L’ORGANO UDITIVO di Antonio Covello Prerequisiti: ¾Pressione: forza su superficie. Nel Sistema Internazionale si misura in pascal: 1 Pa=1 N/m² [un pascal è la pressione che una forza di un newton esercita perpendicolarmente su una superficie di un metro quadrato]. ¾Grandezze fisiche dei fenomeni periodici (cfr sintesi di concetti utili per l’acustica). Intensità sonora: il nostro apparato percettivo ci permette di distinguere i suoni deboli e forti. In fisica è stata definita una grandezza che permette di definire una scala oggettiva delle intensità sonore. L’intensità I di un suono è, in prima approssimazione, legata all’energia dell’onda sonora che giunge all’orecchio, energia a sua volta collegata alla pressione dell’onda. Bisogna distinguere fra intensità fisica ed intensità fisiologica. La prima esprime un valore legato al mezzo che propaga l’onda. La seconda è legata alla risposta che l’orecchio fornisce; quest’ultima è anche dipendente dalla frequenza del suono. Ciò vuol dire che suoni aventi una stessa pressione ma differente frequenza possono essere percepiti con intensità diversa. Def.: Si dice intensità sonora I il rapporto tra la potenza (la potenza è l’energia diviso il tempo in cui essa stessa viene impiegata) sonora che attraversa perpendicolarmente l’unità della superficie attraversata dall’onda sonora. Nel Sistema Internazionale l’intensità sonora si misura in watt/m² [W/m²]. Il nostro sistema uditivo percepisce i suoni non solo in un range di frequenze (fra i 16 Hz e i 20000Hz), ma anche in una certa fascia di intensità. Da una minima intensità udibile di I0=10-12 W/m² [si legge mille miliardesimi di watt al metro quadro] ad un’intensità di 104 W/m² (diecimila), in cui si ha la rottura del timpano. Ad un’intensità di 1 W/m² si incomincia ad avere una sensazione di dolore. Il livello minimo viene preso come potenza di riferimento per cui si definisce intensità del suono, e si esprime in decibel (dB), il valore: I I dB 10 log . I0 Livelli di suono in decibel (dB) Suono al limite della percettibilità Zanzara vicino all’orecchio Fruscio di foglie Bisbiglio (a 1m) Teatro o chiesa (vuoti) Rumore di fondo notturno in città Ufficio o ristorante (quieti) Stadio Conversazione (a l m) Ufficio o ristorante (affollati) Traffico cittadino diurno Martello pneumatico (a 3m) Fortissimo (fff) di grande orchestra in sala Urlo (a 1,5 m) Gruppo rock in un locale chiuso Schianto di fulmine Walkman Martello su acciaio (a 0,5 m) Discoteca Suono al limite del dolore Jet al decollo (a 50 m) Rottura del timpano Missile al decollo (a 50 m) Massimo rumore prodotto in laboratorio 0 10 10 15 25-30 30 50-55 55 50 60-65 70-80 90 100 100 110 110 110 115 115 120 130 160 200 210 Rapporti di intensità e decibel 1 000 000 60 10 000 40 1 000 30 100 20 10 10 4 6 1 0 ¼ -6 1/10 -10 1/100 -20 A. Covello: L’organo uditivo. Ballando al ritmo... dell’inquinamento acustico! Farsi del male (o permettere di farselo) sapendolo è certamente un’assurdità. Qualche considerazione di psicoacustica ci aiuta a mettere in evidenza un caso, fra tanti, in cui un simile comportamento si verifica. Uno dei primi apparati a formarsi nell’embrione è quello uditivo. Col crescere tale apparato viene a trovarsi circondato, o meglio protetto, dalla struttura ossea più dura del nostro corpo. Dura come l’avorio. Già questo dovrebbe suggerire l’importanza che la natura attribuisce all’orecchio. Si conoscono abbastanza bene quali siano i pericoli che tale apparato corra e quanto esso sia delicato. Quindi, perché sottoporre l’orecchio a sollecitazioni, evitabili, che sicuramente gli arrecheranno dei danni? Non è assurdo sottoporlo a quegli intensi suoni dei concerti rock o delle discoteche, nonché all’uso eccessivo dell’ascolto attraverso le cuffiette del walkman che convogliano tutta la potenza del