CASO TUMORE AL SENO IN ETA’ AVANZATA Quando la sig.ra Rosa, 86enne mia storica paziente sempre in gamba e pronta alla battuta, è entrata in studio accompagnata dalla figlia (cosa mai successa in precedenza) ho iniziato a subodorare qualcosa di anomalo dal semplice esito del controllo annuale cardiologico per la sua modesta ipertensione. E in effetti mi hanno mostrato il referto della cardiologa che evidenziava a grandi lettere il riscontro, durante l’esecuzione dell’elettrocardiogramma, di un nodulo al seno! L’ho subito visitata (palpandole il seno, questa volta!) e ho confermato il nodulo di ben 2-3 cm al quadrante supero-esterno della mammella sinistra; per fortuna non ho rilevato linfoadenomegalie ascellari consensuali. A testa bassa ho prescritto una mammografia urgente e, alle domande insistenti della figlia che, tre anni prima a 51 anni, era stata a sua volta operata per un tumore al seno ed ora è in terapia con tamoxifene, ho espresso la mia opinione di far operare la mamma, nonostante l’età avanzata, vista l’assenza di controindicazioni cliniche ad un intervento del genere, se fosse stata confermata la malignità della lesione. La sig.ra Rosa è stata infatti sottoposta a mastectomia totale sinistra+dissezione ascellare per carcinoma duttale invasivo e metastasi a 1 linfonodo ascellare (pT2, G3,ER-, PgR-,HER2 neg, N+) (BOX). Non farà nessuna terapia chemio o radioadiuvante, né la terapia ormonale. Sta bene, ha ripreso a venirmi a trovare in studio da sola, per le misurazioni della pressione; lamenta solo tensione e gonfiore al braccio omolaterale all’intervento, ma è fiduciosa nella fisioterapia che inizierà presto. La storia della signora Rosa permette di affrontare la tematica sempre più attuale dell’oncologia geriatrica, con particolare riferimento al carcinoma mammario, che è il tumore più frequente (il 22% di tutti i nuovi casi) nel sesso femminile. Partendo proprio dall’epidemiologia, questo tumore, che è la quinta causa di morte (13,9%) per tumori, presenta un rischio di insorgenza che aumenta con l’età, con incidenze variabili nei diversi paesi. Per l’Italia, il database GLOBOCAN dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) riporta una stima per il 2002 di 36.634 casi incidenti (tasso standardizzato: 74,4 per 100.000), mentre i decessi sono stati 11.345 (tasso standardizzato: 18,9 per 100.000).(http://wwwdepdb.iarc.fr/globocan/GLOBOframe.htm). I fattori di rischio includono il menarca precoce, la menopausa tardiva, la nascita del primo figlio in età avanzata, la familiarità, l’iperplasia atipica, l’eccessivo consumo di alcol, l’esposizione a radiazioni del tessuto mammario in via di sviluppo, l’uso di contraccettivi orali, la terapia ormonale sostitutiva post menopausale e l’obesità. Nella maggior parte dei casi le cause del carcinoma mammario rimangono peraltro sconosciute. Solo circa il 5% dei carcinomi mammari può essere attribuito a mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, mentre il contributo di altri geni quali Chk2, ATM, p53 e PTEN è meno chiaro. (Easton D). Secondo il Surveillance, Epidemiology, and End Results (SEER) registry l’aumentare dell’età di insorgenza di tumore è associato ad aspetti biologici tumorali più favorevoli, al punto da sostenere che la sopravvivenza di una donna anziana con carcinoma mammario è sovrapponibile a quella della popolazione generale. (Diab SG et al.) Trovarsi di fronte a una donna di 86 anni con tumore al seno solleva ovviamente delle questioni etiche e pratiche per la corretta gestione della malattia: “La paziente morirà di tumore o con il tumore? Il tumore sarà causa di dolore e disabilità? La paziente sarà in grado di sopportare un trattamento antitumorale, quale esso sia? La terapia produrrà più benefici che danni?” L’età rappresenta un fattore di rischio indipendente di mancata prescrizione di terapie oncologiche efficaci (Enger SM) La stessa figlia della signora Rosa era titubante all’idea di sottoporre la madre ad un intervento chirurgico. L’estrema eterogeneità dei soggetti anziani impone infatti un approccio individualizzato e non generalizzato; di questo gli oncologi ne sono ormai da tempo consci ed hanno pertanto gradualmente accettato l’approccio multidimensionale tipico della geriatria, quello che in inglese viene definito CGA, Comprehensive Geriatric Assessment, che prevede la valutazione dello stato di salute in generale, dello stato funzionale, dello stato nutritivo, dello stato cognitivo ed emotivo ed infine di quello socio-economico.