Dipartimento di Anestesiologia e Rianimazione Referente Unico Dipartimento Anestesia e Rianimazione Dott. Biagio Di Girolamo PROTOCOLLO PER IL TRATTAMENTO DEL DOLORE ACUTO POST-OPERATORIO IN NEUROCHIRURGIA Dott. Mauro MARTIN Dott. Gustavo CAVALIERE INTRODUZIONE L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) definisce il dolore come una esperienza sgradevole sensoriale ed emotiva, associata ad un effettivo o potenziale danno tissutale o comunque descritta come tale. Nel corso degli anni l’attenzione al problema del dolore è stata sempre maggiore, si è registrata una maggiore disponibilità di linee guida (OMS, ESMO, SIAARTI), nonché di farmaci per il controllo del dolore e di provvedimenti normativi atti a promuovere l’impiego di analgesici oppiacei nella terapia del dolore. Nonostante queste iniziative, in ospedale una frazione consistente della popolazione continua ad avere dolore; stime di prevalenza presenti in letteratura mostrano che tra il 48% e il 63% dei pazienti ospedalizzati riferisce dolore, con picchi dell’80%. Una prevalenza così elevata è attribuibile a diversi fattori quali la complessità del fenomeno, l’eterogeneità della popolazione e il sotto utilizzo delle terapie analgesiche. Nonostante il consumo di morfina e più in generale di oppioidi sia considerato un indicatore di qualità del controllo del dolore, alcuni studi europei, ed anche i dati dell’Osservatorio Italiano (OsMed) degli ultimi anni, mostrano che in molti Paesi, tra cui l’Italia, il loro utilizzo sebbene aumentato, è ancora inadeguato rispetto alle reali esigenze terapeutiche dei pazienti (8). L’incidenza, l’intensità e la durata del dolore avvertito dai pazienti dopo interventi di neurochirurgia non si conosce con esattezza in quanto non esistono ricerche che permettano una valutazione dei fattori che influenzano tale tipo di dolore. Tuttavia in letteratura esistono dei lavori riguardanti la quantità totale di antidolorifici somministrati, il numero delle dosi e l’intervallo delle stesse o che mettano in relazione l’entità del dolore con la personalità dei pazienti. Da queste informazioni è possibile dire che il dolore postoperatorio si modifica in relazione a tali variabili alle quali è necessario aggiungere l’ospedale. La finalità del protocollo è quella di fornire uno strumento operativo utile alla valutazione, misurazione e gestione del dolore che deve essere utilizzato per tutti i pazienti. Pagina 1 di 8 Come le altre discipline chirurgiche, gli elementi scatenanti che influenzano il dolore postoperatorio in neurochirurgia sono la sede, la natura dell’intervento, il tipo di incisione chirurgica, l’entità del trauma operatorio, la costituzione del soggetto, la sua personalità, l’insorgenza di complicanze legate all’intervento stesso e per ultimo il trattamento analgesico effettuato prima, durante e dopo l’intervento stesso. Anche l’intubazione tracheale traumatica può contribuire al disagio postoperatorio, da uno trascurare, poi, la qualità dell’assistenza postoperatoria. Il dolore si presenta con maggior frequenza ed intensità dopo interventi di chirurgia che riguardano la colonna e le sue articolazioni come la laminectomia vertebrale e la stabilizzazione. L’intensità è aumentata dai movimenti che provocano una tensione della ferita, come ampi movimenti del corpo. Accessi di dolore acuto sono provocati anche da spasimi muscolari riflessi che interessano la parte inferiore della schiena, le natiche e la parte prossimale delle cosce e dai movimenti conseguenti. Al contrario gli interventi effettuati sul cranio sono seguiti da dolore acuto nel 5-15% dei casi, da dolore moderato nel 30-50% dei casi, mentre più del 50% non manifesta alcun dolore oppure è così lieve da non dover essere trattato. La situazione cambia nell’eventualità che vengano eseguiti sul cranio estesi interventi di chirurgia plastica con impianto cutaneo per decubiti estesi o