Torino, 18 ottobre 2016
Laurea triennale in Filosofia
Anno accademico 2016/2017
FILOSOFIA TEORETICA
LO SCONTRO DELLE IMMAGINI (2/4)
XVII secolo
Enrico Terrone (FMSH-CEM, Paris / LabOnt, Turin)
Filosofia teoretica
Lo scopo di queste quattro lezioni è considerare il
conflitto fra la “immagine “scientifica del mondo” e
la “immagine manifesta del mondo”, soffermandoci
su quattro fasi storiche:
– IV secolo a.C. (Democrito, Platone, Aristotele)
– XVII secolo (Descartes, Hobbes, Newton)
– XVIII-XIX secolo (Hume, Kant, Helmoltz)
– XX secolo (Einstein, Husserl, Sellars)
1. Newton e
l’Immagine Scientifica
del Mondo (ISM)
Newton e la ISM
Nei secoli XVI e XVII una nuova immagine del mondo
prende forma:
la «Immagine Scientifica del Mondo» (ISM).
1514: Copernico propone il modello eliocentrico in
cui la Terra non è più al centro dell’universo e ruota
invece intorno al Sole
1609: Galilei fornisce un riscontro empirico
dell’ipotesi di Copernico osservando con il telescopio i
satelliti di Giove
1609: Keplero perfeziona il modello eliocentrico
evidenziando la forma ellittica, anziché circolare,
delle orbite dei pianeti intorno al Sole.
Newton e la ISM
L’impatto simbolico di queste scoperte è enorme: la
Terra non è più il centro immobile dell’universo;
l’umanità si ritrova relegata in una periferia orbitante.
Ma l’impatto della ISM, dal punto di vista della filosofia
teoretica, è ancora più radicale.
Si delinea è una concezione meccanicista della realtà,
in cui non vi sono altro che corpi materiali che si
muovono nello spazio al passare del tempo in base
a leggi fisiche formulabili in termini matematici.
Un’immagine del mondo in cui l’umanità si ritrova non
alla periferia, ma proprio fuori dal quadro.
La “rivoluzione copernicana” della ISM
Nella ISM non solo, da un punto di vista astronomico,
la Terra non è più il centro dell’universo, ma
soprattutto, da un punto di vista ontologico, l’uomo
non è più una sostanza speciale, ma soltanto un
corpo materiale come tutti gli altri (un meccanismo, un
automa, una “macchina biologica”).
Newton e la ISM
Nel 1687, Newton pubblica i Philosophiae naturalis
principia mathematica, in cui la ISM si mostra in tutta
la sua semplicità ed eleganza.
Il movimento dei corpi materiali viene ricondotto a tre
leggi fondamentali:
1) un corpo non sottoposto a forze resta in quiete o
continua a muoversi di moto rettilineo uniforme;
2) una forza applicata a un corpo produce
un’accelerazione proporzionale alla massa del corpo;
3) a ogni azione corrisponde una reazione uguale e
contraria.
Newton e la ISM
Newton indica come condizioni basilari del movimento
dei corpi lo spazio e il tempo, essendo il movimento
definito come il variare della posizione di un corpo
nello spazio al passare del tempo.
In questo sistema spaziale e temporale, la causalità
risulta riconducibile a leggi matematiche; ad esempio
una certa forza causa una certa accelerazione perché
vi è una legge matematica (F=ma) tale per cui al
variare della forza varia l’accelerazione.
2. Descartes e
il razionalismo
Descartes
Per Descartes lo spazio e la materia cui si applicano
le leggi fisiche sono pura estensione.
I corpi materiali hanno soltanto caratteristiche
geometriche come la forma e la grandezza, non
qualità sensoriali come il colore o l’odore.
Locke chiamerà le caratteristiche geometriche
«proprietà primarie» e le qualità sensoriali «proprietà
secondarie», ma le origini della distinzione risalgono a
Galilei e Descartes – e, ancor prima, a Democrito.
