Bellezza e Arte 4. L’interpretazione sociologica dell’arte in Marcuse L’interpretazione estetico-sociologica del Neomarxismo del Novecento trova nell’arte uno strumento di denuncia sociale, di emancipazione e promozione umana. La posizione di Herbert Marcuse cambia nel corso della sua produzione filosofica; a partire dagli anni ’60, infatti, l’arte perde per lui la sua funzione di libertà: “Nel rapporto con la realtà della vita quotidiana, l’alta cultura del passato era molte cose – opposizione e ornamento, grido e rassegnazione. Ma era anche una prefigurazione del regno della libertà, il rifiuto di comportarsi in un dato modo. Tale rifiuto può essere scartato senza un compenso che sembri dare più soddisfazione che non il rifiuto stesso. La conquista e l’unificazione degli opposti, che trova il suo coronamento ideologico nella trasformazione dell’alta cultura in cultura popolare, ha luogo su una base materiale di accresciuta soddisfazione. Questa è pure la base che permette di realizzare una travolgente desublimazione”. (H. Marcuse, L’uomo a una dimensione, Einaudi, 1991, p. 90). L’opera, del 1964, sembra disponibile alla resa a un ordine sociale che appare totalitario, che permea di sé ogni aspetto della vita dell'individuo e, soprattutto, che ha inglobato anche una dimensione potenzialmente e tradizionalmente anti-sistema come l’arte. Evoluzione del pensiero di Marcuse In Eros e civiltà (1955), Marcuse sosteneva l’importanza e la valenza positiva del progresso tecnologico in grado di generare le premesse per una liberazione dall’obbligo del lavoro (l’automazione può ridurre il tempo e le energie dedicate al lavoro) e ritornare a liberare la propria libido verso il soddisfacimento del piacere e della felicità (in un lavoro gratificante, nelle attività sociali, nei rapporti interpersonali). L’Eros può spaziare liberamente dando vita a una società nuova dove la stessa sessualità sia liberata dalle restrizioni, dove viga un libero rapporto tra i sessi e l’arte possa essere creatività non alienata, la voce che non condanna, ma canta e intuisce un ordine senza repressione. In L’uomo a una dimensione, Marcuse denuncia il carattere fondamentalmente repressivo della società industriale avanzata che appiattisce l'uomo in un’unica dimensione, quella di consumatore, euforico e ottuso: “L’alienazione artistica è sublimazione. Essa crea immagini di condizioni irreconciliabili con il principio di realtà stabilito, le quali diventano tuttavia, come immagini culturali, non solo tollerabili, ma perfino edificanti e utili. Questo tipo di immagini va ora perdendo ogni validità. Il loro inserimento nella cucina, nell’ufficio, nella bottega; la loro trasmissione commerciale a fini economici come a fini di passatempo rappresentano, in un certo senso, una forma di desublimazione, la sostituzione di una gratificazione mediata con una immediata. Si tratta, però, di una desublimazione 1 praticata da una ‘posizione di forza’ da parte della società la quale può permettersi di concedere più cose di un tempo perché i suoi interessi si son fusi con gli impulsi più intimi dei suoi cittadini e perché le gioie che essa concede promuovono la coesione e la contentezza sociali”. (Marcuse, L’uomo a una dimensione, cit., p. 90-1). La società tecnologica avanzata riduce tutto a sé, ogni dimensione altra è asservita al potere capitalistico e al consumo, la civiltà industriale sostituisce i veri bisogni umani con altri artificiali, i fini con i mezzi. Nelle moderne democrazie occidentali i valori, che una volta erano propri di una parte della società (la classe borghese), si sono diffusi a tutti gli altri soggetti sociali, mantenendo così inalterato l'ordine esistente: è in questo quadro che Marcuse elabora il concetto di tolleranza repressiva, ovvero il momento nel quale la libertà va a coincidere col permissivismo. E la forza liberatoria dell’eros è neutralizzata per mezzo della pornografia e dell’erotismo consumistico, concesso volontariamente e presentato come forma di libertà dal sistema, in grado di assoggettare l’individuo sempre di più mantenendolo contento e innocuo. “Si paragoni, ad esempio, il far l’amore in un prato e in un’automobile, durante una passeggiata fuori mura e in una strada di Manhattan. Nel primo caso, l’ambiente partecipa dell’investimento libidico, lo solletica e tende ad assumere aspetti erotici. La libido si effonde al di là delle zone erogene immediate, in un processo di sublimazione non repressivo. Per contrasto, un ambiente meccanizzato sembra bloccare tale autotrascendenza della libido. Impedita nello sforzo di estendere il campo di gratificazione erotica, la libido diventa meno ‘polimorfa’, meno capace d’assumere forme erotiche che vadano al di là della sessualità localizzata, e quest’ultima viene ad essere intensificata. Diminuendo in tal modo l’energia erotica ed intensificando quella istintuale, la realtà tecnologica limita la portata della sublimazione, e al tempo stesso riduce pure il bisogno di questa. L’organismo viene quindi precondizionato in modo tale da accettare spontaneamente quel che gli si offre. Fintanto che la maggior libertà comporta una contrazione piuttosto che un’estensione e uno sviluppo dei bisogni istintuali, essa opera a favore anziché contro lo status quo di generale repressione, tanto che si potrebbe parlare di ‘desublimazione istituzionalizzata’”. (Marcuse, L’uomo a una dimensione, cit. p. 92). 2