UNIVERSITA’ DI PISA Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia Tesi di Laurea IMPIANTO PERCUTANEO DELLA PROTESI VALVOLARE AORTICA ( COREVALVE ) IN PAZIENTI ANZIANI AFFETTI DA STENOSI AORTICA DEGENERATIVA RELATORE: Chiar.mo Prof. Alberto Balbarini CANDIDATA: Paola Cristina Ferrauto ANNO ACCADEMICO 2012/2013 “ I sogni si realizzano passo dopo passo, giorno dopo giorno, guardando sempre nella loro direzione.” Dedicata alla mia Famiglia e ai miei Nonni 2 RIASSUNTO Introduzione. La stenosi aortica degenerativa è la forma più frequente di restringimento della valvola aortica nell’adulto. Questa patologia presenta un’evoluzione lenta ed a lungo asintomatica; tuttavia la comparsa dei tre sintomi fondamentali -angina, dispnea e sincope- è espressione, generalmente, di un peggioramento della prognosi del paziente. Il trattamento chirurgico è indicato nei pazienti sintomatici con stenosi severa. In aggiunta ad esso, è disponibile oggi una nuova metodica terapeutica: l’impianto percutaneo di una protesi valvolare aortica. Materiali e Metodi. Il presente studio prende in considerazione 267 pazienti trattati mediante l’impianto percutaneo di una protesi valvolare aortica autoespandibile (CoreValve, Medtronic, Inc., Minneapolis, MN), dal settembre 2007 al maggio 2013. Tutti i pazienti sono stati selezionati in base all’età ( ≥75 anni), al rischio chirurgico (Logistic EuroSCORE ≥ 15%), o alla presenza di gravi comorbilità in associazione ad un’età superiore ai 65 anni. Lo studio ha preso in considerazione i dati clinici prima dell’intervento, quelli a 30 giorni, 12 e 24 mesi dall’operazione; sono stati valutati attentamente la mortalità, la classe funzionale NYHA e le complicanze che si sono verificate a seguito della procedura. 3 Risultati. La procedura di impianto percutaneo della protesi è stata eseguita sotto anestesia locale nel 79% dei casi ( i primi casi eseguiti nel primo anno sono stati effettuati in anestesia generale), mediante un approccio trans-femorale in 210 casi ( 79%), e con un accesso attraverso l’arteria succlavia e/o trans-aortico nei rimanenti casi. I tassi di mortalità a 30 giorni risultano dell’8%, mentre la sopravvivenza a 12 e 24 mesi è dell’80,7% e del 77,2% rispettivamente. Alcune gravi complicanze si sono verificate durante l’intervento, come la morte procedurale (2%), l’ictus (2%), complicanze vascolari maggiori (5%) e la necessità di impiantare un Pacemaker nel 27% dei casi. I dati a 30 giorni, a 12 e 24 mesi dalla procedura dimostrano un netto miglioramento della sintomatologia per quasi tutti i pazienti trattati, ciò è valutabile mediante la classe funzionale NYHA della dispnea. Sul totale di 267 pazienti, 152 soggetti (57%) presentavano prima dell’intervento una classe NYHA III/IV, mentre già a 30 giorni dall’impianto 145 pazienti (78,8%) avevano una classe NYHA I. Conclusioni. L’impianto percutaneo della protesi valvolare aortica CoreValve è una nuova opzione terapeutica per i pazienti ad alto rischio con stenosi aortica severa. I tassi delle complicanze sembrano accettabili, considerando l'alta frequenza di malattie coesistenti in tali pazienti. La TAVI sembra quindi essere una scelta ragionevole in pazienti inoperabili o ad alto rischio con grave stenosi aortica sintomatica. 4 INDICE 1. INTRODUZIONE 8 1.1. Definizione di stenosi aortica 8 1.2. Epidemiologia e fattori di rischio della stenosi aortica degenerativa 8 1.3. Morfologia e fisiopatologia della stenosi aortica degenerativa 10 1.4. Manifestazioni cliniche della stenosi aortica 13 1.4.1. Anamnesi 13 1.4.2. Esame Obiettivo 15 1.5. 17 Esami strumentali nella diagnosi di stenosi aortica 1.5.1. Elettrocardiografia ( ECG) 17 1.5.2. Radiografia del torace 18 1.5.3. Ecocardiografia 18 1.5.4. Cateterismo cardiaco ed angiografia 22 1.5.5. Tomografia Computerizzata multislice e Risonanza Magnetica 24 1.6. 25 Terapia della stenosi aortica degenerativa 1.6.1. Terapia medica 26 1.6.2. Terapia chirurgica 26 1.6.2.1.Indicazioni all’intervento 28 1.6.2.2.Sostituzione valvolare aortica nell’anziano e paziente ad alto 30 rischio chirurgico 1.6.2.3.Complicanze post-operatorio nel paziente anziano 31 1.6.2.4.Sistemi di stratificazione del rischio chirurgico 33 1.7. 34 Trattamento percutaneo 1.7.1. Storia del trattamento percutaneo e sua evoluzione 35 1.7.2. Indicazioni al trattamento percutaneo 38 1.7.3. Complicanze del trattamento percutaneo 38 1.7.3.1.Complicanze del trattamento percutaneo: leak paravalvolare 42 5 2. MATERIALI E METODI 43 2.1. Linee Guida e Criteri di Selezione dei pazienti 43 2.2. Protocollo diagnostico pre-intervento 48 2.3. Caratteristiche della protesi valvolare aortica CoreValve 51 2.3.1.Frame Autoespandibile 51 2.3.2.Bioprotesi Valvolare 53 2.3.3.Catetere di rilascio della protesi 56 2.4. Descrizione della procedura 58 2.5. Assistenza post-operatoria 60 2.6. Follow-up post-procedurale 61 3. RISULTATI 62 3.1. Caratteristiche pre-operatorie della popolazione 62 3.2. Risultati della procedura 64 3.3. Eventi avversi correlati e non correlati con la procedura 65 3.3.1.Altre complicanze in ospedale 66 3.4. Risultati a 30 giorni dalla procedura 67 3.5. Analisi statistiche. Risultati a 6, 12 e 24 mesi dalla procedura 68 3.6. Complicanze a lungo termine (24 mesi) 69 3.7. Classificazione funzionale NYHA 70 3.8. Riospedalizzazioni 70 4. DISCUSSIONE 72 4.1. Esigenza del trattamento percutaneo della stenosi aortica degenerativa 72 4.2. Evoluzione del trattamento percutaneo 73 4.3. Studio clinico presso l’Università di Pisa 74 4.4. Caratteristiche pre-operatorie della popolazione 74 6 4.5. Risultati della procedura 75 4.6. Complicanze procedurali 76 4.7. Mortalità a 30 giorni, a 12 e a 24 mesi 77 4.8. Miglioramento della qualità di vita e classe funzionale NYHA 78 4.9. Fragilità