4.2 Trasformata di Laplace Come abbiamo già detto nel paragrafo precedente, il metodo della T.F. permette di risolvere equazioni differenziali a coefficienti costanti soltanto in un campo molto ristretto; la stessa funzione f (x)=1 non potrebbe essere accettata né come soluzione né come termine noto. D’altra parte, se vogliamo risolvere un’equazione con condizioni iniziali al tempo t = 0, ci interessa sapere solo ciò che succede per t ≥ 0. È quindi conveniente considerare una sorta di T.F. definita da un integrale esteso solo al semiasse delle t > 0. In tal caso, se f (t) è localmente sommabile, cioè è sommabile su ogni intervallo finito del semiasse reale t ≥ 0, e se esistono una α0 ∈ R, una M > 0 e un t0 ≥ 0 tali che ∀t > t0 valga 0 e−α t |f (t)| < M (4.40) la funzione gα (t) ≡ e−αt f (t)θ(t) è sommabile sull’intero asse reale ∀α > α0 . Infatti ∀t > t0 0 0 0 |gα (t)| = e−(α−α )t e−α t f (t) ≤ e−(α−α )t M (4.41) e quindi tende esponenzialmente a zero per t → +∞, rimanendo localmente sommabile se tale era f (t). Quindi gα (t) possiede la trasformata di Fourier: 1 Z∞ 1 Z∞ −αt −iωt √ √ f (t)e θ(t)e dt = f (t)e−(α+iω)t dt . (4.42) Gα (ω) = 2π −∞ 2π 0 Introduciamo ora la variabile complessa s = α + iω e definiamo F (s) = √ 2πGα (ω). Allora la (4.42) diventa F (s) = Z ∞ f (t)e−st dt (4.43) 0 e prende in nome di trasformata di Laplace (T.L.) della funzione f (t); chiamando ascissa di convergenza α0 ∈ R l’estremo inferiore degli α0 per cui vale la (4.40), la F (s) è definita nel semipiano Res > α0 e ivi è analitica, come si vede facilmente derivando sotto il segno, poiché, grazie alla (4.41), tn f (t) ha la stessa ascissa di convergenza di f (t), per ogni n naturale. L’antitrasformata di Laplace è definita da un integrale in campo 109 complesso. Infatti antitrasformando la (4.42) si ricava, nell’ipotesi che f (t) sia di classe C 1 nell’intorno di t, −αt f (t)e Z R 1 θ(t) = √ lim Gα (ω)eiωt dω , 2π R→∞ −R (4.44) da cui f (t)θ(t) = Z R 1 1 Z lim g(ω)e(α+iω)t dω = F (s)est ds , 2π R→∞ −R 2πi γ (4.45) dove il cammino di integrazione γ è una retta parallela all’asse immaginario del piano di s, di equazione Re s=α > α0 . L’antitrasformata (4.45) si indica di solito, sottintendendo la θ(t), come f (t) = 1 Z α+i∞ F (s)est ds , 2πi α−i∞ (4.46) che per essere più precisi andrebbe scritta come Z α+iR 1 f (t) = lim F (s)est ds . 2πi R→∞ α−iR (4.47) Osserviamo subito: si può dimostrare che F (s) = o(1) per s → ∞ in ogni direzione del semipiano di analiticità. Per t < 0 si può quindi applicare il lemma di Jordan (vedi caso 4) chiudendo il cammino con una semicirconferenza nel semipiano a destra di Re s = α, ottenendo f (t) = 0, visto che F (s) è analitica nel semipiano Re s > α0 . 