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Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
ESAME DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO PROF. MILITERNI
Riassunto libro
Militerni, LO SVILUPPO NEUROPSICHICO. II ed. Idelson Gnocchi, Napoli 04
Nota introduttiva
Lo sviluppo è il processo attraverso il quale l’individuo passa dalla condizione di
Bambino a quella di adulto al fine di integrarsi nell’ambiente in cui vive.
Tale sviluppo avviene attraverso queste fasi:
a) la prima infanzia: dalla nascita al 2 anno di vita;
b) la seconda infanzia: dal terzo al settimo anno di vita;
c) la terza infanzia (detta anche Fanciullezza) va dai 6/7 anni ai 12/13 anni;
d) l’Adolescenza va dai 13/14 anni e porta all’età adulto con l’acquisizione della
maturità, competenze ed integrazione sociale.
La Psicologia dello Sviluppo si occupa della crescita psicologica dell’individuo.
Esiste ance un’altra prospettiva per descrivere lo sviluppo: osservare le abilità
specifiche e le competenze che acquisisce e sviluppa l’individuo.
Per questa ipotesi sono state individuate queste aree funzionali:
a) area motoria: consentono all’individuo di muoversi, agire nel e su l’ambiente;
b) area della percezione: sono le competenze con le quali l’individuo raccoglie le
informazioni dall’esterno e attribuisce a queste un proprio significato;
c) area linguistica: l’individuo riesce ad appropriarsi del codice (o regole) di
comunicazione proprio del gruppo cui appartiene;
d) area cognitiva: l’individuo raccoglie e sistema l’esperienze in sistemi di
conoscenza e conosce e capisce il mondo;
e) area affettivo-relazionale: l’individuo comprende e riflette sul proprio
pensiero e riflette sugli stati mentali altrui.
Questo comporta che l’individuo sviluppa nel tempo varie competenze le quali
influenzano le diverse aree funzionali.
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I PARTE: ASPETTI GENERALI DELLO SVILUPPO
CAPITOLO 1 Le teorie dello sviluppo
Lo sviluppo è il processo attraverso il quale l’individuo passa dalla condizione di
Bambino a quella di adulto.
Sul piano
somatico: la maturità raggiunta dall’individuo è riconoscibile
nell’aspetto fisico, nei caratteri sessuali e nel tono di voce;
Sul piano psicologico: a maturità è desunta da una serie di comportamenti che
evidenziano la dimensione Affettivo-Relazionale dell’individuo in forma stabile e la
capacità di adattamento alle richieste sociali proprie del gruppo di appartenenza.
Questi elementi comportamentali formano la PERSONALITA’ che è quello che
uno è, ossia, la essenza irrepetibile di ogni persona.
I tratti della personalità: sono modi costanti di percepire, rapportarsi nei confronti
di se stessi e all’ambiente, come per esempio, l’essere socievoli o timidi, mostrarsi
dipendenti o indipendenti, incerti o fiduciosi.
Tre sono le teorie con le quali viene studiato lo sviluppo della persona:
A. Approccio psicoanalitico
B. Approccio comportamentista
C. Approccio biologico
A. APPROCCIO PSICOANALITICO
Questo approccio, detto anche Teoria psicoanalitica, elaborata da Sigmund
Freud, spiega le forme di funzionamento psichico dell’uomo e i modi del suo
sviluppo. Alla base di tale ipotesi è il principio del determinismo psichico in
base al quale niente avviene per caso. Infatti, per quanto un evento psichico può
apparire accidentale, secondo Militerni, risulta invece legato ad eventi che lo
hanno preceduto.
Ogni processo psichico può essere compreso secondo tre punti di vista:
1. Topico: l’apparato psichico è l’organizzazione di diversi sistemi in relazione tra
loro e che assicurano funzioni differenti.
2. Dinamico: esiste in insieme di forze che interagiscono fra loro.
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3. Economico: ogni fenomeno psichico è regolato da una certa quantità di
energia che deve essere utilizzata per le diverse funzioni.
La
teoria
psicoanalitica
l’interpretazione
del
ha
fornito
funzionamento
un
della
contributo
personalità.
determinante
La
per
concezione
psicoanalitica della personalità si incentra sull’interazione organismo/ambiente,
come per esempio quando il neonato sperimenta la fame e la dipendenza dalla
madre. Il ripetersi di queste funzioni costituisce una struttura stabile di
personalità. Questa interazione si svolge secondo processi dinamici che si
caratterizzano nel corso dello sviluppo.
Prima concezione topica
Con l’opera “Interpretazione dei sogni” Freud mise a punto una concezione
dell’apparato psichico distinguendone 3 livelli (prima concezione topica)
1. Al livello inconscio appartengono contenuti esclusi dal campo della coscienza
ma che comunque esercitano una certa influenza sul funzionamento mentale;
2. Il livello preconscio comprende contenuti non presenti nella coscienza ma
possono essere richiamati dalla coscienza stessa;
3. Il livello conscio, include tutti i pensieri, affetti, ricordi dei quali l’individuo ha
piena consapevolezza.
Seconda concezione topica
Intorno al 1920, Freud elaborò una seconda concezione dell’apparato psichico
che la chiamò: seconda topica, meglio conosciuta come Ipotesi strutturale.
Con questa seconda ipotesi Freud descrive la personalità dell’individuo che è
costituita da tre istanze psichiche: ES, IO, SUPER-IO.
1. ES: è il polo pulsionale della personalità che comprende l’insieme delle energie
pulsionali sia libidiche che aggressive e queste appartengono alla sfera
dell’inconscio.
L’Es è come un grande serbatoio di energia pulsionale e Feud lo chiama processo
primario con la tendenza allo scarico immediato delle pulsioni. Questo
funzionamento psichico si verifica quando il bambino agisce secondo il principio
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del piacere il quale richiede un urgente ed immediato soddisfacimento delle
proprie esigenze.
Per Freud, dalla nascita, l’apparato psichico è costituito esclusivamente dall’ES e
sotto la spinta dell’ambiente si differenziano le altre istanze psichiche: L’Io e il
Super-Io.
2. L’IO è un’istanza della personalità complessa ed articolata che svolge diverse
funzioni. Primo scopo dell’Io è quello di garantire il successo nel processo di
adattamento attraverso un lavoro di coordinazione delle istanze psichiche ed il
loro rapporto con la realtà.
Hartmann attribuisce all’ IO una funzione prevalentemente organizzativa
attraverso il mantenimento di equilibrio dal mondo interno e quello esterno.
L’Io svolge numerose attività, regolando l’apparato motorio e percettivo, le
funzioni di osservazione, di giudizio, di conoscenza e memoria attraverso una
costante verifica di controllo per:
-
assicurare il successo del processo di adattamento;
-
programmare il soddisfacimento delle esigenze interiori;
Le funzioni dell’IO servono a dilazionare lo scarico di soddisfacimento e a
programmare le esigenze dell’individuo.
Al principio di piacere dell’ES, l’Io attua il principio della realtà. In tal modo
il bambino impara a rinunciare ad un piacere immediato divenendo capace di
dilazionare l’appagamento degli impulsi per un soddisfacimento futuro.
L’Io oltre ad assicurare le funzioni di coscienza, svolge anche una funzione di tipo
inconscio attraverso il meccanismo di difesa che garantiscono quanto viene
avvertito come inaccettabile dalla coscienza.
La teoria psicoanalitica affronta anche il tema del CONFLITTO il quale
rappresenta lo scontro tra due istanze diverse: una che tende all’appagamento
immediato delle pulsioni (l’ES), l’altra che tende al contenimento (Super-Io).
I meccanismi di difesa servono a raggiungere un compromesso tra le tendenze
dell’ES (piacere) e le pressioni del Super-Io (istanze etiche)
Questi sono i principali meccanismi di difesa:
1) La rimozione: è il meccanismo con il quale vengono respinti o mantenuti a
livello inconscio impulsi e sentimenti particolarmente sgradevoli;
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2) L’introiezione: è il processo attraverso il quale il mondo esterno ed i suoi
aspetti vengono “incorporati” dall’individuo;
3) La proiezione: è la tendenza ad attribuire i propri sentimenti e conentuti
psichici spiacevoli ad altre persone;
4) La negazione: è il meccanismo che riduce l’ansia rifiutando il riconoscimento
di realtà esterne spiacevoli fino a disconoscere l’esperienza percettiva;
5) La formazione reattiva: con questo meccanismo il contenuto temuto e rifiutato
di
un
sentimento
viene
respinto
a
livello
incoscio
e
sostituito
inconsapevolmente con qello opposto;
6) La fissazione: consiste nell’arresto ad una delle fasi di sviluppo in quanto il
passaggio alla successiva implica un’angoscia eccessiva;
7) La regressione: si ha quando l’individuo ritorna a fasi antecedenti al suoa
sviluppo psicologico
8) Lo spostamento: consiste nel trasferire pulsioni mal tollerate verso motivazioni
o fantasie accettabili a livello cosciente;
9) La sublimazione: le energie legate all’appagamento di un impulso profondo,
che può essere di natura sessuale o aggressiva, vengono distolte dall’impulso
originario e mobilitate verso una finalità socialmente approvata.
10)
La razionalizzazione: è la tendenza a proporsi e a proporre ad altri
inconsciamente una spiegazione eticamente e logicamente giustificata di certi
sentimenti o conflitti.
I vari meccanismi di difesa cominciano a formarsi durante l’età evolutiva.
3. IL SUPER-IO: si colloca all’interno della personalità secondo lo schema
freudiano e comprende le funzioni di divieto e il sistema di valori. Quando viene
compiuta un’azione contemporaneamente viene espresso un giudizio interiore che
è di approvazione se corrisponde al sistema di valori posseduti o al contrario, di
rimprovero e condanna. In pratica è la coscienza morale, ossia l’insieme di valori,
norme, precetti in base ai quali l’individuo dirige il proprio comportamento.
Per Freud il Super-Io compare abbastanza tardi nel corso dello sviluppo, intorno
ai 4-5 anni d’età.
Possiamo dire che c’è una gradualità di sviluppo, un processo lento, continuo e
progressivo che parte dalla nascita fino alla stabilità nella fase adulta.
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LO SVILUPPO PSICOSESSUALE
Nella psicoanalisi la sessualità ha un significato molto ampio. Essa comprende
l’istinto alla riproduzione della specie, ma anche eccitazioni che derivano da altre
parti del corpo.
La sessualità infantile per Freud ha tre aspetti:
1. le aree che rappresentano fonti di stimoli eccitatori e le aree dette erogene;
2. le manifestazioni della sessualità infantile si estrinsecano in attività e relazioni
che successivamente faranno parte del piacere preliminare dell’atto sessuale;
3. la sessualità infantile è autoerotica, in quanto il bambino ricerca il
soddisfacimento non tanto attraverso il rapporto con un individuo di sesso
opposto, quanto piuttosto attraverso la stimolazione di parti del proprio corpo.
La pulsione (ossia lo stimolo) e l’energia ad essa legata è definita: LIBIDO
L’evoluzione della sessualità infantile è stata suddivisa in:
1) periodo pregenitale che comprende:
a) fase orale: dalla nascita al 1 anno d’età;
b) fase anale: da 1 a 3;
c) fase fallica: da 3 a 5
2) periodo di latenza: da 6/7 anni fino alla pubertà
3) periodo genitale: a partire dal periodo puberale
1. Periodo pregenitale
a) Fase orale. Nel primo anno di vita la zona esogena è la bucco-faringea (labbra,
bocca, lingua, guance, naso-faringe: per Freud la suzione è la prima e più
precoce espressione di pulsione sessuale, infatti il primo rapporto del bambini
avviene con il seno materno. Tale funzione, che serve per nutrirsi, viene
utilizzata anche per manifestazioni di piacere.
b) Fase anale: segue quella orale e si colloca tra il secondo e il terzo anno di vita.
La zona uretro-anale, legata ai processi connessi alla defecazione e alla
minzione sono anche zone di sensazioni di piacere
c) Fase fallica: si colloca fra i 3 e i 5 anni d’età e il primato della zona erogena
viene assunto dalla zona genitale. Sono infatti fonte di stimoli eccitatori e in
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questa fase si modifica la caratteristica della sessualità infantile. Le vicende di
questa fase sono anche dette Complesso di Edipo. Freud con tale termine ha
indicato l’instaurarsi di una situazione triangolare alla quale partecipano
padre/madre/figlio. Il bambino si accorge della figura paterna e anche che la
madre intrattiene altri rapporti al di fuori dello schema:madre/figlio.
2. Periodo di latenza
Questo periodo succede alla fase fallica ed occupa l’intera epoca di sviluppo che
va dai 6 anni all’inizio dell’età puberale. C’è una battuta d’arresto per l’attività
sessuale. Il bambino ha altri interessi verso la vita sociale e di gruppo
3. Periodo genitale
La pubertà pone fine alla fase di latenza, una specie di periodo di tregua,
determinando una vera rivoluzione che investe sia gli aspetti somatici che
psichici. Si ha una intensificazione degli impulsi sessuali. C’è una vera tempesta
puberale e si riaccende il conflitto tra le esigenze dell’ES e quelle difensive dell’IO.
Per Freud si ha una forma di organizzazione genitale e, man mano che il ragazzo
si sviluppa, la sessualità matura.
B. APPROCCIO COMPORTAMENISTA
Per questa teoria, la mente del bambino, alla nascita, è una tabula rasa, fatta
eccezione per il riflesso della suzione. Lo sviluppo umano, quindi, è un processo
continuo, segnato dall’acquisizione graduale di nuove modalità di comportamento
o abitudini, come il frutto di un apprendimento.
L’apprendimento è il processo attraverso il quale si origina o
si modifica
un’attività reagendo ad una situazione incontrata.
L’apprendimento, quindi, comporta una modificazione stabile del comportamento,
conseguente all’esperienza, all’esercizio e all’osservazione.
Per spiegare l’apprendimento si ricorre alla teoria associazionistica o
dell’associazionismo; ossia ogni idea, nasce dalla somma di componenti semplici,
che come tali possono essere scomposte, analizzate e studiate con le norme che
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regolano l’associazione. Molti autori hanno sempre ammesso che gli eventi o le
idee si associano fra di loro se ricorrono insieme con frequenza.
Si dice che un’idea sarà associata e quindi ne richiama un’altra se gli eventi che
producono queste idee sono ricorsi nel medesimo momento (contiguità temporale),
nel medesimo luogo (contiguità spaziale), o se sono regolarmente ricorsi insieme
(congiunzione costante).
La maggior parte delle leggi che regolano l’associazionismo si ritrovano in quella
area di ricerca che utilizza per lo studio del comportamento: il condizionamento,
che è una forma semplice di apprendimento associativo.
Il
condizionamento
è
utilizzato
dalla
scuola
di
pensiero
come
il
Comportamentismo.
Comportamentismo: nasce nel 1913, ad opera di WATSON il quale si fece
sostenitore di una nuova scienza basata su dati e comportamenti osservabili.
Si può dire che il comportamentismo è la scienza del comportamento.
L’unica metodologia e conoscenza valida è quella che si basa esclusivamente
sull’osservazione; quindi l’oggetto di studio è il comportamento e visto in termini
di meccanismo STIMOLO/RISPOSTA (S-R).
Apprendimento per Condizionamento classico
Pavlov studiando la secrezione salivare del cane, aveva osservato che essa si
produceva ogni volta che il cibo veniva introdotto nella bocca animale. Poiché la
risposta di salivazione era immediata ed autonoma e non richiedeva alcun
apprendimento, venne chiamata Risposta Incondizionata ed il cibo Stimolo
Incondizionato.
L’esperimento fu ripetuto facendo suonare il campanello prima di presentare il
cibo. Dopo che l’associazione campanello-cibo era stata ripetuta più volte, il cane
cominciava a salivare appena suonava il campanello, anche se il cibo non veniva
somministrato. Il suono del campanello venne chiamato Stimolo Condizionato e la
salivazione anticipata Risposta Condizionata.
Questo
principio
del
condizionamento
classico
fu
definito
Principio
di
Contiguità, secondo il quale l’associazione contigua di due stimoli fa sì che uno
dei due riesca a determinare la risposta che precedentemente veniva evocata solo
in relazione all’altro stimolo.
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Pavlov defini due regole aggiuntive: la generalizzazione e l’estinzione.
La generalizzazione dello stimolo è il principio secondo cui stimoli simili a quello
utilizzato per il condizionamento evocano egualmente la risposta condizionata.
L’estinzione è rappresentata dal progressivo indebolimento della risposta
condizionata (= salivazione anticipata) quando allo stimolo condizionato (= il
campanello) non segue lo stimolo incondizionato (= il cibo).
Riflettendo sullo sviluppo del bambino è possibile osservare che diversi
comportamenti vengono appresi per condizionamento classico.
Si tratta di comportamenti che il bambino mette in pratica in presenza di alcuni
stimoli “neutri” che ha imparato ad associare a situazioni piacevoli.
Come per esempio, da:
a) gli eventi che precedono il momento dell’alimentazione;
b) gli eventi che precedono il momento di andare a passeggio;
