CRISI IPERTENSIVE Riassunto da “Hypertensive Crises CHEST / 131 / 6 / JUNE, 2007” E’ uno dei pochi articoli che guarda l’urgenza-emergenza ipertensiva dalla parte del medico intensivista partendo dalle definizioni chiare e concise: Crisi ipertensiva : una PAS > 179 mmHg o una PAD> 109 mmHg Emergenza ipertensiva: crisi ipertensiva con danno d’organo ( encefalopatia ipertensiva, emorragia cerebrale, emolisi, insufficienza renale acuta, insufficienza coronarica acuta, edema polmonare acuto) necessita di terapia immediata. Urgenza ipertensiva: una crisi ipertensiva senza danno d’organo ma con sintomi che possono paventare un danno d’organo nei giorni successivi se la pressione arteriosa non viene controllata ( dispnea, cefalea, stato ansioso) . Necessita di terapia non immediata ma atta a mettere sotto controllo la pressione arteriosa nelle successive 2448 ore. FISIOPATOLOGIA: come in un paziente iperteso in terapia o ex novo possa generarsi una crisi ipertensiva non è del tutto noto. Senza dubbio però la pressione arteriosa incrementata porta a una aumentata tensione di parete arteriolare e quindi a una aumentata permeabilità arteriolare con attivazione della fibrinogenesi e attivazione piastrinica che porta a trombosi arteriolare e ipoperfusione d’organo. PRESENTAZIONE CLINICA: molte persone hanno pressione mal controllare senza sintomi di rilievo. La presentazione dipende dall’organo coinvolto. I sintomi più frequenti sono: Dolore toracico Dispnea Deficit neurologici E’ rara un’emergenza ipertensiva con PAD<130 mmHg ad eccezione di bambini e gravide dove possono coesistere con PAD = 100 mmHg TRATTAMENTO INIZIALE DELL’IPERTENSIONE: la maggior parte dei pazienti con crisi ipertensivi non ha danno d’organo e a volte sono pure asintomatici e il rilievo dell’ipertensione arteriosa è occasionale. In tali paziente la pressione arteriosa deve essere ridotta gradualmente nelle 48 ore perché per il meccanismo di autoregolazione una rapida caduta della pressione causa una ipoperfusione tessutale. Ma anche nelle emergenze ipertensiva questo meccanismo può instaurarsi e il monitoraggio della pressione in tali pazienti deve essere continuo visto che in tali pazienti il trattamento antipertensivo deve essere immediato. Occorre usare farmaci ad azione rapida, facilmente dosabili e infusi per via endovenosa avendo come target una riduzione della pressione diastolica del 10-15% oppure sotto i 110 mmHg in 3060 minuti. Nella dissecazione aortica i tempi si riducono a 5-10 minuti con il raggiungimento di una pressione diastolica < 120 mmHg o una pressione media minore di 80 mmHg. Una volta risolto il danno d’organo si deve iniziare la terapia orale. Attenzione particolare all’idratazione di questi pazienti in quanto l’ipertensione scatena la natriuresi e la disidratazione peggiora la perfusione periferica. AGENTI USATI NELLE EMERGENZE IPERTENSIVE: Labetololo: è un alfa beta bloccante che non interferisce con il flusso coronarico renale cerebrale. La sua azione inizia dopo 2-5 minuti e raggiunge il picco dopo 15 minuti rimanendo per 2-4 ore. Si somministrano boli di 20 mg ogni 10 minuti incrementandoli fino a 80 mg fino ad avere la pressione voluta. Non è teratogeno non superando la placenta e può essere usato nella preeclampsia/eclampsia. Nicardipina: è un calcio antagonista diidropiridinico di 2° generazione con grande effetto vasodilatatore cerebrale e coronarico , con incremento del flusso cerebrale e miocardico. Non è peso dipendente e l’infusione IV inizia con 5 mg/h incrementandola ogni 5 minuti di 2,5 mg/h fino a un massimo di 15 mg/h. Esmololo: è un beta bloccante selettivo con inizio dopo 60 secondi dall’infusione iv e una durata d’azione di 10-20 minuti. E’ catabolizzato nei globuli rossi e non è influenzato dalla insufficienza epatorenale E’ utile nell’ipertensione post operatoria. Si inizia con un carico di 0.5 mg/kg in 1 minuto seguito da una infusione continua di 50 γ /kg/minuto incrementabile fino a 300 γ /kg/minuto Nitroprussiato: è un veno e arterio dilatatore e causa ipoperfusione cerebrale con incremento della pressione intracranica, ipoperfusione miocardica con aumento di mortalità in caso di cardiopatia ischemica acuta. Per l’infusione iv necessita di essere protetto dalla luce. Agisce in pochi secondi e la sua emivita è di pochi minuti. Visto i suoi effetti collaterali il paziente deve essere monitorato durante l’infusione. Nifedipina : il suo uso per os o sublinguale, molto