Recessione per 2 anni se lo spread resta alto

annuncio pubblicitario
la Repubblica
@
LA
CRISI FINANZIARIA
POLITICA
INTERNA
MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012
Il bollettino di Via Nazionale:
l’economia ripartirà nel 2013 solo se
verrà ripristinata la fiducia dei mercati
PER SAPERNE DI PIU’
www.bancaditalia.it
www.ecb.int
■ 13
Le manovre valgono 80 miliardi
Urgenti nuove regole Ue e il
rafforzamento del fondo salva-Stati
IL DOSSIER. L’emergenza debito
Bankitalia
“Recessione per 2 anni se lo spread resta alto
subito le riforme per rilanciare la crescita”
ELENA POLIDORI
Il clima
di fiducia dei consumatori
115
110
105
100
95
90
2005 2006
2007
2008
2009
2010 2011
Quest’anno sarà molto duro, con l’economia in piena recessione, ma poi l’Italia può migliorare specie se scende il famoso, temuto spread. Per
la prima volta, nel suo Bollettino economico, la Banca d’Italia formula due scenari. Il primo, più pessimista e fondato su «modi standard di
previsione», si basa sull’ipotesi tecnica di spread costanti sugli attuali valori, cioè circa 500 punti. In questo caso, il Pil di quest’anno scenderà
dell’1,5% per poi restare piatto nel 2013. In pratica, un biennio di recessione. Ma il secondo scenario, giudicato «possibile», tiene conto degli
effetti di tre fattori-chiave: le manovre di rigore del governo (ma non le liberalizzazioni, ancora allo studio), le mosse anti-crisi della Bce e le
politiche della Ue per contrastare il dramma del debito sovrano, a cominciare dal Fondo salva-Stati. Con questo mix di interventi, tornerebbe
«la fiducia degli investitori nella capacità dello Stato italiano di onorare il proprio debito e nella piena attuazione delle misure europee». In
questo caso, lo spread calerebbe a quota 300, il Pil 2012 subirebbe un ribasso meno brusco (meno 1,2%) e, soprattutto, nel 2013 l’economia
tornerebbe a girare con una crescita dello 0,8%.
Secondo gli esperti del governatore Visco, la «priorità» ora sono le misure per il rilancio dell’economia. Se «ben disegnate e prontamente
attuate» possono influenzare al meglio le aspettative dei mercati e le decisioni di spesa di famiglie e imprese, con effetti positivi già quest’anno.
Fonte: Bankitalia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le banche
L’occupazione
Imprenditori pessimisti
stop assunzioni nel 2011
In atto la stretta al credito
una mano verrà dalla Bce
LA RECESSIONE significa anche posti di lavoro che saltano, gente a spasso, stop alle assunzioni e giovani sempre più senza prospettive: 30 su 100 sono privi di occupazione,
il massimo dal 2004. Nel linguaggio tecnico
della Banca d’Italia, negli ultimi mesi «si è arrestato» il recupero dell’occupazione iniziato a fine del 2010. I dati di ottobre e novembre
segnalano un calo degli occupati e una ripresa del tasso di disoccupazione, pari all’8,6%,
con picchi del 30% tra i giovani. Si è fermata
la crescita del lavoro interinale. Anche se
continua a ridursi il ricorso alla Cassa integrazione (953 milioni di ore nel 2011, il 20,8%
in meno del’anno prima) «peggiorano le attese delle imprese circa i loro livelli occupazionali». L’indagine congiunturale condotta
dagli esperti di Via Nazionale prefigura un ulteriore deterioramento. I salari calano in termini reali, anche per effetto del blocco delle
retribuzioni pubbliche: è attesa una «dinamica negativa» pure nel biennio 2012-2013.
Preoccupata la Cgil chiede «una svolta».
E’ in atto una stretta al credito, ma le misure
prese dalla Bce dovrebbero alleviarla. Grazie
a Mario Draghi il rischio di un credit crunch
dovrebbe essere scongiurato.
