Aterosclerosi e immunità innata copia.pptx

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ATEROSCLEROSI
E IMMUNITÀ
INNATA
Dr. Angelo Micozzi
Istituto di Cultura Omeopatica, Roma
Gaston Bachelard
Lo scrigno, il cofanetto soprattutto, di cui
si acquista una più completa padronanza,
sono oggetti che si aprono.
Quando il cofanetto si chiude, viene
restituito alla comunità degli oggetti e
prende il suo posto nello spazio esterno.
La poetica nello spazio
Immunità innata e malattie
croniche
Il criterio di valutazione delle malattie
croniche, in Hahnemann, trova corrispondenza
nella immunopatologia.
Secondo l’originario modello omeopatico le
malattie croniche sono innescate da un
processo infettivo, che determina una
ingravescente alterazione della forza vitale.
Che si manifesta con una sintomatologia e può
essere paragonata alla risposta immunitaria.
Ricadute terapeutiche
La maggiore comprensione di patologie molto diffuse,
quali l'aterosclerosi, o in considerevole aumento, quali
la malattia di Alzheimer e l'epatite cronica attiva HCVcorrelata, ha comportato, come diretta conseguenza,
l'elaborazione di un modello immunopatologico di
base.
La metodologia omeopatica si riconosce in maniera
coerente e produttiva in tale modello, al punto da
individuare, nel criterio di similitudine sull’immunità
innata, alcune importanti possibilità terapeutiche.
Fisiopatologia
L’aterosclerosi è un fenomeno dinamico, con
fasi di accrescimento, quiescenza, regressione e
progressione.
Prima fase: formazione della placca.
Seconda fase: formazione dei trombi, con le
manifestazioni cliniche.
Mediatori della flogosi, cellulari e umorali
L’aterosclerosi può essere definita una malattia
infiammatoria cronica della parete arteriosa
aumento delle lipoproteine a bassa densità (LDL) soprattutto le
LDL modificate e ossidate;
attivazione della immunità innata e adattativa;
formazione di radicali liberi, indotti da numerosi stimoli ossidanti;
prodotti di glicosilazione avanzata del diabete e ipertensione;
azione innescante di virus, batteri, tossine esogene e
immunocomplessi;
meccanismi autoimmuni.
Non solo occlusione
L’aterosclerosi è conosciuta maggiormente
come un fenomeno occlusivo, dovuto a lesioni
stenotiche, che limitano il flusso nelle arterie.
Non è raro, comunque, il riscontro di ectasie
delle pareti vascolari e lo sviluppo di una vera e
propria malattia aneurismatica, soprattutto
nelle arterie di maggior calibro, quali l’aorta.
Endotelio, cellule dendritiche e
macrofagi rispondono agli stimoli
chemiotassi e diapedesi (molecole di adesione);
aumento della permeabilità vascolare;
passaggio di LDL nello spazio sotto-endoteliale,
con accumulo e modificazione, per ossidazione
e glicosilazione
fagocitosi delle LDL modificate, mediata dai
recettori scavenger (in particolare CD36).
Evoluzione ineluttabile
trasformazione delle cellule in forma schiumosa, per
saturazione dello smaltimento e deposito dei lipidi
nell’intima;
attivazione delle cellule muscolari lisce, dalla forma
contrattile alla sintetica, con produzione di fattori di
crescita (bFGF e PDGF) e deposito di collagene;
formazione della placca attiva, con intensa attività di
fagociti e linfociti T, che partecipano all’indebolimento
della capsula e alla possibile rottura, con formazione di
trombi.
Ruolo delle cellule dendritiche
La capsula fibrosa che avvolge l’ateroma
partecipa alla evoluzione infiammatoria.
Le cellule dendritiche producono citochine
acute, IL-1 e TNF.
L’azione di tali citochine, alla lunga, rompe il
precario equilibrio, che si stabilisce tra
apposizione e degradazione di collagene,
contribuendo alla instabilità della placca.
