Corso OSA DISPENSA LA PSICOLOGIA DEL PAZIENTE

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PSICOLOGIA DELL’UTENTE SVANTAGGIATO
Alla base di questa definizione vi è un vissuto di disagio, preoccupazione e paura da parte di
genitori ed insegnanti. Comportamenti strani, diversi da quelli che ci aspettiamo ma soprattutto
quelli estremi come gli autolesionistici, arrivano a destabilizzare il nostro equilibrio interiore.
Autolesionismo, aggressività, stereotipie invadenti possono essere definite situazioni complesse sia
dal punto di vista biologico che relazionale, poiché le persone che presentano queste difficoltà,
spesso, hanno un ritardo mentale grave/gravissimo.
Possono essere iscritti in tre grandi categorie(Janes, 1992):
1. atti autolesionisti: con cui la persona danneggia se stessa, si produce lesioni chiare
osservabili,
specifiche; es.: mordersi, iperventilazione o crisi d’apnea, inghiottire qualsiasi cosa, solida o
liquida, anche non commestibile (pica);
2. atti aggressivi: contro altre persone, o mirati alla distruzione di oggetti; anche l’urlare può
essere un atto di aggressione;
3. stereotipie: sequenze di comportamenti ripetitivi e senza apparente scopo che in sé
non creano danno o lesioni accertabili ma che, isolando dall’ambiente esterno e dai
suoi stimoli, ostacolano apprendimenti e socializzazione: es. dondolare, o
vocalizzare, agitare le mani. Intrappolano la persona all’interno di giochi
autostimolatori, piacevoli e molto gratificanti che, isolandolo dall’ambiente, lo
distolgono dal ricevere e decodificare stimoli e dall’eseguire altri tipi di risposte
Con il termine di “comportamento problematico” si indica quel comportamento autolesionista o
aggressivo che, a causa della sua intensità, frequenza o durata, interferisce negativamente nella vita
del bambino, sia nelle sue capacità di apprendimento di nuove abilità, sia nello svolgimento di
compiti già noti, sia nelle sue relazione con gli altri. Frequentemente, infatti, vengono considerati
manifestazioni intrinseche alla patologia, quindi immodificabili e, con rassegnazione, vissuti come
un limite a cui adattarsi.
Al contrario, anche questi devono essere intesi come prodotti del bisogno della persona di
raggiungere uno stato ottimale di convivenza con se stesso e con il mondo quindi, con funzioni
prevalentemente comunicative e interpersonali. Grazie agli studi fatti a tal proposito negli
ultimi decenni, si è venuta sviluppando l’ipotesi comunicativa dei comportamenti disadattivi, che
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hanno spostato l’attenzione dal lavoro prettamente rivolto alla loro eliminazione, alla
comprensione del loro significato. Secondo tale ipotesi, ogni comportamento problematico è un modo
di comunicare utilizzato dalle persone che, mancando di qualsiasi forma di linguaggio verbale o gestuale e
pittografico funzionale, lo attivano per influenzare le persone e gli ambienti circostanti . Un elemento di
complessità dell’intervento didattico-educativo sui comportamenti problema
gravi è costituito dal fatto che pone all’alunno l’obiettivo di: imparare a non fare una
particolare cosa ,in quanto ci si prefigge di: eliminare e sostituire
I metodi di intervento ai quali si può ricorrere possono essere: l’estinzione ( Tale metodo
comporta l’ignorare cioè il fingere che il comportamento non si stia verificando), solitamente
abbinato al rinforzamento differenziale (Consiste nell’incentivare tutti i comportamenti positivi
del
bambino. Le diverse modalità di attivazione di tale intervento sono: rinforzamento differenziale
dei comportamenti alternativi, di quelli adeguati, di quelli incompatibili e di quelli
comunicativi)
il blocco fisico (l’operatore immobilizza per pochi minuti il soggetto dopo emissione del
comportamento problema facendolo sedere su una poltrona o sdraiare su un materassino,
quando il soggetto, passato il primo momento di ribellione, si rilassa ed accetta il blocco questo
può essere interrotto) il time out (Comporta l’allontanare il ragazzo da una situazione per lui
altamente rinforzante ) e il costo della risposta (Il costo della risposta comporta all’alunno che si
è comportato male l’emissione di un altro comportamento riparatore. Questa procedura può
essere collegabile a quella del contratto educativo che prevede un accordo tra l’educatore e
l’allievo. Quando tale modalità di intervento viene applicata con ragazzi che presentano una
deficit cognitivo notevole, è importante integrarla con la cosiddetta economia simbolica ) a sua
volta sostenuto dall’economia simbolica (gli accordi vengono ulteriormente concretizzati
attraverso l’uso di rinforzatori simbolici o token (gettone). A queste metodologie di intervento si
può aggiungere anche l’ipercorrezione (Consiste nel costringere l’alunno ad esagerare la
correzione del suo comportamento problematico dopo che lo ha emesso ). Chi lavora con le
persone disabili sa bene che per ogni ragazzo sarà difficilmente valido il singolo metodo di
intervento: solitamente esso dovrà essere integrato da elementi presi dai vari metodi di
intervento.
