RACCONTO DI NARCISO: Racconto di Ovidio è la prima fonte ufficiale nonostante sia un mito greco. (tranne dello scritto di Conone p.181. narciso è spregiatore del dio EROS. Anche qui è bellissimo e tutti, uomini e donne, cercano di conquistarlo, ma lui scansa tutti. Finchè un amante maschio Aminia lancia lui una maledizione pregando UN dio affinchè lo vendicasse. Narciso contemplando una fonte d’acqua vede sé stesso e si innamora. Si suicida scoprendo che il riflesso è sé stesso. si uccide in modo violento come si capisce dall’ultima frase, dove dal SANGUE nasce il fiore narciso. Mancano Tiresia e la ninfa ECO) Il mito di Narciso p.182 Narciso: Tiresia: Vivrà felce se non conoscerà sé stesso = sovvertimento Socratico del “conosci te stesso”. Contrapposizione tra Narciso e Eco. Eco Ninfa punita da Giunone, perché Zeus scopava le ninfe dei boschi, Eco intratteneva con delle chiacchiere giunone per non far capire le azioni di Zeus. Giunone poi lo capisce e la maledice privandola della parola. Può solo ripetere le ultime parole che ascolta. Si innamora di Narciso vedendolo nel bosco. Tutto rimanda al concetto di RIFLESSO sia perché non riescono a comprendersi perché può ripetere solo le ultime parole, sia nel riflesso dell’acqua. Eco cerca di abbracciarlo/toccarlo per farsi comprendere, ma lui la allontana. Lei muore disperata, divenendo una voce che si aggira nel bosco (l’eco). Eros si infuria per la morte della ninfa e fa specchiare nell’acqua narciso. Anteros = altra faccia di eros quando diviene punitore. Narciso rappresenta la pura IDENTITA’. L’io senza l’altro. Eco = la pura alterità, poiché non esiste senza l’altro. La pura alterità. Due figure che non posso sussistere e quindi sono destinate alla morte. Eros = amore di qualcosa che non si ha, quindi tendenza. Se l’oggetto amato e l’amante sono la stessa cosa, si crea un paradosso. Eros figlio della ricerca e della povertà. Narciso = amore infecondo e non creante. Plotino: la bellezza si scopre attraverso il corpo dell’altro, che poi va trasceso per arrivare al mondo delle idee. Usa la figura di Narciso per mostrare come si rischia di rimanere ancorati alla corporeità del reale senza saper guardare alle idee. L’era del Narcisismo Vaccarini Narciso per mostrare la tendenza nella nostra contemporaneità di rifiutare l’altro. Quasi una patologia narcisistica (quello che ho studiato). Egocentrismo come patologia e perdita di etica nel mondo. Social network come fonte. Concetto dell’”appiattimento nel grigiore”: incapacità della persona narcisista di avere un’elaborazione simbolica del reale. Non da senso a ciò che ha intorno sembrandogli inutile e quindi una personalità chiusa in sé stessa. Quindi mancanza di etica e decadentismo. Usa spesso la parola ENTROPIA, quindi di energia che non si rigenera e quindi un esaurimento e dissolvenza, progressiva perdita di energia fino al nullificare del sé (come accade in narciso di Ovidio che non si uccide ma si lascia morire). Inoltre c’è una non fecondità una mancanza di creazione di pensiero e opera generale. L’uomo narcisista è inoperante, infecondo, sterile. Società stessa che diventa diffidente e egocentrica. Filosofia dell’apparenza e non di essenza, come Narciso che si ferma all’apparenza del riflesso anziché andare a fondo. Antidoto della società narcisistica: filosofia dell’altruismo, la scoperta dell’altro. Esempi: Levinas e Ebner. CURI: INUTILE Umanesimo dell’altro uomo Levinas Cap.1: Significato e ricettività In questo primo capitolo Levinas si interroga su quale sia il ruolo della soggettività e quello dell’oggettività. Le proprietà di un oggetto sono già dati e riconosciuti, ma è la metafora e il significato che plasma ciò che è reale intorno a un soggetto. Il linguaggio è quindi una simbologia