doppio turno in Francia, combinata con il correttivo
della maggioranza assoluta al primo turno, andava nella direzione di allargare la rappresentanza politica; ma solo l'introduzione di ampi collegi plurinominali, nei quali
potevano essere eletti più candidati, come era previsto dai sistemi proporzionali, poteva consentire di superare quella forma di lotta politica fondata sullo scontro di notabili locali, propria degli stati liberali, e consegnarla a grandi partiti di massa, espressione delle classi sociali attive nella nazione.
Nel passaggio dallo stato liberale allo stato democratico va collocata, dunque, la nascita dei moderni partiti di massa. Nella storia europea, già dagli inizi dell'Ottocento, la
vita politica delle nazioni più progredite appare dominata dai partiti, cioè da libere associazioni che si prefiggono di raggiungere determinati obiettivi di interesse pubblico,
primo fra tutti il mantenimento o il cambiamento delle istituzioni politiche. È stato il liberalismo l'ambito politico e culturale nel quale si sono venuti formando i partiti: i partiti liberali, però, erano raggruppamenti di notabili che avevano la loro genesi nel parlamento, senza strutture organizzative diffuse sul territorio, perché il sistema uninominaIe favoriva i rapporti diretti tra gli elettori e i loro rappresentanti.
A mano a mano che cresceva il numero degli elettori e si diversificava la base sociale
degli aventi diritto al voto, con l'inserimento di vasti settori della piccola borghesia, dei
ceti medi urbani e rurali e soprattutto delle classi lavoratrici, diventava però sempre più
difficile controllare gli elettori attraverso i saltuari rapporti personali dei singoli candidati. Divenne indispensabile dunque dotarsi di strutture organizzative stabili, seppur
modeste, capaci di organizzare la mobilitazione attorno ai programmi e ai candidati
durante le campagne elettorali. In questa direzione si mosse l'evoluzione dei partiti inglesi, dei partiti repubblicano e democratico negli Usa, di buona parte dei partiti liberali moderati europei a partire da quello italiano, fino al Partito repubblicano francese
al potere nella Terza repubblica.
I partiti socialisti, i cattolici e i movimenti reazionari
La spinta
aIrorganizzazione dei
partiti nasce dapprima
in campo socialista
RICORDA CHE
LaPrima internazionale, prima forma di organizzazione del movimento socialista, aveva operato
dal 1864 al 1876
La forma del partito
di massa si estende
al mondo cattolico
La riorganizzazione dell'attività politica si impose soprattutto per fronteggiare l'avanzata dei partiti socialisti, che si dotarono di una struttura diversa da quella dei "partiti
elettorali" di origine liberale. I movimenti socialisti, infatti, poiché nacquero all'esterno
dei parlamenti e del sistema di potere dei notabili, diedero vita a complesse macchine
organizzative, fortemente insediate a livello sociale tra i lavoratori che intendevano rappresentare, e strettamente collegate ad altri momenti organizzativi del proletariato, come i sindacati e le associazioni cooperative Si svilupparono così grandi partiti di massa con migliaia di iscritti, capaci di promuovere un'attività costante di organizzazione
politica presso i propri aderenti, attraverso una capillare struttura di funzionari che
svolgevano il "mestiere" del politico di professione. Nel 1889 i partiti socialisti europei
diedero vita a un organismo internazionale, la Seconda internazionale, per coordinare a livello europeo la loro azione politica ed elaborare strategie comuni.
Nel conflitto tra i liberali moderati, alla guida dei governi di tutti i paesi industrializzati, e i partiti socialisti, soprattutto in Italia e in Germania, presero corpo i partiti cattolici: il Zentrum tedesco, che sostenne, tra il 1870 e il 1875, la battaglia contro il tentativo di Bismarck di sottoporre la chiesa cattolica a un rigido controllo statale e che ebbe un peso decisivo nel sistema dei partiti in Germania fino all'avvento del nazismo nel
743
UdA 6, lmperi, masse, nazioni
Dipinto di Robert Koehler, Il socialista. L'organizzazione del movimento operaio portò con sé
la nascita della figura del quadro di partito, impegnato nell'organizzazione dei lavoratori e in attività di
propaganda, come l'oratore qui ritratto. Il ruolo di
questi personaggi fu importantissimo, come pure
l'impegno delle varie organizzazioni socialiste per la
diffusione di una maggiore preparazione politica e
culturale delle masse, fino ad allora ai margini di ogni
opportunità di formazione.
