2 Il principio di Fermat La storia dell’ottica è strettamente legata a quella della matematica. Non a caso uno dei padri dell’ottica moderna, Galileo, affermava che “La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.” [2]. Tale fatto appare in tutta la sua evidenza quando ci si confronta con uno dei principi più interessanti nel campo dell’ottica, ovvero il principio di Fermat, detto anche, sia pure in maniera non completamente corretta, principio del tempo minimo. A Pierre de Fermat (1601-1665) (Fig.9) la scienza non deve solo questo principio, dato che di fondamentale importanza sono i suoi studi sulla teoria dei numeri e quelli di geometria analitica. Curiosamente il suo nome è rimasto legato al fatto che di un teorema relativo alla teoria dei numeri egli scrisse a margine di un libro di averlo dimostrato, ma di non poter riportare la dimostrazione perché troppo lunga. Fermat non ebbe mai il tempo di scrivere questa dimostrazione, che in realtà mise alle corde generazioni di matematici dopo di lui, e la dimostrazione è stata trovata solo recentemente con tecniche matematiche assai complesse [?]. Nel settore dell’ottica fisica il principio di Fermat, chiamato anche, sia pure in modo non completamente corretto, principio del tempo minimo é un passo avanti concettuale di estrema importanza. Una delle prime formulazioni è quella che fu data da Erone di Alessandria duemila anni fa: un raggio di luce che proviene da un punto S si riflette su uno specchio e giunge su un dato punto P segue nello spazio il percorso più breve possibile Si tratta di una formulazione che è vera solo quando si parla di riflessione in un mezzo omogeneo. Per molti casi che andremo a considerare potremo limitarci alla formulazione che Fermat stesso diede nel 1650 circa, secondo cui di tutti i possibili cammini che la luce può seguire per andare da un punto ad un altro, essa segue il cammino che richiede il tempo più breve [3]. La corretta comprensione del principio di Fermat, oltre a permetterci di spiegare in maniera più sintetica le principali leggi dell’ottica geometrica, ci permette di capire vari fenomeni naturali assai interessanti. 2.1 Il principio di Fermat e la riflessione Vediamo come tramite il principio di Fermat è possibile spiegare la legge della riflessione, e per farlo consideriamo la costruzione geometrica di figura 10. Nella figura sono mostrati due punti A e B e uno specchio piano M M ! . Vogliamo scoprire quale è il percorso lungo il quale la luce impiega il minor tempo possibile per andare da A a B rimbalzando sullo specchio. Dal momento che tutta la traiettoria è nello stesso mezzo ottico non ci sono variazioni di indice di rifrazione: per questo motivo il tempo minore coincide anche con la strada più breve, dato che la velocità della luce rimane costante nello stesso mezzo. Si potrebbe pensare di scegliere il cammino ADB. In tal caso il segmento AD sarebbe effettivamente molto breve, ma il segmento EB risulterebbe molto lungo. Se spostiamo a destra il punto di impatto con lo specchio il secondo segmento diminuisce, mentre il primo aumenta. Per trovare il percorso più breve possiamo ricorrere a una costruzione geometrica. Costruiamo quindi dall’altra parte dello specchio un punto artificiale B ! simmetrico di B rispetto allo specchio, distante quindi dallo specchio quanto B. Tracciando il segmento EB ! ci si accorge che i due triangoli rettangoli EBF e EB ! F sono uguali, da cui segue che EB è uguale a EB ! . Il problema visto all’inizio si riduce quindi a trovare il percorso più breve per andare da A fino a B ! . Ma in questo caso la risposta é ovvia, poiché il percorso più breve per unire i due punti è una linea retta. Indichiamo con C il punto in cui tale linea retta incontra lo specchio. L’eguaglianza dei triangoli ci mostra che l’angolo BCF è uguale a B ! CF e quindi all’angolo ACM . Ma questo equivale proprio a dire che l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione. La legge della riflessione è quindi una diretta conseguenza del principio del tempo minimo di Fermat. 2.2 Una definizione piú precisa del principio di Fermat Per utilizzare una definizione piú precisa del principio di Fermat é necessario ricordare il concetto di cammino ottico. La lunghezza del cammino ottico (O.P.L. Optical Path Length) é data dal prodotto tra l’indice di 10 Figura 9: Pierre de Fermat (1601-1665) 11 Figura 10: Illustrazione del principio di Fermat rifrazione del mezzo n e la lunghezza fisica del cammino percorso dalla radiazione nel mezzo stesso d O.P.L. = nd Nel caso si abbia a che fare con un cammino ottico che passa in un numero M di mezzi diversi avremo che O.P.L. = M ! ni d i i=1 Una formulazione simile può essere utilizzata nel caso di mezzi disomogenei: " P O.P.L. = n(s)d(s) s dato che il tempo t è tale che t = d v ev= c n ne segue che t= 1 nd c (8) è possibile collegare il concetto di tempo minimo a quello di cammino ottico minore, affermando cosı̀ che [1]: Il percorso seguito da un raggio di luce per andare da un punto ad un altro attraverso un qualsiasi insieme di mezzi è tale da rendere il suo cammino ottico uguale, in prima approssimazione, agli altri cammini immediatamente adiacenti a quello effettivo, cioè un percorso che corrisponde a un valore stazionario della lunghezza del cammino ottico. 