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Nozze di sangue
di Federico Garcia Lorca
traduzione di Marcello Fois
drammaturgia Marcello Fois e Serena Sinigaglia
musiche originali di Gavino Murgia
coproduzione Teatro Stabile della Sardegna e ATIR
con Lia Careddu, Maria Grazia Bodio, Marco Brinzi, Mattia Fabris, Sax Nicosia,
Isabella Orchis, Cesare Saliu, Sandra Zoccolan
Regia Serena Sinigaglia
La storia passionale e appassionata, un’emozione teatrale intensa, l’incontro della linguaspagnola, italiana e sarda
e di due generazioni d’attori.
Una coproduzione fra Teatro Stabile di Sardegna e A.T.I.R. L’Associazione Teatrale Indipendente per la Ricerca, •
stata costituita nel 1996, da un gruppo di diplomati alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano e
dell’Accademia di Belle Arti di Brera. La direzione artistica • di Serena Sinigaglia. Dall’autunno 2007 la Compagnia
gestisce a Milano il Teatro Ringhiera. Il gruppo • nato con l’intento di costruire una propria autonomia artistica e
organizzativa, per un teatro che sia semplice, diretto, vivo; un teatro che sia dentro la realt‚, dentro al tempo, spunto di
riflessione dell’oggi. Il suo progetto artistico si sviluppa secondo due binari: il rapporto col " classico" – volto ad un
approfondimento della consapevolezza di se stessi - e il rapporto con il "contemporaneo" - volto ad una pi„ profonda
comprensione di ci… che ci circonda. L’io e l’altro da cui si genera il noi, il noi di cui • fatto un gruppo.
Federico Garcia Lorca • il massimo poeta di lingua spagnola e uno dei principali rappresentanti del teatro moderno.
La sua opera e la sua vita sono intrise sia di vicende brillanti come l’incontro e le relazioni artistiche con le maggiori
avanguardie degli anni venti e trenta, rappresentate da Luis Bu†uel e Salvador Dal‡, sia di esperienze personali accettate
dolorosamente, come l’omosessualit‚, per la quale, oltre che la sua fede repubblicana, verr‚ fucilato nel 1936 dai
falangisti seguaci di Francisco Franco. Nonostante ci… la sua poesia e il suo teatro hanno resistito alla dittatura
diffondendosi in tutta Europa, varcando i confini del tempo sino ai giorni nostri per la sua straordinaria attualit‚ poichˆ
tratta dell’uomo e delle sue passioni elementari in una forte compenetrazione tra sogno e realt‚.
Nozze di Sangue ne • un esempio per vari motivi, tra tutti quello di proporsi come una tragedia corale, intensamente
vissuta non solo dai protagonisti, ma anche dalle molte figure "minori" che, proprio come nel coro della tragedia
classica, fungono da commento, o da narratori di quello che non si vede in scena nˆ si pu… spiegare razionalmente, ma
di cui si pu… soltanto cogliere la fatale necessit‚. Una tragedia in cui emozioni, sentimenti e passioni sono protagonisti
assoluti. Gli uomini e le donne perdono la capacit‚ di controllare il proprio cuore, che diventa motore di un dramma che
• nell’aria fin dalle prime battute.
“Si tratt• di avvenimenti, immagini, suoni il cui senso si form• allora, ma che non
furono percepiti n‚ definiti per mezzo delle parole;stanno al di lƒ delle parole, e
sono pi„ profondi e ambigui delle parole”
Elias Canetti
Un giorno Pilar, socia dell’A.T.I.R e attrice, spagnola di origine, mi regala un libro: Nozze di sangue di Federico Garcia
Lorca.
Io lo leggo e lo trovo davvero magnifico. Decido allora di farne una lettura scenica - un po’ pi„ di una lettura, un po’
meno di una mise en space - che riscuote un notevole plauso del pubblico. Nozze di sangue. Magnifico, s‡. Epico.
Come piace a me, che amo i classici e amo l’epos. Insomma il testo mi piace moltissimo, la lettura • andata benissimo,
ho anche gli attori giusti, cosa manca per fare il passo di metterlo in scena fino in fondo, insomma di produrlo e via?
