HUSSERL E LA FENOMENOLOGIA
Questo testo è il risultato di una serie di lezioni da me tenute durante
l’anno scolastico 2010-2011 nella classe V E del Liceo Pacinotti poi
riassunte dalle mie brave alunne Chiara Leo, Eleonora Murgia e
Monica Pirrone. Il testo è stato gentilmente supervisionato da prof.
Pierluigi Lecis che in questi anni mi ha più volte indirizzato e corretto
sull’argomento e che però non ha alcuna responsabilità circa i suoi
evidenti limiti. Ho quindi provveduto a correggere gli errori che mi
sono stati segnalati ed a tagliare le parti involute che necessitano da
parte mia di maggiore studio per essere portate a maggiore chiarezza.
Naturalmente è solo una bozza ma mi sembra un buon punto di
partenza per l’anno prossimo.
“Scrivi più scuro e leggerai più chiaro” (antico proverbio cinese)
Ettore Martinez
Gli antecedenti della Fenomenologia
BOLZANO
Bolzano fu un matematico ed un filosofo che elaborò la dottrina della proposizione in sé, della
rappresentazione in sé e della verità in sé. Chiariamo per inciso che per Brentano proposizioni e
rappresentazioni sono tipiche entità non reali, prive di esistenza o di potere causale.
La proposizione
in sé è il puro significato logico della proposizione, indipendentemente dall’essere vero o falso,
espresso o non espresso in parole e pensato o non pensato da qualcuno (es.: nel caso di un triangolo
il fatto che sia una figura che ha tre lati è la proposizione in sé, valida anche se non è conosciuta o
esplicitata, platonicamente nel suo essere in sé).
La rappresentazione in sé è l’oggetto della rappresentazione soggettiva, è la materia delle nostre
rappresentazioni soggettive, che possono avvenire o no, è la rappresentazione della realtà (es.: la
rappresentazione di tre sedie esiste a prescindere dall’essere conosciuta o no).
Le verità in sé sono tutte le proposizioni valide sia che vengano pensate o non pensate e ne fanno
parte anche tutte le verità che non sono ancora state scoperte o espresse.
Il piano di Bolzano, chiamato anche piano di inseità, sostiene l’esistenza di una serie di contenuti
che hanno valore in quanto tali (anche a prescindere dall’esser veri o no); l’essere in sé di cui parla
Bolzano indica che questi contenuti sono indipendenti dalle condizioni soggettive del
conoscere,cioè dalla modalità del loro processo conoscitivo, infatti essi prescindono dalla relazione
col soggetto (es.:ci sono diversi modi per imparare che 2+2=4 però questa è una verità in sé e una
proposizione in sé è sempre valida).
BRENTANO
Brentano è un filosofo tedesco, la cui opera più importante è la Psicologia dal punto di vista
empirico (1874), in cui recuperò il concetto medievale degli scolastici di intenzionalità per proporre
una teoria della coscienza, secondo cui i nostri fenomeni psichici consistono nel fatto che quando la
nostra coscienza si rapporta all’oggetto è come se lanciasse un ponte, una linea di contatto verso
l’oggetto, come se attivasse una polarità: in ciò consiste l’intenzionalità, che è il carattere dei nostri
fenomeni mentali. L’atto di intenzionalità è il modo di funzionare del soggetto (visto come
correlazione con l’oggetto attraverso l’intenzionalità), il quale si rapporta all’oggetto, che è
immanente, in modo attivo stabilendo un contatto. Esistono diversi tipi di intenzionalità:
la rappresentazione, il giudizio ed il sentimento:
•
Nella rappresentazione l’oggetto è semplicemente presente;
•
Nel giudizio viene affermato o negato ;
•
Nel sentimento viene amato o odiato;
Gli ultimi due si basano sulla rappresentazione perché per averli bisogna prima rappresentarseli
(es.:nulla può essere amato senza essere rappresentato).
