1 Educazione, educabilità e potenziale formativo Il processo educativo Con il termine educazione si intende un processo relazionale che comprende ed interessa congiuntamente fattori individuali e fattori collettivi. Ciò che contraddistingue la problematica educativa è la dimensione relazionale, che mette in luce elementi che appartengono non solo al soggetto in crescita, ma anche alla struttura sociale all’interno della quale il processo educativo si organizza. Convergono, di conseguenza, le variabili riguardanti le abilità che il soggetto mette in atto per apprendere e quelle relative alle “azioni” complementari che le diverse società “organizzano”, al fine di “trasmettere” le regole ritenute fondamentali per vivere all’interno di un determinato contesto sociale. Educare implica quindi un apprendere e un insegnare. Ogni sistema sociale mette in atto modalità sue proprie per raggiungere tale obiettivo. Tali modalità si modificano nel corso del tempo e rendono possibile il differenziarsi dei vari approcci che le diverse civiltà adottano in merito. In antropologia per processi educativi si intendono quei “meccanismi di trasmissione totale” di concetti, valori, pratiche individuali e collettive che formano la base della cultura che un individuo deve apprendere per affrontare quotidianamente i problemi che l’ambiente sociale gli pone. Per le società prive della scrittura, cioè del “medium” indispensabile per tramandare con chiarezza - al di là della propria scomparsa - le proprie concezioni del mondo, questo obiettivo assorbe quasi totalmente l’attività educativa, che quindi deve essere espletata in modo da poter garantire il passaggio diretto e personale di valori, pensieri, modi di vita, senza l’uso di “strumenti a distanza”. Si tratta perciò di un’educazione basata quasi esclusivamente sull’osservazione e sull’esperienza diretta, i cui schemi di istruzione appaiono poco articolati e limitati a interventi di tipo familiare. Un momento caratteristico dell’educazione tribale è però costituito dalle iniziazioni, le quali consistono in un periodo sistematico di educazione che ha lo scopo di inserire i giovani nella vita adulta. Si tratta di un insieme di stadi all’interno dei quali sono compresi quasi sempre una prova fisica e delle istruzioni sulle tradizioni, sui comportamenti adulti e sui misteri religiosi della comunità. Di questo momento fondamentale della vita sociale si occupano adulti specificamente designati, veri e propri maestri che si avvalgono spesso di “riti di passaggio” e “cerimonie pubbliche” per segnare i momenti dell’iniziazione. E’ importante evidenziare che in questa fase l’osservazione e l’esperienza diretta non sono più sufficienti, in quanto un ruolo significativo è svolto anche dai simboli, dalle immagini e dalla comunicazione orale di insegnamenti o racconti. Lontano dai modelli basati sull’osservazione e l’esperienza diretta appare il nostro sistema culturale, all’interno del quale parole e simboli rivestono un’importanza fondamentale. L’aspetto essenziale che contraddistingue l’educazione umana è costituito infatti dalla capacità propria dell’individuo-uomo di simbolizzare ovvero, di “trasformare”, interiorizzando, qualunque aspetto della realtà in qualcosa che “rappresenta” qualcos’altro. L’uomo, come “animale culturale”, richiede una considerevole quantità di strumenti per poter vivere e quindi adattarsi, all’interno del suo ambiente fisico e sociale. Il costume culturale acquista una funzione importante di carattere direttivo ed orientativo per quanto riguarda i comportamenti e gli atteggiamenti posti in essere nel vivere sociale. La maggior parte delle risorse che l’individuo utilizza per vivere adattivamente richiede apprendimento; pertanto, da parte dell’organizzazione sociale si rende necessaria un’opera congiunta di inculturamento e socializzazione. Anche l’animale è soggetto ad apprendimento, ma questo processo è collegato all’uso immediato di modelli comportamentali già fissati dalla specie. L’anatroccolo, ad esempio, riconosce la propria madre attraverso un apprendimento (imprinting) che si realizza all’interno di un arco di tempo 2 preciso ed il gatto “impara a cacciare” assumendo gli schemi comportamentali della caccia dalla madre, ma non sembra possibile affermare che vengano trasmessi veri e propri sistemi di regole. L’uomo non solo apprende gli aspetti operativi, collegati ad abilità motorie, ma arriva anche ad impossessarsi degli strumenti stessi di elaborazione delle idee che danno origine ai comportamenti e agli strumenti di trasmissione. L’educazione acquista, di conseguenza, un valore culturale e