ustioni. Un parametro importante è l’ansia pre e postoperatoria. Molti pazienti che non hanno ricevuto idonee informazioni su ciò che li attende, o che sono comunque impreparati, presentano ansietà, apprensione o paura per l’imminente anestesia e il successivo intervento, sensazioni che, trasportate nel postoperatorio, causano ansia ed eccitazione. Lo stesso ricovero è di per se fonte di ansia e di stress in correlazione con il dolore postoperatorio che può essere esacerbato e la soglia del dolore può abbassarsi. Ansia ed emozioni indotte a livello corticale, possono aumentare la viscosità ematica, i processi coagulativi, l’aggregazione piastrinica e la fibrinolisi. Per questo il paziente ha il diritto di essere informato sulla terapia del dolore postoperatoria e l’anestesista ha il dovere di fornire tali informazioni. Il consenso al trattamento antalgico è implicito in tale informazione (2). Le moderne tecniche di anestesia generale, permettono di prevenire le stimolazioni corticale e le risposte del sistema simpatico, neuroendocrino e biochimico indotte dagli stimoli nocicettivi causati dalla ferita chirurgica. Esse sono ridotte solo se utilizzate concentrazioni elevate di anestetici per inalazione ma prevalentemente per via endovenosa (oppioidi) il dolore postoperatorio deve per questo essere nella massima parte prevenuto. In quest’ottica è di grande efficacia l’anestesia eseguita dal chirurgo, negli interventi di chirurgia spinale, in sala operatoria, in prechiusura con l’infiltrazione dei tessuti della parete con anestetici locali (3). Al termine dell’anestesia, infatti, persistendo la ferita chirurgica, permane la liberazione delle sostane algogene. L’intensità scarica nocicettiva generata da esse sensibilizza i neuroni, riducendone la soglia e aumentandone notevolmente la loro eccitabilità. Questa condizione può persistere per giorni dopo l’intervento e può essere causa di dolori, anche molto forti. Nei pazienti vi è una grande differenza per quanto riguarda il fabbisogno della dose e la risposta clinica agli analgesici. Essi devono essere usati in modo da non interferire con la immediata valutazione neurologica delle complicanze neurochirurgiche. La morfina e gli altri narcotici analgesici restano i farmaci più utilizzati per il trattamento del dolore postoperatorio in neurochirurgia anche se da utilizzare con particolare attenzione nei pazienti con lesioni cerebrali, il loro successo sta nella facile reperibilità, nella facilità d’uso e nel basso costo. Se somministrati correttamente forniscono un efficace sollievo dal dolore. Purtroppo q2uesto non sempre avviene e quindi i pazienti non ne traggono dei validi benefici. Pagina 2 di 8 La somministrazione routinaria che non considera l’intensità del dolore e dei fenomeni associati, la somministrazione al bisogno senza valutare precedentemente l’efficacia del dosaggio iniziale, l’aspetto emozionale e l’età del paziente sono solo alcune delle spiegazioni. La morfina esercita tutti gli effetti tipici dei farmaci oppiacei: analgesia, depressione respiratoria, nausea, vomito modulazione endocrina, antitosse, rallentamento del transito intestinale, effetti sul sistema immunitario. Tali effetti non sono clinicamente significativi se vengano somministrate le dosi corrette del farmaco. Anzi il sollievo dal dolore permette di inspirare più profondamente, di tossire in maniera corretta, di deambulare e permetterei eseguire la terapia fisica. La sua durata di azione è di circa 4 ore. Il tramadolo è un farmaco che può essere considerato un derivato della codeina che è circa dieci volte meno potente della morfina. Questo farmaco ha alcune caratteristiche particolari. Infatti, è un serotonina e noradrenalina come i classici antidepressivi triciclici. Il tramadolo ha di base un effetto analgesico comparabile a quello della codeina, ma accompagnato da effetti riconducibili a quelli degli antidepressivi