Sociologia B Argomenti della settimana 29-31 marzo 2004. 1. Punti chiave dell'importanza storica di Max Weber 1. Weber teorico della società industriale come insieme di interessi in conflitto ma che possono essere regolati (il concetto di autorità come potere legittimo), e governati su base razionale (il concetto di razionalizzazione come insieme di processi capaci di legare in maniera adeguata gli obiettivi ai mezzi per raggiungerli). 1.1.L'unità sociale non si può mai dare per scontata poiché sono in gioco sempre pluralità di significati e valori contrastanti. 1.2.L'ordine sociale non è un bene in sé, ma lo è piuttosto il coordinamento reciproco delle azioni. Qualsiasi tentativo di porre l'ordine dall'alto non può che avere conseguenze negative sul grado di apertura di una società 1.3.La produzione di regole e procedure aiuta il processo di razionalizzazione ma aumenta i rischi dell'irrigidimento della società. 2. Weber, teorico dell'azione razionale come elemento analitico chiave dello studio della società: il ruolo dell'individuo inteso non come singola persona, ma come livello di partenza perché il ricercatore possa attribuire motivazioni tipiche e condivise alle unità individuali di cui è fatta una collettività 3. Weber, teorico della sociologia comprendente, il ruolo dei valori e il perseguimento dell'obiettività: la scienza non come fedele rispecchiamento neutrale e distaccato di una realtà data (modello positivistico) ma come prodotto, sempre incompleto, della incontro tra mondo del ricercatore e mondo della realtà. La scienza può fornire un'intelligibilità del reale solo parziale, sia in funzione dei valori del ricercatore, sia in funzione dei diversi modi che gli attori hanno per dotare di senso la propria azione 4. Weber e l'homo sociologicus: la concezione estesa della razionalità (vedi i diversi tipi di razionalità di cui alla settimana precedente) 5. Weber e l'inferenza causale: il ruolo della conoscenza storica e l'idealtipo (vedi anche vocabolario weberiano settimana 29-31) 2.Eredità e sviluppi della teoria dell’azione di Weber 2.1 Weber teorico della razionalità applicata alla organizzazione della società◊◊ burocrazia. Le critiche a Weber partono dall'impossibilità di applicare a organizzazioni complesse e che agiscono in contesti incerti e instabili il presupposto dell'agire secondo un presupposto di razionalità tout court (o razionalità sinottica), che tiene cioè conto di tutti gli elementi del contesto e riesce a prevedere le conseguenze dell'azione a lungo termine, e che non siuboisce intoppi o deviazioni di percorso. Di qui il suggerimento da parte di autori contemporanei di categorie alternative come razionalità incrementale (Lindblom), e di razionalità limitata (Simon). Herbert Simon, americano, contemporaneo, studioso di processi organizzativi, sottolinea che una piena razionalità dell’azione (sia individuale che di attori collettivi come le organizzazioni) non la si raggiunge praticamente mai (Bagnasco, cap. 7.1.) Impossibile avere la conoscenza completa di tutte le conseguenze della scelta, né avere in mente tutte le alternative all’azione intrapresa da cui il concetto di razionalità limitata, orientata a obiettivi non ottimali, ma soddisfacenti, in vista dei quali il decisore trascura le catene degli effetti e delle alternative oltre un certo orizzonte. Inoltre il tipo di burocrazia che ha in mente weber è una burocrazia relativamente semplice ( meccanica) non altamente professionalizzata e dunque esposta a rivendicazioni e contrattazioni forti. Inoltre oggi accanto alle forme burocratiche di organizzazione esistono altre forme più flessibioli, adeguate a realizzare processi complessi che richiedono il superamento della logica gerarchica o della logica del distacco o dell'impersonalità. 