Foglio di informazione professionale Nr. 193 agosto 2009 FANS, COX-2 inibitori e nimesulide I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono tra i farmaci più utilizzati e rappresentano una delle categorie terapeutiche più numerose con 29 principi attivi e più di 150 tra specialità e generici. Nel recente passato, la letteratura scientifica e le autorità regolatorie si sono occupate più volte della sicurezza di questi farmaci. Ritiri dal mercato, restrizioni d’uso, ridefinizioni del profilo beneficio/rischio hanno riguardato molte molecole e un aggiornamento delle conoscenze può consentire una visione d’insieme più chiara. Come funzionano? I FANS inibiscono l’enzima ciclo-ossigenasi necessario per la sintesi delle prostaglandine, sostanze di natura lipidica ad azione locale, ma con diffusione ubiquitaria nell’organismo, capaci di mediare diversi fenomeni dell’infiammazione come l’aumento del flusso sanguigno e la comparsa del dolore. Efficacia Esistono prove convincenti sul fatto che i FANS siano sovrapponibili in termini di efficacia quando impiegati per indicazioni analoghe e a dosi equivalenti. Alcuni FANS risultano più sperimentati in condizioni specifiche (es. ibuprofene nell’artrite reumatoide giovanile e in campo pediatrico; diclofenac e ketoprofene nel trattamento delle coliche biliari e/o renali), mentre per quasi tutti i composti esiste una documentazione d’efficacia come analgesici in pazienti con osteoartrosi. Nell’osteoartrosi, la degenerazione del tessuto osseo ha una scarsa componente infiammatoria e nel trattamento del dolore articolare sono sufficienti basse dosi di FANS o semplici analgesici come il paracetamolo a dosi adeguate (3g al giorno). Nell’artrite reumatoide caratterizzata, invece, da una rilevante componente flogistica, una riduzione dell’infiammazione può essere ottenuta solo con farmaci antireumatici specifici (es. metotrexato), cortisonici e FANS. Indipendentemente dalla molecola usata, le dosi antiinfiammatorie sono maggiori (indicativamente doppie) di quelle analgesiche [2,4g vs. 1,2g per ibuprofene; 1g vs. 500mg per naproxene; 150mg vs. 100mg per diclofenac]. Differenze tra i vari FANS possono esservi nella risposta individuale. Il 60% circa dei pazienti è sensibile ad ogni tipo di FANS; dei restanti, alcuni che non rispondono ad un FANS possono trovare giovamento con un altro. Il migliore è il più sicuro Le due più comuni e clinicamente significative forme di tossicità da FANS, legate al loro meccanismo d’azione, sono quella gastrointestinale e renale. Un quarto circa delle persone trattate con un FANS manifesta dispepsia, nausea o dolori addominali. Questi sintomi compaiono senza alcun riscontro endoscopico di un danno alla mucosa gastrica. Nel 15-30% dei pazienti che fanno un uso regolare di FANS si può rilevare endoscopicamente la presenza di ulcere gastriche; erosioni sono evidenziabili in un ulteriore 40% dei pazienti. Le ulcere documentate per via endoscopica sono per lo più asintomatiche, guariscono da sole e non causano complicanze gravi (sanguinamento o perforazione). L’emorragia o la perforazione sono spesso la prima manifestazione di un’ulcera indotta da FANS e rappresentano l’evento più temuto (1,5% circa degli utilizzatori cronici). Sotto l’aspetto della tossicità gastrointestinale i FANS non sono tutti uguali. I risultati degli studi di coorte e caso-controllo indicano chiaramente come ibuprofene e naproxene siano più sicuri degli analoghi e come altri due (piroxicam e ketorolac) si caratterizzino per una maggiore gastrolesività. Alte dosi, uso prolungato, età avanzata, pregressa ulcera peptica e impiego concomitante di cortisonici, anticoagulanti orali e aspirina, sono i fattori che aumentano il rischio di queste complicanze. I FANS riducono il flusso ematico a livello renale e possono causare insufficienza renale funzionale, in particolare negli anziani, specie se con scompenso cardiaco o ipovolemia (es. disidratati, in terapia diuretica). COX-2 inibitori: un nuovo effetto di classe Negli ultimi anni, il concetto di “effetto di classe”, in particolare per quanto attiene la tossicità gastrointestinale, è stato rimesso in discussione dopo la scoperta di due differenti forme di ciclo-ossigenasi (COX-1 e COX-2). La COX-1 viene espressa in modo continuo (“costituzionalmente”) da quasi tutti i tessuti e porta alla formazione di prostaglandine che svolgono un ruolo fisiologico nel proteggere la mucosa gastrica, nel regolare la perfusione renale e INTESA – Via Provina, 3 – 38040 Ravina (TN) – Tel. 0461 901111 l’aggregazione piastrinica. La COX-2, invece, scarsa in condizioni normali, risulta rapidamente prodotta da stimoli infiammatori e catalizza la sintesi di prostaglandine che mediano l’infiammazione. Gli inibitori selettivi della COX-2 sono stati sviluppati partendo dal presupposto di ridurre la tossicità gastrointestinale senza perdere l’efficacia antinfiammatoria. I COX-2 selettivi sono risultati meno gastrolesivi degli altri FANS, ma solo in base a riscontri endoscopici gastroduodenali (presenza di ulcere e/o erosioni). Questi dati, pur rilevanti, non possono essere considerati un parametro affidabile di valutazione della migliore tollerabilità gastrica, dal momento che non esiste una stretta correlazione tra quadro endoscopico (ulcere/erosioni) e