Manca l’elemento che fa la differenza e che solo pu… rendere l’ennesima messa in scena di Nozze di sangue la mia
messa in scena di Nozze di sangue, manca quel dettaglio fondamentale da cui io possa partire per trovare le urgenze
giuste, il senso di un’operazione culturale che come tale, almeno per me, deve essere pi„ ampia della semplice messa in
scena.
Nozze di sangue • intenso, • scritto benissimo, riesce ad emozionarti, ti cattura con il suo “realismo magico” cos‡
fortemente teatrale, • una tragedia classica a tutti gli effetti, anche se • stato scritto nel secolo scorso. Ma, a mio avviso,
gli manca il dettaglio fondamentale, o meglio, manca a noi italiani che lo traduciamo dallo spagnolo: la lingua. Ogni
momento che sentivo i miei attori pronunciare quelle parole provavo imbarazzo. La lingua, uno scoglio col quale ti
scontri, prima o poi, nel teatro di prosa. Se ami la parola, ed il suo forte valore fonetico e non solo semantico, se credi
che dentro le parole ci siano azioni e pensieri e passioni, allora non puoi esimerti dall’ affrontare il problema “quale
lingua”. Passa poco pi„ di un anno. Vado a fare un laboratorio per attori in Sardegna, invitata da un piccolo gruppo di
Cagliari. E ecco l’”illuminazione”: un’attrice attacca a recitare in sardo. In quel momento io non vedo pi„ l’attrice, nˆ
tanto meno il testo che lei sta recitando, vedo Nozze di sangue. S‡, la rivelazione • la lingua sarda. La lingua sarda •
forse il solo corrispettivo alla lingua di Lorca. Riscrivere in lingua sarda Nozze di sangue, questa • forse la via. Ma •
solo un intuizione, occorre verificarla e approfondirla, percorro la Sardegna, l’Ogliastra sembra proprio il set di Nozze
di Sangue (...) leggo Marcello Fois.
L’incontro con Marcello • l’ultimo tassello artistico che mi mancava: amo la scrittura di Fois, uno scrittore che, alla
maniera di Camilleri, scrive in lingua ma sa farsi capire da tutti, e che, a differenza di Camilleri, plasma la sua lingua ai
toni dell’epos, e del realismo magico, insomma una scrittura perfetta per Lorca e per l’operazione di traduzione che
avevo in mente. Non a caso Marcello • sardo e viene proprio dall’Ogliastra. (...)
Quindi l’incontro col Teatro Stabile di Sardegna. E anche l‡ una sorpresa: a gestire il Teatro di Sardegna c’• una
cooperativa, un gruppo! Un gruppo non diverso dall’a.t.i.r, fatta eccezione per l’et‚ e le naturali differenza economiche,
ma pur sempre un gruppo! Insomma, pur con tutte le dovute differenze, potrebbero essere noi atir in un tempo a venire
(...).
Il progetto Nozze di sangue assumeva, dunque, sempre un pi„ ampio respiro. Avevo per… ancora bisogno di incontrare
gli attori,che per altro sono i soci del teatro,gli attori,i costruttori della fortuna di un teatro,il valore aggiunto, la vera
differenza per la riuscita di qualsiasi spettacolo di prosa ma oserei dire dal vivo. Cos‡ abbiamo organizzato un
laboratorio finalizzato all’incontro tra me e loro,per verificare sul campo l’attendibilit‚ delle mie ipotesi e soprattutto se
ci piacevamo a vicenda e se ci appassionavamo tutti alla materia.
L’incontro ha funzionato,e ha ribadito la forza del progetto, dandomi la possibilit‚ di definirlo ulteriormente.
I ruoli “ anziani” spetteranno a loro, i ruoli “ giovani” agli attori atir, facendogli imparare, esattamente come si impara
una qualsiasi lingua o meglio un copione in lingua ( che • naturalmente cosa meno ambiziosa di una lingua) il testo
ritradotto e rivisto da Marcello. (...)
Ecco dunque la storia di questa coproduzione e della collaborazione artistica in atto tra il Teatro Stabile di Sardegna e
Atir.
