Schema di Comportamento Organizzativo

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Schema di Comportamento Organizzativo
di Michele Faggion
Lezione 1 - Alle basi del comportamento individuale
La personalità
La personalità è lʼinsieme relativamente stabile delle caratteristiche psicologiche di una
persona, ossia un modello duraturo di caratteristiche che definiscono che definiscono
lʼunicità di una persona e che influiscono il modo in cui interagisce con gli altri e con lʼambiente.
Il comportamento individuale
Ambiente
-Altri individui
-Eventi
-Oggetti
-…
Individuo
-Ereditarietà
-Conoscenza
-Atteggiamenti
-Valori
-Bisogni
-Personalità
-…
Comportamento
Ogni reazione visibile
(espressioni verbali
e non verbali)
Conseguenze
-Produttività
-Conflitti
-Rinforzi
-…
Comportamento = f (individuo, ambiente)
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
La figura illustra un modello del comportamento individuale, basato su quattro elementi chiave:
1) ambiente: numerosi elementi presenti nel mondo esterno dellʼindividuo.
2) individuo;
3) comportamento;
4) conseguenze.
- Il comportamento individuale è innescato dallʼinterazione delle caratteristiche dellʼindividuo e
dellʼambiente.
- Lʼambiente interagendo con le caratteristiche dellʼindividuo (alcune innate altre frutto dellʼapprendimento e delle prime esperienze di socializzazione) produce il comportamento.
- Il comportamento è un atto manifesto che può essere valutato, motivato da diversi fattori individuali e ambientali.
- Il comportamento produce poi delle conseguenze che hanno effetti intenzionali e non. Es. il
comportamento individuale può influenzare risultati e produrre conflitti.
- Il comportamento ha inoltre conseguenze di rinforzo che influenza le probabilità che venga ripetuto: le conseguenze avranno effetti diversi rispetto a quelle dolorose e spiacevoli.
Le prospettive teoriche
1. La prospettiva genetica
Lʼapproccio ha un orientamento genetico-disposizionale ed enfatizza variabili come predisposizione, tatti, motivi che guidano il comportamento.
La personalità è determinata geneticamente, cioè ereditati:
- i tratti e gli atteggiamenti (e tendenze) sono innati (si nasce coraggiosi, estroversi, timidi);
- esperimento dei gemelli;
- ricerche dimostrano che ci siano tratti innati che determinano comportamenti non appresi, non
influenzati dal contesto o dallʼimitazione dei modelli di ruolo (cioè che non derivano da apprendimento o imitazione);
- la personalità rimane immatura e stabile nel tempo.
1
2. La prospettiva cognitiva
Nulla è solo innato e tutto è appreso. La personalità si sviluppa come risultato dellʼambiente, dellʼeducazione, di come si è stati “allevati”.
Tutti nasciamo con un codice genetico, successivamente siamo esposti a processi di socializzazione ed apprendimento che formano il carattere, il temperamento, la personalità dellʼindividuo:
a) la socializzazione è il processo che porta un individuo a imparare atteggiamenti e valori che
appartengono ad un gruppo (ad una cultura, ad una società, a unʼorganizzazione); può avvenire attraverso lʼosservazione.
b) lʼapprendimento è il cambiamento (potenziale o permanente) del comportamento dovuto allʼesperienza.
1. Modello del condizionamento classico di Pavlov
Un approccio per capire lʼapprendimento è il modello del condizionamento classico basato sul
lavoro di Pavlov che con il suo esperimento condizionò un cane ad avere una maggiore salivazione al suono di un campanello, come se fosse stato affamato.
Personalità quale il ritrarre
Il condizionamento classico richiede la presenza di un modello stimolo-risposta,
la mano da un oggetto incandescente o battere le Prospettiva
ciglia in risposta ad
un soffio dʼaria. Quando un
cognitiva
modello simile esiste, è possibile abbinare lo stimolo originale (per esempio il soffio dʼaria) a un
nuovo e diverso,„maModello
con una manifestazione
spazio-temporale
simultanea.
del condizionamento
classico
di
Il nuovo stimolo produrrà la medesima risposta di quello originale. Il nuovo stimolo viene
Pavlov
chiamato condizionato.
Certamente, il condizionamento classico non spiega come si acquisiscono capacità complesse,
quali i comportamenti verbali o praticare uno sport, ma aiuta a capire lʼapprendimento umano e
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
risposte emotive come paura e ansia.
Personalità
2. Teoria dei rinforzi
Prospettiva
cognitiva
Si tratta di una teoria per descrivere situazioni in cui
il comportamento
è influenzato dalle sue
conseguenze (modello strumentale dellʼapprendimento). Es. un elogio dellʼallenatore o del docen„ Teoria
dei rinforzi
te è incentivo per una buona
performance.
Non è così necessario avere un modello stimolo risposta perché avvenga lʼapprendimento.
stimolo
risposta
conseguenza
rinforzo
La teoria si concentra sulle conseguenze delle risposte (piuttosto che sugli stimoli) che danno il
via alla sequenza comportamentale. Gli stimoli possono innescare i comportamenti.
Lʼelemento chiave è però che una risposta particolare allo stimoloa.a.
viene
determinata dalla na2010-2011
Comportamento Organizzativo
tura delle conseguenze che scaturiscono dalla reazione.
A volte riusciamo a controllare le conseguenze dei nostri comportamenti. Altre volte molte conseguenze esulano dal nostro comportamento e possono produrre effetti collaterali.
2
Le conseguenze sono sempre collegate ai comportamenti; alcune sortiscono effetti nulli,
altre possono aumentare la probabilità che un comportamento si ripeta.
Le conseguenze possono essere:
- positive (desiderate): ricompense e riconoscimenti; cerchiamo di ripeterli;
- negative (indesiderate): rimproveri verbali e scritti e il licenziamento; cerchiavi di evitarli.
La forza di un comportamento appreso è funzione degli schemi di rinforzo.
3. La teoria dellʼapprendimento sociale
Gli individui possono imparare anche osservando e imitando gli altri o modellando il proprio comportamento su quello altrui. Questo tipo di apprendimento, detto apprendimento vicario, coinvolge pensiero, le intenzioni, la definizione di obiettivi, ecc. Lʼapprendimento avviene
ascoltando e guardando.
Una delle prime fasi di apprendimento coinvolge lʼosservazione e la riflessione, mentre quelle
successive si manifestano quando ci si impegna realmente nellʼassumere nuovi comportamenti
o schemi comportamentali.
3. La prospettiva evoluzionista: la mente adattata
Studi di psicologia evoluzionista: la personalità è il congiunto di geni e ambiente che si sono
adattati nel corso dei secoli. Apprendere è unʼattività naturale e innata.
Entrambe le prospettive sono valide: una porzione significativa della nostra personalità è il risultato
dellʼereditarietà genetica, ma una parte più consistente sembra essere legata alle esperienze che
sperimentiamo, specialmente nei primi anni di vita.
Tratti e fattori della personalità - Big Five
I tratti della personalità sono specifiche caratteristiche psicologiche. Si tratta di tendenze individuali, relativamente stabili e durature, a reagire a livello emotivo o comportamentale in un
determinato modo.
1) estroversione: orientamento fiducioso ed entusiasta nei confronti degli altri e delle circostanze
della vita;
2) amabilità: tendenza ad essere altruista, cooperativo, a dare supporto emotivo piuttosto che essere ostile, egoista e sospettoso;
3) coscienziosità: tendenza verso lʼautodisciplina, lʼaccuratezza, lʼaffidabilità, la perseveranza;
4) nevroticismo: tendenza a percepire emozioni negative come ansia, rabbia, instabilità umorale;
5) apertura: apertura verso le arti, lʼavventura, le nuove idee, immaginazione e curiosità.
Tratti e orientamenti al lavoro
Affettività positiva e negativa sono due tratti generali che possono esprimere lʼorientamento dellʼindividuo nei confronti del proprio lavoro.
1) lʼaffettività positiva:
i. se alta simile allʼestroversione, è collegata ad una forte e positiva consapevolezza del
proprio star bene, del ritenersi attivi e coinvolti in attività piacevoli e divertenti. Tali individui sono attivi, esuberanti, energici, forti e piacevoli.
ii. se bassa, tipica delle persone spente e indolenti.
2) lʼaffettività negativa:
i. se alta, tipica delle persone infelici, si sente sotto stress, si focalizza sugli insuccessi,
ostile, vede se stesso come negativo;
ii.se bassa, tipica delle persone calme, tranquilla e rilassata.
Tali tatti non esistono come estremi di uno stesso continuum.
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Personalità
La personalità in ambito organizzativo
Attrazione
e organizzazione
Selezione
Attrito
„ In quali
situazioni
organizzative
hanno al lavoro e alla carriera, leaLa personalità è un elemento
chiave
per comprendere
lʼadattamento
dership e potere.
maggiore impatto i tratti della personalità e i
Lʼimpatto della personalità
sul comportamento
organizzativo è analizzabile nella sequenza attracomportamenti
individuali?
zione-selezione attrito: 9
le persone
sono
attratte
e deboli:
tendonobasso
a selezionare
Situazioni organizzative
grado di le situazioni organizzative in cui intendono ad essere
coinvolte.
mano che lʼorganizzazione attrae persone simili fra
controllo
e di Man
formalizzazione
loro e allontana quelle diverse, diventa più omogenea.
9 Situazioni organizzative forti: situazioni
Questa dinamica è stabilita dalle persone che hanno dato vita allʼorganizzazione, definendone le
strutturate, regole, procedure, bassa
norme e mantenendone la cultura.
discrezionalità
Nella micro organizzazione di un gruppo, la riduzione delle differenze individuali può portare a fe2010-2011
Comportamento
nomeni di groupthink,
mentreOrganizzativo
a livello di macro organizzazione puòa.a.generare
culture monolitiche e resistenti al cambiamento.
Manifestazione della personalità: la prospettiva situazionale
Esistono situazioni che favoriscono lʼespressione della personalità? Eʼ inoltre possibile che un tipo
di personalità contribuisca a determinare un tipo di situazione:
1) situazioni organizzative deboli: a basso grado di controllo e formalizzazione. Si tratta di situazioni ambigue e poco strutturate, e le caratteristiche della personalità diventano una più forte
spiegazione e causa del comportamento; ci aspettiamo che la personalità venga meglio espressa in realtà organizzative poco strutturate, con poche regole, politiche e procedure.
2) situazioni organizzative forti: situazioni strutturate, regole, procedure, bassa discrezionalità.
In queste situazioni si possono aggiungere riconoscimenti, standard e le aspettative che rendono le differenze di personalità tra individui meno evidenti.
Personalità e adattamento alla vita lavorativa e organizzativa
Orientamenti organizzativi alla personalità
Un modello della personalità che affronta il tema dellʼadattamento alla vita lavorativa è quello degli orientamenti organizzativi alla personalità, secondo cui sono individuabili tre profili:
1) istituzionalizzato:
a. commitment organizzativo “affettivo”
b. identificazione con lʼorganizzazione (ricerca di riconoscimenti, successo di status, scarsa
tolleranza allʼambiguità);
c. rispetto della gerarchia;
2) professionista:
a. commitment professionale
b. identificazione con comunità di riferimento professionale
c. riconoscimento non retributivo, ma legato alle competenze possedute (le richieste dellʼorganizzazione sono delle seccature, un male necessario);
3) indifferente:
a. commitment organizzativo “normativo”;
b. realizzazione personale al di fuori del luogo di lavoro.
c. lavora per lo stipendio, il lavoro non è parte importante della sua vita, non prova forte
coinvolgimento nellʼorganizzazione.
d. separa il lavoro dagli altri aspetti più importanti della vita, quali stima e autorealizzazione.
e. non sviluppa commitment organizzativo e rifiuta i simboli di status allʼinterno dellʼorganizzazione.