c) le caratteristiche percettive di alcuni suoni, anticipatori di eventi noti ( il
rumore della porta di ingresso associato al rientro in casa del papà).
Apprendimento per Condizionamento Operante
E’ stato Thorndike ad elaborare la teoria del CONNESSIONISMO. Secondo lo
studioso la mente è un articolatissimo sistema di connessioni. Egli sperimenterà
che mettendo un gatto affamato in una gabbia, fuori dalla quale c’era il cibo. Il
gatto ripetè diversi tentativi e il Thorndike concludeva che, posto in una
determinata situazione, colui che apprende procede per “Prove ed Errori”, ossia
arriva alla soluzione mediante tentativi ripetuti e man mano che procede, le
risposte inesatte diminuiscono.
Sulla base di queste esperienze lo studioso formulò queste leggi:
a) Legge di esercizio: secondo la quale ogni risposta, emessa in una data
situazione, si associa ad essa tanto più saldamente quanto più verrà utilizzata
in quella situazione;
b) Legge dell’intensità: secondo la quale quanto maggiore sarà la soddisfazione
o l’insoddisfazione prodotte dalla risposta, tanto maggiore sarà il rafforzamento
o l’indebolimento del legame associativo già esistente;
c) Legge dell’effetto: secondo la quale le risposte riuscite, vengono impresse
tornando a ripetersi con più probabilità.
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Con la legge dell’effetto, Thorndike apriva la strada al condizionamento operante
vero e proprio di cui SKINNER è il maggiore teorico.
Secondo questo studioso sia gli animali che gli uomini ripetono le azioni che
determinano risposte piacevoli mentre tendono a non ripetere quelle che hanno
portato a risposte spiacevoli.
Egli porta l’esempio di un animale che operando sull’ambiente preme una leva ed
ottiene il cibo, egli tenderà nuovamente a ripetere questo comportamento.
Questo comportamento di premere la leva, Skinner lo chiama OPERANTE; mentre
il cibo che facilita questa risposta è definito Rinforzo.
Skinner parla anche di rinforzo positivo e negativo. Il primo
è rappresentato
dall’esperienza di una ricompensa piacevole per un comportamento positivo; il
secondi consiste nell’esperienza piacevole che si verifica quando con una
determinata azione si riesce a far cessare uno stimolo avversativo.
Per Skinner la punizione si ha quando le risposte sopprimono determinati
comportamenti o ne riducono la probabilità di ripetizione.
Apprendimento Operativo (o Apprendimento per Imitazione)
L’importanza
dell’imitazione
nell’apprendimento
è
stata
sottolineata
da
BANDURA, il quale nel 1960, ha studiato per dimostrare gli effetti di un modello
sul comportamento.
Ciò si verifica nei bambini i quali adottano abitualmente svariati comportamenti
che hanno visto mettere in atto da altre persone dal vero che in televisione.
Si parla anche di Rinforzo Vicario che si ha quando un bambino viene lodato per
un dato comportamento e che spingerà un altro bambino a riprodurre lo stesso
comportamento.
Bandura sottolinea alcuni aspetti che fanno dell’apprendimento un atto cognitivo.
Questi aspetti possono essere cosi sintetizzati:
-
gli uomini sono individui cognitivi, cioè sono elaboratori attivi di informazioni e
tendono a pensare e a riflettere;
-
in questa prospettiva gli individui sono più influenzati da ciò che loro pensano
possa accadere in relazione al loro comportamento;
-
i bambini imparano nuovi tipi di risposte semplicemente osservando il
comportamento degli altri (modelli sociali);
10
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-
il bambino è in grado di apprendere osservando semplicemente senza, cioè,
una partecipazione attiva del modello e questo comporta che il bambino
apprende sia i comportamenti positivi che quelli negativi.
La prospettiva di Bandura sostituisce il determinismo ambientale, tipico dei primi
teorici
del
comportamentismo
con
un
determinismo
reciproco,
cioè
c’è
un’interazione reciproca tra il bambino e il suo ambiente.
C. APPROCCIO BIOLOGICO
Il corpo cresce, il comportamento cresce. Il bambino è un sistema in crescita e
forma la sua mente come forma il corpo e ciò avviene attraverso il processo di
sviluppo. Per questo diciamo che lo SVILUPPO E’ MATURAZIONE
Per i teorici di questa teoria, la maturazione consiste in una serie di modifiche a
carico delle strutture anatomiche del Sistema Nervoso.
Le differenze nel modo di essere e di relazionarsi che si riscontrano fra individuo e
individuo sono riconducibili a fattori genetici i quali
determinano in ciascuno
individuo la comparsa di specifici tratti temperamentali.
Il temperamento è uno dei concetti più controversi nello studio della psicologia
dello sviluppo.
Con questo termine viene inteso un aspetto della personalità e cioè lo stile di
comportamento che un individuo ha quando interagisce con l’ambiente. Il
termine indica quindi come reagisce il bambino e non cosa faccia o perché lo
faccia
Le teorie sul temperamento hanno alcuni aspetti in comune:
a) Ciascun individuo nasce provvisto di schemi caratteriali per rispondere
all’ambiente e alle persone (per esempio: sicurezza/insicurezza);
b) Le caratteristiche del temperamento persistono dall’infanzia fino all’età adulta.
Per gli studiosi i vari modi di comportarsi di ciascun individuo sono il prodotto
del progetto genetico originale e delle esperienze successive;
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c) Le caratteristiche temperamentali influenzano il tipo di risposte che un
individuo dà alle persone e alle cose e nello stesso tempo influenzano le
risposte degli altri verso di lui.
Il modello transazionale
L’approccio biologico non suggerisce un determinismo genetico assoluto, ma
enfatizza
al
contrario
il
ruolo
dell’ambiente
quale
fattore
necessario
e
indispensabile per realizzare le spinte genetiche ed anche per modificarle.
Le forze che spingono il processo di sviluppo per questa teroia sono di due tipi:
a) Fattori biologici
b) Fattori ambientali
I primi sono le strutture anatomiche che realizzano una serie di funzioni
adattive:movimento, linguaggio e la vita di relazione e sono depositate nel
patrimonio genetico di ogni persona. Il tutto prende il nome di GENOTIPO.
II secondi, (fattori ambientali) sono l’insieme delle esperienze che derivano dal
rapporto che l’individuo stabilisce con l’ambiente in cui vive: famiglia, scuola,
società. Il tutto è indicato con il nome di ECOTIPO.
C’è un codice culturale che regola lo sviluppo affinché l’individuo possa trovare
un ruolo nella società mentre i codici familiari regolano lo sviluppo per formare
membri che rispondono a ruoli nella famiglia.
L’ECOTIPO con i suoi codici culturali e familiari è analogo al GENOTIPO biologico
e con esso interagisce costantemente.
Il prodotto di questa interazione è indicato con il nome di FENOTIPO.
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CAPITOLO 2 Le Basi Biologiche dello sviluppo
Cenni di genetica ed embriologia
L’individuo appartenente alla specie umana è costituito da un insieme di
organi(cuore,polmoni, fegato, encefalo) i quali sono organizzati in sistemi
funzionali o apparati (apparato cardio-circolatorio,apparato respiratorio, sistema
nervoso).
L’elemento costitutivo dei vari organi è la Cellula. In ogni cellula ci sono le
informazioni genetiche contenute nei cromosomi.
Le cellule umane contengono un patrimonio genetico formato da 46 cromosomi
che si associano in coppie. Esistono 22 coppie di cromosomi che sono uguali sia
nell’uomo che nella donna e sono definiti autosomi.
I rimanenti due cromosomi sono uguali nella donna e sono rappresentati da due
cromosoma X (XX), mentre sono diversi nell’uomo in quanto rappresentati da un
cromosoma X e da un cromosoma Y (XY); pertanto i cromosomi di questa
coppia sono definiti sessuali, in quanto diversi nei due sessi. La continuità del
patrimonio genetico a 46 cromosomi (46,XY nell’uomo e 46,XX nella donna) è
garantito da un particolare processo di divisione cellulare, detto MITOSI in
rapporto alla quale si ha una duplicazione del materiale cromosomico che
successivamente viene distribuito fra le due cellule figlie: ciascuna cellula figlia,
pertanto, ha lo stesso numero di cromosomi della cellula madre.
Nell’organismo gli organi proposti alla riproduzione sono detti Gonadi:
a) testicoli nell’uomo e dalle ovaie nella donna
b) ovaie nella donna
Nelle gonadi la riproduzione non avviene per mitosi bensì per meiosi.
La meiosi è costituita da due successive divisioni cellulari, associate ad una sola
duplicazione del materiale cromosomico
e ne deriva la formazione di un
particolare tipo di cellula, il GAMETE, il quale è dotato di un patrimonio
dimezzato di cromosomi:la cellula figlia, cioè ha un numero di cromosomi che è la
metà di quello presente nella cellula madre
Il gamete maschile, definito Spermatozoo, ha 23 cromosomi di cui uno sessuale
che può essere X o Y; il gamete femminile, definito, Oocita, ha ugualmente 23
cromosomi, di cui uno sessuale che è necessariamente X.
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La fecondazione è il processo nel quale il gamete maschile, lo spermatozoo (con
23 cromosomi) si fonde con il gamete femminile, l’oocita (con 23 cromosomi) per
dar luogo ad una nuova cellula, lo zigote. Nello zigote si ricostituisce il patrimonio
a 46 cromosomi, di cui 23 di origine paterna e 23 di origine materna. A seconda
del tipo di cromosoma sessuale veicolato dallo spermatozoo Xo Y il sesso sarà
rispettivaemente femminile o maschile.
Con la formazione dello zigote comincia il processo di moltiplicazione cellulare,
che avendo il carattere della mitosi garantisce ai miliardi di cellule che da esso
derivano il conservare il patrimonio xromosomico a 46 cromosomi.
Ciascun individuo nasce con un patrimonio genetico nel quale è scritto tutto ciò
che attiene allo sviluppo dei vari organi ed apparati. Nel patrimonio genetico sono
depositate le informazioni per lo sviluppo del Sistema Nervoso centrale.
L’embrione cresce e si sviluppa e a tre mesi dal concepimento il cervello pesa
circa 5 grammi mentre al nono mese ne pesa 350.
Alcune cellule dell’embrione cominciano a trasformarsi in tessuto specializzato
formando la “Placca Neurale” e successivamente il tessuto della placca si incurva
e si chiude formando il Tubo Neurale nel quale si individuano tre vescicoli: il
prosencefalo, il mesencefalo e il rombo-encefalo; successivamente il prosencefalo
da origine agli emisferi cerebrali e al diencefalo, mentre dal rombo-encefalo
derivano il cervelletto e il midollo spinale.
Lo studio del Sistema Nervoso centrale ha permesso di mettere in evidenza una
successione di eventi e sono descritti 8 stadi:
1. induzione della placca neurale
2. proliferazione cellulare
3. migrazione cellulare
4. aggregazione cellulare
5. differenziazione cellulare
6. sinaptogenesi
7. morte cellulare selettiva
8. eliminazione della sinapsi in eccesso
L’induzione neurale. Alcune cellule dell’embrione cominciano a differenziarsi in
tessuto specializzato, che attraverso le trasformazioni in placca, tubo e successive
veicolazioni porta alla formazione dell’encefalo.
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Proliferazione Cellulare. Le cellule della placca neurale si moltiplicano; sono le
cellule dei neuroni.
La migrazione cellulare. Le cellule che si sono moltiplicate, quando perdono la
capacità di riprodursi iniziano a migrare nella loro posizione definitiva.
Aggregazione: Quando i neuroni migranti raggiungono la loro sede definitiva si
aggregano con elementi cellulari dello stesso per formare strutture con funzioni
specifiche.
Differenziazione e Sinaptogenesi. I neuroni che hanno raggiunto la loro sede
definitiva assumono progressivamente il loro aspetto maturo e stabiliscono
connessioni con altri neuroni, attraverso giunzioni chiamate SINAPSI.
Morte cellulare selettiva. in molte regioni dell’ encefalo il numero dei neuroni
originariamente prodotti supera di molto il numero di neuroni che sopravvivranno
oltre il periodo di sviluppo. Ciò contribuisce a che lo sviluppo di molte strutture e
di molti tessuti è modellato da fasi di morte cellulare esattamente programmate.
Eliminazione della Sinapsi in eccesso. In una fase successiva, un altro
fenomeno sembra contribuire al rimodellamento delle strutture encefaliche:
l’eliminazione delle sinapsi in eccesso.
Lo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale viene a configurarsi nella interazione di
due tipi di processi: i processi additiviu e i processi sottrattivi. I primi sono
condizionati
da
influenze
genetiche;
mentre
i
secondi
sono
guidati
da
sollecitazioni esterne, di carattere ambientale.
I primi adattamenti del neonato all’ambiente
Alla nascita, il Sistema Nervoso del neonato anche se “Funzionante” non è ancora
“Funzionale”. Basta osservare che il neonato è caratterizzato da una motricità
caotica, massiva, globale. Ciò nonostante, è possibile rilevare che determinate
situazioni-stimolo
sono
in
grado
di
mettere
in
atto
risposte
motorie
sufficientemente definite nella loro modalità di espressione e realizzazione. Questi
comportamenti motori sono definiti: Riflessi arcaici o riflessi neonatali.
Esempi di riflessi:
Il riflesso dei punti cardinali, definito anche riflesso di ricerca e si ottiene
stimolando la cute periorale del neonato.
La risposta è rappresentata dalla rotazione del capo verso il lato stimolato.
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Il riflesso di suzione, è rappresentato da movimenti di suzione
ritmici che si
verificano introducendo, per esempio, una tettarella nella bocca del neonato.
Il riflesso di fuga, Si tratta di un riflesso che rientra nelle reazioni di difesa nei
confronti di stimoli sensoriali acuti e improvvisi, nel quale ambito vanno inseriti
altri riflessi, come il chiudere gli occhi ad uno stimolo luminoso intenso.
Il riflesso di chiusura degli occhi nei confronti di una stimolazione luminosa
intensa.
Il riflesso di sobbalzo, che va differenziato dal riflesso di Moro, sia per la matura
dello stimolo- rappresentato da un rumore intenso e improvviso- sia per la
prevalenza di una componente flessoria globale che ha il significato di esporre la
minore superficie corporea possibile allos timolo potenzialmente dannoso.
Il riflesso di Moro, si verifica in seguito ad una brusca modificazione della
posizione del capo rispetto al tronco.
Il termine Riflessi è alquanto improprio, più che riflessi , essi rappresentano veri
e propri comportamenti che permettono i primi adattamenti del neonato
all’ambiente in cui vive. Il significato adattivo di alcuni di questi riflessi è
immediato.
La progressiva organizzazione funzionale dell’encefalo
Parallelamente al progredire della maturazione dal basso verso l’alto (processo di
corticalizzazione), si determina una progressiva specializzazione funzionale delle
varie strutture encefaliche.
CERVELLETTO
E’ una struttura collocata nel cranio, posteriormente, al di sotto dei lobi occipitali.
Esso svolge un ruolo nell’organizzazione e nella realizzazione dell’atto motorio.
Recenti ricerche, tuttavia, sembrano suggerire che le funzioni del cervelletto non
siano limitate all’organizzazione del movimento, ma si estendono anche alla
realizzazione di una serie di funzioni cognitive, come la competenza linguistica e
visuo-spaziale. Il cervelletto sembra anche coinvolto in alcune patologie come
l’autismo infantile e la schizofrenia.
In breve, il cervelletto farebbe parte di un complesso circuito funzionale che
controlla la “sincronia” e la coordinazione temporale dei normali processi del
pensiero.
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Lobi Frontali Rappresentano il polo anteriore degli emisferi cerebrali e sono la
sede non solo di strutture preposte all’organizzazione dei movimenti, ma anche
per la programmazione di atti legati al comportamento. Questa programmazione
richiede la capacità di pensare prima di compiere un’azione, prevedere le
eventuali conseguenze dell’azione. A queste operazioni si dà il nome di Funzioni
Esecutive.
Amigdala E’ una struttura localizzata nella profondità del lobo temporale mesiale
ed è costituita da una serie di piccoli nuclei che sono connessi con alcune aree
encefaliche. Ha il compito di attribuire la connotazione emozionale alle esperienze
dell’individuo.
Il bambino quale
essere pre-adattato ad interagire attivamente con
l’ambiente
Il patrimonio genetico, di cui l’individuo è dotato, favorisce l’adattamento
all’ambiente non solo favorendo la crescita ma anche determinando le necessarie
spinte all’individuo affinché egli, utilizzando l’equipaggiamento anatomico, possa
attivamente interagire con l’ambiente.
Il bambino nasce con la voglia di muoversi, di agire, di interagire, di conoscere, di
scoprire e di appropriarsi del mondo circostante. Tutto questo avviene perché il
bambino è un essere geneticamente pre-adattato ad interagire attivamente con
l’ambiente.
Il bambino non è un fruitore passivo di stimoli ma è un attivo ricercatore. di
stimoli che utilizza per arricchire le sue esperienze.
Le istanze che spingono il bambino ad agire possono essere cosi divise:

Motivazioni omeostatiche (mantenere un equilibrio stabile). Queste motivazioni
rispondono a meccanismi innati finalizzati a favorire l’adattamento primitivo
del soggetto al suo ambiente (mangiare, bere, difendersi);

Motivazioni cognitive: rispondono al bisogno di capire ( voglio vedere, voglio
toccare);

Motivazioni sociali: rispondono all’esigenza di entrare di comunicare con gli
altri
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CAPITOLO 3 La valutazione dello sviluppo
La metodologia di studio per valutare lo sviluppo prevede l’adozione di
“strumenti” simili: ciò che cambia nei diversi approcci è la lettura dei dati
ricavati.
Per studiare lo sviluppo e le fasi che lo caratterizzano, gli strumenti adottati sono
essenzialmente:
1) Osservazione libera e in situazioni semistrutture
2) Questionari
3) Interviste
4) Colloquio
5) Reattivi standardizzati
Il nostro studio si rifà ad un modello “clinico” nel quale gli strumenti utilizzati per
studiare lo sviluppo sono finalizzati a raccogliere i dati utili a definire:
-
il livello raggiunto dal soggetto in tutte le aree funzionali considerate: sviluppo
motorio, percettivo, cognitivo, del linguaggio e sviluppo affettivo-relazionale;
-
per ciascuna area funzionale, il percorso evolutivo che ha caratterizzato il
livello attuale;
-
le caratteristiche dell’ambiente: tipologia dei genitori, modelli pedagogici, livello
socio-culturale, caratteristiche dell’habitat.
La qualità della relazione che si va a stabilire con il bambino ha un ruolo
importante e da ciò la possibilità di conoscere e capire.
La qualità della relazione è garantita dall’osservanza di alcuni aspetti critici
rappresentati da:

Una grande disponibilità, cioè durante il tempo n cui ci si trova con il bambino
bisogna essere a sua totale disposizione;

Assenza di idee preconcette, cioè il bambino viene per “parlarci” di lui e solo
lui può permetterci di conoscerlo;

Il desiderio di comprendere, cioè comprendere la realtà del bambino che è
sempre unica ed originale;