del paziente che deve essere sottoposto a TAVI 78 4.10.Limiti dello studio 79 5. CONCLUSIONI 80 BIBLIOGRAFIA 81 7 1. INTRODUZIONE 1.1. Definizione di stenosi aortica. La stenosi aortica (SA) è un’ostruzione all’eiezione di sangue dal ventricolo sinistro, che può verificarsi a livello della valvola (valvolare), al di sotto (sottovalvolare) o al di sopra (sopravalvolare) di essa. La SA sopravalvolare è una patologia congenita, mentre quella sottovalvolare è essenzialmente, muscolare, causata sia da un’ostruzione fibromuscolare congenita, che dalla miocardiopatia ipertrofica.1 La SA valvolare è invece un restringimento dell’ostio della valvola: l’area valvolare aortica normale è compresa tra i 2 e 3 cm2 in relazione alla superficie corporea. Si parla comunemente di stenosi lieve se l’orifizio è compreso tra 1,5 e 2 cm2, di stenosi moderata se è tra 1 e 1,5 cm2 e di stenosi critica, quando l’ostio aortico misura meno di 0,8 cm2 (tutti i dati sono relativi ad un paziente di taglia media, con BSA di 0,5cm2/m2).2 La SA può essere classificata, dal punto di vista eziologico, in congenita od acquisita (essenzialmente reumatica e calcifica-degenerativa). La stenosi calcifica degenerativa correlata all’età è attualmente la causa più comune di SA negli adulti e la causa più frequente di sostituzione valvolare aortica.3 1.2. Epidemiologia e fattori di rischio della stenosi aortica degenerativa. Fra i molti dati in letteratura pubblicati riguardo all’epidemiologia della stenosi aortica, importante è stato il contributo dello studio svolto alla Mayo Clinic nel 1987, dove in un periodo di 5 anni si osservò una riduzione dal 30% al 18% dell’eziologia reumatica ed un incremento dal 30% al 46% di quella calcifica degenerativa.4 L’EuroHeart Failure Survey programme, su di una popolazione di più di 46000 pazienti con scompenso cardiaco ha stimato un’eziologia degenerativa calcifica 8 nell’81,9% dei pazienti, una genesi reumatica nell’11,2% e una congenita nel 5,6% dei pazienti.5 L’incremento dell’incidenza è espressione: di un progressivo invecchiamento generale della popolazione;6 di una ridotta incidenza della malattia reumatica nei paesi occidentali; di un aumento dell’incidenza della malattia aterosclerotica, a cui è eziologicamente correlata. Le stime epidemiologiche più recenti condotte in Europa e negli Stati Uniti mostrano una prevalenza di SA moderata-severa nel 4,6% della popolazione con età <75 anni, che arriva all’8,1% dopo gli 85 anni.7-9 In una review di uno studio ecocardiografico poi, si è osservato come circa un quarto della popolazione sopra i 65 anni è affetta da una sclerosi aortica senza stenosi e una percentuale dal 2 al 9% della popolazione sopra i 65 anni è affetta da stenosi aortica.4 La sclerosi aortica è definita da Otto e coll. come un ispessimento irregolare dei lembi valvolari aortici senza significativa ostruzione, che rappresenta un processo patologico più lieve e/o più precoce.10 La degenerazione calcifica tende ad esser presente sia su valvole morfologicamente normali sia su valvole congenitamente bicuspidi (che rappresentano un fattore predittivo di progressione più rapida). La SA calcifica degenerativa condivide fattori di rischio con la calcificazione anulare mitralica11-13 (e le due condizioni spesso coesistono) e con l’aterosclerosi. In particolare nel Cardiovascular Health Study, Stewart e al. hanno evidenziato come l’età, il sesso maschile, il peso, il fumo, la storia d’ipertensione, gli elevati livelli di lipoproteine e di colesterolo LDL, sono correlati alla malattia.8 Nello stesso studio, inoltre, è stato sottolineato come l’incidenza di accidenti cardiovascolari nei pazienti affetti da stenosi aortica calcifico-degenerativa sia aumentata: in particolare il rischio di mortalità cardiovascolare, di infarto acuto del miocardio e di scompenso cardiaco è del 66%, 46%, e 33% più alto che nei pazienti con sclerosi aortica 9 1.3. Morfologia e Fisiopatologia della stenosi aortica degenerativa. L’aspetto morfologico caratteristico della stenosi valvolare aortica calcifica (Figura-1-), è costituito dalla presenza nelle cuspidi di “masserelle” calcifiche che, protrudendo all’interno dei seni del Valsalva, impediscono l’apertura della valvola durante l’efflusso. A differenza della forma di origine reumatica, i depositi calcifici alterano l’architettura delle cuspidi soprattutto alle basi, non interessando i margini liberi e non verificandosi pertanto la fusione delle commessure.14 L’area valvolare residua quando la valvola non è gravemente calcifica può assumere l’aspetto a Y. La fase iniziale del processo, che risulta non significativo dal punto di vista emodinamico, prende il nome di sclerosi aortica. Figura -1- Rappresentazione della Morfologia e degli effetti fisiopatologici della stenosi aortica. In alto sono osservabili i vari tipi di stenosi aortica: congenita bicuspide, reumatica e degenerativa, così come la tendenza a confluire nella forma calcifico degenerativa dei primi due. In basso è rappresentata la conseguenza principale del restringimento aortico: l’ipertrofia ventricolare sinistra. (Frank H. Netter M.D. Atlante di Anatomia e Fisiopatologia Clinica. Il Cuore. Ed Masson) Nella stenosi aortica degenerativa, dal punto di vista microscopico, si osserva la presenza di un infiltrato infiammatorio cronico di Linfociti T e Macrofagi, di depositi 10 lipidici nella sede della lesione e nell’adiacente zona fibrotica, e di un ispessimento fibrotico con collagene ed elastina.15 La fisiopatologia della stenosi aortica, costituisce la base della sintomatologia e dell’evoluzione della malattia. La riduzione dell’area valvolare determina una difficoltà netta del ventricolo sinistro (VS) a svuotarsi ad ogni sistole ventricolare. Il progressivo