NATURA, UOMO E CONFLITTO NELLE VISIONI AURORALI DELLA

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NATURA,UOMOECONFLITTO
NELLEVISIONIAURORALIDELLAFILOSOFIA
DagliAttidelConvegnoLiceoMariaMontessoriRoma
edIstitutoNazionaledelDrammaAntico
Ilconflitto.Ogniguerraèunaguerracivile.
CinemadelleProvinceRomaLunedì10aprile2017
L’autoredicuiciaccingiamoaparlareperilnostrocontributosultemadelconflitto,
che è l’argomento di discussione di questa nostra riunione, è esemplificativo della
questione da trattare già a partire dal suo nome. Parliamo di Eraclito il cui nome,
appunto,innescasubito,nonappenalosipronunci,unconflitto.Chilochiamainfatti
Eraclìto e chi Eràclito. Qual è allora la giusta pronuncia. Quella che corre nell’uso
sembra essere quella che, rifacendosi all’accento greco del nome, pone appunto
l’accento sulla ‘a’ e dice dunque Eràclito; sennonché, a questo punto, se si intende
rimanerefedeliall’accentogrecobisognerebbecoerentementepronunciareinquesto
sensoancheinomideglialtrifilosofigrecieciòciporterebbeadireSocràte,Plàtonee
Aristotèle. E invece perché pronunciamo Sòcrate, Platòne e Aristòtele? Lo facciamo,
giustamente,perchéilveicolodellaculturagrecainItaliaèstatalalingualatinaedè
dunquesecondoleregoledell’accentolatinocheinomideitregrandifilosofivengono
pronunciatiinitaliano.MaèforseEraclitoilfigliodiunaccentominore?No.Seusiamo
la regola per cui gli accenti dei nomi greci devono essere pronunciati secondo il
vocabolario e le leggi dell’accentazione latina, come parliamo di Sòcrate, Platòne e
Aristòtele dobbiamo così parlare di Eraclìto. Insomma, già il conflitto nominale, per
Eraclito,cidàl’indicazionechenelladisputas’inveraildesideriodellaricercaelasua
soluzioneall’internodellalegge.Maorapassiamodallafilologiaallafilosofia.
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LaparoladiEraclitocheciponedifronteallavisionecaratteristicadellarealtànel
mondogrecoeconflittuale,cosìdiremoinordinealtemadelconvegno,rispettoalla
visionegiudaico-cristiana,èlaparoladelframmento30dellasuaoperacheprendevail
nomediPerìphyseosovvero,initaliano,Sullanatura.Leggiamoinquestoframmento:
«Questoordineuniversale,cheèlostessopertutti,néundionéunuomo
lo hanno generato ma sempre era è e sarà fuoco sempre vivente che si
accendeesispegnesecondogiustamisura».(DK22B30)
Lanatura,nell’orizzontegreco,cidicequestoframmento,hainséilprincipiodella
propriaesistenzaeanche,inEraclito,ilprincipiodellaproprialegislazione,delproprio
ordine. La natura èautarchicaeautonoma. Ha in sé, per stare ai termini del
frammento,lasuagenesielasuamisura.È,permegliodire,genesiemisura.
Maqualèquestamisura?Qualel’elementogeneratoreeordinatoredellanatura?
Ricorriamo, per rispondere a questa domanda, a un altro celebre frammento
delPerìphyseosdiEraclitoincuiilfilosofodiEfesoscrive:
«Polemosèpadredituttelecose,ditutteilre».(DK22B53)
SonoparoleinequivochechevengonoalnostrotemaeattraversocuiEraclitocidice
appunto che il conflitto è l’elemento attraverso cui la natura è quello che è ovvero
generazionespontanea,naturanaturansdirebbeSpinoza,elegislazioneasestessa.Il
conflitto è padre e re-gola della natura che si natura. Si ponga la mano destra sul
nostro cuore per ascoltare tale verità: la nostra vita si deve innanzitutto a quel
movimento spontaneo e antagonistico di dilatazione e contrazione che risiede
nell’attività cardiaca, che è l’attività cardiaca; a quel movimento spontaneo e
antagonistico che ha nel suo metro originario il suo ordine; un ordine in cui
l’antagonismoèvitalefinoalmomentoincuibattelasuapulsazionenellamisuradella
fisiologia mentre può risultare nocivo sino alla morte quando de-genera nell’aritmia
dell’ipofibrillazioneodell’iperfibrillazione.
È,quelladiEraclito,unavisionecheattraversa,conl’eccezionediParmenide,tutto
l’universo aurorale delle filosofie presocratiche (pensiamo per esempio alparie
aldisparinei pitagorici e aphiliaeneikosin Empedocle); in questo caso sarebbe
megliodirepreplatoniche,vistocheSocratenonsioccupòdiquestionicosmologiche;
unavisionecheappuntorinveniamobenespressainunulterioreframmentoeracliteo
dovesilegge:
«Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta
comeilfuoco,quandosimescolaaiprofumieprendenomedall’aromadi
ognunodiessi».(DK22B67)
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Il dio, come si fa quando si deve leggere un’espressione teologica nel suo ultimo
significato filosofico, deve essere inteso qui come la verità ultima delle cose, l’archè,
potremmo dire, per rimanere nell’orizzonte linguistico e concettuale della filosofia
presocratica. E dunque Eraclito ci dice che la verità ultima della natura, il dio, ildeus
sive natura, è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame. È dunque
conflittoe,leggendoincontrolucelafiligranaontologicadellarealtà,compresenzadi
essereenonessere.Fenomenologicamentetalecompresenzadiessereenonessere,
ilfuoco,simescolaaiprofumieprendeilnomedall’aromadiessiovverogiornonotte,
invernoestate,guerrapace,sazietàfame.