La Banca d’Italia segnala che «le tensioni sul
mercato dei titoli di Stato italiani hanno
inciso negativamente sulla capacità di
raccolta delle banche». Vi sono «indicazioni
che tali difficoltà si siano ripercosse sulle
condizioni di offerta di credito all'economia».
Ma «in prospettiva» la situazione dovrebbe
cambiare in meglio. Le attuali difficoltà
«potrebbero essere attenuate dall'ampio
ricorso alle nuove operazioni di
rifinanziamento presso l'Eurosistema».
Secondo questi esperti, tuttavia «le
condizioni di offerta potrebbero risentire
negativamente del deterioramento della
qualità del credito».
Positivo il giudizio di via Nazionale sullo stato
di salute delle degli istituti: «La dotazione
patrimoniale delle banche italiane si è
ulteriormente rafforzata».
Due scenari per l’Italia
Ipotesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La famiglie
Primo scenario
Spread intorno a 500 punti
Secondo scenario
Spread intorno a 300 punti
nel 2012 e 2013:
continua la sfiducia dei mercati
finanziari e la crisi del credito
2012
2013
dal primo trimestre 2012:
normalizzazione delle condizioni
dei mercati finanziari e del credito
2012
2013
+
Pil
Tassi alti e disoccupazione
freneranno i consumi
ALLE prese con la crisi, le famiglie cercano
di barcamenarsi, consumano il meno possibile e guardano con apprensione all’aumento dei tassi e al lavoro che non c’è o che
sparisce. Secondo l’analisi della Banca d’Italia, di fronte alla recessione che incalza, il
clima di fiducia dei consumatori «si deteriora»: i consumi risentono della «debolezza»
del reddito disponibile e del «pessimismo»
sulle prospettive del mercato del lavoro.
Dopo tre mesi di sostanziale ristagno, i
consumi delle famiglie sono scesi di un altro
0,2%: crescono solo (e modestamente) le
spese per i servizi. I comportamenti di spesa riflettono la dinamica del reddito disponibile che nel 2011 ha ristagnato, in termini
reali, rispetto all’anno prima. L’incremento
del reddito nominale (2,6%) è stato eroso
dalla dinamica dei prezzi. E’ invece rimasto
stabile il debito delle famiglie in rapporto al
reddito disponibile. Il livello del debito è comunque «significativamente inferiore» rispetto alla media Ue.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Consumi
famiglie
0,8%
zero
-
1,5%
-
1,3%
1,1%
-
1,0%
-
+
+
0,3%
4,9%
0,7%
Investimenti
fissi lordi
-
4,9%
3,5%
+
4,9%
+
5,1%
Export
+
0,7%
+
+
0,7%
+
3,0%
5,0%
Import
-
3,0%
2,2%
-
I conti pubblici
Pareggio di bilancio 2013
difficile se dura la crisi
1,2%
-
-
© RIPRODUZIONE RISERVATA
SE la crisi dovesse prolungarsi, anche l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 diventerebbe più difficile. Naturalmente tutto cambia se torna la fiducia, se lo spread scende e
dunque se si verificano le condizioni dello scenario numero 2 elaborato dalla Banca d’Italia.
E’ quel che si legge tra le righe del Bollettino,
laddove si parla delle tre manovre correttive,
varate tra giugno e dicembre 2011, per ricondurre i conti pubblici sulla retta via. Bankitalia
stima un rapporto tra deficit e Pil al 3,8% quest'anno, in calo rispetto al 4,6% del 2010, e in
linea con le previsioni del governo. L'incidenza del debito sul Pil, pari al 118,4% nel 2010, sarebbe del 120%, con un incremento inferiore
alla media Ue. Le manovre hanno effetti strutturali valutati in 80 miliardi; assicureranno nel
2013 un avanzo primario (al netto degli interessi) del 5% del Pil , come ai tempi di Ciampi.
