Marcuse
Biografia, Scuola di Francoforte, Opere, Approfondimenti, Aforismi dell’autore
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1. Biografia
1.1 La società contemporanea a Marcuse
2. Scuola di Francoforte
2.1Il primo periodo
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2.2Il secondo periodo
2.3Il terzo periodo
3.Opere
3.1Eros e civiltà
3.2L'uomo a una dimensione
3.2.1 Il Sessantotto e L’uomo a una dimensione
3.2.2 Passi tratti da L’uomo a una dimensione
4. Approfondimenti
4.1 La razionalità scientifica non è un sapere neutro
4.2 Hebert Marcuse: un’ indagine sul nazismo
4.3 Marcuse, la paralisi della critica
5. Aforismi dell’autore
5.1 Citazioni su Herbert Marcuse
1. Biografia
Fra i filosofi legati alla scuola di Francoforte, chi più adoperò le riflessioni di Freud sulla civiltà fu Herbert
Marcuse (1898-1979). Nacque a Berlino il 19 luglio 1898 da benestante famiglia ebrea, si laureò nel 1921 a
Friburgo. Nell'intero periodo evolutivo dell'opera di Marcuse bisogna anzitutto ricordare la sua ottima e
vastissima preparazione di germanista, e il lavoro imponente divulgato a 24 anni come trattazione di
dottorato, Il Romanzo dell'artista nella letteratura tedesca (Der Deutsche Künstlerroman), che in circa
cinquecento pagine ripercorre tale genere letterario dall'epoca romantica, a fine Settecento, a Thomas Mann
; uno scritto in cui è percepibile l'influenza hegeliana, pure mediante l'interpretazione di Giörgy Lukàcs. A
Friburgo, dove si era laureato, riapparve nel 1929 per studiare con Husserl e Heidegger, l’ esito di tale
periodo è L'ontologia di Hegel e la fondazione di una dottrina della storicità , divulgato nel 1932. Nello stesso
anno, per tensioni con Heidegger, che si stava sempre più accostando al movimento nazionalsocialista,
Marcuse lasciò Friburgo e diventò componente dell'Istituto di Francoforte ma poco dopo, con l'avvento del
regime nazista, ha dovuto abbandonare la Germania e trasferirsi negli Stati Uniti. Qui per vari anni, sino al
1950, fu impegnato a lavorare per il Dipartimento di Stato americano, dal 1951 al 1954 fu pure delegato di
svolgere una ricerca sull'Unione Sovietica terminata con la pubblicazione di Marxismo sovietico (1958).
Nel frattempo, Marcuse aveva già presentato in inglese un
nuovo studio su Hegel, Ragione e Rivoluzione (1941), e ne 1951
era divenuto docente alla Brandeis University. Comincia allora
la divulgazione delle sue opere più conosciute, Eros e civiltà.
Un'analisi filosofica in Freud (1955), e L'uomo a una dimensione.
Scritti sull'ideologia della collettività industriale avanzata (1964),
che diverranno testi canonici durante gli anni della contestazione
studentesca negli Stati Uniti e in Europa. Divenuto docente
all'università di San Diego, in California, nel 1965, cooperò alle
lotte e alle discussioni sorte nel movimento degli studenti con
altri elaborati, quali la Critica della pura tolleranza (1965),
un'intervista dal titolo La fine dell'utopia (1967), e il Saggio sulla
liberazione (1969).
Fra gli anni Trenta e i Quaranta - dopo che Marcuse diventò componente, nel '32, dell'"Istituto per la ricerca
sociale" di Horkheimer e Adorno - divulgò sulla "Zeitschrift für Sozialforschung" una serie pregevoli saggi in
cui riadattava alcune categorie sostanziali del marxismo ( come ad es. il lavoro) sotto un punto di vista
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esistenziale heideggeriana, e andava pure rivedendo, alla luce di questa filosofia politica, concetti
importantissimi della tradizione filosofica e ideologica occidentale, dall'edonismo primitivo al liberalismo
moderno. Su Hegel tornerà poi nel 1941, con Ragione e rivoluzione, uno scritto in cui tutto il pensiero
hegeliano viene interpretato in chiave "negativa", vale a dire in dissenso alle dittature nazifasciste che
stavano distruggendo l'Europa.
Poi l'incontro con la metapsicologia di Freud. Quel che Hegel aveva riprodotto per Marcuse sul piano più
rigorosamente teoretico, restando per lui un modello filosofico durevole, un ineguagliato culmine del
pensiero meditativo e della condiscendenza dialettica della logica, della storia e dell'estetica, diventò, a
partire dagli anni Cinquanta, per il nostro pensatore, Freud sul piano dei meccanismi psicologico-sociali e
della nascita istintuale intima della civiltà.