4.2.1 Esempi • La trasformata di Laplace della funzione f (t) = 1 è F (s) = ∞ Z e−st dt = 0 1 . s L’integrale converge per Re(s) > 0 (cioè α0 = 0). Il calcolo dell’integrale (4.46) mediante il metodo dei residui mostra subito che l’antitrasformata di Laplace di 1/s è θ(t). • La trasformata di Laplace della funzione f (t) = t è F (s) = Z 0 ∞ −st te dt = − Z 0 ∞ ∂ −st d Z ∞ −st d 1 1 e dt = − e dt = − = 2 ∂s ds 0 ds s s 110 • La trasformata di Laplace della funzione f (t) = tn è Z ∞ Z ∞ n ∂ −st F (s) = tn e−st dt = (−1)n e dt ∂sn 0 0 dn Z ∞ −st dn 1 = (−1)n n e dt = (−1)n n ds 0 ds s n! = n+1 . s • La trasformata di Laplace della funzione f (t) = cos t è Z ∞ 1 Z ∞ −st it −st e e + e−it dt F (s) = e cos tdt = 2 0 0 ∞ ) ( −(s−i)t ∞ 1 e e−(s+i)t s = + = 2 . 2 −(s − i) 0 −(s + i) 0 s +1 Tutte le funzioni discusse in questi esempi hanno ascissa di convergenza α0 = 0; la loro Trasformata di Laplace è perciò analitica in tutto il semipiano Res > 0; nell’esempio successivo vedremo che non è sempre cosı̀. • La trasformata di Laplace della funzione f (t) = eat , con a ∈ C, è F (s) = Z 0 ∞ ∞ e−(s−a)t 1 e dt = = , −(s − a) 0 s−a −st at e dove è stato necessario supporre Re s > Re a per poter affermare che limt→+∞ e−(s−a)t = 0; per Re s < Re a l’integrale che definisce la trasformata di Laplace diverge, quindi l’ascissa di convergenza della funzione f (t) = eat è α0 = Re a; ciò concorda con il fatto che la trasformata di Laplace F (s) è analitica nel semipiano Re s > Re a. Per tutti questi esempi lasciamo allo studente la verifica dell’eq. (4.46). Riflettendo su questi esempi lo studente si convincerà anche della seguente importante proprietà: • Se la T.L. Ls (f (t)) ha poli con Re s > 0 la funzione f (t) esplode esponenzialmente per t → +∞; viceversa se Ls (f (t)) ha singolarità solo a sinistra dell’asse immaginario allora f (t) decresce esponenzialmente per t → +∞; se i poli sono sull’asse immaginario f (t) può oscillare o crescere come una potenza di t. Questa proprietà è di grande importanza per le applicazioni a sistemi fisici e fornisce un criterio di stabilità nel tempo. Quando, per esempio, un sistema di amplificazione comincia a produrre un sibilo di ampiezza crescente (fortunatamente limitata dalla non linearità e quindi saturazione del sistema) possiamo dire che una qualche singolarità della T.L. della sua funzione di trasferimento ha acquistato parte reale non negativa. 111 4.2.2 Proprietà della trasformata di Laplace Studiamo ora alcune proprietà delle trasformate di Laplace, analoghe a quelle viste per le trasformate di Fourier. Indicheremo la trasformata di Laplace (4.43) con il simbolo Ls [f (t)] = F (s) = ∞ Z f (t)e−st dt . 0 • La trasformata di Laplace è lineare (per linearità degli integrali): Ls [a1 f1 (t) + a2 f2 (t)] = a1 Ls [f1 (t)] + a2 Ls [f2 (t)] • La trasformata di Laplace della derivata f 0 (t), se f 0 (t) esiste e ammette T.L., è legata alla trasformata di f (t) dalla relazione: Ls [f 0 (t)] = sLs [f (t)] − f (0) , (4.48) come si ottiene integrando per parti: 0 Ls [f (t)] = = Z ∞ f 0 (t)e−st dt 0 ∞ f (t)e−st 0 = −f (0) + s +s Z ∞ 0 Z ∞ f (t)e−st dt 0 f (t)e−st dt = sLs [f (t)] − f (0) . È evidente che qui con f (0) si intende il limite destro di f (x) per x → 0. Nell’ipotesi che anche le derivate successive di f (t) esistano e ammettano T.L., la relazione (4.48) può essere iterata per ottenere le trasformate delle