Il primo movimento adottato per avviare la riflessione sul tema “L

SAINT-VINCENT 2006
13 / 14 / 15 ottobre
Convegno di studi
Fondazione “Carlo Donat-Cattin”
L’ITALIA CHE VORREI
I giovani si interrogano
Numero 3 (Bergamo)
Questo piccolo saggio, scritto collettivamente, affronta il tema oggetto
del Convegno ricostruendo il percorso di lavoro attuato per rispondere alla
proposta. Il lavoro è stato svolto in tre movimenti fondamentali: impressioni,
studio, proposte; ai tre movimenti sono dedicati i tre paragrafi del saggio. Per
riportare con maggior fedeltà le posizioni emerse ci è parso utile dar notizia,
spesso per citazioni dirette (riportate tra virgolette, se non diversamente
indicato), di quanto è emerso, presentandolo nella pluralità delle direzioni e
anche nella divergenza delle proposte.
Impressioni di partenza
Il primo movimento adottato dal gruppo classe per avviare la riflessione
sul tema “L’Italia che vorrei. I giovani si interrogano” è stato quello di
raccogliere impressioni libere e spontanee attraverso la composizione di un
breve scritto, individuale e preliminare. Il mezzo è stato scelto per far
emergere, nella massima ampiezza, i settori di possibile indagine, le posizioni
individuali. Le riflessioni spontanee si riferivano a due temi ampi: le attese
(“dal vissuto alle attese”), le percezioni (“cosa pensiamo dell’Italia:
percezioni”).
“Dal vissuto alle attese”
Molte riflessioni vengono rivolte al mondo della scuola e fanno emergere
speranze per “una scuola meno astratta e nozionistica”; “si auspica un
aumento delle lingue straniere, con particolare attenzione all’inglese, all’interno
del programma didattico”, anche considerando “un aspetto positivo della
scuola italiana il crescente livello di multiculturalità, nella consapevolezza che il
contatto con diverse culture sia una preziosa risorsa”. “L’istruzione inoltre
dovrebbe essere accessibile a tutti, al di là delle possibilità economiche della
famiglia, per esempio con maggiori aiuti finanziari alle famiglie meno abbienti”;
con la speranza, una volta conclusi gli studi, di poter trovare un posto di
lavoro, “che ripaghi tanti anni di fatiche sui libri”. “Per raggiungere questo
obiettivo si potrebbe pensare ad una diminuzione dell’età pensionabile, in
modo da lasciare più spazi ai giovani”. “L’essere consapevoli dell’importanza
della ricerca scientifica e l’investimento di risorse in questo campo potrebbe
inoltre diminuire la cosiddetta fuga dei cervelli, a vantaggio anche dello stato
che ha provveduto alla loro istruzione”.
Opinioni e proposte comuni sottolineano l’importanza di un’informazione
più equilibrata e concentrata sulle reali “problematiche sociali internazionali e
locali”, chiara ed esaustiva, e che sappia dare voce ad opinioni diverse, senza
l’interferenza di preconcetti e pregiudizi. In tal senso, sarebbe opportuno un
rilancio della televisione come effettivo “strumento di diffusione culturale. Le
informazioni dovrebbero essere date secondo ordini di importanza, che
esistono chiaramente, ma che vengono spesso ignorati, perché ciò che conta è
vendere l’informazione”.
Il mondo della politica per alcuni è “un sistema irrimediabilmente
vecchio”, privo di nuove proposte, in ambito legislativo, che portino ad un
giovevole rinnovamento (“ho sempre vissuto la politica italiana come qualcosa
mai del tutto chiaro ed estremamente lontano da me”, “la politica non si
preoccupa più di curare il bene dei cittadini ma solo il privilegio di coloro che la
esercitano”, “il mondo politico italiano mi trasmette un’idea di corruzione, di
false promesse, di informazioni celate: i politici in generale mi appaiono tutti
come dei bugiardi che mentono agli altri e, nel migliore dei casi, anche a se
stessi”). L’auspicio è per “un governo più stabile che, indipendentemente sia di
destra o di sinistra, mantenga saldamente le leggi in vigore e non continui a
modificarle a proprio vantaggio”. Si desidera un sistema politico meno
complesso e più aperto alla presenza dei giovani, raggiungibile, ad esempio,
attraverso la diminuzione dell’età minima per l’accesso alle istituzioni
legislative. Lo sguardo rivolto al sociale fa emergere posizioni non omogenee
sul tema dell’immigrazione: alcuni sono favorevoli all’integrazione e ad “una
maggior apertura alle diversità”, come arricchimento sociale e culturale, altri
invece sostengono politiche più di conservazione. Il tema economia tocca i
problemi dell’evasione fiscale, del debito pubblico, degli investimenti nel
settore del turismo e della non adeguata “valorizzazione del patrimonio
italiano, per un sempre più vasto accesso a questo campo”.
