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14/10/2013 |
Società per ceti
Nell'accezione classica la società per ceti è un ordinamento sociale definito dalla nascita, in uso nell'Europa
premoderna e strutturato nei tre ceti (Stati), classificati per ordine di importanza, della Nobiltà, del Clero e del
Terzo stato. Questa tripartizione risaliva all'idea medievale, di derivazione teol.-giur., di una diversa funzione
dei ceti nella società: i nobili si dedicavano alla guerra (bellatores), il clero alla cura delle anime (oratores) e il
Terzo stato al commercio, all'artigianato e all'agricoltura (laboratores). L'appartenenza alla nobiltà o al clero
comportava privilegi giur., politici e finanziari, giustificati con i rispettivi compiti particolari. I ceti erano gruppi
sociali distinti e diseguali (Disuguaglianza sociale); secondo la concezione premoderna, tuttavia, tale
gerarchia era giusta e di principio armonica, poiché rifletteva l'ordinamento sociale fissato da Dio per il bene
comune.
Diversamente dai concetti sociologici di classe (Società di classe) o casta, quello di ceto, che può
comprendere diverse categorie sociali, non indica un gruppo chiuso verso l'esterno, i cui membri sono
accomunati da una coscienza collettiva. Inoltre non va confuso con la categoria sociologica dello strato
sociale.
Autrice/Autore: Francisca Loetz / vfe
1 - Approcci recenti di storia sociale e culturale
Le ricerche sulla realtà sociale della società per ceti mostrano che una sua rappresentazione in senso statico
e normativo non è soddisfacente. Sulla base di modelli antropologici e sociologici, la storia culturale considera
la società per ceti una società conflittuale: la posizione sociale degli individui, che si conoscono tutti l'uno con
l'altro, viene definita dalla loro partecipazione al capitale economico, sociale e simbolico della collettività,
oggetto di concorrenza costante tra i suoi membri. Approcci legati alla storia delle donne sottolineano come lo
status sociale fosse condizionato in misura determinante da concezioni dell'onore specifiche a seconda del
sesso, ad esempio stato civile e comportamenti sessuali per le donne, onestà professionale, coraggio fisico e
integrità sessuale della moglie o delle figlie per gli uomini. Fondamento di questo tipo di società erano forme
di comunicazione simbolica, in cui, nell'ambito di rapporti di forza dinamici e asimmetrici, occorreva affermare
di continuo lo stile di vita socialmente adeguato e l'onore dell'individuo.
Alcuni storici ted. (tra cui Reinhard Blänkner) che si sono occupati della transizione dalla società per ceti alla
società borghese hanno recentemente elaborato il concetto di "nuova società per ceti" (neuständische
Gesellschaft) per definire l'ordine sociale prevalente tra il 1750 e il 1840, che avrebbe visto l'affermazione di
una nuova Elite colta e che andrebbe distinto sia dalla società per ceti tradizionale sia dalla società di classe
industriale.
Autrice/Autore: Francisca Loetz / vfe
2 - Realtà sociale
La concezione di una società divisa in tre ceti era diffusa anche nella vecchia Conf., come attestato dalla
cronaca della signoria di Grüningen del pastore rif. Caspar Schwerter (1610). Le fonti normative dimostrano
tuttavia che tale idea non corrispondeva alla realtà sociale. Ordinanze riguardanti l'abbigliamento
prevedevano ad esempio una differenziazione della società che andava ben oltre una tripartizione.
In considerazione della concezione essenzialmente giur. dei ceti nella ricerca empirica e delle differenze locali
e regionali, nella vecchia Conf. non è possibile riconoscere una specifica stratificazione sociale, se non in
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maniera insoddisfacente. Poiché la Conf. era un'alleanza tra cant. rurali e città-Stato, contrariamente agli Stati
limitrofi essa non conosceva sul piano giur.-istituzionale la divisione classica in tre ceti, con l'eccezione delle
Assemblee degli Stati del Paese di Vaud, del principato vescovile di Basilea e del principato di Neuchâtel.
Caratteristica era invece la formazione di gerarchie politiche e sociali per l'accesso, sempre più ristretto, alle
risorse corporative (Corporazioni comunali, Comunità) e collettive (Pensioni). Chi per nascita possedeva diritti
d'uso su beni comuni, era legato al settore finanziario o era ammesso in una corporazione di Maestri artigiani,
disponeva di un capitale materiale, sociale e simbolico che determinava la sua posizione sociale.
Nel determinare la stratificazione sociale della vecchia Conf. era fondamentale lo status giur. specifico, basato
perlopiù sulla nascita. Sussistevano differenze tra i cittadini a pieno titolo (Borghesia), gli altri ab. delle città
dotati di diritti in varia misura limitati (ad esempio Ewige Einwohner e Dimoranti a Berna, Habitants e Natifs a
Ginevra), e i Sudditi delle campagne soggette. All'interno di quest'ultima categoria, i membri della comunità
di villaggio e i Landsassen erano privilegiati rispetto ai dimoranti e ai Beisassen. A definire lo status
contribuivano inoltre le differenze legate all'istruzione e alle abitudini di consumo. Nei rapporti tra i gruppi
sociali tutto ciò portava a rivendicazioni collettive, dovute da un lato a strutture cetuali di carattere giur.,
dall'altro a dinamiche analoghe di tipo culturale.