aumento della Pressione ventricolare causa, per stenosi dell’oltre il 50%, un gradiente transvalvolare.16 L’innalzamento della Pressione nel ventricolo sinistro determina, per la Legge di Laplace, un aumento dello stress parietale, ed una conseguente ipertrofia compensatoria con aumento dello spessore della parete ventricolare (Figura -1- ). In passato non veniva attribuita al cardiomiocita la capacità di rientrare in circolo mitotico. Sappiamo che il numero delle cellule miocardiche cresce notevolmente nei primi tre-quattro mesi di vita per poi arrestarsi completamente. Da quel momento aumentano le dimensioni della cellula che passa da 5 a 12-17 µm. Secondo questa ipotesi l’unica possibilità che le cellule muscolari cardiache hanno di rispondere ad un sovraccarico di pressione sarebbe l’ipertrofia. In realtà secondo studi recenti, la rigenerazione dei miociti sembrerebbe far parte della normale fisiologia del cuore. La massa cardiaca crescerebbe anche dopo i trequattro mesi di vita, non solo grazie alla crescita in volume della singola cellula ma anche per l’aumento del numero delle cellule; per cui in questa fase della vita dell’individuo il bilancio tra rigenerazione cellulare e apoptosi sarebbe a favore della prima. Nell’età adulta esisterebbe un sostanziale equilibrio tra generazione e morte cellulare, nel cuore senile l’equilibrio si modificherebbe a favore del processo apoptotico.17 L’ipertrofia del VS causa, a sua volta, una riduzione della compliance dello stesso: si viene quindi a creare un aumento della Pressione telediastolica, questo potrebbe alterare il riempimento ventricolare, tuttavia, una contrazione atriale più vigorosa, 11 permette l’apporto sanguigno richiesto e la lunghezza delle fibre necessari per una gittata sistolica adeguata: la contrazione atriale riveste un ruolo determinante nei pazienti con stenosi aortica. Sono state riferite differenze legate al sesso nella risposta del ventricolo sinistro alla SA.18 Le donne presentano più frequentemente una funzione ventricolare normale o persino superiore alla norma e un ventricolo sinistro più piccolo, con pareti più spesse, ipertrofia concentrica con disfunzione diastolica e stress parietale sistolico normale o inferiore alla norma. Gli uomini hanno più frequentemente ipertrofia ventricolare sinistra eccentrica, eccessivo stress parietale sistolico, disfunzione sistolica e dilatazione ventricolare. Nella maggior parte dei pazienti con SA severa la funzione sistolica del VS è normale, tuttavia una riduzione della contrattilità miocardia, o una non più adeguata riserva di precarico, possono determinare una riduzione della funzione ventricolare sinistra. Nei pazienti in età senile, che rappresentano la popolazione prevalente degli affetti da stenosi aortica calcifica degenerativa, i processi di ipertrofia e di riduzione della funzione ventricolare sinistra avvengono più precocemente che nel resto della popolazione.19 La rigidità e la scarsa compliance delle pareti aortiche e delle pareti miocardiche di un anziano determinano una più veloce tendenza all’ipertrofia e alla disfunzione diastolica. Nell’anziano, appare più rappresentato un ulteriore processo patologico, già presente nelle stenosi non degenerative: l’ischemia miocardica. Il flusso coronarico, in un paziente con SA calcifico-degenerativa, sovente presenta alterazioni dovute ad una coronaropatia aterosclerotica, con cui, la valvulopatia in questione, condivide molti fattori di rischio. Questo, insieme alla maggiore richiesta di ossigeno per la presenza di ipertrofia, sono certamente degli stimoli ipossico-ischemici. 12 Si può infine notare come la compressione esercitata dallo stesso miocardio ipertrofico sulle arterie coronariche e la ridotta Pressione di perfusione coronarica (determinata da un aumento della Pressione telediastolica che riduce il gradiente transvalvolare durante la diastole) possono causare un’ischemia a prevalenza subendocardica. 1.4. Manifestazioni cliniche della stenosi aortica. 1.4.1. Anamnesi. Nella storia naturale degli adulti con SA, vi è un lungo periodo di latenza durante il quale si verificano una progressiva ostruzione e un aumento del carico pressorio sul miocardio, mentre il paziente rimane asintomatico. I sintomi cardinali della SA acquisita sono rappresentati dall’angina pectoris, dalla sincope, dalla dispnea da sforzo, e dallo scompenso cardiaco.20 Tipicamente questi sintomi compaiono tardivamente (settima-ottava decade), dopo un lungo periodo di latenza clinica. Inoltre, l’anziano presenta una ridotta percezione ed attenzione al dolore: entrambi questi due elementi sono responsabili di un ritardo nella prima valutazione clinica, da parte del medico, quando ormai siamo ad uno stadio avanzato di stenosi aortica. L’angina pectoris, si verifica nei due terzi circa dei pazienti con stenosi critica, e tende a precipitare con lo sforzo ed essere attenuata dal riposo.20 Nei pazienti senza coronaropatia, l’angina deriva dalla combinazione dell’aumento delle richieste di ossigeno del miocardio ipertrofico e dalla riduzione dell’apporto di ossigeno secondaria a eccessiva compressione dei vasi coronarici.21 Nei pazienti con coronaropatia, l’angina è causata dalla combinazione dell’ostruzione coronarica con l’aumentato fabbisogno di ossigeno tipico della SA. 13 La sincope è più spesso dovuta alla riduzione della perfusione cerebrale che si verifica durante lo sforzo, quando la pressione arteriosa diminuisce in conseguenza della vasodilatazione sistemica, mentre la portata cardiaca rimane fissa. Nella SA severa la sincope è stata anche attribuita ad un malfunzionamento del meccanismo barocettoriale e a una risposta vasopressiva a uno spiccato innalzamento della Pressione sistolica ventricolare sinistra