La rappresentanza
politica dei ceti
contadini rappresenta
uno dei problemi
più complessi
della scena politica
Contemporaneamente
alla nascita dei partiti
socialisti sorgono grandi
movimenti di carattere
reazionario e nazionalista
744
1933; il movimento della Democrazia cristiana fondato da Romolo Murri nel 1900, da]
cui alveo nel 1919 sarebbe nato il Partito popolare italiano, primo partito cattolico eh
massa in Italia
Una delle grandi questioni irrisolte, che altraversò la storia dei movimenti socialisti, fu
la questione contadina, vale a dire l'individuazione di una stralegia politica capace di
aggregare la massa dei contadini, soprattutto quelli poveri, alle lotte e all'iniziativa politica del movimento operaio.
In effetti, i processi attraverso i quali i contadini entrarono a far parte della vita politica
furono assai più complessi e meno lineari di quelli seguiti dagli operai di fabbrica residenti nei grandi centri urbani.
In alcuni paesi, come la Francia e la Germania, essi non riuscirono a esprimersi autonomamente e fornirono una base di massa a partiti egemonizzati dalla grande proprietà
terriera conservatrice e reazionaria In altri paesi, per esempio in ILalianell'area padana,
dove si erano sviluppate forme capitalistiche di produzione agricola, i contadini aderirono largamente al movimento operaio divenendone una componente costitutiva.
Anche i movimenti e le organizzazioni di ispirazione cattolica si livolsero alle masse
contadine per darsi una base di consenso e di azione politica. Le forze cattoliche, che a
lungo erano rimaste estranee alla politica per la fiera opposizione della chiesa allo stato
liberale, rientravano in gioco sulla spinta dell'enciclica Rerum novarW11 (1891), promulgata da Leone XIII, che sarebbe diventata il punto di liferimento del pensiero sociale cristiano.
Solo negli Stati Uniti il ceto dei piccoli e medi proprietari terrieri diede vita a un partito autonomo, il People's Party, che elaborò un programma di difesa degli interessi contadini e tentò di svolgere, ma senza successo, un ruolo nella vita politica americana.
La formazione di movimenti di massa non interessò solamente il mondo operaio e
quello contadino Parallelamente a questi processi, l'Europa fu percorsa da grandi movimenti di carattere reazionario, nei quali confluirono, oltre alle classi dominanli, anche straLlsociali più bassi, di estrazione piccolo borghese e popolare. Quesli movimenti presentavano caralteristiche abbastanza diverse; i fattori che comunque li accomuna-
Capilolo 18, L:età dell'imperialismo
e la socielà di massa
vano tutti, dall'Actionjrançaise, fondata da Charles Maurras, alla Lega dell'arcivescovo
Michele in Russia, erano un nazionalismo esasperato e un violento antisemitismo
Nazionalismo e razzismo si combinavano poi a un furore antidemocratico, a un odio
per la massa e per i suoi progetti di emancipazione e al rifiuto di una società sempre più
caratterizzata dalla presenza attiva dei ceti popolari.
Il modello cui tendevano questi movimenti era una società rigorosamente gerarchica,
sottoposta alla volontà dei capi, nella quale fosse cancellato il contrasto degli interessi
di classe, tipico di ogni sistema politico rappresentativo.
verifica breve
o Quale
tendenza
sero i movimenti
ma all'inizio
si attua in questo
politici?
e Quale
periodo
obiettivo
del XX secolo? Cl) Attraverso
to operarono
in particolare
le nascenti
per quanto
quale strumento
associazioni
la partecipazione
i primi movimenti
i partiti
cattoliche?
