Disabilità intellettiva: scheda di presentazione

Disabilità intellettiva: scheda di presentazione
Scritto da Redazione
Sabato 19 Marzo 2011 11:21
La disabilità intellettiva non rappresenta un’entità clinica ben definita, ma solo il sintomo
predominante e comune di varie situazioni patologiche che differiscono fra loro per eziologia,
caratteristiche e gravità (Cottini, 2003).
Dall’ICD-10 (World Health Organisation, 1994) viene definito come “…una condizione di
interrotto o incompleto sviluppo psichico, caratterizzata soprattutto da compromissione delle
abilità che si manifestano durante il periodo evolutivo e che contribuiscono al livello globale di
intelligenza, cioè quelle cognitive, linguistiche, motorie e sociali”
, che si associa sempre a una compromissione delle capacità di adattamento sociale.
Il DSM-IV-TR (APA, 2000), a cui si fa maggiormente riferimento, afferma che la disabilità
intellettiva si caratterizza per un funzionamento intellettivo generale, solitamente definito dal
Quoziente Intellettivo (QI, valutato attraverso la somministrazione di test di intelligenza
standardizzati), significativamente al di sotto della media (uguale o inferiore a 70, ossia due
deviazioni standard inferiore a quello della media della popolazione), a causa del quale il
soggetto incontra difficoltà di adattamento. La disabilità intellettiva, infatti, è accompagnato da
limitazioni significative nel funzionamento adattivo in almeno due delle seguenti aree:
comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle
risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro,
tempo libero, salute e sicurezza. L'esordio deve avvenire prima dei 18 anni.
Attualmente si ritiene che debba essere abbandonata una concezione riduttiva del ritardo
mentale, che lo delimita alla sola sfera intellettiva; è necessario infatti considerarlo in maniera
più ampia, prendendo in considerazione le problematiche che investono tutte le aree della
personalità.
Vengono distinti 4 diversi livelli di gravità del ritardo mentale: lieve (QI da 50-55 a circa 70),
moderato (QI da 35-40 a 50-55), grave (QI da 20-25 a 35-40) e gravissimo (QI sotto 20 o 25).
Inoltre, si definiscono Borderline i soggetti con QI compreso fra 70 e 80, che possiedono
capacità intellettive ai limiti della norma.
La disabilità intellettiva può essere determinato da cause biologiche e/o ambientali. Tra i fattori
eziologici principali che possono essere alla base di un ritardo mentale ci sono l’ereditarietà
(patologie geneticamente determinate, disturbi del metabolismo),
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alterazioni precoci dello sviluppo embrionale
,
problemi durante la gravidanza o il periodo perinatale
,
condizioni mediche acquisite
(quali infezioni, traumi, avvelenamenti),
influenze ambientali
(mancanza di accudimento e di stimolazioni, o svantaggio socioculturale),
disturbi mentali gravi
. Pertanto, quando si parla di ritardo mentale, ci si riferisce ad un quadro di situazioni
estremamente variegato sia per la presenza di condizioni patologiche molto differenti, che per
l’elevata variabilità presente all’interno delle singole sindromi.
Il dibattito sulla natura del ritardo mentale è ancora aperto; in particolare, esistono due posizioni
diverse: una secondo cui le persone con ritardo mentale raggiungono le tappe di sviluppo in
maniera simile ai loro coetanei non ritardati, seppure in maniera rallentata e senza arrivare al
massimo livello (modello evolutivo); un’altra che mette in discussione l’idea del semplice ritardo
evolutivo, per evidenziare la presenza di differenze qualitative dell’organizzazione strutturale
della cognizione, con disomogeneità di sviluppo a carico di particolari funzioni, soprattutto di
tipo cognitivo (
modello strutturale o differenziale) (Fenzi,
2011; Zigler e Bennet-Gates, 1999).