durante lo sforzo. Sono frequenti i sintomi premonitori della sincope come brevi episodi di obnubilamento visivo o vertigini da sforzo. La sincope a riposo può essere dovuta a Fibrillazione Ventricolare transitoria, dalla quale il paziente si riprende spontaneamente; a Fibrillazione Atriale transitoria con perdita del contributo atriale al riempimento ventricolare sinistro e conseguente brusca caduta della portata cardiaca; a Blocco Atrioventricolare transitorio dovuto all’estensione dei depositi calcarei della valvola aortica al sistema di conduzione.2 La dispnea è dovuta all’incremento della pressione capillare polmonare provocato dall’aumento della pressione telediastolica del ventricolo sinistro, secondario a sua volta alla ridotta compliance.22 La dispnea da sforzo, l’ortopnea e la dispnea parossistica notturna sono dovuti a diversi gradi di ipertensione venosa polmonare e sono caratteristiche delle fasi più avanzate della malattia. Oltre a tali sintomi, nelle fasi più avanzate della malattia, possono comparire segni dello scompenso cardiaco, quali edemi periferici, epatomegalia e ritenzione idricosalina. È stato osservato come la prognosi, per i pazienti sintomatici non sottoposti a sostituzione valvolare aortica, sia grave e correlata con il tipo di sintomi: il rischio di morte sarà maggiore per coloro che già presentano sincope o segni di scompenso (Figura -2-). 14 Le emorragie digestive, spesso associate con angiodisplasia, e gli emboli calcifici a vari organi possono essere presenti nei pazienti con SA, tuttavia, entrambi tendono ad essere reversibili dopo sostituzione valvolare aortica. Figura -2- Rappresentazione grafica della storia naturale della stenosi aortica: la malattia presenta un lungo periodo di latenza clinica, quando però essa si manifesta, la curva di sopravvivenza ha un rapido declino. Con una prognosi di 5 anni dalla comparsa dell’angina, di 3 anni dalla comparsa della sincope e di 2 anni dalla comparsa dello scompenso. (Branwald et al. Cardiovascular Diseases. 7° edition. 2007). 1.4.2. Esame obiettivo. L’esame obiettivo, mette in luce un polso arterioso caratterizzato da un’ascesa lenta, causata da una sistole e un acme sistolico più lunghi (pulsus tardus), e da una piccola pulsazione arteriosa quando il ventricolo non è più capace di mantenere una gittata elevata (pulsus parvus). Entrambi gli aspetti si osservano soprattutto nelle stenosi aortiche severe (pulsus parvus et tardus), ma con la comparsa di una insufficienza ventricolare sinistra il polso è piccolo. 15 La palpazione delle carotidi nel paziente anziano può rilevare un reperto normale, anche in presenza di stenosi severa. Ciò, a differenza dei pazienti più giovani, dove è facile apprezzare un' incisura anacrota del polso carotideo e grossolane vibrazioni sistoliche che costituiscono il cosiddetto fremito carotideo. L’itto della punta è sollevante e prolungato, si sposta inferiormente e lateralmente nei casi di scompenso sinistro. Un fremito sistolico si apprezza frequentemente alla base e tende ad irradiarsi alle carotidi. L’auscultazione cardiaca nei pazienti anziani può presentare obiettività differenti da quelli dei pazienti più giovani. Durante l'auscultazione si può apprezzare anzitutto il soffio sistolico eiettivo che negli anziani con stenosi calcifica degenerativa ha un suono più dolce e musicale, udibile dalla base all’apice, ma soprattutto all’apice (fenomeno di Gallaverdin). Tali caratteristiche “atipiche” sono determinate dalle calcificazioni che rendono le cuspidi libere di muoversi per l’assenza di fusioni valvolari. Un ulteriore aspetto può essere un secondo tono unico (per la presenza di una sovrapposizione tra A2 e P2), o un tono assente. Si può inoltre osservare come la presenza di un’insufficienza cardiaca, associata alla SA, possa alterare il quadro clinico: una gittata cardiaca ridotta può causare infatti, un soffio sistolico più debole, un ventricolo sinistro più dilatato, con la presenza di terzo tono e di altri segni generali di scompenso. Fondamentale a questi fini, risulta un’attenta valutazione ecocardiografica che consenta una diagnosi differenziale tra SA grave con ridotta funzione ventricolare, e uno scompenso ad eziologia occulta. Nel primo caso infatti l’intervento chirurgico può trattare la valvulopatia e migliorare il profilo clinico del paziente. 16 1.5. Esami strumentali nella diagnosi di stenosi aortica. Secondo le linee guida dell’European Society of Cardiology (ESC/EACTS GUIDELINES versione 2012),23 la diagnosi della stenosi aortica deve avvalersi della valutazione clinica e strumentale. La misurazione del gradiente trans-valvolare e dell’area valvolare sono, insieme alla frazione di eiezione, i due parametri fondamentali per la valutazione della stenosi aortica. Entrambi possono essere misurati indifferentemente24-28 con tecnica invasiva in sala emodinamica o con tecniche non invasive in laboratorio di ecocardiografia.29 Fra questi, quello che ha un ruolo maggiore attualmente è l’ecocardiografia. 1.5.1. Elettrocardiografia (ECG). Nella SA severa, l’ECG mostra segni di ipertrofia ventricolare sinistra in circa l’85% dei casi. Sono comuni un’inversione dell’onda T e il sottoslivellamento del tratto ST nelle derivazioni con QRS positivo. Sottoslivellamenti ST superiori a 0,2 mV, sono segni di sovraccarico ventricolare sinistro e predettivi di una grave ipertrofia ventricolare.2 Vi è evidenza di un ingrandimento atriale sinistro in più dell’80% dei pazienti con SA severa e isolata. Deve essere tenuto oltremodo in considerazione, come un 15% circa dei pazienti con SA severa non mostri segni elettrocardiografici di ipertrofia ventricolare; quindi l’assenza di ipertrofia ventricolare sinistra non esclude la presenza di una SA critica. Le infiltrazioni calcifiche, possono estendersi al sistema di conduzione e determinare dei Blocchi Atrio-ventricolari e intra-ventricolari nel 5% dei pazienti con SA calcifica. Nei pazienti anziani infine, la Fibrillazione Atriale può essere presente in caso di coronaropatie o insufficienza mitralica associate. 