Programma di Matematica aa 2016/2017

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Programma di Matematica a.a. 2016/2017
FUNZIONI
 Definizione di funzione, dominio di una funzione
 Funzione esponenziale
 Funzione logaritmo
 Equazioni esponenziali e logaritmiche
RICHIAMI DI TRIGONOMETRIA
 Misura di una angolo in radianti
 Funzioni trigonometriche
 Calcolo angoli notevoli
 Archi associati
 Formule di addizione e sottrazione
 Formule di duplicazione e bisezione
 Relazione tra gli elementi di un triangolo rettangolo
 Coefficiente angolare di una retta
LIMITI
 Concetto di intorno e di limite di una funzione
 Definizione di limite finito in un punto e verifica del limite finito in un punto
 Limite finito destro e sinistro in un punto
 Definizione di limite infinito di una funzione in un punto e verifica
 Definizione di limite finito di una funzione all’infinito e verifica
 Definizione di limite infinito di una funzione all’infinito e verifica
 Teorema di unicità del limite
 Operazioni sui limiti: somma, differenza, valore assoluto, prodotto, inverso e
quoziente
 Esempi di funzioni che non ammettono limite in un punto
 Calcolo di limiti, forme indeterminate
sin 𝑥
 Tabella limiti notevoli e dimostrazione limite fondamentale lim 𝑥 = 1
𝑥→0
FUNZIONI CONTINUE
 Definizione di funzione continua in un punto e in un intervallo
 Continuità delle funzioni: costante, identità, monomio, polinomio, quoziente di due
polinomi, potenza, esponenziale e logaritmo, trigonometriche e radice
 Funzioni limitate, limitate superiormente e inferiormente
1
DERIVATE
 Concetto di derivata e significato geometrico di derivata
 Calcolo dell’equazione della retta tangente e della retta normale al grafico di una
funzione continua in un punto
 Derivata di una funzione in un punto, derivata destra e sinistra
 Derivate delle funzioni elementari
 Dimostrazione della derivata della funzione sinx
 Derivata di una somma, di un prodotto, di un rapporto e di una funzione di funzione
 Teorema: funzione derivabile → funzione continua
 Differenziale di una funzione e significato geometrico del differenziale
INTEGRALI
 Funzione primitiva
 Integrale indefinito e sue proprietà
 Integrali indefiniti delle funzioni più comuni
 Regole di derivazione delle funzioni composte
 Integrale definito, proprietà dell’integrale definito
 Teorema della media
 Teorema fondamentale del calcolo integrale (Torricelli)
 Formula fondamentale del calcolo integrale
 Calcolo dell’integrale di sin2x e sue applicazioni in fisica
2
IL CONCETTO DI FUNZIONE
Dati gli insiemi X e Y non vuoti, si chiama funzione da X in Y una relazione f tale che per
ogni x ϵ X esiste uno ed un solo elemento yϵY tale che (x,y)ϵ f . Tale elemento
tradizionalmente si denota con f(x) : in altre parole:
𝑦 = 𝑓(𝑥)
Le due grandezze x e y si chiamano rispettivamente variabile indipendente (x) e variabile
dipendente (y).
L'insieme X è il dominio della funzione f, mentre l'insieme Y è il codominio.
Una funzione può essere rappresentata graficamente in un sistema di assi cartesiani, dove
l’asse verticale rappresenta l’asse delle ordinate (e quindi dei valori che assume la variabile
y) e quello orizzontale rappresenta l’asse delle ascisse (e quindi dei valori che assume la
variabile x).
Esempio: Volume di una sfera
4
𝑉 = 𝜋𝑅 3
3
4
y = V, x = R  𝑦 = 𝜋𝑥 3
3
Ad ogni valore di R corrisponde un valore di V come nella tabella seguente:
Ad ogni coppia di numeri R e V corrisponde un punto del piano di coordinate R e V come
mostrato nel grafico
3
Tra le infinite funzioni è possibile individuare un gruppo di funzioni tali che tutte le altre
possono essere considerate o come combinazioni di queste attraverso le operazioni di
somma, prodotto e quoziente o come funzioni di funzioni, cioè funzioni di variabili che sono
a loro volta delle funzioni.
Le funzioni di base sono:
𝑓 (𝑥 ) = 𝑎
funzione costante
𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 𝑎
funzione potenza
𝑓 (𝑥 ) = 𝑎 𝑥
funzione esponenziale
𝑓(𝑥 ) = log 𝑎 𝑥
funzione logaritmo
𝑓(𝑥 ) = sin 𝑥 , 𝑓(𝑥 ) = cos 𝑥
funzioni trigonometriche
INSIEME DI ESISTENZA DI UNA FUNZIONE
Qualunque sia la funzione in oggetto l’insieme dei valori x per i quali esiste il corrispondente
valore della y si dice insieme di esistenza, o insieme di definizione o dominio della funzione.
 Somma/differenza/prodotto di funzioni base è sempre possibile quindi il dominio è
tutto l’insieme dei numeri reali (∀𝑥𝜖𝑅)
1
 Rapporto tra funzioni base è possibile solo quando il denominatore non è nullo ( =
0
∞ ) quindi il dominio sono tutti i valori di x esclusi quelli che annullano il
denominatore.
 Radice n-esima di una funzione base: se n è dispari il dominio è tutto l’insieme dei
numeri reali (∀𝑥𝜖𝑅), se n è pari il radicando deve essere  0 quindi il dominio sono
tutti i valori di x esclusi quelli per cui il radicando è < 0.
 Elevamento a potenza (esponente intero) è sempre possibile quindi il dominio è tutto
l’insieme dei numeri reali (∀𝑥𝜖𝑅)
 Funzione esponenziale
 Funzione logaritmo
in dettaglio nei capitoli successivi.
 Funzioni trigonometriche
4
Esempi:
 y = 3x
L’insieme di definizione in questo caso e l’insieme dei numeri reali, in quanto qualunque
 ∀𝑥
numero reale assegni ad x esiste il corrispondente valore di y
∈R
 𝑦 = √3𝑥 + 2
In questo caso poiché la radice è definita solo per valori positivi devo porre che l’argomento
della radice sia positivo o al massimo nullo:
3 x + 2  0  3 x  - 2  ∀x  - 2/3

𝑦=
2
2𝑥+4
In questo caso il denominatore deve essere un valore non nullo altrimenti la y assumerebbe
valore :
2 x + 4  0  2 x  −4  x  −2

𝑦=
2
√𝑥2 −2𝑥−3
In questo caso il denominatore deve essere un valore non nullo quindi l’argomento della
radice dovrà essere > 0:
𝑥 2 − 2𝑥 − 3 > 0
 le soluzioni dell’equazione associata sono 𝑥1,2 =
2±√4+12
2
Quindi l’equazione è positiva ∀𝑥𝜖𝑅 tale che 𝑥 < −1 e 𝑥 > 3
5
 𝑥1 = 3, 𝑥2 = −1
LA FUNZIONE ESPONENZIALE
Le funzioni esponenziali hanno un ruolo fondamentale in matematica e in molte
applicazioni. Servono a comprendere i sistemi dinamici, siano essi di natura fisica, chimica,
biologica o economica. Vedremo sotto come vengono impiegate per modellare processi di
crescita o di decadimento. Ma le ritroviamo anche in molti altri contesti, a partire dalla teoria
delle probabilità fino alla fisica quantistica.
ALCUNI ESEMPI
BATTERI A CRESCITA ESPONENZIALE
Consideriamo una colonia di batteri.
Assumiamo che la sua crescita (determinata da divisioni di cellule) sia caratterizzata dalle
seguenti tre proprietà:
1. In intervalli temporali di uguale lunghezza il numero di batteri aumenta di uguale fattore.
2. All'inizio la colonia è composta da 1000 batteri.
3. Dopo un'ora il numero di batteri è raddoppiato.
Cominciamo con alcune osservazioni su queste proprietà:
• La prima proprietà è quella decisiva, poiché caratterizza la natura del processo. Si basa
sull'ipotesi che ogni batterio si riproduca con fattore costante, indipendentemente dalla
grandezza della colonia e dal tempo trascorso. La colonia non aumenta di un numero fisso
di batteri per unità di tempo, bensì di un numero che è proporzionale alla grandezza
raggiunta dalla colonia. Più batteri abbiamo, più ne aggiungeremo, e questo si svolge in
maniera continua. Un processo del genere si chiama crescita esponenziale.
• Le proprietà 2 e 3 forniscono i dati quantitativi caratteristici del processo (il valore iniziale e
il fattore di crescita). Ci servono per poter fare previsioni concrete (quantitative).
• Le tre ipotesi (in particolare la proprietà 1) forniscono naturalmente solo un modello: la
crescita esponenziale non dura in eterno. Prima o poi si raggiungono limiti che rallentano il
processo e che allo stesso tempo determinano i limiti del modello.
Il nostro scopo è prevedere la grandezza della colonia dopo un certo lasso di tempo t. Per
la terza proprietà è facile calcolare il numero di batteri per ogni ora intera:
Dopo 1 ora ci sono 2000 batteri, dopo 2 ore ci sono 4000 batteri, dopo 3 ore ci sono 8000
batteri, ecc. Soffermiamoci un momento e riflettiamo su come si ottengono questi numeri:
• All'inizio (ora 0) ci sono 1000  1000 × 20 batteri
• Dopo 1 ora il numero di batteri è raddoppiato  1000 × 2 = 1000 × 21 batteri
• Dopo 2 ore il loro numero è nuovamente raddoppiato  1000 × 21 × 2 = 1000 × 22 batteri
6
• Dopo 3 ore ci sono 1000 × 2 2 × 2 = 1000 × 23 batteri.
Continuiamo a piacere con questo ragionamento e vediamo che dopo t ore la colonia
consiste di 1000 x 2t batteri
Questa è una formula estremamente comoda. Se vogliamo determinare la grandezza
della colonia dopo 24 ore, basterà calcolare il numero 1000 × 2 24. Otterremo 16.8 miliardi di
batteri, un numero enorme. Adesso capiamo anche la ragione per il nome "esponenziale":
La variabile del tempo t (il numero di ore trascorse) compare come esponente nella
formula. Quando aumenta t il valore 2t cresce esponenzialmente e raggiunge presto valori
enormi.
La crescita della colonia di batteri è descritta dalla funzione esponenziale:
n = 1000 x 2t
in cui adesso possiamo inserire numeri reali (positivi) arbitrari t
Adesso possiamo risolvere semplici problemi del tipo:
Qual è il numero di batteri dopo un'ora e un quarto?
Soluzione: Un'ora e un quarto è pari a 1.25 ore.
Inseriamo t = 1.25 in e otteniamo 2378.41423..., arrotondando: 2378 batteri.
NINFEE IN UNO STAGNO:
Caratterizzazione del processo:
Le ninfee sulla superficie di uno stagno si riproducono esponenzialmente. All'inizio ce ne
sono 17. Il loro numero raddoppia ogni 4 giorni.
Individuazione della funzione esponenziale:
Dopo x periodi di 4 giorni il loro numero è pari a 17 × 2x .
Poiché sono trascorsi in tutto t = 4x giorni, il numero delle ninfee dopo t giorni è dato da
17 × 2t/4. (Si verifichi inserendo t = 4: Dopo 4 giorni si prevede il numero 17 × 2 che
corrisponde ai dati).
7
Formalismo matematico
Dato un numero reale positivo
da 
a  1, si definisce funzione
esponenziale l’applicazione
𝑦 = 𝑎𝑥
a, appartiene all’insieme dei numeri
l’esponente ossia x appartiene ad .
dove la base, ossia il numero
Per lo studio di tale funzione bisogna distinguere 2 casi:
1) Se a > 1 il grafico della funzione esponenziale è:
In questo caso la funzione è strettamente crescente:
1
2
𝑥1 = 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 = 𝑎 𝑥
1
2
𝑥1 > 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 > 𝑎 𝑥
1
2
𝑥1 < 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 < 𝑎 𝑥
8
reali
, mentre
2) Se a < 1 il grafico della funzione esponenziale è:
y
x
In questo caso la funzione è strettamente decrescente:
1
2
𝑥1 = 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 = 𝑎 𝑥
1
2
𝑥1 > 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 < 𝑎 𝑥
1
2
𝑥1 < 𝑥2 ⟺ 𝑎 𝑥 > 𝑎 𝑥
9
Il numero
e di Eulero
Il numero
e è un numero irrazionale,
e la sua rappresentazione decimale inizia cosi
e = 2.71828182845904523536028747135266……
Viene chiamata base naturale.
La funzione
x  ex
è così importante che si usa un simbolo apposito exp per indicarla.
exp(x)= ex
Quando si parla della funzione esponenziale, generalmente si intende questa funzione.
In molte applicazioni, quando si usano le funzioni esponenziali, si sceglie di lavorare con la
base e. In particolare i processi di decadimento studiati in fisica vengono
espressi in forma
𝑓 (𝑡) = 𝑓 (0)𝑒 −𝜆𝑡
dove
f è la grandezza
studiata (ad es. l'intensità di radiazione),
e  si chiama costante di decadimento.
10
t rappresenta il tempo
LA FUNZIONE LOGARITMO
Dato un numero reale positivo
da 


a  1, si definisce funzione
logaritmo l’applicazione

𝑦 = log 𝑎 𝑥
dove
x appartiene all’insieme dei numeri
reali positivi escluso lo zero.

