Capitolo 5. Il periodo di transizione e oltre.

Matematiche complementari I – Capitolo 5 Il periodo di transizione e oltre .
AA. 2005-2006
Capitolo 5. Il periodo di transizione e oltre.
5.1. Lo sviluppo dell’algebra nel periodo di transizione.
Con la pubblicazione del testo di Bombelli si apre il cosiddetto periodo di
transizione, che solitamente si fa terminare al 1770, anno di
pubblicazione di Réflexions sur la résolution algébrique des équations di
Lagrange. Tale periodo è caratterizzato da numerosi tentativi infruttuosi
per la determinazione delle formule risolutive per radicali delle equazioni
Giuseppe Luigi Lagrange
(1736 – 1813)
di grado superiori al quarto. Questi tentativi, seppure non andati a buon
fine, hanno però permesso una riflessione su quanto si era ottenuto nei tumultuosi anni che vanno
dal 1515 al 1545, portando da una parte ad un consolidamento delle procedure, dall’altra allo
sviluppo del simbolismo che porta all’algebra simbolica e tramite l’introduzione dei coefficienti
dell’equazione come parametri, alle formule risolutive generali, spesso slegandosi dalla pratica
geometrica.
Fondamentale per il simbolismo è stata l’opera di Viète, che ha contribuito a passare dalla Logistica
numerosa alla Logistica speciosa, vale a dire dall’Aritmetica all’Algebra, come studio delle specie,
termine di origine filosofica tratto da Aristotele.
In realtà anche Viète si muove nell’ambito della Algebra sincopata, in quanto invece dell’attuale
scrittura x6 – 15x4 + 85x3 – 225x2 + 274 = 120, scrive
«1QC – 15QQ + 85C – 225Q + 274N aequatur 120».
E’ importante però osservare che in questi anni l’importanza dell’Algebra in parte diminuisce,
perché l’attenzione di molti matematici si sposta ai problemi dell’Analisi che viene “fondata” tra
XVII e XVIII secolo. La nascita di tale disciplina è strettamente legata allo studio algebrico delle
proprietà geometriche che ha spunto dal metodo dello coordinate introdotto da Cartesio.
Tuttavia sono numerosi i matematici, anche grandi, che hanno dato contributi in Algebra e in altri
campi, ci sono anche dei nomi meno illustri che hanno fatto avanzare precipuamente l’Algebra.
5.2 Alcuni esempi di soluzione di equazioni di quarto grado.
Mostriamo qui un esempio di natura geometrica e una trattazione generale, relativa a equazioni di
quarto grado
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5.2.1. Un esempio da Cartesio. Nella Géométrie (1637) Cartesio presenta il seguente problema:
Determinare graficamente le soluzioni dell’equazione z4 = pz2 – qz + r.
In questa equazione p, q e r sono segmenti. Evidentemente l’omogeneità delle espressioni non è più
un problema. La soluzione proposta mostra anche cosa debba intendersi per Geometria cartesiana,
da non confondersi con quella che oggi viene chiamata, più correttamente, Geometria analitica.
Cartesio dimostra sul seguente disegno di avere interpretato correttamente l’equazione in termini
geometrici. Data una parabola sia
A il vertice A e si consideri l’asse
F
della parabola. Sia C un punto
H
M E
R
1
latus
2
rectus 1, Cartesio si esprime così,
V
K D
L
dell’asse tale che AC =
C A
indicando con la locuzione latus
S
rectus il segmento unitario. Sia
poi D un altro punto dell’asse
z
della parabola tale che CD =
G
all’asse, si considera E tale che DE =
e
sulla
perpendicolare
a
1
p
2
D
1
q. Si congiunga ora A con E e si prolunghi oltre A; sia R un
2
punto tale che AR = r e S sul prolungamento di EA, dalla parte di A, tale che AS = latus rectus. Sia V
il punto medio di RS e si tracci la semicirconferenza di centro V e raggio VS. Si conduca ora da A la
perpendicolare ad AE ed essa incontri in H la semicirconferenza di centro V. Si congiungano ora H
ed E e si tracci la circonferenza di centro E e raggio EH. Tale circonferenza interseca la parabola
nei punti F e G. Si vuole provare che detto K il piede della perpendicolare all’asse passante per G,
KG è un segmento che soddisfa l’equazione data.