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È importante sottolineare che un intervento in tal senso non significa solo applicazione di
procedure specifiche per cambiare il comportamento del bambino, ma un processo complesso
che implica il cambiamento comportamentale di quanti gli vivono intorno: più che qualcosa che
si fa “a” una persona in difficoltà, è qualcosa che si fa “con” essa. Meta finale di tutto il lavoro è
il cambiamento dei sistemi di relazione con un miglioramento nella qualità della vita della
persona disabile e di quanti rientrano nel proprio “contesto sociale”.
Molti, ancora, ritengono che il soggetto sia “giustificato” nella sua emissione di comportamenti
problema in quanto: o non possiede modalità espressive e comunicative normali, o non interessato
dalle attività proposte, o vive in un ambiente relazionale che è sfavorevole, punitivo, insensibile.
Quando esistono comportamenti così gravi, si vorrebbe che la persona operasse in un altro modo.
Sembra che vi sia una volontà positiva, salvifica - la nostra - e una negativa, quella della persona
diversamente abile. Ma questo non deve essere dato per scontato. Poiché in casi così estremi si deve
agire pesantemente per operare il cambiamento, dobbiamo essere sicuri che il comportamento è
veramente problematico per la persona che ne è portatrice.
In questa struttura di relazione nasce un problema deontologico, etico, in quanto sorge un conflitto:
“contrastare, con la nostra volontà pedagogica, educativa, psicologica, la volontà di un'altra persona
Due sono le riflessioni d’obbligo per un corretto intervento:
-
è giusto pensare di cambiare il comportamento di una persona?
-
Quali i criteri per decidere che un comportamento è modificabile?
Risulta complesso rispondere a questi interrogativi in maniera univoca. L’unica certezza è che, per
una corretta opera di assistenza del soggetto disabile, non si può prescindere da un approccio
multimodale che consideri l’individuo nella globalità delle sue dimensioni: cognitiva, emotiva e
sociale.
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L’APPROCCIO MULTIMODALE
Una corretta opera di assistenza non può prescindere da un approccio multimodale che consideri
l’individuo nella globalità delle sue dimensioni: cognitiva, motiva e sociale.
DIMENSIONE COGNITIVA:
L’area cognitiva è la più complessa da gestire perché, in base alla disabilità che il soggetto esprime,
può essere più o meno compromessa. L’operatore, quindi, dovrà inserire all’interno del proprio
programma di intervento differenti metodologie previste per il soggetto. Le metodologie si
diversificano in base alla patologia che il soggetto esprime: le metodologie previste per un soggetto
affetto da ritardo mentale lieve saranno differenti da quelle messe in atto per un soggetto affetto da
un ritardo mentale profondo.
DIMENSIONE EMOTIVA :
Analizzando la sfera emotiva si può osservare come i bambini esprimano le proprie emozioni, i
propri sentimenti rapportandosi con l’ambiente e con le persone che li circondano. L’operatore
prima di poter aiutare l’atro, dovrà imparare a conoscere se stesso, i propri limiti e saper fare i conti
con le proprie emozioni. Gestendo in maniera ottimale le proprie emozioni potrà trarre i benefici dal
proprio operato.
