RISCHIO DI CREDITO Introduzione Negli ultimi anni gli intermediari finanziari hanno sviluppato metodologie di risk management con l’obiettivo di identificare, misurare e controllare le varie tipologie di rischio a cui sono esposti. I rischi finanziari sono legati alle possibili perdite sui mercati finanziari dettate dall’andamento dei tassi di interesse o dalle situazioni di peggioramento del merito creditizio, fino ad arrivare allo stato di insolvenza. La funzione degli intermediari finanziari è quella di gestire attivamente i rischi finanziari con l’obiettivo di assumerli, coprirli o intermediarli. Tra le diverse tipologie di rischio finanziario che necessitano un continuo monitoraggio, possiamo includere: a) Il rischio di mercato; b) il rischio di credito. Nella sua accezione più ampia il rischio di mercato è riconducibile ad una fluttuazione di prezzo. In particolare quando si parla di rischio di mercato ci si riferisce al rischio che il valore di mercato degli strumenti in portafoglio si riduca a causa di variazioni delle condizioni di mercato (prezzi azionari, tassi di interesse, tassi di cambio, volatilità). Tra le diverse tipologie di rischio finanziario che necessitano un continuo monitoraggio, particolare attenzione merita il rischio di credito la cui gestione è diventata, negli ultimi anni di crisi, di importanza fondamentale. Obiettivo di questo lavoro è l’analisi del rischio di credito, focalizzando l’attenzione sulle cause che lo determinano, sui metodi di misurazione più utilizzati e sui credit derivatives. I contratti derivati di credito negli ultimi anni hanno avuto un elevatissimo sviluppo quali strumenti di gestione e mitigazione del rischio di credito1. Il rischio di credito può essere 1 L’utilizzo improprio dei credit derivatives, in particolare dei CDS, è considerato tra le cause della crisi finanziaria. Pagina 1 definito come l'eventualità che una delle parti di un contratto non onori gli obblighi di natura finanziaria assunti, causando una perdita per la controparte; esso si configura con il parziale o il mancato pagamento dei flussi di cassa, riferiti al rimborso degli interessi e/o del capitale. L’evento creditizio si manifesta quando si modificano le condizioni di partenza della capacità di rimborso della controparte. Tale situazione si verifica in prima istanza con un cambiamento del merito creditizio (downgrading), che comporterà una variazione di prezzo del sottostante indipendente dalle oscillazioni dei tassi di mercato, oppure con la manifestazione dell’insolvenza che provoca una caduta significativa del prezzo e la presenza di gravi difficoltà nel rimborso del capitale. Le obbligazioni e i prestiti sono esposti al rischio di credito e gli effetti negativi si ripercuotono su banche, intermediari finanziari e sugli acquirenti di titoli obbligazionari. Chi ha sottoscritto un’obbligazione è soggetto al rischio dovuto all’eventualità che l’emittente non sia in grado di ripagare il debito contratto, né di corrispondere gli interessi maturati. Nel caso delle obbligazioni, una misura del rischio di credito è costituita dal rating assegnato all’emittente e ai titoli dalle agenzie di valutazione del debito. Il rating è sintetizzato da un apposito indice alfanumerico emesso da agenzie specializzate nella valutazione dei meriti creditizi. La conoscenza dell’indice è essenziale per valutare se un dato titolo ha un livello di rischio in linea con gli obiettivi di investimento prefissati e per stabilire il prezzo d’acquisto; il peggioramento del rating di un titolo comporta una diminuzione del prezzo di mercato. Nel fornire il proprio giudizio, le agenzie di rating si basano su un’analisi della situazione finanziaria della società da valutare (financial profile), sull’analisi del settore di appartenenza della società e sul posizionamento di questa all’interno del settore (business profile). I derivati creditizi sono contratti che trasferiscono il rischio di credito alla controparte. Ciò consente di creare forme di prestiti o di investimenti sintetici sulla base del ruolo che viene Pagina 2 svolto dai compratori e dai venditori di protezione2. In sostanza i credit derivatives permettono ad una parte (acquirente di protezione o originator) di trasferire, dietro pagamento di un premio, il rischio di credito riferito ad un attività sottostante, ad una controparte (venditore di protezione) che si impegna ad effettuare un pagamento al protection buyer in caso di verifica del credit event ossia quando, in larga approssimazione, il soggetto emittente l’attività sottostante risulti inadempiente. Le banche rivestono un ruolo predominante sia nella veste di venditrici di protezione che di compratrici di protezione. Altri operatori sono società di assicurazione, fondi, società industriali e commerciali. Da un punto di vista operativo i credit derivatives più diffusi sono:3 1. credit default swap; 2. total rate of return swap; 3. credit linked note. In particolare il contratto di credit default swap rappresenta la tipologia più semplice e contestualmente più utilizzata sui mercati finanziari negli ultimi anni. 1. Rischio di credito Il rischio di credito ha origine dalla potenziale variazione del merito creditizio di una controparte che si concretizza in una diminuzione di valore della posizione. Possiamo individuare due componenti principali: il rischio di default (default risk) e il rischio di deterioramento del merito creditizio (credit spread risk). Il verificarsi dell’evento default determina una perdita immediata del valore della posizione. Tale perdita può essere totale o parziale in funzione della circostanza che siano o meno previste delle garanzie collaterali o un tasso di recupero (recovery rate). Il verificarsi di un deterioramento del merito 2 Il derivato creditizio consente al possessore dell’asset di separare il prestito o l’obbligazione dal rischio di default o di downgrading in cambio del pagamento di un premio. 