LA FENOMENOLOGIA
Quello hegeliano non è l'unico concetto di fenomenologia. Con fenomenologia, Husserl, intende
l'analisi dei dati di coscienza immediati e la descrizione delle strutture e delle funzioni della
coscienza a prescindere dal loro supporto fisiologico. Il dato di coscienza, di cui Husserl parla, è un
dato intenzionato (recupero del concetto di intenzionalità teorizzato da Brentano) che non coincide
con il supporto neurologico anche se, con l'alterazione di quest'ultimo ne consegue anche quella del
dato. Lo scopo di Husserl è, pertanto, quello di tornare alle modalità originarie con la quale le cose
ci si offrono indipendentemente dalle conoscenze che noi abbiamo di esse. L'indagine che Husserl
conduce, a differenza di quella di Brentano –anch’egli alla ricerca di atti con la quale la mente si
rapporta agli altri oggetti relazionandosi ad essi - ben presto diventa critica dello psicologismo
logico-matematico.
La filosofia di Husserl consiste in quella che lui chiama inizialmente una PSICOLOGIA
DESCRITTIVA: ossia nel descrivere le forme della nostra esperienza senza, però, confondere il
senso di essa con le modalità empiriche della sua realizzazione fisiologica. Tale interesse verso le
forme dell'esperienza deriva dagli empiristi e da Kant.
Husserl, durante la sua vita, non si interessò solo di filosofia ma anche di matematica; tra i suoi
insegnanti non ci fu solo Brentano ma anche il grande matematico Weierstrass la cui teoria delle
funzioni influenzò la sua opera intitolata LA FILOSOFIA DELL'ARTITMETICA.
Nella Filosofia dell'Aritmetica, Husserl, effettua un'analisi degli atti psichici in correlazione con
concetti elementari dell'aritmetica. In tale opera egli introduce il concetto di AGGREGATO inteso
come un concetto aritmetico elementare: la creazione di un aggregato dipende da un'operazione
psicologica detta COLLEGAMENTO COLLETTIVO; con tale collegamento si intende l'interesse
del soggetto a relazionarsi agli elementi eterogenei o omogenei, determinati o indeterminati, che
compongono un aggregato.
La filosofia dell'aritmetica si basa sullo PSICOLOGISMO LOGICO: esso consiste nello spiegare la
logica in chiave psicologica. Per Husserl i principi logici hanno origine da operazioni psicologiche
della nostra coscienza. Secondo tale pensiero Husserl fu accusato di psicologismo dai cosiddetti
logicisti, i quali sostenevano la validità delle verità in sé teorizzate da Bolzano; infatti se Husserl
fonda la logica sulla costituzione psicofisica dell'uomo allora la relativizza e conseguentemente
anche gli stessi principi logici non saranno più assoluti.
Per capire la posizione dei logicisti bisogna sottolineare ciò che disse Frege, il padre della logica,
ovvero: " non è importante conoscere l'origine del mare del nord bensì il suo assetto" (ciò vale
anche per i principi logici).
In realtà, come Raggiunti sostiene, la critica di psicologismo, fatta a Husserl, è valida fino ad un
certo punto in quanto: l'oggetto matematico presenta una struttura necessaria e immutabile che si
ripercuote sul correlativo atto della coscienza unificante, le cui operazioni assumono la medesima
necessità e idealità; pertanto quando la coscienza si rapporta a oggetti logici, l'atto intenzionale
risulta essere diverso rispetto a quello che avviene nel momento in cui la coscienza si rapporta a
oggetti empirici. In ultima analisi l'oggetto empirico è variante mentre quello logico è immutabile.
LE RICERCHE LOGICHE
< se pensiamo due volte alla Legge di Keplero, avremo due diversi vissuti psichici ma la legge
rimane sempre la stessa infatti la legge è in sé >.
Nelle ricerche logiche Husserl afferma la validità di una logica pura indipendente da ogni legame
empirico; si passa quindi da uno psicologismo -empirico, ad uno di tipo trascendentale ossia ad una
forma pura che entra in gioco sempre e comunque, a prescindere dall'esperienza ( recupero di
Kant). Egli svolge, inoltre, una critica nei confronti dello psicologismo, considerato pericoloso in
quanto conduce allo scetticismo: infatti sostiene che gli psicologisti trascurino la differenza tra gli
atti psichici e il contenuto a cui gli atti di espressione si riferiscono. Gli atti psichici sono molteplici
ma si riferiscono tutti al medesimo contenuto, quindi l'errore consiste nell'identificare il dato con il
suo modo di datità. Husserl porta avanti anche una critica contro lo storicismo e contro Dilthey in
quanto quest'ultimo relativizza i valori.