Se lo spread scendesse, è possibile l’anno venturo un «sostanziale» raggiungimento del pareggio di bilancio. Nel documento non è mai
contemplata la fine dell’euro.
Fonte: Bankitalia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
la Repubblica
MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012
@
LA
CRISI FINANZIARIA
ECONOMIA
Dopo l’appello del presidente
della Bce, Mario Draghi, e le
polemiche dell’Unione europea
PER SAPERNE DI PIÙ
www.ecb.int/ecb/html/index.it.html
www.standardandpoors.com
■ 15
Ma le agenzie di rating non
si sono date da sole il potere
di cui oggi dispongono
IL DOSSIER. L’emergenza debito
Il rating
Vivere senza Standard&Poor’s
ecco regole e prassi da cancellare
MAURIZIO RICCI
Il banchiere
Bisognerebbe imparare a
vivere senza le agenzie di
rating o quanto meno
imparare a fare meno
affidamento sui loro giudizi
Mario Draghi, presidente
della Banca centrale europea
ALL’ARBITRO, come ogni tifoso di
calcio sa, non si dice nulla, finchè
non ti va contro. Quando questo
succede, sono insulti, contumelie,
contestazioni. E’ una metafora che
piacerebbe alle agenzie di rating,
perché le installerebbe, una volta
per tutte, in un ruolo di giudice imparziale che, in realtà, sono venute
occupando, in questi anni, più per
l’accumularsi di decisioni scoordinate di mercati, istituzioni, politici,
che per scelte mirate e deliberate. Invece, l’ultima pioggia di declassamenti, operata da Standard&Poor’s
sui Paesi dell’eurozona, ha scatenato una nuova tempesta contro le iniziative delle agenzie di rating, di cui
si mette in discussione non solo
l’imparzialità, l’indipendenza, l’affidabilità, la capacità di giudizio, ma
anche la stessa efficacia. In effetti,
per il momento, la raffica di downgrading di S&P non ha avuto affatto
l’impatto di uno tsunami sul debito
pubblico europeo, che si attendeva:
rendimenti e spread dei Paesi declassati hanno retto, senza troppi
problemi, l’effetto-declassamento.
mento sulle agenzie di rating» e, anzi, «ad imparare a vivere senza di loro». Ma le agenzie di rating non si sono date da sole il potere di cui oggi dispongono: glielo hanno dato prassi,
norme, regole, leggi e direttive, spesso emanate dagli stessi poteri pubblici che oggi le criticano. Concretamente, ancor più dell’impatto psicologico, un declassamento risulta devastante per gli effetti automatici, a
cascata, che queste regole hanno
messo in piedi: banche e fondi si affrettano a svendere in massa i titoli
declassati, anche perché, per norma,
non possono detenere titoli al di sotto di un certo rating. Hanno cominciato i fondi pensione americani a
sbandierare, nella loro pubblicità,
che investivano solo in titoli a tripla A.
LEGGI E DECRETI
Ma il principio è stato codificato in
leggi e decreti. Fra il 2006 e il 2011 una
serie di direttive europee hanno imposto ai fondi comuni, agli hedge
funds e alle banche di tener conto dei
rating dei titoli, nel costituire le loro
riserve. In Italia, questo vale anche
per i titoli che hanno un collaterale a
garanzia. Dove non arrivano le direttive comunitarie arrivano la pioggia
di raccomandazioni e orientamenti
emanati dalle autorità di vigilanza:
l’Eba (banche), l’Esma (la Consob
europea), l’Eiopa (assicurazioni e
fondi pensione). Anche la Bce di Draghi utilizza largamente le decisioni
delle agenzie di rating. Nel manuale
“L’attuazione della politica monetaria nell’area euro” si specifica che la
«qualità di credito» dei titoli che vengono portati allo sportello della Bce,
a garanzia dei prestiti che fornirà la
Banca centrale viene accertata secondo una griglia di parametri, che
sono i rating delle quattro agenzie ufficiali. La classificazione è cruciale
perché, su questa base, viene valutata l’entità della garanzia proposta. La
Bce, infatti, non accetta i titoli al valore nominale. Nel caso di un titolo di
Stato decennale a rating, almeno, A,
applica un taglio del 5,5 per cento sul
valore nominale. Per un titolo di serie B (come oggi l’Italia) il taglio è di
cinque punti superiore, cioè del 10,5
per cento. Nel caso di obbligazioni
bancarie, si va dal 17 al 40 per cento.