“Cosa pensiamo dell’Italia: percezioni”
Nelle opinioni libere espresse sulla società che ci circonda vengono alla
luce le molte problematiche che il paese è chiamato ad affrontare. Citando in
successione libera. Di fronte alla sempre maggiore complessità degli scenari
internazionali “è necessaria una maggior apertura all’estero”. Bisognerebbe
cercare di “allargare il proprio campo visivo” e, in particolare, carpire all’Europa
i segreti di una migliore gestione dell’immigrazione, infatti “l’Italia non ha
ancora portato a compimento il processo d’integrazione” e secondo alcuni
“purtroppo la discriminazione razziale è ancora diffusa”.
Molti i problemi sociali: “l’assistenza medico-sanitaria, soprattutto per gli
anziani, è inefficace”; per l’istruzione “il livello di cultura sembra essere molto
buono” ma “il costo dell’educazione grava troppo sulle famiglie”, e, tra i
risultati, “incontro quotidianamente difficoltà ad approcciarmi alle notizie del
tg” e “mi limito ad una superficiale informazione”.
Emerge un’autocritica rivolta alle nuove generazione che mettono “al
primo posto il profitto personale”, a volte anche a scapito del “trascurato senso
dello stato”; e ancora “c’è troppa indifferenza soprattutto da parte dei
giovani!”.
Pare omogenea la posizione della classe in relazione alla politica: tutti
concordano nel sostenere che “destra e sinistra continuano ad alternarsi”
coltivando però tutt’altro che un “rapporto di collaborazione”, è piuttosto una
“lotta”, uno “scontro” che alla fine collima con “promesse mai mantenute” e
con una “sostanziale situazione di stallo”. Dal punto di vista etico, “forse
perchè guidati dallo studio classico alla sostanziale identificazione della politica
con la giustizia e della democrazia con la legge”, si denuncia che “il potere è
diventato oggi fine e non mezzo”, che “al primo posto vengono gli interessi
personali del politico, seguiti dal benessere del cittadino”. Propositivamente
viene segnalata la necessità di “investire nel campo del sociale” che potrebbe
realmente divenire nuovo polo attrattivo anche di grandi finanziatori, i quali
utilitaristicamente potrebbero “raggiungere un nuovo tipo di guadagno, a lungo
termine” pur curandosi delle problematiche sociali.
Compresa l’importanza dell’ economia, come fattore determinante anche
di politica e società ( “sono le leggi dell’economia a governare i paesi”),
tuttavia, un sommario bilancio della situazione nazionale, fa riscontrare nel
settore una “scarsa capacità d’iniziativa, sia pubblica che privata” incapace di
“valorizzare le peculiarità del nostro paese”, soprattutto il decantato “grande
bagaglio culturale, invidiato dal mondo intero!”. Il paese si trova in una
condizione di “crisi economica già da qualche anno”, soprattutto in relazione
allo “standard europeo”; pesa sulla situazione “l’antica divisione fra Nord e
Sud”, provocata secondo alcuni dalla “piaga della mafia” mentre per altri dalla
diversa tradizione economica delle due aree: “capitali e industria al Nord,
manodopera e agricoltura al Sud”.
Se da un lato pare impossibile non
costatare che “la produzione di beni utili ha raggiunto un ottimo livello”- anche
alla luce del fatto che “cellulari, automobili, case sono alla portata di tutti”-,
emerge la percezione di un arretramento e ritorna l’opinione che “gli Italiani si
sono impoveriti col passaggio da Lira a Euro”.
***
Lavoro di confronto
La ricognizione spontanea delle attese e delle percezioni ha posto il
gruppo di fronte a due problemi: l’attenzione è stata richiamata su di un
numero molto vasto di temi, difficile oggetto di analisi e di proposta; i problemi
richiamati ricalcano quelli che ricorrono nelle conversazioni comuni e talvolta
ne riprendono la formula semplificata e gli stereotipi ricorrenti. Allo scopo di
rendere concettualmente più attrezzata e ragionata quella ricognizione si è
affiancato ad essa un secondo movimento riservato all’analisi e allo studio
documentato dei problemi emersi. Su questa attività, svolta nel tempo
scolastico, ognuno è stato chiamato ad esprimersi. L’analisi si è sviluppata in
due diverse direzioni. La prima ha posto a tema lo studio e il confronto con i
concetti, i metodi e le teorie di alcuni noti osservatori della contemporaneità: J.