Serena Sinigaglia
CTB TEATRO STABILE DI BRESCIA - LE BELLE BANDIERE
LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
progetto di Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia di Elena Bucci
con Elena Bucci (Mirandolina), Marco Sgrosso (Il Cavaliere di Ripafratta) Daniela Alfonso (Dejanira),
Maurizio Cardillo (Il Conte d'Albafiorita), Gaetano Colella (Il Marchese di Forlipopoli), Nicoletta
Fabbri (Ortensia), Roberto Marinelli (Fabrizio)
L’enorme fortuna di questo testo, studiato nelle scuole e messo in scena da moltissime compagnie, rischia di rendere
muti. Possiamo per… raccontare di quanto ci siamo divertiti a metterlo in scena, ritrovando le radici della pi„ lucida
commedia all’italiana del ‘900, spiando, attraverso un Goldoni che di certo ne • stato un avido testimone oculare, i
segreti dei comici dell’Arte, dei quali sappiamo poco o nulla. Abbiamo provato ad uscire dalla strada comoda della
corretta dizione italiana per avventurarci nelle consapevoli sporcature del dialetto, che hanno immediatamente reso pi„
concrete le battute e pi„ vive le situazioni. Di certo, quando scriveva Goldoni, l’italiano era ancora pi„ colorato di ora.
La scenografia • in gran parte evocata dalle luci di Maurizio Viani, che trasformano un mutevole ma semplice tavolo in
una locanda, in una stireria, in una sala d’attesa del crollo di un mondo e del suo modo di vivere, in un vento forte che
distrugge e ridimensiona i sogni di libert‚ e felicit‚ di tutti i personaggi. L’uso delle ombre invece, senza osare
avvicinarsi ai maestri di quest’arte, • per noi nostalgia, mistero, medianica vicinanza con un mondo lontano del quale ci
restano immagini, documenti, dipinti, opere, ma che non possiamo pi„ sentire nella sua complessit‚. Il suono
accompagna lo scorrere delle battute e le pause dei cambi scena come fosse anch’esso scenografia, evocando ambienti
opposti a quelli che vediamo, amplificando le stanze e moltiplicando gli attori. Ci suggerisce lo scricchiol‡o di una
grande nave alla deriva, che forse • anche il nostro mondo d’Occidente. Le ombre e i suoni denunciano la nostra
temporale distanza e la nostra umana vicinanza. Ancora oggi, un’energica rilettura di questo testo ce ne fa comprendere
la fortuna e la perplessit‚ del pubblico che lo vide in scena la prima volta. Il suo meccanismo perfetto, che muove a
tratti la commozione pur facendola brillare tra le risate, non d‚ alcuna soluzione, ma pone continue domande. Perch•
una donna non pu… realizzare il suo desiderio di autonomia fondandosi sulla sua capacit‚ lavorativa e sull’indipendenza
dei sentimenti? Sono proprio tanto diverse le donne dagli uomini, sar‚ sempre guerra tra loro? Quanto ancora durer‚
l’illusione di una felicit‚ costruita sulla ricchezza e sul benessere? Cosa significa accogliere davvero i viaggiatori del
mondo? Svelare le illusioni d’amore ci rende pi„ forti e felici o ci consegna ad un’inestinguibile nostalgia? E quanto ci
protegge dal dolore? Quanto osservare con spietata ironia i limiti nostri ed altrui ci aiuta a perdonare e ad accettare?
