Il periodo 2017-19 s ara la prova del nove per il

Il periodo 2017-19 s ara la prova del nove
per il mercato italiano dei minibond
inque anni fa, con il decreto
Sviluppo 83/2012, il governo
C Monti ha rivisto la disciplina
sui limiti di capitale per gli emittenti obbligazionari , consentendo
l'avvio nel febbraio 2013 della
piattaforma Extra-Mot Pro dedicata agli investitori professionali.
E quindi un tempo congruo per
proporre un bilancio sugli effetti
di queste misure sullo sviluppo
del mercato dei capitali nazionale e sulla capacità delle piccole e
medie imprese di diversificare le
fonti di finanziamento e avviare
un processo di disintermediazione bancaria.
Nei primi 18 mesi di operatività il
mercato si è mostrato molto dinamico. A metà 2015 i volumi hanno
toccato 4,5 miliardi di euro di cui
1,2 miliardi relativi a emissioni inferiori a 100 milioni, i cosiddetti
mini-bond emessi da imprese di
piccola e media dimensione. Successivamente è arrivata l'ondata di
liquidità del Quantitative easing
targato Bee , le banche sono tornate prepotentemente competitive e i
minibond si sono sgonfiati.
Oggi i volumi dell'Extra-Mot
Pro hanno superato 7miliardi di
Euro e il numero degli emittenti
di piccola e media dimensione è
aumentato ma resta sotto le 200
imprese, solo una frazione marginale dell'universo delle pmi italia-
DI FRANCESCA FRAULO*
ne. Il mercato dei minibond non
ha quindi ancora espresso tutto il
suo potenziale . Trattandosi di un
mercato buy and hold, la ridotta
liquidità è uno dei principali limiti
per gli investitori e si traduce in
un maggiore costo per l'emittente.
Questo fattore , insieme al limitato
utilizzo del rating , contribuisce a
distorcere l'equivalenza fondamentale tra rischio e rendimento.
Sebbene i casi di mancato rimborso di capitale o interessi siano
limitati , tante sono state le rinegoziazioni di covenant finanziari,
i cosiddetti default tecnici, che
si risolvono spesso nell ' aumento
dello spread.
Ma il vero banco di prova sarà tra
la seconda metà del 2017 e il 2019
quando andranno in scadenza circa
2 miliardi di euro di obbligazioni.
La capacità di rimborso o rifinanziamento in un periodo di tassi di
interesse verosimilmente più alti
segnerà una discontinuità e l'inizio di una fase nuova del mercato,
più matura ed equilibrata.
La percentuale degli emittenti con
un rating pubblico è poco inferiore
al 25%. Molte imprese interpretano ancora il rating come un esercizio superfluo , sottovalutandone
i benefici in termini di trasparenza
e visibilità nei confronti degli investitori, contribuendo al successo
del collocamento e al contenimento del costo del debito.
Viceversa se si include il numero
dei rating privati la percentuale
sale al 70 % dei volumi emessi.
L'utilizzo del rating è auspicabile non solo per l ' investitore nello
strumento obbligazionario, ma in
generale per tutte le controparti
che finanziano l'impresa: si pensi
al fatto che l' emissione obbligazionaria non è censita nella Centrale
dei Rischi della Banca d ' Italia, si
capisce quindi che qualsiasi finanziatore ha interesse a una valutazione del merito di credito della
controparte comprensiva di tutte le
risorse e degli impegni finanziari
dell'impresa che è chiamato ad affidare c/o valutare. La misura del
successo delle emissioni dipende largamente dalle motivazioni
dell ' operazione.
L'utilizzo della raccolta per nuovi investimenti o acquisizioni
rappresenta il caso virtuoso e in
genere si traduce in ritorni sulla
crescita e sui margini di profitto.
Purtroppo tanti sono stati i casi in
cui lo strumento è stato utilizzato
per rimborsare i debiti col Fisco
oppure per far fronte alle necessità di breve termine. (riproduzione
riservata)
*managing director; Crif Ratings