La funzione logaritmo è la funzione inversa della funzione esponenziale 
𝑎𝑦 = 𝑥
Anche in questo caso per lo studio di tale funzione bisogna distinguere 2 casi:
1) Se a > 1
y
x
In questo caso la funzione è strettamente crescente:
𝑥1 = 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 = log 𝑎 𝑥2
𝑥1 > 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 > log 𝑎 𝑥2
𝑥1 < 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 < log 𝑎 𝑥2
11
2) Se 0 < a < 1
y
x
In questo caso la funzione è strettamente decrescente:
𝑥1 = 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 = log 𝑎 𝑥2
𝑥1 > 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 < log 𝑎 𝑥2
𝑥1 < 𝑥2 ⟺ log 𝑎 𝑥1 > log 𝑎 𝑥2
Basi speciali
Alcune basi si usano più frequentemente:
• Il logaritmo in base 10 si indica con
log, a volte anche con lg, senza nessuna
specificata.
• Il logaritmo in base e si chiama logaritmo naturale e si indica con ln
12
base
EQUAZIONI ESPONENZIALI E LOGARITMICHE
Scegliamo una base
a > 0 (a ≠ 1) e consideriamo la funzione
esponenziale
x  ax
definita in precedenza. Come abbiamo visto sopra ogni numero positivo viene assunto
esattamente una volta come valore della funzione. Nel linguaggio matematico ciò si
esprime cosi:
Dato un numero positivo
b esiste uno
e un solo numero reale
x tale che
ax = b
In altre parole: L'equazione ha una e una sola soluzione per x.
Le funzioni esponenziali godono delle seguenti proprietà (a > 0 per ogni
(𝑎 𝑥 )𝑦 = 𝑎 𝑥𝑦
𝑎 𝑥 ⋅ 𝑎 𝑦 = 𝑎 𝑥+𝑦
𝑎 𝑥 ÷ 𝑎 𝑦 = 𝑎 𝑥−𝑦
(𝑎 ⋅ 𝑏) 𝑥 = 𝑎 𝑥 ⋅ 𝑏 𝑥
𝑎
−𝑥
1 𝑥
1
(
)
=
= 𝑥
𝑎
𝑎
13
x, y ϵ 
14
Abbiamo visto alcuni metodi risolutivi delle equazioni esponenziali. Questi metodi però non
ci permettono di risolvere un’equazione semplice come:
3x=8
La soluzione sarà un numero un po' più piccolo di 2, ma possiamo determinarlo con
precisione? Purtroppo le operazioni che conosciamo per adesso non ci aiutano a risolvere il
problema! La soluzione cercata è un numero irrazionale che non può essere espresso
come frazione, radice o simili. Possiamo trovare delle approssimazioni per calcolarla
numericamente. Per il momento però è più importante trovare un concetto matematico
preciso. Cominciamo col darle un nome: si chiama il "logaritmo di 8 in base 3".
In generale diremo:
Definizione: Dati a > 0 (a  1) e b > 0, chiamiamo logaritmo in base a di b il numero
x per il quale si ha ax = b.
Lo indichiamo con il simbolo log a e scriviamo x come log a b
Da a x = b segue x = log a b
(univocamente determinato)
Ciò ci consente di risolvere l’equazione precedente rispondendo calcolando il
log38
REGOLE DI CALCOLO PER I LOGARITMI
Per risolvere un'equazione logaritmica conviene:
1. (quando è possibile) applicando le proprietà dei logaritmi trasformare l'equazione
data in una equivalente del tipo log 𝑎 𝐴(𝑥 ) = log 𝑎 𝐵 (𝑥 )
2. determinare le soluzioni dell'equazione 𝐴(𝑥 ) = 𝐵(𝑥)
3. eseguire il controllo mediante verifica diretta dei valori di x calcolati al punto 2.
Le funzioni logaritmiche godono delle seguenti proprietà (a > 0 per ogni x,
log 𝑎 𝑥 𝑦 = 𝑦 log 𝑎 𝑥
log 𝑎 𝑥𝑦 = log 𝑎 𝑥 + log 𝑎 𝑦
log 𝑎
𝑥
= log 𝑎 𝑥 − log 𝑎 𝑦
𝑦
log 𝑎 𝑏 =
15
log 𝑐 𝑏
log 𝑐 𝑎
y ϵ 
16
RICHIAMI DI TRIGONOMETRIA
Alcune definizioni:
Si definisce ANGOLO ciascuna delle due parti nelle quali un piano viene diviso da due
semirette aventi la stessa origine. Le due semirette sono dette lati dei due angoli e
l’origine comune il loro vertice.
Gli angoli sono:
𝑎𝑉̂ 𝑏 𝑒 𝑏𝑉̂ 𝑎
Data una circonferenza avente il centro nel vertice di un angolo, si chiama ARCO quella
parte di circonferenza, interna all'angolo, avente per estremi i punti di intersezione con i
lati dell'angolo stesso.
Arco

Nel sistema internazionale gli angoli si misurano convenzionalmente in radianti.
Un angolo misurato in radianti è dato dal rapporto tra la lunghezza dell'arco di circonferenza
(AB) tracciato dall'angolo e la lunghezza del raggio di tale circonferenza (AO); essendo il
rapporto tra due grandezze omogenee è un numero puro cioè adimensionale
𝛼𝑟𝑎𝑑 =
𝐴𝐵
𝐴𝑂
UN RADIANTE è l'angolo al centro di una circonferenza, di raggio arbitrario, che sottende
un arco di lunghezza uguale al raggio stesso.
17
1 𝑟𝑎𝑑 =
𝐴𝐵
se AB = AO
𝐴𝑂
Conversione gradi – radianti
Consideriamo una circonferenza di raggio qualsiasi e un angolo  = 360° con vertice nel
centro della circonferenza.  sottende un arco uguale alla misura di tutta la circonferenza.
A quanti radianti corrispondono 360°?
𝛼𝑟𝑎𝑑 =
𝐴𝐵
=
𝐴𝑂
2𝜋𝑅
𝑅
= 2𝜋
 360° = 2
Ora posso convertire tutti gli altri angoli attraverso una proporzione:
𝛼°: 360° = 𝛼𝑟𝑎𝑑 : 2𝜋
 𝛼° =
𝛼𝑟𝑎𝑑∗360°
2𝜋
 𝛼𝑟𝑎𝑑 =
𝛼°∗2𝜋
360°
Esempio:
 = 45°

45° : 360° =  rad: 2
  rad = (45°*2)/360° = /4
Conversione di alcuni angoli in particolare:
Gradi
0
30
45
60
90
180
270
360
Radianti
0
/6
/4
/3
/2

3/2
2
18
FUNZIONI TRIGONOMETRICHE
Le funzioni nelle quali la variabile indipendente è un angolo vengono dette goniometriche o
trigonometriche.
Per definire le funzioni goniometriche elementari si consideri un sistema di riferimento
cartesiano in cui prendiamo una semiretta con origine nell’’origine del sistema di riferimento
e che forma un angolo
 con l’asse delle x positivo.
y
P(xP;yP)

O
x
Sia P un generico punto della semiretta e siano xP e yP le sue coordinate e sia OP la
distanza assoluta di P dall'origine O.
Se consideriamo i quattro rapporti:
𝑦𝑃
𝑂𝑃
𝑥𝑃
;
𝑂𝑃
;
𝑥𝑃
𝑦𝑃
;
𝑦𝑃
𝑥𝑃
questi non dipendono dalla posizione di P sulla semiretta ma solo dall'ampiezza dell'angolo
,
quindi sono funzioni di .
Definiamo:
seno di
  sin 𝛽 =
coseno di
𝑦𝑃
 cos 𝛽 =
tangente di
  tan 𝛽 =
cotangente di
;
𝑂𝑃
𝑥𝑃
𝑂𝑃
𝑦𝑃
𝑥𝑃
  cot 𝛽 =
19
;
;
𝑥𝑃
𝑦𝑃
Come si può facilmente verificare, tra le dette quattro funzioni di uno stesso angolo

intercorrono le seguenti relazioni:
tan 𝛽 =
tan 𝛽 =
sin 𝛽
cos 𝛽
1
cot 𝛽
; cot 𝛽 =
; cot 𝛽 =
cos 𝛽
sin 𝛽
1
tan 𝛽
;
;
LA CIRCONFERENZA GONIOMETRICA
Si chiama CIRCONFERENZA GONIOMETRICA una circonferenza orientata (senso di
percorrenza positivo quello antiorario per convenzione) avente centro coincidente con
l’origine di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale, di raggio unitario.
Dato un angolo

il punto P è l’intersezione fra il raggio (𝑂𝑃=1) e la circonferenza.
O
20
Seno e coseno di  sono rispettivamente l’ordinata e l’ascissa di P. Se riprendiamo le
definizioni di seno e coseno:
sin 𝛽 =
cos 𝛽 =
𝑦𝑃
𝑦𝑃
=
𝑂𝑃
𝑥𝑃
𝑂𝑃
1
=
= 𝑦𝑃 ;
𝑥𝑃
1
= 𝑥𝑃 ;
PRIMA RELAZIONE FONDAMENTALE DELLA TRIGONOMETRIA
Nella figura i punti OPH formano un
triangolo rettangolo dove l'ipotenusa vale 1
(per definizione la circonferenza
goniometrica ha raggio unitario) e i cateti
OH = cos  e PH = sin 
Utilizzando il teorema di Pitagora possiamo allora scrivere che:
2
2
𝑃𝐻 + 𝑂𝐻 = 𝑂𝑃
2
𝑠𝑖𝑛 2 𝛽 + 𝑐𝑜𝑠 2 𝛽 = 1
Da cui si ricava:
sin 𝛽 = ±√1 − 𝑐𝑜𝑠 2 𝛽
cos 𝛽 = ±√1 − 𝑠𝑖𝑛 2 𝛽
21
Tangente
Si consideri la retta
a tangente alla circonferenza
goniometrica nel punto di intersezione tra
la circonferenza e l’asse delle ascisse positivo (A) e sia T il punto d'intersezione tra la retta
a e la semiretta r uscente
dall'origine che forma l’angolo
 con l’asse delle ascisse
positivo.
Come per seno e coseno considerando la semiretta r e il punto T, ignorando per un attimo
la circonferenza:
tan 𝛽 =
Quindi la tangente dell’angolo

sin 𝛽
cos 𝛽
=
𝐴𝑇
𝑂𝐴
= 𝐴𝑇 = 𝑦𝑇
è pari alla lunghezza del segmento tangente alla
circonferenza compreso tra il punto A (intersezione tra la circonferenza e l’asse x) e T
(intersezione tra retta tangente e il raggio vettore).
22
Cotangente
Si consideri la retta
b tangente alla circonferenza
goniometrica nel punto di intersezione tra
la circonferenza e l’asse delle ordinate positivo (B) e sia C il punto d'intersezione tra la retta
b e la semiretta r uscente
dall'origine che forma l’angolo
 con l’asse delle ascisse
positivo.
cot 𝛽 =
Quindi la cotangente dell’angolo

cos 𝛽
sin 𝛽
=
𝐵𝐶
𝑂𝐵
= 𝐵𝐶 = 𝑥𝐶
è pari alla lunghezza del segmento tangente alla
circonferenza compreso tra il punto B (intersezione tra la circonferenza e l’asse y) e C
(intersezione tra retta tangente e il raggio vettore).
23
Andamenti delle funzioni trigonometriche
 Funzione SENO
 Funzione COSENO
𝑦 = 𝑠𝑖𝑛 𝑥
𝑦 = 𝑐𝑜𝑠 𝑥
 dominio: 𝑥 ∈ ℛ codominio: −1 ≤ 𝑦 ≤ 1
 dominio: 𝑥 ∈ ℛ codominio: −1 ≤ 𝑦 ≤ 1
24
 Funzione TANGENTE
𝑦 = 𝑡𝑎𝑛 𝑥
𝜋
 dominio: 𝑥 ≠ + 𝑘𝜋
2
 Funzione COTANGENTE
 dominio: 𝑥 ≠ 𝜋 + 𝑘𝜋
codominio: 𝑦 ∈ ℛ
𝑦 = 𝑐𝑜𝑡 𝑥
codominio: 𝑦 ∈ ℛ
25
Dimostrazione geometrica angoli notevoli
𝛽=
𝜋
4
y
P