sociale inestimabile. Le conquiste raggiunte in chiave evolutiva dalla specie umana e i sistemi più o meno complessi elaborati dalle varie società per trasmettere il proprio patrimonio culturale permettono un tempo per gli apprendimenti assai maggiore rispetto al passato e, da un punto di vista psicologico, rendono possibile una rivalutazione di alcuni aspetti dell’infanzia. Risulta fondamentale a questo punto distinguere l’azione educativa che riguarda la realizzazione concreta delle situazioni e delle attività entro le quali gli individui di una data specie vengono educati, dalla riflessione e dalla ricerca pedagogica che consistono, invece, nella teorizzazione e nell’analisi dell’azione educativa stessa. Poiché l’uomo è un essere sociale, l’agire educativo è sempre indirizzato ad individui inseriti in contesti sociali. L’educazione quindi viene pensata ed attuata all’interno del quadro culturale di riferimento e degli obiettivi di una data comunità. Werner Jaeger afferma, ad esempio, che l’educazione non è una faccenda individuale bensì, per sua natura, è “cosa della comunità”. Tuttavia, nella cultura occidentale si è andato sempre più ad affermare il valore dell’individuo, cosicché la relazione tra individuale e sociale, all’interno del dibattito educativo, si rivela maggiormente complessa e problematica. Il riconoscimento che il destino individuale non possa essere risolto nella totale identificazione con la comunità genera una tensione tra i fini sociali e la promozione di una volontà individualmente libera, fini che dovrebbero essere raggiunti contemporaneamente con l’opera educativa. In chiave moderna, infatti, l’educazione può essere definita come un processo continuo, mirante a favorire lo sviluppo di tutte le potenzialità proprie della persona in riferimento alla cultura in cui vive, sulla base di un progetto, tenendo conto delle naturali attitudini di ciascuno. I significati dell’educazione e i processi educativi intenzionali Il concetto di educazione è dunque molto più ampio di quanto solitamente si creda e coinvolge tutti gli aspetti della vita della persona. La crescita di un individuo infatti è influenzata da tutti gli stimoli provenienti dall’ambiente in cui vive: famiglia, associazioni educative, incontri occasionali, massmedia, scuola. E’ pertanto corretto distinguere l’attività educativa in senso stretto da tutti gli altri stimoli indirettamente educativi che ciascuno comunque riceve per tutto il corso della propria esistenza. Potremmo quindi parlare di educazione intenzionale nel primo caso e di stimoli e influssi ambientali nel secondo; occorre tuttavia precisare che, se in generale l’insieme delle stimolazioni ambientali esterne all’individuo possono essere connotate come fonti di educazione naturale, è all’interno di tali fattori che si inseriscono i processi educativi intenzionali. La gamma delle problematiche da affrontare si amplia ulteriormente quando occorre considerare i differenti usi della parola educazione. Secondo il pedagogista francese Gaston Mialaret, il termine viene infatti inteso di volta in volta come: istituzione azione contenuto risultato o prodotto 3 Si può ad esempio affermare che, all’interno dell’educazione nazionale (livello istituzionale) si compie un’attività educativa, ovvero si svolge un’azione indirizzata a trasmettere, nei confronti dei giovani cittadini, un’educazione civica, intesa come prodotto e contenuto. Analizzando, come già espresso, l’attività educativa, ci si accorgerà che essa si colloca intorno ad almeno tre dimensioni: quella individuale, in cui l’educazione si raccorda con l’apprendimento, quella della realtà sociale, all’interno della quale si opera la trasmissione della cultura, e quella che riguarda l’organizzazione istituzionale dell’insegnamento. Educazione, istruzione, formazione Definire il campo semantico del termine educazione e delimitare l’agire educativo, differenziandoli da altri processi e termini ad essi collegati, è un’operazione piuttosto complessa. Hermann Röhrs ritiene che non esistano, ad esempio, confini definitivi tra socializzazione, inculturazione, educazione e formazione. Tuttavia, nella varietà di azioni e termini che ruotano attorno al concetto di educazione risulta ancora significativa la distinzione tra educazione e istruzione. Secondo Visalberghi “educare, rafforzativo ed iterativo da educare, indica un aiuto continuato ad un processo naturale e spontaneo; istruere significa ‘costruire dentro’, con un apporto rilevante dall’esterno – almeno di materiali intellettuali”. Possiamo estendere questa osservazione fino a distinguere l’istruzione, intesa