FANS E RISCHIO CARDIOVASCOLARE I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) hanno rappresentato la terapia cardine nella gestione del dolore e dell‟infiammazione di patologie muscoloscheletriche e di altre condizioni dolorose. Essi costituiscono una delle classi di farmaci più frequentemente utilizzate: si stima che negli USA circa il 5% delle visite mediche sia correlato alla prescrizione di FANS1. Nel 2004 l‟Azienda farmaceutica Merck annunciava il ritiro volontario dal commercio del rofecoxib, farmaco antinfiammatorio della famiglia degli inibitori della ciclossigenasi-2 indicato per il trattamento sintomatico dell‟artrosi e dell‟artrite reumatoide, accendendo il dibattito scientifico intorno agli effetti cardiovascolari di questa classe di farmaci. La decisione dell‟azienda fu presa infatti a seguito dei risultati provenienti dallo studio clinico APROVe (Adenomatous Polyp Prevention on Vioxx) che, condotto per determinare gli effetti di rofecoxib nella prevenzione delle recidive dei polipi colorettali in pazienti con anamnesi positiva per adenoma colorettale, evidenziò un aumento del rischio relativo di eventi cardiovascolari accertati non fatali, come infarto ed ictus, nei pazienti che assumevano rofecoxib rispetto a quelli che assumevano placebo (45 nel gruppo rofecoxib e 25 nel gruppo placebo). Il tasso di eventi era di circa 3/400 pazienti/anno per il placebo e di circa 6/400 pazienti/anno per i pazienti trattati con rofecoxib, corrispondente ad un aumento assoluto del rischio di 3 casi aggiuntivi ogni 400 pazienti/anno di trattamento.2 La gravità degli effetti avversi cardiovascolari associati al rofecoxib era nota da tempo. Le prime evidenze risalgono all‟anno 2000 con lo studio VIGOR3 (Vioxx Gastrointestinal Outcomes Research), sponsorizzato dalla stessa Merck: trial randomizzato in doppio cieco disegnato per comparare l‟incidenza di eventi gastrointestinali (ulcere gastriche, sanguinamenti) in pazienti con artrite reumatoide trattati con rofecoxib 50 mg o naprossene 500 mg. I dati avevano evidenziato una simile efficacia terapeutica a fronte di un minor rischio di tossicità gastrointestinale con rofecoxib rispetto al naprossene, ma anche un aumento dell‟incidenza di gravi eventi cardiovascolari: 2,5% nei pazienti trattati con rofecoxib, 1,1% nei pazienti trattati con naprossene. Nell‟aprile del 2002 l‟FDA pertanto introdusse nel foglietto illustrativo del Vioxx i nuovi aggiornamenti emersi dallo studio VIGOR riguardo ai gravi eventi cardiovascolari. L‟incremento del rischio cardiovascolare documentato per il rofecoxib ha suscitato diversi interrogativi circa la sicurezza delle altre molecole della stessa classe e dei FANS tradizionali. I FANS agiscono inibendo l‟enzima ciclossigenasi (COX) che a partire dall‟acido arachidonico genera la prostaglandina H2, dalla quale per azione di numerosi enzimi derivano le prostaglandine D2, E2, F2, la prostaciclina, il trombossano A2. Esistono due forme isoenzimatiche della COX: COX-1 costitutivamente espressa nelle piastrine, endoteli vasali, mucosa gastrica; COX-2 isoforma inducibile da stimoli infiammatori e da citochine nelle cellule reattive. Nel sistema cardiovascolare i prodotti della ciclossigenasi regolano complesse interazioni tra funzione piastrinica, funzione endoteliale e tono vascolare4: la prostaciclina, prodotta dalla cellule endoteliali, induce vasodilatazione, inibizione della proliferazione delle cellule muscolari lisce, inibizione dell‟aggregazione piastrinica, protegge il miocardio da stress ossidativi5; il trombossano A2, prodotto dalle piastrine, è un potente proaggregante e vasocostrittore5; le prostaglandine prodotte a livello renale intervengono nella regolazione del riassorbimento idroelettrolitico e del tono vasale. Al contrario delle piastrine che esprimono solo COX-1, le cellule dell‟endotelio vasale esprimo entrambe le isoforme enzimatiche: la COX-2, indotta in risposta allo