O
x
H
Considero il triangolo OPH, retto in H. L’angolo in O è /4 quindi anche quello in P è /4.
 il triangolo OPH è rettangolo ed isoscele 
𝑂𝐻 = 𝑃𝐻
Considerando la circonferenza goniometrica ( 𝑂𝑃 = 1) e applicando il teorema di
Pitagora:
2
2
𝑂𝐻 + 𝑃𝐻 = 1 → 𝑠𝑖𝑛 2
2𝑠𝑖𝑛 2
𝑠𝑖𝑛
𝜋
4
𝜋
4
2
+ 𝑐𝑜𝑠
= 1 → 𝑠𝑖𝑛 2
𝜋
4
=
𝜋
4
1
2
𝜋
1
√2
= ±√ = ±
4
2
2
Avendo considerato un angolo nel primo quadrante:
sin
𝜋
4
=+
√2
2
cos
26
𝜋
4
=+
√2
2
=1
𝛽=
𝜋
6
y
P
 H
O
x
P’
Considero il triangolo OPH, retto in H. L’angolo in O è /6 quindi quello in P è /3.
Se considero il punto P’ simmetrico di P rispetto l’asse x il triangolo OPP’ è equilatero
poiché l’angolo in P è /3, l’angolo in O è /3 quindi anche quello in P’ è /3.
𝑃𝐻 =
1
2
𝑂𝑃
Considerando la circonferenza goniometrica ( 𝑂𝑃 = 1)
1
𝜋
2
6
→ 𝑃𝐻 = = sin
Inserendo nella prima relazione fondamentale il valore del seno:
𝑠𝑖𝑛
𝑐𝑜𝑠 2
2
𝜋
6
𝜋
6
+ 𝑐𝑜𝑠
=1−
2
1
4
𝜋
2
𝜋
= 1 → ( ) + 𝑐𝑜𝑠 2 = 1
6
2
6
=
1
3
4
→ 𝑐𝑜𝑠
𝜋
3
√3
= ±√ = ±
6
4
2
Avendo considerato un angolo nel primo quadrante:
sin
𝜋
6
=+
1
𝜋
√3
cos = +
6
2
2
27
𝛽=
𝜋
3
y
P

O
H
x
A
Considero il triangolo OPH, retto in H. L’angolo in O è /3 quindi quello in P è /6.
 Il triangolo OPH è la metà del triangolo rettandolo OPA.
Considerando la circonferenza goniometrica:
𝑂𝑃 = 1 𝑂𝐻 = cos
𝜋
3
=
1
2
Applicando il teorema di Pitagora:
2
2
𝑃𝐻 = 𝑂𝑃 − 𝑂𝐻
1
2
2
1 3
𝑃𝐻 = 1 − ( ) = 1 − =
2
4 4
2
√3
𝑠𝑖𝑛
= → sin = ±
3 4
3
2
2
𝜋
3
𝜋
Avendo considerato un angolo nel primo quadrante:
sin
𝜋
3
GRADI
0°
Rad
0
30°
45°
60°
90°
/6
/4
/3
/2
=+
√3
2
cos
SEN
0
1/2
√2/2
√3/2
1
28
𝜋
3
=+
1
2
COS
1
TAN
0
COT
√3/2
√2/2
1/2
0
√3/3
1
√3
1
√3
√3/3
0


Archi associati
Angoli supplementari (due angoli  e  sono supplementari se  +  = )
P
Q
I triangoli rettangoli 𝑂𝐶𝑄∆ e 𝑂𝐴𝑃∆ sono congruenti poiché hanno congruenti:
-
l’ipotenusa (𝑂𝑄 = 𝑂𝑃 = raggio della circonferenza)
-
̂)
un angolo acuto (l’angolo in 𝑂
Quindi 𝑃𝐴 = 𝑄𝐶 e 𝑂𝐶 = 𝑂𝐴. Di conseguenza:
sin 𝛼 = 𝑃𝐴
sin(𝜋 − 𝛼 ) = 𝑄𝐶
cos 𝛼 = 𝑂𝐴
cos (𝜋 − 𝛼 ) = 𝑂𝐶
→ sin(𝜋 − 𝛼 ) = sin 𝛼
→ cos (𝜋 − 𝛼 ) = − cos 𝛼
Nella relazione del coseno c’è il segno cambiato perché le due espressioni hanno segno
opposto (il coseno OC nel secondo quadrante è negativo mentre il coseno OA nel primo
quadrante è positivo).
tan (𝜋 − 𝛼 ) =
sin(𝜋 − 𝛼 )
sin 𝛼
=
= − tan 𝛼
cos (𝜋 − 𝛼 ) − cos 𝛼
cot (𝜋 − 𝛼 ) =
cos (𝜋 − 𝛼 ) − cos 𝛼
=
= − cot 𝛼
sin(𝜋 − 𝛼 )
sin 𝛼
29
Angoli esplementari (due angoli  e  sono supplementari se  +  = 2)
P
Q
I triangoli rettangoli 𝑄𝐴𝑂∆ e 𝑃𝐴𝑂∆ sono congruenti poiché hanno congruenti:
-
l’ipotenusa (𝑂𝑄 = 𝑂𝑃 = raggio della circonferenza)
-
̂)
un angolo acuto (l’angolo in 𝑂
Quindi 𝑃𝐴 = 𝑄𝐴 . Di conseguenza:
sin 𝛼 = 𝑃𝐴
sin(2𝜋 − 𝛼) = 𝑄𝐴
→ sin(2𝜋 − 𝛼) = − sin 𝛼
Nella relazione del seno c’è il segno cambiato perché le due espressioni hanno segno
opposto (il seno QA nel quarto quadrante è negativo mentre il seno PA nel primo quadrante
è positivo).
cos 𝛼 = 𝑂𝐴 cos(2𝜋 − 𝛼) = 𝑂𝐴
→ cos(2𝜋 − 𝛼) = cos 𝛼
tan (2𝜋 − 𝛼 ) =
sin(2𝜋 − 𝛼 ) −sin 𝛼
=
= − tan 𝛼
cos (2𝜋 − 𝛼 )
cos 𝛼
cot(2𝜋 − 𝛼) =
cos (2𝜋 − 𝛼 )
cos 𝛼
=
= − cot 𝛼
sin(2𝜋 − 𝛼 ) −sin 𝛼
30
Angoli opposti
P
Q
In analogia per quanto detto per gli angoli esplementari:
sin 𝛼 = 𝑂𝐵
sin(−𝛼) = 𝑂𝐶 → sin(−𝛼) = − sin 𝛼
cos 𝛼 = 𝑂𝐴 cos(−𝛼) = 𝑂𝐴 → cos(−𝛼) = cos 𝛼
tan(−𝛼 ) = − tan 𝛼
cot(−𝛼) = − cot 𝛼
31
Angoli complementari (due angoli
e
sono supplementari se  +  =
/2)
Q
P
I triangoli rettangoli 𝑃𝐴𝑂∆ e 𝑂𝑄𝐶∆ e sono congruenti poiché hanno congruenti:
-
l’ipotenusa (𝑂𝑃 = 𝑂𝑄 = raggio della circonferenza)
-
̂)
un angolo acuto (l’angolo in 𝑂
Quindi
𝑂𝐴 = 𝑂𝐶 e 𝑃𝐴 = 𝑄𝐶 . Di conseguenza:
𝜋
− 𝛼 ) = 𝑂𝐶
2
𝜋
cos 𝛼 = 𝑂𝐴 cos ( − 𝛼 ) = 𝑄𝐶
2
𝜋
(
→ sin
− 𝛼 ) = cos 𝛼
2
𝜋
→ cos ( − 𝛼 ) = sin 𝛼
2
𝜋
sin ( − 𝛼 ) cos 𝛼
𝜋
2
tan ( − 𝛼 ) =
=
= cot 𝛼
𝜋
2
sin
𝛼
cos ( − 𝛼 )
2
𝜋
(
cos
− 𝛼 ) sin 𝛼
𝜋
2
cot ( − 𝛼 ) =
=
= tan 𝛼
𝜋
2
cos
𝛼
(
)
sin
−𝛼
2
sin 𝛼 = 𝑃𝐴
sin (
32
Formule trigonometriche
In trigonometria esistono delle formule fondamentali che permettono di calcolare le
funzioni goniometriche della somma di due angoli o della loro differenza, della metà, del
doppio ecc. Si chiamano formule di: addizione, sottrazione, duplicazione, bisezione,
parametriche, prostaferesi, Werner.
FORMULE DI ADDIZIONE E SOTTRAZIONE
Dimostriamo ora come si arriva alla formula di sottrazione del coseno:
O
Considero una circonferenza goniometrica e considero un angolo
 e un angolo .
̂ è l’arco sotteso dall’angolo  mentre 𝐴𝑄
̂ è quello sotteso dall’angolo . Le coordinate
𝐴𝑃
dei punti P e Q, per le definizioni di seno e coseno, sono:
𝑃 (cos 𝛼 ; sin 𝛼)
𝑄 (cos 𝛽 ; sin 𝛽)
̂ è l’arco sotteso dall’angolo -, sia M l’estremo dell’arco 𝐴𝑀
̂ tale che 𝐴𝑀
̂ = 𝑄𝑃
̂.
𝑄𝑃
Le coordinate del punto M saranno allora:
𝑀 (cos(𝛼 − 𝛽) ; sin(𝛼 − 𝛽))
33
Poiché archi uguali sottendono corde uguali e poiché le coordinate del punto A, origine
degli archi, sono (1,0), basterà applicare la formula per la distanza tra due punti porre la
condizione
𝑃𝑄 = 𝐴𝑀 .
Ricordando che la distanza tra due punti A e B è data da: 𝐴𝐵 = √( 𝑦𝐵 − 𝑦𝐴 )2 + (𝑥𝐵 − 𝑥𝐴 )2
𝑃𝑄 = 𝐴𝑀
2
2
√(𝑦𝑃 − 𝑦𝑄 ) + (𝑥𝑃 − 𝑥𝑄 ) = √(𝑦𝑀 − 𝑦𝐴 )2 + (𝑥𝑀 − 𝑥𝐴 )2
√(sin 𝛼 − sin 𝛽 )2 + (cos 𝛼 − cos 𝛽 )2 = √[sin(𝛼 − 𝛽 ) − 0]2 + [cos(𝛼 − 𝛽 ) − 1]2
Semplifico la radice e svolgo i quadrati:
sin2 𝛼 + sin2 𝛽 − 2 sin 𝛼 sin 𝛽 + cos 2 𝛼 + cos 2 𝛽 − 2 cos 𝛼 cos 𝛽
= sin2(𝛼 − 𝛽 ) + cos 2(𝛼 − 𝛽 ) + 1 − 2 cos(𝛼 − 𝛽 )
In base alla prima relazione fondamentale della trigonometria abbiamo che:
sin2 𝛼 + cos 2 𝛼 = 1
sin2 𝛽 + cos 2 𝛽 = 1
sin2(𝛼 − 𝛽 ) + cos 2(𝛼 − 𝛽 ) = 1
Quindi l’equazione diventa:
1 + 1 − 2 sin 𝛼 sin 𝛽 − 2 cos 𝛼 cos 𝛽 = 1 + 1 − 2 cos (𝛼 − 𝛽 )
Da cui semplificando si ottiene:
cos(𝛼 − 𝛽 ) = cos 𝛼 cos 𝛽 + sin 𝛼 sin 𝛽
Analogamente si dimostra la formula di sottrazione del seno:
sin(𝛼 − 𝛽 ) = sin 𝛼 cos 𝛽 − cos 𝛼 sin 𝛽
E le formule di addizione di seno e coseno:
sin(𝛼 + 𝛽 ) = sin 𝛼 cos 𝛽 + cos 𝛼 sin 𝛽
cos(𝛼 + 𝛽 ) = cos 𝛼 cos 𝛽 − sin 𝛼 sin 𝛽
34
Ricaviamo per esempio la formula della addizione della tangente, le altre si ricavano in
modo analogo:
 tan(𝛼 + 𝛽) =
tan 𝛼+tan 𝛽
1−tan 𝛼 tan 𝛽
nel caso in cui 𝛼 ≠
𝜋
2
+ 𝑘𝜋 ; 𝛽 ≠
𝜋
2
+ 𝑘𝜋 e 𝛼 + 𝛽 ≠
𝜋
2
+ 𝑘𝜋
Dimostrazione:
tan(𝛼 + 𝛽) =
sin(𝛼 + 𝛽) sin 𝛼 cos 𝛽 +cos 𝛼 sin 𝛽
=
cos(𝛼 + 𝛽) cos 𝛼 cos 𝛽 − sin 𝛼sin 𝛽
Dividiamo per cos 𝛼 cos 𝛽 che è non nullo nelle ipotesi date all’inizio per  e :
sin 𝛼 cos 𝛽 + cos 𝛼 sin 𝛽
cos 𝛼 sin 𝛽 sin 𝛼 sin 𝛽
+
+ cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼
tan(𝛼 + 𝛽) =
=
=
cos𝛼 cos 𝛽 − sin 𝛼 sin 𝛽 cos 𝛼 cos 𝛽 sin 𝛼 sin 𝛽
sin 𝛼 sin 𝛽
− cos 𝛼 cos 𝛽 1 − cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽
cos 𝛼 cos 𝛽
⇒ tan(𝛼 + 𝛽) =
sin 𝛼cos 𝛽
tan 𝛼 + tan 𝛽
1 − tan 𝛼 tan 𝛽
Riassumendo le formule di addizione e sottrazione sono:
sin(𝛼 + 𝛽 ) = sin 𝛼 cos 𝛽 + cos 𝛼 sin 𝛽
cos(𝛼 + 𝛽 ) = cos 𝛼 cos 𝛽 − sin 𝛼 sin 𝛽
sin(𝛼 − 𝛽 ) = sin 𝛼 cos 𝛽 − cos 𝛼 sin 𝛽
cos(𝛼 − 𝛽 ) = cos 𝛼 cos 𝛽 + sin 𝛼 sin 𝛽
tan(𝛼 + 𝛽) =
tan 𝛼 + tan 𝛽
1 − tan 𝛼tan 𝛽
tan(𝛼 − 𝛽) =
tan 𝛼 − tan 𝛽
1 + tan 𝛼tan 𝛽
cot(𝛼 + 𝛽) =
cot 𝛼cot 𝛽 − 1
cot 𝛼 + cot 𝛽
cot(𝛼 − 𝛽) =
cot 𝛼cot 𝛽 + 1
cot 𝛼 − cot 𝛽
35
FORMULE DI DUPLICAZIONE
 sin(2𝛼 ) = 2 sin 𝛼 cos 𝛼
Dimostrazione: sin(2𝛼 ) = sin(𝛼 + 𝛼 ) = sin 𝛼 cos α + cos 𝛼 sin 𝛼 = 2 sin 𝛼 cos 𝛼
 cos(2𝛼 ) = cos 2 𝛼 − sin2 𝛼
Dimostrazione: cos(2𝛼 ) = cos(𝛼 + 𝛼 ) = cos 𝛼 cos α − sin 𝛼 sin 𝛼 = cos 2 𝛼 − sin2 𝛼
 tan(2𝛼 ) =