Questa distinzione permette di fondare la ISM non su
esperienze soggettive (in cui entrano anche le qualità
secondarie), bensì su misure oggettive (che
concernono soltanto le proprietà primarie).
Descartes
Descartes, tuttavia, non si limita a contribuire alla
costruzione della ISM, ma si interroga anche sui suoi
fondamenti filosofici.
Descartes si chiede che cosa garantisce che la ISM
sia un’immagine veridica del mondo anziché un
gigantesco abbaglio.
È un atteggiamento scettico che, nelle Meditazioni
metafisiche (1641), Descartes definisce «dubbio
metodico» e che sfocia nell’esperimento mentale del
«genio maligno» (malin génie).
Descartes
Descartes ipotizza che tutte le nostre osservazioni
empiriche, compresa la percezione del nostro corpo,
siano soltanto l’effetto di una divinità dispettosa – il
genio maligno – che agisce sulla mente provocando
impressioni illusorie.
Eppure, osserva Descartes, anche nel caso estremo in
cui l’ipotesi del genio maligno si rivelasse veridica, ci
sarebbe comunque una conoscenza che resterebbe
valida: il sapere di pensare.
Descartes
Persino il dubbio più radicale comporta comunque
una certezza inespugnabile: noi sappiamo di stare
dubitando e dunque – essendo il dubitare un atto di
pensiero – noi sappiamo di stare pensando.
Ma se so di stare pensando, allora, conclude
Descartes, so anche di essere qualcosa che pensa.
In sintesi:
dubito, dunque penso;
penso, dunque sono
(cogito ergo sum).
Descartes
L’esito finale dell’esperimento mentale pone un
problema alla ISM.
C’è un’entità della cui esistenza abbiamo una certezza
assoluta, inespugnabile anche di fronte al dubbio
iperbolico. Questa entità è il soggetto pensante.
Ma, per Descartes, il soggetto pensante è
essenzialmente inesteso, e di conseguenza
essenzialmente immateriale e non-spaziale: ciò che è
esteso non pensa, ciò che pensa è inesteso.
La ISM ha posto soltanto per corpi materiali
spazialmente estesi. Dunque il soggetto pensante –
l’entità della cui esistenza abbiamo la massima
certezza – resta escluso dalla ISM.
Descartes
Descartes insiste sul fatto che la ISM è un’immagine
incompleta del mondo. Nella ISM vi sono soltanto corpi
materiali la cui natura spazialmente estesa è definita
da Descartes res extensa; ma, fra le cose che
sappiamo esistere, vi sono innanzitutto i soggetti
pensanti, la cui natura essenzialmente inestesa è
definita da Descartes res cogitans.
Si giunge così al «dualismo cartesiano», ovvero la
concezione del mondo come costituito da due tipi
completamente differenti di sostanze: la res extensa,
raffigurata dalla ISM, e la res cogitans, che resta fuori
dalla ISM ma si offre con un’evidenza e una certezza
più basilari delle conoscenze matematiche e fisiche
che costituiscono la ISM.
Husserl su Descartes
“Il mondo si spacca per così dire in due mondi:
natura e mondo psichico. Gli antichi avevano
compiuto ricerche e avevano elaborato teorie sui
corpi, ma non avevano posto un mondo concluso di
corpi come tema di una scienza naturale
universale”. [tranne forse l’atomismo antico]
“Se la natura scientificamente razionale diventa un
mondo di corpi essenti in sé, il mondo in-sé diventa
un mondo scisso in un senso che prima era ignoto,
scisso cioè in una natura in-sé e in un modo
d’essere che se ne differenzia: la sfera psichica”.
(Husserl, 1954, pp. 89-90)
Il dualismo cartesiano
Metafisica
Ontologia
Fenomenologia
Epistemologia
Consistenza
Esistenza
Esperienza
Conoscenza
In che cosa
consiste?
Che cosa esiste?
Che cosa proviamo?
Che cosa sappiamo?