Cosa sono le emozioni? Sono delle reazioni affettive che insorgono all’improvviso in risposta a
stimoli ambientali che, per qualsiasi motivo, ci colpiscono ( paura, gioia, insicurezza ecc).
Accettare le proprie emozioni è il mezzo migliore per comprendere sé stessi invogliandoci a
mettere a punto strategie per raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Una persona molto
emozionata riduce la capacità di autocontrollo, di ragionare in modo logico e critico. Quest’ultimo
punto è fondamentale saperlo controllare perché, l’operatore, non dovrà perdere la propria capacità
di autocontrollo. La bravura dell’operatore consisterà, non soltanto nel saper gestire il paziente e le
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eventuali crisi a cui un soggetto con disabilità può andare incontro, ma anche nel saper mettere in
atto strategie di PROBLEM SOLVING.
PROBLEM SOLVING è il termine inglese che indica l’insieme dei processi necessari per
analizzare, affrontare e risolvere positivamente situazioni problematiche. Non è una competenza
tecnica, come si è soliti credere, bensì una competenza trasversale ad ogni settore. Indica la
capacità, dell’operatore, di saper trovare una soluzione per un problema di qualsiasi tipo. Da ciò
risulta chiaro che un operatore, particolarmente emotivo, non riuscirà a mettere in atto le dovute
strategie andando contro il bene del proprio paziente. Allo stesso tempo però un operatore duro,
poco coinvolto ci certo non apporterà del bene al soggetto affetto da disabilità.
DIMENSIONE SOCIALE
Il soggetto disabile è , in primis, una persona e in quanto tale svilupperà una rete di relazioni
sociali. Molto spesso il paziente disabile sarà un bambino che, come ogni altro bambino, dovrà
vivere, giocare, relazionarsi attivamente con il gruppo dei pari. Ecco che il gioco ( qualora la
disabilità lo consenta) rappresenta un buon metodo per permettere l’inserimento e l’integrazione del
bambino. I giochi di gruppo richiedono non solo una partecipazione a livello personale, ma anche
un coinvolgimento di più bambini; si formerà un gruppo. Nel gruppo ogni bambino si sente un
elemento vivo e determinante per il successo del proprio gruppo.
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PSICOPATOLOGIA GENERALE
Per psicopatologia si intende lo studio delle alterazioni patologiche delle funzioni psichiche. La
psicopatologia si occupa quindi dello studio degli eventi psichici abnormi e studia l’esperienza
soggettiva del paziente e i comportamenti a essa conseguenti. A tal fine, si avvale del metodo
“empatico”, cioè della capacità di immedesimazione
in un altro individuo, attraverso
l’osservazione, l’ascolto e la riformulazione di pensieri del paziente. Ciò che descriveremo
sono le diverse funzioni psichiche
in cui tradizionalmente viene scomposto il nostro
funzionamento mentale .
LA PERCEZIONE
La percezione è la funzione attraverso cui l’uomo ottiene informazioni dall’ambiente che lo
circonda, tramite gli organi di senso ad essa preposti. (vista, udito, olfatto, tatto e gusto).
Nello specifico dobbiamo ricordare che i disturbi della percezione comprendono:
Le distorsioni percettive, in cui si ha la deformazioni di precetti reali. Il soggetto può vedere
qualcosa più colorata di quello che realmente è ; oppure percepisce di toccare ruvido dove è
liscio e viceversa.