cot(2𝛼 ) =
2 tan 𝛼
1− tan2 𝛼
cot2 𝛼−1
2 cot 𝛼
FORMULE DI BISEZIONE

sin
𝛼
2
= ±√
1−cos 𝛼
2
Dimostrazione: consideriamo la formula di duplicazione del coseno
cos(2𝛽) = cos 2 𝛽 − sin2 𝛽
e la prima relazione fondamentale della trigonometria:
sin2 𝛽 + cos 2 𝛽 = 1  cos 2 𝛽 = 1 − sin2 𝛽
cos(2𝛽) = cos 2 𝛽 − sin2 𝛽 = 1 − sin2 𝛽 − sin2 𝛽 = 1 − 2 sin2 𝛽
→ cos(2𝛽) = 1 − 2 sin2 𝛽
sin2 𝛽 =
1 − cos(2𝛽)
2
sin 𝛽 = ±√
Ponendo 2𝛽 = 𝛼
1 − cos(2𝛽)
2
𝛼
1−cos 𝛼
2
2
 sin = ±√
36

𝛼
1+cos 𝛼
2
2
cos = ±√
Dimostrazione: consideriamo la formula di duplicazione del coseno
cos(2𝛽) = cos 2 𝛽 − sin2 𝛽
e la prima relazione fondamentale della trigonometria
sin2 𝛽 + cos 2 𝛽 = 1  sin2 𝛽 = 1 − cos 2 𝛽
cos(2𝛽) = cos 2 𝛽 − sin2 𝛽 = cos 2 𝛽 − 1 + cos 2 𝛽 = 2 cos 2 𝛽 − 1
→ cos(2𝛽) = 2 cos 2 𝛽 − 1
cos 2 𝛽 =
cos(2𝛽) + 1
2
cos 𝛽 = ±√
Ponendo 2𝛽 = 𝛼
𝛼

tan

cot =
2
=
cos(2𝛽) + 1
2
𝛼
cos 𝛼+1
2
2
 cos = ±√
sin 𝛼
1+cos 𝛼
𝛼
sin 𝛼
2
1−cos 𝛼
37
RELAZIONE TRA GLI ELEMENTI DI UN TRIANGOLO RETTANGOLO
Consideriamo il seguente triangolo rettangolo:
Consideriamo ora lo stesso triangolo riferito però ad un sistema di assi cartesiani ortogonali
avente l'origine in B, l'asse x nella direzione e nel verso del segmento BA, orientato da B
verso A, il punto C giace nel 1° quadrante del suddetto sistema.
a
b
c
Per le definizioni date di funzioni trigonometriche avremo:
sin 𝛽 =
𝐴𝐶
𝐵𝐶
→ 𝐴𝐶 = 𝐵𝐶 sin 𝛽
CATETO = IPOTENUSA * SENO dell’ANGOLO OPPOSTO AL CATETO
cos 𝛽 =
𝐵𝐴
𝐵𝐶
→ 𝐵𝐴 = 𝐵𝐶 sin 𝛽
CATETO = IPOTENUSA * COSENO dell’ANGOLO ADIACENTE AL CATETO
38
tan 𝛽 =
𝐶𝐴
𝐵𝐴
→ 𝐶𝐴 = 𝐵𝐴 tan 𝛽
CATETO b = CATETO c * TANGENTE dell’ANGOLO OPPOSTO AL CATETO b
cot 𝛽 =
𝐵𝐴
𝐶𝐴
→ 𝐵𝐴 = 𝐶𝐴 cot 𝛽
CATETO c = CATETO b * COTANGENTE dell’ANGOLO ADIACENTE AL CATETO c
Coefficiente angolare di una retta
Si ricorda che l'equazione di una retta è della forma:
𝑦 = 𝑚𝑥
con 𝑚 costante detta COEFFICIENTE ANGOLARE della retta stessa.
E' evidente quindi che si avrà
𝑚=
𝑦
𝑥
y
P(xP;yP)

O
x
Per la definizione di tangente, in ogni punto della retta vale:
𝑦𝑃
= tan 𝛽 → 𝑚 = tan 𝛽
𝑥𝑃
39
LIMITI
Alcune definizioni preliminari:
 Intorno completo di un punto  dato un numero reale
𝑥0 si chiama intorno
𝐼 (𝑥0 ) contenente 𝑥0 :
𝐼(𝑥0 ) = ]𝑥0 − 𝛿1 ; 𝑥0 + 𝛿2 [
qualunque intervallo aperto
con
𝛿1 e 𝛿2 numeri
reali positivi.
 Intorno circolare di 𝑥0  quando 𝛿1
dell’intervallo:
= 𝛿2 il punto 𝑥0
𝐼 (𝑥0 ) = ] 𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿 [
+(
 Intorno destro di 𝑥0  𝐼𝛿
𝑥0 ) = ] 𝑥0 ; 𝑥0 + 𝛿 [
−(
 Intorno sinistro di 𝑥0  𝐼𝛿
𝑥0 ) = ]𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 [
40
è il punto medio
di 𝑥0 un
In matematica, il concetto di limite serve a descrivere l'andamento di una funzione
all'avvicinarsi del suo argomento a un dato valore, oppure al crescere illimitato di tale
argomento.
Esistono essenzialmente 4 tipi di limiti che andremo ad illustrare.
1.
Limite finito per x che tende a un’ascissa finita:
41
42
Il formalismo matematico traduce questi concetti nel modo seguente:
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙 ↔ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿 ) − {𝑥0 }, |𝑓 (𝑥 ) − 𝑙 | < 𝜀
𝑥→𝑥0
Si dice che il limite per 𝑥 𝑐he tende a 𝑥0 di 𝑓(𝑥 ) è uguale ad 𝑙 se e solo se
per ogni 𝜀 > 0, 𝑑ove 𝜀 è un numero piccolo a piacere, esiste un 𝛿 > 0 tale che
per ogni 𝑥 appartenente all' intervallo (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿), escluso al più 𝑥0,
la funzione 𝑓(𝑥) appartiene all'intervallo (𝑙 − 𝜀; 𝑙 + 𝜀)
Limite destro
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙 ↔ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑥0 ; 𝑥0 + 𝛿 ) − {𝑥0 }, |𝑓(𝑥 ) − 𝑙 | < 𝜀
𝑥 →𝑥+
0
Limite sinistro
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙 ↔ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 ) − {𝑥0 }, |𝑓(𝑥 ) − 𝑙 | < 𝜀
𝑥 →𝑥−
0
43
Verifica del limite di una funzione:
44
2.
Limite infinito per x che tende a un’ascissa finita:
Il formalismo matematico diventa:
45
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝛿 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿 ) − {𝑥0 }, 𝑓 (𝑥 ) > 𝑀
𝑥 →𝑥0
Si dice che il limite per 𝑥 𝑐he tende a 𝑥0 di 𝑓(𝑥 ) tende a +∞ se e solo se
per ogni 𝑀 > 0, 𝑑ove 𝑀 è un numero grande a piacere, esiste un 𝛿 > 0 tale che
per ogni 𝑥 appartenente all' intervallo (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿), escluso al più 𝑥0,
la funzione 𝑓(𝑥) risulta maggiore di M
Analogamente si dice:
lim 𝑓(𝑥 ) = −∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝛿 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑥0 − 𝛿; 𝑥0 + 𝛿 ) − {𝑥0 }, 𝑓(𝑥 ) < −𝑀
𝑥 →𝑥0
46
3.
Limite finito per x che tende ad infinito:
Il formalismo matematico diventa:
N
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ↔ ∀𝜀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑁; +∞), |𝑓 (𝑥 ) − 𝑙 | < 𝜀
𝑥 →+∞
Si dice che il limite per 𝑥 𝑐he tende a + ∞ di 𝑓(𝑥 ) è uguale a 𝑙 se e solo se
per ogni 𝜀 > 0, dove 𝜀 è un numero piccolo a piacere, esiste un 𝑁 > 0 tale che
per ogni 𝑥 appartenente all' intervallo (𝑁; +∞)
la funzione 𝑓(𝑥) appartiene all'intervallo (𝑙 − 𝜀; 𝑙 + 𝜀)
47
-N
Analogamente si dice:
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙 ↔ ∀𝜀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (−∞; −𝑁), |𝑓 (𝑥 ) − 𝑙 | < 𝜀
𝑥→−∞
Applicazione: verifica del limite di una funzione
Verificare tramite la definizione di limite che
2𝑥 + 1
=2
𝑥→+∞
𝑥
lim
2𝑥+1
Si tratta di impostare la disequazione: |
𝑥
− 2| < 𝜀 dove con  si indica un numero
arbitrariamente fissato, occorre risolvere la disequazione e far vedere che essa è verificata
su un intorno di +
1
2𝑥 + 1
2𝑥 + 1 − 2𝑥
1
1
𝜀
|
− 2| < 𝜀 → |
| < 𝜀 → | | < 𝜀 → −𝜀 < < 𝜀 → {
1
𝑥
𝑥
𝑥
𝑥
𝑥<−
𝜀
𝑥>
È verificata
∀𝑥>
1 1
1
𝜀 𝜀
𝜀
( numero grande poiché  è molto piccolo) cioè 𝑥 ∈ ( ; +∞)
che è un intorno di +
48
4.
Limite infinito per x che tende ad infinito:
Possiamo avere quattro diversi casi:
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞
𝑥→+∞
lim 𝑓(𝑥 ) = −∞
𝑥→+∞
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞
𝑥→−∞
lim 𝑓(𝑥 ) = −∞
𝑥→−∞
49
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞
𝑥→+∞
N
lim 𝑓 (𝑥 ) = +∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑁; +∞), 𝑓 (𝑥 ) > 𝑀
𝑥→+∞
Si dice che il limite per 𝑥 𝑐he tende a + ∞ di 𝑓(𝑥 ) è tende a +∞ se e solo se
per ogni 𝑀 > 0, dove 𝑀 è un numero grande a piacere, esiste un 𝑁 > 0 tale che
per ogni 𝑥 appartenente all' intervallo (𝑁; +∞)
la funzione 𝑓(𝑥) appartiene all'intervallo (𝑀; +∞)
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞
𝑥→−∞
-N
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (−∞; −𝑁), 𝑓 (𝑥 ) > 𝑀
𝑥→−∞
Si dice che il limite per 𝑥 𝑐he tende a − ∞ di 𝑓(𝑥 ) è tende a +∞ se e solo se
per ogni 𝑀 > 0, dove 𝑀 è un numero grande a piacere, esiste un 𝑁 > 0 tale che
per ogni 𝑥 appartenente all' intervallo (−∞; −𝑁)
la funzione 𝑓(𝑥) appartiene all'intervallo (𝑀; +∞)
lim 𝑓(𝑥 ) = −∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (𝑁; +∞), 𝑓(𝑥 ) < −𝑀
𝑥→+∞
lim 𝑓(𝑥 ) = −∞ ↔ ∀𝑀 > 0 ∃𝑁 > 0 | ∀𝑥 ∈ (−∞; −𝑁), 𝑓(𝑥 ) < −𝑀
𝑥→−∞
50
Teorema di unicità del limite
51
Operazioni sui limiti
52
Esempi di funzioni che non ammettono limite:
Una funzione non ammette limite se:
 esiste il limite destro e limite sinistro della funzione per
loro quindi la funzione non ammette il limite per
1
 lim 𝑒
Esempio: 𝑓(𝑥 ) = 𝑒 𝑥
𝑥→0
lim− 𝑒
𝑥→0