Si ponga quindi KG = z, per la proprietà della parabola, AK = z2, dato che la proprietà che definisce
la parabola è espressa dalla proporzione AK : KG = KG : latus rectus. Ora EM = DK = AK – AC –
CD, cioè EM = z2 -
costruzione DE =
1 1
1 1
1
− p . Elevando al quadrato si ha EM2 = z4 + + p 2 − pz 2 − z 2 + p . Per
2 2
4 4
2
1
1
q ed è DE = MK, da cui GM = z + q . Elevando al quadrato si ha GM2 = z2 +
2
2
1 2
1
1 1
1
q + qz, ma d’altra parte EG2 = GM2 + EM2 = z2 + q 2 + qz + z4 + + p 2 − pz 2 − z 2 + p =
4
4
4 4
2
1
Per difficoltà grafica non si pone attenzione alla distinzione tra segmento e misura della lunghezza del segmento,
solitamente indicata col soprassegno.
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z4 – pz2 + qz +
1 2
1 1
q + + p
4
2 2
2
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1 2 1 2 1
1
q + p + p + . D’altra parte EG = EH. Poiché EA2 = ED2 + AD2 =
4
4
2
4
=
1 2 1 2 1 1
q + p + + p.
4
4
4 2
Per il secondo Teorema di Euclide applicato al triangolo rettangolo SHR si ha che AS : HA = HA :
AR, quindi 1: HA = HA : r, vale a dire HA2 = r. Ma pure il triangolo AHE è rettangolo e quindi EH2
1 2 1 2 1 1
q + p + + p +r. Eguagliando l’espressione di EG2 con quella di EH2 si ha
4
4
4 2
= EA2 + HA2 =
z4 – pz2 + qz +
1
1
1 1
1 2 1 2 1
1
q + p + p + = q 2 + p 2 + + p +r, vale a dire z4 = pz2 – qz + r.
4
4
2
4
4
4
4 2
Se invece di considerare KG si opera su FL si riottiene l’equazione. Di fatto la scelta tra i due
segmenti dipende dal segno: se q avesse segno opposto, il punto E’ da considerare sarebbe il
simmetrico di E rispetto all’asse della parabola e la soluzione accettabile per Cartesio sarebbe FL.
Nella Géométrie non esiste il sistema cartesiano ortogonale che solitamente si associa al cosiddetto
‘piano cartesiano’. Qui viene data una figura, il sistema di riferimento (qui l’asse delle ordinate) è
solidale con la figura, essendo l’asse della parabola. Manca un asse delle ascisse e soprattutto
manca l’individuazione dei punti del piano mediante coppie ordinate.
La necessità, anzi l’indispensabilità dei numeri reali negativi, se si vuole considerare tutto il piano,
per Cartesio non è così stringente, tanto è vero che lui scarta quelle che ritiene soluzioni false:
«Mais souvent il arrive, que quelques unes de ces racines sont fausses, ou moindre que rien»
E qui Cartesio parla anche delle radici immaginarie, riprendendo la dicitura usata da Bombelli.
5.2.2. Le formule risolutive dell’equazione di quarto grado di Eulero. Eulero è
stato uno dei più grandi matematici di ogni tempo, che ha spaziato in vari campi,
tra cui l’algebra.
Un’equazione di quarto grado completa,
ax4 + bx3 + cx2 + dx + e = 0
può modificarsi mediante una trasformazione a radici aumentate x = y + h, in
f IV (h) 4 f III (h) 3 f " (h) 2 f '
(h)
y +
y +
y +
y + f (h) = 0
4!