suono emesso nell’orecchio? DESCRIZIONE DELL’ORGANO DELL’UDITO Orecchio esterno (E): padiglione auricolare, meato uditivo. Questa parte favorisce il convoglio delle vibrazioni sonore verso l’orecchio medio e permette di discriminare la posizione anteriore della sorgente sonora rispetto a quella posteriore. La percezione della direzione da cui proviene il suono è invece dovuta all’analisi differenziale (differenze di tempo di percezione) dei segnali nervosi prodotti dai due orecchi. Orecchio medio (M): timpano, ossicini: martello, incudine, staffa. Finestra ovale Finestra rotonda Questa parte permette di trasformare le oscillazioni dell’aria in oscillazioni del fluido presente nell’orecchio interno. Esso è un vero e proprio trasformatore di energia meccanica: il timpano entra in vibrazione quando si trova sollecitato da oscillazioni di pressione nell’aria interna al condotto, gli ossicini funzionano come una leva che aumenta la forza trasmessa dal timpano alla staffa diminuendo il rapporto tra le ampiezze di oscillazione; la staffa trasmette il movimento al fluido cocleare mediante un pistoncino membranoso (finestra ovale) che accede all’interno della coclea. A livello di questo settore dell’organo uditivo si trova anche un sistema di difesa dello stesso qualora l’intensità sonora dovesse essere eccessivamente forte. La suddetta protezione, detta riflesso acustico o riflesso di Stapedio, consiste in due processi di protezione: un irrigidimento del muscolo timpanico 2 A. Covello: L’organo uditivo. per reazione ad una eccessiva deformazione ed una tensione di un altro muscolo, collegato alla staffa, il quale tende ad allontanarla dalla finestra ovale onde ridurre le oscillazioni che essa deve trasmettere al liquido clocleare. Orecchio interno (I): coclea. Questa è la parte più complessa e delicata dell’apparato uditivo. Essa analizza i suoni, separando e facendone risaltare le componenti significative, smorzandone le componenti più intense e accentuandone quelle più deboli, favorendo la rivelazione dei dettagli acustici che permettono di individuare le caratteristiche delle sorgenti sonore. Il funzionamento di questo organo è stato compreso solo da pochi anni. In latino coclea significa chiocciola (nota anche coll’etimologia greca di labirinto). Infatti questa struttura, inserita all’altezza dell’orecchio, ha la forma di una chiocciolina che, nell’organismo umano, si avvolge a spirale per circa 35 mm. La coclea è l’interfaccia tra il cervello e il mondo dei suoni. Essa muta gli stimoli acustici raccolti dall’orecchio esterno e trasmessi dagli ossicini dell’orecchio medio in oscillazioni meccaniche della membrana basilare attraverso l’azione del campo di pressione del fluido cocleare. I tre canali semicircolari (vestibolo), visibili in alto nella figura, sono assai importanti per il senso dell’orientamento, per l’equilibrio, forse per la percezione del ritmo e il conseguente muoversi in sintonia con esso, ma sembra non svolgano alcun ruolo diretto per la funzione uditiva propriamente detta. In realtà la coclea è una cavità ossea riempita di un liquido acquoso. Per questa ragione, essa si chiama anche dotto cocleare. Il dotto cocleare è diviso diametralmente in due parti da una membrana elastica detta membrana basilare. La membrana basilare divide la chiocciola in due parti, ma, come vedremo, la chiocciola è in realtà divisa in tre dotti. Questa membrana è un sistema di fibre elastiche fittamente affiancate che si estende lungo tutta la cavità: dalla base 1, indicata in figura con B, le fibre si diradano e divengono più lunghe mano a mano che si procede verso la regione più interna, dove la chiocciola si arrotola più strettamente, all’apice, A, dove l’avvolgimento della chiocciolina ha termine lasciando aperto un foro (elicotrema) che mette in comunicazione le due parti del dotto cocleare. In tal modo le fibre della membrana possono vibrare come le corde di uno strumento musicale. È per questa struttura che la rigidità elastica della membrana risulta circa cinquantamila volte più grande alla base che all’apice e diminuisce da un capo all’altro con una legge approssimativamente esponenziale. Per questa ragione le oscillazioni della membrana basilare dovute a sollecitazioni sonore di di1 Dove il liquido cocleare è interfacciato col mondo esterno attraverso un pistoncino a forma di staffa. 