1⁄
𝑥
1⁄
𝑥
𝑥 → 𝑥0
𝑥 → 𝑥0
=?
=0
lim+ 𝑒
𝑥→0
1⁄
𝑥
= +∞
il limite non esiste
Esempio: 𝑓(𝑥 )
= sin 𝑥

ma sono diversi tra
lim sin 𝑥 = 𝑛𝑜𝑛 𝑒𝑠𝑖𝑠𝑡𝑒
𝑥→+∞
La funzione continua ad oscillare tra +1 e -1
53
Calcolo dei limiti
54
Casi di indeterminazione e modi per risolverla:
𝟏)
𝟎
𝟎
Funzioni fratte: se andando a sostituire il valore x0 nella funzione fratta e si annullano sia
numeratore che denominatore per il teorema di Ruffini significa che sono entrambi divisibili
per (𝑥 − 𝑥 0 ) quindi posso semplificarli entrambi per (𝑥 − 𝑥 0 ):
∎
𝑥2 − 1 0
lim 2
=
𝑥→1 𝑥 − 𝑥
0
𝑥2 − 1
(𝑥 − 1)(𝑥 + 1)
𝑥+1
lim 2
= lim
= lim
=2
𝑥→1 𝑥 − 𝑥
𝑥→1
𝑥→1
𝑥(𝑥 − 1)
𝑥
∎
𝑥3 − 8
0
lim 3
=
𝑥→2 𝑥 − 6𝑥 2 + 12𝑥 − 8
0
→
Il numeratore è la differenza di due cubi: 𝑎 3 − 𝑏 3 = (𝑎 − 𝑏)(𝑎 2 + 𝑎𝑏 + 𝑏 2 )
Il denominatore è il cubo di un binomio: (𝑎 − 𝑏) 3 = 𝑎 3 − 3𝑎 2 𝑏 + 3𝑎𝑏 2 − 𝑏 3
𝑥3 − 8
(𝑥 − 2)(𝑥 2 + 2𝑥 + 4)
(𝑥 2 + 2𝑥 + 4) 12
=
lim
=
lim
= + = +∞
𝑥→2
𝑥 3 − 6𝑥 2 + 12𝑥 − 8 𝑥→2
(𝑥 − 2)3
(𝑥 − 2)2
0
lim
𝑥→2
Funzioni irrazionali: si deve provare a razionalizzare sia numeratore che denominatore:
∎
lim
𝑥→2
√ 𝑥 + 2 − √ 2𝑥 0
=
0
√𝑥 − 2
razionalizzo prima il numeratore:
lim
√ 𝑥 + 2 − √ 2𝑥
√𝑥 − 2
𝑥→2
= lim
(√ 𝑥 + 2 − √ 2𝑥)(√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
𝑥→2
√ 𝑥 − 2 (√𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
𝑥 + 2 − 2𝑥
= lim
𝑥→2
√ 𝑥 − 2 (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
= lim
𝑥→2
=
2−𝑥
√ 𝑥 − 2 (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
=
0
0
ancora forma indeterminata, quindi razionalizzo il denominatore
2 −𝑥
= lim
𝑥→2
= lim
𝑥→2
𝑥→2
(2 − 𝑥)√𝑥 − 2
𝑥→2
= lim
√ 𝑥 − 2 (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
= lim
√ 𝑥 − 2 (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)√ 𝑥 − 2
−(𝑥 − 2)√ 𝑥 − 2
(𝑥 − 2) (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
= lim
𝑥→2
(2 − 𝑥)√ 𝑥 − 2
√ 𝑥 − 2 (√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)√ 𝑥 − 2
= lim
𝑥→2
(2 − 𝑥)√ 𝑥 − 2
(𝑥 − 2) (√𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
− √𝑥 − 2
(√ 𝑥 + 2 + √ 2𝑥)
55
=
0
=0
4
=
=
𝟐)
∞
∞
Sia per le funzioni fratte che per le irrazionali si deve mettere in evidenza al numeratore
e al denominatore la potenza di x con esponente massimo:
∎
lim
𝑥→+∞
𝑥6 + 𝑥3 ∞
=
𝑥3 + 𝑥2 ∞
1
1
𝑥 6 (1 + 3 )
𝑥 3 (1 + 3 )
𝑥6 + 𝑥3
𝑥 = lim
𝑥 = lim 𝑥 3 = +∞
lim
= lim
1
1
𝑥→+∞ 𝑥 3 + 𝑥 2
𝑥→+∞
𝑥→+∞
𝑥→+∞
3
𝑥 (1 + 𝑥 )
(1 + 𝑥 )
Per 𝑥 → ∞ si ha che
∎
lim
𝑥→+∞
𝑥 + √𝑥
2√ 𝑥 + 𝑥
=
1
𝑥3
→0 e
1
𝑥
→0
∞
∞
1
1
)
1
+
𝑥 + √𝑥
√ 𝑥 = lim
√𝑥 = 1
lim
= lim
2
2
𝑥→+∞ 2√ 𝑥 + 𝑥
𝑥→+∞
𝑥 ( + 1) 𝑥→+∞
+1
√𝑥
√𝑥
𝑥 (1 +
Per 𝑥 → ∞ si ha che
∎
lim
lim
1
√𝑥
→0 e
2
√𝑥
→0
∞
√𝑥 − 1
=
𝑥+2 ∞
𝑥→+∞ 𝑥 2 +
𝑥→+∞
√𝑥 − 1
=
2
𝑥 +𝑥+2
lim
𝑥→+∞
1
√ 𝑥 (√1 − 𝑥 )
1 2
𝑥 2 (1 + 𝑥 + 2 )
𝑥
Per 𝑥 → ∞ si ha che per il numeratore
1
𝑥
per il denominatore
Quindi possiamo riassumere che:
= lim
𝑥→+∞
𝑥 1/2
1
√𝑥
=
lim
= lim 3/2 = 0
2
2
𝑥→+∞ 𝑥
𝑥→+∞ 𝑥
𝑥
1
→ 0 ⇒ √1 − = 1;
𝑥
1
𝑥
lim
→0 ;
𝐵∗𝑥𝛽
𝑥→±∞ 𝐴∗𝑥𝛼
1
𝑥2
1
0 se 𝛼 > 𝛽
= {±∞ se 𝛼 < 𝛽
𝐵
se 𝛼 = 𝛽
𝐴
56
2
→ 0 ⇒ (1 + 𝑥 + 𝑥 2 ) = 1
𝟑) + ∞ − ∞
Si deve ricondurre, tramite trasformazioni alla forma
∎
∞
∞
:
lim (√𝑥 2 − 𝑥 − 𝑥) = +∞ − ∞
𝑥→+∞
Se compaiono delle radici si può provare a razionalizzare:
lim (√𝑥 2 − 𝑥 − 𝑥) = lim
𝑥→+∞
(√𝑥 2 − 𝑥 − 𝑥)(√𝑥 2 − 𝑥 + 𝑥)
𝑥→+∞
= lim
𝑥→+∞ √𝑥 2
−𝑥
−𝑥 + 𝑥
=
𝑥2 − 𝑥 − 𝑥2
= lim
(√𝑥 2 − 𝑥 + 𝑥)
𝑥→+∞ √𝑥 2
−𝑥+𝑥
=
−∞
+∞
Ora posso procedere come nel metodo precedente:
= lim
𝑥→+∞ √𝑥 2
−𝑥
−𝑥 + 𝑥
= lim
𝑥→+∞
−𝑥
𝑥 (√1 −
1
+ 1)
𝑥
= lim
𝑥→+∞
−1
1
(√1 − + 1)
𝑥
Per 𝑥 → ∞ si ha che
∎
1
𝑥
=−
1
2
1
→ 0 ⇒ √1 − 𝑥 = 1
lim [log(1 − 3𝑥 ) − log(4 − 5𝑥 )] = +∞ − ∞
𝑥→−∞
In questo caso posso provare a scrivere in modo diverso la funzione applicando le proprietà
dei logaritmi:
lim [log(1 − 3𝑥 ) − log(4 − 5𝑥 )] = lim log
𝑥→−∞
𝑥→−∞
1 − 3𝑥
∞
= log
4 − 5𝑥
∞
Ora posso procedere come nel metodo precedente:
1
1
𝑥 (𝑥 − 3)
(𝑥 − 3)
1 − 3𝑥
3
= lim log
= lim log
= lim log
= log
4
4
𝑥→−∞
𝑥→−∞
4 − 5𝑥 𝑥→−∞
5
𝑥 (𝑥 − 5)
(𝑥 − 5)
1
Per 𝑥 → ∞ si ha che 𝑥 𝑒
57
4
𝑥
→0
∎
1
1
lim [
− 2 ] = ∞ −∞
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)
sin 𝑥
In questo caso posso provare a scrivere in modo diverso la funzione applicando le formule
che conosco della trigonometria:
1
1
1
1
lim [
−
] = lim [
−
]=
2
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)
sin 𝑥
(1 − cos 2 𝑥)
1
1
1 + cos 𝑥 − 2
= lim [
−
] = lim [
]=
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)(1 + cos 𝑥)
(1 − cos 𝑥)(1 + cos 𝑥)
cos 𝑥 − 1
−(1 − cos 𝑥)
−1
1
= lim [
] = lim [
] = = lim [
]=−
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)(1 + cos 𝑥)
𝑥→0 2(1 − cos 𝑥)(1 + cos 𝑥)
𝑥→0 2(1 + cos 𝑥)
4
𝟒) 𝟎 ∙ ∞
Si deve provare a scrivere in modo diverso la funzione:
∎
lim (1 − sin 𝑥 ) ∙ tan 𝑥 = 0 ∙ ∞
𝜋−
𝑥→
2
(1 − sin 𝑥 ) ∙ tan 𝑥 = lim
(1 − sin 𝑥 ) ∙
lim
𝜋−
𝜋−
𝑥→
2
𝑥→
2
sin 𝑥
sin 𝑥 1 + sin 𝑥
(
)
= lim
1
−
sin
𝑥
∙
∙
=
𝜋−
cos 𝑥
cos 𝑥 1 + sin 𝑥
𝑥→
2
sin 𝑥 1 − sin2 𝑥
sin 𝑥
cos 2 𝑥
sin 𝑥 cos 𝑥 0
= lim
∙
==
lim
∙
=
lim
= =0
𝜋 − cos 𝑥
𝜋 − cos 𝑥 1 + sin 𝑥
𝜋 − 1 + sin 𝑥
1 + sin 𝑥
2
𝑥→
𝑥→
𝑥→
2
2
2
58
59
Dimostrazione del limite fondamentale:
sin 𝑥
lim
= 1
𝑥→0
𝑥
Consideriamo il limite destro
lim+
Se
sin 𝑥
𝑥→0
𝑥
= lim−
𝑥
𝑥→0
sin 𝑥
𝑥→0
sin 𝑥
lim+
𝑥
e il limite sinistro
lim−
sin 𝑥
𝑥→0
𝑥
.
allora esiste il limite bilaterale.
Se prendiamo il limite sinistro, poiché la funzione seno è una funzione dispari:
lim−
𝑥→0
sin 𝑥
= lim+
𝑥
sin(−𝑥)
−𝑥
𝑥→0
− sin 𝑥
= lim+
−𝑥
𝑥→0
= lim+
sin 𝑥
𝑥→0
𝑥
Quindi limite destro e limite sinistro sono uguali. Posso quindi limitarmi a dimostrare il limite
destro.
Dimostriamo questo limite in modo geometrico utilizzando la circonferenza goniometrica
(r=1) e considerando un angolo x nel primo quadrante: guardando la figura si vede che il
̂ che è a sua volta minore del segmento 𝑇𝐴.
segmento 𝑃𝐻 è minore dell’arco 𝑃𝐴
̂ < 𝑇𝐴
𝑃𝐻 < 𝑃𝐴
y
Ma i segmenti 𝑃𝐻 e 𝑇𝐴non sono altro che
rispettivamente il seno e la tangente dell’angolo
̂ corrisponde all’angolo x
x mentre l’arco 𝑃𝐴
T
P
misurato in radianti
𝑥𝑟𝑎𝑑 =
x
H
A
x
̂
𝑃𝐴
𝑂𝑃
ma 𝑂𝑃 = 1
sin 𝑥 < 𝑥 < tan 𝑥
Divido tutto per sin x che nel primo quadrante è positivo:
sin 𝑥
𝑥
tan 𝑥
<
<
sin 𝑥 sin 𝑥
sin 𝑥
60
1<
𝑥
1
<
sin 𝑥
cos 𝑥
Faccio i reciproci, cambiando il verso della disequazione:
cos 𝑥 <
𝑠𝑖𝑛 𝑥
< 1
𝑥
Passo ai limiti:
𝑠𝑖𝑛 𝑥
< lim 1
𝑥→0 𝑥
𝑥→0
lim cos 𝑥 < lim
𝑥→0
𝑠𝑖𝑛 𝑥
<1
𝑥→0 𝑥
1 < lim
Quindi
lim
𝑥→0
𝑠𝑖𝑛 𝑥
𝑥
=1
poiché compreso tra 1 e 1
61
62
63
64
65
Dimostrazione della continuità di alcune funzioni elementari
66
67
FUNZIONI LIMITATE E ILLIMITATE
68
69
f(x )= 1/x
70
71
Significato geometrico della derivata:
𝑦 = 𝑓(𝑥)
Consideriamo una funzione
punti P e Q interni all’intervallo
continua in un intervallo
[𝑎, 𝑏]
e considero due
[𝑎, 𝑏] . Il punto P ha coordinate (𝑥0 ; 𝑓(𝑥0 )), quelle di Q
sono (𝑥0 + ℎ; 𝑓(𝑥0 + ℎ)).
Se considero la retta s passante per P e Q questa è secante alla funzione e il suo
coefficiente angolare è:
𝑚𝑠 =
∆𝑦
∆𝑥
=
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
𝑥0 + ℎ−𝑥0
=
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
ℎ
Quindi il coefficiente angolare della retta secante è il rapporto incrementale della funzione
𝑓(𝑥) relativo al punto 𝑥0
e all’incremento
h.