derivate successive: Ls [f 00 (t)] = = 000 Ls [f (t)] = = (n) Ls [f (t)] = = sLs [f 0 (t)] − f 0 (0) s2 Ls [f (t)] − sf (0) − f 0 (0) (4.49) 00 00 sLs [f (t)] − f (0) s3 Ls [f (t)] − s2 f (0) − sf 0 (0) − f 00 (0) (4.50) (n−1) (n−1) sLs [f (t)] − f (0) n n−1 s Ls [f (t)] − s f (0) − sn−2 f 0 (0) − ... − sf (n−2) (0) − f (n−1) (0) . (4.51) Dalla (4.51) segue che se la funzione f (t) è n volte derivabile e f (n) (t) ammette T.L. vale f (n−1) (0) Ls [f (n) ] f (0) f 0 (0) + 2 + ··· + , Ls [f (t)] = s s sn sn 112 (4.52) che dà utili informazioni sull’andamento per s → ∞ della trasformata di Laplace (teorema di Tauber). È da notare che, anche se f (t) ∈ C ∞ , non è affatto detto che la serie che facilmente si deduce dalla (4.52) converga. In realtà essa è in generale una serie asintotica, che sarà definita nel corso di Metodi Matematici della Fisica II. • La trasformata di Laplace dell’integrale di una funzione g(t) è legata alla trasformata di g(t) dalla relazione: Z x 1 Ls g(t)dt = Ls [g(x)] . (4.53) s 0 Partendo dalla formula per la trasformata di Laplace per le derivate (4.48) e ponendo g(x) = f 0 (x) si ottiene infatti Z x f (x) = f (0) + g(t)dt . 0 La (4.48) diventa cosı̀: Z Ls [g(x)] = sLs f (0) + x Z g(t)dt − f (0) = sLs [f (0)] + sLs 0 x g(t)dt − f (0) . 0 Ricordando ora che Ls [1] = 1/s, otteniamo Z x 1 Ls [g(x)] = sf (0) + sLs g(t)dt − f (0) , s 0 ovvero Z x Ls [g(x)] = sLs g(t)dt , 0 da cui segue immediatamente la (4.53). • Se l’argomento della funzione f (t) viene traslato di una costante a, per la trasformata di Laplace vale la seguente relazione: Z a Ls [f (t + a)] = eas Ls [f (t)] − θ(a) f (t)e−st dt . (4.54) 0 Per dimostrare la (4.54) bisogna distinguere i due casi a < 0 e a > 0. Ricordiamo infatti che la trasformata di Laplace è un integrale tra 0 e ∞ e che è sottintesa una θ(t), che implica f (t) = 0 se t < 0. Quindi Z ∞ Z ∞ 0 (t0 =t+a) −st Ls [f (t + a)] = f (t + a)e dt = f (t0 )e−s(t −a) dt0 0 a Z ∞ sa 0 −st0 0 = e f (t )e dt . a Ora, se a < 0, Ls [f (t + a)] = esa Z ∞ 0 f (t0 )e−st dt0 = esa a Z 0 113 ∞ 0 f (t0 )e−st dt0 = esa Ls [f (t)] . Se invece a > 0, Ls [f (t + a)] Z ∞ Z a 0 0 0 f (t0 )e−st dt0 = esa f (t0 )e−st dt0 − esa f (t0 )e−st dt0 a 0 0 Z a sa sa 0 −st0 0 = e Ls [f (t)] − e f (t )e dt . = esa Z ∞ 0 • Se si moltiplica la funzione f (t) per un esponenziale, la trasformata è: Ls eαt f (t) = Ls−α [f (t)] , ∀α ∈ C come si può facilmente verificare derivando sotto il segno la L. • Se si moltiplica la funzione f (t) per t, la trasformata diventa: Ls [tf (t)] = − d Ls [f (t)] , ds come si può facilmente verificare a partire dalle definizioni di L. Notare che, diversamente da quanto avviene per la T.F., qui siamo sempre sicuri che se f (t) ammette T.L. anche tn f (t) la ammette, ∀n ∈ N; equivalentemente, ogni T.L. è sempre infinitamente derivabile nella sua regione di convergenza, mentre ciò non è affatto detto per la T.F. (vedi 1 per esempio la T.F. di a2 +x 2 , par.4.1.1). • Teorema di convoluzione. Sia g(t) la convoluzione di due funzioni f1 e f2 , definita ∀t > 0 come 4 Z t f1 (t0 )f2 (t − t0 )dt0 . (4.55) Ls [g(t)] = Ls [f1 (t)]Ls [f2 (t)] . (4.56) g(t) = 0 Allora La dimostrazione è del tutto analoga a quella vista per le trasformate di Fourier. 