riconosciuta, ma il lettore può interpretare ciò che è scritto. In questo senso “il linguaggio è la dimora dell’essere”, poiché non esiste significato senza un essere significante. Cap.2: Significato, totalità e gesto culturale Levinas distingue nettamente il dato dall’essere. L’essere è nel momento in cui viene percepito e quindi interpretato e gli viene dato un significato. Il significato viene veicolato tramite simboli, che non rispecchiano più l’oggetto, ma al contempo fondono il percepire del soggetto con il dato dell’oggetto. Nel mondo quindi non siamo solo soggetti, ma anche oggetti allo stesso tempo. Il soggetto ha una essenza creatrice e si inserisce nell’ambito della cultura. Il gesto culturale è manifestazione dell’essere, l’arte esprime ciò che un pensiero plasma e lo rende reale. Il significato supera il dato: ricevere un dato NON è la maniera originaria di riferirsi all’essere. Cap.3: L’antiplatonismo della filosofia contemporanea del significato La filosofia contemporanea si oppone, per Levinas, al Platonismo in quanto non riconosce un significato in sé dell’oggetto, non esiste una strada privilegiata del pensiero che possa arrivare all’essenza analizzando dati sensibili. L’antiplatonismo consiste nella subordinazione dell’intelletto all’espressione. Cap.4: Il Significato “economico” Con significato economico, Levinas intende la metodologia di attribuire un senso generale e universale a un concetto (o oggetto) piuttosto che alla particolarità materiale. Cap5: Il senso unico Il senso universale non può essere colto, in quanto un Io che esiste entra in conflitto con l’oggetto in sé. Questa concezione comporta anche il luogo comune “Dio è morto”. Dio era l’ordine, era la causa e l’indirizzo di tutte le cose. Quando la realtà stessa è venuta meno nel senso di realtà solo in quanto percepita da un Io, allora anche Dio, non più unificatore, va in cirisi come tutto il monoteismo. Cap.6: Il senso e l’opera La riflessione del significato in un senso culturale crea la molteplicità e quindi la possibilità di un molteplice senso (che è come non averne nessuno). L’essere può essere unico e riunito? L’essere è un movimento che va dall’Io, dal Medesimo verso un Altro. Questo orientamento che va LIBERAMENTE dal Medesimo all’Altro si chiama OPERA. L’opera è un movimento verso l’Altro che NON TORNA MAI al Medesimo. Questa azione è possibile solo se “l’Essere è per la morte”, nel senso che L’Altro non ha tempo, e l’Agente deve percepire il mondo come possibile anche senza il sé, senza la ricompensa della Terra Promessa, senza un calcolo o un tornaconto. L’azione è per un mondo che vedrà il superamento della propria epoca. Levinas critica la morale moderna, fatta solo di azioni per sé stessi e per il presente, che vedono un vantaggio pratico e immediato. La nobiltà consiste nell’agire per un tornaconto così lontano che non ci riguarda. Cap.7: Senso e Etica L’etica di Levinas si riassume nel Desiderio dell’Altro; ovvero nella ricerca di una socialità al di là dell’Io, dell’Ego. Questo movimento verso l’Altro ci svuota da noi stessi e ci arricchisce grazie al confronto con chi ci circonda. Una direzione che si appaga in sé stessa è insensata, destinata alla morte (come narciso). L’espressione è la celebrazione di questa ricerca, è il senso banale e quotidiano più puro della ricerca essenziale dell’altro. Cap.8: Prima della Cultura Levinas pone come prima cosa la morale. La morale non fa parte della cultura, ma è la guida di ogni significato. L’Etica è il metro dell’Altezza di un popolo. Ne il mondo reale, ne la scienza, ne l’esperienza, ne la storia consentono di giungere all’assoluto. l’etica prescinde da tutto e da ogni cultura particolare. Cap.9: La traccia La nostra traccia nel mondo significa essere senza