Locus of controllo e concetto di sé
Eʼ la credenza circa il “luogo” dove viene esercitato il controllo sulla nostra vita
La dimensione della personalità influenza lʼopinione dellʼindividuo circa la localizzazione dei fattori
interni ed esterni che determinano il suo comportamento:
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- locus of control “interno”: posso controllare la mia vita e determinarne gli esiti; sforzo, impegno
e capacità possono determinare quanto accade loro;
- locus of control “esterno”: la fortuna, gli altri, il destino influenzano la mia vita; pensano di non
aver alcun controllo sulla propria vita.
Quanto lʼorientamento di una persona verso il controllo non è coerente con lʼambiente, vi possono
essere risposte comportamentali molto diverse: elevati gradi di formalizzazione nellʼimpiego di regole, direttive, procedure e controllo di gesione possono essere frustranti per quanti hanno un forte
locus of control interno, provocando reazioni di “ostilità” e di abbandono dellʼ “organizzazione”.
Macchiavellismo
Gli individui macchiavellici:
- hanno elevata autostima e fiducia in se stessi e si comportano nel proprio interesse;
- freddi e calcolatori
- alleanze contingenti ai loro scopi;
- distaccati sulle conseguenze delle loro azioni;
- manipolatori;
- abili nello scegliere le situazioni nelle quali le loro tattiche funzionano al meglio (colloqui vis a vis,
situazioni ad alto coinvolgimento emotivo, non strutturate o ambigue).
Autovalutazione e concetto di sé
Ognuno può essere il miglior psicologo di se stesso, se consapevole di alcuni comportamenti
umani e personalità.
La personalità è un tema che riguarda le persone, esseri umani. Quando un individuo entra a far
parte dellʼorganizzazione porta con sé tutte le sue caratteristiche personali. La core self evoluation
è un processo fondamentale di conoscenza di se stessi, a livello di subconscio. Questo processo è
funzione dellʼautostima, della stabilità emotiva, del senso di autosufficienza e del locus of control
interno.
Persone con elevata core self valuation tende ad avere maggiore autostima, autoefficienza, locus
of control interno e alta stabilità emotiva: questi hanno una maggiore soddisfazione sul lavoro, nella vita e raggiunge performance lavorative elevate.
Autovalutazione e concetto di sè
„ Equazione dell’idea di sé
valutazione
<1
Conflitto
=1
Equilibrio
>1
??
idea di sé
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Comportamento Organizzativo
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Lezione 2 - Atteggiamenti, percezioni e giudizi
Gli atteggiamenti sono definiti come tendenze a reagire in modo favorevole o sfavorevole
verso un oggetto (specifico o generico) o un referente.
Gli atteggiamenti perciò riflettono ciò che una persona gradisce o non gradisce del proprio
ambiente in merito alle altre persone, agli eventi oggettivi e alle attività in genere.
- Gli atteggiamenti si posizionano su un continuum positivo - negativo e possono essere modificati nel tempo, rispetto ai tratti della personalità che sono relativamente stabili.
- Tendono ad una condizione di equilibrio (non esistono atteggiamenti isolati).
- Si basano su valori e credenze.
- Gli atteggiamenti inoltre si basano su componenti cognitive (credenze e pregiudizi), componenti
conative (modi di agire) e componenti emotive (pregiudizi e stereotipi).
Valori e credenze
Il valore è la percezione profonda in relazione a ciò che è giusto e sbagliato. Sono gli obiettivi
delle aspirazioni.
Sono schemi di riferimento di tipo ideale o ideologico che forniscono la giustificazione ai nostri
comportamenti.
La credenza è la componente cognitiva degli atteggiamenti. Rappresenta la realtà percepita,
senza reazioni favorevoli o sfavorevoli (come per gli atteggiamenti). Esprimono il pensiero di
una persona senza un oggetto.
Come si formano gli atteggiamenti?
Attraverso la socializzazione siamo esposti a numerose esperienze personali che hanno effetti
duraturi.
Le esperienze positive o negative nei confronti di un oggetto contribuiscono fortemente al formarsi
di credenze, convinzioni e sentimenti nei confronti dellʼoggetto stesso.
Nel processo di formazione degli atteggiamenti, genitori, parenti, amici forniscono rinforzi, agiscono come modelli di comportamenti imitabili e fungono da fonte di informazione e formazione.
A cosa servono?
Atteggiamenti: a cosa servono?
Stimolo
Percezione
Profumo
Profumodidicibo
cibo
Musica
Musica
Voci
Voci
Risate
Risate
Concetto
Concettodidi“festa”
“festa”
ee atteggiamenti
atteggiamentinei
nei
confronti
confrontidelle
dellefeste
feste
Reazione personale
Funzione
atteggiamenti
Potrebbe
Potrebbe essere
essere una
una festa…
festa…
mi
mi servirebbe
servirebbe proprio
proprio un
un po’
po’
di
di divertimento
divertimento
Fornire un quadro
di riferimento
Una
Una possibilità
possibilità di
di incontrare
incontrare
persone
persone nuove…
nuove… speriamo
speriamo
che
che ilil padrone
padrone di
di casa
casa mi
mi
inviti
inviti
Rinforzo
Le
Le feste
feste fanno
fanno bene
bene alle
alle
persone,
persone, danno
danno loro
loro una
una
opportunità
opportunità per
per rilassarsi
rilassarsi ee
divertirsi
divertirsi
Espressione dei
valori
IlIl padrone
padrone di
di casa
casa èè stato
stato
poco
poco corretto,
corretto, quando
quando ha
ha
chiamato
chiamato la
la polizia,
polizia, non
non ce
ce
n’era
n’era affatto
affatto bisogno
bisogno
Protezione del
proprio ego
Non
Non bisognerebbe
bisognerebbe bere
bere ee poi
poi
guidare
guidare …ma
…ma di
di solito
solito non
non
accade
accade nulla!
nulla!
Riconciliare le
contraddizioni
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
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Qualunque sia la reazione ad un oggetto, sarà determinata da una situazione, dal contesto, dalla personalità e dellʼatteggiamento nei confronti dello stesso.
Gli atteggiamenti sono quindi funzionali ai comportamenti e le principali funzioni sono:
- fornire un quadro di riferimento: dare un senso allʼambiente che ci circonda, quadro con cui
interpretare il mondo;
- rinforzo: gli atteggiamenti possono diventare mezzo per il fine;
- espressione di valori: attraverso la comunicazione e non;
- proiezione del proprio ego: ci aiutano a mantenere immagine e rispetto di noi stessi;
- riconciliare le contraddizioni: atteggiamenti contradditori possono provocare dissonanza o
disagio. Ciò accade quando vengono riconciliate e risolte da un processo di catalogazione a
compartimenti.
Atteggiamenti
Un modello semplificato
Un modello semplificato degli atteggiamenti
Gli atteggiamenti sono strettamente collegati a valori e credenze, precedendo le intenzioni ad
assumere un comportamento e il comportamento stesso.
Caratteristiche degli atteggiamenti
1) Oggetto
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
- Gli atteggiamento
sono sempre rivolti verso un oggetto identificato (persone,
cose o situazioni);
- Non esiste un atteggiamento buono/positivo o cattivo/negativo “in assoluto”;
2) Componente affettiva
Eʼ il tono emotivo generato da e verso lʼoggetto dellʼatteggiamento. (mi piace- non mi piace). Sono le preferenze verso un oggetto.
3) Componente cognitiva
Risultato delle cose che osserviamo intorno a noi e che associamo, positivamente o negativamente, allʼoggetto del nostro atteggiamento (ad es. atteggiamenti verso il lavoro o lo studio).
4) Atteggiamenti e intenzioni
Il nostro atteggiamento verso un oggetto ci incoraggia a prendere decisioni e ad agire.
5) Atteggiamenti e comportamento manifesto
Gli atteggiamenti ci portano a comportarci in un certo modo. Ad eccezione del comportamento
manifesto, tutti gli altri aspetti degli atteggiamenti sono interni e non osservabili.
6) Stabilità degli atteggiamenti
Gli atteggiamenti sono stabili in quanto derivano da elementi multipli che tendono a rinforzarsi e
autogiustificarsi.
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Dissonanza cognitiva
- Le persone hanno bisogno di sentire una corrispondenza fra il loro comportamento e i loro
atteggiamenti, credenze e pensieri. Quando manca si verifica una dissonanza cognitiva.
- Siamo motivati a giustificare e a cercare coerenza fra i nostri comportamenti, pensieri e sentimenti. La dissonanza decisionale: non ci sono sufficienti giustificazioni per ciò che si sta facendo (Barnard - la comunicazione organizzativa).
- Una delle cause di dissonanze possono essere anche le aspettative disattese.
La percezione
La percezione
La percezione è il processo psicologico di creazione di unʼimmagine interna del mondo interno.
„ Processo psicologico di creazione di un'immagine
interna del mondo esterno
PERCEIVER
PERCEIVER
--Apprendimento
Apprendimento
--Atteggiamento
Atteggiamento
--Personalità
Personalità
--Bisogni
Bisogni
--Emozioni
Emozioni
-Fattori
-Fattorifisici
fisici
La situazione e
il contesto
Condizioni fisiche
Ambiente sociale
REAZIONI INTERNE
- Selezione
- Organizzazione
- Interpretazione
- Giudizio
- Attribuzioni
- Pregiudizi ed errori
EVENTO,OGGETTO
OGGETTO
EVENTO,
Dimensioni
Dimensioni
Intensità
Intensità
Contrasto
Contrasto
Movimento
Movimento
Novità
Novità
Ambiguità
Ambiguità
Status
Status
COMPORTAMENTO
MANIFESTO
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
Eʼ il processo cognitivo attraverso il quale le persone raccolgono e organizzano informazioni su un
oggetto o su persone o su eventi.
Lʼinterpretazione che ne risulta è la verità del perceiver; del resto, se diverse persone osservano
lo stesso ambiente fisico, la percezione può variare da individuo ad individuo.
La percezione è un processo dinamico, una ricerca della migliore interpretazione dei dati disponibili, ma non necessariamente accurata.
1) Il perceiver
- La relazione fra perceiver e apprendimento è biunivoca, poiché il modo di percepire è qualche cosa che noi apprendiamo e ciò che apprendiamo influenza le nostre percezioni.
2) Elementi del processo percettivo:
- Selezione: processo di scelta degli stimoli che attirano lʼattenzione individuale. Dipende dalle caratteristiche personali, dagli attributi dellʼoggetto e dalla situazione.
- Organizzazione: ricondurre gli stimoli a un modello costruito in base a precedenti esperienze.
3) Effetti legati allʼevento o allʼoggetto; caratteristiche dellʼoggetto che possono avere effetto su
come viene percepito:
- dimensioni: è più probabile notare oggetti di grandi dimensioni piuttosto che di piccole;
- intensità dello stimolo: suoni particolarmente forti si sentono facilmente, oggetti chiari e brillanti;
- contrasti: è facile prestare attenzione a qualunque cosa che risalti rispetto allo sfondo;
- movimento e ambiguità: un oggetto in movimento o cose inusuali attirano lʼattenzione;
- ambiguità: gli eventi ambigui o incompleti si prestano maggiormente ad interpretazioni personali;
- caratteristiche delle altre persone: ad es. status sociale.
8
4) Situazione
Stimoli identici possono facilmente portare a percezioni differenti, se le condizioni di contesto si
modificano. Una persona con un coltello...allʼinterno di una cuna o durante una manifestazione
pubblica.