stress superficiale, rappresenta la fonte principale di prostaciclina6. La sintesi renale di prostaglandine è prevalentemente COX-2 dipendente7 a livello dell‟apparato iuxtaglomerulare e della corteccia renale8-9; l‟isoforma COX-1 è prevalentemente localizzata a livello dei dotti collettori, nei vasi arteriosi del parenchima renale e nell‟interstizio della midollare10. L‟acido acetilsalicilico, sintetizzato nel 1897 e commercializzato con il nome di aspirina nel 1899, rappresenta il capostipite dei FANS: agisce inattivando in maniera irreversibile la ciclossigenasi; inibisce la COX-1 in maniera più selettiva rispetto alla COX-211. In seguito della somministrazione orale, il contatto con le piastrine avviene già nella circolazione portale, dove la concentrazione del farmaco è più alta rispetto ai livelli presenti nella circolazione sistemica12. Le piastrine, inoltre, non sono elementi cellulari essendo privi di nucleo e di ribosomi per la sintesi proteica. Tutti gli elementi descritti spiegano come, nonostante la rapida clearance dell‟aspirina dalla circolazione, l‟effetto piastrinico persista per tutta l‟emivita delle piastrine, e come siano sufficienti bassi dosaggi (75-100 mg) per ottenere l‟effetto antiaggregante rispetto alle dosi medio-alte necessarie per l‟effetto antinfiammatorio ed analgesico dell‟aspirina11. L‟effetto antiaggregante realizzato dall‟ASA a basse dosi presenta tre aspetti caratteristici: andamento cumulativo dell‟inattivazione piastrinica con dosi giornaliere ripetute, natura saturabile, selettività per COX-111. L‟aspirina a basse dosi non produce effetti misurabili sulla funzione endoteliale, come conseguenza del minore effetto inibitorio sulla COX-2 e sulla produzione di prostaciclina, e possiede uno scarso impatto sulla sintesi renale di prostaglandine. A partire dagli anni „60 sono stati sviluppati dall‟industria farmaceutica una molteplicità di FANS in grado di riprodurre gli effetti farmacologici dell‟aspirina a dosi medio-alte, sostituendola di fatto come farmaco antinfiammatorio, sebbene la scoperta della COX-1 e della COX-2, quindi del loro meccanismo di azione, sia avvenuta solo più tardi13. I FANS tradizionali, con selettività diversa per le singole molecole, inibiscono entrambe le isoforme enzimatiche e fatta eccezione che nelle piastrine, il blocco della COX è temporaneo, data la capacità degli elementi cellulari di risintetizzarla. La maggiore conoscenza del meccanismo patogenetico delle complicanze gastrointestinali di tipo emorragico dell‟intera classe dei FANS, imputabile prevalentemente all‟inibizione della COX-1della mucosa gastro-duodenale (riduzione della produzione di PG che inibiscono la secrezione di HCl e promuovono la sintesi mucosa) e piastrinica, ha sostenuto negli anni novanta lo sviluppo più razionale di una nuova classe di FANS, i coxib, inibitori selettivi della COX-2 poco espressa nel tratto gastro-intestinale e largamente coinvolta nelle reazioni infiammatorie13. Diversi studi clinici hanno dimostrato la riduzione delle complicanze emorragiche gastrointestinali degli inibitori altamente selettivi della COX-2 confrontati con FANS tradizionali3-14-15 . Negli ultimi anni numerosi studi hanno evidenziato il potenziale rischio aterotrombotico dei FANS, determinando importanti prese di posizione delle Società Scientifiche e degli organi di farmacovigilanza. Tuttavia, in considerazione della natura multifattoriale della patologia aterosclerotica, quindi del modesto contributo di un singolo fattore di rischio associato, e della necessità di grandi trials di lunga durata per indagare su tale fenomeno, i dati più attendibili ad oggi risultano quelli provenienti da metanalisi. Due recenti metanalisi hanno fornito risultati abbastanza dirimenti. Nella metanalisi di Kearney PM et al16, pubblicata su British Medical Journal 2006, sono stati inclusi 138 trials clinici randomizzati, che avevano comparato uno dei 5 FANS COX-2 