2.3 Il Principio di Fermat e la rifrazione Il principio di Fermat permette di avere una immediata intuizione del suo collegamento anche con la legge della rifrazione, tenendo presente che la luce è più veloce in un mezzo di indice di rifrazione minore. Dal punto di vista intuitivo è molto utile ricorrere all’esempio fatto da Feynman [?]: immaginiamo (Fig.11) che trovandoci in spiaggia nel punto A si debba salvare una persona caduta in acqua nel punto B. Quale è il percorso più rapido per compiere tale salvataggio? Non la semplice linea retta da A a B, dato che siamo in grado di correre più rapidamente sulla spiaggia di quanto possiamo nuotare in acqua: dal punto di vista teorico dovremmo calcolare il percorso migliore, che comunque sarà qualcosa di simile a quello indicato in figura come ACB. Ovviamente il percorso dipende dalla nostra differenza di velocità in acqua e sulla spiaggia: 12 Figura 11: Paragone intuitivo per la legge della rifrazione allo stesso modo la luce fa un percorso che ricorda quello ACB, e a tale percorso della luce dipenderà dalla velocità della luce stessa nei vari mezzi, cioè dall’indice di rifrazione. Una dimostrazione piú rigorosa puó essere effettuata utilizzando il cammino ottico Si noti che, osservando il percorso del raggio rifratto e tenendo presente il principio di Fermat si può prevedere, senza necessità di misure complesse, che la velocità della luce in un mezzo è minore rispetto alla velocità della luce nel vuoto. 2.4 Applicazioni del principio di Fermat Una diretta conseguenza del principio di Fermat è il teorema di reversibilità del cammino ottico, immediatamente dimostrabile osservando che il percorso più breve all’andata lo sarà anche la ritorno. Un altro fenomeno interessante è quello del miraggio, quando nel deserto sembra di vedere una pozza d’acqua, ma anche, più semplicemente, quando si viaggia in macchina in una giornata afosa sembra di vedere l’asfalto bagnato(Fig.12). Quella che in realtà vediamo è la luce del cielo riflessa sulla strada. Infatti la luce del cielo per giungere al nostro occhio può scegliere una traiettoria simile a quella illustrata in fig.13. Questo accade poichè l’aria subito sopra la strada è molto calda, mentre in alto nell’atmosfera l’aria è più fredda e più densa, e di conseguenza riduce maggiormente la velocita’ della luce, che è più grande nella zona calda. Allora la luce puo’ decidere per arrrivare al nostro occhio di non fare una linea retta, ma di percorrere più strada nella zona calda, dove va più veloce, e meno nella zona fredda in cui èè più lenta, rispettando in tal modo il principio del tempo minimo. In questo modo la luce del cielo sembr provenire dalla strada, dando luogo al fenomeno del miraggio. Per ragioni simili quando osserviamo i corpi celesti li osserviamo generalmente leggermente più alti di quanto siano in realtà. E sempre l’effetto ”lente” dell’atmosfera fa si che il Sole sembri sorgere ad orari diversi da quelli previsti dagli almanacchi astronomici. Talvolta si può assistere al fenomeno opposto, quando l’aria al terreno è più fredda di quella negli strati superiori. E’ il fenomeno detto Fata Morgana, tipico ad esempio dello stretto di Messina, grazie a cui le navi sembrano sospese nel cielo (Fig.6 e 7). Esso prende il nome dalla leggendaria sorella di re Artù, che era in grado di costruire i suoi castelli in aria. In tutto il mondo si usa il nome italiano, dato che una delle prime descrizioni di tale fenomeno è dovuta a padre Angelucci, che la sperimentò il 14 Agosto del 1643 guardando da Reggio Calabria lo stretto di Messina Si pensi alla forma che assume una lente convergente: il principio di Fermat ci permette di capirne la ragione. Infatti i raggi parassiali (quelli vicini all’asse ottico) fanno un percorso maggiormente rettilineo e 13 Figura 12: Foto di un miraggio Figura 13: rappresentazione schematica del miraggio 14 quindi più breve, ma percorrono un tratto più lungo nel vetro rispetto ai raggi marginali. Il tempo impiegato dai due raggi è quindi equivalente, come prevede il principio di Fermat(FIg.14). Figura 14: Forma di una lente convergente Allo stesso modo la conoscenza delle proprietà di alcune curve matematiche ci permette di ricavare il comportamento di alcuni sistemi ottici. Immaginiamo ad esempio di avere una sorgente puntiforme di luce in un punto P e di voler costruire uno specchio che concentri la radiazione emessa da tale sorgente nel punto P ! . . DatoDato che vogliamo che tutta la radiazione si concentri in un punto e dato che i punti sono immersi nello stesso materiale (parlare di tempo e di distanza ha in questo caso lo stesso significato) si vuole trovare una superficie tale che la somma delle distanze P -superficie e superficie -P ! sia una costante. Questo equivale a dire che la superficie deve essere un’ellissi di cui i due punti rappresentano i due fuochi (Fig.15). Figura 15: Specchio ellittico Proprietà simili evidenziano che uno specchio parabolico è in grado di concentrare tutta la luce che riceve da un oggetto all’infinito in un unico punto, cosa che è assai utile nei telescopi astronomici (Fig.16). Riferimenti bibliografici [1] E.A.Jenkins and H.E.White. Ottica. Istituto Universitario Milano, Milano, 1972. [2] G.Galilei. Il saggiatore. In Opere di Galileo Galilei. Ricciardi Editore, 1953. [3] R.P.Feynman, R.B.Leighton, and M.Sands. The Feynman Lectures on Physics. Addison Wesley, San Francisco, 1963. 15 Figura 16: Specchio parabolico 16