Le false percezioni comprendono le illusioni cioè la percezione distorta di un oggetto . Per esempio
l’immagine di una nuvola può essere percepita come un animale o altra forma significativa. Le
illusioni affettive, poi, si verificano in condizioni di particolare stato emotivo del soggetto: un
bambino spaventato dal buio può facilmente scambiare uno straccio appeso per un mostro
minaccioso. Le allucinazioni cioè una percezione che avvenga in assenza di oggetto. Proprio per
tale motivo sono tra i sintomi psichiatrici più facilmente indagabili, in quanto la presenza o
l’assenza dell’oggetto percepito è immediatamente verificabile da un osservatore esterno. Una delle
caratteristiche costitutive delle allucinazioni, è la non corregibilità. Il soggetto è convinto della
realtà delle proprie percezioni . Si possono distinguere diverse allucinazioni a seconda dell’area
sensoriale interessata: ciascuno dei cinque sensi può essere interessato da fenomeni allucinatori. La
prevalenza massima è tuttavia indubbiamente delle allucinazioni uditive. Si tratta frequentemente
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di voci udite dal paziente, generalmente esse hanno caratteristiche minacciose e allusive verso il
paziente stesso, fino ad imporgli di compiere determinate azioni (allucinazioni imperative) con
pericolo in alcuni casi di suicidio. Il soggetto frequentemente può risultare distratto durante un
colloquio, allontanare lo sguardo dall’interlocutore nella ricerca della fonte di provenienza di ciò
che sta sentendo. Seconde alle allucinazioni uditive in quanto a frequenza sono quelle visive : un
paziente “ vede” una persona entrare nella sua stanza e sedersi accanto al letto oppure (visioni di
piccoli animali o del proprio corpo, di oggetti o figure rimpiccioliti o ingranditi) Ricordiamo anche
le allucinazioni olfattive e gustative : questa forma di allucinazione si verifica prevalentemente
nella schizofrenia, nell’epilessia:il soggetto percepisce odori e sapori in genere sgradevoli,
raramente odori piacevoli. Può essere associato con la convinzione che delle persone stiano
pompando un gas velenoso o anestetico dentro la casa, che sente solo il paziente
Altra forma di falsa percezione è la pseudo allucinazione: il soggetto ha la consapevolezza che il
suo cervello produce questa falsa allucinazione. C’è quindi una consapevolezza da parte del malato,
perlopiù schizofrenici. Nella maggior parte dei casi si tratta di fenomeni uditivi, generalmente in
forma di voci, di mormorii intrapsichici o come eco del pensiero. Vengono percepiti come se
provenissero da fonti non appartenenti alla realtà esterna, piuttosto nello spazio interno soggettivo,
nel campo sensoriale interno. Il paziente colloca infatti la sorgente al proprio interno, nella propria
testa, dove vengono percepite con “l’occhio (o l’orecchio) interiore”. Ultima falsa percezione è l’
allucinosi il paziente mostra il sintomo della perplessità, cosa che non avveniva nelle altre forme di
false percezioni.
Il soggetto si sente come uno spettatore di quello succede e sa che tutto quello che
vive non corrisponde alla realtà.
IL PENSIERO
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I disturbi del pensiero vengono distinti in : disturbi della forma e i disturbi del contenuto.
Tra i disturbi della forma ricordiamo le seguenti manifestazioni:
-
Accelerazione aumento della produzione verbale e delle idee che si succedono l’un l’altra
senza interruzione e lo scopo originario del pensiero viene perso
Rallentamento: contrario dell'accelerazione, diminuzione della velocità associativa e del
contenuto ideico, nei casi estremi, arresto del pensiero.
Deragliamento: perdere il filo del discorso passando da un argomento all'altro
Concretismo: incapacità di fare astrazione e ragionare su cose astratte come fede, famiglia,
stato. Tendono a far riferimento sempre a cose concrete. Incapacità di interpretare proverbi o
modi di dire
Tra i disturbi del contenuto ricordiamo:
-
Il delirio convincimento derivante da un errore di giudizio, impermeabile alla critica, spesso
a contenuto bizzarro, talvolta sostenuto da allucinazioni uditive. Il delirio, per essere
diagnosticato come tale, deve essere fermamente sostenuto dal soggetto delirante, anche se
la realtà e gli altri soggetti ne dimostrano la falsità, è assolutamente immodificabile. Non
viene considerato dal soggetto come patologico, perché è assolutamente uguale alle altre
idee. I contenuti del delirio possono essere vari
Abbiamo deliri di:
-
Persecuzione : persecutori possono essere animanti o inanimati i quindi persone oppure
oggetti.