La capacità di analizzare i sentimenti che scaturiscono dalla relazione con il
bambino;
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
La capacità di identificarsi con il bambino senza confondersi con esso,
utilizzando l’empatia (capacità di immedesimarsi nell’altra persona) per
registrare gli stati affettivi del bambino.
Sulla base di quanto premesso vengono riportate le fasi critiche per lo studio dello
sviluppo, fasi rappresentate da:
1. L’osservazione
2. il colloquio
3. l’utilizzazione di specifici strumenti di valutazione
1. L’OSSERVAZIONE
Dal momento che i genitori e il bambino entrano nella sala visita fino al congedo,
la semplice osservazione come guardare il bambino, il suo modo di muoversi, di
chiedere, permette di raccogliere la maggioranza delle informazioni utili per il
processo di conoscenza.
Sono importanti:
-
il modo in cui il bambino entra nella stanza, che può variare dal rifiuto
manifesto, all’inibizione o alla completa disinibizione;
-
il modo in cui investe lo spazio o muovendosi con frenesia o restando fermo;
-
il modo in cui esplora gli oggetti presenti nella stanza: o con l’indifferenza o
toccandoli caoticamente
-
il modo con cui reagisce alla presenza dell’altro che può essere o di
indifferenza o di piena disponibilità;
-
il odo in cui risponde alle richieste dell’esaminatore che può variare o con la
disponibilità ad interagire o con un completo rifiuto
Da tener presente che una seduta di osservazione si configura come una
situazione in cui il bambino è comunque messo in condizione di agire e interagire
liberamente.
L’osservazione varia in rapporto all’età del soggetto e al tipo di problema.
Per i bambini molto piccoli o disabili, per i quali il colloquio e l’applicazione di
reattivi mentali risulta difficile o impossibile, l’OSSERVAZIONE finisce per
diventare la modalità prioritaria se non addirittura esclusiva, per conoscere e
capire il bambino.
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In una situazione di questo tipo ciò che viene valutato è l’attività esplorativa e
l’attività ludica del bambino.
Il comportamento esplorativo consiste in un esame-percettivo-motorio di un
oggetto, di una situazione o di un evento la cui funzione è quella di acquisire
informazione.
IL GIOCO
Il gioco al contrario non è prevalentemente associato all’acquisizione di
informazione e nel bambino il gioco assume un ruolo determinante.
Esso è in grado di offrire all’esaminatore una serie di conoscenze in merito a
diversi aspetti:
a) l’attitudine del bambino a rapportarsi ai giochi (inibizione o eccitazione) e le
modalità con cui li usa ( tutti insieme, uno dopo l’altro);
b) la capacità di organizzare il gioco che indica la maturazione affettiva del
bambino e il tipo di funzionamento mentale;
c) la tematica del gioco, scene di aggressione)
d) la verbalizzatone che accompagna il gioco
e) l’abilità psicomotoria (armoni dei gesti, stabilità motoria);
f) la tolleranza alle frustrazioni che si può rilevare quando si interrompe il gioco
In breve il gioco è uno strumento per conoscere il livello di sviluppo.
Quando il bambino gioca si evidenziano:
- la capacità di organizzare i dati percettivi
- gli schemi di conoscenza che possiede
- il repertorio di comportamenti che gli permettono di agire sulla realtà esterna.
Il gioco permette di rilevare elementi utili per definire il livello di sviluppo
raggiunto dal bambino.
Fino all’età di 7-8 mesi, se vede un oggetto, il bambino si limita ad un gioco
esplorativo portandolo alla bocca e oltre a divertirsi, egli estrae i dati rilevanti
dello stimolo. A partire dai 7-8 mesi il bambino comincia ad impegnarsi in giochi
pre-simbolici, li afferra e li batte su un piano, li fa cader a terra e ciò gli permette
di valutare gli effetti delle sue azioni
E sempre in questa età il bambino si impegna a giocare con l’altro (come il gioco:
cucù-tetè).
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All’età di 10 mesi fa la sua comparsa il gioco di finzione, cioè il bambino fa finta di
bere da una tazza vuota o di mangiare un cucchiaio di pappa inesistente. Un
esempio ci è dato con le bambole che si prestano al gioco di simulazione (vestirle,
svestirle).
E’ solo a partire da 2 anni che nel gioco della finzione gli oggetti adoperati
rappresentano cose completamente diverse (usare una scopa facendo finta che
sia un cavallo).
Verso i 4-5 anni compare il gioco socio-drammatico nel quale il bambino comincia
ad interpretare parti o assumere ruoli.
Sempre a partire dai 7 anni il bambino comincia ad impegnarsi in giochi che
hanno regole ben precise: il calcio, i birilli e altri simili.
Il gioco come strumento per capire dinamiche relative al mondo esterno del
bambino
Il gioco del bambino è stato sviluppato ed approfondito da MELANIE KLEIN che
indicò, nell’analisi del gioco, la tecnica più adatta al bambino , la quale permette
di individuare i disturbi affettivi anche nell’età che precede la comparsa del
linguaggio verbale.
L’indagine viene condotta
osservando il bambino che gioca liberamente con
giocattoli vari o fornendogli del materiale prestabilito come l’utilizzo del “metodo
dei burattini della lambert che consiste
nell’invitare il soggetto a rappresentare
delle scene con dei burattini.
L’anali e le osservazioni sul bambino e come si muove coi giocattoli può fornire
indicazioni valide sull’’organizzazione psichica ed in particolare su eventuali
nuclei conflittuali, sulla struttura dell’Io e sui meccanismi di difesa.
Un aspetto particolarmente importante è l’atteggiamento che deve avere
l’osservatore nella fase di osservazione. L’esaminatore deve lasciare ampio spazio
per favorire l’attività del bambino e nel corso dell’osservazione niente deve essere
lasciato al caso. L’osservatore è presente senza tuttavia intervenire attivamente
nell’azione.
2. IL COLLOQUIO
Viene comunemente considerato la tecnica clinica per eccellenza perché è diretto
ed individualizzato con il bambino e il suo mondo interno.
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L’esaminatore deve agire con cautela e in particolare importanza è:
a) la preparazione del bambino all’esame da parte della famiglia, come e dove
viene accolto come l’ambiente che deve essere accogliente e dotato di materiale
necessario a facilitare l’espressione verbale e fisica del bambino.
b) E’ sempre utile rispettare la libertà di espressione del bambino
c) I motivi della consultazione
d) La natura delle attività ludiche e degli interessi
e) Tipo di rapporto con i coetanei
f) Qualità delle relazioni con la famiglia
g) Come partecipa all’attività scolastica
h) E’ necessario evitare atteggiamenti direttivi
Oltre al colloquio con i bambini anche quello con i genitori è molto importante. E’
importante esaminare i genitori insieme.
Gli “Strumenti” di Valutazione:
1. Le schede di valutazione: sono protocolli di esame predefiniti. Essi cioè sono
rappresentati da liste di elementi da valutare, utilizzando per ciascuno elemento
un sistema di siglatura che varia da schema a schema: siglatura binaria(per
esempio, sì/no riferito alla presenza di una determinata patologia nell’anamnesi,
o presente/assente riferito ad un determinato segno patologico.
2. I reattivi mentali: sono tecniche di valutazione standardizzata. Essi sono
costituiti da una serie di prove selezionate dopo studi di valutazione su ampi
campioni di popolazione. Sono divisi in Reattivi di livello e Reattivi proiettivi.
Reattivi mentali di livello: sono in genere finalizzati a valutare l’efficienza
intellettiva.
I reattivi maggiormente utilizzati sono
a) La scala Stanford-Binet
E’ la prima scala di valutazione utilizzata per misurare l’intelligenza. Essa si rifa
alla scala elaborata da Binet e Simon fra il 1909 e il 1911. E’ costituita da una
serie di prove di difficoltà crescente e suddivise per età. Ciascuna età prevede sei
prove. Il confronto del soggetto in esame con tali prove, permette di valutare
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quante ne riesce a superare e di stabilire quale è la sua ETA’ Mentale (EM) .Il
rapporto tra ETA’ MENTALE ed ETA’ CRONOLOGICA (moltiplicato per cento)
fornisce il Quoziente Intellettivo. In pratica la formula per il calcolo del QI è la
seguente:
QI=EM/ECx100)
Per esempio, un bambino di 6 anni (=Età Cronologica) che riporti risultati
corrispondenti a quelli di un bambino di 5 anni /Età Mentale) avrà un QI uguale
a 83 (5/6x100).
b) Le scale delle serie WECHSLER
Sono rappresentate da tre scale:
1) La Wechsler Preschool and Primary Scale of Intelligence (WPPSI) per bambini
compresi fra i 4 e i 6 anni e mezzo;
2) La Wechsler Intelligence Scale forChildren, Revised (WISC-R) per bambini e
ragazzi dai 6 ai 17 anni
3) La Wechsler Adult Intelligence Scale (WAIS), per adulti.
Si tratta di scale complete in quanto includono prove di diverso tipo che cercano
di valutare i vari aspetti dell’intelligenza. Esse sono suddivise in due sottoscale:Verbale e di performance
Il numero di prove superate attraverso il confronto con valori tabulati, fornisce
direttamente il QI.
Tali reattivi forniscono il QI totale, il QI Verbale ed il QI di Performance.
Il QI Totale fornisce una dato molto generale circa le capacità intellettive del
soggetto
Il QI Verbale è maggiormente correlato al livello socio-culturale del bambino
Il QI di Performance è un buon indicatore delle capacità del soggetto a mettere in
atto la propria capacità intellettiva in situazioni concrete.
c)Scale di Sviluppo psicomotorio di Brunet e Lézine
Questa scala viene impiegata per determinare il livello di sviluppo del
comportamento del bambino nei primi 30 mesi di vita: Essa prevede l’esame
relativo a quattro settori di sviluppo: la postura, la coordinazione motoria, il
linguaggio e la socialità.
Si effettuano delle prove da parte dell’esaminatore ed altre con l’ausilio dei
genitori e in base al punteggio ottenuto si ricava l’Età di Sviluppo Psicomotorio
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(ESPM) che, riportata all’età cronologica (EC) fornisce il Q di Sviluppo
Psicomotorio (QSPM).
d) Matrici Progressive (M.P. 47)
Questo test Matrici Progressive di Raven si compone di tre serie di 12 tavole a
colori , incomplete. Il soggetto deve scegliere tra sei risposte indicate quella che
completa il disegno in base ad una legge che regola i rapporti tra i vari elementi.
Il reattivo presenta il vantaggio di essere molto semplice, ma ha l’inconveniente di
possedere scarso potere discriminatorio.
Viene considerato il test più saturato in fattore “g” (intelligenza generale) e meno
influenzato da fattori culturali.
Raettivi Proiettivi:
(la parola reattivo: è una prova a cui viene sottoposto un
individuo per studiare le sue caratteristiche psicologiche) Sono tecniche che
studiano i bisogni dei soggetti e le motivazioni del comportamento. La tecnica di
applicazione è estremamente complessa e richiede una preparazione molto
approfondita.
I principali reattivi proiettivi proiettivi impiegati nell’età evolutiva sono:
a) Test di Rorschach. Proposto nel 1921 dallo psichiatra svizzero è ancora il più
completo e valido tra i reattivi della personalità.
Questo test pur essendo stato ideato per gli adulti, si è dimostrato un proficuo
strumento diagnostico anche per l’età evolutiva e può essere applicato ai bambini
dai 5-6 anni d’età. Il materiale del test è composto da 10 tavole su cui sono
riprodotte delle macchie di inchiostro simmetriche di cui alcune colorate. Al
soggetto viene chiesto di attribuire un significato al contenuto di ciascuna tavola.
I risultati sono importanti per stabilire la strutturazione della personalità del
soggetto
mettendo
in
luce
aspetti
relativi
alla
sfera
dell’affettività,
e
dell’adattamento sociale.
b) Thematic Appercetion Test (T.A.T.)
Fu messo a punto nel 1935 da H.Murray e dai suoi collaboratori per lo studio
della personalità e insieme al test di Rorschach rappresenta una delle tecniche di
valutazione clinica della personalità.
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E’ costituito da 31 tavole , di cui una completamente bianca, che raffigurano
scene di situazioni interpersonali, incompletamente strutturate, cosi che il
significato rimane ambiguo, Al soggetto vengono presentate 20 tavole e gli viene
chiesto di raccontare una storia. Questo test permette di avere informazioni
soprattutto sulle problematiche relazionali. Il reattivo vine usato al di sopra dei
10 anni, per età inferiori si può impiegare il C.A.T.
c) Children’s appercetion Test (C.A.T.)
E’ derivato dal T.A.T. per essere impiegato per soggetti inferiori ai 10 anni.
E’costituito da 10 tavole dove sono rappresentate scene d’animali in situazioni
evocanti problemi affettivi propri dell’età evolutiva (rivalità fraterna, rapporti con i
genitori).
Il
test
consente
un’esplorazione
rapida,
sebbene
superficiale,
dell’affettività del bambino.
d) Test di Rosenzweig per fanciulli
Può essere applicato dai 4-5 anni fino a 10-12 anni ed è costituito da 20 vignette
in cui sono rappresentati due personaggi coinvolti in situazioni frustranti: il
soggetto deve rispondere per conto del personaggio a frustrazione.
Il test serve a misurare il grado di tolleranza di fronte a casi di frustrazione.
e) Metodi delle favole di L.Dùss
Il test, elaborato da Louise Duss, consiste in una serie di 10 brevi storie, che il
fanciullo deve liberamente completare. In ciascuna storia, vengono rappresentate
situazioni relative ad uno specifico stadio di evoluzione dello sviluppo psichico,
secondo le fasi psicoanalitiche dello sviluppo psicosessuale /stadio orale, anale,
edipico).
IL DISEGNO
Nell’esame psichico del bambino, un ruolo particolare assume il disegno. Infatti, è
un’attività gradita al bambino ed è uno strumento utile per avvicinare il bambino
e stabilire un rapporto con lui.
Il disegno permette infatti di rilevare una serie di elementi utili per la valutazione
del livello di sviluppo e la diagnosi della personalità.
Il disegno può essere utilizzato come un reattivo di livello.
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La stessa attività grafica rappresenta un dato importante per osservare la
partecipazione di tutto il corpo nell’attività che svolge.
Intorno ai 10-20 mesi il bambino comincia a scarabocchiare e ciò rappresenta un
piacere motorio e visivo.
E’ soltanto verso i 3 anni che il bambino comincia ad attribuire dei significati ai
segni prodotti e lo scarabocchio stesso può rappresentare oggetti diversi.
Solo a partire dai 5-6 anni l’attività grafica assume un’esplicita finalità narrativa e
rappresentativa in quanto la motivazione che spinge il bambino a disegnare è
data dal desiderio di raccontare e comunicare le esperienze vissute. In relazione a
ciò il disegno si pone come reattivo proiettivo.
Il disegno a tema indicato, il disegno della famiglia e della figura umana,
rivestono una particolare importanza nell’esame del bambino, al punto da essere
utilizzati quali specifici strumenti diagnostici.
Disegno della figura umana
Verso i tre anni, la prima rappresentazione grafica è molto schematica ed
essenziale: un cerchio è la testa da cui dipartono dei tratti che sono le braccia e le
gambe
Verso i 4-5 anni si osserva un aumento progressivo dei dettagli: compaiono gli
occhi, la bocca, il naso e la rappresentazione si arricchisce del tronco e del
vestiario.
La figura umana rappresenta l’immagine che il bambino ha di se stesso o del
proprio corpo e, di conseguenza, può fornire anche indicazioni utili sulle
caratteristiche della personalità.
Partendo da queste considerazioni, Machover (1949), ha proposto un’utilizzazione
proiettiva del disegno della figura umana.
Il metodo di somministrazione consiste nel far disegnare al bambino due
personaggi, il secondo di sesso opposto al primo.
La testa rappresenterebbe il potere intellettuale e la capacità delle relazioni
affettive; le braccia, le mani e le gambe sono gli strumenti principali di
esplorazione e di contatto con l’ambiente esterno.
Disegno della famglia
Il disegno di famiglia è valido ausilio per esplorare come il bambino si colloca
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all’interno del nucleo familiare o come vive i suoi rapporti con i genitori e fratelli.
L’analisi del contenuto si articola tenendo conto di tre principali apsetti:

disposizione e composizione globale della famiglia: fornisce indicazioni sul
modo in cui il soggetto vive i rapporti tra i membri in base alla posizione di
vicinanza o di lontananza secondo cui li disegna.

Posto in cui il soggetto stesso si colloca in relazione agli altri, che è indicativo
delle modalità con cui il bambino vive il suo adattamento al nucleo familiare.

Grado di enfatizzazione dei componenti della famiglia. Il personaggio
valorizzato rappresenta il membro in cui il soggetto è più legato sul piano
affettivo e col quale tende ad identificarsi.
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II PARTE: LE COMPETENZE EMERGENTI
CAPITOLO 4 Lo Sviluppo Motorio
Il movimento è alla base della vita e realizza la possibilità dell’individuo al suo
ambiente.
Il movimento indica lo spostamento nello spazio del corpo o di sue parti.
L’azione motoria, quindi, è il risultato della somma di più movimenti coordinati
tra loro.
Il movimento è la componente elementare dell’azione motoria.
Nell’azione motoria, dal punto di vista anatomico, entra in gioco il sistema osteoarticolare, muscolare e nervoso; dal punto di vista funzionale si ha l’integrazione
dei sistemi e dal punto di vista relazionale, entra in gioco l’individuo nella sua
unità somato-psichica.
Entrano in gioco sia il sistema nervoso che muscolare.
Comunque, qualsiasi movimento è sempre qualcosa di complesso. Basti pensare
al movimento di “Chinarsi”che significa:
-
aggiustare la posizione dei vari segmenti del corpo per stabilizzare la postura:
-
fissare, al livello d’arto interessato al movimento, le articolazioni prossimali,
per permettere l’escursione di quelle distali;
-
armonizzare la contrazione fra i gruppi di muscoli che con la loro azione
avrebbero effetti contrastanti;
-
misurare l’ampiezza del movimento per arrivare precisamente all’oggetto;
-
dosare la forza da applicare alla presa in rapporto alla consistenza dell’oggetto;
-
sincronizzare la successione temporale dei singoli movimenti.
L’osservazione di un soggetto alle prese con un compito motorio permette di
rilevare che i suoi movimenti sono lenti, studiati e solo successivamente,
attraverso prove e ripetizioni, egli diventa più preciso e competente.
L’automazione delle sequenze motorie viene quindi vista come una forma di
apprendimento: nello svolgimento di un’azione motoria, il Sistema Nervoso
Centrale, elaborando flussi di informazioni visive, uditive, tattili, cinestesiche che
entrano nel suo sistema Nervoso, seleziona e memorizza una sequenza motoria
coordinata.
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Queste sequenze motorie –definite schema motorio- vengono depositate nel
Sistema Nervoso centrale e possono essere richiamate in qualsiasi momento.
In questa prospettiva, pertanto, lo sviluppo motorio si configura come un
processo di apprendimento, grazie al quale il bambino nell’interazione con
l’ambiente acquisisce e memorizza programmi di movimento sempre più
complessi e articolati per adattarsi all’ambiente in cui vive.
LO SVILUPPO MOTORIO
Con questo termine viene indicato un processo grazie al quale il bambino
acquisisce progressivamente una serie di abilità posturali e motorie che gli
permettono di inserirsi e partecipare all’ambiente in cui vive.
Nei primi tre anni di vita, infatti, il bambino passa:

da una completa incompetenza posturale (il neonato non è in grado neanche
di sostenere il capo) alla deambulazione autonoma;

da una motricità caotica e a-finalistica
– tipica del periodo neonatale – ad
azioni motorie rispondenti a specifici obiettivi;

dal riflesso di prensione palmare (tipico automatismo neonatale) alla motricità
differenziata delle dita, che permette un uso altamente funzionale della mano.
Ci sono, tuttavia, tappe dello sviluppo motorio tenendo presente due aspetti:

lo sviluppo della motricità “grossolana”, intesa come l’insieme di quelle
competenze che riguardano il mantenere stabilmente una posizione, spostarsi
o correre;

lo sviluppo della motricità “fine” (quando c’è una finalità), intesa come
l’insieme di quelle competenze che riguardano l’uso finalizzato e coordinato
delle mani.
1) Lo sviluppo motricità “grossolana”
Detto sviluppo è il processo di progressiva acquisizione di competenze che
permettono al bambino di assumere una posizione antigravitaria, di mantenerla e
di spostarsi nello spazio.
In epoca neonatale il bambino presenta comportamenti motori molto elementari,
che riflettono il livello di maturazione raggiunto dal Sistema Nervoso Centrale in
tale epoca.
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La motricità neonatale, infatti, è globale, non finalistica e caratterizzata dalla
presenza dei cosiddetti riflessi arcaici. Questi riflessi scompaiono nelle settimane
successive alla nascita e detta scomparsa viene considerata come testimonianza
di maturazione delle strutture encefaliche. Detto processo viene definito
“Processo di corticalizzazione” Nelle fasi di realizzazione di tale processo, il
bambino assume posizioni posturali più sicure, come la posizione a quattro, la
locomozione quadrupedica (andatura carponi), il passaggio a stazione eretta e
infine, alla deambulazione autonoma.
Il riflesso di Moro e il riflesso di prensione palmare sono le risposte adattive, che
già in epoca neonatale il bambino mette in atto. E tali riflessi sono posti in essere
dal
bambino
già
in
epoca
neonatale
che
le
utilizza
contro
brusche
destabilizzazione della postura. Il riflesso di Moro evidenzia il tentativo del
neonato di aggrapparsi a qualcuno o a qualcosa.
2) Lo sviluppo della motricità “fine”
Si riferisce alla progressiva acquisizione di quelle abilità manuali che permettono
al bambino di afferrare, manipolare, costruire e modificare. Le mani in epoca
neonatale sono coinvolte in automatismo primario definito come riflesso di
prensione palmare.
Detto riflesso scompare verso i 3 mesi per passare alla
prensione al contatto.
A partire dall’età di 2/3 anni lo sviluppo motorio è rappresentato da una
progressiva maturazione dei sistemi di controllo che rendono il movimento
sempre più coordinato e rispondente alle esigenze del contesto.
La possibilità di muoversi con sempre maggiore competenza e sicurezza permette
di:

arricchire le strategie di esplorazione degli oggetti e dell’ambiente, favorendo
l’apprendimento percettivo (guardare le cose da diverse angolazioni):

imparare a conoscere il proprio corpo adottando posture in abituali;

sperimentare il piacere di “essere agente” consentendo al bambino, come dice
la Mahler, di passare da una fase simbiotica (attaccato alla madre) ad una
consapevolezza di Sé;