2.1.1 ◊ Michel Crozier, sociologo francese contemporaneo (cfr. Bagnasco, 4.2.: I giochi di potere) applica all’analisi dell’ organizzazione e del potere l’idea della parziale imprevedibilità delle azioni degli altri propria di weber, sviluppandola ulteriormente. Ogni incertezza nella regolamentazione di un ruolo organizzativo comporta l’esistenza di un certo potere discrezionale nelle mani di chi quel ruolo svolge. Potere =disporre della capacità di rendere imprevedibili le proprie mosse rispetto a quelle degli altri. Dinamica organizzativa=dinamica della riduzione dell’incertezza circa le mosse degli altri. Nell’organizzazione ogni componente cercherà dunque di aumentare i propri margini di manovra e di ridurre la dipendenza che lo lega ad altri. Il continuo conflitto tra tentativi di mantenere la discrezionalità e sforzi per ridurla attraverso regole e procedure che aumentino la prevedibilità delle mosse dentro l’organizzazione potrebbe stare alla base, sostiene Crozier, dell’impasse della macchina burocratica (Bagnasco, cap.lV.2) Ciò non toglie che la dipendenza sia in taluni casi una via più conveniente di altre verso una convivenza non conflittuale dentro l’organizzazione. Lezione conclusiva◊ : le regole dell’organizzazione non riescono a definire in tutto e per tutto le azioni degli attori. Accanto a investire nella propria missione le organizzazioni devono investire in gestione degli equilibri interni. Blau, sociologo delle organizzazioni, sostiene a sua volta che non bisogna sovrastimare la coesione, e la capacità di un’organizzazione di finalizzare l’azione organizzativa ad obiettivi predeterminati dalla missione dell’organizzazione. Infatti gli scopi dell’organizzazione non sono sempre sufficienti a spiegare il suo comportamento: gli scopi dell’organizzazione sono infatti il prodotto di un compromesso e di una contrattazione tra i diversi componenti dell’organizzazione. ◊ Vedi anche i problemi connessi di razionalità individuale e collettiva. Di qui, anche, un imperativo categorico di ogni organizzazione, che si affianca a quelli connessi alla sua missione ufficiale. L’imperativo della gestione del conflitto. 2.2.Boudon, le "buone ragioni" e l'individualismo metodologico. Raymond Boudon, (sociologo francese, erede e rielaboratore del pensiero di Weber, vivente) propone a partire da Weber ,una definizione non assoluta, ma contestuale, di razionalitàCiò significa individuare delle ragioni che siano buone agli occhi del soggetto e siano comprensibili agli occhi di un osservatore un volta che l’osservatore conosca a fondo il contesto, la situazione in cui si sviluppa l’azione. 2.2.1..Le buone regioni sono ragioni di cui si possa dire: “il fatto che l’attore x si sia comportato nella maniera y è comprensibile , infatti aveva buone ragioni ( data la situazione) per farlo”. Le buone ragioni possono essere a-oggettivamente razionali, quando y corrisponde pienamente all’interesse di x (azioni logiche di Pareto) oppure y corrisponde al mezzo ritenuto il migliore possibile in quella situazione per soddisfare l’interesse di x (azioni secondo la razionalità limitata di Simon). b-soggettivamente razionali (o assiologiche) quando y corrisponde a un valore, o a principi, o ad a priori, ritenuti validi o adatti al problema in questione. Il guaio è, dice Boudon che l’osservatore, quando ha l’impressione di capire immediatamente il comportamento dell’attore allora dirà che si tratta di azione razionale.Quando ha l’impressione che quel comportamento sia oscuro dirà che si tratta di un’azione irrazionale, ma questa distinzione molto spesso esiste soltanto nella mente dell’osservatore che non mette a fuoco il contesto in cui si sviluppa l’azione del soggetto e che gli suggerisce alcune buone ragioni per fare o non fare una scelta. Spesso però l'irrazionalità è apparente perché ha un fondamento sociale Sembra sicuramente irrazionale affidarsi alla forza dei messaggi dei mass media per orientare il proprio voto, ma può essere l’unico modo per prendere una decisione altrimenti impossibile. Così come l’asino di Buridano non sa decidersi tra due sacchi di avena, così l’elettore potrebbe avere difficoltà a identificare con i propri occhi la diversità di due programmi elettorali. Sembra sicuramente irrazionale per l’osservatore che il padre di una famiglia operaia faccia interrompere gli studi al figlio dopo una bocciatura, ma può essere comprensibile in un contesto in cui i costi effettivi e percepiti dell’andare a scuola superino quelli del lavorare subito. Un’azione non sempre può essere classificabile come razionale –irrazionale in assoluto, prescindendo dal tempo ad esempio -chi fuma l’ennesima sigaretta può fare un’azione razionale nell’immediato, ma che può comportare effetti indesiderabili nel futuro ( il fumo di una sigaretta che procura piacere subito e malattie sul lungo