3 Fattispecie contrattuali meno utilizzate sono: credit default option, credit spread option, credit spread swap e opzione su asset swap. Pagina 3 creditizio della controparte agisce invece in modo diverso sul valore della posizione a seconda che questa sia o meno marked-to-market. Nel primo caso il downgrade determina una perdita immediata registrata sotto forma di diminuzione del valore della posizione, nel secondo caso il valore contabile della posizione rimane invariato e la perdita si realizza solo nel momento in cui avviene il default. Il rischio di credito, essendo una componente di tutte le attività di prestito, influenza le scelte di finanziamento delle banche, degli intermediari finanziari e di chi acquista titoli obbligazionari. In particolare la gestione bancaria si cautela da tale pericolo attraverso una valutazione della solvibilità e dell’affidabilità di chi richiede un prestito, concedendo prestiti assistiti da garanzie e costituendo fondi di recupero crediti. Gli obbligazionisti sono soggetti al rischio dovuto all’eventualità che l’emittente non sia in grado di ripagare il debito contratto (rimborso) né di corrispondere gli interessi maturati. Le obbligazioni di società ritenute più rischiose dal punto di vista della solvibilità e, quindi, con rating basso, sono quelle che offrono maggiori rendimenti in quanto gli investitori sono disposti ad assumersi un rischio elevato solo in cambio di una adeguata remunerazione. Il rischio di credito è un rischio asimmetrico: l’operatore può solo subire una variazione in diminuzione del risultato economico rispetto a quello atteso. Il rischio assume in questo caso una caratterizzazione solo negativa. 2. Rischio di credito nelle operazioni con paesi esteri La globalizzazione dei mercati finanziari ha ampliato gli orizzonti degli investitori verso nuovi e più distanti mercati, sottoponendo gli stessi ai rischi e alle instabilità di realtà economiche, in molti casi in via di sviluppo. Esiste quindi la necessità di definire, misurare quantitativamente e gestire il rischio paese. In generale il rischio paese è legato alla possibilità che in uno Stato straniero avvenga un qualche evento che influenzi negativamente la volontà o la capacità dei debitori privati o pubblici in quel paese di ripagare, alle scadenze prefissate, i propri debiti internazionali. Tra le definizioni più Pagina 4 puntuali di rischio paese vi è quella di Meldrum (2000), che scompone il rischio paese in sei elementi che influenzano il rendimento atteso di un investimento: rischio sovrano, politico, economico, di trasferimento, di cambio, di posizione. Il rischio sovrano riguarda la capacità (o la volontà) del debitore sovrano di onorare i propri impegni di pagamento; il rischio politico si riferisce agli eventi di natura non economica derivanti da conflitti, mutamenti istituzionali e atti unilaterali dei governi; il rischio economico include i fattori che influiscono sui tassi crescita, quali la coerenza degli obiettivi di politica economica, il grado di apertura dell’economia, l’andamento delle ragioni di scambio del paese. Il rischio di trasferimento deriva da eventuali decisioni delle autorità di adottare restrizioni sui movimenti di capitali e sul rimpatrio di dividendi e profitti; Il rischio di cambio scaturisce da fluttuazioni inaspettate dei tassi di cambio oppure dalla transizione da un regime a un altro ed è legato al rischio di trasferimento in quanto in parte influenzato dagli stessi fattori. Il rischio di posizione concerne gli effetti di contagio che possono provenire da paesi vicini oppure da paesi che sono considerati simili in quanto a caratteristiche e vulnerabilità politiche o economiche. Più schematicamente, il margine di rischio associabile ad una qualsiasi attività economica nei diversi paesi è influenzato non solo dalle caratteristiche del progetto sottostante ma anche dal contesto in cui esso deve essere realizzato. L’incertezza alla quale l’investitore è esposto è il risultato di una combinazione di più elementi: stabilità del regime di governo, sviluppo economico, distribuzione del reddito, debito estero, apertura dei mercati finanziari, commercio estero sono fattori che determinano l’affidabilità di uno Stato che emette titoli pubblici e, in via indiretta, la credibilità degli emittenti titoli privati che operano nel Paese. Le categorie di rischio determinate in sede OCSE4 misurano la probabilità che un determinato paese non onori il servizio del debito nel medio-lungo termine. Esprimono quindi una misura della probabilità di default del sovrano. I paesi sono suddivisi in otto categorie (0-7): la categoria “zero” rappresenta un rischio trascurabile. 