appropriarsi di codici di comunicazione mimica e gestuale che arricchisce la
stessa comunicazione e la rendono più esplicita.
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La LATERAZIONE
1) La preferenza manuale
Il corpo umano possiede numerosi organi in rappresentazione pari e simmetrica:
reni, polmoni, ghiandole surrenali, gonadi. Detti organi sono simmetrici
anatomicamente e funzionalmente.
Le
mani
costituiscono
un’interessante
eccezione.
Pur
essendo,
infatti,
rappresentate in maniera pari e simmetrica, sono funzionalmente asimmetriche
per una maggiore specializzazione di una sull’altra (preferenza manuale).
Sorge, però, una domanda: perché gli uomini non sono ambidestri? Perché è
preferita la destra e non la sinistra?
Secondo alcune ipotesi, la comparsa della preferenza manuale è una tappa
fondamentale del percorso evolutivo che si chiama “homo sapiens”. E secondo
questo aspetto con ogni probabilità la conquista della stazione eretta è stato un
prerequisito per la preferenza manale.
Studi comparati hanno dimostrato che gli animali sono ambidestri. In definitiva,
la lateralizzazione destrorsa sembra essere una prerogativa umana.
La preferenza ella mano destra nel genere umano si trova già su manufatti
preistorici.
Per spiegare la preferenza della mano destra sulla sinistra sono state formulate
diverse ipotesi.
A. Una delle ipotesi è quella dello “scudo di guerra”. Secondo studi sul caso el
corso di un combattimento è stato sperimentato che utilizzando lo scudo con
la destra ed altri con la sinistra; E’stato ipotizzato che quelli che colpivano con
la destra si proteggevano meglio degli altri che colpivano con la sinistra. Ma
questa ipotesi pur essendo ingegnosa non è plausibile.
B. Una teoria molto più solida è quella che fa riferimento a condizionamenti
culturali. Secondo questa teoria la preferenza manuale destra va considerata
come un comportamento appreso. Infatti, i bambini sono allevati per l’suo
della mano destra soprattutto per quello che riguarda le attività più nobili:
mangiare o scrivere.
C. Per spiegare la preferenza manale destra è stata anche ipotizzata l’influenza
della posizione intrauterina. E’ stato rilevato che la posizione intrauterina
condiziona l’atteggiamento preferenziale del capo del neonato in posizione
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supina e a sua volta, tale atteggiamento preferenziale si mostra in diretta
correlazione con la successiva preferenza manuale.
D. E’ stato anche ipotizzato che il modo della madre di tenere in braccio il lattante
possa condizionare la scelta di lato.
Sulla base di quanto detto, ed in particolare della universalità della preferenza
manuale destra nelle diverse culture, e della sua specificità al genere umano, è
evidente che deve esserci un fattore biologico. E nel corso dei secoli si è venuta
sempre più affermando l’esistenza e l’importanza di n’asimmetria degli emisferi
cerebrali, la quale sarebbe responsabile della lateralizzazione manuale e di quella
del linguaggio.
La Specializzazione Emisferica
Gli studi di Broca hanno dato una valenza scientifica all’asimmetria funzionale
degli emisferi. Broca, nel 1861, dimostrò con molta accuratezza che una lesione
den delimitata a carico dell’emisfero sinistro determinava un disturbo specifico
del linguaggio. Tale dato fu confermato da molte ricerche e fu formulata una
teoria che si articolava in questi punti:
a) l’emisfero sinistro è la sede dei più importanti processi mentali (linguaggio e
preferenza manuale) per cui ad esso va riservato il termine di emisfero
dominante. L’emisfero destro, minore, ha solo una funzione di elaborazione di
informazioni senso-motorie elementari provenienti dall’emisoma controlaterale;
b) all’asimmetria funzionale non corrisponde un’asimmetria strutturale, nel
senso che dal punto di vista macroscopico e microscopico i due emisferi sono
identici;
c) l’asimmetria funzionale è una caratteristica specifica umana, non presente in
altri animali;
d) la localizzazione dei centri del linguaggio e di quelli della preferenza manuale
“viaggiano” insieme, nel senso che nei destrimani l’emisfero dominante è il
sinistro, mentre nei mancini si ha una situazione speculare con dominanza
dell’emisfero destro.
e) Non c’è una totale differenza tra i due emisferi dx e sx, ma una organizzazione
funzionale che non prevede la dominanza di un emisfero sull’altro, ma
semplicemente una distribuzione di competenze;
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f) I due emisferi non sono identici dal punto di vista anatomico. Ci sono
asimmetrie strutturali a carico dei due emisferi e ciò è confermato in maniera
determinante. C’è da dire che è falso l’ipotesi di un’organizzazione speculare
nei mancini (rispetto ai destrimani). In breve, l’originale preferenza per l’uso
della mano destra in manipolazioni fini avrebbe prodotto la specializzazione
dell’emisfero corrispondente; l’emisfero sinistro per le attività motorie e anche
per il linguaggio, che inizialmente era di tipo gestuale.
La misurazione delle preferenza manuale
Quanti sono i destrimani? E qual è la frequenza dei mancini? Quante persone
sono ambidestre? E’ evidente che le stime relative relative dipendono dalla
misurazione della preferenza manuale in una popolazione campione.
E’ necessario riferirsi al concetto di Costanza della preferenza nei confronti di
compiti diversi (alto grado di costanza = uso della stessa mano nei diversi
compiti); basso grado di costanza= uso di mani diverse a seconda del compito).
C’è da tener conto anche del concetto di Forza di Preferenza (preferenza forte=
sempre la stessa mano in tutte le prove di uno stesso compito; preferenza debole=
intercambiabilità delle mani nel corso delle vrie prove).
La forza di preferenza è in rapporto al tipo di compito, nel senso che mentre per
alcuni compiti, qale appunto quello di “aprire l’ombrello”, la scelta del lato è nel
complesso elastica, per altri, quale tipicamente “lo scrivere”, la scelta è obbligata
(dx o sx) in tutte le diverse prove effettuate.
Questo è per quanto attiene a compiti manuali. Se viceversa si tiene conto della
preferenza di tutto un emilato, includendo quindi l’occhio, l’orecchio ed il piede, la
classificazione dei soggetti diventa anche più complessa.
Sono di frequente l’osservazione di soggetti che mentre per l’occhio preferiscono il
sinistro, per la mano preferiscono la destra. La difficoltà viene risolta in maniera
semplicistica con il ricorso a tre categorie di soggetti:
a) lateralizzati a dx
b) lateralizzati a sx
c) ambidestri
In questa prospettiva, la misurazione della preferenza di lato risulta abbastanza
agevole.
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Viene anche utilizzato il quoziente di lateralità: il soggetto deve indicare, per
ciascun comportamento, qual è il lato preferenzialmente utilizzato. In questo
modo si ottiene un quoziente di lateralità.
L’Organizzazione della dominanza motoria
Va chiarito subito che l’encefalo per effettuare un movimento non agisce
direttamente su singole unità motorie periferiche: esso dispone di programmi di
movimento, che manda in esecuzione per l’effettuazione del compito.
Tali programmi motori sono il frutto di progressivi apprendimenti: nel costante
confronto con l’ambiente, l’individuo
manda in esecuzione i programmi
disponibili, selezionati in rapporto alle esigenze del contesto. La sequenza motoria
che risponde alle richieste viene quindi memorizzata, attraverso l’apprendimento.
Lo stesso Liepmann, nel 1905, propose che l’organizzazione dell’attività motoria di
entrambi gli emilati è rappresentata a livello centrale unilateralmente.
I concetti di Liepmann hanno la loro validità nel senso che, nei destrimani, la
corteccia
pre-motoria
dell’emisfero
sx
sarebbe
la
sede
specializzata
per
l’acquisizione, la conservazione e la messa in esecuzione dei programmi motori.
Lo sviluppo della preferenza manuale
Si conviene che esiste genericamente una preferenza di un lato sull’altro, la quale
a sua volta, è legata ad una specializzazione geneticamente programmata
dall’emisfero controlaterale. Solo con l’inizio della scuola comincia ad apprezzarsi
una chiara preferenza di lato, tipicamente espressa dall’uso della mano dx.
Va precisato che esistono numerose evidenze di preferenza di lato già prima dei 6
mesi di vita, come per esempio portando la mano alla bocca, si rileva una
preferenza della mano dx.
Anche per quanto riguarda la posizione del capo, molti autori ritengono che la
rotazione del capo verso dx è abituale nei futuri destrimani, mentre una rotazione
verso sx si ritrova in quei neonati che poi presentano una preferenza a sx.
Con l’inizio dell’uso intenzionale delle mani (a partire da 4 mesi) comincia a
rendersi progressivamente evidente una preferenza manuale. Studi condotti su
bambini di 12 mesi concordano nel riportare una preferenza dx nel 50% e sx nel
20%. Alcune ricerche hanno messo in evidenza che i bambini precoci nel
linguaccia mostrano una più rapida scelta nella preferenza manuale.
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CAPITOLO 5 La percezione in età evolutiva
La percezione è il processo mediante il quale vengono estratte informazioni
dall’ambiente.
I sensi (udito, vista, tatto, olfatto, gusto) sono i sistemi preposti alla raccolta dei
dati provenienti dal mondo esterno. Sono una specie di finestra sul mondo
attraverso cui le informazioni esterne giungono al Sistema Nervoso.
Attraverso i sensi tali informazioni viaggiano come semplici impulsi elettrici. E’,
infatti, il cervello che interpreta questi messaggi ed attribuisce loro il reale
significato. Da considerare, inoltre, che il mondo esterno non è sempre come lo
vediamo noi: la percezione del mondo non è uno specchio fedele di questo, non è
una copia perfetta di quanto ci circonda.
Esiste infatti una discordanza tra realtà oggettiva e realtà soggettiva come
dimostrato da diversi fenomeni osservati con la percezione visiva, quali:

le immagini mal definite

le organizzazioni concorrenti

l’effetto “contesto”
Le Immagini mal definite. Dette immagini poco definite nei contorni rendono la
loro percezione molto difficile.
Le organizzazione Concorrenti. Sono rappresentate da immagini che si
prestano ad una doppia interpretazione. Vedere l’immagine a pag.121 dove può
essere “letta” come due profili contrapposti, ma anche come n calice chiaro su
uno sfondo nero.
L’effetto contesto. Una configurazione visiva può essere percepita in maniera
differente in rapporto ad informazioni aggiuntive provenienti dal contesto.
In breve va detto che la percezione non è un processo passivo, ma al contrario un
processo altamente attivo, nel senso che il cervello, raggiunto dai primi dati, va
attivamente a ricercare nello stimolo quegli elementi, quei dati che nepermettono
la ricostruzione interna e quindi il riconoscimento, in rapporto alle aspettative
fissate dal contesto.
In tal modo, la percezione è il processo mediante il quale viene attribuito un
significato all’esperienza sensoriale.
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Percezione e Riconoscimento
Rappresentano due aspetti di un unico processo, in cui esiste una prima fase
rappresentata dall’estrazione dei dati rilevanti dello stimolo ed una seconda
costituita dal riconoscimento propriamente detto. In questa prospettiva, il
processo della percezione rientra che capitolo generale dei processi cognitivi, per
la cui interpretazione il modello dell’elaborazione dell’informazione sembra essere
uno dei più suggestivi.
Le abilità percettive in età evolutiva
Il bambino fin dal primo sviluppo dimostra capacità percettive fino a qualche
tempo fa inimmaginabili.
Metodologia per lo studio delle abilità percettive in età evolutiva
Diverse sono le strategie per studiare la percezione nelle varie fasi di sviluppo.
Fra queste citiamo il fenomeno dell’abitudine e della disabitudine.
A) Il fenomeno dell’abitudine
Se presentiamo ad un bambino uno stimolo sensoriale “nuovo” di determina una
reazione di allerta. Pertanto in rapporto
alla natura di uno stimolo nuovo
possono comparire: specifiche espressioni mimiche, reazioni neurovegetative, o
modifiche dello stato emozionale. Se lo stimolo viene ripresentato. La risposta si
attenua fino a scomparire; dopo un certo numero di volte, il bambino non mostra
più alcuna reazione nei confronti della presentazione dello stimolo e finisce per
ignorarlo. Questo fenomeno è chiamato Abitudine. Pertanto, dopo un certo
numero di presentazioni lo stimolo viene “riconosciuto”.
B) La Disabitudine
E’ un fenomeno che può essere messo in evidenza dopo la comparsa
dell’abitudine. Se alla scomparsa della reazione, viene impressa una lieve
modifica alle caratteristiche dello stimolo, la reazione scompare. Questo fenomeno
è chiamato Disabitudine.
Le abilità percettive del neonato
Lo studio della percezione in età evolutiva ha permesso di rilevare già nel neonato
nuove ed inaspettate capacità percettive.
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Il neonato, ad esempio, riconosce un dato atteggiamento posturale (quando viene
messo al seno), come anticipatorio di una funzione a lui particolarmente cara:
l’allattamento. E’ già stato fatto riferimento al riflesso dei punti cardinali (=
rotazione del capo verso uno stimolo applicato in determinati punti della bocca).
Ma vadetto che più di un riflesso si tratta di un vero e proprio comportamento,
che si mette in moto in rapporto ad una sollecitazione senso-percettiva. Ma il
neonato, peraltro è capace di riconoscere l’odore del latte: che gli permette di
direzionare il capo verso la fonte dello stimolo (capezzolo).
Per quanto riguarda la percezione uditiva,
la metodologia del ritmo della
suzione e il fenomeno dell’abitudine, si è visto che i neonati sono n grado di
riconoscere la voce della madre e di preferirla alla voce di altre donne. Questa
esperienza ha anche dimostrato che il neonato preferirebbe ascoltare favole che la
madre leggeva ad alta voce durante la gravidanza, rispetto a favole che non aveva
mai ascolato.
In sintesi è stato possibile rilevare che i neonati:
-
Riconoscono la voce della madre
-
Preferiscono la voce della madre a quella di un’estranea;
-
Preferiscono favole in utero (gravidanza) rispetto ad altre
-
Sono attratti dalla musica e non dai rumori
Ciò ha dimostrato che la capacità uditiva è superiore a quella visiva.
Ma anche per la percezione visiva sono state messe in evidenza interessanti
abilità. Il riflesso pupillare alla luce (=restringimento della pupilla per la
stimolazione luminosa) indica che il neonato è sensibile alla luce.
Abilità percettive del Lattante
Queste abilità percettive del bambino si arricchiscono progressivamente.
Percezione Visiva:
A quattro mesi sembra che il lattante sia capace di riconoscere i colori,
mostrando una certa predilezione per il giallo e il rosso.
A sei mesi c’è già una sufficiente percezione della profondità, come mostrato
dalle esperienze del precipizio visivo, effettuate da Gibson e Walk. Il precipzio
visivo consiste in un dispositivo opportunamente elebaorato, rappresentato da
una piattaforma elevata di vetro, divisa in due parti: una metà del vetro è coperta
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da una tavola a scacchiera e l’altra metà del vetro è invece trasparente e permette
di vedere il fondo, che è ugualmente tappezzato a scacchiera. Ponendo il bambino
sulla piattaforma è possibile rilavare che striscia sulla parte solida a scacchiera,
ma quando giunge sulla parte trasparente, che lascia vedere il fondo, si ferma,
indicando che ha percepito la profondità.
Anche la percezione del volto umano subisce notevoli progressi nei primi mesi di
vita. Il bambino è infatti attratto dal volto dell’altro, si sofferma a studiarne i
particolari, registra le modifiche che le varie parti del volto assumono ed egli
giunge a due importanti conquiste:
a) l’identità del volto
b) i diversi aspetti che uno stesso volto può assumere da momento a momento
secondo le circostanze.
Percezione uditiva
Anche sulla percezione uditiva sono sta compiute diverse ricerche. Infatti, la
capacità uditiva è superiore a quella visiva.
Tant’è che il neonato riesce a
percepire le differenze fra due voci prima di quanto riesca a farlo fra due volti.
Apprendimento percettivo
Partiamo da due esempi: se si ascolta un brano musicale più volte, impareremo a
percepire tutti i particolari del brano e saremo capaci di percepire il suono
differenziato dei diversi strumenti; lo stesso se ci poniamo dinanzi ad un monitor,
dopo eserci esercitati per diverse ore ci risultano più chiare i programmi, i segni
ed i simboli.
Cosa si è verificato nei due esempi? Certamente non si è sviluppato la percezione,
ma si è verificato un apprendimento percettivo. Si può quindi affermare che ciò
che si sviluppa nel corso dell’età evolutiva sono tre competenze:
a) le strategie di esplorazione dell’ambiente e quindi dello stimolo, cioè come è
stato esaminato lo stimolo;
b) la capacità di estrarre le caratteristiche rilevanti, cioè ciò che veramente è
stato importante;
c) la capacità di escludere ciò che è irrilevante.
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Strategie di esplorazione
Il bambino nei primi quattro mesi di vita esplora l’ambiente alla ricerca di eventi:
muove il capo e gli occhi per fare in modo che ssi cadono nel suo campo visivo; di
questi eventi ne esamina i contorni per definirne i confini ed è particolarmente
interessato dal movimento; ra i 7 e 8 mesi non è interessato solo dagli eventi ma
soprattutto dagli oggetti , di cui attraverso il tatto e la manipolazione cerca di
scoprire le caratteristiche.
Estrazione dei dati rilevanti ed esclusione dei dati irrilevanti
Il bambino acquisisce nelle fasi del suo sviluppo la capacità della costanza
dell’oggetto e raggiunge anche il concetto dell’oggetto.
Si tratta di due competenze diverse.
L’acquisizione della costanza dell’oggetto, infatti, riguarda le caratteristiche
percettive dell’oggetto, quale forma, dimensione e colore.
Con l’acquisizione del concetto dell’oggetto, viceversa, il bambino non si limita a
delle “semplici” correzioni percettive, ma giunge alla comprensione della realtà
oggettiva della “cosa” che percepisce, la quale:
- possiede un’esistenza autonoma
- è dotata di alcune caratteristiche invarianti (= una palla è rotonda, se spinta
rotola, se lanciata rimbalza);
- appartiene ad una categoria di “cose” che condividono gli stessi tratti distintivi,
anche se poi presentano alcune altre caratteristiche percettive differenti.
Si ripropone un aspetto degli intimi rapporti fra percezione e cognizione.
La percezione, cioè, non è un processo passivo di registrazione dei dati in
ingresso, ma è un processo altamente attivo con la partecipazione del cervello e
dei sistemi di conoscenza in essa contenuti.
L’integrazione fra le diverse modalità percettive
L’adulto riesce abitualmente a riconoscere un oggetto indipendentemente dalle
modalità sensoriali utilizzate; per molti autori questa capacità di trasferire le
informazioni da una modalità sensoriale all’altra è un’abilità che matura nel
tempo.
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Secondo Piaget, i sensi maturano in misura indipendente e solo progressivamente
cominciano a scambiarsi le informazioni.
Una serie di ricerche recenti, sembrano tuttavia mostrare che i bambini molto
precocemente sono in grado di integrare le percezioni provenienti dai diversi
sistemi sensoriali. E tale capacità è talmente precoce da essere considerata
innata.
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CAPITOLO 6 Lo sviluppo cognitivo
Lo sviluppo cognitivo indica il processo mediante il quale il bambino accede a
forme di ragionamento che gli consentono l’adozione di strategie di risoluzione dei
problemi sempre più complesse. Esso, cioè, riguarda quei prodotti della mente
umana, quali simbolizzazione, apprendimento, conoscenza, pensiero, che si
configurano come attività “intelligenti”.
Lo studio dell’intelligenza e del suo sviluppo ha riconosciuto diversi tipi di
approccio.
a) Approccio psicometrico, basato sullo studio del potenziale cognitivo;
b) Approccio dello sviluppo cognitivo, in cui l’interesse è centrato sullo studio
delle strutture cognitive piuttosto che su quello del potenziale;
c) Approccio dell’elaborazione dell’informazione.
a) L’intelligenza e l’approccio psicometrico
Definire l’intelligenza è un compito molto difficile, in quanto è il concetto stesso di
intelligenza che è difficilmente circoscrivibile in un ambito definito. Essa è stata di
volta in volta indicata come “la capacità di condurre un ragionamento astratto”, la
capacità di adattarsi a situazioni mutevoli. Ciò, peraltro, ha indotto ad ipotizzare
l’esistenza di diverse forme di intelligenza.
Uno dei test per studiare l’intelligenza è noto come “approccio psicometrico”.
Secondo i teorici della psicometria, l’intelligenza può essere considerata come un
tratto quantitativo, e pertanto, misurabile.
I test abitualmente utilizzati sono definiti Standardizzati, in quanto vengono
costituiti da una serie di prove selezionate dopo studi di valutazione su ampi
campioni di popolazione.
I test per la misurazione dell’intelligenza
Questi test sono stati già descritti nel Cap. 3 (La valutazione dello sviluppo).
Essi consistono in una serie di prove di difficoltà crescente, selezionate in base a
studi di valutazione effettuati su ampia popolazione di soggetti normali.
Questi test consentono di calcolare il Quoziente Intellettivo (QI).
La prima scala di valutazione utilizzata per misurare l’intelligenza è quella
elaborata da Binet e Simon fra il 1909 e il 1911. E’ costituita da una serie di
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prove di difficoltà crescente e suddivise per età. Ciascuna età prevede sei prove. Il
confronto del soggetto in esame con tali prove, permette di valutare quante ne
riesce a superare e di stabilire quale è la sua ETA’ Mentale (EM).
Il rapporto tra ETA’ MENTALE ed ETA’ CRONOLOGICA (moltiplicato per cento)
fornisce il Quoziente Intellettivo. In pratica la formula per il calcolo del QI è la
seguente: QI=EM/ECx100)
Per esempio, un bambino di 6 anni (=Età Cronologica) che riporti risultati
corrispondenti a quelli di un bambino di 5 anni /Età Mentale) avrà un QI uguale
a 83 (5/6x100).
Attualmente, tuttavia, le scale più usate sono quelle della serie WECHSLER. Si
tratta di scale complete, in quanto includono prove di diverso tipo che cercano di
valutare i vari aspetti dell’intelligenza. Il numero di prove superate, attraverso il
confronto con valori tabulati, fornisce direttamente il QI.
La struttura dell’Intelligenza
Il QI esprime in forma quantitativa il potenziale cognitivo e presenta nell’ambito
della popolazione una distribuzione continua.
La variabilità tra gli individui, tuttavia, non riguarda solo il QI totale, ma anche il
rendimento delle prove che contribuiscono a determinarlo.
Da evidenziare, comunque, l’ipotesi di esistenza di diverse abilità mentali,
ciascuna responsabile di un certo numero di prove dei reattivi mentali.
A questo proposito, utilizzando l’analisi fattoriale SPEARMAN ipotizzò l’esistenza
di due fattori:
- il fattore g, definito capacità mentale generale
- il fattore s, definito capacità speciale
Il fattore G condizionava, secondo Spearman, le prestazioni di un individuo nella
maggior parte, se non in tutti, i compiti cognitivi; il fattore s, invece, prevedeva
diverse capacità speciali, ciascuna delle quali era specifica per una particolare
prova.
A differenza della teoria dei due fattori di Sperman, un altro ricercatore,
Thurstone, sempre utilizzando l’analisi fattoriale, ipotizzò l’esistenza di 7 distinti
fattori, che indicò con il termine di capacità mentali primarie.
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Le capacità mentali primarie sono costituite dai seguenti fattori:
* abilità spaziali
* velocità percettiva (rapidità nell’elaborazione dell’informazione visiva)