(Balducci L, Beghe C.). Questa valutazione porta molti vantaggi: il riconoscimento di condizioni potenzialmente trattabili (es. la depressione e la malnutrizione) che potrebbero ridurre la tollerabilità alla terapia; lo studio della riserva funzionale del singolo paziente; una stima indicativa della aspettativa di vita; il livello di dipendenza, e quindi l’impatto di queste considerazioni sulle opzioni diagnostiche e terapeutiche. Inoltre permette di suddividere i soggetti con tumore in tre grosse categorie: gli anziani autosufficienti e senza comorbilità, candidabili a ogni forma di trattamento standard per tipo di tumore; gli anziani fragili (i “frail elderly”, caratterizzati da dipendenza in una o più attività della vita quotidiana, da tre o più comorbilità, da una o più sindromi geriatriche), candidabili per lo più a soli trattamenti palliativi; i soggetti a metà tra i primi e i secondi, che necessitano cioè di un approccio farmacologico specifico (con ad esempio riduzione della dose iniziale dei chemioterapici) e più suscettibili agli eventi avversi. (Balducci L, Extermann M.) Il medico curante della signora Rosa, che ben conosce come anziana non-fragile, non ha avuto dubbi, a differenza della figlia, nell’appoggiare l’intervento chirurgico. Nonostante la carenza di letteratura specifica sul carcinoma mammario precoce in età geriatrica, è certo che il trattamento standard del carcinoma mammario in un soggetto anziano è la chirurgia (terapia conservativa o mastectomia). Non vi sono invece dati certi per guidare la decisione di procedere alla dissezione ascellare (BOX esplicativo sulle tecniche operatorie e su linfonodo sentinella) in donne ultrasettantenni. (Albrand G). Secondo un recente studio pubblicato su Cancer, nelle donne anziane con tumore mammario precoce con margini chirurgici liberi da tumore e negatività clinica di linfoadenopatie ascellari, non dovrebbero essere necessari nè la dissezione ascellare (da riservare a quelle poche pazienti che successivamente svilupperanno evidente malattia in sede ascellare), nè la biopsia del linfonodo sentinella (per la bassa incidenza cumulativa di metastasi linfonodali), nè la radioterapia adiuvante postoperatoria, alla luce della ridotta aspettativa di vita, dell’efficacia della terapia ormonale sul lungo termine e del comportamento biologico solitamente favorevole di qeusti tumori negli anziani (Martelli G) La signora Rosa è stata invece, giustamente, sottoposta a mastectomia totale con dissezione ascellare, per il tipo di tumore (confermato dall’esame istologico come G3, cioè neoplasia aggressiva e senza espressione nè di recettori ormonali nè dell’HER2, quindi “triple negative”) e la presenza di metastasi linfonodale. Non vi erano quindi indicazioni alla terapia ormonale ne’ preoperatoria, ne’ adiuvante e neppure la possibilità di usare l’Herceptin (trastuzumab), anticorpo monoclonale antiHER2. Ciò rafforza l’indicazione chirurgica in una paziente anziana ma in buone condizioni generali; nel caso la paziente non fosse stata operata, la neoplasia sarebbe cresciuta rapidamente, e non ci sarebbero state grosse possibilità di controllarla, a parte la RT o una monochemioterapia. Potrebbe essere forse messa in discussione la scelta di soprassedere alla radioterapia adiuvante, che è indicata nelle donne anziane con un’aspettativa di vita superiore a 5 anni, in particolare nei casi con tumori estesi, linfonodi positivi o recettori ormonali negativi. (Albrand G). Vi sono dati infatti a favore della riduzione di recidive e secondi tumori mammari nelle donne anziane, indipendentemente da età e comorbilità, in caso di ricorso alla radioterapia dopo terapia conservativa e 5 anni di tamoxifene (Geiger AM). La terapia ormonale adiuvante sembrerebbe costituire un’opzione terapeutica anche nelle donne anziane con tumori ormonoresponsivi (con recettori per estrogeni positivi, ER+); mentre nelle donne giovani in postmenopausa gli inibitori dell’aromatasi hanno dimostrato una maggiore efficacia e tollerabilità rispetto al tamoxifene, non sono stati specificamente studiati nelle donne anziane, raramente incluse dopo i 70 anni nei trials clinici. Nelle donne anziane con tumore ormonoresponsivi non operabili o che rifiutano l’intervento, è indicata la terapia primaria endocrina con tamoxifene, mentre mancano dati sull’impiego degli inibitori dell’aromatasi. Tra le linee guida dell’American Society of Clinical Oncology breast cancer surveillance sono previste visite di controllo ogni 3-6 mesi per 3 anni, poi ogni 6-12 mesi per altri 2 anni, quindi ogni anno e, per le donne che assumono inibitori dell’aromatasi il controllo della densitometria ossea ogni 2 anni. (Albrand G, Terret C.). Le nuove e più