Psora e aterosclerosi
Tutte queste fasi sono profondamente
influenzate dalla risposta immunitaria,
sia innata, sia adattativa, con un
caratteristico andamento intermittente,
inesorabile e progressivo.
Hahnemann ci ha insegnato tutto questo
nella descrizione della malattia psorica.
Sistema immunitario
La presenza di macrofagi, cellule dendritiche e linfociti
T, permette di postulare un meccanismo immunologico
diretto nella genesi delle lesioni ateromasiche.
Nella cardiopatia ischemica, ad esempio, sono presenti
elevati titoli anticorpali, diretti sia nei confronti di
autoantigeni, sia verso antigeni infettivi.
In aggiunta, si è osservato un significativo aumento di
citochine circolanti nelle sindromi coronariche acute,
di cui rappresentano la causa e non la conseguenza.
Sensori innati e LDL
Il riconoscimento innato del materiale estraneo si basa
sulla formazione di un trimero, espresso dal legame
reciproco tra TLRs (Toll-like receptors), CD14 e
molecole infettive (lipopolisaccaridi, proteoglicani,
mannani, etc.) su monociti/macrofagi e cellule
dendritiche.
Un legame supplementare delle molecole estranee si
stabilisce con i cosiddetti recettori scavenger, il più
rappresentativo dei quali è il CD36, che mostra la
particolare proprietà di legare anche le lipoproteine
modificate.
NF-kB e aterogenesi
Il legame LDL/CD36 tasduce il segnale
(cellula dendritica o macrofago) e attiva il
fattore NF-kB nucleare.
Il risultato di questo processo è
l’infiammazione locale e la apoptosi delle
cellule infiammatorie coinvolte, con
liberazione delle lipoproteine ossidate e
l’inizio dell’aterogenesi.
Attivazione cellule dendritiche
Il reclutamento dei leucociti (essenzialmente
linfociti) è dovuto al duplice ruolo delle cellule
dendritiche, le quali riconoscono il materiale
infettivo (ad esempio, la fosforilcolina di
streptococcus pneumoniae), lo fagocitano e
trasducono il segnale infiammatorio.
Quindi processano e presentano l’antigene ai
linfociti T vergini, nel sito infiammatorio e nei
linfonodi.
Apoptosi eLDL
Il risultato è una risposta specifica adattativa nella sede
di lesione.
Questa risposta contribuisce alla apoptosi delle cellule
infiammatorie e alla liberazione di lipoproteine
ossidate a bassa densità, che si legano alla matrice e
all’intima delle arterie.
Anche le cellule endoteliali esprimono i TLRs e i
recettori scavenger CD36, in modo da fagocitare le
particelle LDL ossidate, tanto quanto i LPS batterici.
Attivazione dell’aterosclerosi
L’inizio del processo consiste nella risposta innata all’accumulo e
alla modificazione delle lipoproteine nell’intima arteriosa.
I proteoglicani e le particelle lipoproteiche legate a proteine
possono subire delle modificazioni, rappresentate dalla
ossidazione e dalla glicosilazione.
Tali modificazioni si verificano in presenza di materiale microbico,
il quale attiva la risposta innata sopra ricordata, da parte di
macrofagi, cellule dendritiche e cellule endoteliali.
Il risultato di questo evento è l’accumulo intracellulare dei lipidi
modificati, mediante i recettori scavenger (soprattutto il CD36).
Autopoiesi aterosclerotica
La progressione dell’aterosclerosi è garantita, fin dalle
prime fasi, dalla attivazione della immunità adattativa,
indotta essenzialmente dalle cellule dendritiche.
Il ricircolo dei linfociti specifici ne permette l’arrivo
nella sede di lesione infiammatoria, con la conseguente
apoptosi delle cellule coinvolte e il rilascio di
lipoproteine modificate nell’intima delle arterie.
Lo stesso percorso viene effettuato nelle fasi successive,
impegnando, a questo punto, non i linfociti T vergini,
ma quelli di memoria.