Il tasso di prevalenza del Ritardo Mentale è intorno all'1%, sebbene studi diversi abbiano
riportato tassi differenti a seconda delle definizioni usate, dei metodi di valutazione e della
popolazione studiata. Inoltre la disabilità intellettiva è più comune tra i maschi, in rapporto 1,5:1
con le femmine.
La persona con ritardo mentale presenta compromissioni delle componenti biologiche,
cognitive, affettive e sociali, per cui, per una valutazione esaustiva, bisogna utilizzare strumenti
diversificati, che consentano di rilevare dati utili alla stesura di un progetto riabilitativo (Buono e
Di Nuovo, 2010). La valutazione dovrebbe essere pertanto multidimensionale, prevedendo
un’indagine completa della persona in esame, basata sull’evidenza clinica, sulla valutazione
articolata delle diverse funzioni intellettive, sulle caratteristiche di personalità e sui livelli di
adattamento sociale in relazione all’ambiente culturale di appartenenza.
La diagnosi, soprattutto qualora l’obiettivo sia un accertamento nosografico, si basa
principalmente sul QI e sui test di adattamento sociale, oltre che sull’osservazione clinica e sui
dati offerti dalla famiglia e da altre persone significative del contesto di appartenenza.
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Innanzitutto vanno somministrati test d’intelligenza standardizzati. Gli strumenti
prevalentemente utilizzati sono le Scale di Intelligenza Wechsler, suddivise per fasce d’età
(WPPSI, WISC, WAIS), che, oltre a fornire un’indicazione sul funzionamento intellettivo
generale, consentono di valutare abilità cognitive specifiche (memoria, attenzione…); infatti
individui diversi con lo stesso QI possono presentare un profilo cognitivo completamente
differente, ossia livelli diversi di prestazione nelle differenti abilità cognitive specifiche.
Altri strumenti psicometrici spesso utilizzati per la valutazione cognitiva sono la Scala Stanford
Binet e la Batteria di Valutazione di Kaufman per i Bambini.
La valutazione del funzionamento adattivo, che fa riferimento all'efficacia con cui i soggetti
fanno fronte alle esigenze comuni della vita e al grado di adeguamento agli standard di
autonomia personale previsti per la loro particolare fascia di età, retroterra socioculturale e
contesto ambientale, risulta complessa a causa di fattori quali l’eterogeneità dei contesti sociali,
le difficoltà di quantificare livelli di competenza, l’uso di strumenti di rilevamento standardizzati
riferiti a campioni di persone appartenenti a contesti culturali e socioeconomici omogenei.
Inoltre è necessario valutare il peso delle caratteristiche di personalità e le variabili motivazionali
correlate alle specifiche menomazioni, che possono condizionare negativamente il
funzionamento adattivo, nonché fattori come l'istruzione, le prospettive sociali e professionali,
eventuali disturbi mentali e condizioni mediche generali che possono essere presenti.
Per una valutazione del funzionamento adattivo bisogna raccogliere informazioni da diverse
fonti quali insegnanti, genitori, pediatra… Inoltre esistono scale per misurare il funzionamento o
il comportamento adattivo
, quali le
Scale Vineland per il Comportamento Adattivo e la Scala per il Comportamento Adattivo
dell'Associazione Americana per la disabilità intellettiva. Queste scale generalmente forniscono
un punteggio clinico che tiene conto delle prestazioni in differenti aree di adattamento.
Particolarmente importante, soprattutto per un successivo intervento riabilitativo, è
l’effettuazione di un’analisi delle funzioni e delle abilità del soggetto, in modo da tracciare un
profilo individuale rispetto ad esse. A tale scopo possono essere usati i subtest delle scale
come la Wechsler e la Vineland; tuttavia, risultano molto efficaci soprattutto le prove criteriali,
che non si basano su dati di riferimento normativi, bensì su un
criterio
definito dall’operatore stesso, sulla base dell’obiettivo educativo che intende raggiungere.
