Lavoro, Energia e stabilità dell’equilibrio II parte F) Forze conservative e non conservative Il concetto di Energia potenziale si affianca per importanza a quello di Energia cinetica, perché ci permette di passare dallo studio delle forze e della loro azione puntuale, al solo esame della loro azione globale, cioè con quantità che tengono conto solo del “prima” e del “dopo”. Molte forze possono essere reinterpretate in termini di una appropriata funzione Energia potenziale, anzi nella descrizione di ogni fenomeno fisico si tenta di individuare, piuttosto che le forze agenti, le Energie potenziali ad esse collegate, in modo che valga la legge “lavoro della forza = diminuzione di Energia potenziale tra i punti iniziale e finale” ovvero in formula: W = −∆U = −(U f − U i ) (15) Non per tutte le forze è però possibile definire una funzione Energia potenziale. L’esempio più semplice è dato dalla forza applicata per muovere un oggetto sottoposto ad attrito dinamico, ad esempio un oggetto appoggiato su un tavolo. Per spostare l’oggetto dal punto iniziale A al punto finale B, è possibile seguire percorsi di lunghezza diversa; il lavoro per ogni percorso sarà diverso perché la forza di attrito è costante e uguale a µd FN , ma lo spostamento totale è diverso su percorsi diversi. Non si realizza quindi la proprietà fondamentale dell’Energia potenziale, e cioè che la sua variazione deve essere indipendente dal percorso. Viene naturale quindi suddividere le forze in due categorie, chiamando conservative quelle forze, come la gravità o la forza elastica, per le quali si realizzano le proprietà viste nei paragrafi precedenti, e non conservative le altre: Forze conservative Esempi: forze gravitazionali, elastiche, elettriche, nucleari, di legame chimico etc. Esiste una Energia potenziale, funzione solo della posizione f W = ∫ F cosθ ds = −∆U = −(U f − Ui ) i Forze non conservative Esempi: forze centripete, di attrito, magnetiche etc. Non esiste una funzione Energia potenziale f W = ∫ F cosθ ds i W non dipende dal percorso W dipende dal percorso W è uguale alla diminuzione di Energia W deve essere calcolato volta per volta potenziale tra lo stato finale e lo stato iniziale W su un percorso chiuso è uguale a zero W su un percorso chiuso può essere diverso da zero L’ultima riga esprime in modo diverso la proprietà fondamentale delle forze conservative. Se il corpo effettua un percorso chiuso deve risultare W = 0 poiché lo stato finale coincide con quello iniziale e ovviamente U f − U i = 0 , come schematizzato ad esempio nel disegno: un corpo sottoposto solo ad una forza conservativa, parte da A per arrivare ad A. Una situazione del genere si ha ad esempio con una molla che esegue una oscillazione completa tornando al punto di partenza. θ r ds W=0 · A r F Questa proprietà spiega il nome di forze conservative: l’energia potenziale persa in una parte del percorso viene recuperata in un’altra parte in modo che alla fine del percorso chiuso il bilancio sia in pareggio. G) Legge di conservazione dell’Energia meccanica Riassumiamo qua i due importanti risultati (10) e (15): Per qualsiasi forza: teorema dell’Energia cinetica Se W è il lavoro delle forze totali: Solo per forze conservative: esiste una funzione Energia potenziale Se W è il lavoro di una forza conservativa: W = ∆K = K f − K i W = −∆U = −(U f − U i ) 2 dove K = ½ m v dove U è funzione della sola posizione, e assume forme diverse per forze diverse Dato che la seconda espressione si può scrivere solo se le forze appartengono alla categoria delle forze conservative, consideriamo un sistema in cui vi siano solo forze di questo tipo (in genere un sistema meccanico isolato, senza intervento dall’esterno e senza attriti) e supponiamo che U sia il totale delle Energie potenziali relative alle singole forze. Allora vale: W = K f − K i = − (U f − U i) da cui risistemando la formula: K +U = Ki +Ui (16) e definendo l’Energia meccanica totale E come somma della Energia cinetica e della Energia potenziale, si arriva a: f f E = K +U ⇒ E f = Ei Questa è la fondamentale legge di conservazione dell’Energia: in un sistema in cui agiscono solo forze conservative, l’energia meccanica totale si conserva (cioè l’Energia meccanica finale è uguale a quella iniziale); vi possono essere soltanto degli scambi tra Energia cinetica e potenziale, ma in modo che il totale rimanga costante. La legge di conservazione dell’Energia è una potente sintesi di vari aspetti dei fenomeni meccanici: essa ci dice che indipendentemente dai dettagli di un fenomeno (forze, tempi, traiettorie, vincoli etc.) vi è una grandezza scalare, l’Energia meccanica totale, che rimane costante. L’utilità concettuale e pratica di poter interpretare i fenomeni alla luce di una legge di conservazione porterà poi alla progressiva estensione del concetto di Energia ad altre grandezze (il calore in Termodinamica, la pressione nei fluidi, la massa nella fisica relativistica, campi elettrici e magnetici in elettromagnetismo etc.), e alla formulazione di leggi di conservazione dell’Energia sempre più generali. H) Azione delle forze non conservative Alla luce della formulazione della legge di conservazione dell’Energia meccanica, si comprende anche il significato del termine “non conservativa” applicato a certe forze, come le forze di attrito; si dice comunemente che le forze non conservative possono dissipare energia, o immettere energia nel sistema. Ad esempio, consideriamo un sistema in cui agiscano, oltre a forze conservative, anche forze di attrito che si oppongono al moto; un effetto noto delle forze di attrito è quello di far diminuire le velocità dei corpi, eventualmente fino a fermarsi. In altre parole, nel caso degli attriti la forza e lo spostamento sono in direzioni opposte e quindi si ha un lavoro negativo: questo corrisponderà a una diminuzione dell’Energia cinetica, che però non può essere compensata da un corrispettivo aumento di Energia potenziale. Più in generale, detto W il lavoro di tutte le forze, uguale alla somma di Wcon , lavoro delle sole forze conservative, e di Wno , lavoro di quelle non conservative, dalle formule in tabella abbiamo: W = Wcon + Wno W = ∆K = K f − Ki ; Wcon = − ∆U = − (U f − Ui ) da cui ricavando Wno : W no = W − W con = ∆ K + ∆ U = ∆ E (18) essendo ∆E = E f − E i la variazione di energia meccanica. Ma le forze di attrito hanno lavoro negativo (Wno < 0) per cui risulta ∆E < 0, in altre parole l’Energia meccanica diminuisce! In realtà si osserverà poi, in altre parti della Fisica, che l’Energia meccanica viene dissipata in calore, suono, luce o deformazione dei corpi, e se questi fenomeni vengono opportunamente descritti come altre forme di Energia, come si farà in Termodinamica, è possibile definire una legge di conservazione dell’Energia più generale. Concludendo, abbiamo dalla formula (18) il risultato che il lavoro delle forze di tipo non conservativo è uguale alla variazione dell’Energia meccanica totale del sistema. I) Relazione tra forza conservativa ed Energia potenziale Abbiamo visto che per una forza conservativa il lavoro è uguale alla diminuzione di Energia potenziale, in formula W = − ∆U . Consideriamo il caso speciale di un sistema in una dimensione, cioè consideriamo un oggetto che si muove sull’asse X ed è sottoposto ad una forza diretta parimenti sull’asse X, e funzione della posizione F (x ) (ad esempio è il caso della forza elastica); l’Energia potenziale sarà allora una funzione di x, U (x ) . Per uno spostamento infinitesimo dx il lavoro infinitesimo sarà dato dalla (1) con θ = 0, cioè dW = F dx ; ma essendo la forza conservativa questo lavoro sarà anche uguale alla diminuzione infinitesima di Energia potenziale − dU . Concludiamo quindi che: − dU = F ( x) dx ⇒ F ( x) = − dU dx (19) ovvero la forza conservativa F (x ) è l’opposto della derivata della funzione Energia potenziale rispetto alla coordinata x. A questa conclusione si poteva arrivare anche notando che dalla (3) e dalla (15), con evidenti passaggi, si ha: f ∆U = U f − Ui = −∫ F( x) dx i (20) che non è altro