La nobiltà aveva perso il proprio ruolo sociale durante il ME, integrandosi nel patriziato cittadino o
abbandonando la Conf. A seconda delle diverse strutture politiche cant., alla nobiltà subentrarono élite locali
limitate ad alcune fam. (Patriziato cittadino, Corporazioni), che nel corso dell'epoca moderna si trasformarono
in Oligarchie, caratterizzate da uno stile di vita che imitava quello della nobiltà e chiuse all'ingresso di nuovi
cittadini (Aristocratizzazione).
Come attestato dall'esempio del territorio biconfessionale dei Grigioni, durante l'ancien régime lo status del
clero catt. e rif. mutò notevolmente. Se nel XVI sec. gli ecclesiastici erano perlopiù contadini che esercitavano
il loro ministero a titolo accessorio, all'epoca della confessionalizzazione sacerdoti catt. e pastori rif.
formarono una vera e propria categoria professionale, che nel caso dei secondi consentiva l'accesso per via
matrimoniale a strati sociali più elevati. Nel corso del XVIII sec. il clero si professionalizzò ulteriormente e fu
progressivamente considerato un'élite morale colta, separata dal resto della pop.
Il Terzo stato era caratterizzato da un'elevata eterogeneità sociale. A Berna, ad esempio, la cerchia delle fam.
eleggibili al Consiglio per le loro reti sociali e ricchezze era di fatto limitata all'élite cittadina, benché in linea
di principio artigiani, imprenditori e funzionari non fossero inferiori sul piano giur. I diversi gruppi urbani si
distinguevano inoltre per stile di vita, formazione e pretese di primato non solo gli uni dagli altri, ma
soprattutto dalla pop. rurale, a sua volta eterogenea.
Tratto caratteristico della pop. delle campagne era una marcata differenziazione sociale interna. Sostanziale
era la distinzione tra i Contadini che possedevano poderi (più che) sufficienti alla loro sussistenza e i Tauner,
che invece non disponevano di sufficiente terra o ne erano del tutto privi e, di conseguenza, erano costretti a
cercare una fonte di reddito accessoria, ad esempio lavorando quali giornalieri.
Lo status degli indigenti (Povertà, Assistenza pubblica) si modificò dalla fine del ME e con la Riforma. Da allora
sorse una distinzione tra poveri "onorevoli" e poveri "indegni", chiamati in maniera spregiativa "oziosi
nullafacenti". Mendicanti non autoctoni (Forestieri) e Girovaghi non trovavano posto nella società, da cui
venivano esclusi.
Lo status delle donne era definito formalmente dalla loro condizione giur., ma la posizione sociale di una
singola donna dipendeva in misura determinante dall'onore proprio del suo genere, dal suo reddito (ad
esempio quale persona rispettata nel settore commerciale o artigianale) o dalla sua appartenenza a una
corporazione, come regolamentato nella città di Zurigo (Ruoli sessuali).
Il 12.4.1798 la Costituzione della Repubblica elvetica soppresse le diverse categorie giur. di ceto e, pur
escludendo le donne dalla cittadinanza attiva, dichiarò tutti gli ab. della Svizzera cittadini sviz. con pari diritti
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(fatta eccezione per gli ebrei, secondo una disposizione aggiuntiva). La proclamazione della libertà di
industria (10.10.1798) abolì l'obbligo per gli artigiani di iscriversi a una corporazione. Le disparità civili abolite
nel 1798 furono parzialmente ristabilite durante la Restaurazione. Vennero soppresse definitivamente con
l'art. 4 della Costituzione fed. del 1848.
I mutamenti sul piano giur. non impedirono alle élite di continuare a praticare le tradizionali strategie della
distinzione. Nel XIX sec. questi processi di differenziazione vennero tuttavia messi in discussione da gruppi
protoliberali, che si richiamavano alle idee guida della fine del XVIII sec., orientate al principio meritocratico e
dell'istruzione, e alla critica fondamentale dell'Elvetica nei confronti dei privilegi derivanti dall'appartenenza a
un ceto per nascita.
Autrice/Autore: Francisca Loetz / vfe
Riferimenti bibliografici
Bibliografia
– A.-L. Head-König, L. Mottu-Weber, Femmes et discriminations en Suisse, 1999
– M. de Tribolet, «Société d'ordres et égalité républicaine», in Conservatisme, réformisme et contestation,
1999, 79-85
– U. Pfister, «Pastors and Priests in the early modern Grisons», in Central European History, 33, 2000, 41-65
– S. Burghartz, «Umordnung statt Unordnung?», in Zwischen den Disziplinen?, a cura di H. Puff, C. Wild, 2003,
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– M. Brühlmeier, B. Frei, Das Zürcher Zunftwesen, 2 voll., 2005
– A. Holenstein (a cura di), Berns goldene Zeit, 2008
– D. Schläppi, «Differenzmaschine», in Die Produktion von Ungleichheiten, a cura di T. David et al., 2010,
23-33
– M. Füssel, T. Weller (a cura di), Soziologische Theorie und Ständische Gesellschaft, 2011
Autrice/Autore: Francisca Loetz / vfe
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