selettivi (rofecoxib, eterocoxib, lumiracoxib, colecoxib, valdecoxib) versus placebo o versus FANS tradizionali. Sono stati inclusi circa 145.000 pazienti trattati per almeno 4 settimane, l‟outcome era rappresentato da eventi cardiovascolari maggiori (IMA, stroke e morte per cause cardiovascolari). Nella comparazione con placebo, gli inibitori selettivi della COX-2 sono risultati associati ad un incremento relativo del 42% di incidenza di eventi cardiovascolari maggiori (1,2%/anno vs 0,9%/anno; rate ratio 1,42) in assenza di significative differenze tra i singoli coxib; dato che risulta largamente attribuibile ad un incremento del rischio di IMA (0,6%/anno vs 0,3%/anno, rate ratio 1,86). Nel confronto con i FANS tradizionali, come diclofenac e ibuprofene in regimi ad alte dosi, l‟incidenza di eventi cardiovascolari maggiori risulta simile (1,0%/anno vs 0,9%/anno; rate ratio 1,16). Una eterogeneità significativa viene documentata negli studi che mettono a confronto COX-2 selettivi vs naprossene e COX-2 selettivi vs FANS tradizionali diversi dal naprossene. Il naprossene in regimi ad alte dosi non risulta essere associato ad un eccesso di eventi cardiovascolari. La seconda più recente metanalisi, condotta da Trelle S et al17 e pubblicata su British Medical Journal 2011, include 31 trials clinici randomizzati che hanno confrontato un FANS con un altro FANS o paracetamolo e placebo. Sono stati inclusi in totale 116.429 pazienti e valutati 7 FANS (naprossene, ibuprofene, diclofenac, celecoxib, eterocoxib, rofecoxib, lumiracoxib) di cui il colecoxib è risultato il più studiato (15 studi e confronto con 5 diversi interventi) mentre l‟ibuprofene quello meno valutato (2 studi, confronto con 2 interventi, minor numero di anni-paziente di follow-up). L‟outcome primario era rappresentato da infarto miocardico fatale e non fatale, gli outcomes secondari comprendevano lo stroke emorragico o ischemico fatale e non fatale; la morte per cause cardiovascolari (IMA, SCC, aritmia fatale, embolia polmonare e stroke) la morte per cause non note e la morte per tutte le cause. Comparati con placebo per 3 farmaci (naprossene, diclofenac ed etrocoxib) non è stato osservato un aumento del rischio di IMA, mentre il rofecoxib era associato al più alto incremento del rischio di IMA (rate ratio 2.12, IC 95%) seguito dal lumiracoxib (rare ratio 2.0), ibuprofene (rate ratio 1,61) e colecoxib (rate ratio1,35). Tutti i farmaci sono risultati associati ad un aumento del rischio di stroke rispetto al placebo con il più alto rischio attribuibile ad ibuprofene (rate ratio 3,36); e ad un aumento del rischio di morte per cause cardiovascolari, tranne naprossene. Accanto a questi dati appare utile riportare anche i risultati di uno studio di coorte retrospettivo effettuato sul date base inglese THIN18 (The Health Improvement Network) nel 2008, che ha valutato l‟associazione tra uso di FANS (incluso inibitori selettivi) e rischio di IMA non fatale nella popolazione generale. E‟stata analizzata la frequenza, la dose e la durata di trattamento di diversi FANS in rapporto all‟associazione con IMA. La coorte finale è stata di 716.395 pazienti con un followup di circa 4 anni, il numero di IMA non fatali registrato è stato di 8.852. Il rischio relativo di IMA è risultato incrementato nei pazienti utilizzatori di FANS (RR 1.35 IC 95%) in maniera correlata con la dose giornaliera e la durata del trattamento. E‟ stata riscontrata una correlazione significativa tra il grado di inibizione della COX-2 ed il rischio di IMA. Nel tentare una spiegazione esaustiva dei dati riportati bisogna innanzitutto considerare che l‟analisi della selettività COX-1/COX-2 di FANS tradizionali e coxib mostra come la selettività nei confronti della COX-2 rappresenti una variabile continua, con sovrapposizione tra FANS tradizionali e coxib di prima generazione, in contrasto con una classificazione dicotomica tra “selettivi” e “non