4 La metodologia OCSE risulta differente dagli schemi utilizzati dalle agenzie di rating internazionale. Pagina 5 All’aumentare delle categorie, il rischio diviene più significativo fino ad arrivare alla categoria “sette” che rappresenta il rischio massimo. L’importanza delle categorie risiede nel fatto che ad esse è legato il Minimum Premium Rate (MPR), ovvero il premio minimo che le ECA5 sono tenute ad applicare per il rischio sovrano a MLT. La classificazione comune e i premi minimi sono stati fissati dai partecipanti all’accordo Consensus 6. I MPR non si applicano né alle operazioni a breve termine né ai paesi di categoria “zero”, in quanto per questo tipo di transazioni è presente un’ampia scelta di strumenti di finanziamento alternativi che assicurano la concorrenza. La metodologia adottata in ambito OCSE prevede l’esame di tutti i paesi almeno una volta l’anno, con revisioni trimestrali secondo l’area geografica di appartenenza. I paesi OCSE ad alto reddito (in base alla classificazione della Banca Mondiale) e i paesi che aderiscono all’area euro sono classificati automaticamente in categoria zero e sono esclusi dal procedimento7. 3. Rischio di credito dei corporate bonds Esistono diverse tipologie di emittenti ciascuna caratterizzata da un diverso livello di affidabilità e quindi da un diverso grado di rischio di credito. I corporate bonds sono titoli di debito emessi da società private operanti in diversi settori economici e con diverso grado di solvibilità. Rispetto ai titoli governativi i corporate bond offrono all’investitore un extra – rendimento (credit spread) per compensarlo dei rischi addizionali che egli assume all’acquisto. Si parla di un premio per la minore liquidità e la minore qualità del credito che i corporate bonds pagano relativamente ai titoli governativi. Il credit spread è la componente che genera l'extra reddito (credit return) che dovrebbe compensare l'investitore per i rischi 5 Export Credit Agencies. Accordo che regola le attività di credito all’esportazione; la necessità di contenere il deterioramento delle condizioni di credito, conseguenti alla concorrenza sempre più aspra nella concessione di agevolazioni finanziarie alle proprie esportazioni, portò i maggiori Paesi industrializzati dell'occidente a concludere, nel 1978, un accordo informale (Gentlemen's Agreement) sulle Linee Direttrici in Materia di Credito all'Esportazione, meglio noto con il nome di “Consensus”. 7 Per ulteriori approfondimenti circa l’articolazione del processo di classificazione si faccia riferimento al documento SACE “L’ANALISI DEL RISCHIO PAESE - L’APPROCCIO DI SACE”. 6 Pagina 6 legati allo specifico credito posseduto. Le determinanti del credit return lungo un dato periodo possono così essere distinte: 1) livello dello spread; 2) guadagno o perdita in conto capitale derivante da variazioni che lo spread subisce lungo un ciclo economico; 3) eventi creditizi quali upgrades/ downgrades o defaults. Nella valutazione di un investimento in un singolo titolo corporate è fondamentale giudicare la capacità dell'azienda di generare flussi di cassa sufficienti per ripagare interessi e valore nominale del debito. 4. Il rating e la sua funzione Il rating è la valutazione del profilo di rischio riferita ad una controparte o ad un’operazione; si esprime in maniera sintetica attraverso un simbolo accompagnato da un’analisi che ne spiega le “motivazioni” sottostanti. In virtù della sua estrema sinteticità, consente all’investitore di evitare i costi per l’analisi del rischio e di giungere tempestivamente alle scelte di investimento. Uno stesso emittente può rivolgersi a più agenzie al fine di ottenere un giudizio complessivo sulla sua qualità di debitore; la presenza di giudizi diversi accresce per gli investitori l’affidabilità delle valutazioni emesse. Il rating emesso dalle agenzie specializzate viene anche definito rating esterno per differenziarlo dal rating interno. Quest’ultimo viene elaborato dalle istituzioni finanziarie che intrattengono rapporti di credito o di advisoring con l’impresa prendendo in considerazione le tradizionali stime RAROC8 che quantificano la perdita attesa sul capitale mutuato o viceversa il tasso di ritorno sul capitale investito. La sostanziale differenza tra queste due tipologie di rating sta 8 Misura di performance calcolata come rapporto fra il rendimento atteso di un’attività aggiustato per i rischi e l’ammontare di capitale impiegato o richiesto per il suo finanziamento. Con il Raroc, valutando il tasso di ritorno di una certa attività aggiustato per la sua rischiosità, si può allocare il capitale considerando un suo costo più elevato per i business che comportano un rischio maggiore. Risulta, in tal modo, anche, possibile stabilire se una determinata attività presenti delle prospettive di redditività, corrette per il rischio, coerenti con il ROE obiettivo (v) predefinito. RAROC (Risk Adjusted Return/Capital). Pagina 7 nel fatto che, nel primo caso, le agenzie di rating producono valutazioni pubbliche basate su informazioni ufficiali, senza intraprendere rapporti privilegiati di clientela con il richiedente; di conseguenza la credibilità dei rating esterni deriva dalla reputazione che le agenzie vantano sul mercato; nel caso del rating interno invece l’istituzione finanziaria sottoscrittrice o advisor dell’emittente emette un giudizio interno basato su informazioni che derivano dal rapporto di clientela con l’emittente, assumendo anche possibili informazioni privilegiate, e quindi la credibilità del rating interno si basa sulla trasparenza del rapporto di clientela con l’emittente valutato e sulla misura in cui queste informazioni influiscono sul rating. 