17 1.5.2. Radiografia del torace. Tranne la presenza delle calcificazioni valvolari in pazienti con SA calcificadegenerativa, visibili in special modo nelle proiezioni laterali, l’esame può essere essenzialmente nella norma, anche in pazienti con SA severa. Il cuore di solito ha dimensioni normali o è leggermente ingrandito, con arrotondamento del margine ventricolare sinistro e dell’apice per la presenza di ipertrofia concentrica. Un reperto di comune riscontro è la dilatazione poststenotica dell’aorta ascendente.2 L’atrio sinistro può essere leggermente ingrandito nei pazienti con SA severa, e vi possono essere segni radiologici di ipertensione venosa polmonare. Tuttavia quando l’ingrandimento atriale sinistro è marcato, bisogna sospettare una concomitante valvulopatia mitralica. 1.5.3. Ecocardiografia. L’ecocardiografia rappresenta l’indagine fondamentale nella valutazione e nel follow-up dei pazienti con SA, nonché nella selezione dei pazienti candidati all’intervento chirurgico. Il normale grado di apertura della valvola aortica è 1,6-2,6cm. L’ETT bidimensionale è utile per riconoscere le calcificazioni valvolari, delineare i lembi valvolari e, a volte, determinare la gravità della stenosi consentendo la visualizzazione dell’orifizio.30 L’ecocardiografia Doppler permette di calcolare il gradiente pressorio ventricolo sinistro-aorta registrando il segnale di velocità del flusso sistolico attraverso la valvola aortica31, 32 e ricorrendo all’equazione di Bernoulli modificata. Con l’equazione di continuità l’area effettiva dell’orifizio valvolare aortico può anche essere ricavata dall’esame Doppler.33 L’esame transtoracico permette una buona visualizzazione dei lembi e delle calcificazioni, inoltre si può osservare l’orifizio e la motilità della valvola (Figura -3-). 18 Come si è già accennato, le valvole calcificiche-degenerative appaiono come strutture tricuspidi, con marcato ispessimento alle basi dei lembi, e si distinguono dalle stenosi reumatiche, caratterizzate da aumento dello spessore lungo le commessure valvolari. A seconda della durata e della gravità della malattia avremo poi un’ampia gamma di immobilità e di stenosi. Figura -3- Ecocardiogramma registrato in un paziente con stenosi aortica severa: l’acquisizione è una proiezione parasternale asse lungo registrata in sistole. La valvola aortica si presenta marcatamente ispessita e calcifica, ed in sistole il suo movimento sembra occludere l’orifizio. Figura -4- Doppler ad onda continua registrato all’apice del ventricolo sinistro: si noti il segnale del flusso in allontanamento dalla sonda (al di sotto della linea dello zero) attraverso la valvola stenotica. La velocità di picco durante la sistole è di 400 cm/sec. Essa corrisponde ad un gradiente Massimo di 77 mmHg, ed uno medio di 49,4 mmHg. L’evidenza di calcificazioni valvolari estese è ormai considerato un parametro fondamentale per l’identificazione dei pazienti con stenosi aortica severa asintomatici ad alto rischio.34, 35 19 Le conseguenze della SA comprendono la dilatazione post-stenotica dell’aorta, l’ipertrofia ventricolare sinistra e l’eventuale riduzione della funzione ventricolare (calcolata con la frazione d’eiezione, EF%). L’eco-Doppler risulta molto utile per valutare l’entità della stenosi aortica: ciò può avvenire andando a quantificare sia la velocità di picco istantaneo, sia i gradienti transvalvolari (Figura -4-). Una volta determinata la velocità, i gradienti pressori attraverso l’orifizio ristretto possono essere ricavati, tramite l’Equazione di Bernoulli. I componenti dell’equazione di Bernoulli sono l’accelerazione di flusso, l’accelerazione convettiva e l’attrito viscoso. Essendo però questi ultimi due trascurabili nei sistemi biologici, l’equazione completa può essere modificata: P1-P2 = (V2 - V1) × 4 ed ulteriormente modificata in assenza di una significativa velocità V1, così: ΔP= 4V; dove P1 è rappresentata dalla pressione prossimale all’ostruzione; P2 da quella distale; V1 è la velocità prossimale all’ostruzione ed infine V2 è la velocità distale all’ostruzione. I gradienti determinati con l’ecocardiografia Doppler si correlano molto strettamente con le misurazioni invasive determinate contemporaneamente.36 Tuttavia può essere possibile una sottostima del gradiente di picco con il cateterismo, in quanto generalmente le pressioni ventricolare ed aortica non sono contemporanee, e la stima della differenza pressoria avverrà quando la pressione aortica è in fase ascendente. L’area effettiva dell’orifizio valvolare è difficilmente misurabile con l’ecotranstoracico, in quanto può essere irregolare e non tutte le porzioni ostiali possono essere sullo stesso piano. L’area valvolare aortica è ricavabile con l’esame Doppler, in maniera indiretta utilizzando l’equazione di continuità (Figura -5-).37, 38 Essa afferma che il flusso attraverso una struttura è uguale sia nel punto di ingresso che in quello d’uscita, se c’è un cambiamento nell’area di flusso questo si deve accompagnare anche ad un 20 cambiamento di velocità proporzionale. Pertanto ad una riduzione dell’area di efflusso, ad esempio di 4 volte, si assocerà un incremento di 4 volte della velocità. Figura -5- Calcolo dell’area aortica usando l’equazione di continuità: il flusso di sangue che fuoriesce dal ventricolo sinistro è calcolato moltiplicando A1 per V1, questo prodotto è diviso per la velocità transvalvolare V2, permettendo di ricavare l’area della