Autopoiesi LDLox
Molti studi sperimentali hanno dimostrato il
coinvolgimento di autoantigeni nella
aterogenesi.
Tra gli autoantigeni maggiormente studiati
dobbiamo considerare le LDL ossidate, che
sono in grado di indurre una risposta specifica,
peraltro ben evidenziata dalla presenza di
anticor pi anti-LDLox nei pazienti
aterosclerotici e negli animali da esperimento.
LDLox e infezioni
L'ossidazione di LDL, che è considerata il momento
centrale dell'intero processo, conduce alla formazione
di nuovi determinanti autoreattivi.
Questi epitopi neoformati sono presenti, oltre che sulla
superficie dell'endotelio, delle cellule dendritiche e dei
macrofagi, anche su quella di numerosi batteri, tra cui
chlamydia pneumoniae.
L'eventuale risposta immunitaria nei confronti di
questi ultimi si rivolge, quindi, anche verso gli LDL
ossidati.
Autopoiesi HSP
Anche le HSP contribuiscono alla risposta
autoreattiva. Nei conigli normocolesterolemici,
infatti, l’immunizzazione con HSP60/65
provoca aterosclerosi, insieme alla presenza di
anticorpi anti-HSP.
Anche le HSP possono attivare direttamente
l’infiammazione, mediante il legame con TLRs
(specialmente TLR-4.
HSP chlamydia pneumoniae
La correlazione tra questi fenomeni e l’innesco
infettivo è dimostrata dal mimetismo
molecolare tra le HSP di alcuni agenti patogeni
e le analoghe molecole umane.
Le HSP60 di chlamydia pneumoniae possono
indurre risposte infiammatorie autoimmuni, in
grado di promuovere l’aterogenesi, attivando i
macrofagi, le cellule endoteliali e quelle
dendritich.
HSP65
Recentemente è stata dimostrata una significativa
correlazione tra la presenza di anticorpi rivolti contro
HSP65, nel siero di soggetti clinicamente sani e la
presenza di lesioni aterosclerotiche dimostrabili con
eco-doppler.
Lo studio di tali anticorpi potrebbe rappresentare un
pote n z i a l e m a rke r d i a g n o st ico / pro gn o stico ,
indipendentemente dai classici fattori di rischio come il
sesso, la pressione arteriosa, il diabete, il fumo, la
colesterolemia etc.
Busselton, Australia
Una delle più precoci osservazioni sul ruolo
dell’autoimmunità, nella patogenesi dell’aterosclerosi,
si basa su uno studio della popolazione australiana,
nella cittadina rurale di Busselton.
In questo studio si evidenziava un significativo
aumento di autoanticorpi negli individui colpiti da
aterosclerosi, rispetto ai controlli.
D’altra parte, si sapeva da tempo che le placche
ateromasiche mostravano infiltrati cellulari,
rappresentati, essenzialmente, da fagociti e linfociti.
Linfociti T di memoria
La notevole abbondanza di cellule dendritiche e linfociti T è
stata successivamente comprovata e ribadita, dimostrando il
ruolo centrale della immunità innata e adattativa.
La maggior parte dei linfociti T, riscontrati nelle placche,
esprime il fenotipo di memoria.
Numerosi modelli sperimentali, poi, hanno contribuito a
chiarire il meccanismo autoimmune.
Nei conigli, ad esempio, le lesioni contengono linfociti
autoreattivi, che rispondono alle HSP (proteine dello shock
termico).
Autopoiesi β2-glicoproteina 1
La β2-glicoproteina 1, la quale è espressa dalle
piastrine e dalle cellule endoteliali.
In alcune condizioni infiammatorie, che hanno
un substrato autoimmune (lupus, sindrome da
anti-fosfolipidi), il plasma contiene anticorpi
diretti contro tale molecola.
Ciò spiega la maggiore incidenza delle lesioni
aterosclerotiche in questi malati.