5. Criteri fondamentali di analisi Per esprimere un giudizio sulla capacità dell’emittente di soddisfare gli impegni finanziari presi nei tempi concordati, le agenzie di rating seguono due metodologie di analisi: a) analisi quantitativa; b) analisi qualitativa. L’analisi quantitativa è focalizzata sull’analisi di bilancio e in particolare sull’analisi dei flussi di cassa e della liquidità, con l’obiettivo di valutare la capacità dell’emittente di generare un ammontare di risorse in grado di soddisfare il pagamento del debito attraverso la sua gestione caratteristica. L’analisi di bilancio non è quindi solo volta a sintetizzare la gestione passata dell’impresa, ma soprattutto a formulare ipotesi sul suo sviluppo futuro. In particolare, la possibilità di rilevare tempestivamente l’insorgere di squilibri, prevedendo situazioni di crisi prima della loro manifestazione, è di grande importanza per i creditori in quanto rende possibile l’assunzione di efficaci misure cautelative prima che la situazione sia completamente deteriorata. Circa l’efficacia dei singoli indici di bilancio, sebbene in alcuni lavori si sia cercato di individuare gli indici da utilizzare sulla base di uno schema logico completo e coerente, la teoria non ha definito in maniera univoca uno schema all’interno del quale identificare i ratios che permettono di massimizzare l’efficacia dell’analisi. La Pagina 8 scelta, tra i numerosi indici di bilancio utilizzabili, è quindi essenzialmente empirica: dovrebbe cioè tener conto della loro efficacia nel diagnosticare tempestivamente l’esistenza della crisi. Gli indici di bilancio possono essere suddivisi in cinque categorie: 1) indici di redditività netta e cash flow; 2) indici di redditività operativa; 3) indici di efficienza; 4) indici di struttura finanziaria; 5) indici di liquidità. Per ragioni di semplicità e sintesi il numero di indici da utilizzare a fini descrittivi viene ridotto mediante la factor analysis, una tecnica statistica in grado di individuare gli indicatori più importanti nello spiegare la variabilità complessiva dei dati. In particolare sono stati individuati venti indicatori in grado di spiegare l’82% della varianza complessiva, riportati nella tabella seguente: Pagina 9 Indici di bilancio selezionati mediante la factor analysis. Indici di bilancio Categoria ROE 1 Cash flow/Capitale finanziario 1 MOL/Vendite 2 MOL/Oneri finanziari 2 Reddito operativo/MOL 2 Incidenza del costo del lavoro (costo lav./prod. ottenuta) 2 Vendite/Capitale inv. 3 CCN/Vendite 3 Rotazione del magazzino (Vendite/Mag.) 3 % di Ammortamento (F. Amm./Imm. Tecniche lorde) 3 Quota annua % di Amm. (Amm./Imm. Tecniche lorde) 3 Variazione % dei ricavi 3 Debiti totali/Vendite 4 Fornitori/Acquisti 4 Capitale netto/Capitale inv. 4 Oneri finanziari/Debiti finanziari 4 Debiti a M/L/Passività correnti 4 (Crediti a breve + liquidità)/Pass. Corr. 5 Liquidità immediata (liquidità/Pass. Corr.) 5 Capitale netto/Imm. Tecniche nette 5 L’analisi qualitativa si focalizza sullo studio dell’ambiente nel quale l’emittente opera. Viene svolta attraverso un’analisi di settore e un’analisi dell’impresa (struttura di controllo Pagina 10 e organizzativa dell’azienda, posizione competitiva espressa in termini di quota di mercato). L’analisi settoriale prende in considerazione le dinamiche competitive in atto nel settore industriale in cui opera l’impresa e le sue prevedibili evoluzioni, per valutare il profilo di rischio specifico del settore. Gli elementi considerati comprendono: a) le prospettive di crescita, stabilità o declino della domanda; b) la dipendenza del fatturato e dei margini dei cicli economici dalle evoluzioni tecnologiche, dai prezzi delle materie prime o da variazioni dei tassi di cambio; c) l’intensità del capitale impiegato e il prevedibile fabbisogno futuro di fondi; d) il quadro legislativo e regolamentare nazionale e internazionale; e) la natura e l’intensità della concorrenza, nazionale e internazionale. Riguardo la posizione competitiva, l’analisi mira ad identificare i punti di forza e debolezza dell’impresa nel suo settore. Gli elementi considerati sono: a) le quote di mercato: viene analizzata la struttura dei mercati di sbocco e la loro stabilità, in funzione della esistenza, per esempio, di una rete di distribuzione concentrata e efficiente, e/o prodotti competitivi e innovativi, di contratti a lungo termine, del grado di penetrazione delle aziende concorrenti nei principali mercati di riferimento; b) l’efficienza operativa: l’analisi del reddito operativo, del grado di concentrazione del core business e della struttura dei costi sono utilizzati per valutare la resistenza di una impresa in situazioni congiunturali difficili e la sua abilità a sviluppare nuovi prodotti senza destabilizzare strutturalmente la capacità di generare reddito; c) la dimensione: le variabili considerate comprendono la capacità di conseguire economie di scala, disporre di una rete di distribuzione efficiente e avere una opportuna diversificazione geografica dei mercati; d) la diversificazione: viene considerato il grado di diversificazione geografica o settoriale dell’impresa che può rilevarsi un elemento positivo ove ne diminuisce la vulnerabilità; e) la strategia e la qualità del management: si considera il grado di aggressività del management e la sua rilevanza ai fini della configurazione strategica e finanziaria dell’impresa nel medio termine. Pagina 11 6. Agenzie e scale di rating Attualmente le principali agenzie internazionali di rating presenti sul mercato sono Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch. Il rating emesso si ripartisce in due principali categorie: investment grade e speculative grade. Si parla di strumento finanziario investment grade quando le sue caratteristiche sono