costose terapie per il trattamento sia adiuvante sia palliativo del tumore della mammella -ormonali (inibitori dell’aromatasi) e chemioterapiche (capecitabina, doxorubicina liposomiale)- potenzialmente meno tossiche ed ugualmente efficaci nelle donne anziane rispetto alle più giovani, sollevano nuove riflessioni sulla necessità di sviluppare trails clinici mirati alla popolazione anziana e sull’analisi del rapporto costo/beneficio. La ricercatrice di Aviano Daniela Crivellari nel suo recente articolo pubblicato sul Journal of Clinical Oncology sostiene che anche in questo ambito è dunque necessario riuscire ad abbandonare la medicina ageista e basata su pregiudizi per passare alla vera evidence-based medicine. Un commento merita infine la procedura di screening del tumore del seno, che si focalizza sulle donne tra i 50 e i 70 anni, escludendo dal reclutamento le più anziane, epidemiologicamente peraltro più a rischio per l’aumento di incidenza età-correlato. Le linee guida affidano ai medici la decisione di eseguirlo, in base alle aspettative di vita delle donne anziane (Schonberg MA). Il compito del medico di medicina generale è quindi quello di valutare caso per caso, i pro e i contro della prosecuzione dell’indigine mammografica, e comunque di eseguire la palpazione del seno in occasione delle visite di controllo. Nel caso della sig.ra Rosa il collega avrebbe dovuto essere ancor più sensibilizzato dall’esperienza di un tumore mammario in famiglia. La familiarità è il principale fattore di rischio, accanto all’età avanzata; solitamente è valutata per i figli, in questo caso è inversa! (Petrisek A) BIBLIOGRAFIA: Albrand G, Terret C. Early Breast Cancer in the Elderly: Assessment and Management Considerations. Drugs Aging. 2008;25(1):35 Balducci L, Beghe C. The application of the principles of geriatrics to the management of the older person with cancer. Crit Rev Oncol Hematol. 2000 Sep;35(3):147. Balducci L, Extermann M. Management of cancer in the older person: a practical approach. Oncologist. 2000;5(3):224. Crivellari D et al. Breast Cancer in the Elderly. J Clin Oncol.2007; 25: 1882 Diab SG et al. Tumor characteristics and clinical outcome of elderly women with breast cancer. J Natl Cancer Inst 2000;92(7):550. Easton D, Ford D. Breast and ovarian cancer incidence in BRCA-1 mutation carriers. Am J Hum Genet 1995;56:265.Enger SM et al.Breast cancer treatment of older women in integrated health care settings. J Clin Oncol. 2006;24(27):4377. Geiger AM et al Recurrences and second primary breast cancers in older women with initial earlystage disease. Cancer. 2007;109(5):966. Martelli G. Cancer. 2007 Dec 20 Elderly breast cancer patients treated by conservative surgery alone plus adjuvant tamoxifen: Fifteen-year results of a prospective study. Petrisek A et al .Cancer Pract. 2000;8(3):135-42.Family history of breast cancer. Impact on the disease experience. Schonberg MA, et al BMC Geriatr. 2007;7(1):26 Factors influencing elderly women's mammography screening decisions: implications for counseling. BOX: Lo stadio di una neoplasia viene, come è noto, classificato secondo il sistema pTNM. T: dipende dalle dimensioni della neoplasia N: dipende dalla assenza o presenza di metastasi ai linfonodi regionali M: dipende dalla assenza o presenza di metastasi a distanza Dopo aver definito le categorie pT, pN e pM, queste vengono raggruppate in stadi. Nella diagnosi istopatologica viene inoltre riportata la valutazione dei recettori ormonali (estrogeni, ER e progesterone, PgR), dell'indice di proliferazione della neoplasia (Ki-67) e dell'espressione dell'oncogene HER2/neu, che viene valutata in prima istanza con metodica immunoistochimica e nei casi dubbi con FISH (ibridazione in situ fluorescente). BOX 1: caratteristiche del tumore mammario: (http://aifa.progettoecce.it) Carcinoma mammario non invasivo: E' un tumore (stadio 0) Tis (carcinoma in situ, carcinoma intraduttale, carcinoma lobulare in situ o malattia di Paget del capezzolo non associata a tumore), N0 (nessun coinvolgimento ascellare) e M0 (nessuna metastasi). Carcinoma mammario invasivo operabile: E’ un tumore (stadio I o II) M0 (nessuna metastasi), T1 o T2 (diametro di 5 cm o meno, nessun coinvolgimento della cute o della parete toracica) e N0 (nessun coinvolgimento ascellare) o N1 (linfonodi ascellari mobili); oppure M0, T3 (diametro tumorale superiore ai 5 cm, nessun coinvolgimento della cute o della parete toracica) ma solo N0. Carcinoma mammario localmente avanzato: Carcinoma mammario localmente avanzato operabile (stadio III A) è un tumore T3 (diametro superiore ai 5 cm) e