4 Notare che malgrado l’estremo superiore di integrazione sia t la definizione (4.55) coincide con la (4.30), se si assume che f1 e f2 si annullino quando il loro argomento è negativo. 114 4.2.3 Trasformate di Laplace ed equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti Come si è detto nel par. 4.1.3 il metodo della trasformata di Fourier per risolvere equazioni differenziali lineari si può applicare solo in un numero ristretto di casi, cioè quando il termine noto e la soluzione dell’equazione differenziale sono sommabili. La trasformata di Laplace permette di risolvere equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti c2 d2 u du + c1 + c0 u = f (t) 2 dt dt (4.57) per una classe più estesa di funzioni e permette inoltre di tener conto automaticamente delle condizioni iniziali u(0) = u0 du = u1 . dt t=0 (4.58) Infatti trasformando secondo Laplace la (4.57) e ponendo Ls [u(t)] ≡ U (s) e Ls [f (t)] ≡ F (s) (ammesso che queste esistano) si ottiene, utilizzando le (4.48) e (4.49), h i c2 s2 U (s) − su0 − u1 + c1 [sU (s) − u0 ] + c0 U (s) = F (s) , (4.59) che dà immediatamente U (s) = c2 su0 + c2 u1 + c1 u0 F (s) + . 2 2 c2 s + c1 s + c0 c2 s + c1 s + c0 (4.60) Antitrasformando si ottiene θ(t)u(t). L’antitrasformata del primo addendo dà la soluzione generale dell’omogenea associata (interpretando u0 e u1 come parametri liberi), mentre l’antitrasformata del secondo dà la soluzione particolare dell’inomogenea con condizioni iniziali u(0) = u0 (0) = 0. Notare che la soluzione cosı̀ ottenuta è particolarmente interessante quando la “sollecitazione esterna” f (t) sia inserita al tempo t = 0. In questo caso θ(t)u(t) ci dice cosa succede dopo aver chiuso o aperto l’interruttore. Ovviamente la procedura è estendibile a equazioni differenziali lineari di ordine qualsiasi. • Esempio 115 Consideriamo il circuito oscillante di Fig. 3.1 e cerchiamo la soluzione dell’equazione differenziale du d2 u u + RC + LC 2 = f (t) dt dt (4.61) con le condizioni iniziali u0 = i0 = lim u(t) (4.62) t→0+ lim C t→0+ du . dt (4.63) Trasformando la (4.61) secondo Laplace e chiamando U (s) e F (s) le trasformate di u(t) e f (t) otteniamo i0 = F (s) . U (s) + RC [sU (s) − u0 ] + LC s U (s) − su0 − C 2 (4.64) Consideriamo due casi: a) Chiusura del circuito: se il circuito è inizialmente aperto e il condensatore è scarico e lo si chiude all’istante t = 0 su un generatore che fornisca una tensione alternata V eiωt (in particolare continua, se ω = 0), il termine noto è: f (t) = θ(t)V eiωt , (4.65) le condizioni iniziali sono u 0 = i0 = 0 (4.66) e la trasformata di Laplace di f (t) è F (s) = Z ∞ V eiωt e−st dt = 0 V . s − iω (4.67) Quindi la (4.64) fornisce in questo caso: U (s) = V . (s − iω)(1 + RCs + LCs2 ) (4.68) Per ottenere u(t) dobbiamo antitrasformare la (4.68), che possiede tre poli semplici in s0 = iω , s1,2 = − R 1√ ± ∆ 2L 2 116 con ∆ = R2 