Sebbene con la somministrazione di queste prove sia possibile ottenere un punteggio che
consente di stabilire il superamento o meno della prova, l'aspetto quantitativo rimane marginale,
in quanto risultano di maggiore interesse le modalità di procedere del soggetto nell'affrontare gli
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stimoli presentati. L'insieme delle valutazioni, infatti, costituirà la base per stabilire se e quali
delle abilità in questione vanno incrementate con apposite stimolazioni. Una volta stabiliti gli
obiettivi di questo piano di stimolazioni specifiche (trattamenti), mirate al recupero delle abilità
carenti, le stesse schede o altre simili serviranno per la verifica periodica e per il monitoraggio
degli effetti del piano di intervento programmato.
Molto utile per una valutazione delle abilità cognitive, ma soprattutto delle abilità sociali è l’osser
vazione sistematica
del bambino, che in ambito scolastico può essere agevolmente e proficuamente utilizzata
dall'insegnante, sia curriculare che specializzato. L’osservazione sistematica consente di
prendere nota di tipologia, frequenza, intensità e durata del fenomeno osservato, nonché di
rilevare antecedenti e conseguenti del comportamento di interesse, attraverso l’utilizzo di
apposite schede. L'osservazione può essere effettuata continuativamente, oppure in periodi
limitati di tempo a campione. Gli strumenti per l’osservazione sistematica sono variegati:
check-list a codifica prefissata, schede a codifica flessibile preparate dallo stesso osservatore,
videoregistrazioni…
Infine, un cenno sull’integrazione e la riabilitazione dei soggetti con RM, che richiede
ugualmente un approccio multimodale e individualizzato alle specificità del soggetto, rilevate
attraverso la fase di assessment.
E’ importante che l’educatore predisponga programmi di intervento, specificandone obiettivi (a
breve, medio e lungo termine), mezzi, metodi e tempi, con il fine di ridurre la disabilità e la
menomazione, limitando conseguentemente lo svantaggio sociale. Solitamente le attività
predisposte per individui con RM sono relative all’autonomia di base, all’autogestione personale
e ambientale, attività di socializzazione e interazione, attività cognitiva e metacognitiva, attività
occupazionale, attività espressive, attività ludiche, riduzione dei comportamenti problematici
(Rao, 2009, Cottini e Rosati, 2008).
Per quanto concerne l’integrazione scolastica e gli interventi educativi, fondamentali risultano
l’inserimento del soggetto nelle scuole normali con un programma educativo individualizzato,
piuttosto che in scuole speciali, e la permanenza in famiglia, piuttosto che in strutture
residenziali. Molto importante risulta inoltre la collaborazione tra scuola e servizi territoriali,
nonché la collaborazione scuola-famiglia. L’integrazione sociale, il potenziamento delle abilità
sociali e dell’autonomia vanno favoriti anche attraverso attività extrascolastiche quali la
partecipazione a centri estivi, ad attività del tempo libero (ricreative, sportive, culturali) fino ad
arrivare, quando il soggetto termina il percorso scolastico, all’inserimento in centri diurni per
disabili, ad un inserimento lavorativo… Altre soluzioni per favorire e stimolare l’autonomia della
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persona disabile possono essere l’inserimento in centri residenziali, in comunità alloggio, in
case famiglia, o, in caso di maggiore autonomia del soggetto, l’inserimento in appartamenti con
l’aiuto e la supervisione costante di collaboratori domestici e operatori sociosanitari. Purtroppo
spesso accade che i genitori e talvolta anche gli operatori e gli insegnanti assumano un
atteggiamento assistenziale e protettivo nei confronti dell’individuo con RM, limitandone
l’acquisizione dell’autonomia personale e sociale, fondamentale invece per lo sviluppo della
persona e per il suo inserimento sociale. Il contesto ambientale infatti può determinare nel
soggetto con RM un deficit rispetto all’età mentale, ossia prestazioni scolastiche e abilità sociali
minori rispetto alle potenzialità cognitive dell’individuo, oppure può favorire un
surplus
rispetto all’età mentale, ossia prestazioni scolastiche superiori rispetto a ciò che ci si potrebbe
aspettare dall’età mentale, attraverso l’attivazione di adeguati interventi educativi: è stato infatti
rilevato con attività di ricerca, che il surplus rappresenta il risultato dell’integrazione scolastica e
sociale dell’individuo con RM (Vianello, 2007).