periodo). ◊ Le azioni irrazionali non devono rappresentare un pass par tout delle incapacità del sociologo a capire situazioni distanti da quelle familiari (l’ipotesi di irrazionalità, secondo Popper, deve essere un ‘ipotesi zero o ipotesi residuale) Ciò posto è irrazionale un’azione soltanto quando il soggetto “x non ha buone ragioni per compiere y, eppure…lo fa!” Boudon sostiene che oggi la società rende più frequenti rappresentazioni incerte o deformate dalla realtà, a causa della crescente imprevedibilità dei processi di mutamento economico e sociale (◊ mancanza di informazioni sufficienti a prendere decisioni su base totalmente razionale)◊ nè sicurezza rispetto all’adeguatezza dei mezzi, né sull’esistenza di di alternative certe rispetto agli scopi, né prevedibilità delle conseguenze Oggi la società rende anche più incerte e instabili la capacità di identificare degli obiettivi in competizione con altri e le stesse identità dei soggetti che potrebbero non sapere di volere quel dato obiettivo o potrebbero non essere pienamente convinti riguardo allo scopo da perseguire Dunque per decidere, si possono prendere scorciatoie basate: su espedienti artificiali che vincolano il processo di decisione a certi riti o non lo lasciano svilupparsi oltre un certo tempo ( cfr. anche Simon) su principi o credenze riguardo alla adeguatezza mezzi fini Di qui l’ipotesi che -la razionalità degli agenti sia di tipo complesso anche in riferimento a fattori di ordine storico e sociale. Come e perché le cose vanno diversamente da come previsto? E con quali conseguenze? ◊ la preoccupazione verso gli effetti inattesi registrati nel funzionamento di un sistema, non è soltanto una preoccupazione della sociologia dell’azione, ma anche di altre prospettive sociologiche critiche nei confronti del funzionalismo. Il neo funzionalista americano, ancora vivente, Robert K. Merton, (vedi dispense prossima settimana) aveva sottolineato che comportamenti originati da una necessità funzionale possono in talune circostanze impedire che quella necessità sia soddisfatta (vedi anche il ritualismo burocratico su cui anche Bagnasco) , ovvero processi emergenti e non previsti possono alla fine risultare, per certi aspetti e in certe direzioni più funzionali di altri (es: le associazioni di volontariato che, anche per rendersi visibili socialmente, arrivano magari a funzionare così bene nei compiti di cura e assistenza, da” togliere qualche volta le castagne dal fuoco” alle istituzioni pubbliche preposte a cura e assistenza). Tuttavia l’accento dei funzionalisti è posto sulle conseguenze osservabili delle azioni, non sulle buone ragioni di attori individuali o collettivi che le hanno prodotte. La sociologia deve essere la scienza delle conseguenze osservabili del funzionamento di un sistema, non di quelle attese o volute. 2.2.2.A partire dal riconoscimento dei confini aperti dell’azione e tenuto conto di contesti sempre più difficilmente prevedibili Boudon ◊ ha sottolineato che l’esito della azione sociale è spesso diverso dalle intenzioni dell’attore, per il fatto che egli agisce in un contesto di azioni di altri interdipendenti sulle cui scelte egli non ha informazione né controllo. Di qui il generarsi di ◊ effetti di composizione (aggregazione) altrimenti detti emergenti o di sistema (vedi anche Bagnasco, capitolo su Forme elementari di interazione, par. 7) Effetti di composizione in linea di principio sono effetti di aggregazione, effetti che derivano dalla semplice somma di azioni dello stesso tipo e che possono impedire al singolo attore, ancorché razionale, di raggiungere i suoi obiettivi. Possono essere prevedibili e non prevedibili, desiderabili o indesiderabili. es: la riduzione per via di legge dei canoni di affitto può portare all’effetto prevedibile, anche se non voluto dagli utenti o dal legislatore, e forse neanche dai proprietari, del ritiro dal mercato degli alloggi. Effetto perverso. E’ un effetto di composizione complesso che deriva dall’aggregazione di diverse azioni dello stesso tipo e che produce effetti non inclusi negli obiettivi espliciti dell’attore e non evitabili (non si sarebbero voluti se si fossero potuti prevedere al momento dell’azione). Il ritiro del contante da una banca, per paura della sua insolvibilità, genera, quando avvenga per tutti i suoi clienti