Se ora facciamo il limite per h  0 graficamente il punto Q va a coincidere con il punto P e
la retta secante, passante per P e Q, diventa la retta passante solo per P e quindi tangente
alla funzione nel punto P. Se faccio il limite per
72
h0
del coefficiente angolare della retta
secante ottengo quindi il coefficiente angolare della retta tangente alla funzione nel punto P
nonché la derivata della funzione nel punto P di coordinate (𝑥0 ; 𝑓(𝑥0 ))
𝑚𝑡𝑔 = lim 𝑚𝑠𝑒𝑐 = lim
ℎ→0
Quindi la derivata di 𝑦
= 𝑓(𝑥)
tangente alla funzione nel punto
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
ℎ
ℎ→0
calcolata nel punto
𝑥0 .
73
𝑥0
= 𝑓′(𝑥0 )
è il coefficiente angolare della retta
74
75
76
77
78
D(k)=0
D(x)=1
D(x2)=2x
Dkf(x)=kDf(x)
79
Dimostrazione del calcolo della derivata della funzione f(x) = sin x
Calcoliamo la derivata attraverso il limite per incremento che tende a zero del rapporto
incrementale:
sin(𝑥 + ℎ) − sin 𝑥
=
ℎ→0
ℎ
lim
Applico la formula di addizione sin(𝛼 + 𝛽 ) = sin 𝛼 cos 𝛽 + sin 𝛽 cos 𝛼
sin 𝑥 cos ℎ + sin ℎ cos 𝑥 − sin 𝑥
=
ℎ→0
ℎ
= lim
Raccolgo sin x a fattor comune e divido il limite nella somma di due limiti:
sin 𝑥(cos ℎ − 1) + sin ℎ cos 𝑥
sin 𝑥 (cos ℎ − 1)
sin ℎ cos 𝑥
= lim
+ lim
=
ℎ→0
ℎ→0
ℎ→0
ℎ
ℎ
ℎ
= lim
sin x e cos x posso portarli fuori dal limite poiché non dipendono da h:
cos ℎ − 1
sin ℎ
+ cos 𝑥 lim
=
ℎ→0
ℎ→0 ℎ
ℎ
= sin 𝑥 lim
Limite fondamentale uguale ad 1
Risolviamo questo limite:
(cos ℎ − 1)(cos ℎ + 1)
cos ℎ − 1
cos 2 ℎ − 1
= lim
= lim
= lim
=
ℎ→0
ℎ→0
ℎ→0 ℎ (cosℎ + 1 )
ℎ
ℎ (cos ℎ + 1)
Moltiplico e divido per cos ℎ + 1
(cos ℎ − 1)(cosℎ + 1)
cos 2 ℎ − 1
= lim
= lim
=
ℎ→0
ℎ→0 ℎ (cos ℎ + 1 )
ℎ(cos ℎ + 1)
Per la relazione fondamentale della trigonometria cos 2 ℎ − 1 = −sin 2 ℎ
80
− sin 2 ℎ
− sin ℎ
sin ℎ
= lim
= lim (
)∗(
) =
ℎ→0 ℎ (cos ℎ + 1 )
ℎ→0
ℎ
cos ℎ + 1
Divido il limite come il prodotto di due limiti:
− sin ℎ
sin ℎ
= lim (
) ∗ lim (
) = 0
ℎ→0
ℎ→0 cos ℎ + 1
ℎ
Poiché il primo è il limite fondamentale che vale 1 mentre il secondo se si sostituisce h = 0
si ottiene 0 .
Quindi riprendendo il limite del rapporto incrementale:
cos ℎ − 1
sin ℎ
+ cos 𝑥 lim
= sin 𝑥 ∗ 0 + cos 𝑥 ∗ 1 = cos 𝑥
ℎ→0
ℎ→0 ℎ
ℎ
= sin 𝑥 lim
In modo analogo si può dimostrare la derivata del cos x.
81
DERIVATE DELLE FUNZIONI PIU’ COMUNI
𝑦 = 𝑓(𝑥)
𝑦′ = 𝑓′(𝑥)
Funz. costante
𝑦=𝑘
𝑦′ = 0
Funz. potenza
𝑦 = 𝑥𝑛
𝑦′ = 𝑛𝑥 𝑛−1
In particolare:
𝑦=𝑥
𝑦′ = 1
𝑥
𝑦′ =
|𝑥 |
𝑦 = |𝑥 |
𝑦 = 𝑛√𝑥
𝑦=
𝑦′ =
1
𝑥
1
𝑛
𝑛 √𝑥 𝑛−1
𝑦= −
1
𝑥2
Funz. goniometriche
𝑦 = sin 𝑥
𝑦′ = cos 𝑥
𝑦 = cos 𝑥
𝑦′ = −sin 𝑥
𝑦 = tan 𝑥
𝑦′ =
1
= 1 + tan2 𝑥
2
cos 𝑥
Funz. logaritmica
𝑦 = log 𝑎 𝑥
𝑦 = ln 𝑥
1
1
𝑦 ′ = log 𝑎 𝑒 =
𝑥
𝑥 ln 𝑎
1
𝑦′ =
𝑥
Funz. esponenziale
𝑦 = 𝑎𝑥
𝑦′ = 𝑎𝑥 ln 𝑎
𝑦 = 𝑒𝑥
𝑦′ = 𝑒𝑥
82
Derivata di una somma
Per la derivata di una funzione somma di più funzioni derivabili vale il seguente teorema:
 La derivata della somma di due (o più) funzioni derivabili esiste ed e uguale alla somma
delle derivate delle singole funzioni.
𝑦 (𝑥 ) = 𝑓 ( 𝑥 ) + 𝑔 (𝑥 )
con 𝑓 (𝑥 ) e 𝑔(𝑥 ) funzioni derivabili in x, per il teorema enunciato sarà:
𝑦′(𝑥 ) = 𝑓′(𝑥 ) + 𝑔′(𝑥 )
Derivata di un prodotto
Per la derivata di una funzione prodotto di due funzioni derivabili vale, invece, il teorema:
 La derivata del prodotto di due funzioni derivabili esiste ed è uguale al prodotto della
derivata del primo fattore per il secondo più il prodotto del primo fattore per la derivata del
secondo.
𝑦 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) ∗ 𝑔 ( 𝑥 )
con 𝑓 (𝑥 ) e 𝑔(𝑥 ) funzioni derivabili in x, per il teorema enunciato sarà:
𝑦′(𝑥) = 𝑓′(𝑥 ) ∗ 𝑔(𝑥 ) + 𝑓(𝑥 ) ∗ 𝑔′(𝑥)
Derivata di un rapporto
Per la derivata di una funzione quoziente di due funzioni derivabili vale il teorema:
 La derivata del quoziente di due funzioni derivabili esiste ed è uguale al rapporto tra la
differenza tra il prodotto del denominatore per la derivata del numeratore e il prodotto del
numeratore per la derivata del denominatore e il quadrato del denominatore.
𝑦 (𝑥 ) =
𝑓 (𝑥 )
𝑔 (𝑥 )
con 𝑓 (𝑥 ) e 𝑔(𝑥 ) funzioni derivabili in x, per il teorema enunciato sarà:
𝑓 ′(𝑥) ∗ 𝑔(𝑥 ) − 𝑓(𝑥 ) ∗ 𝑔′(𝑥 )
𝑦′(𝑥 ) =
[𝑔(𝑥 )]2
83
Derivata di una funzione di funzione
 Se la funzione 𝑔(𝑥) è derivabile nel punto x e funzione 𝑓 è derivabile nel punto 𝑔(𝑥)
allora la funzione composta 𝑦(𝑥 ) = 𝑓 (𝑔(𝑥 )) è derivabile in x e la sua derivata è il
prodotto delle derivate di 𝑓 rispetto a 𝑔(𝑥) e di 𝑔(𝑥) rispetto ad x.
𝑦(𝑥 ) = 𝑓(𝑔(𝑥))
con 𝑓 funzione derivabile in 𝑔(𝑥 ) e 𝑔(𝑥 ) derivabile in x per il teorema enunciato sarà:
𝑦′(𝑥 ) = 𝑓′(𝑔(𝑥)) ∗ 𝑔′(𝑥)
Questa è forse l'operazione più importante per saper calcolare esattamente la derivata. Per
fare la derivata di una funzione di funzione prima faccio la derivata della funzione esterna
senza toccare quella interna e poi moltiplico per la derivata di quella interna.
Vediamo di capire meglio con un esempio:
∎ 𝑦(𝑥 ) = sin(log 𝑥)
prima devo fare la derivata della funzione esterna che è sin la cui derivata è cos
𝑓(𝑔(𝑥)) = sin(log 𝑥) → 𝑓′(𝑔(𝑥)) = cos(log 𝑥)
Poi devo fare la derivata della funzione interna 𝑔(𝑥)
𝑔(𝑥 ) = log 𝑥 → 𝑔′ (𝑥) =
1
𝑥
La derivata della funzione composta sarà quindi il prodotto di queste due:
𝑦(𝑥 ) = sin(log 𝑥) ⟹ 𝑦 ′(𝑥 ) = cos(log 𝑥 ) ∗
1 cos (log 𝑥 )
=
𝑥
𝑥
Altre regole di derivazione ricavabili da queste:
𝑦(𝑥 ) = [𝑓(𝑥)]𝑛
𝑦 (𝑥 ) =
1
𝑓(𝑥)
→ 𝑦′(𝑥 ) = 𝑛[𝑓(𝑥 )]𝑛−1 ∗ 𝑓′(𝑥)
→ 𝑦′(𝑥) =
−𝑓′(𝑥)
[𝑓(𝑥 )]2
84
Teorema (derivabilità  continuità)
Se una funzione 𝑓(𝑥) è derivabile in un punto 𝑥0 allora è continua in quel punto.
Ipotesi: la funzione è derivabile quindi esiste ed è finito il
𝑓(𝑥 ) − 𝑓(𝑥0 )
= 𝑓′(𝑥0 )
𝑥→𝑥0
𝑥 − 𝑥0
lim
Tesi: la funzione è continua:
lim 𝑓(𝑥) = 𝑓(𝑥0 )
𝑥 →𝑥0
Dimostrazione:
Consideriamo la funzione 𝑓(𝑥) a cui sommiamo e sottraiamo 𝑓(𝑥0 ) e poi, per 𝑥 ≠ 𝑥0,
dividiamo e moltiplichiamo per 𝑥 − 𝑥0
𝑓(𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) +
𝑓(𝑥 ) − 𝑓(𝑥0 )
∗ (𝑥 − 𝑥0 )
𝑥 − 𝑥0
Passo ora al limite per 𝑥 → 𝑥0:
lim 𝑓 (𝑥 ) = lim [𝑓 (𝑥0 ) +
𝑥→𝑥0
𝑥 →𝑥0
𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
∗ (𝑥 − 𝑥0 )] =
𝑥 − 𝑥0
𝑓(𝑥 ) − 𝑓(𝑥0 )
∗ lim (𝑥 − 𝑥0 ) = 𝑓(𝑥0 ) + 𝑓′(𝑥0 ) ∗ 0 = 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0
𝑥 →𝑥0
𝑥 − 𝑥0
= lim 𝑓(𝑥0 ) + lim
𝑥→𝑥0
C.V.D.
OSSERVAZIONE IMPORTANTE:
Il teorema non è invertibile: non è detto che se una funzione è continua in un punto 𝑥0 sia
anche derivabile in quel punto.
Esempio:
∎ 𝑦 = 3√𝑥 è continua in 𝑥0 = 0 ma non è derivabile. Verifichiamolo applicando il limite del
rapporto incrementale per incremento che tende a 0:
3
√ 𝑥 + ℎ − 3√ 𝑥
lim
=
ℎ→0
ℎ
se lo calcoliamo in 𝑥0 = 0 diventa:
85
3
2
1
√ℎ
= lim ℎ1/3 ∙ ℎ−1 = lim ℎ− 3 = lim 3
= +∞
ℎ →0 ℎ
ℎ→0
ℎ →0
ℎ→0 √ℎ2
= lim
Quindi non è derivabile in 𝑥0 = 0 poiché la derivata risulta .
Quindi la continuità in un punto è condizione necessaria, ma non sufficiente, per la
derivabilità in quel punto.
86
87
88
89
Differenziale di una funzione
Sia 𝑓(𝑥) una funzione derivabile e quindi continua in un intervallo I e siano 𝑥 𝑒 𝑥 + ∆𝑥
due punti appartenenti a tale intervallo.
Definiamo il DIFFERENZIALE di una funzione 𝑓 (𝑥 ), relativo al punto 𝑥 e all’incremento