tali da consigliarne l’acquisizione a Pagina 12 scopo di investimento non speculativo; qualora invece le caratteristiche dello strumento finanziario siano tali da consigliarne l’acquisizione a scopo esclusivamente o prevalentemente speculativo, si parla di speculative grade. Il rating accompagna una emissione fino alla scadenza; tuttavia il suo valore può subire modifiche nel corso del tempo in quanto le agenzie controllano continuamente la corrispondenza del giudizio assegnato alle evoluzioni del ciclo economico, del business e delle scelte strategiche e di indebitamento della società. Quando le agenzie di rating valutano se modificare il proprio giudizio di rating, in primo luogo pongono le società sotto osservazione e rendono pubblica la notizia. Nel rendere pubblica questa informazione dichiarano anche l’attesa di revisione del rating. La modifica del giudizio influisce sulla commerciabilità del titolo e sulla reputazione dell’emittente, rendendo il processo di monitoring fondamentale nell’assegnazione del rating9. 9 Più in dettaglio gli "stati di allerta" delle agenzie nell'aggiornamento dei rating sono indicati nel modo seguente: il credit watch si riferisce ad un evento che può implicare una variazione del rating. Il rating può apparire in credit watch quando è atteso o si è verificato un evento che richiede informazioni addizionali per giungere ad un rating action. Il credit watch può essere "positive" (il rating può salire), o "negative" (il rating può scendere). Il movimento può essere anche di diversi "notch". Un credit watch in "developing" sta ad indicare che la situazione nuova non è chiara e che il movimento potrebbe essere positivo o negativo, in funzione delle nuove informazioni. Il credit outlook indica invece il rating al verificarsi dello scenario alternativo. In questo caso non è specificato alcun orizzonte temporale entro il quale la revisione di rating verrà effettuata. Gli outlooks hanno un orizzonte temporale più lungo dei credit watch, e incorporano trend o rischi le cui implicazioni per la qualità del credito sono più incerte. L'outlook può essere "positive", "negative” o "stable". Pagina 13 Pagina 14 Pagina 15 7. Agenzie di rating e crisi finanziaria Le valutazioni sull’operato di tali agenzie rappresentano oggi, alla luce della recente crisi dei mercati finanziari, uno dei “temi caldi” del dibattito economico, con riferimento al ruolo occupato e alle responsabilità delle società in questione. Nell’ultimo periodo l’impiego dei sistemi di rating interno è notevolmente aumentato, a causa della crescente sfiducia nei giudizi delle agenzie. Le agenzie hanno contribuito alla crisi assegnando rating troppo alti alle obbligazioni garantite da mutui subprime10. Inoltre non hanno saputo adeguare tempestivamente i loro giudizi al peggioramento delle condizioni del mercato né adattare per tempo i rating dopo l'aggravarsi della crisi. Le principali cause di tale situazione possono essere sintetizzate nell’utilizzo di modelli statistici non adeguati, nella elevata complessità delle obbligazioni strutturate e nei conflitti di interesse tra agenzia ed emittente11. 10 Le CRA hanno fornito prestazioni peggiori quando hanno assegnato rating a prodotti strutturati innovativi piuttosto che ai prodotti tradizionali. 11 Nel caso di investimenti finanziari strutturati, è stato rilevato che la prassi di verificare continuativamente il rating potenziale nel corso della strutturazione dei prodotti ha dato luogo, in sostanza, a forme mascherate di consulenza, con conseguente compromissione dell’indipendenza di giudizio delle agenzie, le quali sembrano aver rinunciato, in varie occasioni, a una rigorosa applicazione dei propri modelli di valutazione concedendo giudizi migliori di quelli che tali modelli avrebbero prodotto. Pagina 16 FONTE: Barolini Andrea, 2009, Standard & Co., le grandi declassate. Pagina 17 Nel 2001, il sistema finanziario USA fu colpito dal crack del colosso dell’energia Enron; fino a pochi giorni prima, il rating dell’azienda era molto positivo. Nel 2003 in ltalia alle obbligazioni Parmalat fu assegnata una valutazione corrispondente ad un investimento “non speculativo”. Il 6 settembre del 2008, negli Stati Uniti, le due società specializzate nell’erogazione dei mutui, Fannie Mae e Freddie Mac, furono soggette ad un intervento pubblico di circa 200 miliardi al fine di evitare il fallimento; la valutazione dei due colossi dei mutui era “tripla A”. Pochi giorni dopo, Lehman Brothers, dichiarò bancarotta con rating medio, pre-chapter11, pari ad A. II 17 novembre 2009 sulla Gazzetta ufficiale è stato pubblicato il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle agenzie di rating del credito12, al fine di migliorare l'integrità, la trasparenza, la responsabilità, la buona governance e l'affidabilità delle attività di rating del credito. In particolare il regolamento ha introdotto miglioramenti in materia di requisiti organizzativi, controlli e conflitti di interesse e sancito obblighi riguardo alla comunicazione e alla trasparenza13. Sono state previste misure di prevenzione dei conflitti d’interesse, tra cui: 12 REGOLAMENTO (CE) N. 1060/2009. Agli Stati membri sono stati concessi sei mesi di tempo per adottare le necessarie misure volte ad attuarlo, ad eccezione delle disposizioni per il ricorso a rating di agenzie non comunitarie che si applicheranno dopo diciotto mesi. Tre anni dopo, la Commissione dovrà valutare l'efficacia del regolamento. 