Cartismo Movimento politico e sociale inglese (18361839) che prese nome dalla
gLossario
riguarda
si proponevano
socialisti
O Quali
si coordinarono
erano i tratti
People's Charter ("Carta del
popolo"), un programma di
riforme del sistema elettora-
delle masse? f) Quale nuova forma assun-
politica
femministi?
O Quale
tipo di sistema
a livello internazionale?
distintivi
dei movimenti
elettorale
Cl) In quale ambi-
reazionari
le in senso democratico, cui
si aggiungevano alcune richieste di carattere sociale
si affer-
di massa?
che anticipavano le rivendicazioni del nascente movimento socialista.
l
La nazionalizzazione
del movimento operaio
La scelta legalitaria del socialismo internazionale
Il movimento operaio
si "nazionalizza"
Nelle nuove formazioni
politiche
la
strategia
riformistica e legalitaria
prevale sulle aspirazioni
rivoluzionarie
Nel paragrafo precedente abbiamo messo in evidenza come l'immissione delle masse
operaie nel sislema politico fosse avvenuta essenzialmente attraverso le grandi organizzazioni sindacali e, soprattutto, attraverso i partiti socialisti, che tra il 1875 e il 1898 si
formarono in quasi tutti i paesi europei
La fomlazione di partiti socialisti di massa a livello dei singoli stati, che potremmo definire la nazionalizzazione del movimento operaio, risulta fortemente connessa alla siluazione economico-sociale nella quale le organizzazioni dei lavoratOli si trovarono a
operare nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento: se l'internazionalismo era stato il frutto dell'internazionalizzazione del mercato mondiale nell'epoca del liberismo, la
formazione dei sindacati e dei partiti nazionali si configurò come l'espressione della
frammentazione del mercato deternlinata dal protezionismo e dai vincoli sempre più
stretti tra l'economia e lo stato nazionale
Questo processo coincise con la definitiva scelta legalitaria del socialismo internazionale, che individuò nel parlamento e nelle elezioni gli strumenti principali attraverso cui realizzare i propri obiettivi di trasformazione sociale. Ciò significò l'allontanamento della prospettiva rivoluzionaria che rimase più un orizzonte ideale che una slrategia politica effettiva, perseguita soltanto da listrette minoranze prevalentemente concentrate in alcune situazioni nazionali, come in Russia, dove la vita democratica era
completamente assente. I gll.lppi dirigenti si concentrarono invece sul "programma minimo", cioè su una strategia riformista, volla a conseguire risultati concreti all'interno
del sistema politico ed economico esistente.
In questo periodo, però, i partiti socialisti e i sindacati dovettero affrontare, pur nella
745
UeIA 6, Imperi, masse, nazioni
'A8. \,Calendario deL lavoratore del 1896, diffuso
l
'~_.,i'
dai socialisti dopo le elezioni del 1895, con
Ca-
I le effigi dei nuovi eletti nelle fila del partito.
'/lendari, stampa popolare e almanacchi furono gli
strumenti favoriti della propaganda ideologica
. socialista, che si proponeva come una risposta
complessiva e coerente ai bisogni culturali delle
classi lavoratrici, promuovendone
['identità di
classe e la consapevolezza dei propri diritti.
specificità delle diverse realtà nazionali, problemi comuni. Innanzitutto, la lotta contro
le tendenze autoritarie che accomunarono la Germania di Bismarck, l'Italia di Crispi e
la Francia, percorsa dalla pressione dei gruppi reazionari, il cui esito fu una dura legislazione antisocialista che fece ripiombare in alcuni momenti il movimento nell'illegalità. In questo quadro le lotte per una più ampia vita democratica, nella quale i partiti
operai e i sindacati avessero piena cittadinanza, si saldarono a quelle per ottenere una
legislazione sociale che tutelasse il lavoro (riduzione degli orari, legislazione di difesa
del lavoro in fabbrica, assicurazioni contro le malattie e gli infortuni).