3 A. Covello: L’organo uditivo. versa frequenza si formano in punti diversi. La figura illustra dove si localizzano i picchi di oscillazione in risposta a toni di varie frequenze: da circa 20000 cicli al secondo alla base B fino a poche decine di cicli al secondo all’apice A. Ovvero, più i suoni sono acuti più la membrana basilare è sollecitata in prossimità della finestra ovale; più sono gravi più la sollecitazione si presenta spostata verso l’apice. Si noti che la frequenza associata a una certa posizione (frequenza caratteristica di quella posizione) diminuisce anch’essa dalla base verso l’apice con legge approssimativamente esponenziale. La risposta a un tono di 1500 cicli al secondo ha luogo a metà circa della membrana basilare. Quindi: all’interno della coclea, le vibrazioni sonore trasmesse dalla catena degli ossicini (martello - incudine - staffa) si trasformano, attraverso un pistoncino ovale che forma la base della staffa, in variazioni di pressione del fluido cocleare. La membrana basilare, sollecitata da tale campo di pressione, diviene sede di oscillazioni di forma variabile a seconda dello stimolo sonoro. Scala vestibuli (liquido segregato: perilinfa) Membrana di Reissner Nervo acustico Scala timpani (liquido segregato: perilinfa) Scala media (liquido segregato: endolinfa) Organo di Corti Cellule ciliate La figura superiore mostra più dettagliatamente la struttura interna di una sezione cocleare. È riconoscibile l’organo di Corti montato sulla membrana basilare e la tripartizione del dotto cocleare. La cavità intermedia (scala media) è delimitata superiormente dalla «membrana di Reissner» e inferiormente dalla parte superiore dell’organo di Corti. La cavità superiore (scala vestibuli) e quella inferiore (scala timpani) comunicano tra loro e pertanto il liquido che le riempie (perilinfa) ha la stessa composizione chimica. Il liquido segregato nella scala media (endolinfa) ha, invece, una composizione elettrochimica diversa dalla perilinfa e si trova a un potenziale elettrico maggiore di questa (circa 80 millivolt). Ciò permette a questo sistema di funzionare come una batteria elettrica che serve da alimentatore per le triplette di cellule ciliate esterne (che costituiscono un amplificatore elettromeccanico) e che attiva le cellule ciliate interne che costituiscono i sensori delle oscillazioni indotte dai segnali acustici. Organizzate in triplette e localizzate nell’organo di Corti verso l’esterno rispetto all’asse della chiocciola, queste cellule - circa 24000 e diposte su più file - sono i motori elettromeccanici che amplificano le oscillazioni della coclea. Contraendosi o dilatandosi esse fanno leva sull’organo di Corti così da generare forze capaci di neutralizzare la resistenza viscosa della partizione cocleare. In questo modo le oscillazioni elastiche della membrana basilare tendono a persistere, simile a ciò che succede alle corde di una chitarra elettrica. In certi casi la viscosità può essere addirittura sovraccompensata determinando l’innesco di oscillazioni spontanee: i famosi fischi all’orecchio (acufeni). Sono dunque queste cellule che 4 A. Covello: L’organo uditivo. formano il motore dell’amplificazione cocleare. Esse sono in contatto con terminazioni nervose che solo in minima parte