Errori di percezione (o biases)
In aggiunta alle distorsioni dovute alla percezione non accurata, vi sono altri aspetti cognitivi che
possono portare a giudizi inaffidabili e non accurati.
1) prima impressione: attribuisco comportamenti stereotipati in base a caratteristiche che vedo
(tratti somatici, vestiti, gestualità, ecc.); sono più forti e durevoli nella prima fase di una relazione
con intenzioni di breve durata;
2) effetto alone: atteggiamento psicologico consistente nella tendenza automatica, durante la
valutazione di una persona, ad associare ad una qualità positiva, ad esempio, la bellezza fisica, altri aspetti privi di reale correlazione con quella qualità, come simpatia, intelligenza, competenza e affidabilità.
3) proiezione: attribuiscono i miei tratti della personalità ad altri (può accadere in positivo o in negativo) e questo influenza i miei giudizi.
4) teoria implicita della personalità: schemi mentali che le persone utilizzano per raggruppare
diversi tipi di personalità associando tratti della personalità diversi tra loro (“gli individui onesti
sono grandi lavoratori”).
5) stereotipi: collegare le caratteristiche di una persona alle caratteristiche del suo gruppo di riferimento.
Teoria dell’attribuzione
Teoria dellʼattribuzione
PERCEZIONE
PERCEZIONE
Percettore
Percettore
GIUDIZI
Attribuzione di cause
REAZIONI
REAZIONI
Comportamento
Comportamento
Sentimenti
Sentimenti
Conclusioni
Conclusioni
Evento
Evento
GIUDIZI SUGLI ALTRI
Errore di attribuzione
fondamentale: il comportamento
altrui è determinato dalle
caratteristiche delle persone e
non dalla situazione
GIUDIZI SU SE’ STESSI
Self-serving bias:
Fallimenti attribuiti all’ambiente
e successi attribuiti a sè stessi
Come intendiamo spiegare le cause di un comportamento: è la ricerca della spiegazione natua.a. 2010-2011
Organizzativo
rale/necessaria (perComportamento
evitare dissonanze
cognitive).
Le attribuzioni sono giudizi che influenzano i sentimenti, i comportamenti e le conclusioni
che possiamo trarre riguardo le nostre esperienze. Si distinguono:
- attribuzione interna: la causalità è assegnata a un agente interno che è sotto il nostro controllo;
- attribuzione esterna: la causalità è assegnata a un agente esterno che è fuori dal nostro controllo, che influenza o limita il nostro comportamento.
Lʼerrore di attribuzione fondamentale: tendiamo ad attribuire...
- i successi dono frutto del nostro sforzo;
- gli insuccessi dipendono da fattori esterni;
Perché si incorre in questo errore?
Eʼ la tendenza a sottostimare una situazione come causa del comportamento.
a) assunzione della libera scelta e della responsabilità personale;
b) azioni importanti e con effetto diretto su di noi: motivi personali.
Quando questo errore è più forte? Quando valutiamo noi stessi.
9
Influenze sulle attribuzioni al comportamento altrui (altre ragioni sulle attribuzioni di un comportamento altrui):
a) coerenza: se una persona si comporta nello stesso modo in situazioni simili = motivazione interna;
b) distintività: quanto più un comportamento è distintivo/unico = motivazione esterna;
c) consenso: quando la persona di cui stiamo giudicando il comportamento agisce in maniera diversa dagli altri in una data situazione = motivazioni interne;
d) priavacy dellʼatto: azioni compiute in assenza di altri = motivazioni interne;
e) status: persone di status sociale elevato sono considerate più responsabili delle proprie azioni
= motivazioni interne.
Implicazioni organizzative
1) risoluzione di problemi e processi decisionali: richiede il riconoscimento delle cause più
probabili; distorsioni nellʼanalisi del problema e nella scelta della decisione;
2) valutazione della performance: si tende a dare maggior peso allo sforzo rispetto alla performance.
3) gestione della diversità: gestione di gruppi di minoranza (ad es. donne o immigrati).
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Lezione 3 - Dal comportamento individuale a quello di gruppo
Un gruppo è un insieme di due o più persone che interagiscono e dipendono gli uni dagli altri
per il raggiungimento di un obiettivo comune (sulla base della condivisione di interessi, di scopi
comuni, di regole che sviluppano relazioni e ruoli).
Il gruppo esiste quando gli individui che lo compongono si definiscono membri e la sua esistenza
è riconosciuta da tutti.
Un team è una forma particolare di gruppo in cui i compiti e le attività sono definite, i ruoli determinati e vi è un alto impegno da parte dei membri (circoli di qualità, team di sviluppo prodotto, ecc.).
Perché lavorare in un gruppo?
1) pressione a rendere lʼambiente di lavoro più partecipativo;
2) maggiori livelli di delega, di empowerment (responsabilità), crescente importanza dellʼorganizzazione “orizzontale” team based piuttosto che verticale;
3) cambiamenti e interazioni con il contesto competitivo gestite attraverso gruppi;
4) coalizioni di comando si esprimono attraverso dinamiche di gruppo.
Tipologie di gruppo
1) gruppi familiari: gruppi di persone con le quali ci identifichiamo e dai quali siamo più inclini
ad essere influenzati. Le aspettative del gruppo esercitano una pressione che spinge a conformarci. Le prime esperienze di socializzazione sono determinanti per la formazione di valori,
credenze e atteggiamenti: conoscendo i gruppi primari a cui appartiene un soggetto, le sue
azioni diventano più prevedibili.
2) gruppi sociali: qualsiasi gruppo rispetto al quale il soggetto manifesta un senso di appartenenza. Web 2.0 e social network: che tipo di gruppo e che implicazioni per il funzionamento
aziendale?
______________________________________________________________________________
1) gruppi formali: (visibilità e riconoscimento organizzativo): costituiti per raggiungere un determinato obiettivo (per iniziare, organizzare e portare a termine unʼattività e hanno uno scopo definito con tempi e modalità predefinite; ad esempio, comitato per le pari opportunità, gruppi di progetto per lo sviluppo di un nuovo prodotto.
2) gruppi informali: si costituiscono in risposta a bisogni individuali, lʼappartenenza è volontaria,
condivisione di interessi e valori. Ha origine indipendente dallʼappartenere alla medesima organizzazione (può nascere in risposta alla pressione dellʼorganizzazione).
✦ Cliques: (orizzontali, verticali, random);
✦ Finalità: eludere regole e procedure e aumentare il potere dei membri vs. il potere formale.
✦ Anche lʼorganizzazione può dare origine a gruppi informali (amicizie fra colleghi, cliques,
gruppi di potere).
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Perché si formano i gruppi?
Perché si formano i gruppi?
CARATTERISTICHE
PERSONALI
INTERESSI E
OBIETTIVI
Condivisione di valori
Necessità di cooperazione
Bisogni di sicurezza
Confronto intellettuale
Bisogni di affiliazione
FORMAZIONE
DI UN GRUPPO
POTENZIALE DI
INFLUENZA
Amicizia, attenzione,
protezione
OPPORTUNITA’ DI
INTERAZIONE
Maggiore potere negoziale
del gruppo
Prossimità fisica
Previsione di interazioni
future
Influenza reciproca e team
leadership
La formazione di Comportamento
un gruppoOrganizzativo
soddisfa i bisogni di appartenenza e di stima:
a.a. 2010-2011
1) fattori individuali: condivisione di opinioni, idee, atteggiamenti; attività di team-building: condivisione di valori, bisogni di sicurezza, bisogni di affiliazione;
2) interessi e obiettivi comuni: specializzazione delle conoscenze, cooperazione; comunità di
pratica, sindacati. necessità di cooperazione (stimolo alla formazione del gruppo), confronto intellettuale, amicizia, attenzione e protezione (bisogno emotivo).
3) potenziale di influenza: potere negoziale, lobby; maggiore potere negoziale del gruppo (rispetto a quello individuale), influenza reciproca e team leadership;
4) opportunità di interazione: prossimità fisica (spazi e artefatti), previsione di interazioni future.
Lʼefficacia di un gruppo
Un gruppo lavora bene quando...
1) Fattori di contesto: influenzano le dinamiche di gruppo, ma anche la sua efficacia. Sono fuori
dal controllo del team.
a) settore (servizi, innovazione, ecc.): i team sono più efficaci nel settore dei servizi (alta specializzazione del lavoro e dinamismo competitivo);
b) organizzazione: (team beased, sistemi di valutazione): fungono da rinforzo perché influenzano
lʼefficacia del team; cultura organizzativa, people management, team oriented.
c) sponsorship
Individuo o gruppo che sostiene dallʼesterno lʼattività del gruppo, fornendo:
- obiettivi (goal setting): definizione degli obiettivi, fornire indicazioni generali;
- risorse (interne ed esterne): deve aiutare il reperimento delle risorse;
- comunicazione verso il resto dellʼorganizzazione da parte dello sponsor;
- visibilità delle attività del progetto e dello stato di avanzamento: il team esiste, il lavoro che sta
svolgendo, gli obiettivi raggiunti;
2) Dinamiche e processi di gruppo: sono sotto diretto controllo del team:
a) dimensione del gruppo: incide sul comportamento del gruppo:
- diadi: statiche, si preferisce evitare la gestione del disaccordo; quando cʼè disaccordo, non esiste
una terza persona che risolva i conflitti o che dia un aiuto nel trovare una soluzione: tensioni e
sentimenti di ostilità.
- triadi: tensioni, giochi di potere;
- piccoli gruppi: work team, project team. Processi cognitivi (group think, dinamiche specifiche di
coesione e leadership).
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Al crescere della dimensione dei gruppi:
- diminuiscono le opportunità di partecipare;
- diminuisce la coesione del gruppo;
- diminuisce la soddisfazione;
- aumenta il grado di formalizzazione.
b) struttura del gruppo:
Funzioni (attività svolte) e ruoli (reciproche aspettative di comportamento).
- corretta progettazione organizzativa (ruoli - tensioni di ruolo);
- scelta di obiettivi: permette il formarsi di funzioni (divisione di ruoli e responsabilità).
Dal processo di assunzione dei ruoli possono derivare i seguenti problemi:
1) ambiguità di ruolo: la persona non sa che cosa ci si aspetta da lei o perché non le viene comunicato o perché non le vengono date le informazioni per metterle in pratica il ruolo;
2) conflitti di ruolo: diversi soggetti che contornano il ruolo hanno diverse aspettative nei confronti della persona che lo copre;
3) incongruenza di ruolo: il ruolo è incongruente rispetto alle caratteristiche dellʼindividuo che lo
ricopre.
Dinamiche e processi di gruppo
di(pressione
maturità
del gruppo
c) grado di maturità del gruppo: stadi Grado
di sviluppo
temporale).
ORIENTAMENTO
CONFLITTUALITA’
COESIONE
STRUTTURAZIONE
Bisogni di sicurezza
Appropriazione del
territorio
Definizione scopi
Definizione priorità
Regole di base
Incertezza
Leadership
formale/informale
Come mi inserisco?
Perché siamo qui?
Valutazione azione
comune
Censimento risorse
interne
Tensioni, ostilità e
resistenze
Sottogruppi e cliques
Sfida alla leadership
Qual è il mio ruolo?
Perché stiamo
litigando?
Consenso su obiettivi
Followership
Gradimento reciproco
Norme condivise
Fiducia
Cooperazione
Illusione, disillusione,
Cosa si aspettano gli
altri da me?
Siamo d’accordo sui
ruoli e sul lavoro?
Appartenenza
Riconoscimento
formale
Gestione del potere
Tolleranza e
costruttività
Flessibilità
Come posso rivestire
al meglio il mio ruolo
e svolgere al meglio il
mio lavoro?