nello stesso momento, un’effettiva insolvibilità. Gli effetti non voluti non sono necessariamente non desiderabili: due negozianti abbassano entrambi i prezzi per motivi di concorrenza reciproca e ciò facendo agevolano il consumatore, che è un effetto non voluto, ma per alcuni desiderabile. Applicazione della logica degli effetti inattesi alla problematica dell’istruzione superiore (e al circolo vizioso della “ricerca di titoli di studio sempre più alti senza la sicurezza di un loro impiego adeguato”: ◊ La remunerazione economica e sociale tende a variare positivamente con l’ammontare dell’istruzione. Lo studente cerca di avere un’istruzione più prolungata possibile se tutti seguono questa strategia, ciò si traduce in un aumento della richiesta di istruzione e l’offerta di persone istruite può superare la richiesta di particolari capacità sul mercato del lavoro disoccupazione svalutazione qualifiche scolastiche ricerca altre qualifiche, ecc. L’esperienza esemplare di una scuola francese post diploma (di tipo tecnico) che non attrasse tutti gli iscritti che erano previsti (si supponeva che fosse competitiva con l’università per i più bassi costi di formazione e i guadagni accettabili che procurava) per il fatto che gli studenti al momento di scegliere cosa fare dopo il diploma, assunsero di non rischiare e quindi decisero di iscriversi in massa all’università. Nessuno di loro infatti (un ipotetico studente A) poteva a priori prevedere cosa avrebbero fatti gli altri (un ipotetico altro studente B). Nessuno di loro quindi poteva essere sicuro che scegliendo lui la scuola post-diploma gli altri avrebbero fatto altrettanto. Il vantaggio formativo di un ipotetico studente A rispetto a un ipotetico studente B stava in una combinazione limitata di scelte sue con quelle di B. a◊ Tutti (A e B) al post-diploma (bassi costi di formazione e discreti guadagni per entrambi profitto complessivamente alto) b◊ A alla laurea e B al post-diploma (costo alto e alto guadagno per A e costo basso e basso guadagno per B) Invece era svantaggiosa per A c la scelta che vede A al post-diploma quando B si iscriva alla laurea “lunga” (costo basso e basso guadagno per A, alto costo e alto guadagno per B) d-◊ la scelta che vede A alla laurea lunga quando anche B si iscriva alla stessa laurea (Costo alto, guadagno medio ◊ profitto complessivamente basso per entrambi). Poiché lo studente A non è sicuro di trovarsi, a seguito della sua scelta, in a o in b, e volendo ad ogni costo evitare il rischio c, egli si iscrive alla laurea lunga sperando di ricadere in b, ma anche lo studente B potrebbe fare lo stesso ragionamento. Alla fine entrambi si iscrivono alla laurea lunga ricadendo nel caso d Pur sapendo che quella non è in assoluto la scelta migliore! 2.2.3.Secondo Boudon, l'individualismo metodologico ritiene che un fatto sociale aggregato (aumento del livello di istruzione, riduzione del tasso di tnatalità) si debba risalire al suo contenuto di azione individuale i (giovani vanno di più a scuola ..le donne fanno meno figli, ecc.) per indiviudarvi un senso o un'intenzione (i giovani vanno di più a scuola….perché pensano di trovare un lavoro più sicuro e qualificato, le donne fanno meno figli…perché pensano di non poter mantere molti figli, o perché pensano che figli e lavoro sul mercato siano incompatibili) . Questa operazione si chiama comprensione in senso weberiano e costituisce una delle operazioni di base per la spiegazione completa di un fenomeno. Un fenomeno sociale aggregato dipende dalle azioni individuali, che a loro volta dipendono dalla struttura della situazionre che a sua volta è inserita in un contesto macro. 3. Le teorie dell'interazione sociale a partire dalla vista micro della società. 