selettivi”. L‟inibizione selettiva della COX-2, a livello endoteliale, provoca la soppressione della sintesi di prostaciclina mantenendo intatta la produzione di trombossano A2 piastrinico, sbilanciando quindi il rapporto tra fattori protrombotici ed antitrombotici che contribuisce a determinare l‟incremento del rischio di eventi cardiovascolari dei COX-2 inibitori19. FANS tradizionali e coxib hanno lo stesso effetto di inibizione parziale della sintesi di prostaciclina. Fatta eccezione che per l‟ASA a basse dosi20, tutti i FANS interferiscono con la sintesi renale di prostaglandine con conseguente riduzione delle filtrazione glomerulare, incremento della ritenzione idro-salina ed incremento dei valori di pressione arteriosa21,22 . Gli studi documentano, in maniera più marcata per i coxib, un incremento dell‟incidenza di insufficienza cardiaca nelle comparazioni con placebo ed effetti negativi sul controllo della pressione arteriosa: attenuazione degli effetti della terapia antipertensiva e dei suoi benefici; necessità di iniziare il trattamento per l‟ipertensione7,23,24. Il rischio di sviluppare ipertensione arteriosa appare maggiore con i coxib rispetto ai FANS non selettivi25,26 e all‟interno della stessa classe dei COX-2 inibitori esistono differenze in termini di entità: in particolare il rofecoxib a tutti i dosaggi appare essere associato ad un rischio più alto rispetto al celecoxib26. Possibili spiegazioni risiedono nel grado di blocco della COX-2, ma anche nella differente emivita delle singole molecole della stessa classe27, nel diverso metabolismo ad esempio del rofecoxib che avvenendo ad opera di enzimi citosolici coinvolti nel metabolismo dell‟aldosterone può modulare il livelli plasmatici di questo ormone mineralcorticoide28. In merito alla possibile interazione con l‟aldosterone, recenti studi condotti in vitro hanno tuttavia dimostrato che la maggior parte dei FANS non selettivi inibisce la glucuronizzazione dell‟aldosterone nel parenchima renale ed in quello epatico con possibili conseguenza in termini di ritenzione idrica, controllo dei valori pressori e rimodellamento cardiovascolare 29,30. Gli effetti cardiorenali e l‟incremento dei valori pressori costituiscono elementi importanti nel determinare il rischio cardiovascolare. Nella popolazione generale il rischio cardiovascolare è legato all‟estensione della inibizione della COX-2 piuttosto che alla variabile selettività degli inibitori. Il rischio sembra essere modulato da una concomitante elevata e persistente inibizione della COX-1, come suggeriscono i dati relativi al naprossene, ad alte dosi, che tra i FANS appare l‟unico in grado di riprodurre gli effetti dell‟aspirina a basse dosi in termini di inibizione completa e persistente delle piastrine16. Tutti gli altri FANS tradizionali al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare in funzione dell‟azione sulla COX-1 non mostrano effetto cardioprotettivo. Nei pazienti ad elevato rischio cardiovascolare che assumono ASA la somministrazione di tutti i COX-2 inibitori, compreso il naprossene, determina effetti cardiovascolari negativi. Nella concomitante somministrazione, inoltre, un‟interazione farmacodinamica di alcuni FANS tradizionali (come ibuprofene e naprossene)31,32, può potenzialmente interferire con l‟effetto piastrinico dell‟ASA per competizione per il sito di legame alla COX-133.Questa interazione non si verifica con i coxib e con i FANS tradizionali come il diclofenac che possiedono un certo livello di selettività per COX-231. Un importante studio epidemiologico ha evidenziato che l‟uso di antiinfiammatori non steroidei selettivi e non selettivi nei pazienti con storia di infarto miocardico è associato con un incremento di mortalità e con un trend in crescita per il rischio di re-IMA34. Dal Registro Nazionale Danese sono stati selezionati 58.432 pazienti di età >30 anni dimessi con diagnosi di infarto miocardico acuto dal 1995 al 2000, e