Pura spazialità
Puro pensiero
Res extensa
(Corpi materiali,
muniti soltanto di
proprietà primarie
misurabili
numericamente)
Res cogitans
(soggetto immateriale
del pensiero)
Apparenze
(causate dall’azione
della res extensa sul
nostro corpo)
Intuizione diretta
(la res cogitans
esperisce se stessa)
Conoscenza
mediata
e dubitabile
(della res extensa,
tramite le apparenze)
Conoscenza
diretta e
indubitabile
(della res cogitans, da
parte di se stessa)
(“cogito”)
Razionalismo
Il razionalismo concepisce la ragione umana come
uno strumento di conoscenza capace di costruire, per
via deduttiva, un’immagine del mondo unificata, in cui
anche l’esperienza e il pensiero trovano il loro posto.
Descartes è in tal senso il punto di origine del
razionalismo. Il suo sistema dualista, costruito per via
deduttiva a partire dall’evidenza del cogito,
1) fornisce un fondamento saldo alla ISM, mettendola
al sicuro dalle insidie dello scetticismo;
2 )poi ne mostra i limiti esplicativi mediante la
nozione di res extensa;
3) infine, si propone di superarli mediante la nozione
di res cogitans.
Razionalismo
I due principali filosofi razionalisti dell’era moderna,
Spinoza e Leibniz, condividono il modo di procedere
deduttivo di Descartes ma dissentono nel merito delle
premesse da cui la ragione deve partire – e, di
conseguenza, delle conclusioni cui deve approdare.
Razionalismo
Nell’Ethica ordine geometrico demonstrata (1677),
Spinoza contrappone al dualismo cartesiano un
monismo tale per cui esiste un’unica sostanza, la
natura, di cui estensione e pensiero sono meri
attributi.
Nella Monadologia (1720), Leibniz propone invece un
pluralismo tale per cui esiste una pluralità di sostanze,
le monadi, le quali, a differenza degli atomi della fisica,
non hanno estensione spaziale e risultano assimilabili
piuttosto a processi percettivi.
Un problema per il razionalismo
Razionalismo: il filosofo ha il compito di avvalersi della
forza della ragione per costruire un’immagine del
mondo in cui la ragione medesima trovi posto.
Ma pur condividendo lo stesso metodo di
costruzione dell’immagine del mondo, Descartes,
Spinoza e Leibniz costruiscono tre immagini del
mondo profondamente differenti, e in contrasto l’una
con l’altra:
– un’unica sostanza per Spinoza;
– due tipi di sostanze per Descartes;
– infinite sostanze tutte dello stesso tipo per Leibniz.
Un problema per il razionalismo
Il fatto di partire da evidenze intuitive differenti
conduce a profonde differenze nelle immagini del
mondo costruite mediante il metodo razionale.
Tuttavia non è possibile appianare queste differenze
ricorrendo nuovamente al metodo razionale, perché
esse non dipendono dall’applicazione del metodo
bensì dalle premesse intuitive a partire dalle quali il
metodo si applica.
Un’alternativa consiste nell’evitare premesse intuitive,
costruendo l’immagine del mondo soltanto a partire dai
dati dell’esperienza (cui si aggiungono i risultati delle
scienze basati su misure ricavabili dall’esperienza e su
previsioni verificabili con l’esperienza). Questa è la
strada che porta all’empirismo.
3. Hobbes e
l’empirismo
Hobbes
Nel Leviatano (1651), nel De corpore (1655) e nel De
homine (1658) Hobbes concepisce la filosofia
teoretica come un progetto di rifinitura e
perfezionamento della ISM.
La res extensa di cui tratta la fisica è tutto ciò che ci
occorre per costruire un’immagine completa del
mondo; non serve presupporre una res cogitans in
sovrappiù.
In tal senso, Hobbes critica l’argomento cartesiano del
cogito, servendosi di un’efficace analogia: come dal
fatto che io passeggio NON consegue che io sono
una passeggiata, dal fatto che io penso NON
consegue che io sono una res cogitans.