LarealtàdunqueinEraclitoèconflittoovverocompresenzadiessereenonessere.
Omnisdeterminatioestnegatioeviceversa:ognideterminazioneèunanegazionee
ogninegazioneèunadeterminazione.Chidicainsomma‘giorno’dicealtempostesso
‘non-notte’ e chi dica ‘non-notte’ dice al tempo stesso ‘giorno’; così come chi dice
‘notte’ dice allo stesso tempo ‘non-giorno’ e chi dice ‘non giorno’ dice
contemporaneamente‘notte’.
Ma c’è ancora di più in questo frammento: si evince, dal suo dispiegarsi,
chepolemos, il conflitto non coincide con la guerra tanto è che la realtà, ovvero il
conflitto, è compresenza dialettica del binomio gerra pace (da notare come nel
framento fra i termini non vi sia la congiunzione: la notte non è accanto al giorno e
viceversa; la notte e il giorno si implicano e si richiamano direttamente l’uno con
l’altra).
Abbiamoalloratuttiiterminipergiungerealleconclusionidiquestointervento.
Accettarechelarealtàultimadellecosesiacompresenzadiessereenonesserefasi
che il mondo della natura, che è mondo della compresenza di essere e non essere,
possaessereilmondodellaveritàadispettodichicercataleveritàsolonell’essereed
è costretto, per questo, a identificare il mondo della natura come il mondo
dell’apparenzaeaspostarelaveritàsuunpianometafisico.
Masipotrebbeobiettare:
bisognaalloraaccettareunavisionebellicisticadellarealtà,diquellarealtànaturale
di cui l’uomo è una manifestazione; e, dunque, mantenere la verità sul piano fisico,
comporta anche la conseguenza di concepire i rapporti fra gli uomini nel segno del
conflitto?
E qui veniamo alla risposta ultima al tema più profondo del nostro convegno
secondocuiogniguerraèunaguerracivile.
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Accettando, con Eraclito, il fatto che la natura sia conflittualità dovremo dunque
rinunciare a pensare, poiché l’uomo è una manifestazione della natura, che ogni
guerraèunaguerracivile?Cheogniguerrafragliuominisiaunaguerratrafratelli?
Nient’affatto!
Possiamosottoscriverepiuttosto,conEraclito,un’altraprospettiva.
Ogni conflitto per Eraclito è una guerra civile ovvero un confronto dialettico che,
svolgendosiall’internodiuncontestoistituzionale,èelementocheinveraecivilizzala
vita associata degli uomini. Dove non c’è conflitto non c’è uguaglianza, non c’è la
democrazia; e perché naturalmente la democrazia sia tale ha bisogno della
contraddizioneorganizzatacivilmenteovverodelconflitto.
Sipotrebbedire,parafrasandoilKantdellaCriticadellaragionpura,cheilconflitto
senza le istituzioni è cieco ma al contempo che le istituzioni senza il conflitto sono
vuote.
Nonèuncasocheunodeipiùillustrifilosofidellapoliticaitaliano,impregnatofino
in fondo della cultura e dei valori della classicità, Niccolò Machiavelli, non biasimi
affatto la conflittualità fra gli uomini e piuttosto la innalzi a principio di forza e di
civilizzazionedellavitaassociatadegliuomini.PensaMachiavellialloscontrofrainobili
e la plebe di Roma che, istituzionalizzandosi nel conflitto fra il senato e il tribunato
dellaplebe,hafattolagrandezzadiquellacheèstatalapiùgranderepubblicanella
storia.
Si legge nel libro più importante di Machiavelli, il più importante e impregnato di
classicitàfinodaltitoloovveroneiDiscorsisopralaprimadecadiTitoLivio(I,4):
«IodicochecolorochedannonoitumultiintraiNobilielaPlebe,mipare
chebiasiminoquellecosechefuronoprimacausadeltenereliberaRoma;e
che considerino più a’ romori ed alle grida che di tali tumulti nascevano,
chea’buonieffettichequellipartorivano;echee’nonconsiderinocomee’
sono in ogni republica due umori diversi, quello del popolo, e quello de’
grandi; e come tutte le leggi che si fanno in favore della libertà, nascano
dalla disunione loro, come facilmente si può vedere essere seguito in
Roma; perché da’ Tarquinii ai Gracchi, che furano più di trecento anni, i
tumulti di Roma rade volte partorivano esilio e radissime sangue. Né si
possanopertanto,giudicarequestitomultinocivi,néunarepublicadivisa,
cheintantotempoperlesuedifferenzienonmandòinesiliopiùcheottoo
diecicittadini,eneammazzòpochissimi,enonmoltiancoranecondannò
in danari. Né si può chiamare in alcun modo con ragione una republica
inordinata, dove siano tanti esempli di virtù; perché li buoni esempli
nascanodallabuonaeducazione,labuonaeducazione,dallebuoneleggi;e
le buone leggi, da quelli tumulti che molti inconsideratamente dannano:
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perché, chi esaminerà bene il fine d’essi, non troverrà ch’egli abbiano
partoritoalcunoesiliooviolenzaindisfavoredelcommunebene,maleggi
eordiniinbeneficiodellapublicalibertà».
Che si tratti insomma, per concludere, della anatomia cosmica della natura, di
quellafisiologicadell’uomoodiquellasociologicadelcorpopolitico,ciòincuisiinvera
lavitael’ordinediqualsiasi‘ontologiaregionale’èlapulsazionecapitaledelconflitto:
padreeredituttelecose.
ByGiuseppeCappello,CopyrightDeUniverso©2017.
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