DIBATTITO SUI FONDAMENTI DELLA MATEMATICA
Durante tale dibattito emersero due posizioni differenti gli psicologisti e i logicisti. Husserl sembra
oscillare tra le due posizioni come mostrano le sue due opere citate sopra; egli cerca di andare oltre
il logicismo e lo psicologismo, insistendo sul concetto di correlazione tra soggetto e oggetto ovvero
tra la coscienza e le verità in sé.
RIDUZIONE EIDETICA
La riduzione eidetica, consiste nell'usare l'immaginazione per eliminare tutto ciò che c’è di
contingente nella coscienza fino a trovare le caratteristiche fondanti di essa. Tale riduzione permette
di capire le strutture dell'essere che si presenta attraverso le modalità con le quali lo intenzioniamo (
l'aspetto ontologico è legato a quello fenomenologico) . Husserl introduce anche il concetto di
essenza, ciò che è essenziale è invariante, è a priori ed è , non solo formale, ma, anche materiale.
Un’ altro termine usato è L’epoché ossia un concetto scettico che significa sospensione del giudizio.
Nel 1929 fu invitato all’università di Sorbona per tenere una discussione sulla filosofia di Cartesio.
In quest’occasione disse che la sua fenomenologia si pone come la ripresa della cogito della logica
cartesiana, e successivamente pubblicò le sue idee nell’opera Meditazioni cartesiane; ma nei suoi
ultimi studi ridimensionò l’importanza che precedentemente aveva dato a Cartesio.
Husserl parla della crisi che investì i fondamenti delle scienze durante il suo periodo, ripristinando
il dubbio metodico, utilizzato dagli scettici, per far emergere qualcosa di assolutamente certo. In
questo contesto valorizza Cartesio per aver messo tutto in dubbio e posto al centro il cogito ergo
sum. ma che non si può dubitare di ciò che si percepisce e che bisogna mettere da parte le credenze
che abbiamo sul mondo, concentrandoci solo sul fenomeno allo stato puro. Il fenomeno è l’insieme
di noesi (l’atto di intenzione) e noema ( ciò che è intenzionato, distinto dai contenuti di sensazione)
, il primo è immanente, l’altro non va confuso con l’oggetto che resta sempre trascendente e circa il
quale possiamo avere indefiniti contenuti nomatici.
Per rifondare le scienze e ritrovare il senso della vita bisogna ripartire dai fenomeni, come fecero gli
antichi greci. Per questo motivo H. ritiene che Cartesio avesse sbagliato a non fare un’analisi più
approfondita degli oggetti della coscienza quando si rapportò a tutti gli oggetti dell’esperienza.
H. pensa che gli oggetti dell’esperienza abbiano senso solo grazie alla coscienza, perciò non è un
idealista perché per lui l’essenza entra in gioco solo in riferimento al materiale iletico della
percezione, ed è mossa in ultima analisi dal profondo, dai meccanismi della percezione; per certi
versi H. è vicino all’empirismo . Quindi posso dubitare del mondo in sé ma non del fenomeno , che
è la correlazione tra soggettivo e oggettivo, è immanenza e trascendenza , è noesi e noema.
Attraverso l’intenzionalità della coscienza l’oggetto acquista senso. Vi è una differenza tra i
contenuti di sensazione ( iletici: la materia degli atti, di per sé senza significato) e i vissuti
propriamente intenzionali ( morphé ) che danno forma, significato e oggettivazione ai contenuti
sensoriali; concetto precedentemente affermato da Kant ( nella Dissertazione i contenuti sensoriali
sono la materia) e Brentano, ma espresso da H. in modo più ricco perché non prende in
considerazione solo le forme della conoscenza, ma di ogni atto della coscienza. I contenuti di
sensazione prima li devo rappresentare, poi ci sono diversi livelli di intenzionalità ( influenza di
Brentano); alcuni di questi contenuti però non vengono intenzionati. Non bisogna però enfatizzare il
momento noetico perché non tutto dipende dall’intenzionalità, infatti molto dipende dall’oggetto in
sé che mette dei limiti e che non permette di essere intenzionato in qualsiasi modo. Per H.
l’intenzionalità è l’essere cosciente di qualcosa anche se abbiamo alcuni contenuti intenzionali di
cui non siamo coscienti.