LE QUATTRO SORELLE
IL DOCUMENTO
La pagina del sito della Banca
centrale europea dove è indicata
la griglia dei parametri delle agenzie di
rating per la valutazione dei crediti
presentati a garanzia dei prestiti
Le spiegazioni non mancano. I
downgrading, compreso quello
francese, erano largamente attesi e,
dunque, i mercati li avevano già incorporati nei prezzi dei titoli. La
Banca centrale europea è intervenuta massicciamente per puntellare i
titoli minacciati. Infine, non basta
S&P per condannare un titolo. Fino
a quando non si muovono anche le
altre due grandi sorelle (Moody’s e
Fitch), un Paese declassato può
sempre sbandierare un rating migliore, per convincere gli investitori
a non precipitarsi a vendere i suoi titoli. E, in realtà, le sorelle sono quattro: fra le agenzie di rating ufficialmente riconosciute (ad esempio,
dalla Bce) c’è anche una agenzia canadese, assai poco nota, la Dbrs, con
LE RIFORME POSSIBILI
il suo rating sui titoli pubblici.
I CONFLITTI D’INTERESSE
E’ un assaggio dell’intricato mondo del rating, dove le agenzie - private - possono avere conflitti d’interesse. Il caso più clamoroso è la vicenda
dei subprime, in cui le agenzie elargivano rating tripla A, su mandato - e
pagamento - degli stessi beneficiari
del rating. Ma ci sono dubbi più sottili e velenosi. Ieri, in un’intervista al
Sole 24 ore, il presidente della Con-
sob, Giuseppe Vegas, ha sottolineato
con forza che grossi operatori finanziari, che, presumibilmente investono sul debito pubblico europeo, in
particolare con i Cds (le assicurazioni contro il default) detengono quote importanti delle agenzie di rating:
Warren Buffett in Moody’s, Blackrock in S&P, Vanguard e Capital
World in tutt’e tre le più importanti.
Anche senza mettere in dubbio la
correttezza dei rating, tuttavia, molti economisti imputano alle agenzie
l’incapacità di cogliere la specificità
del debito di Stato, rispetto a quello
di un’azienda. Il modello, insomma,
è sbagliato e questo, dicono economisti come Paul Krugman, spiega
perché le agenzie di rating tendano a
sbagliare molto spesso le loro previsioni di default di singoli Paesi.
IL POTERE DELLE AGENZIE
Un panorama così incerto e scivoloso che, lunedì, il presidente della
Bce, Mario Draghi, è intervenuto per
invitare tutti a «fare meno affida-
Si può fare, allora, a meno di strumenti, come i rating, che hanno ormai così profondamente pervaso il
sistema finanziario? L’idea che circola a livello europeo non è, per ora,
così drastica. Si punta, piuttosto, a
togliere - come è già stato fatto, in
parte, per le banche - alle agenzie come S&P il ruolo di unico titolare del
giudizio su un titolo, allargando i
margini di discrezionalità ed evitando l’applicazione meccanica dei soli
rating delle agenzie. L’obiettivo è
evitare che un declassamento, giustificato o meno, comporti automaticamente e obbligatoriamente
un’onda di piena che svuoti dei titoli
declassati le casse di banche e fondi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Scarica