Gelosia: riguarda la certezza di essere stato vittima, da parte del partner, di un tradimento
Grandezza: la certezza di essere amati da una persona di ceto superiore
Potenza: il soggetto si identifica in personaggi famosi
Sindrome di Fregoli: consiste nella convinzione delirante di riconoscere persone familiari in
sconosciuti
L’ATTENZIONE
I disturbi dell’ attenzione sono delle anomalie per difetto o per eccesso. Deficit attentivi patologici
possono essere di natura organica ( es in seguito ad un trauma cranico) o funzionale ( nelle
depressione)
COSCIENZA
E’ ciò che permette alla soggettività di esistere: per essere in grado di avere delle esperienze, si deve
essere coscienti.
L’alterazione della coscienza è accompagnata da una modificazione cognitiva. L'alterazione si
sviluppa in un breve periodo di tempo, generalmente di ore o di giorni, e tende a fluttuare durante il
corso del giorno.
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Cause :
o
o
o
o
condizione medica generale
Intossicazione o Astinenza da Sostanze
uso di un farmaco
di una combinazione di questi fattori
L'esame dello stato di coscienza si fa osservando se la persona è ben orientata e basta chiederle:
1. "Chi è Lei? -Come si chiama?"
2. "Dove sono i suoi famigliari?"
3. "Dove si trova adesso? -Che strada ha fatto per venire qua?"
LA RELAZIONE DIFFICILE: IL PAZIENTE DIFFICILE
Relazioni difficili si caratterizzano per un coinvolgimento affettivo-emotivo impossibile da
controllare. Nella relazione medico-paziente-operatore sono necessari, l’apprendimento della giusta
distanza emotiva dai problemi e delle angosce del paziente per il raggiungimento degli obiettivi
preposti tra cui, in primis, il miglioramento delle condizioni di salute del paziente .
PAZIENTE IPOCONDRIACO
Il paziente ipocondriaco ha una distorsione delle normali sensazioni che provengono dall'interno del
corpo, erroneamente interpretate come sintomi di malattia. Visite e controlli assumono un
significato importante per il paziente perché sono una risposta alla sua richiesta di aiuto. I pazienti
ipocondriaci hanno spesso una storia clinica e medica molto complessa: essi, nella maggioranza dei
casi, sono stati costretti a frequentare numerosi studi medici (e talvolta anche ospedali), specialisti,
laboratori di analisi, senza peraltro che fosse possibile ottenere delle diagnosi precise e
soddisfacenti. Nonostante le numerose attenzioni le cure ricevute, questi pazienti si sentono spesso
frustrati e insoddisfatti, in quanto mantengono sempre la sensazione che qualche cosa sia sfuggita
alle indagini diagnostiche. Il rapporto medico-paziente, inoltre, risulta essere del tutto compromesso
in quanto i pazienti ipocondriaci spesso parlano male dei loro rispettivi medici (passati e presenti), e
d’altro canto anche i sanitari che li hanno in cura trovano questi pazienti eccezionalmente difficili e
spesso non gestibili a livello esclusivamente medico.
PAZ IEN T E C RON ICO
La cronicità della malattia, a lungo andare,cronicizza il rapporto medico- operatore - paziente. Si
crea una continua frustrazione dell’attesa della guarigione che conduce spesso al disinvestimento
del rapporto e , in certi casi, alla rottura del rapporto stesso.
PAZ IEN T E AN Z IANO
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La vecchiaia è una fase della vita molto complessa , caratterizzata da perdite continue e definitive in
attesa dell’ultima perdita , quella appunto della propria vita. Le perdite più significative riguardano
soprattutto la sfera della propria autonomia ed efficienza. Gli operatori, i medici entrano in contatto
con le frustrazioni e l’angoscia del paziente, essendo spesso i referenti,che devono aiutarlo nel
fronteggiare il proprio disagio.
PAZ IEN T E C HE REGREDIS C E T ROPP O
Non è semplice definire i limiti entro i quali operatori e medici devono incoraggiare, accettare o
rifiutare le problematiche del proprio paziente. Gradi diversi di dipendenza sono adeguati a
momenti diversi della relazione e, all’interno di questa, a fasi diverse della malattia. La regressione
consente la formazione, negli operatori, nei medici, di un “io vicariante” nella situazione di
debolezza; ciò comporta l’impossibilità di affrontare in modo maturo e professionale le implicazioni
proprie della malattia per quanto riguarda i medici e gli operatori. Per quanto concerne il paziente
si trasforma nella incapacità di attenersi alle prescrizioni del medico.