3!
2!
1!
avendo posto f(x) = ax4 + bx3 + cx2 + dx + e. Si ha
f’(x) = 4ax3 + 3bx2 + 2cx + d;
f”(x) = 12ax2 + 6bx + 2x;
fIII(x) = 24ax + 6b;
fIV(x) = 24a.
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Leonhard Euler
(1707-1783)
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Se, come fatto da Cardano per le equazioni di terzo grado, si determina h in modo da annullare
fIII(h), si ha h = −
b
, da cui si ottiene l’equazione
4a
x4 + px2 + qx + r = 0.
(1)
Eulero ha ripreso l’idea di Tartaglia di descrivere l’incognita come somma di incognite, stavolta tre:
x = u + v + w. Di qui si ha x2 = (u2 + v2 + w2) + 2(uv + uw + vw), da cui x2 – (u2 + v2 + w2) =
2(uv+uw+vw). Elevando al quadrato entrambe i membri si ha
x4 – 2(u2 + v2 + w2)x2 + (u2 + v2 + w2)2 = 4(u2v2 + u2w2 + v2w2) + 8uvw(u + v + w)
Ma questa espressione può essere scritta come
x4 – 2(u2 + v2 + w2)x2 – 8uvwx + (u2 + v2 + w2)2 - 4(u2v2 + u2w2 + v2w2) = 0.
Confrontandola con la (1) si possono scegliere u, v e w come le soluzioni del seguente sistema:
u 2 + v 2 + w2 = −
p
2
q
8
2
2
(u + v + w 2 ) 2 − 4(u 2 v 2 + u 2 w 2 + v 2 w 2 ) = r
uvw = −
Tenendo conto della prima equazione la terza può semplificarsi ottenendo
u 2 + v 2 + w2 = −
uvw = −
q
8
p
2
u 2v 2 + u 2 w2 + v 2 w2 =
p2 r
−
16 4
Si tratta di un sistema algebrico di grado 24. Elevando al quadrato la seconda si ha
u 2 + v 2 + w2 = −
(2)
u 2v 2 w2 =
q2
64
p
2
u 2v 2 + u 2 w2 + v 2 w2 =
p2 r
−
16 4
Con questa trasformazione il sistema è divenuto di grado 48, ma, se si considerano come incognite i
quadrati, il grado diventa 6. Ci si è così ricondotti alle formule di Viète relative alle equazioni di
terzo grado in u2, v2 e w2. Si ha dunque che l’equazione di terzo grado completa
(3)
z3 +
p 2
p2 r
q2
z +
− z−
=0
2
16 4
64
detta la risolvente cubica dell’equazione di quarto grado.
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Si noti che il sistema è simmetrico in u2, v2 e w2, sicché se α,β,γ è una soluzione della (3), α,β,γ ,
α,γ,β , β,α,γ , β,γ,α , γ,α,β e γ,β,α sono soluzioni del sistema
α + β +γ = −
p
2
αβ + αγ + βγ =
αβγ = −
q
8
p2 r
−
16 4
Interpretando in senso complesso l’estrazione di radice, le soluzioni del sistema (2) sono date da
α, β, γ
β, α, γ
γ , α, β
α , β ,− γ
β , α ,− γ
γ , α ,− β
α ,− β , γ
β ,− α , γ
γ ,− α , β
α , − β ,− γ
β ,− α ,− γ
γ ,− α , − β
α, γ , β
β, γ, α
γ, β, α
α , γ ,− β
β , γ ,− α
γ , β ,− α
α ,− γ , β
β ,− γ , α
γ ,− β , α
α ,− γ ,− β
β ,− γ ,− α
γ ,− β , − α
− α, β, γ
− β, α, γ
− γ , α, β
− α , β ,− γ
− β , α ,− γ
− γ , α ,− β
− α ,− β , γ
− β ,− α , γ
− γ ,− α , β
− α ,− β ,− γ
− β ,− α ,− γ
− γ ,− α ,− β
− α, γ , β
− β, γ, α
− γ, β, α
− α , γ ,− β
− β , γ ,− α
− γ , β ,− α
− α ,− γ , β
− β ,− γ , α
− γ ,− β , α
− α ,− γ ,− β
− β ,− γ , − α
− γ ,− β ,− α
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Di questi 48 casi, sfruttando la proprietà commutativa dell’addizione alcuni dànno luogo alla stessa
soluzione dell’equazione di quarto grado (la cosa è messa in evidenza con il bordo o lo sfondo dello
stesso colore). Si può semplificare considerando solo le otto caselle della prima colonna con il
bordo colorato trascurando le caselle che hanno lo sfondo colorato.
