841097961 La disfatta di Dogali La nuova avventura coloniale voluta dal governo della Sinistra terminò rapidamente e in modo imprevisto, con una delle rare dure sconfitte subite dagli eserciti europei nel corso delle loro incursioni africane. Il massacro di Dogali, come è abitualmente ricordato, segnò anche la fine del governo Depretis, screditato dall’insuccesso militare. L’Italia occupa i territori intorno alla baia di Assab Dopo l’acquisto da parte dello stato italiano della baia di Assab, sul mar Rosso, dalla società di navigazione Rubattino, che l’aveva a sua volta acquistata nel 1869-70, iniziava il nuovo capitolo della storia coloniale italiana. Nel febbraio 1885 un corpo di spedizione militare italiano occupò la fascia costiera fra Massaua e Assab (area appartenente all’attuale Eritrea), trasformando nel dicembre successivo questa occupazione in una presa definitiva di possesso. Né il governo Depretis, né i comandanti militari di Massaua avevano ben chiaro che tipo di rapporti instaurare con l’impero etiopico (allora denominato Abissinia) governato dal negus Giovanni, se cioè limitare l’iniziativa coloniale alla zona costiera oppure dare avvio a una lenta penetrazione nel territorio etiopico. La prima strategia sembrò tuttavia avere la meglio per qualche tempo, tanto che il conte Pietro Antonelli, a capo di una spedizione scientifica italiana inviata presso il negus e presso il re della Scioa, Menelik, il suo principale vassallo e rivale aspirante alla successione, firmò con quest’ultimo un trattato commerciale e amichevole a nome del governo guidato da Depretis. L’occupazione italiana di Massaua, tuttavia, era stata accolta con forte irritazione dal negus, anche perché egli aveva concluso l’anno precedente un trattato con l’Inghilterra con il quale essa gli concedeva la libertà di condurre traffici commerciali attraverso il porto di Massaua. Nell’aprile 1885 una missione ufficiosa italiana prese contatti con il negus per cercare di fugare i suoi timori relativi a possibili e prossime iniziative italiane di conquista. La missione tentò di convincere il negus che l’occupazione di Massaua era finalizzata ad arginare i tentativi di espansione verso l’Abissinia dei gruppi islamici mahadisti, cioè dei seguaci di Mohammed Ahmed Mahdi, capo di quella grande rivolta anti-egiziana sudanese che si era conclusa nel 1885 con l’intera conquista del vicino Sudan. La missione rappresentava presumibilmente un tentativo italiano di prendere tempo, di superare le incertezze sul da farsi, e quindi di avviare una strategia di conquista a piccoli passi del territorio abissino. L’esercito etiope annienta la colonna italiana In effetti, il 24 giugno 1885 un corpo di spedizione italiano si insediò a Saati, a circa 30 chilometri da Massaua, località di cui il negus rivendicava l’appartenenza all’impero etiopico. Il ras Alula, che governava la regione confinante con l’area occupata dalla forze militari italiane, intimò inutilmente agli italiani di ritirasi. La situazione rimase stagnante per circa un anno. Nel gennaio del 1887 Alula procedette con 10 000 uomini verso Saati. Il presidio militare italiano, pur avendo respinto l’attacco, non poteva resistere ulteriormente a causa della carenza di viveri. Lo Stato maggiore italiano decise allora di inviare dei rinforzi. Una colonna di oltre 500 soldati, sotto il comando del tenente colonnello T. De Cristoforis si diresse verso Saati. Prevedendo la mossa, Alula si diresse verso Massaua nel tentativo di tagliare la strada al contingente italiano. L’esercito etiope poteva contare su una forte superiorità militare e su un’ottima conoscenza dei luoghi montagnosi dell’area, che si prestavano facilmente a imboscate. Il 26 gennaio la colonna italiana venne attaccata e accerchiata da 7000 uomini dell’esercito abissino nei pressi di Dogali. Rimasero sul campo 433 morti e 82 feriti, mentre gli etiopi persero un migliaio di uomini. Alula, a causa delle perdite così elevate, decise di ripiegare sull’Asmara permettendo così al presidio italiano di ritirarsi da Saati. 1