N1 (linfonodi ascellari mobili). Carcinoma mammario localmente avanzato (stadio III B) è un tumore M0 (nessuna metastasi), T4 (infiltrazione della cute o della parete toracica), N2 (linfonodi ascellari non mobili) e/o N3 (coinvolgimento della catena mammaria interna), non classificabile come carcinoma mammario non invasivo o invasivo operabile. BOX 2: possibili interventi chirurgici per tumore del seno (http://aifa.progettoecce.it) Nodulectomia: Rimozione del carcinoma con margini (macroscopicamente) intorno alla massa neoplastica palpabile. di un centimetro Chirurgia conservativa della mammella: Comprende gli interventi di nodulectomia (margini liberi minimi), escissione locale estesa (margini liberi ampi) o resezione segmentale o del quadrante (generalmente margini liberi ampi). Mastectomia semplice:Rimozione del tessuto mammario, generalmente con un segmento cutaneo che include il capezzolo e il complesso areolare. La dissezione si estende fino alla fascia pettorale ma di solito non la include. L’intervento prevede anche la rimozione del prolungamento ascellare della mammella; normalmente non vengono asportati linfonodi. Mastectomia allargata o super radicale: Asportazione della mammella, dei muscoli grande e piccolo pettorale e dei linfonodi dell’ascella e della catena mammaria interna. Mastectomia radicale:Asportazione della mammella, dei muscoli grande e piccolo pettorale e dei linfonodi ascellari. Mastectomia radicale modificata:Mastectomia totale con asportazione dei linfonodi ascellari di livello I, dei linfonodi ascellari di livello II e dei linfonodi ascellari di livello III mediali al muscolo piccolo pettorale situati sotto la vena ascellare fino alla prima costola. Tradizionalmente la mastectomia radicale modificata include l’escissione del piccolo pettorale, ma molti chirurghi oggi tendono a preservare il muscolo. Mastectomia totale:Asportazione dell’intera mammella. Il linfonodo sentinella: il carcinoma della mammella, nella sua evoluzione naturale, diffondendosi per via linfatica colpisce i linfonodi ascellari, prima stazione di drenaggio linfatico del territorio mammario.Le probabilità che i linfonodi ascellari siano interessati dalla malattia è superiore nei tumori a dimensioni maggiori ma non si dispone attualmente di una metodica strumentale non invasiva che consenta una sicura definizione dello stato linfonodale (N+/-). Per linfonodo sentinella si intende il primo linfonodo che riceve la linfa dal territorio del tumore.L'asportazione e l'esame istologico di questo linfonodo consentono di selezionare quelle pazienti che, in caso di positività, dovranno essere sottoposte a svuotamento del cavo ascellare da quelle con linfonodo negativo. La tecnica del linfonodo sentinella risulta adeguata allo scopo di documentare la presenza di metastasi ai linfonodi ascellari risparmiando ad un elevato numero di donne, quelle con linfonodo negativo, un intervento inutile. Le indicazioni all'asportazione del linfonodo sentinella sono: - carcinomi della mammella con citologia o istologia positiva senza evidenza clinica e strumentale di linfonodi ascellari patologici; - quadro clinico e strumentale suggestivo per neoplasia con citologia sospetta. Le controindicazioni assolute sono: - carcinoma infiammatorio; - positività per cellule tumorali nell'agoaspirato di un linfonodo ascellare. Gli studi clinici hanno permesso di rimuovere alcune iniziali controindicazioni alla metodica quali la plurfocalità del tumore, le dimensioni, la chemioterapia preoperatoria, tumori insorti in gravidanza. La tecnica radioguidata si è dimostrata la più affidabile nell'identificare il linfonodo sentinella (94-99%) utilizzando le competenze del medico nucleare, del chirurgo e dell'anatomopatologo. Il medico nucleare provvede ad iniettare nella regione peritumorale una sostanza tracciante (linfoscintigrafia con colloide di albumina marcata con tecnezio 99) alcune ore prima dell'intervento e a rilevare con una gamma camera la sede del linfonodo segnandone la sede con un marcatore sulla cute corrispondente. Il tracciante per via linfatica raggiunge e si fissa alla prima stazione drenante: il linfonodo sentinella. In camera operatoria il chirurgo, utilizzando una sonda per la chirurgia radioguidata, gamma probe, individua il punto dove il segnale è maggiore ed in questa sede viene ricercato ed asportato il linfonodo sentinella. Il patologo procede all'esame istologico del linfonodo esaminando numerose sezioni seriate - ogni 50 / 100 micron - così da individuare non solo metastasi massive ma anche la presenza di micrometastasi o di cellule tumorali isolate.