* ragionamento aritmetico
* abilità lessicale (capacità della definizione delle parole)
* fluidità verbale (velocità nel riconoscimento delle parole
* memoria
* ragionamento induttivo (capacità di costruire una regola in grado di descrivere
un insieme di osservazioni).
Indipendentemente
dallo loro validità, le ricerche di Spearman e Thurstone,
assumono un significato particolare, in quanto propongono un concetto
ampiamente condiviso, vale a dire che esiste un numero ragionevolmente piccolo
di abilità di base che costituiscono ciò che viene abitualmente chiamato”
Intelligenza.
Secondo Raimond Cattell e John Horn i fattori s di Spearman e le capacità
mentali primarie di Thurstone possono essere suddivise in due importanti
dimensioni dell’intelligenza: l’intelligenza fluida e l’intelligenza cristallina.
- L’intelligenza fluida è rappresentata da quelle abilità mentali preposte alla
risoluzione di problemi astratti. Essa non è oggetto di insegnamento perché è
libera da influenze ambientali e aumenta gradualmente solo nel corso
dell’infanzia e adolescenza in rapporto alla crescita del Sistema Nervoso centrale.
- L’intelligenza cristallina, invece, è costituita da quelle abilità che dipendono
dalla conoscenza acquisita come risultato dell’apprendimento scolastico e di altre
esperienze e aumenta durante tutto il corso dell’esistenza in quanto espressione
delle esperienze cumulative di apprendimento.
Robert Sternberg ha invece formulato la teoria triarchia dell’intelligenza:
Intelligenza componenziale, intelligenza esperenziale e intelligenza contestuale.
a) Intelligenza componenziale: si riferisce ai processi di organizzazione dei dati
percepiti, di richiamo dei dati in memoria e di pianificazione delle risposte,
tenendo conto dei dati percepiti e di quelli in memoria.
b) Intelligenza
esperenziale:
riguarda
la
capacità
di
“utilizzare”
i
dati
dell’esperienza in maniera flessibile e creativa.
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c) Intelligenza contestuale, definita anche scaltrezza. Riguarda, infatti, la capacità
di manipolare le situazioni a proprio vantaggio, di adattarsi all’ambiente e di
capire gli atteggiamenti migliori da adottare in determinate condizioni.
Esempio lampante si verifica all’università quanto gli studenti sono abili
nell’immaginare ciò che vuole il professore, che vanno regolarmente a colloquio
durante l’orario di ricevimento e che sanno scegliere gli argomenti graditi al
docente.
Infine, Howard Gardner, ha parlato di intelligenze multiple riconoscendo sei
forme di intelligenza:
-
intelligenza corporea-cinestetica
-
intelligenza logico-matematica
-
intelligenza spaziale
-
intelligenza linguistica
-
intelligenza musicale
-
intelligenze personali
Gardner costruisce il suo modello utilizzando i dati dell’esperienza che entrano
nel sistema nervoso e vengono elaborati e quindi riconosciuti. Ciò avviene
attraverso un processo di analisi e confronto con i dati in memoria che sono il
frutto di esperienze pregresse. Dall’analisi e dal confronto vengono quindi
formulate le possibili risposte ( motorie, verbali) che rappresentano soluzioni
specifiche per le diverse richieste ambientali.
Lo Sviluppo Cognitivo secondo la prospettiva di Jean Piaget
Piaget ha fornito un determinante contributo alla definizione dello sviluppo
cognitivo e, più in generale, alla Psicologia dello Sviluppo.
Ha cercato di definire come gli esseri umani comprendono il mondo e ha anche
analizzato i processi di adattamento attraverso i quali il soggetto ricerca e realizza
un equilibrio tra il sé ed il suo ambiente.
Il pensiero di PIAGET è caratterizzato da alcuni aspetti particolarmente
innovativi, che è opportuno riportare:
- Lo sviluppo è un progressivo equilibrarsi, un passaggio continuo da uno stato di
minore equilibrio ad uno equilibrio superiore con un adattamento più adeguato
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possibile alla realtà. Lo sviluppo cognitivo viene concepito come un processo
evolutivo regolare che ha inizio con le attività di tipo riflesso, presenti nel
neonato, e progredisce fino al ragionamento formale dell’adulto;
- Questo processo è il risultato di un’attività del soggetto sulle cose. Ad esempio,
il bambino impara a “ conoscere” una palla o un martello attraverso le azioni che
su tali oggetti esercita (azioni come toccare o battere); in altri termini il bambino
costruisce la sua conoscenza, seleziona ed interpreta le informazioni del suo
ambiente;
- La partecipazione attiva del soggetto presuppone che a monte dell’azione esista
un interesse che la provochi. Tale interesse può essere un bisogno fisiologico,
un’esigenza affettiva o una spinta intellettuale. La tensione che spinge il soggetto
ad agire per comprendere e spiegare è una funzione comune a tutti gli individui
ed è presente durante tutto l’arco della vita. Essa come tale si configura
un’INVARIANTE FUNZIONALE.
- Il fine ultimo di questa tensione volta a rispondere ad un bisogno è la ricerca di
un adattamento all’ambiente. L’adattamento si attua mediante due processi
complementari, che Piaget ha chiamato assimilazione ed accomodamento.
*Assimilazione è il processo attraverso il quale l’individuo utilizza ed
incorpora gli stimoli esterni mediante le strutture mentali già a disposizione,
reagendo quindi con risposte comportamentali sperimentate in situazioni
passate;
* L’accomodamento è il processo messo in atto quando le risposte
precedentemente apprese non risultano idonee alla situazione attuale.
Le strutture mentali sono modelli che servono per rappresentare, organizzare ed
interpretare le esperienze. In particolare, Piaget ha distinti tre tipi di strutture
mentali:
- Gli Schemi comportamentali ( o senso-motori). Essi rappresentano le
strutture mentali tipiche del bambino nella fascia 0-18 mesi di vita. Uno schema
comportamentale è un modello di comportamento che il bambino usa per
adattarsi. Per esempio, il succhiare è uno schema comportamentale mediante il
quale il bambino interagisce con l’ambiente.
- Gli schemi simbolici. Essi sono le strutture mentali che cominciano a
comparire nel secondo anno di vita e che permettono al bambino di lavorare
“mentalmente” sulle esperienze, grazie alla capacità di rappresentarsi le cose. Per
45
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esempio un bambino di 2 anni vede compiere un’azione su un oggetto e ripetere
il giorno dopo la stessa azione anche se in precedenza non aveva mai agito su
quell’oggetto in quel modo.
- Gli schemi operazionali. Essi cominciano a comparire all’età di 7 anni e
vengono definiti operazioni
Queste strutture mentali sono strutture variabili, esse cioè, si modificano nel
tempo come espressione di modalità di funzionamento mentale sempre più
complesse e articolate. In altri termini se il bisogno di capire e spiegare è un
aspetto comune a tutte le età (= INVARIANTE FUNZIONALE), il particolare tipo di
spiegazione che il bisogno dà
all’esperienza è diversa a seconda del grado di
sviluppo del livello intellettuale (= Struttura variabile).
GLI STADI DELLO SVILUPPO
Gli stadi definiti da Piaget sono i seguenti:
A. Lo stadio sensomotorio;
B. lo stadio preoperatorio;
C. lo stadio operatorio concreto;
D. lo stadio operatorio formale
A. LO STADIO SENSOMOTORIO: va dalla nascita fino a due anni circa ed è
caratterizzato da un’attività conoscitiva, che si realizza attraverso le prime ed
immediate esperienze sensoriali e motorie.
Tale stadio si divide a sua volta in 6 livelli successivi di organizzazione:
1.Riflessi
2. Reazioni circolari primarie
3. Reazioni circolari secondarie
4.Coordinamento degli schemi secondari e loro applicazione a situazioni nuove
5.Reazioni circolari terziarie
6.Combinazioni mentali
1/ I riflessi (primo mese di vita) sono caratterizzati da semplici coordinamenti
sensoriali e motorie, innate ed automatiche. L’esercizio di queste tendenze innate
non è meccanico e passivo, ma si affinano con la ripetizione e l’esperienza, come
per Il riflesso della suzione si affina con l’esercizio. Il neonato, dopo i primi
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approcci al capezzolo per succhiare, nei giorni successivi comincia c ordinare i
suoi movimento per avvicinarsi al capezzolo.
2/ Le reazioni circolari primarie: caratterizzano il secondo stadio che va dal 1°
mese al 4° mese. Nel corso di tale stadio il comportamento riflesso ed automatico
viene sostituito da movimenti articolati e coordinati.
3/ Le reazioni circolari secondarie: si realizzano approssimativamente da 4 agli
8 mesi: Il bambino in questo stadio scopre per caso che determinate azioni che
compie sono in grado di determinare spettacoli interessanti, per cui tende a
ripeterle (far suonare un pupazzo di gomma schiacciandolo); il bambino diventa
in grado di prevedere l’effetto dei suoi atti e cerca di ripetere intenzionalmente le
stesse azioni.
4/ Il coordinamento degli schemi secondari e la loro applicazione a
situazioni
nuove
(dall’8°
al
12°
mese).
Tale
stadio
è
caratterizzato
dall’utilizzazione delle attività sensomotorie precedentemente raggiunte per
finalizzarle al raggiungimento di un obiettivo.
5/ Le reazioni circolari terziarie introducono il quinto stadio che inizia intorno
ai 12 mesi e dura fino al 18° mese. Il bambino non si accontenta più di riprodurre
uno schema che determini un risultato interessante, ma varia egli stesso
intenzionalmente i movimenti per ottenere effetti diversi.
6/
Le
combinazioni
mentali
caratterizzano
l’ultimo
stadio
della
fase
sensoomotoria che va dai 18 mesi a due anni circa. Il bambino organizza e
consolida stabilmente le acquisizioni precedenti, trasformandole in strumenti di
soluzione dei problemi.
B. LO STADIO PREOPERATORIO. Questo stadio, che parte dai 2 anni e si
estende fino a circa 7 anni, è suddiviso da Piaget: in due sottostadi:
1/Il periodo preconcettuale
2/ il periodo intuitivo
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1/ Il periodo preconcettuale che va da 2 a 4 anni è caratterizzato dal
progressivo sviluppo e dal consolidamento della funzione simbolica. La funzione
simbolica consiste nella capacità di utilizzare segni e simboli, che rappresentano
altre cose.
2/ Il periodo intuitivo va dai 4 ai 7 anni ed è costituito da un’estensione del
pensiero preconcettuale, nel senso che il bambino
è capace di un’accresciuta
abilità di manipolare mentalmente i simboli, riuscendo in tal modo a classificare
gli oggetti sulla base di attributi percettivamente condivisibili, come la misura, la
forma e il colore. Il pensiero tuttavia è definito intuitivo in quanto la capacità di
capire gli oggetti e gli eventi è ancora basata su aspetti percettivamente salienti,
vale a dire, il ragionamento è ancora legato al modo in cui le cose appaiono e non
a processi di pensiero logico o razionale.
FUNZIONE SIMBOLICA. E’ stata definita come la capacità di utilizzare segni e
simboli per rappresentare altre cose. In rapporto alla funzione simbolica, cioè un
significante è in grado di evocare un significato. Ad esempio, un aeroplano
(SIGNIFICATO) può essere rappresentato attraverso SIGNIFICANTI: il gesto di
una mano che vola.
Con la funzione simbolica, il bambino in questo stadio manifesta una serie di
nuove competenze espresse da:
-
l’imitazione differita,
-
il gioco di finzione
-
l’esplosione del linguaggio
L’imitazione differita consiste nella capacità del bambino di ripetere un gesto o
un’azione in momenti successivi a quello in cui ha “osservato” tale gesto o azione.
Secondo Piaget se un comportamento viene osservato in un certo momento e
imitato più tardi, allora deve esserci, un magazzino dell’elemento osservato e
questo magazzino richiede che gli eventi siano codificati simbolicamente.
Il gioco di finzione ( di immaginazione) è rappresentato tipicamente da quelle
attività in cui il bambino ripropone in chiave ludica azioni e scene che ha
osservato nella vita reale.
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Il Linguaggio. In questa fase si arricchisce enormemente, in quanto la funzione
simbolica permette di usare quali significanti le parole, per rappresentare gli
oggetti reali (significato). Il vocabolario del bambino fino all’età di 15/16 mesi è
limitato a circa 10 parole, mentre all’età di 18 mesi passa da 50 parole fino ad
arrivare all’età di 24 mesi a circa 300 parole. In breve il bambino passa molto
rapidamente dalla parola-frase (18 mesi) al linguaggio telegrafico (18-24 mesi) e
quindi alla frase grammaticalmente corretta.
EGOCENTRISMO.
Durante
questo
periodo
il
bambino
è
impegnato
in
un’esplorazione continua dell’ambiente circostante, che gli consente di acquisire
simboli nuovi per rappresentare gli oggetti e per arricchire il repertorio delle
proprie condotte.
Tali simboli tuttavia mantengono ancora un carattere
soggettivo ed egocentrico, in quanto il proprio punto di vista rappresenta
tuttora lo schema di riferimento fondamentale.
Il termine Egocentrismo è stato utilizzato da Piaget per indicare due importanti
aspetti del pensiero infantile:
-
una differenziazione incompleta del sé dal mondo circostante;
-
la tendenza a percepire, capire e interpretare il mondo dal proprio punto di
vista.
Il linguaggio egocentrico è caratterizzato dal fatto che il bambino non si
preoccupa
di
adattare
il
suo
linguaggio
alle
necessità
dell’ascoltatore.
L’egocentrismo è preponderante anche nei giochi di gruppo.
IL RAGIONAMENTO
L’egocentrismo influenza il pensiero del bambino e determina schemi “illogici”
nell’interpretazione della realtà.
Piaget definisce il pensiero del bambino di questo stadio preclusale o
transduttivo.
Il ragionamento transduttivo indica la tendenza del bambino a credere, nei
confronti di due eventi che si verficano nello stesso tempo, che l’uno è la causa
dell’altro. Su questo aspetto, Piaget riferisce l’esperienza della figlia Lucienne, la
quale un giorno disse: “Non ho fatto il sonnellino, pertanto non è pomeriggio”. In
questo esempio la bambina in fase preoperatoria, ragionava passando da un
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