∆𝑥 , il prodotto della derivata della funzione calcolata in 𝑥 per l’incremento ∆𝑥.
Il differenziale viene indicato con 𝑑𝑓(𝑥 ) oppure 𝑑𝑦:
𝑑𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 ′ (𝑥) ∗ ∆𝑥
Si osserva che se si considera la funzione
𝑓 (𝑥 ) = 𝑥
il differenziale sarà:
𝑑𝑓(𝑥 ) = 1 ∗ ∆𝑥 = ∆𝑥 → 𝑑𝑥 = ∆𝑥
quindi il differenziale della variabile indipendente coincide con l’incremento della variabile
stessa
Sostituendo quindi nella definizione di differenziale, possiamo scrivere:
𝑑𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 ′ (𝑥) ∗ 𝑑𝑥
cioè il differenziale di una funzione è uguale al prodotto della sua derivata per il
differenziale della variabile indipendente.
Da quest’ultima relazione ricavando 𝑓 ′ (𝑥), abbiamo:
𝑓 ′ (𝑥 ) =
𝑑𝑓(𝑥 )
𝑑𝑥
 La derivata prima di una funzione è quindi il rapporto tra il differenziale della funzione e
quello della variabile indipendente.
90
Significato geometrico del differenziale
Consideriamo il grafico della funzione 𝑦 = 𝑓(𝑥) e la retta tangente alla funzione nel punto
P di coordinate (𝑥; 𝑓(𝑥)) che forma un angolo  con l’asse delle ascisse.
Consideriamo poi sulla retta tangente il punto Q di ascissa 𝑥 + ∆𝑥 e il punto R di
coordinate (𝑥 + ∆𝑥; 𝑓(𝑥))
Il triangolo PQR è rettangolo in R e per il teorema dei triangoli rettangoli possiamo scrivere:
𝑅𝑄 = 𝑃𝑅 tan 𝛼
Ma 𝑃𝑅 = ∆𝑥 e tan 𝛼 = 𝑓 ′ (𝑥 ) andando a sostituire otteniamo che:
𝑅𝑄 = 𝑓 ′ (𝑥) ∙ ∆𝑥 = 𝑑𝑦
Ciò significa che il differenziale 𝑑𝑦 è la variazione che subisce l’ordinata della retta
tangente alla curva quando si passa dal punto di ascissa 𝑥 al punto di ascissa 𝑥 + ∆𝑥.
91
Consideriamo il punto S appartenente alla funzione di ascissa 𝑥 + ∆𝑥
L’incremento ∆𝑦 della funzione relativo al punto 𝑥 e al punto 𝑥 + ∆𝑥 è la variazione che
subisce l’ordinata della curva, cioè 𝑅𝑆:
𝑅𝑆 = 𝑓(𝑥 + ∆𝑥 ) − 𝑓(𝑥 ) = ∆𝑦
Da quanto detto possiamo concludere che sostituire all’incremento ∆𝑦 della funzione il suo
differenziale significa geometricamente approssimare nell’intorno di 𝑥 la curva con la
tangente in 𝑥. Il differenziale costituisce quindi un’approssimazione dell’incremento della
funzione tanto più accettabile tanto più è piccolo ∆𝑥.
92
IL CALCOLO INTEGRALE
La funzione primitiva
Sia f(x) una funzione continua in un intervallo
𝐼 𝜖 ℛ. Si dice che la funzione F(x) è una
primitiva della funzione f(x) se si verifica che:
𝐹 ′ (𝑥 ) = 𝑓 ( 𝑥 )
Ad esempio:
• la funzione 𝐹(𝑥 ) =
𝑥2
2
è una primitiva della funzione 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 in quanto
𝐹 ′ (𝑥 ) =
2𝑥
= 𝑥 = 𝑓 (𝑥 )
2
• la funzione 𝐹(𝑥 ) = cos 𝑥 è una primitiva della funzione 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥 in quanto
𝐹′ (𝑥 ) = sin 𝑥 = 𝑓 (𝑥 )
Per le funzioni primitive valgono i seguenti teoremi:
 Se la funzione f(x) ammette in un intervallo 𝐼 𝜖 ℛ come primitiva la funzione F(x),
allora ne ammette infinite che si ottengono tutte aggiungendo alla F(x) una
qualunque costante 𝐶 𝜖 ℛ.
(La dimostrazione è immediata in quanto la derivata di una costante vale sempre zero.)
 Per ogni funzione continua in un intervallo 𝐼 𝜖 ℛ esiste sempre almeno una
primitiva.
93
Integrale indefinito
Si dice integrale indefinito di una funzione f(x) , e si indica con il simbolo
∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥
la totalità delle primitive della f(x)
∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 = 𝐹(𝑥 ) + 𝐶
In questa scrittura f(x) si dice funzione integranda e la variabile x variabile d’integrazione.
Dalla definizione precedente poiché 𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) segue che 𝐷 [∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥] = 𝑓 (𝑥 ).
Questo significa che l’operazione di integrazione è l’opposto della derivazione ma
l’integrazione indefinita associa ad una funzione una classe di funzioni, che si ottengono
aggiungendo una costante alla primitiva, mentre la derivazione associa ad ogni funzione
una sola funzione.
Esempio:
∫ cos 𝑥 𝑑𝑥 = sin 𝑥 + 𝐶 poiché 𝐷[sin 𝑥 + 𝐶 ] = cos 𝑥
Una funzione che ammette una primitiva, e quindi infinite primitive, si dice integrabile.
 Teorema: Condizione sufficiente di integrabilità:
Se una funzione è continua in un intervallo [a,b] allora ammette primitive nello
stesso intervallo
94
Proprietà di linearità dell’integrale indefinito:
 ∫[𝑓(𝑥 ) + 𝑔(𝑥)]𝑑𝑥 = ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 + ∫ 𝑔(𝑥 )𝑑𝑥
 ∫ 𝑘 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 = 𝑘 ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥
Dimostrazione
Se deriviamo entrambi i membri otteniamo:
𝐷 [∫ 𝑘 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥] = 𝐷 [𝑘 ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥] = 𝑘 𝐷 [∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥] = 𝑘 𝑓(𝑥)
𝐷 [𝑘 ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥] = 𝑘 𝐷 [∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥] = 𝑘𝑓(𝑥)
che risultano quindi uguali.
Integrali immediati
Dalle regole di derivazione otteniamo gli integrali indefiniti fondamentali:
 ∫ 𝑥 𝛼 𝑑𝑥 =
𝑥𝛼+1
Infatti 𝐷 [ 𝛼+1
𝑥𝛼+1
𝛼 +1
+ 𝐶 con 𝛼 ≠ −1
1
+ 𝐶] = 𝛼+1
(𝛼 + 1)𝑥𝛼+1−1 = 𝑥𝛼
Casi particolari:
∫ 𝑑𝑥 = 𝑥 + 𝐶
𝑥2
+𝐶
2
2
∫ √ 𝑥𝑑𝑥 = √𝑥 3 + 𝐶
3
∫ 𝑥𝑑𝑥 =
1
 ∫ 𝑑𝑥 = ln|𝑥 | + 𝐶
𝑥
Infatti 𝐷[ln|𝑥 | + 𝐶 ] =
1
𝑥
perché:
1
se 𝑥 > 0, 𝐷 [ln|𝑥 |] 𝐷[ln 𝑥 ] = 𝑥
se 𝑥 < 0, 𝐷 [ln|𝑥 |] 𝐷[ln(−𝑥)] =
1
−𝑥
(−1) =
95
1
𝑥
 ∫ 𝑒 𝑥 𝑑𝑥 = 𝑒 𝑥 + 𝐶
 ∫ 𝑎 𝑥 𝑑𝑥 =
1
ln 𝑎
𝑎𝑥 + 𝐶
 ∫ sin 𝑥 𝑑𝑥 = −cos 𝑥 + 𝐶
 ∫ cos 𝑥 𝑑𝑥 = sin 𝑥 + 𝐶
Regole di derivazione delle funzioni composte
Si ricavano dalle regole di derivazione, viene riportata la dimostrazione solo della prima
come esempio.
 ∫ [ 𝑓(𝑥 )]𝛼 𝑓 ′ (𝑥)𝑑𝑥 =
[ 𝑓(𝑥) ]𝛼+1
𝛼+1
+ 𝐶 con 𝛼 ≠ −1
Dimostrazione
Si deve avere che:
[ 𝑓(𝑥 )]𝛼+1
𝐷[
+ 𝐶] = [ 𝑓(𝑥 )]𝛼 𝑓 ′ (𝑥)
𝛼 +1
[ 𝑓(𝑥 )]𝛼+1
1
1
(𝛼 + 1)[𝑓(𝑥)]𝛼 𝑓 ′ (𝑥) = [𝑓(𝑥)]𝛼 𝑓 ′ (𝑥)
𝐷[
+ 𝐶] =
𝐷[[ 𝑓(𝑥 )]𝛼+1 + 𝐶 ] =
𝛼 +1
𝛼 +1
𝛼+1
Ricordando 𝐷[[ 𝑓(𝑥)]𝑛 ] = 𝑛[𝑓(𝑥)]𝑛−1
∫
𝑓′ (𝑥)
𝑓(𝑥)
𝑑𝑥 = ln|𝑓(𝑥)| + 𝐶
 ∫ 𝑓 ′ (𝑥 ) sin 𝑓(𝑥) 𝑑𝑥 = − cos 𝑓(𝑥) + 𝐶
 ∫ 𝑓 ′ (𝑥 ) cos 𝑓(𝑥) 𝑑𝑥 = sin 𝑓(𝑥) + 𝐶
 ∫ 𝑓 ′ (𝑥 ) e 𝑓(𝑥) 𝑑𝑥 = e 𝑓(𝑥) + 𝐶
96
Integrale definito
Si chiama trapezoide una figura piana delimitata del grafico di una funzione 𝑓(𝑥) continua
in un intervallo chiuso [𝑎; 𝑏], dall’asse delle ascisse e dalle rette parallele di equazioni 𝑥 = 𝑎
e 𝑥 = 𝑏.
M1
m1
Per calcolare l’area di un trapezoide occorre dividere l’intervallo [𝑎; 𝑏] in un certo numero 𝑛
di parti uguali di ampiezza ∆𝑥 =
𝑏−𝑎
𝑛
e consideriamo gli 𝑛 rettangoli aventi ciascuno per
base ∆𝑥 e per altezza 𝑚 𝑖 (che è il minimo valore assunto dalla funzione 𝑓(𝑥) nell’ i – esimo
intervallino). Indichiamo con 𝑠𝑛 la somma delle aree di tutti questi 𝑛 rettangoli:
𝑠𝑛 = 𝑚 1 ℎ + 𝑚 2 ℎ + ⋯ + 𝑚 𝑛 ℎ
L’area del trapezoide viene così approssimata per difetto da 𝑠𝑛 .
In modo analogo possiamo approssimare per eccesso l’area del trapezoide considerando
la somma delle aree degli 𝑛 rettangoli aventi ciascuno per base ∆𝑥 e per altezza 𝑀𝑖 (che è
il massimo valore assunto dalla funzione 𝑓(𝑥) nell’ i – esimo intervallino). Indichiamo con 𝑆𝑛
la somma delle aree di tutti questi 𝑛 rettangoli:
𝑆𝑛 = 𝑀1 ℎ + 𝑀2 ℎ + ⋯ + 𝑀𝑛 ℎ