3. Prospetto delle teorie sull’interazione sociale a partire dalla vista micro della società. Teoria Autore/i Concetti chiave Scambio. Homans (1950-1970) Il comportamento umano è sempre orientato dal principio dello scambio sociale in vista di un compenso. Le persone interagiscono dopo aver soppesato costi e benefici passati e potenziali: principio del comportamento ricompensato. Razionalità: i soggetti tendono a ripetere le azioni remunerative. Network analysis Milgram, Hannerz, Granovetter (60-80) Interazionismo simbolico Mead, Blumer (’30-’60) IL comportamento in pubblico E. Goffman (’60-’80) e il modello drammaturgico Gli individui sono inseriti in reti sociali Che forniscono loro le risorse di sostegno e informazione per orientare i loro comportamenti Reti sociali ◊ canali attraverso cui scorrono sostegno, influenza informazione Le persone non reagiscono a stimoli, ma interpretano intenzioni attraverso gesti significativi. Il gesto significativo è il gesto collegato a simboli o significati appresi nell’interazione. Le persone si comportano reciprocamente secondo il significato che hanno appreso ad attribuire Le istituzioni sociali sono microrappresentazioni in cui ognuno tenta di creare una certa impressione coerente alle aspettative altrui Confini Interazione diretta Interazione diretta/ indiretta Interazione diretta Interazione diretta 3.1. Le teorie della scelta razionale. Esse sono guidate da tre assunti a)le persone sono essenzialmente razionali b)basano le azioni su ciò che percepiscono come i mezzi più efficaci per raggiungere i loro scopi. c)prendono decisioni razionali in contesti di scarsità e incertezza ( il fatto di non potere prevedere il futuro non significa che le nostre azioni siano casuali e che non si possano adottare strategie razionali basate su ciò che conosciamo). 3.1.1 Teoria dello scambio -Principi base del comportamento razionale (come comportamento sociale elementare). Secondo Homans (1910-1989), esponente di una visione riduzionista, la società può essere intesa come riducibile a comportamenti sociali elementari guidati dal calcolo razionale (del tipo costibenedici). Il principio del successo (esperienze pregresse di comportamento ricompensato) e il principio del valore (preziosità della ricompensa agli occhi dell’attore) sono i principali cardini della teoria dell’azione razionale secondo questo studioso. -Quanto più spesso ricompensato e tanto più grande il valore della ricompensa agli occhi dell’attore ◊ tanto più probabile un comportamento Il Comportamento sociale è inserito in una rete complessa di interazioni guidate dal principio di scambio (Competenza contro remunerazione, impegno contro prestigio, cooperazione contro stabilità di una relazione di lavoro o di comando, ecc.e anche con riferimenti più attuali◊ pendolarità contro stabilità del lavoro (Per avere un lavoro sicuro sono disposto ad accollarmi 50 Km al giorno di treno..) -Tutte le interazioni, anche le più complesse e quelle apparentemente piè distanti da una dimensione utilitaristica, possono venir analizzate secondo questi principi. Anche il potere è uno scambio, ovvero è il prezzo della dipendenza che ego è disposto a pagare ad alter per avere accesso alla sua prestazione, quando la prestazione di alter ha valore per ego e ego non ha alternative ad usarla. ◊ Il potere è in definitiva la capacità di ego di creare dipendenza in alter. Dunque ciò che determina il valore di una prestazione è il rapporto tra domanda e offerta. ◊ Le critiche a Homans. L’eccessiva semplificazione del comportamento umano come capace di calcolare le alternativa più conveniente entro un’azione di scambio, e le sue conseguenze remunerative. ◊ eccessiva enfasi sulla invariabilità del comportamento umano; non si prevede una dinamica della situazione in cui l’interazione stessa possa far mutare le intenzioni di scambio dell’attore e neppure capacità riflessive del soggetto che lo inducano a cambiare le sue funzioni di utilità seppure queste hanno avuto successo. (Uno scienziato premiato con il Nobel per la sua attività scientifica raramente continua la sua attività scientifica al livello di intensità del periodo precedente, anche se l’esperienza gli suggerirebbe che quella attività remunera in termini di prestigio, per il fatto che oltre che essere scienziato, spesso diventa personaggio pubblico: spende il suo tempo in divulgazione e i termini dello scambio potrebbero diventare non più scienza contro prestigio, ma divulgazione contro mantenimento della notorietà e popolarità ◊ le sue funzioni di utilità potrebbero essere state cambiate dalla situazione, senza che egli stesso lo abbia né voluto né calcolato con precisione e determinatezza in precedenza). ◊ dal momento che le funzioni di utilità variano da contesto a contesto, da periodo a periodo, ecc. (per ottenere stabilità del lavoro sarei oggi più disposto di ieri anche a sacrificare