Progressione delle lesioni
Il meccanismo con cui gli agenti infettivi possono
influire sulle lesioni vascolari è da ricondurre alla
risposta adattativa.
Di conseguenza: attivazione di linfo/monociti e cellule
dendritiche, produzione di citochine, espressione di
molecole di adesione, attivazione dell’endotelio e delle
piastrine, interazione con il sistema coagulativofibrinolitico e ulteriore espressione delle HSP.
Una specifica infezione può destabilizzare la lesione,
innescando la flogosi della placca ateromasica.
Recettori scavenger (CD36)
La funzione delle cellule dendritiche, in
risposta a un segnale infiammatorio, è regolata
dalla molecola di membrana CD36.
Tale molecola contribuisce in maniera
determinante e diretta all’intero processo
dell’immunità innata.
Le cellule di Langherans della cute hanno un
ruolo nelle lesioni ipercheratosiche.
Famiglia scavenger
Si conoscono due famiglie di scavenger, denominate A
e B. Del tipo B il rappresentante maggiore è una
glicoproteina di 88 kD, conosciuta come CD36, la
quale risiede su numerosi tipi di cellule, soprattutto
dendritiche, endoteliali e macrofagi.
Il ruolo essenziale degli scavenger è quello di legare le
sostanze di degradazione o di accumulo metabolico tra
cui LDL e i prodotti terminali glicosilati, i quali sono
responsabili di numerose complicazioni della malattia
diabetica.
Funzioni diverse
I recettori scavenger appartengono a una
famiglia di molecole, che reagisce con le
lipoproteine contenute nel siero.
Alcuni di questi recettori hanno anche la
capacità di legare particolari strutture presenti
sulla super f icie di agenti infettivi e
contemporaneamente di proteggere l'ospite da
eventuali endotossine batteriche.
Legami diversi
Il CD36 è una molecola multifunzionale, in
grado di legare agenti virali, quali HCV e
protozoari, quali il plasmodio della malaria.
Recentemente, è stato dimostrato che la
proteina fibrillare β-amiloide, dei malati di
Alzheimer, si associa a una ridotta espressione
di CD36 nella microglia, analogamente a
quanto si verifica per l'accumulo di LDL nelle
placche ateromasiche.
Patogenesi
immunitaria
dell’aterosclerosi
Maggiori informazioni
Oltre il trasporto...
 HDL inibisce:
Chemiotassi di monociti/cellule
dendritiche
Adesione dei leucociti
Disfunzione endoteliale
Apoptosi
LDL Ossidazione
Attivazione del complemento
Attivazione delle piastrine
Inoltre…
 HDL promuove:
Riparazione e rigenerazione
dell’endotelio
Proliferazione delle cellule muscolari
lisce
Sintesi di prostaciclina
Sintesi di peptide natiuretico
Lipoproteine…
Le lesioni aterosclerotiche derivano da un accumulo
focale di lipoproteine, nell’intima delle arterie.
Tali lipoproteine hanno la funzione di veicolare
molecole grasse, quali il colesterolo e i trigliceridi, in
associazione a proteine e fosfolipidi, che ne permettono
la solubilità nel sangue.
L’accumulo di lipoproteine si realizza attraverso il
legame di queste con alcuni costituenti della matrice
extracellulare arteriosa, in modo particolare con i
proteoglicani.
Ossidazione di LDL
Le lipoproteine, soprattutto le LDL, sono
molto suscettibili alla ossidazione
(perossidazione lipidica)
L’accumulo di LDLox rappresenta la prima fase
del meccanismo aterosclerotico.
In una fase successiva si verifica un
reclutamento di monociti, cellule dendritiche e
linfociti.
Immunità innata e adattativa
Questo evento assume un significato critico, per il
rilascio di citochine acute, quali IL-1 e TNFα.
Mentre i linfociti rispondono a stimoli specifici
infettivi, il ruolo dei fagociti è duplice.
Tra questi i monociti si trasformano in cellule
dendritiche e macrofagi, fino a cellule schiumose.