PAZ IEN T E OPPOS I T IVO
Il paziente oppositivo attribuirà fastidi o privazioni al medico o all’operatore con un intenzione
punitiva rifiutando il trattamento terapeutico somministrato dal medico. Collera e rancore sono i
sentimenti che primeggiano
PAZ IEN T E C RIT ICO
E’ un paziente che non si fida,che verifica costantemente la preparazione di medici e operatori
contestando la competenza del medico esibendo la propria cultura in campo medico. La stabilità
della relazione è perennemente in bilico
PAZIENTE NEOPLASTICO
Il paziente neoplastico, dopo un intervento chirurgico o chemioterapico, viene sottoposto ad esami
di controllo. Al controllo il paziente porta con sé,oltre alla consapevolezza della malattia, la
speranza del miglioramento e la paura della morte. Il paziente è in sospeso, in attesa di risposte, con
un carico di ansia tale da destabilizzare l’attività di medici ed operatori.
PAZIENTE PSICHIATRICO
Gli operatori sono condizionati, nel rapporto con il paziente psichiatrico, da molti fattori in
particolar modo da tutti i fantasmi che aleggiano su questi malati e dalla paura che spesso suscitano
nell’operatore di non essere sufficientemente attrezzato per poter affrontare i loro deliri. L’alone di
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incomprensibilità che avvolge la malattia mentale e l’idea di irreversibilità compromettono la
relazione con questo tipo di pazienti
PAZIENTE SENZA EMPATIA
Il paziente non empatico è un paziente “difficile”; è colui che stenta ad assumere il ruolo di malato e
ad accettare, di conseguenza, quello di medici ed operatori. Rende difficile la strutturazione delle
relazioni sabotando gli interventi di medici ed operatori, portando sempre nuovi sintomi, e si
compiace se li mette in difficoltà. Le dinamiche relazionali che si instaurano sono di sfida. Le basi
per un’alleanza terapeutica sono,pertanto, compromesse
DIFFERENZA TRA MALATTIA, MENOMAZIONE, DISABILITA’ ED HANDICAP
La malattia non è solo la semplice esistenza di un fattore patogeno esterno, ma rappresenta anche la
presenza
di
una
causa
e
di
un
meccanismo
d’azione.
Per afferrare appieno il concetto di malattia non basta conoscere solo le disfunzioni della mente e
del corpo umano, è necessario rendersi conto di come, e quanto, molte delle cause di malattia
abbiano fondamento nel mondo che ci circonda. Occorre cioè sapere che le misure prese dall’uomo
per guarire le malattie (e il successo di tali misure) dipendono in gran parte dal modo di pensare,
dalla scala dei valori e dal livello scientifico ed economico di una determinata società. Infatti, solo
una società che comprenda veramente il valore della salute (e abbia i mezzi scientifici ed economici
per addestrare e mantenere le persone addette ai servizi sanitari) è in grado di prevenire le malattie
favorendone
la
guarigione.
Le malattie non variano solo in relazione al clima ed alla topografia, esse cambiano anche a seconda
degli
stili
di
vita.
L'equilibrio tra la salute e la malattia muta col mutare dell'ambiente: dove le città prendono il posto
di prati e foreste, nuovi pericoli per l'umanità sostituiscono quelli precedenti. Molti di questi
cambiamenti fanno parte dell'evoluzione naturale della vita; l'uomo può solo ritenersi
straordinariamente fortunato, visto che è l’attore principale del processo di mutamento delle cose.
Per valutare gli effetti principali e secondari di tale processo, la ricerca medica si avvale anche
dell'ecologia, cioè la scienza che studia i rapporti che intercorrono fra l'ambiente e gli esseri viventi.
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A seguito di un evento morboso, sia esso una malattia (congenita o meno) o un incidente,
una persona può subire una menomazione, ovvero la perdita o anomalia strutturale o
funzionale, fisica o psichica. La menomazione può poi portare alla disabilità, ovvero alla
limitazione della persona nello svolgimento di una o più attività considerate “normali” per
un essere umano della stessa età. Infine, la disabilità può portare all’handicap, ovvero allo
svantaggio sociale che si manifesta a seguito dell’interazione con l’ambiente.