l’ipotesi di più alti guadagni, ecc.) e cioè dal momento che per lo scambio sociale non esiste, come in economia, una misura univoca del valore di un bene tale che consenta di comparare beni scambiati non è possibile predire in generale quale potrebbe essere in talune situazioni il comportamento giudicato più remunerativo e quindi più probabile. A meno di accontentarsi di fare previsioni circa un numero molto limitato di classi di azioni, come quelle ad esempio che conseguono da valori molto generali come la sopravvivenza fisica, il mantenimento dell’identità, il consenso… diretto a risorse per accedere alle quali occorre affidarsi alla cooperazione di alter (informazione, servizi, ecc). 3.1. 2. Il concetto di rete e la network analysis. Rete: legami che connettono direttamente e indirettamente individui e attraverso cui passano particolari tipi di risorse (informazioni, influenza, sostegni di vario tipo). L’informazione è una risorsa cruciale e specifica che scorre nelle reti. Cruciale perché non è costosa e quindi può non dar luogo a richieste di reciprocità e inoltre perché la sua circolazione non comporta la perdita per alcuno.Il fatto che ego disponga di un’informazione non significa che alter ne sia privo. In questo caso si dice che l’informazione non è a somma zero. Le persone occupano diverse posizioni rispetto al flusso di informazioni e di altre risorse. Queste posizioni possono essere considerate nodi di quella rete. Ciascuna persona, oltre che a ricoprire un ruolo, costituisce quindi il terminale di una serie di informazioni o di altre risorse che possono essere fatte circolare in specifiche occasioni. La teoria delle reti ha matrici disciplinari diverse (antropologia, psicologia, ecc), ma le sue diverse ramificazioni hanno in comune l’idea di superare il gap tra i livelli micro e i livelli macro di analisi. Analizzando i legami di un individuo con altri getto luce ad un tempo sia sulle sue possibilità di azione, sia sulle proprietà del contesto. La lezione delle teorie delle reti. ◊ Le persone non vivono blindate nei propri ambiti di lavoro o familiari, ma entrano in relazione e hanno contatti diretti e indiretti con altre persone anche fuori dei loro ambiti professionali o familiari. Poiché ciascuna persona è inserita in una o più reti ogni contatto di ego con quella alter mette potenzialmente ego in contatto con le persone che fanno parte della rete di alter e consente accesso ad alcune delle risorse di cui dispone quella rete. Quando le persone di una rete attorno a ego si conoscono tra loro la rete si dice a maglia stretta. Quando le persone che conoscono ego non si conoscono tra loro la rete si dice “ a maglia larga”. Il vantaggio di questo secondo tipo di rete è ben dimostrato dalla ricerca di Granovetter su un campione di professionisti e dirigenti americani, alla ricerca di un nuovo lavoro, ricerca svolta all’inizio degli anni’ 70 (1973).Il vantaggio di questo secondo tipo di rete è quello di sviluppare legami che per la loro particolare caratteristica (l’essere deboli, ovvero il fatto di costituirsi tra persone che hanno legami di semplice conoscenza◊ weak ties) consentono di raggiungere informazioni dislocate anche in punti lontani da ego. In particolari situazioni (quella di ricerca di un lavoro qualificato) sono più efficaci i legami che come quelli deboli intercettano informazioni multiple e tali da non sovrapporsi. Quando le reti sono dense o maglia stretta e i legami sono forti (parentela, amicizia) può accadere che l’informazione circa un’occasione di lavoro posseduta da ego, sia nota anche agli altri componenti della rete e che quindi sia poco utile utilizzare tutti i nodi della rete (che hanno la stessa informazione). La raggiungibilità di un nodo all’interno di una rete (una persona influente di cui abbiamo bisogno, ecc). non dipende tanto dalla distanza geografica ma dalla “attrezzatura del percorso” ovverosia dalla possibilità di usare diversi punti di aggancio per andare avanti nel percorso. Il capitale sociale Essere inserito in una rete significa essere dotato di capitale sociale Il capitale sociale è l’insieme di risorse di cui i soggetti possono disporre, ma che non sono veri e propri attributi dei soggetti, in quanto derivano dalle reti di relazioni in cui i soggetti sono inseriti (Coleman). Il capitale