come processo orientato alla trasmissione e alla produzione guidata di nozioni e comportamenti specifici, dall’educazione, intesa invece come processo indirizzato a sollecitare lo svolgimento “naturale” e globale della personalità. Considerando tuttavia che non esistono eventi educativi senza concreti atti istruttivi, la distinzione risulta talvolta forzata. A tale proposito è significativo il contributo del pedagogista tedesco J. F. Herbart, che già nella prima metà dell’Ottocento sosteneva il concetto di istruzione educativa. Secondo alcuni teorici l’istruzione ha significato solo all’interno dell’educazione della persona, in un quadro di valori etici e religiosi. Secondo altri invece l’educazione altro non è che una forma particolare di istruzione, intendendo quest’ultima come concreta attività di insegnamento specifico che si attua nei diversi ambiti di vita dell’individuo. Nell’ambito di questo dibattito teorico si inserisce la posizione del pedagogista contemporaneo Riccardo Massa, che propone di superare il dualismo istruzione-educazione con l’unificazione di entrambi i termini nel concetto di formazione, che comprenderebbe al suo interno sia la dimensione cognitivo-intellettuale, generalmente associata al termine istruzione, sia quella emotivo-affettiva, riferita invece al concetto di educazione. Educazione e potenziale formativo La dimensione problematica dell’educazione non risiede soltanto nella difficoltà di delimitarne a livello teorico il concetto, ma anche nella oggettiva complessità delle sue applicazioni, sia per quanto riguarda i fini, sia per ciò che concerne i mezzi e le strategie utilizzate. All’origine di tale problematicità, come già precisato, vi è la considerazione che l’agire educativo pone al suo centro l’uomo nella sua doppia realtà individuale e sociale, e ciò comporta una certa difficoltà nel definire rigidamente il potenziale formativo entro il quale compiere le scelte e le azioni educative stesse. Per potenziale formativo si intende da un lato la misura di ciò che nell’uomo può essere sviluppato mediante educazione – e nasce dal rapporto che si stabilisce tra i processi istruttivi e la competenza apprendimentale dell’individuo – dall’altro la misura di ciò che determinate agenzie o azioni educative possono produrre. Sarebbe a questo punto interessante valutare quale effettiva ricaduta formativa possano avere le diverse azioni sociali, sia quelle nelle quali l’intenzionalità educativa è 4 centrale, come accade nell’ambito dell’istituzione scolastica, sia quelle in cui l’intenzione educativa riveste un ruolo secondario rispetto ai fini principali, come ad esempio nei mass-media. Ciò significa che la complessità del concetto di educazione è determinata dalla molteplicità delle relazioni comunicative interconnesse. L’individuo è parte infatti di diverse relazioni educative, e tali relazioni a loro volta costituiscono parte di relazioni più ampie. Non si può quindi riflettere, ad esempio, sulla relazione educativa all’interno della famiglia se non si prende in considerazione il fatto che questa è implicata in altri sistemi educativi. L’attenzione pertanto va rivolta al sistema formativo nella sua globalità. Secondo F. Frabboni, il sistema formativo contemporaneo è caratterizzato dal policentrismo, cioè dalla perdita di egemonia delle agenzie educative “istituzionali” a favore di un’azione educativa “individualizzata”, soddisfatta nella dimensione extrascolastica. A tale condizione dovrebbe seguire come reazione l’organizzazione di un sistema formativo integrato in cui la famiglia e la scuola costruiscono “relazioni di alleanza” con altre agenzie educative, come gli enti locali e l’associazionismo. Frabboni, inoltre, propone di considerare come parte integrante di tale sistema il potenziale formativo dei mass media, per giungere a definire quel quadro complessivo che A. Agazzi denomina “società educante”. Educazione ed educabilità tra eredità e ambiente: un problema aperto All’interno del dibattito pedagogico e sociale il termine educabilità viene utilizzato per indicare l’ambito di efficacia delle azioni educative. A tale proposito è significativo osservare che qualsiasi modello educativo presuppone, oltre ad una determinata immagine dell’uomo e idea dell’educazione, anche una concezione dei limiti della sua educabilità. Questa concezione viene di volta in volta modificata in relazione alle premesse pedagogiche e antropologiche di riferimento e riguarda sostanzialmente l’insieme degli aspetti del soggetto che vengono considerati come non educabili o non più educabili in una determinata fase della vita. Erik