Hobbes
L’unica conseguenza lecita inferibile dall’evidenza per
cui io passeggio è che io sono un corpo che
passeggia.
Analogamente, l’unica conseguenza lecita inferibile
dall’evidenza per cui io penso è che io sono un corpo
che pensa.
L’immagine filosofica del mondo si semplifica
drasticamente, finendo per convergere con la ISM.
Hobbes
Hobbes definisce il corpo come «tutto ciò che, non
dipendendo dal nostro pensiero, coincide con qualche
parte dello spazio» (De corpore, 8, §1).
I corpi sono le uniche entità che esistono, e la loro
proprietà fondamentale è il movimento, mediante il
quale un certo corpo funziona come una causa in
grado di produrre un effetto su un altro corpo.
Per Hobbes, l’azione particolare di un corpo su un
altro corpo è la forma fondamentale di causalità.
Ogni altra forma di causalità deve potersi ricondurre
all’azione particolare di un corpo su un altro corpo.
Hobbes
Nel De homine Hobbes affronta il problema filosofico
cruciale che affligge la ISM: come possono trovar
posto l’esperienza e il pensiero in un’immagine del
mondo in cui vi sono soltanto corpi in movimento?
Hobbes spiega innanzitutto la percezione come effetto
dell’azione causale del corpo percepito sul corpo
percepente.
Tutti gli altri stati mentali derivano dalla percezione:
«Nulla è concepito nella mente umana che non sia
stato prima, o per intero o nelle sue parti, generato
dagli organi del senso. Il resto deriva da quell’origine»
[1651, 47]
Hobbes
Nella derivazione degli altri stati mentali dalla
percezione, un ruolo cruciale è svolto
dall’immaginazione: una «sensazione illanguidita»,
che è un tutt’uno con la memoria:
«immaginazione e memoria sono una cosa sola che
per ogni aspetto sotto il quale è considerata prende
nomi diversi» [1651, 52].
Se si enfatizza il legame con la sensazione si parla di
memoria, se si enfatizza l’illanguidimento si parla di
immaginazione in senso stretto.
Ma si tratta dello stesso stato mentale.
L’immaginazione assicura il legame fra la percezione
e l’azione: «l’immaginazione costituisce la prima intima
causa di ogni moto volontario» [1651, 85].
Hobbes
Per quanto riguarda il pensiero, Hobbes lo
caratterizza innanzitutto come un processo di ricerca
di cause o effetti:
«un andare alla caccia delle cause presenti o passate
di qualche effetto, o degli effetti di qualche causa
presente o passata» [1651, 60].
Questa forma elementare di pensiero può poi essere
potenziata mediante il ricorso al linguaggio, che
permette di estendere la «connessione delle cause e
degli effetti» da casi particolari a casi generali:
«rendere vero in tutti i tempi e in tutti i luoghi ciò che è
stato osservato esser vero in un certo luogo e in un
certo tempo» [1651, 69].
Hobbes
Per Hobbes, il pensiero che si esercita mediante il
linguaggio consiste essenzialmente in una forma di
calcolo, ossia una manipolazione di segni in base a
regole, paragonabile alla manipolazione che ha luogo
nei calcoli matematici:
«Quando si ragiona, non si fa altro che concepire una
somma totale ottenuta dall’addizione di particelle […]
Aggiungendo un nome a un altro, si ha l’affermazione
e due affermazioni formano un sillogismo; molti
sillogismi una dimostrazione» [1651, 76].
In tal senso per Hobbes pensare è calcolare:
«la ragione è soltanto un calcolo del risultato dei nomi
connessi fra loro» [1651, 76-77].
Hobbes
Proprio negli anni in cui Hobbes scriveva il Leviatano e
il De homine, si diffondevano le prime macchine in
grado di compiere calcoli matematici mediante meri
movimenti delle loro componenti materiali (la più
celebre è la «pascalina», inventata da Pascal nel
1642).
Dunque, se il pensare è calcolare, e il calcolo è
riconducibile a movimenti corporei, anche il
pensiero è riconducibile a movimenti corporei.