Tale trasformazione dipende dal passaggio, al loro
interno, delle LDL ossidate, come un tentativo di
detersione dei grassi nella sede intimale di accumulo.
Inibizione degli scavenger
L’endocitosi delle LDL, nei macrofagi, è
strettamente correlata a una ridotta espressione
dei loro recettori scavenger.
A seguito di ciò, i macrofagi stimolano la
proliferazione di cellule muscolari lisce e
l’apposizione di matrice extracellulare nelle
placche aterosclerotiche, con la produzione di
alcuni fattori di crescita, quali PDGF e FGF.
Contraddizione solo apparente
Nella fase iniziale, LDL sono ossidate per gli
stimoli infiammatori (LPS, peptidoglicani,
mannani, glicoproteine virali, radicali liberi):
CD36 funziona, favorendo la endocitosi, ma
anche la trasformazione in cellule schiumose.
La successiva presentazione di antigeni infettivi
stimola T specifici, che individuano anche
CD36 per mimetismo molecolare: ridotta
endocitosi e accumulo di LDLox nella matrice
extracellulare.
Scavenger A e B
La classe A permette la degradazione di LDL
ossidate a livello dei macrofagi e cellule dendritiche
peritoneali.
L a c l a ss e B a g is c e ma g g io rm e n te n e l l a
degradazione, che si verifica a livello epatico,
facilitando il metabolismo degli esteri di
colesterolo dall’HDL (High Density Lipoproteins).
Una dieta molto ricca di colesterolo induce una
riduzione dei recettori B nel fegato, fino all’80%
Topi privi di CD36
I ceppi murini nulli per per CD36 (CD36-null
strains) mostrano un aumento del 76,5% delle
lesioni ateromasiche nell’aorta, in condizioni di
estrema aterogenicità dietetica (ossia una dieta
ricca di grassi).
Anche nell’uomo, d’altra parte, è stato
recentemente dimostrato, che una ridotta
espressione di CD36 si associa a un
significativo aumento di LDL.
Ossidazione di LDL
In un elegante modello sperimentale, condotto
su hamster siriani, l’inoculazione di LPS e
zymosan (costituente della parete dei lieviti),,
comporta un aumento di LDL da 4 a 6 volte,
rispetto ai controlli.
Tra gli agenti infettivi ritenuti responsabili di
un aumento di LDL ossidati, la chlamydia
pneumoniae ha attirato l’attenzione da parte di
numerosi ricercatori.
Chlamydia pneumoniae
Le HSP-60 di chlamydia pneumoniae, contribuiscono
alla ossidazione delle LDL.
Le lesioni intimali contengono linfociti T citotossici,
anti-chlamydia pneumoniae.
Tale fenomeno sembra verificarsi anche per la malattia
venosa tromboembolica
La sieropositività IgG per la chlamydia pneumoniae è
considerata un fattore di rischio importante nelle
coronaropatie.
CMV
È stato messo in relazione con l’aterogenesi,
soprattutto nei pazienti giovani.
Ciò è confermato da numerosi studi
epidemiologici, dai modelli animali
sperimentali e dalla analisi molecolare.
Le concentrazioni di colesterolo sierico
sarebbero strettamente correlate alla positività
per anticorpi di isotipo G (IgG) del CMV.
Altri agenti infettivi
In ottemperanza a questo modello, altri
lavori dimostrano come la presenza di
IgG specifiche per helicobacter pylori,
H S V - 1 e H AV a b b i a u n r u o l o
s i g n i f i c a t i vo n e i m e c c a n i s m i d i
formazione delle placche ateromasiche.
E anche nel mantenimento evolutivo
della malattia aterosclerotica.
Sindrome metabolica
Le LDL glico-ossidate intervengono nella patogenesi
dell’aterosclerosi in corso di diabete.
Ciò determina un aumento della forma solubile di CD36, la
quale è stata proposta come marcatore di insulino-resistenza
nel diabete di tipo 2, con un incremento da 3 a 5 volte,
rispetto ai controlli.