LEGGE QUADRO 104/1992 art. 3
“ Si definisce persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica,
sensoriale che causa difficoltà tali da determinare un processo di svantaggio sociale e/o di
emarginazione”
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DELIRIUM: DEFINIZIONE E SEGNI CLINICI
Il delirium è un disturbo psichico accompagnato da agitazione e iperattività. Il DSM- IV
( manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) considera il delirium come un disturbo
della coscienza accompagnato da un cambiamento del funzionamento cognitivo o da un
disturbo percettivo che si sviluppa in un arco di tempo abbastanza breve.
Per ciò che riguarda il disturbo della coscienza questo si manifesta con una riduzione di
consapevolezza dell’ambiente: il soggetto non riesce a focalizzare l’attenzione in quanto ogni
elemento tende a distrarlo e una conversazione con lui diventa impossibile da svolgersi.
Per quanto riguarda il cambiamento del deficit cognitivo questo può includere deficit della
memoria in particolare di quella a breve termine, disorientamento spaziale disturbi del
linguaggio ecc.
Per quanto concerne il disturbo percettivo varia dalle illusioni alle allucinazioni e sono più
comunemente di tipo visivo .
Si possono evidenziare varie cause che possono portare ad una situazione delirante:
DELIRIUM DA CONDIZIONE MEDICA: cioè l’esame fisico o i test di laboratorio devono
fornire in maniera evidente che la sintomatologia è conseguenza di una condizione medica
generale: situazioni infettive ( meningiti), disordini metabolici ( ipoglicemia), disordini
elettrolitici ( disidratazione), disturbi vitaminici ( mancanza di tiamina), disturbi endocrini
DELIRIUM DA INTOSSICAZIONE DA SOSTENZE: i test devono dimostrare che il disturbo
della coscienza, la difficoltà da parte del soggetto nel mantenere l’attenzione si sviluppano
durante un intossicazione da sostanze cioè quando sono implicati alcool, anfetamine, cocaina ,
ansiolitici ecc
DELIRIO DA SOSPENSIONE DI SOSTANZE: causa il delirium tremens se la sostanza
sospesa è alcool
Il disturbo ha insorgenza rapida ed è solitamente di breve durata e, nella fase precedente la
sindrome ritroviamo ipersensibilità agli stimoli, irritabilità, depressione, malessere generale.
Il delirium è spesso associato a disturbi del ciclo sonno-veglia e da disturbi che variano da una
iperattività ad una ipoattività. Una caratteristica del delirium è il suo essere fluttuante in quanto
caratterizzato da periodi di lucidità ad altri di grave compromissione della coscienza( in
particolare di notte).
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico viene utilizzato l’aloperidolo che, agendo sulla
dopamina, seda il paziente.
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DEMENZA: DEFINIZIONE E SEGNI CLINICI
La caratteristica della demenza è il depauperamento delle capacità cognitive ed intellettive tali
da compromettere il normale svolgimento della vita del soggetto.
Il deficit mnestico è il primo requisito che ci permette di fare diagnosi di demenza: è un sintomo
precoce che comporta l’incapacità ad apprendere nuove informazioni e a ricordare fatti
personali. Oltre al disturbo mnestico, affinché si parli di demenza è importante che siano
presenti almeno altri 2 dei seguenti sintomi: afasia (è un disturbo della comprensione e/o della
produzione del linguaggio verbale ) , aprassia (è un disturbo del movimento volontario, definito
come l'incapacità di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato fine, sebbene siano
mantenute inalterate la volontà del soggetto e la sua capacità motoria.) ,agnosia (è un disturbo
della percezione caratterizzato dal mancato riconoscimento di oggetti, persone, suoni, forme,
odori già noti), disturbo dell’abilità costruttiva (il soggetto a difficoltà nel ricopiare le figure, nel
cogliere somiglianze e differenze)
L’insorgenza dei sintomi avviene in maniera subdola e solitamente solo i familiari se ne
accorgono della loro presenza a causa dei cambiamenti del comportamento.