FORMING
STORMING
NORMING
PERFORMING
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
Forming: atteggiamenti diversi
Storming: i membri cominciano ad esporsi
Adjourning?
- Che cosa accadrà dopo?
- Qualʼè lʼatteggiamento dei partecipanti nei confronti dellʼabbandono del gruppo?
- Il lavoro è concluso: riconoscimento, ritorno allʼautonomia, futuri incarichi del gruppo.
d) Status: posizione relativa di una persona in una società/gruppo:
- misura del rango: titolo, titolo di studio, premi ricevuti, reddito, disponibilità o proprietà di risorse,
attributi estetici personali;
- condiziona i modelli di interazione: alle persone di status elevato viene concesso un maggiore
margine di devianza.
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e) Norme: strumento di primaria importanza per conseguire il controllo e la prevedibilità del
gruppo:
- aspettative di comportamento condivise che si applicano a tutti i membri del gruppo: stabiliscono
comportamenti accettabili e inaccettabili per i membri del gruppo;
- hanno il compito di dare sicurezza e di rifletter valori e atteggiamenti del gruppoM
- le norme più importanti sono quelle che si riferiscono ad attività cruciali per il gruppo:
- si traducono in prassi, regole condivise, convenzioni;
- servono a garantire livelli minimi di prestazione ed equità.
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Lezione 4 - Modelli per prendere decisioni
A. Dal problema alla decisione
a) problema: differenza tra una situazione presente e una situazione desiderata;
b) decisione: scelta di un dato corso di azione tra quelli precedentemente individuati;
c) opportunità: riconoscimento di una situazione potenzialmente migliore rispetto alla situazione
Le dimensioni della decisione
attesa o desiderata;
Certezza
Rischio
Incertezza
La dimensione della decisione:
1) contesto: certezza, rischio, incertezza;
2) rilevanza: di routine vs strategiche;
3) tempo: di breve periodo vs di lungo periodo.
contesto
decisione
Di routine
Strategiche
rilevanza
tempo
Breve periodo
Lungo periodo
1) Contesto
Comportamento Organizzativo
a.a. 2010-2011
- certezza: completa e accurata conoscenza degli esiti di ciascuna alternativa: esiste cioè un solo risultato associato ad ogni alternativa;
- rischio: ci sono più risultati associati a ogni alternativa e si conosce la probabilità di ciascuno;
- incertezza: ci sono più risultati associati ad ogni alternativa e non si conosce la probabilità di
ciascuno.
2) Rilevanza
a) decisioni programmate (pseudo decisioni): affrontano problemi strutturati a rilevanza operativa, per es. il lancio di un ordine di acquisto quando le scorte raggiungono un certo livello;
b) decisioni non programmate: affrontano problemi non strutturati in situazioni di grande incertezza, hanno un rilevante impatto sullʼorganizzazione.
3) Tempo
a) decisione ad effetto immediato
b) decisione ad effetto molto lontano nel tempo
B. I modelli decisionali
1. Il modello razionale-normativo
- Obiettivo: massimizzazione della funzione di utilità del decisore; applico criteri razionali nel processo decisionale.
- Assunzioni:
- chiarezza del problema;
- tutte le alternative devono essere conosciute;
- preferenze chiare e costanti nel tempo;
- assenza di vincoli;
- massimizzazione del risultato atteso (con il valore più alto).
Il modello ha carattere normativo; si basa sullʼosservazione di errori.
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Esempi di decisioni ottimizzabili:
- In un reparto di produzione, con tecnologie date, volendo ottenere un livello di produzione desiderato con costi e tempi minimi, diviene importante trovare la sequenza di operazioni che porta a
tale risultato;
- Data una serie finita di titoli con un rendimento noto e un budget da investire, si può cercare di
individuare il portafoglio ottimale in base alla redditività attesa;
- Dato il prezzo di mercato di un bene, si può determinare il volume ottimo di produzione in base ai
propri costi;
- Nella schedulazione della produzione, nella costruzione e assegnazione dei turni di lavoro, nella
ricerca operativa, nella programmazione lineare, nelle simulazioni al computer.
2. Il modello euristico:
- Obiettivo: soddisfacimento delle aspettative, arrivare ad una decisione più velocemente, facilmente ed efficientemente, attraverso i “dilemmi più frequenti”, routine o programmi (best
practies)
- Assunzioni:
- razionalità limitata e satisfacing;
- sono poche le alternative conosciute e le loro conseguenze;
- abilità umane fallibili e informazioni imperfetta.
Il risultato non è ottimale, ma soddisfacente (Simon).
Alcuni esempi:
- Quale nuovo prodotto/servizio è meglio sviluppare e lanciare da parte di unʼorganizzazione?
- Quale persona è meglio assumere come responsabile di una funzione aziendale?
- Quale programma di formazione è meglio sviluppare?
I limiti del decisore nel processo decisionale:
a) ricognizione del problema;
b) definizione del problema e degli obiettivi;
c) criteri di decisione;
d) generazione e valutazione delle alternative;
e) scelta della soluzione;
f) implementazione della decisione;
g) valutazione e controllo degli effetti.
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Le euristiche ovvero procedimenti e regole di ricerca/ scorciatoie
- regole empiriche che guidano la ricerca di alternative in “aree” dove esiste una buona
probabilità di trovare soluzioni soddisfacenti;
- semplificano i problemi e aiutano il decision maker a convivere con un overland informativo. Dipendono da:
- esperienza
- soggettività nella raccolta e implementazione delle informazioni.
- riduce il numero di alternative da esaminare, ma introduce distorsioni soggettive nella decisione.
3. Il modello garbace can
In situazioni decisionali incerte e dinamiche, nelle quali il processo decisionale si interrompe e si
riprende più volte e più attori vengono coinvolti nella decisione. In tali contesti è difficile identificare
e definire i problemi, delineare le alternative decisionali ed esprimere giudizi di preferenze.
Vi è una tendenza a razionalizzazzione ex post della decisione, a decisione presa.
Anarchie organizzative:
- le preferenze individuali sono articolate;
- è difficile identificare e definire i problemi;
- non sono chiare le alternative decisionali;
- è difficile esprimere giudizi sulle azioni.
Le decisioni sono lʼeffetto dellʼincontro casuale di un flusso continuo
di:
Il modello
garbage can
a) problemi: divario fra situazione presente e desiderata. Sono indipendenti
dalle soluzioni (ci sono problemi che
non hanno soluzione);
b) soluzioni: idee (“soluzioni in cerca di
un problema”) che scorrono nellʼorganizzazione. Alternative di azione che,
talvolta, fanno emergere dei problemi
di cui lʼorganizzazione non è consapevole;
c) partecipanti: forniscono al processo
decisionale valori, comportamenti ed
esperienze (poco tempo e poche
energie);
Comportamento Organizzativo
d) opportunità: occasioni nelle quali ci si aspetta una decisione (routinarie - eccezionali);
La qualità della decisione dipende dalla tempestività.
Eʼ un modello efficace con obiettivi ambigui e i metodi per raggiungerli non compresi.
17
a.a. 2010-2011
4. Modello cibernetico
Eʼun modello conservativo basato sulla teoria del condizionamento classico e sulla strategia
prova-errore.
- Obiettivo:
- massimizzare la probabilità di sopravvivenza;
- minimizzare il rischio e la complessità del problema.
SI basa sulla ricerca di procedure (routine) da applicare nel caso in un si presenti un “certo”
problema: spesso manca la comprensione del problema (procedura di riavvio del pc).
Eʼ basato sulla teoria del condizionamento classico per cui qualsiasi azione che produce effetti positivi viene memorizzata e riproposta in situazioni analoghe “Lʼaltra volta ha funzionato!”.
Dove sta la razionalità?
- nel riconoscimento del problema cui applicare la routine;
- nella capacità dʼapprendimento.
- Lʼapprendimento avviene per imitazione di azioni di successo:
a) benchmarkig;
b) posso applicare anche azioni che non ho sperimentato direttamente ma che ho visto fare da
altri in un analogo contesto.
Eʼ un processo di diffusione del know how tecnologico, avviene per imitazione.
5. Modello inconscio-intuitivo
Eʼ la presa di decisioni in contesti di emergenza:
- tempi ristretti e con complessità elevata;
- decisioni guidate da istinto e inconscio;
Si parla di effetto “Delibarationn without attention”:
a) i decisioni che hanno tempo di ponderare le proprie scelte prendono decisioni migliori nel caso
di problemi semplici e a bassa complessità;
b) i decisori che non hanno tempo di ponderare le proprie scelte prendono decisioni migliori nel
caso di problemi ad alta complessità.
C. Bias decisionali ed euristiche
Gli errori e i bias decisionali si possono manifestare in diversi fasi del processo decisionale:
1) errori nella selezione e nella definizione del problema da risolvere;
2) errori nella generazione e valutazione delle soluzioni;
3) errori nellʼattuazione delle decisioni;
1) Selezione e definizione del problema
a) errore di ancoraggio
Deduzione che avviene a partire da un valore/considerazione/evento da cui si parte per assumere una decisione.
Nellʼemettere un giudizio compiamo delle approssimazioni; valutiamo la nostra posizione rispetto
ad un punto di riferimento e poi, a seguito di aggiustamenti, raggiungiamo la decisione finale.
Il punto di riferimento iniziale rispetto al quale compiamo un giudizio (ancora) esercita unʼinfluenza
determinante sul nostro giudizio finale.
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Questa distorsione avviene per scarsità di tempo ed informazioni.
Assume la forma del trascinamento: prendo una decisione per aggiustamento rispetto a dati/avvenimenti passati.
b) errore di disponibilità
Nel momento in cui dobbiamo emettere un giudizio probabilistico sulla frequenza di un
evento, tale giudizio sarà influenzato dal numero e dalla facilità degli esempi di quellʼevento
che recuperiamo in memoria.
- Alcuni eventi sono considerati più probabili in base alla facilità con cui possono essere immaginati o ricordati.
- Il decisore richiama informazioni possedute o decisioni simili per valutare la decisione migliore.
Baso i miei giudizi su alternative che ho a disposizione anche se incomplete o inappropriate.
c) errore di rappresentatività
Percezione degli altri come stereotipi, in base al ruolo che ricoprono o alle loro caratteristiche.
Lʼelemento chiave che guida i giudizi è semplicemente la somiglianza con il caso tipico, senza la
considerazione di quanto questo caso tipico sia effettivamente diffuso.
Uso queste percezioni per predire il comportamento delle persone.
Tale distorsione avviene dopo lʼancoraggio o la prima impressione.
Assume due forme:
- a priori: “devo trattare con un tecnico... non posso certo confidare nella sua flessibilità!”
- a posteriori: “Ossequioso ma impenetrabile... come tutti i giapponesi!”.
d) framing effect
- Se presento la situazione in termini positivi, le persone tendono a evitare il rischio e a fare
la scelta più sicura: decisori avversi al rischio.
- Se vengono enfatizzate le perdite potenziali si tende a correre maggiori rischi pur di evitare
il risultato negativo: decisore propenso al rischio
Non è altro che una distorsione cognitiva che porta a prendere decisioni differenti a seconda
di come il problema o lʼalternativa decisionale vengono contestualizzati (Kahneman- Tversky).
La percezione e la definizione dei problemi in un modo piuttosto che in un altro ha effetti sostanziali sulle azioni che verranno intraprese:
- una volta adottato un punto di vista, un tipo di inquadramento, un frame su un problema si perde
la capacità di vederne altri;
- ciò può generare rigidità e conflitti.
e) altri errori decisionali
- la sequenza con cui analizziamo gli eventi influenza ciò che si decide di affrontare;
- da un lato le “emergenze” e dallʼaltro i “problemi risolvibili” vengono affrontati prima degli altri.