13 Molto si discute sulla qualità dei rating: la struttura molto concentrata del mercato dominato da tre grandi agenzie operanti su scala globale, i conflitti di interesse insiti nel pagamento dei rating da parte degli emittenti gli strumenti (modello “issuer-pays”), che potrebbero essere eliminati con il pagamento dei rating da parte degli investitori (modello “subscriber-pays”) o, addirittura, con un intervento pubblico (modello “governmentpays”). Un cambiamento di filosofia nella regolamentazione del rating si è avuto con la recente legge DoddFrank, che ha riformato il sistema finanziario USA. La legge prevede, infatti, la progressiva eliminazione di tutti i riferimenti ai rating nelle regolamentazioni delle agenzie di vigilanza. In attuazione di questo principio, la SEC ha recentemente eliminato l’esenzione che consentiva alle società quotate di comunicare informazioni privilegiate alle agenzie di rating; inoltre, ha imposto alle NRSRO (Nationally Recognized Statistical Rating Organizations) di dotarsi di un consiglio di amministrazione, composto almeno per metà da amministratori indipendenti, chiamato a vigilare sulle politiche di gestione dei conflitti d’interesse ed a controllare la correttezza delle procedure di definizione delle valutazioni rilasciate dall’agenzia e l’efficacia dei controlli interni (Sec. 932). Pagina 18 l’obbligo di avere almeno un terzo di amministratori indipendenti con la funzione di controllare lo sviluppo delle politiche di rating, i controlli interni e le procedure per la gestione dei conflitti d’interesse; il divieto di fornire servizi di consulenza o raccomandazioni alle entità oggetto di rating; il divieto per i dipendenti di acquistare strumenti finanziari emessi o garantiti da entità oggetto di rating; il divieto di anticipare il probabile esito futuro del rating se non all’entità valutata; le agenzie saranno tenute ad adottare misure di trasparenza sui conflitti di interesse, tra cui la pubblicazione dei nomi delle entità valutate da cui derivi più del 5% del fatturato annuo; dovranno essere comunicati al pubblico alcuni elementi dei metodi e dei modelli di valutazione adottati; si stabilisce che un’agenzia di rating non possa rifiutarsi di emettere un giudizio su uno strumento finanziario derivato solo perché uno strumento sottostante è stato oggetto di valutazione da parte di un’altra agenzia; le agenzie di rating sono tenute a riesaminare periodicamente (almeno una volta l’anno) i giudizi emessi e le metodologie utilizzate; sono vietate comunicazioni selettive dei rating; le agenzie sono tenute a rispettare criteri di correttezza nella presentazione dei giudizi, tra cui: indicare le fonti delle informazioni ottenute e delle metodologie impiegate; segnalare eventuali limitazioni nelle informazioni che sono alla base del rating e, in caso di assenza di dati affidabili o di eccessiva complessità degli strumenti finanziari, rinunciare al rilascio del giudizio; fornire un’analisi di sensitività dei rating emessi; comunicare il giudizio formulato, almeno dodici ore Pagina 19 prima della pubblicazione, all’emittente, in modo che questi possa indicare eventuali errori materiali; devono essere rispettati alcuni requisiti di informazione periodica al pubblico, tra cui l’obbligo di comunicare: i dati storici dei default relativi a ciascuna categoria di rating; le politiche di remunerazione adottate dall’agenzia; i conflitti di interesse rilevati; gli assetti proprietari; il sistema di controllo interno; sono previsti obblighi di informazione periodica al CESR, tra cui quello di comunicare i dati sulla frequenza di transizione tra le classi di rating; è stata rafforzata la supervisione da parte delle autorità nazionali, ora dotate del potere di adottare specifiche misure di vigilanza. Tra queste, la revoca della registrazione, il divieto temporaneo all’emissione di rating, la sospensione dell’uso dei rating a fini regolamentari. In considerazione del fatto che l’attività svolta da un’agenzia di rating del credito nell’Unione europea ha riflessi su tutti i mercati dell’UE, si prevede un coordinamento europeo per la registrazione e la vigilanza delle agenzie. Il regolamento si applica ai rating emessi dalle agenzie di rating del credito registrate nella Comunità che sono comunicati al pubblico o distribuiti previo abbonamento. Per garantire un livello elevato di fiducia degli investitori e dei consumatori, il regolamento ha imposto infatti alle agenzie che emettono rating nella Comunità un obbligo di registrazione14. Questo è «il principale requisito» affinché tali agenzie possano operare nella Comunità e il provvedimento fissa le condizioni armonizzate e la procedura per la concessione, la sospensione e la revoca di tale 14 L’esperienza degli USA a riguardo è significativa. Il sistema della registrazione era stato introdotto negli anni settanta ed è stato riformato con il Credit Rating Agency Reform Act del 2006. Le norme del 2006 prevedono criteri più puntuali per l’ammissione all’albo e, soprattutto, l’obbligo di adottare politiche per la gestione dei conflitti d’interesse. Sono inoltre proibiti alcuni comportamenti che potrebbero compromettere l’indipendenza del giudizio delle agenzie. Ad esempio, queste ultime non possono condizionare l’emissione di un rating al preventivo acquisto di altri servizi da parte dell’emittente o di soggetti collegati. Nel 2009 la SEC ha inteso rafforzare la competizione tra le agenzie prevedendo che l’emittente di prodotti strutturati metta a disposizione delle agenzie di rating, diverse da quella che ha valutato i