sociale non è una dotazione individuale, ma fa capo alla proprietà delle reti in cui è inserito. (Un buon vicinato costituisce un capitale sociale per chi vi abita, ma se questa persona si trasferisce altrove lo perde, o meglio perde la capacità e la facilità ad attivarlo (e dunque i vantaggi della custodia figli, della sicurezza abitativa, del soccorso immediato, della prossimità, della confidenza e familiarità, ecc.) Il capitale sociale è in qualche modo una risorsa virtuale che va attivata. L’aver compagni di scuola inseriti in gangli cruciali della società può diventare capitale sociale quando l'individuo dimostra di saperlo attivare e mobilitare Capitale sociale ascritto e capitale sociale acquisito. Il capitale si può ereditare, ad esempio succede quando un figlio utilizza la rete di conoscenza dei genitori Capitale sociale acquisito: capitale costruito attraverso proprie iniziative, attività Il capitale sociale non è distribuito casualmente, ma varia in funzione della classe sociale di appartenenza, dell’età, dei rapporti con il mercato, ecc. In generale si può dire che più elevata è la classe sociale, più ampia sarà la rete accessibile da parte di ego◊ più numerosi saranno i nodi attraverso cui circola informazione e altre risorse e più ampia sarà la porzione di società per così dire scannerizzata, attraverso questi nodi (un esponente di una classe sociale elevata dispone di contatti di più vasto raggio: oltre che amici avrà quindi molti conoscenti, che, come tali avranno una loro propria rete a cui in definitiva ego potrà avere indirettamente accesso).. All’interno della stessa classe sociale varia la forza del capitale sociale in ragione di diversi fattori, tra cui il particolare tipo di attività. In particolare varia in funzione della diversa collocazione dei ruoli professionali che possono essere più o meno aperti o chiusi a seconda che siano: -ruoli di mercato (più apertura, più contatti su diversi fronti) -ruoli organizzativi (meno apertura, meno contatti) Anche all’interno dei ruoli di mercato si possono trovare ulteriori differenziazioni, che dipendono ad esempio da caratteristiche ecologiche come la grandezza del centro urbano in cui si esercita l’attività, ecc. Critica circa l’opportunismo nella rete (sollevata da Coleman, studioso americano, ad un altro studioso americano, Granovetter, teorico della forza dei legami deboli (weak ties). ◊ più distanti sono i nodi e più aperte sono le reti (vedi anche illustrazione nel manuale di Bagnasco), più probabile è l’occasione che si infrangano le regole senza che ciò abbia visibilità e si renda soggetta a sanzioni (riprovazioni, ecc). Rischio di opportunismo, ovvero di chiusura anticipata della relazione di scambio interrompendo il patto di reciprocità. Esempi di domanda –test 1. Cosa significa il termine comprendere nell’accezione di Weber? a−stare dalla parte di qualcuno b−capire le motivazioni dell’agire sociale entro un certo contesto spazio -temporale c−parteggiare con un certo gruppo sociale d− mettersi nella testa di un singolo individuo e−non lasciare fuori dell’analisi alcun dettaglio storico o sociale 2. Individualismo metodologico significa: −importanza dell’individuo nella società contemporanea −importanza della metodologia nello studio sociologico individuale −importanza del sentire individuale di contro all’opinione collettiva nella società contemporanea 3. Si consideri la seguente proposizione inquadrandola nella teoria dell'azione razionale nelle organizzazioni: Le regole di un 'organizzazione riescono a definire in tutto e per tutto le azioni degli attori che fanno parte di tali organizzazioni V. F. 4. Cosa rappresenta y agli occhi di x?. E la domanda che si pone quale tradizione sociologia per spiegare le cause di un fenomeno. 5. -L’analisi delle reti sociali si occupa: a−dei legami effettivi che connettono diversi individui b−dei legami formali che connettono diversi ruoli c- dei legami affettivi tra diverse famiglie d dei legami strumentali tra individui a- delle informazioni tra posizioni professionali altolocate 6-Un effetto perverso secondo Boudon è tale quando a- è di fatto disastroso b-non rientra negli scopi degli attori c-poteva essere evitato se lo si fosse voluto d- non rientra negli scopi dei destinatari dell’azione f- è indirizzato a creare un danno