- preferenza per lʼazione piuttosto che per la riflessione;
- errori nella definizione del problema (tipo framing effect).
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Migliorare la selezione del problema
I problemi non “esistono in natura” ma sono frutto della percezione di una differenza tra una situazione presente e una situazione desiderata. Quindi è utile:
- ordinare i problemi secondo una lista di priorità;
- selezionare i problemi secondo il sistema di “valori” sottostante;
Migliorare la definizione del problema
- il ruolo del tempo;
- il pericolo delle soluzioni già sviluppate (viene prima la risposta del problema che la definizione
del problema stesso);
- il ruolo dei diversi punti di vista.
2) Generazione e valutazione delle soluzioni
a) il favorito implicito
Durante la fase di generazione delle soluzioni:
- calcolo dellʼesito unico: tendenza a cercare argomenti a favore di unʼalternativa scelta prima di
avviare il processo decisionale: si scartano a priori o non si eliminano adeguatamente le alternative possibili;
- inferenza dellʼimpossibilità: data la decisione favorita (vedi esito unico), il decisore si concentra
su aspetti negativi delle alternative non preferite: il processo di giustificazione della decisione
scelta viene scambiato come rigorosità del processo decisionale.
Durante la fase di valutazione delle soluzioni:
- autoconferma: tendenza a cercare conferme delle scelte effettuate piuttosto che falsificazioni: è
la ricerca delle conferme e non delle eccezioni.
Tale distorsione avviene quando cʼè scarsità di risorse, parzialità del feed-back, rischio di mancato
guadagno.
Migliorare la generazione di soluzioni
- generare idee senza esprimere giudizi di valore;
- essere consapevoli dei propri orientamenti etici/sociali/morali/culturali;
- pensare non in modo lineare (causa > conseguenza) ma in modo sistemico.
Migliorare la valutazione delle soluzioni
- testare le idee (simulazioni, discussioni, ecc.)
- stabilire criteri con cui valutare le alternative (economicità, benessere, efficacia, efficienza, ecc.).
3) Errori nellʼattuazione delle decisioni
Sono le influenze post decisionali.
Al termine del processo decisionale vi è unʼintensificazione dellʼimpegno (escalation del commitment) = persistere in un corso dʼazione che si è rivelato sbagliato.
Si genera lʼesclation del commitment per via di cause organizzative:
- caratteristiche del progetto;
- processi ambientali;
- costi di exit.
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Oppure per cause psicologiche e sociali - difesa dellʼio, motivazioni individuali e pressione del
gruppo:
a) autogiustificazione “Salvare la faccia”: nel caso in cui il decisore venga identificato con la
decisione stessa:
• distorsione dellʼautoconferma: modello del favorito implicito;
• attribuzione della responsabilità dellʼinsuccesso a fattori esterni o a cause diverse
della propria decisione.
b) sindrome del giocatore dʼazzardo “Mi sento fortunato”: attribuiscono un peso maggiore a
una possibilità di guadagno rispetto ad una perdita;
c) paraocchi percettivo “Non cʼè peggior sordo di chi non vuol sentire”: mi impegno nel corso di azione intrapreso perché sono convinto che per risolvere eventuali problemi sia sufficiente
impegnarsi di più.
Migliorare lʼattuazione delle decisioni
Ridurre la dissonanza cognitiva post-decisionale: è la condizione in cui le credenze, le nozioni e
le opinioni di un individuo contrastano tra loro con lʼambiente in cui lʼindividuo si trova ad
operarare.
• aumentare lʼattrattività dellʼalternativa prescelta e diminuire quella dellʼalternativa rifiutata;
• evitare il rimpianto:
• preservare la decisione originaria;
• modificare lʼattuazione;
• annullare la decisione.
D. Gli stili decisionali - la Matrice di Rowe e Boulgarides
a) Direttivo:
- ricerca di logica ed efficienza;
- forte orientamento al risultato e al breve termine;
- rapidità decisionale;
- limitata ricerca di alternative.
b) Analitico:
- ricerca di informazioni prima di presa di decisioni;
- in grado di affrontare contesi decisionali nuovi.
c) Concettuale:
- allargamento dei confini del problema;
- massimo numero di alternative possibili;
- orientamento al lungo periodo;
- creatività.
Gli stili decisionali
La matrice di Rowe e Boulgarides
Modo di pensare
Razionale
Intuitivo
Alta
Tolleranza
per
l’ambiguità
Analitico
Concettuale
Direttivo
Relazionale
Bassa
Comportamento Organizzativo
d) Relazionale:
- presa di decisioni con consenso degli altri;
- tendenza ad evitare il conflitto;
- stile decisionale collaborativo.
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a.a. 2010-2011
Lezione 5 - Il decision making di gruppo
A. Caratteristiche e dinamiche dei gruppi
- Un gruppo è un insieme di due o più persone che interagiscono e dipendono gli uni dagli
altri per il raggiungimento di un obiettivo comune.
- Un team è una forma particolare di gruppo in cui i compiti e le attività sono definite, i ruoli determinati e vi è un alto impegno da parte dei membri.
- Lavorare in gruppo e decidere in gruppo.
B. Perché decidere in gruppo?
1) qualità della decisione, derivante dalla diversità dellʼinformazione e dei punti di vista;
2) ripartizione dellʼimpegno attraverso sottogruppi di analisi (meta competenze di gruppo superiori
a quelle individuali);
3) accettazione: incremento dellʼimpegno rispetto ad un obiettivo condiviso;
4) morale: motivazione a partecipare al processo decisionale.
C. Svantaggi
- tempo;
- dispersione delle risorse (team multi funzionali);
- conflitti;
- dominio;
- social loafing: responsabilità anonima e disaffezione (il gruppo e la diminuzione del senso di responsabilità possono creare un disimpegno negli
individui);
- conformismo, groupthink, polarizzazione, risk
shift.
DM individuale e di gruppo
DM individuale
DM di gruppo
Precisione
Maggiore
Minore
Velocità
Maggiore
Minore
Creatività
Minore
Maggiore
Accettazione
Minore
Maggiore
Efficienza
Maggiore
Minore
Risultato
Meno efficace, più
efficiente
Meno efficiente
Più efficace
Comportamento Organizzativo
a.a. 2010-2011
1. Conformismo
Conformismo: gli esperimenti di Asch
„ Confronto presentato come test di percezione
„ 12 coppie di carte; indicare la linea della carta 2
della stessa lunghezza della linea in carta 1 e
comunicarla al gruppo
„ Complici di Asch selezionavano la linea sbagliata, i
“non complici” vi si conformavano
Comportamento Organizzativo
Le pressioni del gruppo possono indurre un
individuo ad allinearsi al punto di vista della
maggioranza, questo per paura del dissenso,
la non tolleranza della devianza o dellʼambiguità.
a.a. 2010-2011
2. Groupthink (Janis, 1972)
Gruppi coesi, con leader forti, convinzione dʼessere nel giusto e di essere invincibili, autoreferenzialità e comportamenti stereotipati.
Il bisogno di consenso e di coesione del gruppo prevale sullʼimportanza di prendere la decisione
corretta o attivare un processo decisionale efficace. Il gruppo si mette in una posizione difensiva e
i membri non accettano di affrontare collettivamente i diversi argomenti.
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I sintomi del groupthink
1) ipervalutazione del gruppo:
a. illusione di invulnerabilità: il gruppo agisce come se fosse protetto da potenziali critiche;
b. illusione di moralità: il gruppo crede di agire in nome e per conto di una giusta causa;
2) chiusura mentale:
a. razionalizzazione collettive: il gruppo tende a rigettare fatti o idee che possono determinare un ripensamento dellʼintera situazione;
b. stereotipi negativi condivisi: che sono considerati nemici o oppositori esterni;
3) pressioni per lʼuniformità:
a. autocensura: i componenti del team tendono a minimizzare i sentimenti di dubbio e contrarietà;
b. illusione di unanimità: “silenzio-assenso”;
c. guardiani del pensiero: individui che proteggono il gruppo da info/opinioni diverse.
Gli effetti del groupthink
1. I principali sono:
analisi incompleta delle alternative e degli obiettivi;
incapacità di esaminare i rischi della soluzione prospettata;
incapacità di riesaminare le situazioni precedentemente scartate;
scarsa ricerca di informazioni;
incapacità di definire piani dʼemergenza;
2. Il risk shift
Le dinamiche del gruppo possono condurre ad assumere decisioni con livello di rischio significativamente inferiore o superiore rispetto a quanto avverrebbe nel caso di decisioni individuali.
A quali euristiche si può ricollegare questo fenomeno?
3. Polarizzazione
Tendenza da parte dei membri del gruppo a rafforzare in seguito alla discussione il proprio
punto di vista dominante e iniziale.
Gli individui entrano nel gruppo con proprie inclinazioni e propensioni e le discussioni di gruppo le
rinforzano.
Prevenire il groupthink
- incoraggiare tutti ad intervenire apertamente;
- provocare atteggiamenti critici;
- acquisire punti di vista esterni al gruppo;
- utilizzare il ruolo dellʼavvocato del diavolo;
- usare la tecnica degli scenari;
- articolare il lavoro in sottogruppi;
- rimettere in discussione le conclusioni prima di implementare le decisioni.
23
D. Quando decidere in gruppo?
Verificare se per raggiungere una soluzione al problema è più importante il criterio di:
a) qualità: fattibilità degli aspetti tecnici, uso di fatti e dati, oggettività;
b) accettabilità: sentimenti, bisogni ed emozioni di coloro che sono coinvolti.
Nel caso in cui le soluzioni necessitino di essere “accettate” è necessaria una decisione di gruppo.
E. Modelli decisionali di gruppo
1. Brainstorming
Si incoraggia il libero flusso di idee e di associazioni (qualunque idea, velocemente e senza
inibilizioni).
- niente viene scartato a priori (attenzione agli idea killer);
- tutti partecipano;
- rindondanza;
- rielaborare le idee proposte;
scrivere tutto.
2. Gruppo Delphi
Tecnica usata per ottenere risposte (tipicamente previsioni) ad un problema da un gruppo
(panel) di esperti indipendenti, soprattutto se fisicamente lontani.
Le fasi sono le seguenti:
1. i partecipanti esprimono in modo autonomo su un questionario o altro documento la loro opinione in materia;
2. si raccolgono i pareri raccolti e sono sintetizzati in forma aggregata in un unico documento;
3. i partecipanti rianalizzano i pareri emersi confrontandola con la loro iniziale opinione;
4. si ritorna alla fase 1.
3. Gruppo nominale
Tecnica utilizzata per ottenere idee e alternative di soluzione ai problemi quando il gruppo è
molto amplio o in situazioni di tensione e conflitto.
- ciascun componente del gruppo elabora la propria idea in maniera indipendente;
- lʼidea viene presentata agli altri senza discussione;
- le idee vengono vagliate dal gruppo con votazione o con un punteggio da parte di ogni componente del gruppo.
- viene scelta quella con punteggio più alto.
4. Avvocato del diavolo
Una persona o una parte del gruppo ha il compito di mettere in luce gli aspetti negativi delle
proposte.
- proponente o avvocato discutono
- il gruppo decide in base alla discussione.
F. Un buon componente del gruppo...
- comunica con tutti e non solo con il leader;
- non giudica gli altri;
- supporta le idee degli altri componenti;
- non si vanta delle sue buone idee;
- ascolta attivamente;
- partecipa proponendo soluzioni.
Non è un idea killer!