che un integrale definito di (− F (x ) ) che ci mostra subito che U (x ) è una sua funzione primitiva; di conseguenza derivando U (x ) si trova − F , cioè la (19). Si ha così un’importante formula che consente di passare dall’analisi delle forze agenti in un sistema fisico, allo studio delle Energie potenziali, da cui possono essere ricavate numerose informazioni senza dover risolvere esplicitamente le equazioni della seconda legge della dinamica; si tende cioè a descrivere il comportamento di un sistema fisico in termini di Energie e scambi di Energia, piuttosto che di forze, che è anche la visione più moderna dei fenomeni fisici. Nel caso si stia studiando un sistema in due o più dimensioni, l’Energia potenziale è una funzione di tutte le coordinate (x,y,z), e si possono scrivere tre derivate analoghe alla (19) per le componenti del vettore forza ( Fx , Fy , Fz ), dette derivate parziali. J) Equilibrio e stabilità dell’equilibrio Per comprendere quali informazioni possono essere ricavate analizzando i fenomeni fisici in termini di Energie, consideriamo un grafico delle Energie in funzione della posizione, e in particolare rappresentiamo l’Energia potenziale U (x ) (ci limitiamo a casi in una dimensione). Come primo esempio prendiamo l’Energia potenziale elastica (13): U m = 12 k x 2 Il grafico è quello di una parabola col vertice in 0, che è anche il punto di minimo del potenziale e il dU punto di equilibrio della molla; infatti in questo punto si verifica subito che F (0) = − = 0 , la dx forza si annulla. Se consideriamo un punto a destra dello zero (x positivo), vediamo che la pendenza della curva di U m ( x ) è positiva (la curva sale); questo vuol dire che la sua derivata rispetto a x è parimenti positiva, e infine dalla (17) abbiamo che Um(x) dU < 0 , cioè la forza esercitata è negativa, e quindi F ( x) = − dx F F diretta nel verso negativo dell’asse X (esattamente si verifica che è F ( x ) = −k x ). Viceversa, se consideriamo un punto a K E o sinistra dello zero, la pendenza di U m ( x ) è negativa, per cui F ( x ) > 0, e quindi diretta nel verso positivo dell’asse X. I due U o casi sono rappresentati nel disegno: è chiaro che se la molla o viene spostata dalla condizione di equilibrio (lo zero) le forze -a x 0 +a agiscono come forze di richiamo che tendono a riportare la molla nella condizione precedente; si dice che lo zero è una condizione di equilibrio stabile! Il grafico di U m ( x ) consente anche di studiare qualitativamente il moto del sistema. Supponiamo che la molla sia inizialmente dotata di una Energia totale E > 0, che possiamo rappresentare sul grafico con una linea tratteggiata orizzontale, poiché sappiamo che l’Energia totale rimane costante durante il moto. Inoltre E = K + Um , e l’Energia cinetica K è per definizione sempre positiva, o zero. Ne consegue che si ha U m ( x ) ≤ E , e quindi il moto si può svolgere soltanto nella regione delle coordinate x che vanno da − a a + a , dove la curva di U m ( x ) sta sotto E. Inoltre, per ogni punto intermedio del moto, possiamo leggere direttamente dal grafico come si trasformano tra loro le Energie cinetica e potenziale; esse sono rappresentate dai due segmenti (colorati in figura per chiarezza) in cui la curva di U m ( x ) divide il segmento di altezza E. Si osserva che nel punto + a si ha K = 0 e U m = E , cioè tutta l’energia è potenziale, mentre in 0 si ha K = E e U m = 0 , tutta l’energia è cinetica. Nei punti intermedi, come quello in figura, l’energia si distribuisce in vario modo (secondo funzioni di tipo sinusoidale, come si è visto studiando le leggi del moto oscillatorio armonico) Consideriamo ora un sistema diverso: un corpo è U(x) F F sottoposto ad una forza tale che la sua funzione Energia potenziale è come in figura. In questo caso U ( x ) assume il valore massimo in x = a , dove la sua derivata è zero, e quindi anche la forza è zero. Questo punto è quindi un punto di equilibrio per il corpo, se esso vi viene posizionato da fermo. Ma se la posizione del corpo si