Rawls, H. Jonas, H. Kelsen, A. Sen, I.Wallerstein, P. Bourdieu. La seconda
direzione ha richiamato, per passaggi essenziali, la storia dell’Italia dal 1945 ad
oggi, dal punto di vista politico, economico e sociale.
Lettori della contemporaneità.
Gli autori messi in percorso hanno proposto alla attenzione del gruppo
temi che colgono la natura specifica della società contemporanea e ne mettono
in luce la complessità. Il potere della tecnica e il suo inesorabile avanzare: “le
promesse della tecnica moderna si sono trasformate in minaccia” (H. Jonas); la
società democratica moderna “non è caratterizzata soltanto da un pluralismo di
dottrine religiose, filosofiche e morali comprensive, ma da un pluralismo di
dottrine comprensive incompatibili” (J. Rawls); “viviamo in un mondo di
un’opulenza senza precedenti …eppure viviamo anche in un mondo in cui le
privazioni, la miseria e l’oppressione sono grandi” (A. Sen); una società civile
definisce norme di convivenza fondandosi sul solo diritto positivo spesso in
contrasto con le morali condivise (H. Kelsen); scelte politiche locali (di minisistemi) e strategie di classe non possono prescindere dal “funzionamento del
sistema – mondo, in quanto struttura in cui vanno a collocarsi” (I.
Wallerstein); tutti i nostri comportamenti sono momenti di vita civile in quanto
habitus, diventati quasi corpo, che seguono la logica di un senso sociale pratico
non riportabile ad una razionalità di tipo dimostrativo (P. Bourdieu).
Quali problemi, processi di scoperta e indicazioni di proposta contengono
le tesi esaminate, anche a correggere e indirizzare le posizioni emerse come
attese e percezioni? Una breve relazione sulle risposte.
L’autore sentito più vicino nell’individuare il problema centrale della
società è Rawls: “è chiarissimo come la nostra società tolleri a fatica le
numerose differenze che caratterizzano quelle dottrine che secondo Rawls
dovrebbero diventare ragionevoli”; per la convivenza fra le diverse culture
sono necessari il confronto e l’apertura ragionevoli verso l’”altro”, “la società
contemporanea non può opporsi alla moltiplicazione delle culture, né può
ignorarne l’incompatibilità. Questo è uno dei maggiori problemi che l’Italia deve
affrontare”; le proposte di Rawls, apprezzate anche “per la frugalità che
richiedono allo Stato”, “permetterebbero di arrivare a una società democratica
caratterizzata da un punto di incontro tra le molte culture che garantirebbe la
convivenza sociale”. La soluzione proposta, cioè l’invito alla ragionevolezza
rivolto a culture tra loro diverse e inconciliabili, è però da alcuni considerata
utopistica, troppo astratta, se non viene ancorata ad un rafforzamento del
senso civico dei cittadini, fondato sulla chiarezza delle norme e definito a
prescindere dalle diverse ideologie, come suggerisce Kelsen. Unanime è
l’accordo sulla necessità di incanalare lo sviluppo, tecnologico ed economico,
“secondo progetti di regolamento che impediscano una crescita incondizionata
e squilibrata tale da mettere a rischio il futuro”; come afferma Jonas, l’uomo
deve assumere la responsabilità nei confronti del progresso, delle tecniche e
della natura, riscrivendo la propria etica; “sebbene davanti all’utile immediato
sia difficile la rinuncia, ci si dovrebbe affidare eticamente alla responsabilità nei
confronti dei posteri, perché l’umanità intera è a rischio … progresso sì, ma con
frugalità, in modo che esso non diventi artefice della propria rovina”. E’
altrettanto necessario, come sottolinea Sen, fare in modo che il divario tra
opulenza e miseria venga colmato, per ottenere un sistema non solo meno
iniquo, ma anche più stabile nel benessere e più concreto nella garanzia di
libertà reali (“capacitazioni”); la riflessione di Sen “tratteggia un quadro utile
per ripensare ai nostri desideri, alle nostre attese ridimensionandole ai bisogni
reali … e per considerare economia e società come settori strettamente
collegati”. Le tesi di Wallerstein e di Bourdieu, pur non trattando allo stesso
modo le problematiche degli autori citati, in un certo senso le comprendono
perché invitano a collocarle all’interno di un sistema – mondo, inteso come un
“sistema conflittuale armonico”, intrecciato a diversi livelli, consegnato nel
sociale alla forza di un agire spontaneo; e invitano a collocarle all’interno di un
chiaro concetto di modernità rivolto sia alla tecnologia che alla libertà: “la
modernità nel campo delle tecniche non è infatti quasi mai accompagnata da
quella dei diritti”.