Non funzionerà mai!, Costa troppo, Che idea stupida!, Eʼ
troppo innovativo per noi, Spero che tu stia scherzando!,
Coraggio, sii realistico, In questo modo è troppo complesso, Non lo capiranno mai, Abbiamo già provato in
questo modo e non ha funzionato, Semplicemente non
mi piace!, Non abbiamo il tempo per farlo, Non essere
ridicolo!, Ma sei pazzo?!
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Lezione 6 - Approcci classici allo studio della leadership
La leadership è un processo di influenza sugli altri per far loro comprendere e accettare le decisioni che devono essere prese e le azioni che devono essere intraprese, facilitando gli sforzi individuali e collettivi per il raggiungimento degli obiettivi comuni.
Eʼ una forma di controllo sociale, il guidare le persone, lʼassumere ruoli di responsabilità.
Leadership
( tratti, stili,
situazioni)
Leadership
= f= f(tratti,
stili,
situazioni)
„
„
„
Approccio dei tratti
9 Personalità
9 Intelligenza
9 Idea di sé
9 Comunicatività
9 …
Approccio comportamentale
9 Orientamento al compito
9 Orientamento alle persone
9 …
Approccio contingente
9 Cultura organizzativa e contesto
9 Caratteristiche dei collaboratori
9 Task dell’organizzazione
9 …
Comportamento
Organizzativo
1. Lʼapproccio dei tratti
del leader
a.a. 2010-2011
Assunzione principale: il processo del giusto mix di tratti personali determina lʼadeguatezza di
una persona alla leadership;
Obiettivo principale: isolare lʼinsieme di tratti che distinguono i leader per identificare il potenziale di leadership degli individui;
Strategia di analisi: paragonare i “leader” e i “follower” in base a diverse caratteristiche.
Quali sono i tratti dei leader?
Il leader come “grande uomo”
a) tratti cognitivi e intellettuali: intelligenza, sensibilità interculturale, capacità analitica, capacità
di sintesi, capacità di gestire una grande mole di informazioni, capacità verbale;
b) tratti di personalità: socievolezza, autostima, ambizione, autocontrollo, flessibilità, propensione
al rischio;
c) tratti fisici: prestanza fisica.
Tre diverse teorie relative allʼapproccio dei tratti:
1) Tratti dei leader e Big Five
I leader si caratterizzano per:
- estroversione: individui energici e piacevoli;
- coscienziosità: responsabilità e costanza;
- grado di apertura: curiosità, tolleranza ed autosufficienza.
2) Tratti del leader e profilo motivazionale (McClelland)
- forte bisogno di potere: rispetto ed affiliazione, ovvero il desiderio di una persona di avere un
impatto sulle emozioni e sentimenti altrui;
- alta inibizione al potere: disciplina ed autocontrollo nellʼuso del potere;
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3) Lo Studio di Boss e Stodgill sui leader efficaci (tassonomia dei tratti)
a) capacità: abilità individuale a risolvere problemi, esprimere giudizi e lavorare duramente;
b) achievement: orientamento al risultato migliore rispetto agli altri;
c) responsabilità: affidabilità, iniziativa, aggressività, fiducia in sé stessi;
d) partecipazione e coinvolgimento: attivi e socievoli, alto grado di adattabilità;
e) status: status socio-economico.
2. Lʼapproccio comportamentale
Eʼ lʼapproccio che analizza il grado di efficacia delle azioni dei leader.
Assunzione principale: non è importante ciò che il leader è, ma ciò che egli fa;
Obiettivo principale: identificare i comportamenti chiave cha aiutano il leader ad essere efficace;
Strategia di analisi: indagini sui collaboratori (follower) per comprendere i comportamenti tenuti dal leader;
Tre diverse teorie relative allʼapproccio comportamentale:
1. Studio di Lewin
Lo studio di Lewin e colleghi presso lʼUniversità dellʼIowa è atto a verificare come lo stile di leadership (inteso come distribuzione del potere fra leader e follower) incide sulla performance e sulla soddisfazione degli individui.
Si individuano:
a) leader autocratico: centralizza lʼautorità, prende potere dalla posizione, gestisce con coercizione e controllo; le prestazioni del gruppo sono alte ma con malumori;
b) leader democratico (capi partecipativi): delega lʼautorità, incoraggia la partecipazione, si diffida
ai collaboratori, il suo potere dipende dal rispetto dei collaboratori; le prestazioni sono alte anche in assenza del leader;
c) leader laissez-faire: è passivo nei confronti del gruppo, interviene solo quando richiesto; le
prestazioni sono basse, mentre è alta lʼautonomia dei collaboratori.
Influenza dei follower nelle decisioni
Leadership centrata sul
capo
Leadership centrata sui
collaboratori
Uso dell’autorità da
parte del capo
Il ca
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indi onomo o
pen
den e
te
Discrezionalità concessa
ai collaboratori
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
26
Qualdelè leader
il comportamento
Qualʼè il comportamento
efficace?
Comportamenti
Università
del leder efficace?
Orientamento
alle persone
Orientamento
al compito
Michigan
Centrato sulla
relazione
Centrato sulla
produzione
Ohio
Considerazione
Specificazione del
metodo di lavoro
Interesse per le
persone
Interesse per la
produzione
Texas
(Blake e Mouton,
1991)
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
2. Le ricerche della Ohio State University
Le ricerche riguardano le dimensioni comportamentali del leader efficace:
a) considerazione: relazioni di lavoro basate su fiducia e rispetto, attenzione ai sentimenti dei
collaboratori;
b) specificazione del metodo di lavoro: leader che definisce il lavoro proprio e dei collaboratori
con schemi, modelli e regole; ruolo attivo nella direzione del gruppo.
Questionario di descrizione del comportamento del leader: effetti ambigui sulla produttività...
3. Le ricerche dellʼUniversity of Michigan
Gli stili di leadership sono:
a) centrati sulla produzione: capo interessato a ottenere alti livelli di produzione con forti pressioni; i collaboratori sono considerati “mezzi per ottenerli”;
b) centrati sulla relazione: capo interessato alla creazione di un buon clima di lavoro; sentimenti
di fiducia e rispetto.
Rispetto agli studi dellʼOhaio, si ipotizza che un leader possa adottare uno oppure lʼaltro degli stili
(non sono comportamenti che possono convivere).
4. Managerial Grid (Blake e Mounton, 1991)
Gli stili di leadership si riconoscono in base a:
- interesse per le persone;
- interesse per la produzione.
1) amicone: attento ai bisogni delle persone e al clima;
2) team leader: desidera ottenere una
buona prestazione in un buon clima;
3) debole inconsistente: fa il minimo
sforzo necessario per mantenere la
posizione;
4) autoritario manipolatore: tratta le
persone in modo strumentale alla produzione.
Stili di leadership – Managerial Grid
(Blake e Mouton, 1991)
Amicone
Team leader
attento ai bisogni delle
persone e al clima
desidera ottenere una buona
prestazione in un buon clima
alto
Interesse
per le
persone
basso
Equilibrato
Debole
Inconsistente
fa il minimo sforzo
necessario per mantenere
tratta le persone in modo
la posizione
strumentale alla produzione
basso
Comportamento Organizzativo
27
Autoritario
Manipolatore
Interesse per la
produzione
alto
a.a. 2010-2011
3. Lʼapproccio contingente
Assunzione principale: non esiste uno stile di leadership migliore in assoluto. Uno stesso comportamento può essere più o meno efficace, a seconda della sua adeguatezza alla situazione;
Obiettivo principale: identificare i diversi stili di leadership adeguati in diverse situazioni;
Strategia di analisi: inserire nei modelli sugli stil delle variabili che considerano il contesto ambientale e organizzativo in cui vengono prese le decisioni.
Tre diverse teorie relative allʼapproccio contingente:
1. Modello di Fiedler (1967)
Presupposto teorico: Eʼ la prima teoria (in termini temporali) che considera fattori situazionali. La
leadership è considerata come un orientamento del leader e non in base ai suoi comportamenti.
Lʼorientamento dipende da bisogni e personalità.
- il leader non cambia facilmente il suo orientamento; può cambiare comportamento qualora lo ritenga opportuno.
- il leader efficace non cambia il suo orientamento, ma tenta di agire sulla situazione.
La variabile chiave è il controllo situazionale, ovvero quanto il leader è in grado di influenzare il
suo ambiente di lavoro.
Eʼ elevato quando il leader è in grado di controllare lʼambiente e quindi prevedere i risultati delle sue decisioni. Dipende da:
a) relazione fra leader e follower: fiducia e stima che il gruppo ha nel leader. Se le relazioni sono
buone è più facile influenzare il gruppo.
b) struttura del compito: se il compito è semplice e prescrittivo, il leader, attraverso le sue indicazioni, può controllare meglio lʼoperato del follower (regole, istruzioni, procedure);
c) posizione di potere: se il leader ha elevato potere formale (può assegnare compiti e punizioni)
è più facile per lui controllare, ha unʼautorità maggiore.
Orientamento alla leadership
Il questionario Least Preferred Co-worker (LPC): al leader viene chiesto di pensare alla persona
con la quale non ama lavorare e di assegnare dei punteggi a questa persona in relazione a fattori
positivi (amichevole, gentile, supportivo, ecc.) e negativi (triste, scontroso):
- high LPC leader: danno punteggi più elevati a elementi positivi;
- low LPC leader: danno punteggi più elevati a elementi negativi;
Orientamento al compito vs relazioni
- high LPC leader: sono orientati alle relazioni;
- low LPC leader: sono orientati ai compiti.
Modello di Fiedler
(Fiedler, 1967)
Orientamento
alle persone
Orientamento
al compito
High LPC
leader
Low LPC
leader
Low LPC
leader
Basso
Alto
Controllo situazionale
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
28
2. Teoria del percorso- obiettivo (House, 1971)
Presupposto teorico: i collaboratori seguono le indicazioni del leader solo nel momento in cui egli
è in grado di mostrare loro il percorso per conseguire gli obiettivi e le ricompense che si possono ottenere (concetti presenti nelle teorie motivazionali di Vrom e di Porter e Lawer).
Teoria del percorso-obiettivo
Il leader sceglie lo stile più adeguato alla situazione.
(House, 1971)
Situazione ambientale
Struttura del compito
Sistema di autorità formale
Gruppo di lavoro
Stile di leadership
Direttivo
Supportivo
Partecipativo
Orientato al successo
Risultati
Performance
Soddisfazione
Caratteristiche follower
Locus of control (interno o esterno)
Bisogno di autorità
Esperienza e abilità
Teoria del percorso-obiettivo
(House, 1971)
Stile
Follower
Comportamento Organizzativo
Contesto
a.a. 2010-2011
Direttivo
Richiedono autorità
Locus of control esterno
Abilità bassa
Compiti complicati e ambigui
Elevata autorità formale del leader
Motivazione individuale nel lavoro di
gruppo
Supportivo
Non richiedono autorità
Locus of control interno
Abilità elevata
Compiti semplici
Elevata autorità formale del leader
Motivazione individuale data dal
sostegno del leader ai singoli
Partecipativo Richiesto coinvolgimento
Locus of control interno
Abilità elevata
Orientato al
successo
Aperti alla partecipazione
Locus of control interno
Abilità elevata
Compito complesso
Autorità e gruppo non rilevanti
Compito semplice
Elevata autorità del leader
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
3. Stile di leadership e maturità dei follower (Hersey e Blanchard, 1982)
Stile di direzione del leader:
a) orientamento al compito: grado con un leader impartisce direttive alle persone, in modo specifico relativamente a che cosa fare, quando farlo, dove farlo, come farlo;
b) orientamento alle relazioni: grado con cui il leader si impegna in una comunicazione a due vie
con le persone, fornendo sostegno, incoraggiamento, gratificazione, psicologiche e comportamenti agevolanti.