Poiché nel procedimento si è elevato al quadrato, si sono introdotte soluzioni ‘improprie’. Come per
l’equazione di terzo grado, bisogna ora determinare solo i valori di u,v e w tali che uvw = −
q
. Dato
8
che si tratta del prodotto di tre quantità, c’è la possibilità di considerare l’opposto di due di esse
senza alterare il segno del loro prodotto. Se quindi u0,v0,w0 sono soluzioni del sistema (2) che
q
soddisfano la condizione u0v0 w0 = − , anche le terne u0, - v0, -w0; -u0, v0, -w0 e –u0, -v0, w0
8
soddisfano la stessa condizione, sicché le soluzioni della (1) sono ottenute raggruppando in due casi
le otto soluzioni rimaste da considerare tra le soluzioni del sistema (2) e precisamente sono date
come somma dei tre valori che compaiono nelle terne
1° caso
2° caso
α, β, γ
α , β ,− γ
α ,− β ,− γ
α ,− β , γ
− α , β ,− γ
− α, β, γ
− α ,− β , γ
− α ,− β ,− γ
ordinate della prima o della seconda colonna,
x1 = u0 + v0 + w0;
x2 = u0 - v0 - w0
x3 = -u0 + v0 - w0
x4 = -u0 -v0 + w0.
Il discriminante dell’equazione di quarto grado nella forma (1) è il discriminante dell’equazione
(completa) di terzo grado della risolvente cubica (3), pertanto la (1) avrà soluzioni coincidenti se e
solo se le ha la (3).
Il procedimento di Eulero è quello che si trova più frequentemente sui libri di testo di Algebra. Esso
è interessante perché evita le scelte ad hoc dei singoli casi che, come invece aveva ideato Ferrari,
richiedono , di volta in volta, di aggiungere termini opportuni.
Un altro motivo di interesse storico è il fatto che Eulero scrive nel 1732 in De formis radicum
aequationum cujusque ordinis conjectatio e lo ribadisce in una seconda opera del 1762, De
resolutione aequationum cuiusvis gradus, che le soluzioni di un’equazione algebrica di qualsivoglia
grado possono essere ottenute come somma di radicali, in vario modo. Di fatto, nella prima opera
citata mostra che in questo tipo di soluzione rientrano quelle di terzo e di quarto grado, ipotizzando
che opportune trasformazioni avrebbero portato il risultato anche nel caso di grado superiore a 4.
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5.3 Dal 1770 in poi.
L’epoca di transizione solitamente si fa terminare con 1770, anno di pubblicazione negli Atti
dell’Accademia di Berlino di Réflexions sur la résolution algébrique des équations di Lagrange. E’
anche l’anno di pubblicazione di Meditationes algebricae di Waring e l’anno in cui fu composta e
letta all’Académie, Mémoires sur la résolution des équations di Alexandre Vandermonde (1735 –
1796), pubblicata quattro anni più tardi.
Waring portò a termine il processo di simbolizzazione iniziato con Viète ed
introdusse le radici primitive dell’unità.
Vandermonde cercò, con scarso successo, di esprimere le radici di una generica
equazione mediante le radici dell’unità.