titoli all’emissione, le informazioni necessarie affinché queste possano attribuire un rating (non sollecitato dall’emittente) al prodotto. Pagina 20 registrazione. Inoltre, la registrazione di un’agenzia di rating del credito acquisisce efficacia in tutta la Comunità in seguito all'entrata in vigore della decisione di registrazione adottata dall’autorità competente dello Stato membro d’origine. Il regolamento prevede l’introduzione di un unico punto di entrata per la presentazione delle domande di registrazione. Il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR) avrà il compito di ricevere le domande di registrazione ed informare effettivamente le autorità competenti in tutti gli Stati membri. Per rendere possibile una vigilanza efficace delle loro attività nella Comunità e un utilizzo efficace del sistema di omologazione e di equivalenza, le agenzie di rating del credito con sede extra-UE dovranno essere tenute a costituire una controllata nella Comunità. Il regolamento impone loro di rispettare i requisiti generali per l'integrità del lavoro svolto e prevedere una politica adeguata in materia di conflitto di interesse nonché la rotazione degli analisti e la comunicazione periodica e continua. Gli Stati membri dovranno fissare norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del regolamento e garantirne l’attuazione. Tali sanzioni, amministrative e penali, dovranno essere «effettive, proporzionate e dissuasive e riguardare quanto meno i casi di grave scorrettezza professionale e omissione di diligenza dovuta». Il CESR dovrebbe definire orientamenti sulla convergenza delle prassi inerenti a siffatte sanzioni15. 15 È attualmente in discussione la proposta della Commissione Europea di un regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio di modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito. La maggiore innovazione riguarda la decisione di centralizzare in capo alla costituenda ESMA (Autorità Europea di vigilanza sui mercati mobiliari) i poteri di autorizzazione allo svolgimento dell’attività, nonché la vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva sulle agenzie operanti nell’UE. Inoltre la proposta prevede, al fine di aumentare la competizione tra le agenzie di rating, l’obbligo per gli emittenti di strumenti finanziari strutturati di disporre di un sito internet protetto da password sul quale fornire all’agenzia incaricata le informazioni necessarie per determinare o monitorare il rating degli strumenti. Tali informazioni dovrebbero essere fornite ad agenzie concorrenti che le richiedano al fine di pubblicare i propri rating (per almeno il 10% degli strumenti “visionati”). Pagina 21 8. Impatto della crisi finanziaria sulla qualità del credito Circa il rischio sovrano, il peggioramento dei conti pubblici in diversi paesi dell’area dell’euro ha comportato un significativo aumento dei premi per il rischio sui titoli pubblici e delle quotazioni dei credit default swap, a partire dal primo trimestre del 2010. L’attività di trading sui Cds è aumentata, anche se l’entità del rischio effettivamente trasferito tramite il mercato dei Cds è rimasta contenuta16. L’aumento delle quotazioni dei Cds è stato più intenso per il debito di Grecia, Irlanda e Portogallo, paesi che hanno subito un forte e brusco deterioramento dei conti pubblici nel 2009. Da dicembre 2009 ad aprile 2010, la Grecia ha subito ripetuti downgrading che hanno determinato un significativo aumento dei premi al rischio sui titoli di Stato, rendendo più complesso il rifinanziamento del debito in scadenza. L’Irlanda, oltre a subire in modo più accentuato rispetto agli altri paesi europei gli effetti della crisi del mercato immobiliare, ha evidenziato un forte deterioramento dei conti pubblici a causa di politiche economiche espansive e di una congiuntura economica fortemente negativa (il Pil è diminuito del 10 per cento circa nel 2009)17. Il Portogallo, infine, ha sperimentato un forte aumento del debito pubblico in una situazione in cui si sono significativamente indebolite le sue prospettive di crescita. Fra gennaio e aprile 2010 il suo rating è stato rivisto al ribasso sia da parte di S&P (da A+ a A-) sia da parte di Fitch (da AA a AA-). Il 23 dicembre il merito di credito del Portogallo è stato nuovamente abbassato dall’agenzia Fitch a causa di incertezze circa gli effetti dell'ipotesi di modifica del trattato Ue.18 16 Il valore nozionale netto, calcolato tenendo conto delle compensazioni (netting) delle posizioni di segno contrario, è di circa 10 volte più basso rispetto al valore nozionale lordo e costituisce una percentuale ridotta dello stock complessivo del debito pubblico. 17 In data 28 novembre 2010 il vertice straordinario dell’Ecofin ha approvato il piano di aiuti che consentirà all'Irlanda di ricevere in tre anni 85 miliardi di euro, da restituire ad un tasso d'interesse nell'ordine del 6%, di cui 35 per salvare le banche e 50 per le casse dello Stato. 