Il progresso della leadership è funzione del leader, dei collaboratori e di variabili situazionali.
La maturità dei follower può essere lavorativa (saper fare) e psicologica (voler fare).
29
Modello di Hersey e Blanchard
(Hersey e Blanchard, 1982)
ORIENTATO ALLE RELAZIONI
Comportamento di sostegno
Alto
S3
Elevato
sostegno
Elevate
direttive
Scarse
direttive
Elevato
sostegno
S2
2) vendere: alto sostegno e medio
alta prescrizione, stile adatto per follower mediamente maturi (vogliono
ma non sanno);
COINVOLGERE VENDERE
DELEGARE
PRESCRIVERE
Scarso
sostegno
Elevate
direttive
Scarse
direttive
Scarso
sostegno
Basso
S1
S4
ORIENTATO AL COMPITO
Comportamento direttivo
Basso
Alto
Maturo
R4
Comportamento Organizzativo
R3
Medio
R2
Livello di maturità dei collaboratori
3) coinvolgere: alto sostegno e medio-bassa prescrizione, stile adatto
per follower mediamente maturi (sanno ma non vogliono);
Alto
Basso
1) prescrivere: alta prescrizione e
basso sostegno; stile adatto per follower poco maturi (non sanno e non
vogliono, insicuri);
Immaturo
R1
a.a. 2010-2011
4) delegare: basso sostegno e bassa
prescrizione, stile adatto per follower
mauri (sanno e vogliono).
Leadership e cultura nazionale
Lʼesercizio della leadership in contesti nazionali diversi richiede caratteristiche personali e comportamenti diversi.
30
Lezione 7 - Leadership carismatica e followership
Leadership
transazionale
Leadership
trasformazionale
1. Teorie del processo
Analisi della relazione fra leader e follower. Esistono tre tipi di leadership.
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
A. Leadership transazionale
Presupposto:
- le persone agiscono in funzione del raggiungimento di un obiettivo (il modello motivazionale
aspettativa - valenza);
- i comportamenti che portano a risultati positivi vengono ripetuti;
- lo scambio è regolato da norme di reciprocità.
Conseguenze:
- focus sulla transazione interpersonale leader-collaboratore: relazione basata sullo scambio e
non sul controllo;
- sistemi di ricompensa contingenti;
- gestione per eccezioni (da parte del leader), azioni correttive nel caso di fallimento.
B. Leader trasformazionale
- focus su visione, valori, significati, piano emotivo (elevata performance);
- supera la logica della definizione di scambi e accordi:
- spinge i follower a superare i propri interessi e a fare il bene dellʼorganizzazione;
- comportamenti di cittadinanza organizzativa.
- trasforma i follower, ne aumenta lʼautoefficacia, lʼempowerment e lʼautostima.
Caratteristiche leader trasformazionale
(Modello di Bass (1985) – delle 4 I)
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Considerazione
Individuale
Stimolazione
Intellettuale
Influenza
Idealizzante
Motivazione
Ispirazionale
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a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
31
Caratteristiche del leader trasformazionale:
1) carisma (influenza idealizzante): crea una vision e un senso di missione; instilla nei follower
orgoglio, rispetto e fiducia;
2) ispirazione (motivazione ispirazionale): comunica elevate aspettative, usa metafore e simboli per focalizzare lʼimpegno, esprime grandi obiettivi in modo semplice;
3) stimola intellettualmente (stimolazione intellettuale): apprezza intelligenza, razionalità e il
problem solving;
4) è attento alle persone (considerazione individuale): fornisce attenzione personale, tratta individualmente ogni collaboratore, addestra e consiglia.
C. Leadership carismatica
Il carisma è la qualità di una persona in virtù della quale è ritenuto differente dagli uomini
comuni e trattato come superuomo dotato di poteri straordinari.
Il leader carismatico è entusiasta, sicuro di sé, influenza con la propria personalità e le proprie azioni i follower a comportarsi in un certo modo.
Caratteristiche:
ha una vision;
la sa articolare e comunicare;
è disposto ad assumere rischi per realizzarla;
è sensibile ai bisogni del contesto e del follower;
tiene comportamenti esemplari.
Rischi:
a) enfatizza il potere personale: i follower rimangono immaturi;
b) leader focalizzato su se stesso (narcisista, ecc.);
c) il carisma non è necessariamente virtuoso;
d) “nasconde” le situazioni di crisi;
e) non si può imparare.
Leader vs Manager
2. Leader vs Manager
Manager
Leader
È orientato al passato
È orientato al futuro
È nominato nella posizione
Conquista il ruolo emergendo dal
gruppo
Riesce a influenzare le persone solo Riesce a influenzare le persone e
in quanto dotato di autorità
avere autorità manageriale
formale
Non ha necessariamente
competenze e abilità da leader
Non ha necessariamente capacità
manageriali
È orientato alla stabilità
È orientato al cambiamento
È orientato alla produzione
È orientato alle persone
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
32
3. Teoria dello scambio leader-follower (LMX leader-member exchange)
Il leader costituisce con ciascun collaboratore relazioni di lavoro uniche (relazioni diadiche):
1. In-group exchange: partnership, reciproca influenza e fiducia, condivisione di obiettivi e significati;
2. Out-group exchage: leader esprime il bisogno di controllo sugli altri, rapporti formali e uso del
potere e della formalizzazione.
La qualità della relazione dipende dalla frequenza delle comunicazioni, turnover, soddisfazione,
prestazione, clima, commitment, caratteristiche del follower.
4. Teoria della Followeship (Kelley, 1992)
Le dimensioni della followership:"
"
"
Stili di followeship:
Stili di followership
a) capacità di pensiero critico e indipendente:
(Kelley, 1992)
✓ i follower “migliori” pensano per se stessi,
fanno critiche costruttive, sono innovativi e
creativi;
✓ i follower “peggiori” deve essere detto
loro cosa fare, non sono capaci di arrangiarsi d soli, non pensano;
b) capacità di partecipazione attiva:
✓ i follower “migliori” prendono iniziative, si
assumono responsabilità, vanno oltre a
quanto loro richiesto;
Alienato
Efficace
pensa criticamente ma
non assume iniziative
attivo e dotato di pensiero
critico
Pragmatico
Adatta il suo
comportamento
alle situazioni
Passivo
Conformista
privo di pensiero critico e
non assume iniziative
attivo ma privo di pensiero
critico
✓ i follower “peggiori” sono passivi, richiedono supervisione continua, sono pigri. Comportamento Organizzativo
PENSIERO ACRITICO DIPENDENTE
a.a. 2010-2011
Stili di followership:
Caratteristiche
Leader
alienato
Cause
Persone dotate di pensiero critico
indipendente ma che non sono
attive nello svolgimento del loro
ruolo e attività:
- criticano gli sforzi dei leader,
sono scontenti e frustrati, hanno
scarso entusiasmo, sono concentrati su se stessi, attaccano
gli altri;
- in alcuni casi può essere uno
stato cui si arriva dopo esser stati “efficaci” e aver perso motivazioni o aver ricevuto una delusione (mancato riconoscimento,
scarsa valorizzazione).
33
COINVOLGIMENTO ATTIVO
COINVOLGIMENTO PASSIVO
PENSIERO CRITICO INDIPENDENTE
Come diventare
efficaci...
- rottura del contratto - confronto con il
psicologico con il
leader e discusleader o con lʼorgasione sulle
nizzazione;
aspettative reciproche;
- mancanza di fiducia;
- cambiamento di
- sfruttamento da parluogo se non si
te dei leader;
può reinstaurare
la fiducia nel lea- senso di iniquità.
der.
Caratteristiche
Cause
Come diventare
efficaci...
Leader
conformista
Persone coinvolte attivamente nel
lavoro ma che non manifestano
indipendenza di pensiero.
Si adeguano alle proposte del leader e al pensiero dominante nel
gruppo:
- forte senso del dovere (commitment normativo);
- desiderio di “compiacere” il leader;
- cercano di evitare contrasti e
conflitti.
Leader
pragmatico
Persone che hanno uno stile di - attitudini e motiva- - p o r s i o b i e t t i v i
followership intermedio continzioni personali;
sfidanti che attigente in funzione delle situazio- - situazione organizzavino lʼentusiani: evitano di assumere posizioni
tiva (aziende con
smo;
“forti” e di impegnarsi costanteambienti poco stabili, - supportare i colmente oltre a quanto richiesto.
leader che cambiano
leghi e rendersi
e orientamenti cultuparte del gruppo.
Effetti negativi:
rali non chiari);
- mancanza di fiducia da parte de- - comportamenti del
gli altri;
leader transazionale.
- opportunismo;
- conflitto emotivo tra senso di
sicurezza (“faccio quanto è necessario per essere adempiente
ma potrei fare di più”) e ansietà
(“con chi mi devo alleare per difendere il mio status? Di chi mi
posso fidare?”).
Leader
passivo
Persone che adeguano agli ordini - mancanza di maturidel leader ed eseguono le attività
tà come follower;
assegnate senza entusiasmo:
- risposte alle attese
- necessitano di un controllo condel leader, che tratta
tinuo;
i propri collaboratori
- non si sforzano mai oltre il necine un “branco di
cessario.
pecore”, non riconoscendone idee e
contributi;
- leader eccessivamente autocritici/ direttivi.
34
- timore dellʼincertezza - aumento della
e del rischio (persofiducia nella pronalità “dipendente”
pria capacità di
che preferisce esegiudizio;
guire piuttosto che - c o n f r o n t a r s i e
decidere);
non temere i
- pressione sociale
conflitti.
verso la “conformità”
- leader carismatici e
con forte ego necessitano di yes people;
- regole e procedure di
organizzazioni burocratiche tendono a
standardizzare i
comportamenti;
- i processi decisionali
di gruppo sono più
efficienti.
Caratteristiche
Leader
efficace
Cause
Eʼ attivo e dotato di pensiero
critico:
- è una risorsa per il leader;
- aiuta il leader a essere un buon
leader;
- costruisce una relazione positiva
con il leader;
- vede il leader in termini realistici
con pregi e difetti.
35
Come diventare
efficaci...
E’ impossibile non comunicare
„ La comunicazione è un processo per cui degli
individui si scambiano significati tramite un
sistema comune di simboli, segnali o
comportamenti
La comunicazione
è un processo per cui degli individui si scambiano significati tramite un
Lezione 8 - La comunicazione organizzativa
sistema comune di simboli, segnali o comportamenti.
Emittente
Mezzo/
canale
Destinatario
A. Modello base della comunicazione
Emittente e Destinatario: può essere un individuo, gruppo od organizzazione che invia e ricea.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
ve un messaggio;
Codice: sistema condiviso e convenzionale di codifica e decodifica del messaggio (numeri, parole, immagini...);
Messaggio: significato di ciò che lʼemittente vuole trasmettere al destinatario 1) può innescare
reazioni emotive; 2) deve concordare con il mezzo di comunicazione;
Contatto o canale: faccia a faccia, telefono, e- mail, video, lettere, diagrammi, ecc.
Contesto: formale/informale, noto/sconosciuto, nazionale/internazionale.
B. Direzioni della comunicazione
- dallʼalto verso il basso (o viceversa);
- lateralmente;
- a due vie;
- in modo diffuso.
C. Modalità di comunicazione
A. Verbale/non verbale/scritta/elettronica
1) comunicazione verbale: trasmissione del messaggio tramite la parola. La funzione predominante può essere:
- funzione emotiva o espressiva;
- funzione fatica;
- funzione poetica;
- funzione metalinguistica;
- funzione conativa;
- funzione referenziale;
2) comunicazione scritta: lettere, email (overload informativo)
3) comunicazione non verbale:
- volume, ritmo, pause, risate, silenzio...