4 − . L2 LC (4.69) Ora, se ∆ > 0, s1 e s2 giacciono√sull’asse reale negativo (perché R > 0), R se ∆ < 0, s1 = s∗2 = − 2L + 2i −∆ e se ∆ = 0 i due poli sono reali e coincidenti (polo doppio). L’antitrasformata di U vale, secondo la (4.46), 1 Z r+i∞ st u(t) = e U (s) , con r > 0 (4.70) 2πi r−i∞ ovvero, se s1 6= s2 , V u(t) = LC est Res (s − iω)(s − s1 )(s − s2 ) s=0,s1 ,s2 ( ) X V eiωt es1 t es2 t = + + . LC (s1 − iω)(s2 − iω) (s1 − iω)(s1 − s2 ) (s2 − iω)(s2 − s1 ) (4.71) " # A parte il termine sinusoidale V eiωt V eiωt V eiωt = = , LC (s1 − iω)(s2 − iω) s1 s2 − i(s1 + s2 )ω − ω 2 1 + iωRC − ω 2 LC (4.72) che riproduce esattamente la (3.18), la tensione u(t) è quindi una somma di funzioni sinusoidali smorzate nel caso ∆ < 0 , mentre per ∆ > 0 è una somma di esponenziali decrescenti. È immediato verificare che a t = 0 le condizioni iniziali sono soddisfatte: " # V 1 1 1 u(0) = + + =0 LC (s1 − iω)(s2 − iω) (s1 − iω)(s1 − s2 ) (s2 − iω)(s2 − s1 ) " # V iωeiωt s1 es1 t s2 es2 t i(t) = + + ⇒ i(0) = 0 , L (s1 − iω)(s2 − iω) (s1 − iω)(s1 − s2 ) (s2 − iω)(s2 − s1 ) mentre per t → +∞ (ovvero una volta che il condensatore si sia ca 1 1 R ricato, quindi per t >> Res1 = Res2 = 2L ) la tensione ai capi del condensatore si riduce a quella sinusoidale (4.72). Se invece s1 = s2 , U (s) ha un polo doppio in s1 e il residuo vale d est test est es1 t |s=s1 = − 2 |s=s1 = 2 (s1 t − 1) , ds s s s s1 s=s1 (4.73) dove si è scelto per semplicità ω = 0, da cui la soluzione est Res s(s − s1 )2 ( ) = u(t) = i V 1 h s1 t 1 + e (ts − 1) , 1 LC s21 117 (4.74) che verifica le condizioni iniziali V 1 [1 − 1] = 0 LC s21 V 1 s1 t 2 i(t) = e (ts1 − s1 + s1 ) ⇒ i(0) = 0 LC s21 u(0) = (4.75) (4.76) e per t → +∞ si comporta come nel caso precedente. b) Apertura del circuito: se all’istante t = 0 il circuito viene aperto, dopo essere stato per lungo tempo a contatto con la batteria a tensione costante V , si avrà f (t) = 0 per t > 0, (4.77) con le condizioni iniziali u 0 = V e i0 = 0 . (4.78) L’eq. (4.64) diventa in questo caso (F (s) = 0): U (s)(1 + RCs + LCs2 ) = V (RC + sLC) da cui U (s) = V s+ R L s + s2 + R L 1 LC =V s+ R L . (s − s1 )(s − s2 ) Si noti che, per qualunque valore di ∆, s1 , s2 6= −R/L; quindi non c’è cancellazione fra numeratore e denominatore e U (s) ha sempre due poli semplici (o un polo doppio). Per s1 6= s2 si ha u(t) = V X Res s=s1 ,s2 = V est s + R L (s − s1 )(s − s2 ) es1 t (s1 + R/L) − es2 t (s2 + R/L) , s1 − s2 che soddisfa le condizioni iniziali: s1 − s2 =V s1 − s2 CV R R s1 t s2 t i(t) = e s1 s1 + − e s2 s2 + ⇒ i(0) = 0 . s1 − s2 L L u(0) = V 118 R Se invece s1 = s2 = − 2L u(t) = Res est s + (s − s1 R L )2 s=s1 d R st =V s+ e ds L s=s1 R t es1 t . L = V 1 + s1 t + Si verifica facilmente che le condizioni iniziali sono soddisfatte: u(0) = V d i(t) = CV dt R 1 + s1 t + t es1 t L R R s1 t 2 = CV s1 t + s1 t + 2s1 + e L L R ⇒ i(0) = 2s1 + =0. L In entrambi i casi, per t → +∞ sia la tensione u(t) che la corrente i(t) tendono esponenzialmente a zero, come ci si aspetta. Anche qui t → +∞ significa t >> 2L/R. 119