valvola stenotica A2. Nella pratica clinica, l’area di efflusso del ventricolo sinistro si può determinare con l’ecocardiografia presupponendo una geometria circolare, mentre la velocità in quella sede (V1) è calcolabile con il Doppler pulsato. Il prodotto fra questi due valori costituisce il flusso volumetrico dal tratto di efflusso del ventricolo sinistro, dividendo il tutto per la velocità doppler sulla valvola stenotica (V2) si può ricavare l’area valvolare.37 Nella maggioranza dei pazienti l’esame ecocardiografico fornisce quindi le importanti informazioni emodinamiche richieste ed il cateterismo cardiaco appare non indispensabile.31 Il ruolo dell’ecocardiogramma è fondamentale sia nella diagnosi che nel follow-up della malattia, al punto che l’European Society of Cardiology raccomanda controlli semestrali nei pazienti con SA severa e asintomatici, ogni 2 e 3 anni, per quelli con SA moderata e lieve (classeI).23 21 1.5.4. Cateterismo cardiaco ed angiografia. Il ruolo principale del laboratorio di cateterismo cardiaco nei pazienti con SA consiste nel determinare se coesista patologia delle arterie coronarie nei pazienti che vengono presi in considerazione per la chirurgia. Alcuni rischi sono associati alla rapida iniezione di un grande volume di mezzo di contrasto in un ventricolo sinistro ad alta Pressione, e quindi la ventricolografia sinistra in genere non è consigliabile nei pazienti con SA critica. Gli studi angiografici del ventricolo sinistro e della valvola aortica in questi pazienti sono eseguiti meglio iniettando il mezzo di contrasto nell’arteria polmonare e filmando nelle proiezioni obliqua anteriore destra a 30º e in quella obliqua anteriore sinistra a 60º.2 Le misurazioni delle Pressioni, in ventricolo sinistro ed in aorta ascendente, possono avvenire simultaneamente con un unico catetere con micromanometro, e con trasduttore prossimale e distale, che permette quindi di quantificare l’entità delle Pressioni contemporaneamente (Figura -6-). Principalmente sono due i tipi di gradienti utilizzati nella pratica clinica per la identificazione della severità della stenosi aortica: - il gradiente picco-picco, che costituisce la differenza tra la Pressione massima in aorta (Ao) e la pressione massima in ventricolo sinistro (VS); - il gradiente medio, calcolato con l’integrale della differenza pressoria tra aorta (Ao) e ventricolo sinistro (VS) durante la durata della sistole. Come già detto, il gradiente picco-picco può essere inferiore a quello di picco istantaneo misurato all’ecocardiografia, mentre il gradiente medio è ben correlato sia nel cateterismo che con gli ultrasuoni.39 La determinazione della gittata cardiaca per via invasiva può essere eseguita in vari modi. Una modalità accurata è rappresentata dalla tecnica di Fick: conoscendo il 22 consumo di ossigeno nell’unita di tempo (L/min) e la differenza arterovenosa di ossigeno (vol%), è agevole ricavare la gittata cardiaca (L/min). L’area dell’orifizio aortico è valutabile conoscendo proprio la gittata cardiaca ed il gradiente medio (GM), ed applicando la fomula di Gorlin: questa è il rapporto tra la gittata cardiaca ed il prodotto tra la radice quadrata del gradiente medio, la frequenza cardiaca (FC) ed periodo di eiezione sistolica (PES) in secondi: Area Valvolare Aortica= gittata cardiaca ⁄ 44,3(PES)(FC)√GM Figura -6- Tracciato emodinamico di un paziente con stenosi aortica: sono osservabili due tracce pressorie simultanee, una del ventricolo sinistro (LV) e l’altra dell’aorta (Ao). Il ventricolo sinistro genera una pressione maggiore di quella trasmessa all’aorta, per la presenza della stenosi. Il gradiente piccopicco (peak-to-peak) rappresenta la differenza tra la pressione massima registrata nella cavità ventricolare e quella massima in aorta. Il gradiente istantaneo di picco (peak) è la differenza massima tra pressione misurata in aorta e quella nel ventricolo sinistro (di solito in protosistole). Il gradiente medio (area tratteggiata) è l’integrale della differenza tra ventricolo sinistro e aorta durante la sistole. 23 Inoltre, data la sempre più consistente associazione con la coronaropatia atereosclerotica in special modo nei pazienti anziani, una valutazione coronarografica può essere indicata. L’European Society of Cardiology raccomanda l’esecuzione del cateterismo cardiaco per la valutazione dei pazienti con stenosi aortica, nel caso non si arrivi ad ottenere informazioni utili con altri esami non invasivi (classeI). Le stesse linee guida indicano l’esecuzione di una coronarografia prima della sostituzione valvolare aortica nei pazienti a rischio di coronaropatia (classeI).23 1.5.5. Tomografia Computerizzata (TC) multislice e Risonanza Magnetica (RM). La TC multislice e la RM, non rientrano nella diagnosi e nella gestione routinaria di un paziente con stenosi aortica, tuttavia entrambe ci possono dare informazioni utili sulla morfologia dell’aorta ascendente. La TC multislice ha dimostrato un ruolo importante nel riferire il grado di calcificazione valvolare e nella sua progressione: tale capacità diagnostica può determinare applicazioni cliniche rilevanti in considerazione dell’importanza prognostica della sclerosi valvolare, nonché della valutazione di un’eventuale calcificazione delle protesi valvolari.40 La RM è in grado di valutare la morfologia valvolare, la presenza di ispessimenti, e la mobilità dei lembi; tuttavia la presenza di calcificazioni può determinare un’interferenza di segnale; è doveroso evidenziare che la risonanza magnetica permette di misurare l’orifizio valvolare ed anche l’entità della stenosi con buona concordanza rispetto alle altre tecniche strumentali. 