complicanze (sanguinamento, perforazione) né tra sintomi soggettivi e lesioni documentate endoscopicamente. La revisione degli studi registrativi e nuovi studi hanno dimostrato che la gastrolesività dei COX-2 inibitori è solo lievemente diminuita rispetto ai FANS tradizionali. Nell’incidenza degli eventi gastrointestinali gravi, etoricoxib non presenta, infatti, alcun vantaggio rispetto a diclofenac. A fronte di una minore incidenza per le ulcere non complicate, l’assenza di attività antipiastrinica ha comportato per i COX-2 inibitori un aumento del rischio cardiovascolare, confermato nel tempo da studi sia randomizzati che osservazionali e da numerose metanalisi. Ciò ha significato per alcuni la sospensione dal commercio (rofecoxib, valdecoxib), la revisione del profilo di rischio (lumiracoxib) o l’interruzione di grandi trial in corso (celecoxib). Tranne per celecoxib, presente sia a livello europeo che statunitense, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) detiene il non invidiabile primato di autorizzazione dei COX-2 inibitori. Etoricoxib, disponibile in Europa dal 2004, negli USA non è mai stato registrato in quanto la FDA non ha giudicato adeguate le evidenze di efficacia e sicurezza per ben tre volte (12/2003, 4/2004 e 4/2007). Anche parecoxib (che giova ricordare è il profarmaco di valdecoxib) è stato rifiutato dalla FDA per il rapporto beneficio/rischio negativo. Lumiracoxib, non approvato dalla FDA, in Europa è entrato in commercio in alcuni paesi (non in Italia), ma è stato successivamente ritirato per epatotossicità. Per mancanza di studi specifici, non si può escludere una eventuale tossicità cardiovascolare anche per i FANS non selettivi, ma per ibuprofene e naproxene, usati come confronti in studi importanti, sono disponibili dati di sicurezza che non li associano ad un aumento di eventi trombotici (infarto miocardico e ictus). Sotto il profilo della nefrotossicità, i COX-2 selettivi non differiscono dai comuni FANS. Alla luce della loro cardiotossicità e della mancanza di evidenze conclusive sulla maggiore sicurezza gastrointestinale, i COX-2 inibitori non sono preferibili ai FANS associati ad un inibitore di pompa (PPI) nei soggetti ad alto rischio di complicanze gastrointestinali. In questi pazienti, l’associazione tra ibuprofene o naproxene e un PPI rimane di scelta (è più sicura e più efficace sui sintomi dispeptici). Nimesulide, un caso soprattutto italiano Mai commercializzata in Inghilterra e Germania, ritirata in Finlandia, Spagna, Irlanda e Belgio per danni epatici mortali o richiedenti il trapianto di fegato, la nimesulide è disponibile in altri stati della UE, compresa l’Italia che ne è il maggior “consumatore”: nel 2006, più di 3,5 milioni di persone hanno assunto il farmaco con prescrizione a carico del SSN e altrettanti lo hanno acquistato privatamente. Tra gennaio 2001 e maggio 2007, al sistema di sorveglianza nazionale sono pervenute, tra le altre, 102 segnalazioni di reazioni avverse a carico del fegato, di cui 9 mortali e 70 gravi. L’EMEA, in due occasioni (12/2003 e 9/2007), pur riconoscendo la maggior epatotossicità della nimesulide rispetto agli altri FANS e l’imprevedibilità dell’effetto (idiosincratico, come tale non prevenibile), dopo aver ogni volta apportato (inutili) limitazioni d’uso si è espressa a favore del suo mantenimento in commercio. Il comunicato stampa finale cita testualmente: i benefici superano ancora i rischi… i medici e i pazienti devono essere consapevoli della possibilità di insorgenza di problemi epatici”. Che i benefici della nimesulide debbano superare i rischi è scontato; “ancora” significa che il margine di sicurezza si è ulteriormente ridotto rispetto al precedente pronunciamento. Il rapporto tra benefici e rischi di un farmaco deve essere tanto più sbilanciato a favore dei primi quanto meno significativo è il suo ruolo terapeutico. Un profilo di sicurezza più basso si può accettare per farmaci efficaci in malattie gravi, non per farmaci destinati ad un trattamento sintomatico, per di più con numerose alternative. Preoccupata più della competitività dell’industria farmaceutica che della salute dei cittadini, l’EMEA mantiene in commercio un farmaco pericoloso, sostituibile con altri altrettanto efficaci e più sicuri, ritenendo sufficiente informare il paziente e non esagerare con la durata del trattamento! A cura del dott. Mauro Miselli Bibliografia Del Favero A. L’impiego razionale dei farmaci antiinfiammatori non steroidei. IsF 2001; 25:47-53. Anti-Cox2: farmaci attesi, alla prova dei fatti. Pacchetto CeVEAS n.4, 2002. Laine L at al. Assessment upper gastrointestinal safety etoricoxib and diclofenac in patients with osteoarthtritis and rheumatoid arthritis in the Multinational Etoricoxib & Diclofenac Arthritis Long-Term (MEDAL) programme: randomized comparison. Lancet 2007; 369:465-73. Del Favero A. Le strategie preventive per ridurre la tossicità gastrointestinale da FANS. IsF 2007; 31:122-5. Nimesulide ed epatotossicità. AIFA. Bif 2007; XIV:112-6. The CV risk of NSAIDs: final analysis of APPROVe. MeReC Monthly No. 9, 12/2008. EMEA. Questions and answers on the CHMP recommendation on nimesulide-containing medicines. Doc. Ref. EMEA 430988/2007. London, 21 September 2007. INTESA – Via Provina, 3 – 38040 Ravina (TN) – Tel. 0461 901111