Anche la memoria a breve termine viene colpita, per poi colpire quella a lungo termine
lasciando spazio all’attività confabulatoria.
La demenza può degenerare in
MALATTIA DI ALZHEIMER: è la malattia più comune in cui degenera la demenza.
Comprende forme di esordio in età senile e presenile: dopo i 70 anni con un declino cognitivo
non molto grave oppure, ad esordio più precoce. Quest’ultimo risulta essere una forma di
demenza più grave della prima (esordio dopo i 70 anni) perché le alterazioni avvengono molto
prima compromettendo velocemente le abilità cognitive.
Tra i sintomi ricordiamo l’affievolimento della memoria, associata a depressione, ansia. Il
disturbo è progressivo e la morte sopraggiunge dopo 2/5 anni dalla diagnosi.
Quindi affichè si possa parlare di Malattia di Alzheimer è bene che si riscontrino i seguenti
sintomi:
Deficit della memoria
Alterazioni cognitive
Insorgenza graduale dei sintomi
DEMENZA DA HIV: è una forma di demenza associata af infezione diretta da HIV. I diturbi
che ne derivano sono: apatia, ritiro sociale, deliri, allucinazioni
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MORBO DI PARKINSON: è una malattia che si manifesta con tremore, rigidit, instabilità
posturale. A questi sintomi si associano difficoltà nell’apprendimento, scarsa memoria con
riduzione delle capacità cognitive.
CAUSE DEL RITARDO MENTALE
Il ritardo mentale è un deficit cognitivo con esordio prima dei 18 anni. Le sue caratteristiche
principali sono:
l’alterazione delle funzioni adattive ( incapacità del soggetto di adattarsi all’ambiente)
età d’esordio ( si parla di ritardo mentale prima dei 18 anni. Dopo i 18 anni la diagnosi è
“demenza”)
livelli di gravità ( i gradi di gravità del ritardo mentale).
In relazione a quest’ultimo punto si considerano 4 livelli di gravità in rapporto al Q. I. del
soggetto:
RITARDO MENTALE LIEVE: in questo punto rientrano la maggior parte dei soggetti con
ritardo mentale. In questi soggetti è possibile lo sviluppo di capacità sociali e di comunicazione
negli anni pre- scolari. Possono acquisire capacità scolastiche corrispondenti alla quinta
elementare. Durante la vita adulta possono arrivare ad avere capacità sociali e professionali
adeguate.
RITARDO MENTALE MODERATO: i soggetti possono imparare a comunicare negli anni
pre-scolari e sono in grado di prendersi cura di se stessi. Possono essere addestrati alle attività
professionali e sociali ma è improbabile che progrediscano oltre il livello della terza elementare.
RITARDO MENTALE GRAVE: durante il periodo pre-scolare mostrano uno sviluppo motorio
deficitario e acquisiscono poche o nulle capacità comunicative. Le capacità di apprendimento
scolastico si limitano a qualche sporadica nozione come la conoscenza dell’alfabeto.
RITARDO MENTALE GRAVISSIMO: l’unica azione educativa possibile è l’addestramento
inteso come “ ripetizione di atteggiamenti e di situazioni imposti da altri in vista dell’acquisto di
automatismi di comportamento.
CAUSE DEL RITARDO MENTALE
Oltre ai fattori genetici ricordiamo le cause pre natali ( rosolia , alcolismo materno, infezioni);
cause perinatali ( malnutrizione fetale, ipossia cioè mancata ossigenazione al cervello); cause
post natali ( ambiente culturalmente basso)
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DIFFERENZA TRA DEMENZA E RITARDO MENTALE
E’ importante precisare che la demenza e il ritardo mentale sono 2 malattie differenti con le
proprie specificità. Nel ritardo mentale non avviene lo sviluppo delle facoltà intellettive a
differenza della demenza dove si assiste ad una perdita delle facoltà acquisite.
Inoltre la demenza non deve essere confusa con il processo di invecchiamento dove, è vero che
si assiste ad una riduzione dei processi menatali, ma questo non avviene in maniera grave e
radicale così come avviene nella demenza.
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