L’Italia dal 1945 ad oggi: scelte e momenti strategici
Alla ricerca di scelte ed eventi che più di altri pare abbiano contribuito a
definire il volto attuale dell’Italia, si è partiti dal 25 aprile del 1945, la
conclusione definitiva di un periodo dominato dalla minaccia fascista e del
clima di insicurezza militare e politica seguita all’annuncio dell’armistizio dell’8
settembre, firmato dal generale Badoglio. Sono stati poi presi in considerazione
gli eventi che hanno portato l’Italia nella “sfera” americana. Decisivi in tal
senso sono parsi gli anni tra il 1945 e il 1948: la nazione ebbe la capacità di
rifondarsi adottando, tramite un referendum (1946), la forma istituzionale della
Repubblica e creando un Costituzione (1948) che respinge e scongiura forme di
governo antidemocratiche e si dimostra ispirata alla tradizione liberale,
democratica e socialista, affiancata dai temi del solidarismo cattolico. L’opera
economica di ricostruzione, nel quadro degli accordi di Bretton Woods, fu
possibile grazie agli aiuti americani del Piano Marshall, ricevuti anche a seguito
della vittoria elettorale della democrazia cristiana che fu per l’America un
partner affidabile e sicuro sul piano politico. Di questa forza politica, per tappe
generali, è stata richiamata la lunga permanenza al governo, le alterne
alleanze con altre forze politiche, l’oscillare tra conservazione e riforme e, nel
1992, la crisi di un sistema politico che pareva consolidato.
Della rivoluzione generale prodotta in Italia negli anni del vero e proprio
“miracolo economico” (1953-1963) si sono individuati alcuni fattori propulsivi
(basso costo della manodopera, successo delle esportazioni, ridotto valore
della lira sul mercato internazionale) e i divari strutturali, le lentezze politiche
alla radice di quel rallentamento economico che contribuì a produrre quei
sentimenti di delusione e privazione presenti anche nel movimento globale del
1968. II movimento del ’68, che scosse l’Italia e tutto il Mondo, definito da
Wallerstein “rivoluzione del sistema -mondo”, è stato colto sia come contesto
per nuove esperienze sociali e politiche, sia come periodo a partire dal quale
sono culturalmente garantite, perché socialmente accettate come costume,
rivendicazioni di diritti e di libertà.
Tragici furono gli anni che seguirono al 1968 influenzati da opposte
correnti di assalti violenti: quella messa in atto da gruppi fascisti, neofascisti
con coperture governative (detta “strategia della tensione”; dalla strage di
piazza Fontana a quella della Stazione di Bologna), e quella attivata da gruppi
armati dell’estrema sinistra (gli “anni di piombo” con particolare analisi del
“delitto Moro”). Entrambe le proteste, legate all’arresto del boom economico e,
sul piano politico, all’avvio dei governi di “centro sinistra” uniti dal cosiddetto
“compromesso storico”, sono state analizzate come passaggi indispensabili per
comprendere l’Italia attuale e i problemi aperti; la democrazia, nata fragile nel
1945, subisce qui gli attacchi più violenti; si aprono squarci inquietanti sulla
difficoltà a garantire le libertà, i diritti e i doveri di un democratico vivere civile.
***
L’Italia che vorrei
La messa in comune delle attese e delle percezioni, la ricerca di un
confronto con autori e momenti della storia contemporanea hanno permesso di
avviare il terzo e più importante movimento di lavoro del gruppo: la
presentazione dell’Italia che vorrei. Per comune intesa l’attenzione si concentra
su due temi: garantire l’informazione, problema affrontato nell’ambiente scuola
e con riferimento ai mezzi di comunicazione; investire nel sociale, problema
affrontato con riferimento al futuro del lavoro e a partire dalla multiculturalità
come dato sociale sempre più evidente. L’obiettivo perseguito nei due campi è
passare dall’analisi alle proposte con indicazioni operative, senza pretese di
portare il tema a risoluzione.
