Verso la società di massa - Liceo Classico Psicopedagogico Cesare

Verso la società di massa
Tasche, Passeggio sulla Ringstrasse (1908)
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Le relazioni sociali
“La moltitudine, improvvisamente, s’è fatta visibile. Prima , se esisteva, passava
inavvertita, occupava il fondo della scena sociale; adesso s’è avanzata nelle prime
linee, è essa stessa il personaggio principale. Ormai non ci sono più protagonisti:
c’è soltanto un coro” (Ortega y Gasset, La ribellione delle masse, 1930).
J. Ensor, Maschere (1892)
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Una moltitudine indifferenziata popola gli agglomerati urbani, nei quali le relazioni
umane hanno spesso un carattere anonimo e impersonale. Il sistema dei rapporti
sociali non passa più attraverso le piccole comunità tradizionali (locali, religiose, di
mestiere), ma fa capo alle grandi istituzioni nazionali (politiche, burocratiche,
amministrative). Gli individui sono ormai entrati, come produttori e come
consumatori, nel circolo dell’economia di mercato.
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La razionalizzazione produttiva
La vita economia, agli inizi del Novecento, entrò nell’era dell’organizzazione scientifica del
lavoro. La nuova filosofia industriale (Fordismo e Taylorismo ) combinò consumi di massa,
prezzi competitivi, alti salari.
Charlot, Tempi moderni (1931)
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I nuovi ceti
La società di massa promuove non solo l’uniformità dei comportamenti e dei modelli
culturali, ma anche una più mobile e complessa stratificazione sociale. Si accentua la
distinzione tra manodopera generica e lavoratori qualificati (le aristocrazie operaie).
L’espansione del settore terziario e la crescita degli apparati burocratici aumentarono la
consistenza di un ceto medio urbano (colletti bianchi), che coltivava i valori tipici della
borghesia: individualismo, rispettabilità, proprietà privata, risparmio, ordine, patriottismo.
Istruzione e informazione
Il sistema scolastico viene statalizzato e laicizzato: la scolarizzazione di massa rappresentò
non solo uno strumento di elevazione sociale, ma anche un canale mediante il quale lo stato
moderno poté diffondere i suoi valori tra le nuovi generazioni. La diffusione della stampa
quotidiana e periodica determinò un progressivo allargamento dell’area di coloro che
contribuivano a formare l’opinione pubblica.
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Gli eserciti di massa
Gli ordinamenti militari furono riformati secondo il principio dei “cittadini in armi”. La leva di massa
permise agli stati di estendere la loro capacità di controllo sulla società civile.
Suffragio universale, partiti di massa, sindacati
I segni della tendenza verso una più larga partecipazione alla vita politica furono l’estensione del
diritto di voto, la formazione di partiti di massa, la creazione di organizzazioni sindacali.
La questione femminile
L’unico intellettuale capace di richiamare l’attenzione sulla condizione femminile, nel periodo
considerato, fu J. Stuart Mill (Sulla schiavitù della donna, 1869). Ancora alla fine dell’800 le donne
erano escluse ovunque dall’elettorato attivo e passivo, e in molti paesi anche dalla possibilità di
accedere agli studi universitari ed alle professioni. Solo in Gran Bretagna il movimento femminile,
sotto la guida di Emmeline Pankhurst, trovò udienza presso alcuni deputati laburisti. La lotta per il
diritto al suffragio fu coronata da successo nel 1918.
Riforme e legislazione sociale
Sotto la pressione delle organizzazioni sindacali furono introdotte nei maggiori stati europei sistemi
di assicurazione contro gli infortuni e di previdenza per la vecchiaia, ed anche sussidi per i
disoccupati, limitazioni agli orari giornalieri degli operai e fu sancito il diritto al riposo settimanale.
per sopperire all’aumento del bilancio, gli atti riformarono il fisco, introducendo il principio della
progressività del carico fiscale. Si affermò così l’idea che compito dello stato non fosse solo quello
di garantire i meccanismi di formazione della ricchezza, ma anche quello di assicurare una sua più
equa distribuzione tra i cittadini.
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I partiti socialisti e la Seconda Internazionale
Nel 1875 nacque il partito socialdemocratico tedesco, nel 1906 il partito laburista.
A Parigi, nel 1889, sorse la II Internazionale. Il movimento operaio oscillò, in
questo periodo, tra la dottrina ufficiale marxista ed il revisionismo di Bernstein
(accettare di essere i partiti delle riforme sociali e democratiche: la società
socialista non sarebbe nata da una rottura rivoluzionaria, bensì da una
trasformazione graduale). Contro l’ipotesi revisionista si schierarono Lenin, Rosa
Luxemburg, G. Sorel (che esaltava la funzione liberatoria della violenza proletaria
e lo sciopero generale come mito capace di far insorgere gli operai contro la
società borghese).
G. Pellizza da Volpedo, Il Quarto Stato (1901)
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Il nuovo nazionalismo
Con l’unificazione tedesca, e ancor più con l’imperialismo coloniale, il nazionalismo
si sgancia dalle sue matrici illuministiche e democratiche e si lega a discutibili
teorie come quella di Gobineau (Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane,
1855) e di Chamberlain (I fondamenti del XIX secolo, 1899), che celebrano il mito
del popolo, concepito come comunità di sangue e come legame quasi mistico con
la terra d’origine. Questo mito alimentò l’ideologia e la pratica dei movimenti
pangermanisti.
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La crisi del positivismo
La crescente attenzione alle motivazioni non razionali della condotta umana, la riflessione
sulla relatività e la soggettività della conoscenza, sull’influenza delle inclinazioni personali e
dei valori dell’osservatore sul modo di rappresentare il fenomeno osservato contraddistinsero
i primi anni del Novecento. Questo orientamento si manifestò particolarmente nelle scienze
umane, che cominciarono a indagare gli autentici moventi dell’agire politico nascosti dalle
professioni ideologiche. Mosca, Pareto e Michels misero in luce la perdurante influenza delle
minoranze qualificate (élite) nel gioco delle democrazie moderne. Weber vide nella crescita
inarrestabile degli apparati burocratici una minaccia potenzialmente mortale per la libertà
umana. Questo accentuato pessimismo sulla sorte degli ordinamenti democratici
corrispondeva alla generale disillusione ed alla sfiducia degli intellettuali europei nei confronti
della società di massa.
R. Magritte, Il falso specchio (1928)