Questa concezione del pensiero come calcolo fa di
Hobbes «il nonno dell’intelligenza artificiale»
[Haugeland, 1985, 29].
Hobbes
L’essere umano per Hobbes non è altro che un
automa particolarmente sofisticato, cui si ispirano le
altre macchine che gli uomini costruiscono:
«Considerando che la vita non è che un movimento di
membra il cui principio è da ricercarsi in qualche
fondamentale elemento interno, perché non possiamo
dire che tutti gli automi – macchine che si muovono da
sé per mezzo di molle e di ruote, come un orologio –
hanno una vita artificiale?» [1651, 40].
Hobbes
La differenza fra soggetto vivente e automa
artificiale non è una differenza di sostanza
(l’animato di contro all’inanimato) bensì soltanto una
differenza di origine (il vivente è una macchina
«costruita» direttamente dalla natura, l’automa è una
macchina costruita dalla natura per il tramite degli
esseri viventi).
Locke
Nel Saggio sull’intelletto umano (1689) Locke
affronta anch’egli il problema di come perfezionare la
ISM in modo da trovare un posto per l’esperienza e per
il pensiero.
Con Locke si consolida la consapevolezza che, data
un’immagine del mondo in cui non vi sono che corpi in
movimento, l’esperienza dev’essere un effetto
prodotto dall’interazione fra i corpi – e il pensiero
deve essere spiegabile come una conseguenza
dell’esperienza.
Si giunge così al nucleo epistemologico
dell’empirismo: ogni pensiero – e dunque ogni
conoscenza – deriva dall’esperienza.
Locke
Locke chiama le unità fondamentali dell’esperienza
idee semplici.
Riprendendo un’immagine del Teeteto di Platone, egli
paragona l’anima a una tavoletta di cera sulla quale si
scrivono in primo luogo le idee semplici.
Queste sono di due tipi:
– idee di sensazione, che derivano dagli organi di
senso;
– idee di riflessione, che derivano dalla percezione di
sé.
Locke
Per Locke, le idee ci permettono di conoscere con
certezza quello che esiste.
Le idee di sensazione ci mettono in contatto con le
altre cose del mondo.
Le idee di riflessione ci confermano la nostra
esistenza (qui Locke segue parzialmente Descartes
rifiutandosi però di concludere che il soggetto
pensante è una sostanza immateriale).
Un problema per l’empirismo
Le sensazioni che corrispondono a proprietà primarie
(forma, grandezza, movimento) ci informano su come
le cose sono realmente.
Le sensazioni che consistono in qualità secondarie
(ad esempio colori, odori, suoni) ci informano soltanto
sugli effetti delle cose sui nostri organi di senso.
Posto che tutta la conoscenza deriva dall’esperienza,
non è però chiaro in base a quale criterio si possano
distinguere le proprietà primarie da quelle secondarie.
Al livello dell’esperienza, la forma di una mela e il suo
colore sono entrambe sensazioni – dati psichici – e
non c’è nulla che si permetta di dire che la forma
appartiene realmente alla mela mentre il colore no.
Un problema per l’empirismo
La distinzione fra proprietà primarie e secondarie può
essere tracciata soltanto a livelli più sofisticati di
pensiero, ma per Locke le uniche certezze sono quelle
che ricaviamo al livello basilare delle idee semplici,
dunque la distinzione fra proprietà primarie e
secondarie non può essere fondata con certezza.
Qui si profila un problema per la combinazione di ISM
e empirismo. Se si completa la ISM con l’empirismo,
ne risulta che la ISM non è più la conoscenza certa
che ci attenderemmo che fosse.
La ISM conduce a una concezione del soggetto di
esperienza che non è in grado di fondare la verità della
ISM medesima.
Un problema per l’empirismo
Questo problema emergerà in tutta evidenza
nell’immaterialismo di Berkeley e nello scetticismo
di Hume.
A questo problema cercherà di porre rimedio il
trascendentalismo di Kant.
The End