Oltre a favorire l’integrazione sociale ed interventi di tipo educativo, è necessario attivare
interventi riabilitativi/abilitativi. Vanno distinti inoltre interventi volti a potenziare le abilità
cognitive e gli apprendimenti, l’autonomia e le abilità sociali del soggetto con RM e interventi di
sostegno alla famiglia, mirati a potenziare le capacità educative dei genitori (Parent Training).
Soprattutto per gli interventi di tipo cognitivo, risulta particolarmente rilevante la precocità della
diagnosi, al fine di ottenere migliori risultati con una riabilitazione tempestiva. Inoltre vanno
sempre tenute in considerazione le risorse e potenzialità del soggetto e non unicamente i suoi
deficit ed è fondamentale coinvolgerlo in prima persona con interventi metacognitivi, quando
possibile (con soggetti che presentano un ritardo mentale lieve o moderato).
Per favorire l’autonomia e l’acquisizione di abilità sociali si possono utilizzare interventi di tipo
comportamentale, mirati all’insegnamento di abilità specifiche (per esempio, lavarsi, vestirsi,
cucinare…). A questo proposito il coinvolgimento della famiglia e della scuola possono risultare
particolarmente efficaci.
Talvolta è necessario attivare interventi fisioterapici, psicomotori e logopedici, o anche
trattamenti medici e farmacologici, soprattutto qualora la disabilità intellettiva si associ a
patologie neurologiche quali l’epilessia.
Nel caso emergano problemi a livello psico-affettivo e della personalità, possono essere attivati
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interventi psicoterapeutici. Molto efficaci possono risultare inoltre la musicoterapia (Franciosi,
2006) e la pet-terapy, soprattutto perché favoriscono l’espressione del soggetto e la
comunicazione con l’ambiente, nonché la consapevolezza e rappresentazione corporea.
Tutto questo al fine di assicurare una buona qualità di vita alla persona con ritardo mentale, che
deve essere l’obiettivo primario di tutti gli interventi attivati.
Note bibliografiche
- American Psychiatric Association (2000). Diagnostic and statistical manual of mental
disorders
– forth edition - Text Revision. APA,
Washington.
- Buono S. e Di Nuovo S. Il ritardo mentale e la sua valutazione. Disponibile su (data
accesso: 20/04/2010).
- Cottini L. (2003). Bambini, adulti, anziani e ritardo mentale. Brescia: Vannini.
- Cottini L., Rosati L. (2008). Per una didattica speciale di qualità. Perugia: Morlacchi.
- Fenzi V. II Lezione di Elementi di Neuropsichiatria-Ritardo Mentale (data accesso:
27/01/2011)
- Franciosi, F. (2006). La funzione terapeutica della musica nel trattamento della disabilità
mentale.
- Nicolini M. (2009). La Scuola di fronte all’Alunno con Ritardo Mentale. Psicolab.net –
Rivista Online
- Rao G. (2009) Il ritardo mentale. Cos’è e cosa bisogna fare (data accesso: 31/01/2011)
- Vianello R. (2007). Relazione presentata al sesto Convegno su “La qualità
dell’integrazione scolastica.
Rimini, 16-18 novembre 2007.
- Vianello R. (2009). Corso di aggiornamento sul Funzionamento Intellettivo Limite. Mo
dena, 29 gennaio, 12 e 26 febbraio, 12 marzo 2009.
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