L’opera di Lagrange si rivelò fondamentale per gli studi successivi. In essa il
matematico torinese fece una sorta di sinossi di tutti gli studi precedenti. Avendo
Edward Waring
(1736-1798)
ricevuto la sua formazione in Italia, portò i risultati degli algebristi italiani a conoscenza della più
vasta platea europea, visto anche l’importanza della sua posizione scientifica all’Accademia di
Berlino (e poi in quella di Parigi).
Nella sua analisi cercò di chiarire i processi risolutivi delle equazioni fino al quarto grado, ponendo
attenzione sul concetto di trasformazione del dominio numerico in cui si considera il polinomio.
Egli provò che la generalizzazione dei metodi usati per i gradi inferiori a cinque portava, nel caso
dell’equazione di quinto grado, ad un’equazione di sesto. Di qui avanzò l’ipotesi che tale tipo di
equazione (e più generalmente quelle di grado superiore al quarto) non fosse risolubile (per
radicali).
Le ipotesi di Lagrange trovarono conferma nell’opera di Ruffini, Teoria generale delle equazioni in
cui si dimostra impossibile la soluzione algebrica delle equazioni di grado superiore al quarto, del
1799. Il docente dell’Università di Modena afferma nella prefazione
«La soluzione algebrica delle equazioni generali di grado superiore al quarto è sempre impossibile. Ecco un
teorema troppo importante nelle Matematiche, che io credo, seppure non erro, di poter asserire, e di cui la
dimostrazione quella si è, che principalmente mi ha spinto alla pubblicazione del seguente volume. L’immortale
La Grange […] ha somministrato il fondamento della mia dimostrazione: conveniva dunque premettere a questa,
per maggiore intelligenza un ristretto di simili riflessioni».
In essa, oltre a quanto promesso dal titolo, sono presenti molti risultati di interesse per l’Algebra,
come l’impossibilità di risolvere il caso irriducibile senza usare i numeri complessi e la ‘regola’ di
Ruffini nota dalle scuole superiori. L’attenzione di Ruffini è focalizzata sulle equazioni di grado 5.
Inoltre Ruffini mostra l’importanza del concetto di gruppo di trasformazioni (senza usare il termine
gruppo), del concetto di gruppo transitivo e di gruppo primitivo, ed il fatto che esiste un gruppo di
60 elementi, il gruppo alterno delle permutazioni su 5 oggetti, che non ha sottogruppi normali non
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banali. Tutto ciò senza avere il concetto di tabella a doppia entrata né di sottogruppo normale.
Queste carenze di tipo linguistico rendono oscuro e difficile il suo testo. Ci sono anche alcuni errori
che furono individuati da matematici suoi contemporanei e sistemati in altre redazioni, che si
susseguirono negli anni 1802, 1803, 1805, 1806 e nella stesura finale del 1813.
Ruffini si occupò anche della soluzione numerica di equazioni di grado anche superiore al quinto.
I risultati di Abel, ottenuti dal matematico norvegese nel 1824 per via del tutto indipendente,
provarono che le equazioni generali di grado superiore al quarto non erano risolubili. Solo dopo la
pubblicazione Abel venne a conoscenza del lavoro di Ruffini che giudicò complicato e non sempre
soddisfacente.
In un lavoro apparso postumo nel 1829, Abel determinò alcuni casi in cui un’equazione poteva
essere risolubile per radicali.
Questo tipo di considerazioni venne ripreso dal Galois che nel 1832, la sera prima di morire, mise
su carta le sue idee sulle condizioni di risolubilità per radicali delle equazioni di grado superiore al
quarto, sotto forma di lettera. Con questo documento breve Galois aprì la via alla considerazione dei
gruppi, dei gruppi risolubili, dei campi, delle estensioni dei campi, degli automorfismi e di tanti altri
concetti che richiesero circa 100 anni ad essere chiariti e a divenire l’Algebra di oggi.
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