Quanto abbiamo perduto sacrificando una visione del mondo al femminile a favore di una visione del mondo al
maschile? Con intelligenza, civetteria e determinazione, Mirandolina intesse una sottile trama di gesti che confortano
grandi paure attraverso la soddisfazione di semplici bisogni quotidiani, nell’illusione di poter ricreare un ordine del
mondo a partire dal luogo da lei animato e abitato. Il suo servire ha la dignit‚ e l’incedere di una regina senza titoli,
tranne quello che le derive dalla coscienza della sua capacit‚ imprenditoriale e dallo sguardo attento e libero su quanto
la circonda. E l’ostinata, lucidissima, quasi tenera misoginia del Cavaliere • destinata a sgretolarsi per celebrare il
trionfo di un’affascinante donna d’affari la cui grazia • freddo mestiere e che non riesce a salvare il suo sogno di libert‚
dalle necessit‚ della reputazione e dell’interesse. Si respira la smisurata solitudine di personaggi in bal‡a delle proprie
ossessioni, non soltanto quella volontaria e misantropa del Cavaliere, ma anche quelle del Marchese e del Conte, amicinemici-rivali pronti ad improvvisi e fatui cambi di alleanze, o quella attonita di Fabrizio, la cui cieca abnegazione alla
padrona avr‚ per premio un matrimonio senza amore. Con le comiche Deianira ed Ortensia poi - scivolate per ingenuit‚
o disgrazia ad interpretare una femminilit‚ schiava ed interessata - irrompe nell’intreccio l’ombra fascinosa del grande
teatro guitto che Goldoni volle combattere, il teatro delle maschere e dello strapotere degli attori, delle finzioni
esagerate e della miseria. Da una parte vediamo il mondo sicuro del benessere, dall’altro quello rischioso dell’avventura
fuori dai canoni, ma entrambi stanno facendo lo stesso viaggio, su una grande nave che scricchiola e sempre pi„ sbanda,
sia essa la storia o la vita. Nonostante la sua fama di ‘riformatore’ del teatro, nonostante i suoi inviti a guardarci dalle
lusinghe d’amore, il signor Goldoni, volente o nolente, ci consegna un’opera dalla quale traspaiono insieme tutte le
umane complesse debolezze e la disperata e anarchica vitalit‚ del mondo della commedia dell’arte, e lo sguardo
dell’autore, che pare condannarle o giudicarle, invece le abbraccia quasi silenzioso, con una lacrima di incanto che non
vuole scendere n• asciugarsi.
IL BUGIARDO
di Carlo Goldoni
con Marcello Bartoli, Dario Cantarelli, Roberto Petruzzelli
regia Paolo Valerio
Il Bugiardo appartiene alla stagione capitale della carriera teatrale di Carlo Goldoni,
quella, nell'anno comico 1750-51, delle cosiddette 'sedici commedie nuove' con cui egli scrivendo il doppio dei testi rispetto al numero fissato dal suo contratto - cerca di imporre
il suo nome e la sua opera sul repertorio di compagnia. In realt€ si tratta di una 'commedia
nuova' fino a un certo punto, e questa • la ragione del fascino teatrale che essa emana, del
suo prolungato successo nell'Ottocento e del Novecento. Capolavoro della tradizione e
novit€ sono concepiti come perfetti meccanismi teatrali, e in quanto tali teatralmente
efficaci per la loro stessa 'falsit€' e ambiguit€. Commedia della propagazione del disegno
della menzogna e del plagio - a carico dell'ambiguo Lelio, eroe necessariamente negativo
che rappresenta lo stesso teatro - Il Bugiardo • molte cose insieme. Anzitutto una trama
che Goldoni 'plagia', o di cui si impossessa a sua volta, da due grandi drammaturghi
dell'et€ barocca, Juan Ru‚z de Alarcƒn e Pierre Corneille, spostandola perƒ sul piano del
teatro italiano e della tradizione della commedia dell'arte. Privandola dell'ambiguit€
metafisica - quella che si imprime nel titolo dello spagnolo: 'La verit€ sospetta' -ma
proiettandovi dentro, anche se completamente deformata, un po' della storia della sua
giovinezza, sospesa tra la vita scapestrata ai limiti della societ€ messa in carico a Lelio e al
triste, appartato, ruolo dello spento Florindo. Due personaggi che sono - come il barone
dimezzato di Italo Calvino - in realt€ due facce della stessa medaglia, ovvero della storia di
uomo e di autore che Goldoni raccontata per l'intera sua vita, nelle commedie e
nell'autobiografia. E se a Florindo egli presta tratti di una vita onorata, fatta di assenza e di
'atti mancati, Lelio incarna - a dispetto di ogni disegno di 'riforma' - l'irriducibile alterit€
del teatro, come macchina di menzogna e di devianza, che si puƒ anche chiamare
dopotutto 'spiritosa invenzione'. La produzione del Teatro Stabile di Verona in
collaborazione con I Fratellini vede in scena con Bartoli e Cantarelli anche Roberto
Petruzzelli, le musiche di Antonio Di Pofi e i costumi di Chiara de Fant.