Otteniamo così due successioni 𝑠𝑛 e 𝑆𝑛 di aree tali che per ogni l’area 𝑆 del trapezoide
risulta:
𝑠𝑛 < 𝑆 < 𝑆𝑛
TEOREMA: se una funzione 𝑓(𝑥) è continua e positiva nell’intervallo [𝑎; 𝑏], i limiti per 𝑛 →
∞ delle successioni 𝑠𝑛 e 𝑆𝑛 esistono finiti e sono coincidenti:
lim 𝑠𝑛 = lim 𝑆𝑛
𝑛→∞
𝑛→∞
97
Nella spiegazione abbiamo considerato una funzione positiva per capire meglio il concetto
di integrale ma questo procedimento è valido anche se la funzione assume valori positivi e
negativi all’interno dell’intervallo considerato.
Definizione di integrale definito:
Data una funzione 𝑓(𝑥) continua nell’intervallo [𝑎; 𝑏], si chiama integrale definito esteso
all’intervallo [𝑎; 𝑏] il valore comune del limite per 𝑛 → ∞ delle due successioni 𝑠𝑛 , per difetto
e 𝑆𝑛 , per eccesso. Tale valore viene indicato con la scrittura:
𝑏
∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
dove 𝑎 viene chiamato estremo inferiore, 𝑏 estremo superiore e 𝑓(𝑥) funzione integranda.
N.B. A differenza dell’integrale indefinito, che è una classe di funzioni, l’integrale definito è
invece un numero (essendo il calcolo di un’area) e non dipende dalla variabile x.
Proprietà dell’integrale definito:
𝑎
∎ ∫ 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥 = 0
𝑎
𝑏
∎ se 𝑎 < 𝑏
𝑎
∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 = − ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
𝑏
𝑏
𝑏
∎ prodotto per una costante ∫ 𝑘 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 = 𝑘 ∫ 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
𝑏
𝑎
𝑏
𝑏
∎ additività ∫ [𝑓(𝑥 ) + 𝑔(𝑥 )]𝑑𝑥 = ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 + ∫ 𝑔(𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
𝑏
𝑎
𝑐
𝑎
𝑏
∎ ∫ 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥 = ∫ 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥 + ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
𝑎
𝑐
𝑏
𝑏
∎ confronto tra funzioni 𝑠𝑒 𝑓(𝑥 ) ≤ 𝑔(𝑥 ) → ∫ 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥 ≤ ∫ 𝑔(𝑥 )𝑑𝑥
𝑎
98
𝑎
Teorema della media
99
Geometricamente:
M
f(c)
m
f(c) è l’altezza del rettangolo di base (b-a) che ha area equivalente all’area del trapezoide.
100
Teorema fondamentale del calcolo integrale:
Sia f definita in [𝑎, 𝑏] → ℛ una funzione continua allora la “funzione integrale” definita
𝑥
𝐹(𝑥 ) ≔ ∫𝑎 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 è una funzione derivabile in [𝑎, 𝑏] e si ha che, ∀ 𝑥 ∈ ℛ,
𝐹′(𝑥) = 𝑓(𝑥 )
Dimostrazione:
Considero due punti 𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] e 𝑥 + ℎ ∈ [𝑎, 𝑏], per calcolare 𝐹′(𝑥) devo calcolare il limite
del rapporto incrementale quando l’incremento tende a zero. Calcolo prima il rapporto
incrementale che ricordando la definizione data nell’enunciato del teorema di funzione
integrale 𝐹(𝑥) possiamo scrivere come:
𝑥+ℎ
𝐹(𝑥 + ℎ) − 𝐹(𝑥) ∫𝑎
=
ℎ
𝑥
𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 − ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
ℎ
=
𝑏
𝑐
𝑏
Applichiamo la proprietà additiva degli integrali: ∫𝑎 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥 = ∫𝑎 𝑓 (𝑥 )𝑑𝑥 + ∫𝑐 𝑓(𝑥 )𝑑𝑥
𝑥
=
𝑥 +ℎ
∫𝑎 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 + ∫𝑥
𝑥
𝑓(𝑡)𝑑𝑡 − ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
ℎ
𝑥 +ℎ
=
∫𝑥
𝑓 (𝑡)𝑑𝑡
ℎ
𝑏
Applicando il teorema della media
𝑥+ℎ
∫𝑥
𝑓(𝑡) 𝑑𝑡
ℎ
∫𝑎 𝑓(𝑥) 𝑑𝑥
𝑏−𝑎
= 𝑓(𝑐 ) con 𝑐 ∈ [𝑎, 𝑏] possiamo scrivere:
= 𝑓(𝑐ℎ ) dove 𝑐ℎ ∈ [𝑥, 𝑥 + ℎ]
Quindi abbiamo trovato che
𝐹(𝑥 + ℎ) − 𝐹(𝑥)
= 𝑓(𝑐ℎ )
ℎ
Per calcolare 𝐹′(𝑥) dobbiamo fare il limite per h → 0 ma 𝑠𝑒 ℎ → 0 ⇒ 𝑐ℎ → 𝑥 poiché
𝑐ℎ ∈ [𝑥, 𝑥 + ℎ].
𝐹 ′ (𝑥 ) = lim
ℎ→0
𝐹 (𝑥+ℎ)−𝐹(𝑥)
ℎ
= lim 𝑓(𝑐ℎ ) = 𝑓(𝑥)
𝑐ℎ →𝑥
101
C.V.D.
Formula fondamentale del calcolo integrale:
Sia f definita in [𝑎, 𝑏] → ℛ una funzione continua e F definita in [𝑎, 𝑏] → ℛ una primitiva di f
in [𝑎, 𝑏] ovvero 𝐹′(𝑥) = 𝑓 (𝑥 )
𝑏
allora ∫𝑎 𝑓 (𝑡 )𝑑𝑡 = 𝐹(𝑏) − 𝐹(𝑎)
𝑏
Per calcolare l’integrale definito ∫𝑎 𝑓 (𝑡 )𝑑𝑡 si deve cercare una 𝐹(𝑡) primitiva di 𝑓(𝑡) e si
deve calcolare la differenza tra i valori da essa assunti nel punto b e nel punto a.
Dimostrazione:
𝑥
Nel teorema fondamentale del calcolo integrale abbiamo definito 𝐹(𝑥 ) = ∫𝑎 𝑓 (𝑡 )𝑑𝑡 quindi
𝑎
𝑏
𝐹(𝑎) = ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 e 𝐹(𝑏) = ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
𝑏
𝑎
⇒ 𝐹(𝑏) − 𝐹(𝑎) = ∫ 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 − ∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 =
𝑎
𝑎
Per la proprietà additiva degli integrali:
𝑏
𝑎
𝑎
𝑏
𝑎
𝑏
∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 − ∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 = ∫ 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 + ∫ 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 − ∫ 𝑓 (𝑡)𝑑𝑡 = ∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
𝑎
𝑎
𝑎
𝑎
𝑎
𝑎
C.V.D.
102
Calcolo dell’integrale di sin2x
∫ 𝑠𝑖𝑛 2 𝑥 𝑑𝑥 =
Applico la formula di bisezione
sin
Elevo al quadrato entrambi i membri:
Pongo
𝛽
2
= 𝑥 → 𝛽 = 2𝑥:
∫ 𝑠𝑖𝑛 2 𝑥 𝑑𝑥 = ∫
𝛽
= ±√
2
sin 2
sin 2 𝑥 =
1 − cos 2𝑥
2
𝛽
1−cos 𝛽
=
2
2
1−cos 𝛽
2
1−cos 2𝑥
2
𝑑𝑥 =
Divido l’integrale nella somma di due integrali:
1
cos 2𝑥
2
2
= ∫ 𝑑𝑥 − ∫
𝑑𝑥 =
1
2
1
𝑥 − ∫ cos 2𝑥 𝑑𝑥 =
2
Integrale di una funzione composta: per calcolare questo integrale devo
applicare la formula ∫ 𝑓 ′(𝑥) cos 𝑓 (𝑥) 𝑑𝑥 = sin 𝑓 (𝑥 ) + 𝐶
Quindi dentro l’integrale devo avere la derivata della funzione
argomento del coseno. In questo caso 𝑓 (𝑥) = 2𝑥 → 𝑓′ (𝑥) = 2 .
Quindi moltiplico e divido per 2 l’integrale e ottengo:
∫ cos 2𝑥 𝑑𝑥 =
=
1
1
∫ 2 cos 2𝑥 𝑑𝑥 = sin 2𝑥 + 𝐶
2
2
1
1
1
1 1
1
1
𝑥 − ∫ cos 2𝑥 𝑑𝑥 = 𝑥 − ∗ sin 2𝑥 + 𝐶 = 𝑥 − sin 2𝑥 + 𝐶
2
2
2
2 2
2
4
⟹ ∫ 𝑠𝑖𝑛 2 𝑥 𝑑𝑥 =
103
𝑥
2
−
sin 2𝑥
4
+𝐶
Applicazioni in fisica:
1) Nel calcolo del potenza media in un circuito in corrente alternata è necessario calcolare
l’integrale del sin 2 (𝜔𝑡) 𝑑𝑡 in un periodo ,  è la pulsazione ed è uguale a 2/
𝜏
∫0 sin 2 (𝜔𝑡) 𝑑𝑡 =
𝑥 = 𝜔𝑡
Applico una sostituzione di variabile:
𝑑𝑥 = 𝜔 𝑑𝑡 → 𝑑𝑡 =
𝑑𝑥
𝜔
Calcolo i nuovi estremi di integrazione: 𝑡 = 0 → 𝑥 = 0
𝑡 = 𝜏 → 𝑥 = 𝜔𝜏 =
2𝜋
= ∫
0
=
2𝜋
𝜏 = 2𝜋
𝜏
2𝜋
sin 2 𝑥
1 2𝜋
1 𝑥 sin 2𝑥
] =
𝑑𝑥 = ∫ sin 2 𝑥 𝑑𝑥 = [ −
𝜔
𝜔 0
𝜔 2
4 0
1 2𝜋 sin 2(2𝜋)
0 sin 0
𝜋
𝜋
𝜏
[(
−
)−( +
)] = =
=
𝜔 2
4
2
4
𝜔 2𝜋 2
𝜏
𝜏
→ ∫ sin 2 (𝜔𝑡) 𝑑𝑡 =
0
104
𝜏
2
2) Per calcolare invece l’energia totale racchiusa da un’onda stazionaria è necessario
calcolare l’integrale del sin 2 (𝑘𝑙) 𝑑𝑙 sulla lunghezza L della fune,
k è il numero l’onda ed
è uguale a 2/.
𝐿
𝐿
2
∫ sin (𝑘𝑙) 𝑑𝑙 = ∫ sin 2 (
0
2𝜋
𝜆
0
𝑥=
Applico una sostituzione di variabile:
𝑑𝑥 =
𝑙) 𝑑𝑙 =
2𝜋
𝑙
𝜆
2𝜋
𝑑𝑥
𝜆
𝑑𝑙 → 𝑑𝑙 =
=
𝑑𝑥
2𝜋 2𝜋
𝜆
𝜆
Calcolo i nuovi estremi di integrazione: 𝑙 = 0 → 𝑥 = 0
𝑙=𝐿 →𝑥=
2𝜋
2𝜋 𝜆
𝐿=
=𝜋
𝜆
𝜆 2
Le onde stazionarie su una fune di lunghezza L possono avere solo determinate lunghezze
d’onda
𝐿=𝑛
𝜆
2
con
n (numero
intero) 1. Nella sostituzione dell’estremo superiore si è
considerato il caso con n = 1.
𝜋
𝜋
𝜆 𝑥 sin 2𝑥 𝜋
∫ sin 𝑥 𝑑𝑥 =
[ −
] =
=∫
sin 𝑥 𝑑𝑥 =
2𝜋 0
2𝜋 2
4 0
0 2𝜋
=
𝜆
2
𝜆
2
𝜆 𝜋 sin 2(𝜋)
0 sin 0
𝜆 𝜋 𝜆
[( −
)−( +
)] =
=
2𝜋 2
4
2
4
2𝜋 2 4
𝐿
→ ∫ sin 2 (𝑘𝑙) 𝑑𝑙 =
0
105
𝜆
4
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