Attraverso l’immaginazione ci si rende conto che l’atto intenzionale avviene attraverso l’intuizione
di determinate idee, ovvero quelle essenze pure che noi intuiamo nel momento in cui
intenzioniamo qualcosa ( atto di coscienza); esse sono incorporate nell’atto empirico che
comprende anche il momento logico e ideale, dunque contiene diversi aspetti d’intenzionalità.
Quindi la fenomenologia è speculativa e studia gli aspetti dal punto di vista trascendentale. Insieme
all’atto empirico c’è il momento eidetico che è ideale ( quello che Hegel chiamava universale
concreto), di conseguenza H. non è né uno psicologista né un logicista. Risolve così il suo problema
iniziale : come possiamo accedere a delle verità in sé? Perché abbiamo delle mentalità logiche che
sono incorporate in esperienze concrete. Pensare che il mondo sia composto solo da aspetti logico
matematici è negativo.
H. accusa gli idealisti perché separano gli aspetti della soggettività individuale e formale che è
possibile solo distinguere da quella empirica, come Fichte che isola gli aspetti trascendentali dalla
loro esistenza propria, facendo loro assumere così un’esistenza separata; infatti per H. non esiste un
Io puro di quel genere.
Secondo H. la dimensione tempo è fondamentale per la conoscenza della coscienza, infatti nella
sua carriera effettuò degli studi sulla temporalità, in opposizione alla soluzione prospettata da
Brentano che saltiamo. Ritiene che la coscienza non sia qualcosa di lineare ma un flusso, una
corrente. Essa unisce tutti i nostri vissuti, intenzionali o semplici sensazioni prive d’intenzionalità
(Erlebnis), ed è infatti definita come “ forma necessaria che unisce i vissuti tra loro”. Dunque come
si realizza l’unità della coscienza? E come ogni vissuto si collega a quelli passati e a quelli futuri?
Già Sant’Agostino, nelle Confessioni, si chiedeva come potessimo sostenere l’esistenza del passato,
che ormai non esiste più, del futuro, che deve ancora avvenire, e del presente, che si “consuma”
davanti a noi . Allora H. a questo proposito fa un esempio : se ascoltiamo una melodia, ci
accorgiamo che quando sentiamo un suono, quello precedente non lo sentiamo più e quello futuro
non lo sentiamo ancora; se la nostra percezione fosse limitata solo al presente, allora noi
sentiremmo in ogni istante suoni sempre diversi e non avremmo l’impressione di ascoltare una
melodia. Ma di fatto noi percepiamo una melodia. Così egli afferma che ci deve essere un flusso
che unisce il tutto, una continuità, che appunto chiama continuum. Ogni istante presente, detto
impressione attuale o presentazione, che fluisce nella coscienza si trasforma in passato, ma non è
perso per la coscienza, ma in essa si trasforma in ritenzione o ricordo primario (ricordo
dell’impressione), quindi in ritenzione della ritenzione, e così via. Risulta così un continuum della
ritenzione in cui ogni momento è la ritenzione di quelli precedenti. Esiste anche la protezione, cioè
l’aspettativa del momento futuro e ci possono essere più protezioni nello stesso momento ma su
piani diversi. La nostra vita è fatta di continue attese, che non sono arbitrarie, ma scaturiscono da
ciò che è già accaduto. Dunque la coscienza è un qualcosa di dinamico, appunto un flusso.
Ne La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1936), la sua ultima opera, H.