24 1.6. Terapia della stenosi aortica degenerativa. La terapia risolutiva per pazienti con stenosi aortica degenerativa è rappresentata dall’intervento chirurgico, esso infatti costituisce il trattamento di elezione per i pazienti sintomatici, con SA severa. Tuttavia esso, nonostante sia considerato a basso rischio di mortalità nella popolazione generale, può rappresentare un’opzione terapeutica non percorribile per un sottogruppo di pazienti nei quali il rischio operatorio è molto elevato o che sono giudicati inoperabili. L’età avanzata di per sé non è da considerarsi controindicazione alla cardiochirurgia, pur comportando, specialmente nell’ultraottantenne, un rischio di complicanze almeno due volte maggiore rispetto a quello della popolazione più giovane.41, 42 La Euro Heart Survey43, pubblicata sullo European Heart Journal nel 2003, ha evidenziato che circa un terzo dei pazienti con valvulopatia di interesse chirurgico non veniva operato, o perché non riferito, o perché rifiutato dal cardiochirurgo in ragione dell’età avanzata, ma in modo particolare per la presenza di comorbidità. Queste nel paziente anziano sono significativamente più frequenti e più gravi: coronaropatia nel 30-60% dei casi, insufficienza renale nel 4-11%, ictus nell’11-19%, arteriopatia periferica nel 9%, diabete mellito nell’11-21%.44-46 Tuttavia per una classe di pazienti, non candidati all’intervento chirurgico è recentemente disponibile una nuova e valida opzione: l’impianto percutaneo di una protesi valvolare aortica. A questi trattamenti si affiancano due approcci, non risolutivi, costituiti dalla terapia medica e dalla valvuloplastica percutanea. 25 1.6.1. Terapia medica. La terapia medica è indicata nei pazienti che presentano un'insufficienza cardiaca associata alla SA in attesa dell’intervento chirurgico: essa si compone dei glucosidi digitatici, degli ACE inibitori e dei diuretici. Tutte e tre queste classi di farmaci hanno l’obiettivo di migliorare la funzione dei pazienti in attesa dell’intervento chirurgico o in quelli non candidati alla chirurgia. I glicosidi digitalici sono indicati se il volume ventricolare è aumentato o la FE ridotta. Benchè i diuretici siano utili quando vi è un accumulo patologico di liquidi, devono essere impiegati con cautela poiché l’ipovolemia può ridurre l’elevata pressione telediastolica ventricolare sinistra, diminuire la portata cardiaca e provocare l’ipotensione ortostatica. Gli ACE-inibitori devono essere usati con cautela, tuttavia sono farmaci efficaci nel trattare pazienti sintomatici con disfunzione sistolica ventricolare sinistra non candidati per la chirurgia. La terapia deve essere iniziata a basse dosi con incrementi graduali fino alla dose ottimale, cercando di evitare l’ipotensione.2 In tutti i pazienti con SA è indicata la profilassi antibiotica per i rischi di endocardite. Per i pazienti con SA severa è necessaria la limitazione all’attività fisica e agonistica. 1.6.2. Terapia chirurgica. Negli adulti e negli anziani la riparazione della valvola (valvuloplastica) rappresenta molto raramente un’opzione, data la calcificazione dei lembi valvolari. Viene pertanto eseguita di routine la sostituzione valvolare aortica (SVA), con protesi meccaniche o biologiche. Queste ultime sono la scelta più giusta nei pazienti anziani (oltre i 65 anni), sia per le caratteristiche emodinamiche delle valvole, sia per la loro durabilità e la mancanza di necessità di una terapia anticoagulante a vita. 26 Tuttavia nessuna delle correnti protesi chirurgiche appare ideale. Le valvole meccaniche (Figura -7-) sono ora estremamente durature, hanno un’ottima emodinamica, e sono minimamente trombogeniche con un’adeguata terapia anticoagulante. L’anticoagulazione corrente si basa soprattutto sugli antagonisti della vitamina K.47 Rispetto alle valvole meccaniche, le valvole bioprotesiche (Figura -8-) non richiedono terapia anticoagulante con Warfarin, e quindi hanno un minor rischio di sanguinamento. Tuttavia, la durata a lungo termine varia notevolmente con l'età per queste valvole. La degenerazione strutturale della valvola portando a sintomi o reintervento, comunemente associati con calcificazione dei lembi biologici, si verifica con una media da 10 a 12 anni nei pazienti più giovani e tra 15 e 18 anni nei pazienti più anziani. La libertà attuariale da reintervento dopo l'impianto di moderne valvole bioprotesiche è circa il 95% a 5 anni, il 90% a 10 anni, ma scende al 70% a 15 anni.48 Figura -7- Figura -8- 7)Valvola meccanica a doppio emidisco: Questa tipologia di protesi (St. Jude) ha una buona emodinamicità ed è largamente utilizzata fra le valvole meccaniche. 8)Valvola Biologica: Questa protesi (Carpentier-Edwards) è di pericardio porcino, è conservata in gluteraldeide e fissata su di una struttura in teflon. La sostituzione valvolare aortica con bioprotesi porcine dotate di stent è indicata nei soggetti anziani, particolarmente se in ritmo sinusale, per la facilità tecnica di impianto, per la durata sufficientemente prolungata in questa fascia d’età e per la 27 possibilità di non ricorrere alla terapia anticoagulante con dicumarolici dopo le prime 212 settimane dall’intervento (sebbene il trattamento a lungo termine con Aspirina a dosi di 100-375 mg/die sia consigliato). 