tra questi sono stati identificati coloro (21.093) che avevano richiesto successivamente almeno una prescrizione di FANS: i due farmaci più utilizzati erano rofecoxib e celecoxib e tra i non selettivi diclofenac e ibuprofene. La durata media del trattamento era simile tra i primi (37-40 giorni) mentre era minore per diclofenac (20 giorni). Per tutti i farmaci è stato documentato un più alto tasso di mortalità rispetto ai non esposti con un chiaro effetto dose-correlato e un trend positivo per il rischio di reospedalizzazione per IMA. Gli autori di questo studio tendono ad attribuire il rischio relativamente più basso di reinfarto osservato rispetto alla mortalità al ruolo protettivo dell‟aspirina: la maggior parte dei pazienti infatti assumeva ASA a basso dosaggio in prevenzione secondaria L‟American Heart Association nel 2007 ha pubblicato le proprie raccomandazioni circa l‟uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei: in considerazione dell‟ incremento del rischio di infarto miocardico, stroke, insufficienza cardiaca e ipertensione, che risulta più elevato in pazienti con storia di malattie cardiovascolari o ad alto rischio, l‟uso dei coxib, per il trattamento del dolore, in questi pazienti, dovrebbe essere limitato ai soli casi in cui non esiste alternativa terapeutica appropriata e comunque al più basso dosaggio efficace e per il periodo più breve necessario; dati ulteriori sono necessari per valutare la sicurezza cardiovascolare dei FANS tradizionali35. Simili conclusioni sono espresse dall‟Agenzia Europea dei Farmaci (EMEA)36, in collaborazione con le autorità regolatorie nazionali, inclusa l‟Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): cardiopatia ischemica o malattia cerebrovascolare accertate e insufficienza cardiaca congestizia (NYHA II-IV) costituiscono controindicazione per tutti gli inibitori selettivi della COX-2; per pazienti con importanti fattori di rischio per eventi cardiovascolari (ad es. ipertensione, iperlipidemia, diabete mellito, abitudine al fumo) o per pazienti affetti da arteriopatie periferiche, deve essere effettuata la valutazione dei rischi prima di prescrivere un inibitore selettivo della COX-2; poichè il rischio cardiovascolare può aumentare con la durata del trattamento e con le alte dosi, deve essere usato il più basso dosaggio efficace e per il periodo più breve necessario. Le linee guida americane ed europee per il trattamento delle sindromi coronariche acute (STEMI37,38) raccomandano in classe I la sospensione immediata di farmaci antinfiammatori non steroidei (selettivi e non selettivi) in fase acuta, e controindicano il loro utilizzo per tutta la durata del periodo di ospedalizzazione per SCA. Le linee guida americane inoltre, in termini di gestione a lungo termine, mantengono in prevenzione secondaria la controindicazione all‟utilizzo di ibuprofene, sottolineando la sua interazione con gli effetti protettivi dell‟aspirina31,39,40. Nell‟interpretazione dei risultati sull‟associazione tra FANS e rischio cardiovascolare è utile sottolineare infine due elementi: la relativa mancanza di dati farmacoepidemiologici nella popolazione anziana, in particolare in pazienti di età >75-80 anni con multiple patologie e polifarmacia e la presenza di evidenze scientifiche più robuste per il rischio di infarto miocardico, con estrapolazione spesso dei risultati agli altri eventi aterotrombotici come l‟ictus. Nella popolazione anziana la maggiore prevalenza di ipertensione, diabete mellito, dislipidemia, insufficienza renale cronica, cardiopatie, ma anche l‟istituzionalizzazione in casa di riposo costituiscono variabili in grado di aumentare indipendentemente il rischio cardiovascolare, elemento che potrebbe avere un peso ancora più importante nelle valutazione diretta dell‟associazione tre FANS ed ictus41,42. Bibliografia 1. Kaufman DW, Kelly JP, Rosemberg L et al. 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