Garantire l’informazione e la scuola
Considerando con un’ottica matura e consapevole l’istituzione scolastica,
la si definisce luogo di formazione civile e culturale dell’individuo; dunque
strumento fondamentale nella trasmissione dell’abitudine all’informazione,
intesa come mezzo per vivere attivamente il proprio ruolo di cittadino. Sarebbe
dunque auspicabile l’inserimento nei programmi ministeriali di uno spazio
riservato alla lettura comparata di quotidiani di diverso orientamento politico
riguardanti fatti di attualità. Tale lettura dovrebbe abituarci a ricercare “una
conoscenza sinottica del singolo evento”, ed acquisire “punti di vista diversi dal
proprio”. Tematiche di particolare interesse risultano i problemi inerenti al
“panorama politico” nazionale e internazionale, l’avvicinamento a “culture
diverse dalla nostra”, “la realtà sociale ed economica”, i principali fatti di
cronaca.
Per agevolare questo dibattito si sottolinea la necessità di una “maggiore
apertura” da parte degli insegnanti, che “ esprimano la loro opinione” senza
timore di influenzare gli studenti, perché essa viene considerata come un
“invito a riflettere”. E’ dunque forse opportuno sottoporre gli stessi docenti a
“test di valutazione”, volti a “verificarne le reali competenze sia nozionistiche
che in termini di capacità di interazione con gli studenti”.
Garantire l’informazione e i mezzi di comunicazione
E’ percepita una forte unilateralità nell’informazione fornita dai mass
media, dovuta allo stretto rapporto che lega la politica ai mezzi di divulgazione;
“nell’era del digitale sembra infatti non esserci più spazio per la realtà”. In un
contesto politico già segnato da molteplici ed accese conflittualità, “è
importante puntare ad un’ informazione sempre più completa, più oggettiva
possibile, senza condizionare il lettore / ascoltatore con una visione parziale e
spesso imprecisa degli avvenimenti”. Un ulteriore dato che contribuisce
all’abbassamento del livello informativo italiano consiste nella cosiddetta “TV
spazzatura”, la quale, preoccupandosi esclusivamente dell’audience, non
fornisce una gamma variegata di programmi, a scapito di quelli culturalmente
più impegnati. Sono questi, pare, i fattori che portano al disinteresse per
l’informazione, e di conseguenza ad una incapacità di selezione e giudizio dei
fatti realmente accaduti da parte del destinatario.
Per migliorare questa situazione è necessario che sia lo Stato che il
lettore / ascoltatore si responsabilizzino: il primo investendo maggiormente
nelle potenzialità delle piccole imprese che potrebbero dimostrarsi “fonte di
nuove ed originali idee, non conformiste, o in qualche modo problematiche”; al
secondo, invece, è richiesto un maggiore e migliore spirito critico che la scuola
ha il compito di formare tramite il “confronto alunno-docente”; è infatti dalla
scuola,“luogo in cui impariamo a muovere i primi passi nel mondo, che
dovrebbe iniziare una formazione aperta alla contemporaneità”.
La difficoltà a comprendere i linguaggi utilizzati dai media, a volte troppo
specifici, potrebbe risolversi creando telegiornali/giornali completi ma
diversificati, capaci di adattarsi alle diverse realtà sociali (per età, cultura,
professioni, scelta, tempo…), così che possano stimolare tutti ad una ricerca
più approfondita. Con le opportune correzioni, insomma, i media potrebbero
riqualificarsi come opportunità di “allenamento” del senso critico e divenire poi
ottimo contesto di confronto costruttivo e pacifico.