Questo aumento comporta un accelerato sviluppo di
aterosclerosi, con conseguente rischio di malattia
cardiovascolare.
I recettori scavenger riconoscono LDL modificate, quali le
forme ossidate e quelle glicosilate.
Secretagoghi
Alla fine degli anni ’70, nel tentativo di
individuare nuovi narcotici, si osservò che
alcuni derivati sintetici dell’oppio mostravano
una attività di rilascio, seppur debole, di GH.
Questo filone di ricerca permise di sintetizzare
numerose sostanze dalla azione secretagoga, tra
cui un esapeptide (denominato exarelina, o
peptide 6), che si dimostrò un potente
stimolatore del rilascio di GH.
Ghrelin
Nel 1996 venne identificato il recettore di exarelina
(recettore di ormoni secretagoghi), mediante il quale si
arrivò, con una strategia del recettore orfano, a definire
anche i ligandi endogeni.
Con molta sorpresa, si notò che l’attività del recettore,
pur essendo distribuita nei diversi tessuti, risultava
decisamente più alta a livello stomaco ed era dovuta a
un ligando di 28 aminoacidi, denominato ghrelin, in
grado di stimolare la secrezione di GH sia in vivo, sia in
vitro.
Exarelina/ghrelin
La localizzazione del recettore specifico (denominato GHS-
R1a), invece, è più abbondante nella ipofisi e
nell’ipotalamo, pur avendo una distribuzione molto più
ampia, soprattutto nei tessuti cardiovascolari.
Per comprendere meglio l’azione di ghrelin, gli studi si sono
concentrati sull’equivalente sintetico exarelina, la quale lega
uno specifico recettore, identificato nel CD36.
Da notare che la exarelina lega tanto il CD36, quanto il
recettore di ghrelin, ossia GHS-R1a. Proprio per questo
motivo, le azioni delle due molecole sono molto simili, con
delle ricadute terapeutiche molto interessanti.
Mimetismo exarelina/ghrelin
L’attivazione del CD36 nel cuore perfuso dalla
exarelina determina un aumento della perfusione
coronarica, che è dose-dipendente.
Tale effetto è stato dimostrato nei topi e non è
evidenziabile negli animali CD36-nulli, con
ipertensione conseguente, associata a
ipercolesterolemia.
L’ormone ghrelin, seppur in misura minore, è in grado
di riprodurre questo fenomeno.
Azione di ghrelin
La sua azione, comunque, non ha solo un significato
endocrino, in quanto controlla anche l’attività
meccanica dello stomaco (ad alte dosi stimola la
secrezione acida e la motilità, mentre a piccole dosi la
inibisce).
Ghrelin mostra, inoltre, un’azione gastroprotettiva, in
caso di ulcera indotta da etanolo o da stress.
Tra le sue azioni principali dobbiamo considerare
anche la induzione della ricerca di cibo (stimolo
oressigenico).
GRELINA
Localizzazione di ghrelin
La sua produzione non è limitata alla mucosa gastrica, ma è
stata ben documentata nella ipofisi, ipotalamo, ipofisi,
tiroide, polmoni, pancreas, surreni e intestino.
In più, cellule produttrici di ghrelin sono state identificate
nelle prime fasi della vita fetale, nella placenta e gonadi.
Basse concentrazioni si trovano anche nei reni e nelle cellule
del sistema immunitario.
Sono stati riportati casi di tumore endocrino secernente
ghrelin.
HP e ghrelin
Interessanti sono le potenziali relazioni esistenti
tra helicobacter pilori e ghrelin.
In un affascinante studio controllato è stata
dimostrata l’azione negativa del batterio sulla
produzione dell’ormone gastrico.
In particolare, si è visto che le alterazioni
infiammatorie atrofiche della mucosa sono
associate a bassi livelli circolanti di ghreli.
Effetto oressigeno/adipogenico
La somministrazione di ghrelin, a livello centrale
(ventricolare), comporta un’azione oressigena, mediata
dal neuropeptide Y.