discosta di poco da a , x a ripetendo il discorso del caso precedente (il segno della derivata di U ( x ) ) troviamo che vi saranno delle forze applicate al corpo che hanno la direzione indicata in figura, cioè tenderanno ad allontanare il corpo dalla posizione iniziale a . Quindi siamo · in una situazione di equilibrio instabile! Un corpo posizionato fermo sul punto di equilibrio instabile, se viene perturbato tenderà ad allontanarsene definitivamente. Da questi esempi si comprende come, in generale, i punti di minimo e di massimo della funzione Energia potenziale sono i punti di equilibrio del sistema: ivi la forza applicata è zero e un oggetto fermo in questi punti vi può rimanere in eterno. Ma se viene scostato anche di poco, nel primo caso ( U (x ) minimo) l’equilibrio è stabile e l’oggetto viene richiamato indietro, mentre nel secondo caso ( U (x ) massimo) l’equilibrio è instabile e l’oggetto se ne allontana. Vi può essere anche un caso intermedio, detto di equilibrio indifferente, quando su una linea, o in un’ampia regione di spazio, U (x ) è costante, e quindi ha derivata nulla. In questo caso non vi sono forze che agiscono sull’oggetto e non vi sono scambi di energia anche se l’oggetto si muove. Lo studio grafico della funzione Energia potenziale, la ricerca dei suoi massimi e minimi e l’analisi qualitativa del moto con il metodo energetico visto nel caso della molla, sono strumenti molto usati in vari campi, non solo in Fisica, per l’interpretazione e la comprensione di diversi fenomeni. Vediamo ancora qualche esempio. J1) Esiste un punto di equilibrio stabile per un corpo sottoposto Ug(y) alla forza di gravità? F Anche se non è del tutto corretto, consideriamo l’espressione (11) per l’Energia potenziale gravitazionale in una dimensione: 0 y U g ( y) = m g y valida se si è scelto il valore zero dell’Energia al livello del suolo (y = 0). Come si vede dal grafico, la pendenza è ovviamente sempre positiva e la forza applicata tende a far cadere il corpo. Non vi è nessuna posizione di equilibrio (se non ci fosse il suolo si arriverebbe al centro della Terra e oltre!). Questa conclusione non è però valida nelle tre dimensioni (vi sono altre grandezze fisiche che intervengono). J2) Le montagne russe Il popolare divertimento da fiera detto “montagne russe” è y istruttivo sull’uso dei concetti ora sviluppati. Il grafico mostra un pezzo del tracciato seguito dal carrello, e la (E) quota y raggiunta dal carrello è anche proporzionale al livello di Energia potenziale gravitazionale (sempre la formula (11)). Si vede subito che i punti a e c sono punti e c d di equilibrio stabile: se un carrello viene posizionato fermo x 0 a b in questi punti non può muoversi (senza intervento esterno). All’opposto i punti b e d sono di equilibrio instabile: se un carrello è ivi posizionato da fermo, o vi arriva con velocità praticamente nulla, basta una piccola perturbazione (spinta) per farlo cadere. Se al carrello viene fornita Energia meccanica iniziale E corrispondente a quella della linea tratteggiata orizzontale in figura, esso può muoversi in tutta la regione a sinistra del punto e , o anche a destra del punto corrispondente oltre la gobba. Non può però passare da una regione all’altra perché dovrebbe salire sulla gobba, e quindi assumere una Energia potenziale gravitazionale superiore a E; questo é vietato dal fatto che l’Energia cinetica K dovrebbe diventare negativa, il che è ovviamente impossibile!. Il viaggio completo del carrello è permesso solo se gli viene fornita Energia meccanica iniziale superiore al valore di U ( y ) nel punto di altezza massima. E’ sempre vera questa affermazione? Nella Fisica classica, quella che si basa sulle leggi di Newton, è sempre vero. Nella Fisica moderna, in particolare nella Fisica Quantistica, nata ufficialmente nel 1913 per spiegare i fenomeni “strani” osservati al livello submicroscopico degli atomi e delle molecole (< 1 nm) questo non è più vero: esiste un fenomeno noto come “effetto tunnel” che permette a particelle come