frequente in passato in tutte le emergenze-urgenze ipertensive, non è più consigliato per le gravi complicanze cerebrali, renali, cardiache riscontrate in particolare negli anziani a causa della rapida caduta della pressione arteriosa. Nitroglicerina: è un venodilatatore e riduce il preload e quindi la pressione arteriosa. Sconsigliato negli eventi cerebrali acuti, è tuttora usata nelle emergenze ipertensive con cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco acuto in associazione con altri farmaci in quanto causa tachicardia riflessa. Diuretici: il paziente con emergenza-urgenza ipertensiva è già depleto dal punto di vista idrico per cui i diuretici non devono essere somministrati. PATOLOGIE DI PARTICOLARE INTERESSE: DISSECAZIONE AORTICA ACUTA: il tipo A è una patologia che, se non trattata, porta a morte nel 75% dei casi entro 15 giorni mentre se individuata e trattata porta a morte nel 25% dei casi nei 5 anni successivi. Tutti i dolori toracici con ipertensione arteriosa sono a rischio dissecazione aortica. La propagazione della dissecazione dipende non solo dalla ipertensione arteriosa ma pure dalla velocità di eiezione del ventricolo sinistro. Per questo motivo un vasodilatatore tipo nitroprussiato da solo non è sufficiente perché aumenta la frequenza cardiaca e la velocità di eiezione, si associa di solito un betabloccante tipo esmololo o metoprololo. Al nitroprussiato , per la sua tossicità , è meglio scegliere il labetololo o la nicardipina. Il tipo A di solito viene gestito chirurgicamente, il tipo B con la sola terapia antipertensiva. STROKE: è frequente il riscontro di ipertensione arteriosa nello stroke ischemico. Tale evenienza è protettiva in quanto aumenta il flusso nella zona ischemica e quindi non devono essere usati farmaci antipertensivi. Uniche eccezioni i pazienti sottoposti a fibrinolisi e quelli con una PAS > 220 mmHg e una PAD > 120 mmHg in quanto si ritiene che oltre questi livelli di pressione il sistema di autoregolazione cerebrale non funzioni più. La pressione deve comunque essere ridotta del 15% in 24 ore. Nei pazienti da sottoporre a fibrinolisi la PAS > 185 mmHg e PAD > 110 mmHg deve essere trattata e portata sotto i 180/105. L’ AHA consiglia: labetololo o nicardipina se la PAS > 220 mmHg o PAD è tra 120-140 mmHg e nitroprussiato se la PAD>140 mmHg. Per lo stroke emorragico non ci sono prove che l’ipertensione arteriosa aumenti il sanguinamento e senza dubbio aumenta la perfusione cerebrale. Si ritiene comunque di intervenire con se la PAS>210 mmHg e la PAD>110 o la PAM > 130 mmHg . Il farmaco di scelta è la nicardipina e l’abbassamento della pressione arteriosa deve essere lento in quanto un rapido abbassamento aumenta la mortalità. PREECLAMPSIA ED ECLAMPSIA: l’ipertensione arteriosa in gravidanza è presente nel 15% dei casi ed è responsabile del 18% delle morti. E’ ormai assodato che la terapia antipertensiva non giova alla crescita del feto ma solo ad evitare una emorragia cerebrale nella madre che ha risultati disastrosi. La terapia si basa sul controllo della PA, magnesio solfato per il controllo delle convulsioni e espansione del volume ematico. Il MgSO4 viene somministrato con il seguente schema: 4-6 g in 10-20 minuti e poi 1 g/h monitorando la concentrazione urinaria e i riflessi tendinei. La PA deve essere inferiore a 160.105, in caso contrario i farmaci antipertensivi usati sono il labetololo e la nicardipina, da somministrarsi in UTI. Una PA > 160 è indice di alto rischio emorragico cerebrale. CRISI SIMPATICOMIMETICHE: sono dovute ad assunzione di cocaina, anfetamine, raramente da feocromocitoma, uso di MAO, interruzione di betabloccanti. Vanno evitati i betabloccanti per il loro effetto sugli α recettori che incrementa la frequenza cardiaca e la PA. Si usa la nicardipina in associazione con benzodiazepine IPERTENSIONE ACUTA POSTOPERATORIA: compare nelle 2 ore successive a un intervento chirurgico maggiore ( in particolare cardiovascolare e toracico ) e permane per non più di 6 ore. E’ comunque gravata da gravi complicanze cerebrali, cardiache ed emorragiche in sede di intervento per cui deve essere trattata immediatamente. La causa è una ipersecrezione di adrenalina. Il dolore ne può essere una causa e deve essere eliminato Il livello di guardia è PAS > 140 o PAD>90 o PAM> 105. Non ci sono evidenze che indicano la preferenza di un farmaco su un altro ma si preferiscono farmaci a breve emivita tipo l’esmololo.