Investire nel sociale : un futuro al lavoro
Nel mondo del lavoro si fatica a trovare soluzioni in grado garantire un
futuro tutelato e stabile ai giovani; le attese e le proposte in merito sono
numerose: semplificare i procedimenti burocratici, spesso lunghi e contorti, in
modo da diminuire i tempi di attesa; evitare di estendere l’età pensionabile,
per garantire un accesso anticipato nel mondo lavorativo, “senza costringere
numerosi giovani e neolaureati ad una forzata creatività per reinventarsi e per
così dire riciclarsi in mestieri non sempre congeniali a loro, spinti dalla
necessità”; “eliminare il più possibile quella gerarchia di lobby legate a fazioni
politiche o a famiglie che da generazioni detengono il monopolio ognuna su un
determinato settore lavorativo”. Si auspica una maggiore mobilità all’interno
delle istituzioni politiche (Parlamento, Senato, Istituzioni locali) agevolando
anche in questi settori l’ingresso dei giovani, in modo tale che essi possano
affrontare tematiche e problematiche, frequentemente bistrattate, più vicine
alla nostra società. Altro investimento nel sociale può consistere in una
maggiore incentivazione della formazione degli studenti all’estero: “avvalersi
delle competenze e delle tecnologie in uso nei paesi più sviluppati e
all’avanguardia” permette di acquisire capacità che facilitano l’inserimento e
l’adattamento in numerosi settori lavorativi. Inoltre, sarebbe necessario
modificare e migliorare alcuni aspetti del sistema lavorativo, in modo da
promuovere investimenti: “diversificare le attività produttive secondo l’offerta
del territorio e non in base alla convenienza delle grandi industrie”;
“incentivare la qualità più che la quantità o la rapidità, e sostenere e riscoprire
così l’artigianato italiano e la produzione specifica”. Senza arrivare ad un
drastico e completo rifacimento del sistema lavorativo si possono garantire
tutela e stabilità per i giovani in questo campo.
Investire nel sociale: la multiculturalità
“Al giorno d’oggi in poche ore è possibile raggiungere l’altra estremità del
pianeta, le informazioni si diffondono sul web con rapidità impressionante;
tutto questo volenti o nolenti ha avvicinato molto i Paesi tra loro per numerose
dinamiche socio-politiche; ogni singolo individuo non può più considerarsi solo
romanticamente abitante di uno Stato”, ma ciascuno deve considerarsi
cittadino del mondo. Ma, per contrasto, “il progresso non è riuscito a frenare
né a limitare la paura del diverso. Quindi, in un mondo ormai globale, è
necessario ragionare su quelle costanti che appartengono ad ogni specifica
cultura per poter impostare una società basata sulla reciproca tolleranza”.
La sensibilità e la capacità di accogliere sono chiamate in causa dal
crescente fenomeno dell’immigrazione, con l’aumento di clandestini ai quali
non vengono riconosciuti nemmeno i diritti individuali primi (pensiamo alla
questione dei CPT).
Proposte concrete per la risoluzione del problema
potrebbero essere non solo la coordinazione di “iniziative per il controllo
congiunto delle frontiere e per la sorveglianza in mare”, ma anche quello per
“lo sviluppo di una comune attività investigativa sulle organizzazioni criminali
del traffico di clandestini” e per “l’investimento nelle economie di quei paesi da
cui i clandestini provengono mettendo a repentaglio la loro stessa vita”.
I diritti civili e la tutela del lavoro, attraverso leggi specifiche, vanno
garantiti: se è vero che, “da un punto di vista strettamente utilitaristico, gli
immigrati rappresentano una risorsa in termini di manodopera”, non è possibile
permettere lo sfruttamento “in nero”, causa di una nuova forma di
subordinazione e talora di schiavitù. Solo così si può aprire la strada delle
regolarizzazioni che agevolerebbero le procedure per l’ottenimento della
cittadinanza italiana.
Nella scuola dell’obbligo si potrebbero ripensare i programmi (alcuni
pensano in particolare all’ora di religione) introducendo temi di “intercultura”
per permettere alla diversità di diventare fonte di arricchimento collettivo
senza annullare la nostra identità. Allo stesso scopo si potrebbero “proporre più
frequentemente iniziative culturali (pubblicità progresso, manifestazioni,
mostre, cineforum, concerti…) che trasmettano il messaggio della necessità di
assumere un atteggiamento di rispetto e apertura reciproci, come sancisce la
nostra costituzione”.
“I principi fondamentali su cui la nostra società si dovrebbe fondare, l’
affermazione del primato della persona e quindi dei suoi diritti inviolabili
indipendentemente dallo stato di cittadinanza, e la realizzazione di una società
plurale, ma coesa, senza ghetti etnico - culturali, troverebbero forma entro
regole uguali per tutti fondate sulle libertà individuali e collettive”.
bibliografia
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Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Una voce ebraica, ed. il melangolo, Genova 2000
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John Rawls, Giustizia come equità, ed. Feltrinelli, Milano 2002
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Amartya Sen, Identità e violenza, ed. Laterza, Roma 2006
Immanuel Wallerstein, Alla scoperta del sistema mondo, ed. manifestolibri, Roma 2003
Pierre Bourdieu, Il senso pratico, ed. Armando, Roma 2005
Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi, Torino 1989
Paul Ginsborg, L’Italia del tempo presente, Einaudi, Torino 1998