triciclici, con il potenziamento delle vie serotononergica e noradrenergica. Questo particolare meccanismo di azione potrebbe essere alla base di alcune sue caratteristiche, come la minore tendenza alla depressione respiratoria, la stimolazione del sistema immunitario e la scarsa tendenza alla tolleranza. E’, però, controindicato in pazienti con anamnesi positiva per epilessia o che assumono farmaci che abbassano la soglia di insorgenza delle convulsioni (antidepressivi, antipsicotici, inibitori della MAO) può produrre nei pazienti stati di confusione mentale ed allucinazioni. Richiede, inoltre, cautela nella somministrazione in quanto all’inizio può determinare una maggiore incidenza di effetti collaterali (nausea, vomito, senso di ripienezza) di tale entità da indurre in alcuni casi al rifiuto del paziente al trattamento, tali effetti collaterali sono solo in parte attenutati dall’uso contemporaneo di antiemetici e dall’incremento molto graduale della posologia. E’ nota l’efficacia dei farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) nel ridurre il dolore postoperatorio, questo non sorprende, in quanto, esso è in gran parte il risultato della liberazione di sostanze algogene, la cui sintesi è ridotta dai FANS. Il meccanismo coinvolge principalmente l’inibizione della ciclo ossigenasi e quindi la generazione di prostaglandine. Il farmaco più comunemente usato è il Ketorolac Trometamina (TORADOL). E’ però controindicato nei sanguinamenti cerebrovascolari pregressi, in atto o sospetti, nell’insufficienza renale con creatininemia > 1,8, nei pazienti con disordini della coagulazione o che assumono terapia anticoagulante o antiaggregante piastrinica. Nei pazienti che hanno subito interventi chirurgici ad alto rischio emorragico o con emostasi incompleta inibisce la funzione piastrinica e prolunga il tempo di sanguinamento, pertanto è controindicato l’uso nella profilassi analgesica chirurgica e durante gli interventi chirurgici perché aumenta il rischio di sanguinamento. Nell’esperienza successiva alla commercializzazione di tale farmaco, sono stati riportati ematomi postoperatori ed altri segni di sanguinamento delle ferite in associazione all’uso peri-operatorio della soluzione iniettabile. La casa produttrice, inoltre, consiglia ai Medici di considerare il potenziale rischio di sanguinamento quando l’emostasi è critica. L’uso contemporaneo con i corticosteroidi, di largo impiego in neurochirurgia, aumenta, poi, il rischio di ulcerazioni gastrointestinali o sanguinamenti. Dal momento che anche i lievi sanguinamenti del sito chirurgico, in questa specialità, possono esitare in un danno alle strutture nervose con carattere permanente ed originare contenziosi sulla causa del sanguinamento stesso, il loro uso è da evitare. Il Paracetamolo, pur bloccando come i FANS la sintesi di prostaglandine, non è attivo in periferia ma solo centralmente. Sono state avanzate due teorie per spiegare questo effetto. Una sostiene che nei tessuti infiammati il farmaco può essere facilmente ossidato e inattivato, la seconda invece attribuisce una maggiore affinità del paracetamolo per la cicloossigenasi cerebrale. Pagina 3 di 8 E’ un analgesico con un discreto effetto ma non antiinfiammatorio. Seppure non abbia gli effetti collaterali classici dei FANS il paracetamolo è ben noto per la sua epatotossicità ed è quindi controindicato in caso di grande insufficienza epatica. L’epatotossicità, però dipendente dall’uso che si fa di questo farmaco e soprattutto delle dosi, della durata del trattamento, dei soggetti a cui viene somministrato e delle associazioni in cui viene usato, va posta cautela nei pazienti a lungo digiuni, in quelli che assumono contemporaneamente isoniazide, zidovudina o un barbiturico oppure in quelli che consumano elevate quantità di alcool. La prescrizioni di analgesici “al bisogno” non consente una copertura antalgica continuativa, anche