trasmettono segnali al ganglio (connessione nervosa) acustico. Infatti il 95 % di queste fibre nervose portano segnali alle cellule ciliate esterne e hanno pertanto un ruolo di regolazione dell’amplificatore cocleare. La motilità delle cellule ciliate esterne è regolata dalle stereocilia: un fascio di tubicini rigidamente installati su uno zoccolo rigido posto alla sommità cellulare. Le stereocilia si trovano immerse nell’endolinfa, un fluido che, come già detto, possiede un potenziale elettrico di +80 millivolt rispetto a quello della perilinfa che circonda la parte inferiore della cellula. Sempre rispetto a questo, l’interno delle cellule possiede invece un potenziale negativo di -70 millivolt (questi potenziali elettrici cellulari sono dovuti al sodio e potassio delle mebrane cellulari). Pertanto, attraverso le stereocilia si forma una differenza di potenziale di circa 150 millivolt capace di generare correnti elettriche fino a 2-8 nanoampère appena le stereocilia vengano opportunamente sollecitate e quindi avviene la scarica con un moto di contrazione della cellula. Il meccanismo di scarica elettrica può essere così descritto: quando le stereocilia più alte si inclinano leggermente per effetto delle oscillazioni della membrana tectoria, il fascio stereocilare si apre a ventaglio, mettendo in tensione filamenti proteici che fanno aprire i canali stereociliari, piccole valvole poste sulle sommità stereociliare. L’apertura di questi canali determina l’ingresso di correnti elettriche sufficienti a depolarizzare la cellula di alcuni millivolt, causando la contrazione della cellula. Ogni cellula ciliata esterna trasmette la forza attraverso una cellula cuscinetto (cellula di Deiters) che, come un ammortizzatore, trasmette meglio alle frequenze più elevate rispetto a quelle più basse. Questo effetto è importante perché compensa la caduta di risposta alle alte frequenze dovuta alla capacità parassita della membrana cellulare in modo da equalizzare la risposta dell’amplificatore cocleare a tutte le frequenze di stimolazione. Riassumendo: Le cellule ciliate esterne percepiscono le vibrazioni della membrana basilare mediante i loro fasci di stereocilia. Il movimento di deflessione di questi tubicini rigidi, infissi sulla sommità cellulare e superiormente inseriti nella membrana tectoria, provoca la modulazione del potenziale elettrico della cellula, potenziale recettore, determinando i movimenti di contrazione. Le cellule ciliate interne, le cui stereocilia sono vicine alla membrana tectoria ma non in contatto con essa, percepiscono il moto oscillatorio del fluido trascinato dalla membrana tectoria. In questo caso le variazioni del potenziale cellulare provocano la stimolazione del nervo acustico. Ciò ci permette di percepire voci, fruscii, rumori, insomma il mondo dei suoni. Fascio di stereocilia di una cellula esterna di porcellino d’India Fotografia dei “Tip links” (legami interpuntali) che controllano l’apertura dei canali stereociliari (freccette lunghe) e i legamenti tra le stereocilia (freccette corte). In condizioni di stimolazione acustica ogni lieve oscillazione indotta dal campo di pressione provoca immediatamente una risposta motoria assai accentuata. Questo effetto di amplificazione ha luogo maggiormente per suoni di piccolissima intensità. Accade così che le lievissime vibrazioni dell’aria prodotte dalle ali di una zanzara vengano amplificate circa 1000 volte! Il meccanismo di amplificazione raggiunge il livello di saturazione, cioè la risposta motoria allo stimolo acustico risulta molto meno accentuata, proprio per intensità sonore normali, come quelle emesse da una voce umana alla distanza di alcuni metri. La sensibilità è tale che, in certe condizioni, specie per esposizione a suoni troppo forti, si possono causare seri deficit uditivi (vedi