Introduzione
Il nostro lavoro di tesi poggia le basi sugli studi che hanno analizzato l’astrazione
linguistica: questo principio di classificazione è stato per la prima volta descritto
da Semin e Fiedler (1988) nel modello delle categorie linguistiche. Grazie ad esso
è stato infatti possibile catalogare verbi ed aggettivi secondo una nuova
dimensione collocandoli su un continuum delimitato da un polo astratto e uno
concreto. Semin e Fiedler hanno così descritto cinque categorie principali che
raggruppano verbi ed aggettivi in base al livello di astrattezza che li caratterizza:
verbi descrittivi d’azione (DAV), verbi interpretativi d’azione (IAV), verbi di
azione-stato (SAV), verbi di stato (SV) e aggettivi (ADJ).
Tramite il modello delle categorie linguistiche e gli studi a cui ha dato vita, è stato
possibile comprendere che il linguaggio è uno strumento raffinato che non si
limita alla mera trasmissione di informazioni poiché grazie ad esso possiamo
suggerire interpretazioni e fare inferenze offrendo così differenti letture delle
situazioni sociali (Semin, Fiedler, 1988, 1992).
Comprendere come entra in gioco l’astrazione linguistica nella comunicazione
umana aiuta quindi a comprendere anche quali sono i rapporti di relazione che
intercorrono fra chi parla e il soggetto della comunicazione.
Data la natura del nostro lavoro, che si concentra sul ruolo dell’astrazione
linguistica nella dimensione intergruppi, ci siamo quindi soffermati sul fenomeno
del Bias Linguistico Intergruppi, introdotto da Maass nel 1989.
Grazie ad esso è stato possibile constatare che le comunicazioni fra gruppi sono
fortemente influenzate dall’appartenenza, e che questa influenza si riflette proprio
nella modulazione del livello di astrazione: i comportamenti positivi dell'ingroup
e quelli negativi dell'outgroup vengono descritti tramite una terminologia astratta,
al contrario di quanto avviene quando si devono descrivere i comportamenti
negativi dell'ingroup e quelli positivi dell'outgroup.
Le ragioni di questa differenziazione nascono nelle inferenze che una
terminologia astratta, piuttosto che concreta, ci permette di fare: esprimersi
attraverso un lessico astratto veicola tacitamente un giudizio di stabilità, come se
quanto descritto facesse parte in modo stabile della persona, o del gruppo di
persone, presa in considerazione. Attraverso il linguaggio concreto invece si offre
una visione contestualizzata, ridimensionata, della persona e di quanto descritto.
Particolarmente saliente in condizioni di competizioni, in accordo con la teoria
dell’identità sociale di Tajfel (1989), si può ritenere che tramite la modulazione
dell’astrazione un individuo, o un gruppo di persone, possano infatti proteggere la
propria identità sociale.
Essere al centro di una critica è infatti una condizione frequente: essa è in grado di
ferire il proprio nucleo identitario, e viene tendenzialmente vissuta in modo
negativo. Ma anche qui, come nel bias linguistico intergruppi, entra in gioco
l’appartenenza. Con questa considerazione sto introducendo l’Effetto di
Suscettibilità Intergruppi, introdotto da Hornsey et al. nel 2002.
E’ stato dimostrato infatti che mentre le critiche provenienti dall’ingroup
generalmente vengono tollerante piuttosto bene, ciò non accade con le critiche
esterne che provocano invece reazioni di difesa e suscettibilità.
Diversi studi hanno quindi cercato di scomporre il fenomeno per comprendere il
peso di ognuna di queste nel determinare la suscettibilità intergruppi di fronte ad
una critica; sono stati analizzati il ruolo giocato dall’ esperienza (Hornsey, Irmani
2004), la grandezza e la composizione dell’audience (Elder, Sutton, Douglas,
2005; Hornsey, De Bruijn, Creed, Allen, Aryanto, Svensson 2005). Sono stati
indagati inoltre il peso delle convenzioni sociali (Sutton, Douglas, Elder, data;
Sutton, Elder, Douglas 2006) e della cultura, ovvero se a stampo collettivista
piuttosto che individualista (Ariyanto, Hornsey, Gallois, 2006).
Attualmente le attenzioni dei ricercatori che si sono occupati dell’effetto di
suscettibilità intergruppi si stanno rivolgendo su come è possibile costruire una
critica, proveniente dall’outgroup, che sia in grado di spegnere il criticismo,
evitando così una forte reazione negativa o quanto meno ridurne la portata
(Hornset, Robson, Smith, Esposo, Sutton (2008). Queste strategie prevedevano
l’accompagnamento della critica a diversi messaggi: una lode, la dichiarazione
che la critica non è rivolta all’intero gruppo, oppure una dichiarazione di
condivisione dell’aspetto criticato.
La riflessione cardine del nostro lavoro di ricerca nasce quindi da una sintesi degli
studi sull’astrazione linguistica e sull’effetto di suscettibilità intergruppi. In
particolare, in linea con le ultime ricerche che danno spazio alla riflessione
linguistica (Hornsey et al, 2008) ci siamo domandati se tramite l’astrazione
linguistica è possibile costruire una critica “meno dolorosa”, ovvero in grado di
suscitare in minor misura l’effetto di suscettibilità intergruppi.
Nel disegno di ricerca, si è voluto infine aggiungere un ulteriore aspetto, non
considerato negli studi finora citati, ovvero quello della lode. Ci siamo infatti
chiesti se modulando l’astrazione linguistica è possibile comprendere quali sono i
principi secondo cui una lode proveniente dall’esterno viene considerata credibile
e sincera.
Prima di presentare il lavoro di ricerca, daremo spazio alla trattazione
dell’astrazione linguistica e dell’effetto di suscettibilità intergruppi, per offrire un
quanto possibile completo quadro teorico di riferimento.