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Esito di tale nuovo grande influsso è Eros e civiltà, del 1955, un'opera effettivamente rivoluzionaria, forse il
capolavoro di Marcuse, in cui per la prima volta egli formula una idea positiva, di società "liberata" dai
congegni della oppressione sociale che Freud considerava inevitabili per la costruzione di una civiltà, e
perciò ormai inarrestabili: l'impegno di Marcuse sta qui tutto nel dimostrare, al contrario, che la privazione
degli istinti non sarebbe affatto fondamentale per la vita familiare, per il lavoro, per le istituzioni basilari della
vita associata. A testimoniare poi quanto fosse critica la sua fedeltà al marxismo sta Il marxismo sovietico,
del 1958, in cui il pensatore svolge una linea di pensiero aguzza, difficile, ma chiara e trasparente:
dimostrare come il comunismo sovietico può essere criticato a cominciare dallo stesso marxismo, e come,
facendo leva su quanto restava di quest'ultimo nell'ideologia e nella società sovietica, si poteva concludere
una specie di "rivoluzione interna" al così chiamato "socialismo reale". Un'ipotesi disgraziatamente fuori dalla
storia e dalla concretezza, ma affascinante e significativa degli indirizzi ideologici e politici di un individuo che
potremmo chiamare il "padre di tutti i dissensi" antiautoritari, il pensatore che non ha mai smesso di
protestare, a Ovest come a Est, i regimi che si autodefinivano "democrazie" - in tutti i sensi possibili - e
affermavano di orientarsi alla tolleranza (una tolleranza a cui egli associò aggressivamente l'aggettivo di
"repressiva"). La prima fase dell'attività filosofica di Marcuse è contraddistinta dall'influenza unita sul suo
pensiero da Heidegger e Marx.
Ai suoi occhi Essere e tempo aveva fatto vedere la radicale
storicità dell'esistenza dell' uomo e posto il problema della sua
originalità in termini di decisione, cioè di prassi. Tale progetto,
ciò nonostante, era fallito perché non aveva individuato la
decisione con la rivoluzione, in quanto atto tendente a rendere
generale l'autenticità, e quindi non aveva identificato il vero
agente di questo processo storico nel proletariato. Qui diveniva
allora indispensabile rifarsi al marxismo, che tuttavia (e in
questo Marcuse si presentava in sintonia con Lukàcs) doveva
lasciare la tesi della priorità della struttura e la ostentazione di
applicare la dialettica pure alla natura, e non solamente alla
storia. I materiali per la edificazione di una nuova antropologia
storica erano dotati a Marcuse principalmente dai Manoscritti
del 1844 di Marx, nei quali il lavoro non alienato era presentato
come lo strumento con cui l'individuo realizza la propria
essenza. Il lavoro era per Marcuse, in questa fase,
differentemente da quanto pensavano i francofortesi, la
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specifica maniera di essere dell'esistenza umana nel mondo.
Nel saggio divulgato sulla rivista dell'Istituto, dal titolo Sul
carattere affermativo della cultura (1937), egli riteneva che il
tratto specifico della cultura borghese consta nel fare dello
spirito del mondo indipendente di valori, superiore e diviso dai
bisogni e dai piaceri materiali, attuabile senza dover intaccare
in alcun maniera la realtà esistente.
In questa maniera la felicità è tenuta lontano dalla realtà quotidiana e rimessa nell'ascetismo e nella
liberazione dal piano sensibile, inclusa la sessualità, deriva dal fatto che la società deve educare e tenere a
freno masse inappagate, realmente eversive. La mancanza di felicità, è perciò, soltanto il risultato di
un'organizzazione sociale illogica. In un altro saggio, divulgato sulla stessa rivista nel 1938, dal titolo ” Per la
critica dell'edonismo, Marcuse insiste sul tema della felicità personale e ne mette in risalto l'incompatibilità
con il lavoro, come testimonia l'esistenza medesima del proletariato: nella condizione storica attuale la
felicità è inaccessibile, ma tale società non è eterna. L' edonismo tradizionale, ad esempio quello epicureo,
con la sua richiesta del piacere, contiene un'istanza critica contro di essa, ma agevolando il punto di vista
dell'individuo isolato, non è in grado di tradursi in un progetto di modificazione dei materiali di vita (il tema
dell'epicureismo e della sua ricerca della felicità particolare, è bene rammentarlo, era già stato trattato da
Marx nella sua trattazione dottorale).
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Tale obbiettivo può essere raggiunto solo attraverso la prassi, fondata su una teoria critica che mette il luce,
pure mediante l'immaginazione e l'utopia, l'inadeguatezza della realtà vivente riguardo alla razionalità.
Arrivato negli Stati Uniti, Marcuse si trova a dover compiere nei confronti di Hegel un'operazione simile a
quella fatta da Lukàcs nell'Unione Sovietica: si tratta di liberare Hegel dalla taccia di fondatore del nazismo e
dell'irrazionalismo. A tale Marcuse provvede con lo scritto Ragione e Rivoluzione , che già nel titolo mette in
risalto il carattere sovvertitore, non conservatore, della ragione hegeliana, la quale, al contrario al
positivismo, non si adagia mai nel culto del fatto compiuto ma accoglie sempre una spinta critica e negativa.
