IL “GATTO” DI ANDY WARHOL DI MAURIZIA PALLANTE [email protected] Lo statunitense Andy Warhol fu il fondatore del movimento artistico noto con il nome di “Pop Art”. Nacque a Pittsburgh nel 1928, figlio di un immigrato cecoslovacco, e nel 1936 soffrì di febbri reumatiche che lo indebolirono molto. Fu costretto a stare in casa, accudito dalla madre Julia, mentre il gatto di famiglia gli teneva compagnia. Anche la madre di Warhol era un’artista, ma nel campo della scultura e della decorazione. Ella amava profondamente i gatti, tanto da descriversi come “… una vera donna gatto”. Durante la convalescenza del figlio, la madre lo intratteneva dipingendogli immagini feline, esperienza che sicuramente influenzò -almeno inizialmente- parte della sua futura produzione artistica. Nel’49 si diplomò come illustratore al Carnegie Institute of Technology di Pittsburgh, città che poi lasciò per trasferirsi a New York, dove divenne un eccellente grafico pubblicitario. Warhol cominciò a dipingere nel 1950 e, inizialmente, i suoi dipinti non vennero né comprati, né apprezzati. Solo nel 1962 egli riuscì a stupire tutti: era l’anno dei suoi grandi acrilici, quelli che rappresentavano le scatole di zuppa Campbell, le bottiglie di Coca Cola e le confezioni del sapone Brillo. L’anno successivo utilizzò la tecnica della Serigrafia per produrre immagini pubblicitarie appositamente ordinarie, allo scopo di rappresentare la bassezza dei costumi pop americani e, unendosi al movimento “Underground”, trasformò il cinema, riportandolo alle sue origini tecniche. Fra i suoi film più famosi ricordiamo “Empire” del 1964 e “The Chelsea Girls” del 1966. Si sa che Warhol era un grande amante dei gatti. Molti dei suoi amici gli regalarono piccoli felini, ma, sebbene si racconti che egli condivise il suo appartamento newyorkese di Lexington Avenue con ben 26 gatti, la sua produzione artistica ritrasse dei gatti solo nel periodo iniziale della sua carriera. Egli divenne popolare soprattutto grazie alle serigrafie di molti personaggi famosi, prima fra tutti la celebre Marlyn Monroe, ma ben pochi conoscono l’esistenza di un suo libro, pubblicato nel 1954, interamente dedicato ai gatti. Intitolato “Venticinque gatti di nome Sam e uno di nome Blue Pussy”, era composto da bizzarre immagini di gatti, rappresentati con diverse peculiarità di atteggiamento, dal soggetto capriccioso a quello regale, e tutti con personalità molto spiccate. Il libro venne stampato e pubblicato tutto a sue spese e venne venduto in un grande negozio e ristorante della 58ma strada di New York, il “Serendipity”. Purtroppo, però, il libro non ebbe mai il favore del pubblico, tanto che Warhol decise di utilizzarlo come biglietto da visita da presentare ad eventuali direttori artistici. Fu così che, nel 1955, iniziò la sua carriera nel mondo della pubblicità, il settore che, assieme ai ritratti delle celebrità dello spettacolo, più gli diede notorietà. Alla parola, Warhol sostituì l’eloquenza del corpo, dedicandosi ad una nuova ricerca spazio-temporale, ricerca che in modo diverso guidò precedentemente anche gli artisti futuristi italiani. Servendosi dei mezzi moderni di allora, quali il sonoro, il colore, gli obiettivi variabili, i movimenti di macchina e lo schermo espanso, Warhol fotografò i suoi personaggi impassibilmente, anche nei più intimi atti quotidiani. Dunque, l’affinità artistica di Warhol con i gatti si limita soltanto alle illustrazioni. Tuttavia, nel 1982, a soli 5 anni dalla morte, l’artista produsse un’ulteriore opera tutta incentrata sul piccolo felino, una dolcissima serigrafia intitolata “Gatto”. Lo sfondo è verde, il colore della speranza. Il gatto, centro incontrastato dell’opera, in quanto unica immagine, è bianco, rosa ed azzurro. Forse non è un caso che l’artista utilizzi colori così tenui per rappresentare il suo beniamino. Il gatto è principalmente bianco, quindi candido e puro, è rosa soprattutto in vicinanza del cuore, mentre l’azzurro ne sottolinea l’espressione del viso e quindi la sua forte personalità, tipica di ogni felino. L’opera , nel suo complesso, trasmette calma e tranquillità, forse ricorda un disegno di bambino… è come se Warhol ricordasse la sua infanzia, vissuta con la madre e con un gatto, proprio nei giorni della sua vecchiaia, raggiunta passando attraverso una vita frenetica e ricolma di attimi veloci come gli scatti di una delle sue più belle fotografie.