Sul tronco di questa omogeneità di situazioni maturarono le condizioni di una ripresa
dell'internazionalismo,
inteso però come creazione di organismi sovranazionali, che
coordinassero l'attività e il dibattito teorico dei singoli partiti nazionali.
La Seconda internazionale
Attraverso la Seconda
internazionale viene
in parte ripristinata una
forma di collaborazione
internazionale dei partiti
socialisti
746
Momento saliente di questo processo, che prese le mosse agli inizi degli anni ottanta, fu
il congresso dei partiti marxisti che si tenne a Parigi nel 1889, nel quale i massimi dirigenti del movimento operaio europeo, sotto la spinta di quelli tedeschi e francesi, convennero sulla necessità di riprendere l'attività internazionale attraverso congressi da tenersi periodicamente. Il primo di questi congressi, tenuto a Bruxelles nel 1891, segnò
l'inizio della Seconda internazionale.
Le chiusure nazionali, che erano fortemente radicate in tutti i partiti, impedirono però,
per oltre un decennio, la costituzione di strutture permanenti e autonome: solo nel 1900,
infatti, venne istituito il Bureau socialiste intemational, che costituì il vero centro propulsivo della Seconda internazionale. I temi che vennero affrontati nei congressi internazionali furono estremamente vari, ma fra essi alcuni ebbero un carattere prioritario.
Innanzitutto, la definitiva accettazione del parlamentarismo, che, fino al congresso
di Londra del 1896, sollevò notevolissime opposizioni e perplessità pratiche e teoriche
da parte di numerose componenti del movimento operaio. Alle tesi favorevoli al parlamentarismo, sostenute dagli esponenti dei massimi partiti socialisti, che proprio in
quegli anni cominciavano a conseguire successi elettorali notevoli e ad inviare forti de-
Capitolo 18
Emilio Longoni, L'oratore dello scioL'artista riproduce con taglio
quasi fotografico un'immagine rappresentativa del nuovo clima politico, nel quale si
manifestano per la prima volta cortei e
manifestazioni dei lavoratori. È un primo
avviso dell'irrompere delle masse sulla
scena politica, un fenomeno che sfoderà
nelle grandi battaglie ideologiche deUa
prima metà del XXsecolo.
I:indirizzo
anarcosindacalista
rifiuta il tatticismo
dei partiti socialisti
nel nome delf"azione
diretta" dei lavoratori
legazioni di deputati al parlamento, si contrapponevano sia i gruppi che facevano riferimento al "tradeunionismo" inglese, da sempre ostili alla formazione di partiti politici
autonomi della classe operaia (tanto è vero che il Partito laburista si costituì solo nel
1906), sia gli anarchici; si contrapponeva soprattutto una nuova componente cresciuta
nelle lotte sindacali, il cui maggior esponente era Georges Sorel.
Questa tendenza, chiamata appunto sindacalismo rivoluzionario o anarcosindacalismo, puntava sull'''azione diretta" del proletariato, svincolata da ogni sudditanza alle
strategie dei partiti, giudicate opportunistiche e troppo invischiate con le alchimie e i
compromessi dei giochi parlamentari.
Il sindacalismo rivoluzionario si affermò soprattutto là dove i sindacati erano più deboli, come in Italia, in Spagna e in Francia, dove trovò la sua base più forte nella
Confederazione generale del lavoro francese, fondata nel 1895.
Non va dimenticato poi che questa corrente, attraverso gli Iww (IndustriaI Worhers oJ the
WorId), quella parte del movimento sindacale che, negli Usa, mirava alla solidarietà fra
tutti i lavoratori, fu una delle componenti essenziali del movimento operaio americano.
All'interno del gruppo egemone, di orientamento marxista, emersero poi altri contrasti
sulla strategia da seguire. Essi si manifestarono in realtà come divergenze interne alla
socialdemocrazia tedesca, ma, dato il peso che essa ricopriva a livello europeo, si imposero nel dibattito internazionale.