Per essa, difatti, gli unici fenomeni storici possono essere compresi soltanto in quanto facenti parte di una
totalità e dal punto di vista del loro cambiamento che ne conserva le contraddizioni su tale punto, come sulla
valutazione positiva del lavoro, spunta chiara la continuità fra Hegel e Marx. Marcuse, tuttavia spartisce con
Horkheimer e Adorno un certo disfattismo sulle connessioni tra progresso tecnologico ed emancipazione
umana e, perciò, sul socialismo come progresso e, insieme dissoluzione del capitalismo. La realtà sovietica,
come egli cerca di dimostrare in Marxismo sovietico, pare anzi fare vedere che al mutamento dei rapporti di
produzione e all'incremento dei processi produttivi è collimato il venir meno della coscienza sovversiva e
l'instaurarsi di una morale repressiva. Da questo punto vista, il socialismo reale non è altro che
un'espressione vicino al capitalismo, dei caratteri opprimenti della società industriale avanzata.
Per capire i caratteri di tale repressione, Marcuse ritiene
indispensabile, in Eros e civiltà, riconsiderare la dottrina
freudiana del costituirsi della civiltà, in polemica con i
neofreudiani, in particolare con Fromm, e con la loro terapia
delle nevrosi in termini di adeguamento alla società esistente.
Secondo Freud, la civiltà inizia quando l'umanità per
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sopravvivere, rinuncia la soddisfacimento immediato delle
proprie pulsioni e sostituisce al principio di piacere il principio
di realtà. La civiltà comporta, dunque, necessariamente il
differimento dei piaceri e la repressione degli istinti: la società
impone una modificazione nella struttura degli istinti stessi, in
quanto non ha i mezzi sufficienti per mantenere in vita i suoi
membri se non imponendo ad essi il lavoro e dirottando le loro
energie dall'attività sessuale per farle convergere sul lavoro.
La domanda di Marcuse è se tale repressione sia un fatto costitutivo e ineliminabile della civiltà umana
oppure sia un fenomeno storico e, quindi, rinnovabile. Secondo Marcuse, la scarsità di beni necessari a
soddisfare i bisogni umani non è un fatto naturale, ma la conseguenza di una specifica organizzazione
sociale della scarsità ossia di una distribuzione iniqua di essa o dei beni destinati soddisfare i bisogni umani.
In altri termini, Freud ha scambiato per società tout court quello che è un determinato assetto sociale,
fondato su un dominio imposto agli individui prima con la violenza pura e poi, in forma più sottile ed efficace,
con l'amministrazione totale della società. In tal modo, alla repressione connessa all'instaurarsi del principio
di realtà, necessario alla sopravvivenza dell'umanità, viene ad aggiungersi una repressione addizionale ,
fondata su un diverso principio, il principio di prestazione . Questa repressione è connessa alle restrizioni
imposte dal dominio sociale e alla stratificazione della società secondo le prestazioni, ossia il lavoro fornito
da vari individui all'apparato complessivo della società. I canali di produzione della repressione addizionale
sono indicati da Marcuse nella struttura familiare patriarcale e monogamica, nella canalizzazione della
sessualità in direzione della genitalità e soprattutto della divisione gerarchica del lavoro e
nell'amministrazione collettiva dell'esistenza privata. In questa situazione la società tende a essere
totalitaria, ossia a rendere impossibile ogni opposizione.
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Di fatto, l'apparato produttivo ha raggiunto un tale livello di sviluppo, da rendere disponibili le risorse
necessarie per un mutamento qualitativo dei bisogni umani, ma la società totalitaria crea bisogni falsi e
artificiali allo scopo di impedire la liberazione degli individui dal dominio attraverso il soddisfacimento
completo dei bisogni vitali. Proprio confrontandola alle potenzialità non repressive che essa contiene, la
società contemporanea può essere criticata e si può aprire lo spazio per la fantasia, la quale conserva tracce
dell'impulso al piacere: grazie ad essa, diventa possibile immaginare, sulla scorta di suggestioni desunte da
Schiller come da Fourier, una società utopica non repressiva, nella quale l'eros è liberato e meno energie
istintuali sono investite nel lavoro che finisce così per diventare lavoro attraente e trasformarsi in gioco.
Nell'opera successiva, L'uomo a una dimensione, Marcuse nutre minori speranze in una possibilità di
liberazione, perché la società industriale avanzata appare totalitaria, unidimensionale . Nella stessa
tecnologia, egli riconosce uno strumento per istituire nuove forme di controllo e di coesione sociale, piacevoli
e quindi più efficaci.
Questo vuol dire che è proprio l'innalzamento del tenore di vita,
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