L’azione oressigena è anche accompagnata a un effetto
adipogenico marcato, con aumento del peso corporeo.
CD36 (recettore di exarelina, definito l’equivalente
esogeno di ghrelin), è espresso sia dallo stomaco, sia
dalla ghiandola pituitaria, contribuendo, in tal modo,
alla formazione di un asse cervello-intestino, che regola
l’accrescimento, la fame e il metabolismo in generale.
OBESITA’
BMI
leptina
+
-
ANORESSIA
NERVOSA
+
+
NPY
FAME
PASTO
Leptina
IRI
Glicemia
Distensione gastrica
-
+
+
ETA’
-
+
-
Svuotamento
gastrico
Citokine
IL 1-ß
Fame
(Cachetizzanti)
DIGIUNO
Glicemia
IRI
Leptina
Anoressia e CCK8
In contrapposizione a questo asse ormonale esiste un
piccolo peptide intestinale, la colecistochinina, che
stimola la sensazione di sazietà, dalla periferia, verso
l’ipotalamo.
In particolare, l’octapeptide, denominato CCK8 (ossia
una frazione di 8 aminoacidi della colecistochinina),
somministrato nel peritoneo dei ratti, privati di cibo
per 48 ore, riduce in maniera significativa la ricerca del
cibo, stimolando l’ipotalamo laterale.
Spunti terapeutici
Su quanto si è detto
Approccio omeopatico
Le osservazioni sopra riportate permettono di
elaborare un adeguato approccio terapeutico
omeopatico, nei confronti di quelle patologie,
nelle quali la molecola CD36 riveste un ruolo
importante.
Un obiettivo del genere richiede l'utilizzazione
degli anticorpi monoclonali anti-CD36, con un
criterio di similitudine molecolare e
patogenetico.
Similitudine molecolare
La similitudine molecolare esprime le somiglianze tra i
siti di legame degli agenti infettivi e gli anticorpi
monoclonali prodotti sui loro recettori (ciò che in
immunologia è definito immagine interna).
L'anti-CD36, pertanto, rappresenta il simile molecolare
di almeno due importanti agenti infettivi: HCV e
plasmodium falciparum.
La somministrazione omeopatica del farmaco può
essere proposta, dunque, nelle epatiti croniche attive
HCV-correlate e nelle cronicizzazioni della malaria.
Similitudine patogenetica
Interessanti prospettive si aprono nelle
patologie caratterizzate da una ridotta
espressione dei recettori scavenger.
Tra queste troviamo l'aterosclerosi,
l'aumento di LDL nel siero dei pazienti e,
probabilmente, la malattia di Alzheimer
associata a dislipedemia.
Anti-CD36 (scavenger receptor B)
Similitudine
patogenetica
Processo
ateromasico
Ridotta espressione
nella microglia in
Alzheimer, con
accumulo di β-amiloide
Accumulo di LDL in
soggetti chlamydia
penumoniae +
67
Disturbi alimentari
Considerata la somiglianza molecolare e
funzionale di exarelina e ghrelin, possiamo
assumere che anti-CD36, essendo l’antirecettore del primo, sia anche il simile
molecolare del secondo.
Uso dell’anticorpo nelle condizioni che
coinvolgono l’ormone, soprattutto la bulimia,
ma anche la sindrome metabolica, con
insulino-resistenza e la malattia cardiovascolare
associata.
In sintesi
infezione cronica da HCV e malaria;
aterosclerosi e dislipidemia, anche in corso di
malattia di Alzheimer;
insulino-resistenza;
malattia cardiovascolare, con ipertensione e
cardiopatia ischemica;
iperfagia e bulimia.
ANTI-CD36
• U s o d e l l e p o t e n z i a t e
06-018-030LM
• Una fiala una volta al giorno
• Ripetere il ciclo dopo pochi
giorni di sospensione (7-10)
ANTI-CD36
70
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