Il riformismo di Eduard Bernstein
Bernstein teorizza,
rivedendo le previsioni
marxiane, la necessità
di seguire una linea
riformista di correzione,
e non di superamento,
del capitalismo
Alla base di questo scontro politico vi furono le teorie di un dirigente socialdemocratico, Eduard Bernstein, che implicavano una revisione complessiva del pensiero di
Marx e di Engels. Sulla base di quanto stava accadendo in tutto l'Occidente industrializzato agli inizi del Novecento, dove stava prendendo corpo una nuova fase di slancio
economico, Bernstein contestò la teoria marxiana dell'ineluttabilità del superamento
del capitalismo, destinato a crollare per le sue stesse contraddizioni. Il superamento
della crisi - secondo Bernstein - aveva invece dimostrato che il capitalismo possedeva
al suo interno notevoli e insospettate capacità di autoregolazione che gli garantivano
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VelA 6, Imperi, masse, nazioni
[indirizzo riformista
prevale nella prassi
politica dei vari partiti
socialisti
confronti
possibililà di sopravvivenza forse inesauribili. Lindustlializzazione, poi, non aveva prodOllOla polarizzazione sociale CimprenditOli da un lato, proletaliato dall'altro) preconizzata da Karl Marx, bensì la crescita delle classi medie e un relativo benessere dei
lavoratori.
La classe operaia avrebbe dovuto, quindi, orientare la sua azione non per impadronirsi
del pOlere con la livoluzione, ma per riformare lo stato, riplasmandolo sempre piÙ in
senso democratico.
Nel congresso di Amsterdam del 1904, la Seconda internazionale respinse le teorie di
Bernstein e i marxisti ortodossi, capeggiati da Karl Kautsky, massimo teOlico della Spd
e discepolo di Engels, ebbero il sopravvento Sopravvento piÙ formale che sostanziale,
però, perché in realtà, nonostante le petizionl di principio, il riformismo bernsteiniallo
divenne la strategia reale seguita dai grandi partiti operai
Questa scelta, se condusse alla conquista di significative garanzie sociali e politiche per
ilmovimento dei lavoratori, determinò una progressiva subordinazione dei partiti socialisti alle strategie delle diverse borghesie nazionali
Ciò emerse con chiarezza a proposito del colonialismo, nei confronti del quale la
Seconda imernazionale tenne una posizione ambigua, che spinse alcuni suoi dirigenti a
teorizzare persino un "colonialismo socialista". Era l'esempio piÙ evidente di quale peso
avesse nei gruppi dirigenti dei singoli partiti l'adesione alle scelte politiche dei diversi
stati e di quale penetrazione avessero avuto certi fermenti ideologici come il colonialismo e il razzismo, che onllai attraversavano la società, toccando tutti i gruppi sociali
Di fronte a queste tendenze, l'internazionalismo mostrava i suoi limiti e allo scoppio
della Prima guerra mondiale, nonostante tutte le a[[ermazioni antimilitariste che erano
state approvale nei congressi della Seconda imernazionale, i singoli partiti socialisti, a
cominciare dalla Spd e con la sola eccezione del Psi, votarono nei rispettivi paesi i crediti di guerra, indispensabili per avviare la mobilllazione della macchina bellica.
Ortodossia marxista e revisionismo
Previsione sulle sorti del capitalismo
Obiettivo
Strategia
Marxismo
Dissoluzione per contraddizioni interne
Supera mento della proprietà privata
Rivoluzionaria
Revisionismo
Capacità di evoluzione e adattamento
Riforme attraverso lo stato
Parlamentare
verifica breve
o Quale strategia
ternazionale?
prevalse nei partiti socialisti nazionali nati fra il 1875 e il 1898?
e Quali correnti si opponevano
alla piena accettazione del parlamentarismo?
nismo di Bernstein? Cl) Quale linea politica prevalse nell'Internazionale?
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e Quali organi di attività
Cl» A quali
O Quali tesi
si dette la Seconda in-
caratterizzavano il revisio-
criteri si ispirava la prassi dei partiti socialisti?
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