per i ritardi con cui spesso vengono somministrati i farmaci, per cui di norma tale metodica si rileva inadeguata. Per tale ragione gli analgesici devono essere somministrati secondo uno schema temporale definito ed il trattamento deve essere continuo. La somministrazione intramuscolare è sconsigliata in quanto il tempo di latenza, la durata e l’entità dell’analgesia sono estremamente variabili e dipendenti anche da particolarità anatomiche e quindi di assorbimento. Per eliminare tale variabilità e ottenere un effetto più regolare, i narcotici possono essere somministrati per vena. Il rapido inizio di azione produce un immediato sollievo dal dolore diminuendone le sue componenti. E’ più facile la titolazione del farmaco venendo meglio incontro alle esigenze dei pazienti ed il rapido decremento della concentrazione ematica limita il periodo durante il quale possono verificarsi delle complicanze. Per tale motivo il paziente andrebbe controllato nei 15-20 minuti dopo la somministrazione al fine di valutarne gli effetti benefici e non desiderati. Dopo avere osservato il paziente è possibile procedere alla somministrazione continua scegliendo la durata dell’analgesia. I nuovi sistemi di infusione mediante elastomero hanno reso ancora più semplice, costante e sciura la somministrazione dei farmaci in infusione continua per 24h. Scopo della procedura Il protocollo si propone di: • Ridurre l’incidenza e la gravità del dolore postoperatorio • Migliorare il benessere e la soddisfazione del paziente • Contribuire a ridurre le complicanze postoperatorie e , in qualche caso, ad abbreviare degenza ospedaliera dopo interventi chirurgici Operatori coinvolti Le attività devono essere condivise tra anestesisti, chirurghi ed infermieri. I problemi interpersonali di potere, leadership e conflitto possono ostacolare gli sforzi collaborativi. La capacità di analizzare queste situazioni, unitamente alla competenza, sono essenziali per costituire i team e mantenere la loro attenzione sul fine ultimo di alleviare il dolore. Pagina 4 di 8 Intensità del dolore e campo di applicazione DOLORE LIEVE valori < 3 della scala numerica) • Neuroradiologia interventistica • Chirurgia stereotassica • Neurochirurgia cranio-encefalica • Nucleo plastica lombare o cervicale DOLORE MODERATO (valori > 4 e < 6 della scala numerica) • Laminectomia • Discectomia • Neurochirurgia cranio-encefalica DOLORE GRAVE – SEVERO (valori > 7 della scala numerica) • Stabilizzazione colonna vertebrale (patologia spinale degenerativa, traumatica, oncologica, emorragica) Sequenza di azioni Analogamente a quanto indicato nel protocollo di terapia antalgica postoperatoria in urologia, e per uniformare le procedure, la sequenza di azione può essere la seguente: al momento della visita preoperatoria, quindi già in preospedalizzazione, il paziente riceve dall’anestesista e dall’infermiere informazioni sul dolore postoperatorio e gli viene presentata la scheda VAS (scala analogico-visiva). Essa consentirà: • Una lettura oggettiva e confrontabile dei fenomeni assistenziali • Una omogenea valutazione quali-quantitativa dell’assistenza al paziente • Lo scambio di informazioni tra discipline diverse Ha il vantaggio della semplicità, è indipendente dal linguaggio, viene facilmente compreso dalla maggior parte dei pazienti e può essere facilmente ripetuta: NO PAIN EXTREME PAIN Pagina 5 di 8 Modalità di esecuzione: 1. A fine intervento chirurgico, utilizzando la scheda predisposta attualmente su modello cartaceo, l’anestesista segna il livello di dolore misurato con il VAS all’uscita dalla S.O. Nessun paziente dovrebbe essere inviato in reparto con VAS > 4. 2. La terapia analgesica, sempre utilizzando la scheda predisposta attualmente su cartaceo, viene prescritta dall’anestesista in ogni suo dettaglio ed ha valore 24-48 ore a seconda del tipo d’intervento. 