- gesti e posture del corpo (linguaggio del corpo)
- distanza dallʼinterlocutore (prossemica)
- la componente non verbale aumenta lʼefficacia della comunicazione verbale
- linguaggio del corpo: protesi in avanti? gesticolare?: attenzione alle differenze interculturali!
4) comunicazione elettronica:
- Internet, e-mail, chat, videoconferenze;
- necessità di regole
- influsso sui tempi e la complessità dei processi decisionali.
36
B. Linguaggi specifici/miti/umorismo/simboli/riti
1) comunicazione tramite linguaggi specifici: linguaggio tecnico, linguaggio organizzativo;
2) comunicazione tramite miti: narrazione di eventi passati che vengono utilizzati per spiegare le
origini o la trasformazione di qualcosa;
3) comunicazione tramite umorismo:
- come modalità di riduzione del conflitto e aumento del coinvolgimento;
- come modalità di regolazione dei comportamenti e aumento del controllo sociale.
4) comunicazione tramite simboli: oggetti a cui è collegato un significato organizzativo e possono includere titoli, collocazione e arredamento degli uffici, parcheggi... (status e posizione)
5) comunicazione tramite riti: insieme di attività relativamente elaborate, enfatiche e pianificate
che consolidano espressioni culturali e nascono in interazioni sociali:
- riti di passaggio;
- riti di insediamento;
- riti di separazione;
- riti di miglioramento;
- riti di riduzione dei conflitti;
- riti di integrazione.
D. Canali di comunicazione
1) comunicazione formale:
- comunicazioni ufficiali che seguono un canale gerarchico;
- trasmette ordini, direttive, processi;
2) comunicazione informale e passaparola:
- utilità nella creazione di senso organizzativo;
- per gestire situazioni di incertezza e ambiguità:
- Vantaggi: è abbastanza credibile, è veloce,è diffuso, serve a ridurre stress organizzativo
- Svantaggi: rimane il concetto ma si modificano i particolari, distorce la realtà e crea percezioni.
37
Lezione 9 - Cultura nazionale e organizzativa
Definizione di cultura
“Dei modelli schematici di pensare, sentire e reagire acquisiti e trasmessi principalmente da
simboli costituenti gli elementi distintivi dei gruppi umani, incluse le loro personificazioni in artefatti” (Kluckon e Strodbeck, 1961)
“Una specie di software o programma mentale collettivo che distingue i membri di un gruppo da
quelli di un altro... la cultura sta alla collettività umana come la personalità sta allʼindividuo... essa definisce il modo di pensare, sentire e reagire al proprio ambiente dei membri di una collettività” (Hofstede, 1980)
Il contesto sociale entro cui le persone vivono: influenza la natura delle organizzazioni in
cui le persone lavorano e come gli individui percepiscono e reagiscono al mondo.
Le proprietà della cultura
- la cultura è il risultato di un processo di condivisione in un gruppo, unʼorganizzazione o una
società.
- è transgenerazionale, ovvero si forma in modo cumulativo ed è trasmessa nel tempo);
- è veicolata attraverso mezzi simbolici;
- è appresa mediante socializzazione;
- è multilivello:
culture di sfondo: es. nazionali;
culture locali: es. organizzative, di gruppi;
- influenza le persone in razione della loro inclusione parziale in vari gruppi.
A. La cultura di una nazione
- Il carattere nazionale (o personalità modale) rappresenta il grado di omogeneità e forza degli
orientamenti di personalità dominante nella società.
- è il risultato di processi di socializzazione:
- socializzazione: processo tramite il quale un individuo apprende valori, consuetudini e
comportamenti richiesti che gli permettono di essere parte integrante di un gruppo;
- trasforma una persona “esterna” in un soggetto integrato nel gruppo.
Il modello di Hofstede: amangement interculturale e diversità
I tratti della cultura di una nazione:
1) avversione allʼincertezza: quanto gli individui preferiscono situazioni strutturate (basso rischio
e ambiguità) rispetto a quelle non strutturate (elevata incertezza);
2) distanza di potere: quanto è accettata una sproporzione di potere nellʼambito di istituzioni sociali (famiglia, lavoro, organizzazioni, governo);
3) individualismo- collettivismo: quanto forte è il legame fra individui e gruppo sociale cui appartengono;
4) mascolinità- femminilità: quanto gli individui agiscono in base a tratti/valori maschili (per es.
aggressività, dominanza, successo) o femminili (empatia, compassione, cura);
5) orientamento al lungo o al breve periodo: quanto gli individui sono orientati al futuro, pianificando e risparmiando, o ancorati al presente e passato, con un forte rispetto della tradizione,
degli obblighi sociali a essa collegati:
- orientamento a lungo termine: paesi orientali;
- orientamento a breve termine: paesi occidentali.
Management interculturale
Il management interculturale (cross culturali management) aiuta a comprendere il comportamento
degli individui in organizzazioni operanti su scala mondiale e offre indicazioni utili a che lavora per
aziende aventi clienti e collaboratori appartenenti a molte culture diverse.
38
Implicazioni manageriali:
- a causa dei diversi valori culturali, le teorie e le prassi manageriali devono essere adattate alla
cultura locale;
- effetti su filosofia e cultura manageriale, struttura organizzativa, leadership e stile manageriale,
motivazione e modelli di comunicazione organizzativa.
B. Cultura organizzativa
(La definizione di Schein) Modello di assunzioni di base inventate, scoperte o sviluppate da
un gruppo determinato nel momento in cui apprende come far fronte ai suoi problemi di adattamento esterno e di integrazione interna, che ha funzionato “abbastanza bene” da poter essere
considerato valido, tale da essere insegnato ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a situazioni analoghe.
(La definizione di Hofstede) Modo di pensare, sentire e reagire che esiste in una specifica organizzazione o nelle sue componenti e unità, è un “programma mentale” specifico e unico di
quella organizzazione.
Detto in altre parole, la cultura organizzativa è:
- struttura di codici di senso, espressi in un sistema simbolico;
- che indirizza il comportamento degli attori organizzativi, sia in occasione di eventi collettivi
unici e straordinari, sia in occasione di attività e interazioni quotidiane;
- percorso di creazione ed evoluzione dinamica che scaturisce da problemi di adattamento
dellʼambiente esterno e integrazione interna;
- genera modelli cognitivi per lʼinterpretazione degli eventi, coinvolgimento e senso di appartenenza allʼorganizzazione.
Personalità modale e organizzativa: come si rinforza e rende omogenea la cultura di unʼorganizzazione:
1. gli individui sviluppano valori durante il processo di socializzazione ed inserimento nellʼorganizzazione;
2. i processi di ricerca e selezione escludono gli individui “non adatti”;
3. i riconoscimenti nelle organizzazioni rinforzano i comportamenti desiderati;
4. le promozioni fanno progredire gli individui con le caratteristiche desiderate.
Un modello di an
‡
C. Un modello di analisi multilivello della cultura organizzativa
Nellʼanalisi della cultura organizzativa occorre adottare un approccio multi-livello, considerando:
Nell’ana
organizz
approcc
consider
I valor
coaliz
„ Le ma
organi
„ Le mo
(aspet
manife
„
1. i valori fondamentali/basilari della coalizione dominante;
2. le manifestazioni della cultura organizzativa;
3. le modalità di implementazione (aspetti apparenti e visibili
della manifestazione).
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.$%"/&*")#$!+)'$%&
Comportamento Organizzativo
39
1. I valori fondamentali
a) Il ruolo della coalizione dominante: la coalizione dominante è il gruppo di persone che detiene
il potere nellʼorganizzazione.
La definizione dellʼidentità culturale dellʼorganizzazione permette alla coalizione dominante di
mantenere il proprio potere attraverso:
- la formulazione di valori;
- lʼuso dei valori per giustificare politiche, pratiche e decisioni organizzative cruciali.
Questo spiega perché spesso non si riesca a promuovere il cambiamento di una cultura organizzativa ormai obsoleta.
b) Gli assunti di base: non sono osservabili e rappresentano il substrato più profondo della cultura organizzativa:
• sulle relazioni con la cultura;
• sulla natura umana;
• sui rapporti fra le persone;
• sulla natura della realtà e della verità;
• su tempo e spazio.
Cultura e… tempo
Cultura e tempo
„ Tempo monocronico
9 Orientamento a fare le cose
alla volta poiché il
- tempo monocronico: orientamento a fare le cose una alla volta una
perché
il tempo
tempo
è limitato,
suddiviso
in segmenti precisi e
è limitato, suddiviso in sementi precisi e regolato da orari;
regolato da orari
„ Tempo policronico
9 Orientamento a fare più
- tempo policronico: orientamento a fare più cose Cultura
nello stesso
momento
perché
il
e… tempo
cose nello stesso
momento
poiché il tempo è flessibile
tempo è flessibile e multidimensionale (multitasking).
e multidimensionale
o Multitasking
Past, Present, Future…
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Cultura e… spazio
Comportamento Organizzativo
a.a. 2010-2011
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e spazio
a.a. 2010-2011
Organizzativo culturali
„Cultura
Prossemica
– studio delle Comportamento
aspettative
Prossemica:
delleinterpersonale
aspettative culturali in merito alla distanza interpersonale.
in merito allastudio
distanza
9 Distanza intima (0-45 cm)
9 Distanza personale (45-120 cm) per l'interazione
tra amici
9 Distanza sociale (1,2-3,5 metri) per la
comunicazione tra conoscenti o il rapporto
insegnante-allievo
9 Distanza pubblica (> 3,5 metri) per le pubbliche
relazioni
c) I valori: concetti o credenze che si riferiscono
a comportamenti e conseguenze desideraa.a. 2010-2011
te, non dipendono dalle situazioni, guidano nella scelta e nella valutazione dei comportamenti e degli eventi, sono in ordine di importanza relativa:
Comportamento Organizzativo
- credenze: ciò che è vero o non lo è;
- valori: ciò che è giusto (e quindi preferibile);
- valori dichiarati: consuetudini e valori esplicitati e privilegiati allʼinterno dellʼazienda;, generalmente stabiliti dal fondatore;
- valori praticati: valori e consuetudini messi in atto dai lavoratori.
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Le manifestazioni della cultura
„ Manifestazioni osservabili/artefatti
2. Le manifestazioni della
cultura
9 Architettura,
clima organizzativo, comportamenti
a) manifestazioni osservabili/artefatti: architettura, clima organizzativo, comportamenti.
a.a. 2010-2011
Comportamento Organizzativo
b) strategie di selezione
e socializzazione;
c) distinzioni di status organizzativo: per livello gerarchico, per gruppi, ecc.
d) ideologie: insieme coerente di opinioni che legano le persone nella spiegazione dei mondi in
termini di relazioni causa-effetto;
e) miti, storie, saghe: storie di eventi critici passati usate per indurre al credo incondizionato dellʼefficacia di una prassi.
f) linguaggi: codici espressivi che veicolano messaggi specifici relativi allʼidentità organizzativa;
g) simboli: artefatti e oggetti ai quali viene collegato un significato;
h) riti (e rituali): insieme elaborati e pianificati di attività che si svolgono per mezzo di interazioni
sociali a beneficio di un pubblico e dove i partecipanti interpretano i ruoli ben definiti;
Quando diversi riti vengono organizzati in un unico evento ad alto coinvolgimento emotivo, ha luogo quella che viene definita una cerimonia.
3. Le modalità di implementazione (aspetti apparenti e visibili della manifestazione)
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