apparire. Gli Altri sono la traccia della Trascendenza. UMANIESIMO E ANARCHIA Levinas In questa parte Levinas usa 4 termini chiave: Responsabilità, libertà e Bene e passività. Il soggetto tende al Bene, e il bene è la responsabilità di una non-scelta che si riflette nell’altro. Il soggetto è passivo alla realtà del bene, ma essa diviene responsabilità verso il prossimo che si compie nella sua libertà. Io è un altro: espressione che usa Levinas per criticare la contemporaneità e le istituzioni che pongono l’io al centro di tutto, abbandonandolo poi a una frustrazione e una incompiutezza. EBNER: Importanza della parola. Antropologicamente data per essere comunicata a un “tu”. L’io e il tu esistono insieme, è impensabile l’uno senza l’altro. L’essere per-sé dell’io non è un fatto originario spirituale, ma il prodotto della sua chiusura verso il “Tu”. Questa chiusura è il distacco da Dio, ovvero il tentativo dell’uomo di una esistenza senza Dio. Dio è il Tu. Muraglia cinese: Chiusura dentro la quale rifugiamo il nostro io dall’esterno illudendoci di proteggerci. L’importanza dell’io particolare, della persona, è intendibile solo in senso religioso. La filosofia non si cura del singolo, dell’esistenza dell’altro. Ma per me esistere è tutto ed è importante più della filosofia, poiché io esisto per Dio, ovvero per l’Altro che dipende da me e viceversa. Solipsismo: Solitudine dell’io che porta alla sua morte. Il vero io esiste solo se muove verso il Tu. Sartre Sartre distingue "l'essere in sé" e "l'essere per sé". "L'essere in sé" è caratteristica dell'essere in senso più pieno, così come lo intende Parmenide per intenderci, cioè pienezza assoluta di significato "l'essere è ciò che è". La coscienza che si pone di fronte all'essere in sé (per conoscerlo) vi si pone come "l'essere per sé": ciò significa che quando vogliamo conoscere qualcosa (ad esempio il contenuto di un pensiero che è in sé, e quindi "l'essere in sé") noi dobbiamo separare questo pensiero, astrarlo dalla coscienza in cui si trova presente. Ad esempio, se vuoi analizzare una tua credenza (è l'esempio che fa Sartre) che è già fin da sempre presente alla tua coscienza, devi separarla dalla tua coscienza e fissarla da qualche parte per poterla conoscere, per poterla analizzare. In questa operazione astrattiva tu separi la tua credenza dalla tua coscienza utilizzando il "nulla". Questo significa che quando separi gli oggetti dalla tua coscienza per poterli conoscere o analizzare, di fatto li annienti, li annulli, perchè essi sono in sé solo nel momento in cui essi sono presenti alla coscienza, cioè sono "in sé" quando sono "per la coscienza". Nel momento in cui si provi a conoscerli oggettivamente, li si annulla, li si fa perdere d'essere. Questo vuol dire che anche la coscienza "è il suo proprio nulla", cioè è una struttura incapace di essere in sé, incapace di essere trasparente a se stessa, bisognosa costantemente di qualcosa d'altro per completarsi. Per Sartre la realtà umana è strutturata da "possibili" cioè da cose che non sono in sé, e che desiderano essere qualcosa d'altro. Questo accade per i "valori" che non possono essere mai realizzati, in quanto sono sempre al di là delle azioni che si fanno per realizzarli; accade per la "conoscenza" in cui l'oggetto in sé si presenta alla coscienza per sé come quel qualcosa che non è coscienza, e che richiede l'annullamento della coscienza per poter essere conosciuto; accade per "l'esistenza degli altri", perchè essa non è che la negazione di ciò che è la mia esistenza. L'esistenza, per Sartre, è una forza che annulla tutta la realtà in quanto la realtà intera è diversa dall'esistenza che ciascuno ha e può essere conosciuta solo nell'annullamento della propria esistenza e nel totale nichilismo.