18 Secondo i dati Bri, le banche americane ed europee da oltre un anno hanno ridotto l’esposizione verso la Grecia del 43%, del 23% verso l’Irlanda, del 21% verso la Spagna e dell’11% verso il Portogallo, per un totale complessivo di titoli di stato dei paesi PIGS pari a circa 500 miliardi di dollari, accumulando titoli di stato dei propri paesi e tagliando il credito agli altri Stati. Pagina 22 Fonte: Relazione Consob anno 2009. Pagina 23 Fonte: Relazione Consob anno 2009. Il mercato inoltre ha reagito in modo negativo alla proposta avanzata dalla Germania di rivedere a partire dal 2013 il meccanismo anticrisi varato a maggio in modo da far ricadere il costo del salvataggio degli Stati anche sugli “investitori privati”19. Gli operatori hanno 19 Il vertice UE del 29 ottobre ha deciso, su pressioni della Germania, di negoziare la creazione di un fondo permanente anti-crisi per l’area euro, nel quale coinvolgere non solo i contribuenti ma anche i privati e le banche che detengono titoli di Stato, in uno scenario di insolvenza e ristrutturazione del debito di un paese membro. Pagina 24 reagito vendendo i titoli di Stato esistenti, facendo lievitare il differenziale di rendimento dei decennali nei confronti del bund tedesco. La diffusione del comunicato, diramato al termine del G-20 di Seul dai Ministri delle Finanze di Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Spagna20ha provocato una netta inversione di tendenza sui mercati facendo scendere gli spread: “Vogliamo chiarire che, qualunque sarà il dibattito in seno all’area euro sul futuro meccanismo di risoluzione permanente delle crisi e sul possibile coinvolgimento in esso del settore privato, questo non si applicherà a nessun debito esistente né a nessun programma previsto dagli strumenti attuali. Qualsiasi nuovo meccanismo entrerà in vigore soltanto dopo l’estate 2013 e non avrà alcun impatto sugli accordi attuali”; il fondo anticrisi attuale “non prevede il coinvolgimento del settore privato” e “il ruolo del settore privato nel futuro meccanismo potrebbe includere una gamma di diverse possibilità come un impegno volontario degli investitori istituzionali a mantenere le esposizioni, quello dei creditori privati a rinnovare il debito esistente oppure l’inclusione di clausole di azione collettiva nelle future emissioni di obbligazioni da parte dei paesi membri dell’area euro”. In particolare le clausole di azione collettiva (Cac), da inserire nei prospetti o nei contratti dei titoli di Stato, rappresenterebbero la pista a cui si lavora di più, come testimonia il Ministro dell’Economia della Francia Christine Lagarde: “Pensiamo a una clausola con cui chi presta denaro accetta, se qualcosa va storto, di partecipare a un piano che risolva il problema del debitore”. Le clausole Cac vengono spesso utilizzate per quei titoli di Paesi con una grande storia di crisi alle spalle. Tali strumenti consentono che un governo possa ristrutturare il suo debito anche con il solo consenso del 75% degli investitori, evitando che chi resta fuori possa fare causa per avere il rimborso totale del credito. Al contrario se gli investitori che detengono il 75% del valore di un determinato titolo assumono una posizione comune, possono forzare un governo a cambiare i termini del bond. Allo stato attuale i governi europei non hanno applicato queste opzioni di class 20 I cinque Stati europei hanno precisato che le eventuali variazioni al meccanismo dl piano salva-Stati saranno adottate dal 2013 e non si applicheranno ai titoli di debito esistenti. Pagina 25 action in quanto risultano di difficile previsione gli effetti di una modifica di questo genere21. Complessivamente, dalla metà di ottobre il differenziale di rendimento dei titoli di Stato decennali rispetto a quelli tedeschi è aumentato. A metà gennaio il rialzo si attestava a circa 155 punti base in Grecia, 155 in Irlanda, 70 in Spagna, 40 punti base in Portogallo, 25 punti base in Italia e 20 in Belgio. Fonte: BANCA D’ITALIA, Bollettino Economico n.63, gennaio 2011. Sul mercato dei corporate bonds, negli USA il saldo fra upgrade e downgrade22 indica un trend positivo nel settore corporate ed un andamento meno favorevole nel settore finanziario dove si assiste ad un numero significativo di società sotto osservazione per un downgrade. In Europa la situazione è molto complessa per le società che operano nel ramo bancario/finanziario, mentre risulta più stabile nel corporate23. Circa i prodotti strutturati, 21 Per i governi l’applicazione di tali clausole determinerebbe una perdita di controllo sui propri canali di finanziamento; per chi acquista bond si costituirebbe una tutela che dovrebbe incoraggiare l’afflusso di capitali sui titoli rischiosi. 22 Dati Moody’s. 23 L’indice iTraxx Europe, che scommette sulla probabilità di default di un paniere di 125 CDS su corrispondenti emittenti corporate, dopo aver toccato quota 300 ai tempi del fallimento di Lehman Brothers, a fine novembre si attestava intorno a quota 100. Pagina 26 negli USA diminuiscono le revisioni al ribasso di titoli collegati a mutui24, mentre in Europa la diminuzione del numero dei downgrade ha riguardato maggiormente titoli non legati ai mutui. Differenza fra numero di upgrades e downgrades su emittenti corporate. FONTE: RISK OUTLOOK CONSOB-NOVEMBRE 2010. 24 RMBS e CMBS: titoli cartolarizzati connessi a prestiti immobiliari concessi per acquisto di costruzioni residenziali e non residenziali; vengono segmentati in funzione del grado di rischiosità. Sono soggetti anche al rischio di liquidità nei casi in cui il mercato sia paralizzato dall’incertezza sull’effettivo valore dei titoli. Pagina 27 Tasso di insolvenza per gli emittenti con rating speculativo FONTE: RISK OUTLOOK CONSOB-NOVEMBRE 2010. Pagina 28 Differenza fra numero di upgrades strutturati FONTE: RISK OUTLOOK CONSOB-NOVEMBRE 2010. Pagina 29 e downgrades su titoli Quotazioni dei credit default swap su emittenti quotati - FONTE: RISK OUTLOOK CONSOB NOVEMBRE 2010. Quotazioni dei credit default swap su emittenti quotati italiani - FONTE: RISK OUTLOOK CONSOB NOVEMBRE 2010. Pagina 30