Erikson concepisce tuttavia lo sviluppo della personalità come un processo che accompagna il soggetto per tutto l’arco di vita, attraverso fasi e crisi che si risolvono con un’educabilità che si estende per tutta la sua esistenza. Tale posizione fornisce pertanto contributi teorici che infrangono i limiti cronologici tradizionali, per i quali l’educabilità si colloca fra l’infanzia e l’età adulta. Lo spazio devoluto all’educazione programmata e sistematica è concepito di conseguenza in maniera flessibile e adattabile alle altre fasi della vita dell’individuo. Di qui il presupposto teorico da cui scaturisce il concetto di formazione permanente. Allo stato attuale il dibattito sull’educabilità appare ancora incentrato su due fronti: il primo fa riferimento alle posizioni teoriche innatiste, il secondo a quelle ambientaliste. Di fatto lo scontro teorico tra queste due posizioni dura da secoli, con significative oscillazioni a favore ora dell’una ora dell’altra a seconda della prevalenza di determinate ideologie o visioni del mondo e dell’individuo. Già con Piaget si assiste ad un tentativo di sintesi delle due concezioni. Attraverso l’elaborazione della teoria dell’epistemologia genetica Piaget si propone di trovare la corrispondenza tra gli stadi di sviluppo dei processi cognitivi e lo sviluppo storico delle forme di pensiero che si attuano attraverso i contributi dell’esperienza: un organo si sviluppa mediante l’esercizio della propria funzione. Il vero problema non consiste quindi nel determinare la misura dell’influenza delle variabili genetiche o ambientali, ma nel comprendere le modalità di interazione tra eredità e ambiente. I modelli educativi della nostra cultura delineano l’educabilità su diversi fronti, che coincidono principalmente con la socialità, l’attività cognitiva, l’attività linguistico-comunicativa, la psicomotricità, la dimensione emozionale ed espressiva e la dimensione della personalità. La questione dei limiti dell’intervento educativo va perciò al di là della semplice individuazione degli spazi entro i quali il processo educativo può influire nel processo di sviluppo, poiché riguarda anche la reale efficacia dell’educazione rispetto alle differenze individuali. 5 Alla luce di quanto finora esposto si può concludere che il processo educativo è da considerarsi come una lunga catena di azioni sociali e di apprendimenti individuali che accompagnano l’esperienza di un individuo nel proprio arco di vita. La presa di coscienza, da parte della pedagogia contemporanea, delle molteplici variabili, direzioni e forme specifiche che interessano il processo educativo, ha fatto sì che essa si emancipasse progressivamente rispetto a concezioni filosofiche, scientifiche, religiose e ideologiche che concepivano tale processo a senso unico. Dal processo educativo al processo formativo Allo scopo di evidenziare il distacco dalla vecchia concezione filosofica, molti autori, liberatisi dalla pesante stratificazione storica dei significati del termine educazione, preferiscono utilizzare, al posto dell’espressione “processo educativo”, quella di processo formativo. F. Cambi e P. Orefice hanno recentemente ribadito che il concetto di processo formativo rende più facilmente conto della complessità dei fattori in gioco anche al di fuori degli ambiti tradizionalmente ritenuti propri dello studio dell’educazione. Il passaggio dal concetto di educazione al concetto di formazione evidenzia così una maggiore consapevolezza della presenza di potenzialità, vincoli e artifici già propri dell’individuo. L’attività educativa e formativa presuppone sempre, come si è già chiarito, delle finalità, ma queste non possono essere determinate in modo esterno al soggetto, in quanto esistono alla base processi spontanei di apprendimento dotati di proprie direzioni autonome. La riflessione teorica deve quindi indirizzarsi verso quelle particolari condotte dell’essere umano denominate motivazioni all’agire. In un contesto educativo, pertanto, l’efficacia dell’apprendimento può essere spiegata soltanto come risultato di una motivazione corrispondente. Se si intende per motivazione ciò che spinge l’individuo ad un’azione diretta verso uno scopo si potrà dire che i motivi alla base del comportamento umano, traendo origine da un bisogno, sono volti al raggiungimento di una meta funzionale a compensare la rottura dell’omeostasi dell’organismo. Al problema del rapporto tra apprendimento ed insegnamento, che verrà esaminato più avanti, si affianca quindi un’ulteriore questione, che riguarda la relazione tra insegnamento, motivazioni e bisogni individuali. (Rosamaria Gastaldi)