CENTRO MEDITERRANEO DELLE ARTI
Edipo Re
da Sofocle e Pasolini
di Ulderico Pesce
con la collaborazione di
Maria Letizia Gorga
con
Maria Letizia Gorga Maximilian Nisi Ulderico Pesce
rielaborazioni e direzione musicale a cura di
Stefano de Meo e Pasquale Laino
tastiere Stefano De Meo
fiati Pasquale Laino
regia
Ulderico Pesce
con la consulenza artistica di
Anatolij Vasil’ev
Musiche tradizionali dei popoli Arberesh stanziati in Basilicata e Calabria,
canti Grecanici del salento e della tradizione pastorale lucana
LA STORIA NARRATA
Giocasta e Laio generano un bambino nonostante l’oracolo di Delfi gli abbia detto: “Se avrete un
figlio, uccider‚ il padre e far‚ l’amore con la madre”. Impauriti prendono il nuovo nato, gli legano i
piedini ad un bastone, come se fosse un capretto, e lo consegnano ad un pastore fedele che dovr‚
ucciderlo sulla montagna. I piedini del bambino sono molto gonfi per via delle strette della corda
ecco perchˆ il pastore, per piet‚, non lo uccide, e lo chiama Edipo, che in greco antico significa
“piedi gonfi”. Edipo gioca con gli antichi campanacci delle vacche che il pastore usa per la
transumanza, cresce e diventa grande. Ad un incrocio, senza saperlo, ammazzer‚ suo padre, in
seguito, si accoppier‚ con sua madre.
IL NOSTRO EDIPO
Un testo scritto da Sofocle, reinterpretando il mito, nel 425 a.C., come pu… essere messo in scena
oggi cercando di non tradirlo ma di renderlo, nello stesso tempo, comprensibile ad uno spettatore
moderno? Come sottrarsi dal desiderio di contaminare il testo fonte di Sofocle con la rilettura
cinematografica di Pasolini? E ancora, come fare a non lasciarsi influenzare dagli studi di
antropologia, legati al tema, portati avanti da Ernesto De Martino e altri studiosi? Per la rilettura del
testo e la messinscena di Edipo Re siamo partiti da questi interrogativi.
LA MORTE DI LAIO: IL RE GIUSTO
L’Edipo di Sofocle ha inizio con la pestilenza che affligge la citt‚. Laio, il re giusto, • morto da
tempo, sembra che la memoria di questo re sia in parte svanita. Solo il ritorno di Creonte
dall’oracolo di Delfi, dove • stato mandato proprio da Edipo per sapere cosa fare per stroncare i
mali che hanno invaso Tebe, riporta l’attenzione su Laio, il re giusto, e infatti il messaggio
dell’oracolo • chiaro: “Per sconfiggere la morte che sconvolge Tebe si deve trovare l’assassino di
Laio.” Nella nostra messa inscena, la morte di Laio, il re giusto, acquista una posizione centrale
tanto da iniziare con una sorta di “funerale” in suo ricordo. E’dalla morte di Laio che inizia il male,
dalla sua uccisione avvenuta proprio per mano di Edipo. Con la morte del re Laio viene sconvolto
un ordine cosmico dove l’armonia tra uomo, natura e Dio era totale, • questo sconvolgimento,
provocato inconsapevolmente da Edipo, che porta la tragedia. La bara del re Laio nel nostro
spettacolo star‚ sempre in scena e diventer‚ il letto dove Giocasta si accoppier‚ con Edipo, senza
sapere che • proprio lei che lo ha generato, la stessa bara rappresenter‚ il luogo dove il pastore
riveler‚ ad Edipo la sua vera identit‚ e quindi il suo passato. La bara diventa il simbolo di un
passato e di un’identit‚ del quale l’uomo moderno non pu… fare a meno di recuperare. Pi„ Edipo
dir‚ di voler vivere nel presente dimenticando il passato e pi„ si avviciner‚ tragicamente ad esso.
Sulla bara del padre, Edipo, riconquister‚ il suo “essere primo”, la sua identit‚, solo allora potr‚
ripartire un modello di vita comunitaria infranto da Edipo che vedeva in stretto contatto l’uomo,
l’ambiente, il paesaggio, la spiritualit‚, le leggi della vita “comunitaria”, lo Stato come forma di
“vita in Comune” e la storia. Si potr‚ obiettare che anche Laio ha la colpa di aver generato un figlio
nonostante l’oracolo gli avesse predetto, e non vietato, che se avesse generato un figlio sarebbe
morto per mano sua. Ma l’errore di Laio • un “dolce smarrimento provocato dall’amore per
Giocasta” senza il quale errore non pu… partire il racconto. Nella struttura narrativa sofoclea
l’uccisione di Laio passa quasi in secondo piano rispetto all’incesto. Nella nostra messa in scena
invece, riacquista importanza e centralit‚ rappresentando la fine di un “mondo armonico”. Con Laio
non solo muore un re giusto che riesce a governare in sintonia con la natura e il mondo degli Dei,
ma muore “l’et‚ dell’oro”, un’et‚ arcaica, di tipo contadina e pastorale che viene sconfitta e
distrutta dal mondo razionalistico, “tecnologico” e moderno di Edipo. Per dirla con le parole di
Pasolini: “viene messo in crisi quel mondo contadino preindustriale dove i sentimenti umani si
realizzavano con maggiore compiutezza rispetto ad oggi.”