figura seguente). Oppure causare oscillazioni spontanee della membrana basilare, cioè quei vizi di funzionamento che sono noti come fischi all’orecchio o ronzii, a5 A. Covello: L’organo uditivo. cufeni (rivelabili da un microfono posto in prossimità dell’orecchio), che spesso recano solo un disturbo passeggero, ma che talvolta, assai più seriamente, possono affliggere una persona per l’intera vita. Stereocilia di una cellula ciliata esterna di porcellino d’india danneggiato da uno stimolo troppo intenso. Questo meccanismo della coclea sta alla base della sensibilità e selettività di frequenza del sistema uditivo di tutti i mammiferi. La struttura anatomica e i meccanismi fisiologici dell’apparato uditivo sono gli stessi, ma l’elasticità della membrana basilare può variare. Quella dei cani è più rigida e sottile e permette loro di percepire gli ultrasuoni. I pipistrelli hanno una membrana basilare più specializzata, che permette loro di ricevere gli echi delle loro grida ultrasonore: un vero e proprio “sonar”. Concludendo, la coclea effettua i seguenti processi: Equalizzazione dei livelli di stimolazione acustica. Un suono complesso è formato da molti toni che variano rapidamente di ampiezza e frequenza nel corso del tempo. La coclea fa in modo che due toni di intensità molto diverse producano stimoli di intensità quasi uguali sul nervo acustico. Così, ad esempio, quando l’orecchio raccoglie simultaneamente un tono di una certa frequenza e di grande intensità e uno di frequenza diversa e di intensità cento volte più debole, siamo in grado di percepirli entrambi perfettamente. Soppressione dei toni vicini meno intensi. Quando un tono di una certa intensità è affiancato da toni di frequenze un po’ diverse e intensità minori, anche di poche volte, questi ultimi vengono soppressi quasi completamente. Il fenomeno è dovuto al fatto che il picco dell’onda viaggiante generata dal tono più intenso manda localmente in saturazione l’amplificatore cocleare. In questo modo, il nervo acustico viene stimolato solo dal tono di maggiore ampiezza, che è quello che viene percepito. Questo effetto ha grande importanza nella soppressione del rumore che molto spesso fa da sfondo ai segnali. Accentuazione della risposta nell’attacco di un tono. Un tono che si accende improvvisamente produce inizialmente una risposta molto accentuata che si attenua rapidamente in 20 millisecondi. Questo effetto favorisce la percezione dell’istante d’inizio dello stimolo acustico. Caduta della risposta alla fine di un tono. Questo effetto è in un certo senso il reciproco del precedente. La cessazione improvvisa di un tono produce, per un tempo di circa 20 millisecondi, la soppressione della sensibilità uditiva per toni di frequenze vicine. Questo favorisce la percezione dell’istante di cessazione del tono. Tutte le proprietà ora elencate sono di grande importanza per la funzione uditiva umana, infatti esse sembrano progettate apposta per ottimizzare il riconoscimento del parlato. Tuttavia, nonostante il fatto che l’uomo usi l’informazione trasmessa dall’apparato uditivo in modo assai più complesso di ogni altra specie animale, la coclea umana non appare molto diversa da quella degli altri mammiferi. Ciò può suscitare sorpresa. In realtà, la necessità di individuare nel più breve tempo possibile la sorgente del segnale acustico, le sue caratteristiche e la sua natura, è di vitale importanza per ogni specie di mammiferi; non solo per poter distinguere l’amico dal nemico, ma anche per riconoscere, all’interno della propria specie, gli individui legati da un rapporto di parentela. Ciò che differenzia sostanzialmente la facoltà uditiva umana da quella degli altri mammiferi è l’uso che il cervello fa dell’informazione acustica prodotta dalla coclea (ammesso che lo faccia e lo faccia bene!). 6