cerca di chiarire il rapporto tra le strutture predicative dell’intenzionalità, che trovano la loro
espressione nelle scienze, e quelle antipredicative, che corrispondono all’intuizione che noi
abbiamo del mondo, che deriva dal semplice vedere e toccare le cose. Secondo H. il trionfo
dell’oggettivismo moderno ha determinato la dimenticanza del rapporto tra il mondo della vita e il
mondo delle teorie scientifiche. Il primo rappresenta il mondo quotidiano, quello che noi viviamo
giorno dopo giorno; il secondo è quello nato dagli studi di Galileo Galilei in poi, con cui è stata
scoperta la natura matematica che poi è stata proiettata e sovrapposta alla realtà. Ciò ha portato a
considerare la realtà “vera” come formata da numeri, figure geometriche e atomi, come se essa
fosse costruita sulle teorie scientifiche. Si arriva così a un’ontologia scientista, secondo la quale la
realtà vera è fatta di atomi, molecole etc.. Così però ci si dimentica che le costruzioni geometriche e
le teorie scientifiche sono unicamente frutto delle necessità del mondo della vita e dunque prodotto
dello spirito umano; ora H. sottolinea appunto che, nonostante ciò, il mondo della scienza ha preso
il soppravvento su quello della vita. Però la scienza non risponde alle più importanti domande sul
fine della vita : qual è lo scopo della vita? Perché esistiamo? H. rifacendosi ai filosofi greci che
andavano alla ricerca del telos (degli scopi), pensa che bisogna tornare al mondo della vita per
capire gli scopi, senza per questo però eliminare le scienze. La filosofia deve trovare il fondamento
della scienza e della vita trovando gli a priori e quindi la descrizione completa dell’intenzionalità;
perciò conoscendo come funziona la coscienza conosco tutto il resto; così egli va ancora contro il
realismo ingenuo. Per fare questo dobbiamo tornare alla soggettività trascendentale attraverso due
diversi livelli di epoché. Con il primo dobbiamo sospendere tutte le nostre conoscenze di tipo
scientifico ( cioè sospendere il giudizio riguardo alla loro verità o falsità), riappropriandoci del
nostro punto di vista sul mondo della vita; ovvero del nostro mangiare, dormire, provare simpatia
per qualcuno, più semplicemente dei nostri sentimenti e bisogni, la così detta conoscenza prescientifica che consiste nel nostro essere uomini. In questo modo si passa dall’astratto,le teorie
scientifiche, al concreto, la vita, per vedere come si è giunti all’astratto. H. inoltre dice che il mondo
della vita ha una sua struttura generale che fonda il mondo della scienza; quindi si deve capire il
mondo della vita e le strutture che esistono prima di esso per poter spiegare e rendere possibile la
scienza stessa, e infatti questo primo momento è detto l’epoché della scienza oggettiva, che è
antipredicativo (preteorico) e significa fare un’analisi dei fenomeni del mondo della vita.
Come precedentemente detto, è necessaria una seconda epoché per giungere alla soggettività
trascendentale . Dunque dobbiamo eliminare il concreto per vedere come la coscienza si rapporta
allo stesso. Si può fare ciò con la riflessione, che consiste nell’atto di rivolgersi a se stesso del
soggetto; così il soggetto che riflette su se stesso è detto soggetto fungente o attuale, mentre il se
stesso su cui si riflette, che prima era il riflettente, adesso si chiama tematico, perché è diventato il
tema della mia riflessione. Dunque il riflettere è l’osservare se stessi mentre si fa qualcosa e il
soggetto fungente e quello tematico sono sempre lo stesso soggetto, che prima esamina e poi
diventa il tema stesso dell’esame.
Così
giungo alla soggettività trascendentale riflettendo sugli atti della coscienza, quindi se osservo il
soggetto tematico vedo gli atti del soggetto, intenzionali o meno, che sono scomposti ( noesi e
noema) e così osservo le funzioni intellettive, distinguendo tra l’atto e il contenuto dell’atto. Così
distinguendo l’operazione logica dal contenuto empirico H. risolve tendenzialmente –peraltro
allargandolo anche a tutti gli altri campi della coscienza- in chiave trascendentale il problema
iniziale del problema del fondamento della logica e della matematica che aveva inizialmente trattato
in chiave “psicologistica”, e ciò gli permette di affermare che si può fare un’analisi degli atti
psicologici di tipo non empirico. Dunque la fenomenologia studia il modo in cui la coscienza si
rapporta al mondo e quindi scopriamo sempre nuove cose, per questo deve sempre formulare nuovi
termini, in quanto alcuni diventano obsoleti e devono essere sostituiti con altri, infatti è considerata
una filosofia aperta in continuo aggiornamento che necessita di un linguaggio in perenne
evoluzione. Insomma un cantiere sempre aperto.