Fattore K. e Gloriababbi Teatro
PRENDITI CURA DI ME
di Giampiero Rappa
con Gisella Szaniszlo', Valentina Chico, Andrea Di Casa,
Filippo Dini (nel ruolo di Franco Maggi),
Sergio Grossini, Ilaria Pardini, Mauro Pescio, Giampiero Rappa
regia Giampiero Rappa
Franco Maggi, giovane e gi€ noto cardiochirurgo, diventa Assessore alla Salute con l’intento di ripulire il
sistema sanitario sempre pi… corrotto dalle forze politiche. Franco dopo poco tempo scopre che il suo partito
politico in realt€ non ha lo stesso obiettivo; nasce cos‚ una sfida che mette a dura prova la sua stabilit€
emotiva. Con il padre in fin di vita, gli amici colleghi che lo tradiscono, la moglie che sembra non amarlo pi…,
e dopo un intervento chirurgico mal riuscito che rischia di rovinare la sua immagine, commette il suo primo
atto illegale per ricevere in cambio protezione dal partito e poter continuare a conservare il potere. Gli
incontri con una giovane giornalista molto determinata e una paziente minorenne, permetteranno a Franco
di recuperare la dignit€ perduta e di ritrovare s† stesso.
Note dell’autore
Franco Maggi, sulla soglia dei quarant’anni, • apparentemente un uomo forte, ambizioso, perfezionista.
Amato dai suoi pazienti, dotato di un alto senso morale e di una disponibilit€ estrema verso gli altri, •
completamente dipendente da suo padre, dai suoi amici colleghi e da una moglie bellissima e fragile.
Totalmente identificato nel suo ruolo di medico, una professione che forse ha scelto non tanto per passione
ma per imitare il padre, famoso primario cardiochirurgo, si ritrova a combattere con i problemi che gli
provengono dalla scelta di intraprendere anche la carriera politica.
Il desiderio conscio di Franco • quello di voler pulire il mondo che lo circonda, di renderlo perfetto, di
smascherare le falsit€ e la corruzione.
Il desiderio inconscio di Franco, invece, • quello di distruggere il suo falso s†, di ritrovare la propria
autenticit€, di ritornare a sentire emozioni e sentimenti che la societ€ borghese, da cui si sentiva protetto, ora
lo ha portato ad essere un uomo del tutto inerte di fronte alle emozioni.
Lui per primo sente di aver deluso le proprie aspettative e di non avere una struttura idonea per sopportare
tutte le nuove avversit€ che un ruolo di potere puƒ portare. Franco • come un capocomico stanco, che non
vuole pi… interpretare il suo personaggio; cambia ogni sera le battute di una recita, mettendo in difficolt€ gli
attori che recitano con lui. Nell’ultimo atto, finalmente solo con s† stesso e il pubblico, potr€ togliersi un
costume che non gli appartiene, mettersi a nudo e immaginare una nuova vita. Prenditi cura di me. Questo
vorrebbe dire il protagonista ogni qual volta incontra qualcuno.
I nostri rancori derivano dal fatto che, rimasti al di sotto di noi stessi, non siamo stati in grado di raggiungere
la meta. Questo non lo perdoniamo mai agli altri. L’importante non • ciƒ che diventeremo - poeti, medici o
astronauti - ma se riusciremo a essere pienamente noi stessi. Ed essere pienamente se stessi implica il
coraggio di porsi continuamente in discussione.
Giampiero Rappa con il testo Prenditi cura di me • stato proclamato vincitore del Premio Enrico Maria
Salerno per la Drammaturgia Europea - XIII Edizione - Anno 2007