3. All’arrivo in reparto l’infermiere rivaluta il paziente continuando l’attività di monitoraggio e cura con tempistica le prescrizioni nella scheda. 4. Il protocollo antalgico prevede indicatori di performance: • • • • Attività erogata (numero pazienti trattati, tipologie di trattamento, farmaci utilizzati e dosaggi relativi) Livello di efficienza (pain relief raggiunto) Livello di sicurezza (frequenza di effetti collaterali e capacità di intervento del team) Gradimento del paziente e del personale 5. Il protocollo antalgico prevede individuazione e trattamento eventi sentinella • Nausea e vomito • Dolore VAS > 4 • Ritenzione urinaria 6. Nel controllo del dolore postoperatorio devono essere coinvolti anestesisti, chirurghi, infermieri di anestesia e di reparto che in riunioni periodiche analizzano i risultati, adeguano i protocolli se necessario, esaminano e gestiscono eventuali criticità o prassi in contrasto con le procedure condivise. Pagina 6 di 8 Il trattamento farmacologico del dolore postoperatorio in neurochirurgia prevede il seguente orientamento (estratto dalle linee guida SIARTI sulla tipologia di intervento e trattamento antalgico): DOLORE LIEVE Se il paziente si alimenta: • Infiltrazione della ferita con A.L.: bupivacaina 0,25% (BUPISEN) o ropivacaina (NAROPINA) 0,5%, 2ml/cm. • Se il paziente si lamenta paracetamolo (TACHIPIRINA) 1gr/6-8 h per os. • Protezione gastrica con omeprazolo (MEPRAL) 20mg 1 cps. Se il paziente non si lamenta: • Paracetamolo (PERFALGAN) 1gr e.v./6-8 h (max 4gr/die) • Protezione gastrica con omeprazolo (MEPRAL) 40mg 1 fl e.v. • Rescue dose: tramadolo (CONTRAMAL) 0,5mg/kg+ 1 fl di tropisetron (NAVOBAN) e.v. in 100ml S.F. in 30 minuti. Se paracetamolo controindicato: • Tramadolo (CONTRAMAL) 0,5-1mg/kg (non superare i 400 mg/die + 1 fl di tropisetron (NOVOBAN) e.v. in 100ml S.F. in 30 minuti. DOLORE MODERATO • • • • • Infiltrazione della ferita con A.L. : bupivacaina 0,25% (BUPISEN) o ropivacaina (NAROPINA) 0,5%, 2ml/cm. MORFINA 0,01-0,05mg/kg/h e.v. + 1 fl di tropisetron (NAVOBAN) + q.b. di S.F. a 50ml in elastomero da 2ml/h/24h. In S.Op. 30 minuti prima della fine dell’intervento paracetamolo (PERFALGAN) 1gr e.v. Protezione gastrica con omeprazolo (MEPRAL) 40mg 1 fl e.v. Rescue dose: paracetamolo (PERFALGAN) 1gr e.v. (max 4gr/die). Se paracetamolo controindicato: • Rescue dose: morfina 0,05-0,15mg/kg bolo e.v. In alternativa: • Tramadolo (CONTRAMAL) 300mg + 1 fl di tropisetron (NAVOBAN) + q.b. di S.F. a 50ml in elastomero da 2ml/h/24h • Rescue dose: paracetamolo (PERFALGANA) 1 gr e.v. (max 4gr/die) Se paracetamolo: • Tramadolo (CONTRAMAL) 0,5-1mg/kg (non superare i 400mg/die totali sommati con elastomero) in 100ml S.F. + 1 fl di tropisetron (NAVOBAN) Pagina 77 di 8 DOLORE GRAVE - SEVERO • Infiltrazione della ferita con A.L.: bupivacaina 0,25% (BUPISEN) o ropivacaina (NAROPINA) 0,5%, 2ml/cm • MORFINA 0,01-0,05mg(kg/h e.v. + 1 fl di tropisetron (NAVOBAN) + q.b. di S.f. a 50ml in elastomero da 2ml/h/24h • Dose carico in S.Op. MORFINA 0,05-0,1mg/kg e.v. • Protezione gastrica con omeprazolo (MEPRAL) 40mg 1 fl e.v. • Rescue dose: paracetamolo (PERFALGAN) 1gr e.v. (max 4gr/die) o morfina 0,05.0,15mg/kg bolo e.v. Se paracetamolo controindicato: • Rescue dose: morfina 0,05-0,15mg/kg bolo e.v. EVENTI SENTINELLA • • • Controllo del livello di analgesia con la tempistica della scheda raccolta dati predisposta Mantenere VAS<4, se si rileva VAS più elevato somministrare la dose aggiuntiva e riverificare dopo 20-30’ il risultato registrando di nuovo il VAS. Se ancora elevato modificare il piano di trattamento del dolore con protocollo farmacologico di grado superiore ed informare l’anestesista reperibile o di turno Nei pazienti in trattamento con morfina con elastomero, se nausea o vomito, somministrare metoclopramide (PLASIL) 10mg o tropisetron (NAVOBAN) 2mg o ondansetrone (ONDANSETRONE) 4mg e.v. lenta (30 secondi) o diluiti in 100ml di S.Fisiol Pagina 8 di 8