gli elettroni di oltrepassare le “gobbe” anche se possiedono Energia inferiore a quella apparentemente necessaria. Questo fenomeno ha anche applicazioni pratiche, ad esempio è usato nei processori dei computer e nei laser a semiconduttore dei lettori CD. Ma tutto questo è un’altra storia! J3) Le vibrazioni di una molecola U(x) I legami chimici tra le molecole sono forze di tipo conservativo, e come tali vi è una funzione Energia F potenziale, che tipicamente ha una forma come nel grafico, F dove lo zero dell’Energia è scelto quando gli atomi che r0 comporrebbero la molecola sono a distanza infinita (x→∞). Come si vede dal grafico in questa situazione U (x ) è circa x costante, per cui la forza tra gli atomi è circa zero, come è E ovvio. Se gli atomi sono a distanze corrispondenti alla zona destra del grafico, dalla pendenza della curva si vede che la forza sarà diretta verso x = 0, cioè sarà attrattiva, e quindi gli atomi tendono ad avvicinarsi. All’opposto, se gli atomi sono troppo vicini (x molto vicino a 0) la forza è repulsiva e tende a tenere gli atomi più lontani. Il punto intermedio x = r0 in cui U (x ) è minimo è il punto di equilibrio stabile, che prende il nome di distanza di legame, ed è la distanza alla quale si trovano gli atomi nella molecola, nel caso siano fermi. Il valore corrispondente dell’Energia potenziale, e cioè U ( r0 ) , è detto energia di legame, e anche questo dato, come il precedente, è un parametro caratteristico delle molecole. Se si vuole dissociare una molecola è necessario fornire una Energia pari o superiore a U ( r0 ) in modo che gli atomi possano allontanarsi a grandi distanze. Osserviamo infine che in condizioni normali, a temperatura ambiente, le molecole possiedono sempre una certa quantità di Energia media di tipo termico (come verrà discusso in Termodinamica). Ammettiamo quindi che la molecola possieda l’Energia E segnata nel grafico; come si vede subito, la curva dell’Energia potenziale nella zona intorno a r0 è molto simile alla curva dell’Energia potenziale elastica (concetto che si può anche precisare matematicamente), per cui deduciamo immediatamente che il moto degli atomi nella molecola sarà di tipo oscillatorio, o in altre parole gli atomi vibrano intorno alla posizione di equilibrio (la distanza di legame) con delle frequenze caratteristiche, legate alla forza del legame con le note formule del moto oscillatorio armonico, e che sono in genere dell’ordine di 1012 ÷ 1014 Hz. E’ importante osservare che queste frequenze sono nella regione delle onde elettromagnetiche dette “raggi infrarossi”, che sono anche la parte preponderante dell’Energia emessa dal Sole. Si comprende quindi perché “il Sole scalda!”; le molecole si comportano come piccoli oscillatori armonici forzati da queste onde provenienti dal Sole, e quindi acquistano energia cinetica aumentando la loro ampiezza di vibrazione, o in altre parole acquistano Energia termica. Un fenomeno analogo viene sfruttato nei “forni a microonde” che quasi tutti ormai abbiamo nelle nostre cucine. J4) Reazioni chimiche In figura vediamo una rappresentazione di tipo energetico molto Ea R usata per illustrare e studiare una reazione chimica; l’asse orizzontale è la coordinata di reazione, a sinistra abbiamo i P Reagenti (R), a destra i Prodotti (P). La reazione procede da sinistra a destra: ai Reagenti viene fornita provvisoriamente una coord. Energia minima Ea detta “Energia di attivazione”, termicamente o con catalizzatori, in modo che possano superare la barriera e trasformarsi nei Prodotti, che hanno Energia totale inferiore a quella dei Reagenti (nel caso delle reazioni esotermiche, le più comuni) e che si assestano liberandosi dell’Energia in eccesso. Ad esempio il metodo più comune per fornire Ea è quello di scaldare, in modo da aumentare l’ampiezza delle oscillazioni proprie delle molecole, e portarle alla rottura dei legami. Nel nostro linguaggio fisico si tratta di un passaggio tra due diversi stati di equilibrio stabile, mediato da un intervento esterno.