1.6.2.1. Indicazioni all’intervento. Secondo le linee guida dell’European Society of Cardiology (ESC/EACTS GUIDELINES),23 le indicazioni al trattamento della SA severa sono: CLASSE I: il trattamento di sostituzione valvolare è indicato in: - pazienti con SA severa sintomatici per dispnea, sincope, angina ( livello di evidenza B) - pazienti con SA che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico di rivascolarizzazione miocardica (livello di evidenza C) - pazienti con SA severa che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico sull’aorta o sulle altre valvole (livello di evidenza C) - pazienti con SA severa e disfunzione ventricolare sinistra ( frazione di eiezione <50%) (livello di evidenza C) CLASSE IIa : il trattamento di sostituzione valvolare è raccomandato in: - pazienti con SA moderata che devono essere sottoposti ad intervento chirurgico di rivascolarizzazione miocardica o ad intervento chirurgico sull’aorta o sulle altre valvole (livello di evidenza B) - pazienti asintomatici ma con SA estremamente severa ( area valvolare <0,6 cm2, gradiente medio >60 mmHg, velocità del jet transvalvolare >5.5 m/s) quando la stima del rischio operatorio è <1% (livello di evidenza C) CLASSE IIb: il trattamento di sostituzione può essere considerato in: 28 - pazienti con SA severa asintomatici ma con risposta anormale all’esercizio ( sviluppo di sintomi o ipotensione asintomatica) (livello di evidenza C) - pazienti con SA severa asintomatici se esiste un’alta probabilità di rapida progressione ( età avanzata, grado di calcificazione e coronaropatia) (livello di evidenza C) CLASSE III: il trattamento di sostituzione valvolare non è utile per prevenire la morte improvvisa in pazienti asintomatici con stenosi aortica che non possiedono le caratteristiche sopraelencate all’interno delle classi IIa e IIb (livello di evidenza B) Per tutti gli altri pazienti l’indicazione è la rivalutazione clinica ed ecocardiografica ogni 6/12 mesi o quando la sintomatologia compare.23 Figura-9- Management della stenosi aortica severa. La Figura-9- ci mostra le indicazioni per il trattamento della stenosi aortica severa. 29 1.6.2.2. Sostituzione valvolare aortica nell’anziano e pazienti ad alto rischio chirurgico. Sebbene molti dati in letteratura dimostrino la fattibilità e la buona prognosi di interventi di SVA nell’ ottantenne e nel novantenne49, la decisione sul procedere o meno all’intervento chirurgico nell’anziano deve essere attentamente ponderata. In particolare, è opportuno valutare: la severità della stenosi aortica, la storia clinica del paziente, le eventuali comorbilità e tener conto dei desideri del paziente e della famiglia. I dati disponibili in letteratura evidenziano, negli anni, una riduzione del rischio chirurgico e delle complicanze immediate e a distanza, ed un aumento della sopravvivenza: ampi registri come il Society of Thoracic Surgeons (STS) National Database riportano una mortalità ospedaliera, nell’anno 2007 in 17952 pazienti, del 3,4% per la sostituzione valvolare aortica isolata. Il dato di mortalità ospedaliera, ha, storicamente, registrato una riduzione del’l1% circa ogni decennio, nonostante l’aumento progressivo dell’età media dei pazienti operati, che si attesta attualmente sopra i 70 anni e della complessità dei pazienti in relazione alle comorbilità.50 La rilevanza del rischio legato all’età avanzata è, comunque, inferiore a quella che ci si potrebbe aspettare: l’STS National Database riporta una mortalità del 4,9% in pazienti di età >65 anni e del 2,3% in pazienti di età <65 anni. La sopravvivenza complessiva dopo sostituzione valvolare aortica, in gruppi eterogenei di pazienti, è del 75% a 5 anni, del 60% a 10 anni e del 40% a 15 anni.51 I pazienti ad alto rischio chirurgico coincidono spesso proprio con anziani affetti da stenosi aortica calcifica-degenerativa severa: modelli di valutazione del rischio pongono con score di rischio maggiori, pazienti di età superiore ai 70 anni, ed ancor di più sopra gli 80 anni. 30 I soggetti con insufficienza renale cronica e in dialisi, così come quelli con una ridotta funzione ventricolare sinistra, o che hanno subito precedenti interventi sul cuore, hanno un rischio più alto dei pazienti senza comorbilità o precedenti operazioni cardiache. Infine, anche altre valvulopatie (mitralica o tricuspidale) o bypass aortocoronarici concomitanti, possono associarsi, ad una peggior prognosi post-operatoria.52 La mortalità, per i pazienti anziani con sostituzione valvolare aortica, va dal 19% al 24% nei pazienti con bypass aortocoronarico concomitante. La chirurgia sembra inappropriata in pazienti con malattie neoplastiche avanzate, deficit neurologici da accidenti cerebrovascolari e in soggetti fortemente debilitati. 1.6.2.3. Complicanze post-operatorie nel paziente anziano. Il paziente anziano che si sottopone all’intervento di sostituzione valvolare aortica (SVA) è caratterizzato tanto da quelle che sono le complicanze classiche di un intervento cardiaco tradizionale in circolazione extracorporea, quanto da altre complicanze che più frequentemente si manifestano nel paziente sopra gli ottanta anni. Diversi sono gli studi in letteratura che hanno analizzato i decorsi perioperatori e post-operatori, la morbilità e la mortalità dell’intervento tradizionale nei pazienti anziani. Lozano et al.49 hanno pubblicato un lavoro eseguito su 137 pazienti di cui 104 operati con un’età media di 81,7 anni: i risultati delle complicanze sono sostanzialmente in accordo con i dati già presenti in letteratura; dei pazienti operati, il 2,9% hanno avuto un infarto acuto del miocardio nel periodo postoperatorio, il 5,8% invece è stato vittima di un ictus. La necessità di intervento a causa di emorragia, è avvenuta nel 5,8% dei casi: questa come l’IMA rappresentano eventi che sono riportati più frequentemente nel paziente ultraottantenne.53 31 Altri eventi, espressi in uno studio su un'ampia popolazione di pazienti da Craver et al54, sono complicazioni renali, quali insufficienza renale o progressiva riduzione della funzione renale dopo l’intervento, ricovero maggiormente prolungato, polmonite e necessità all’uso del contropulsatore aortico. Complicanze accorse sono poi i disturbi del ritmo e della conduzione: nello studio di Lozano et al. il 10,6% dei pazienti operati ha manifestato una Fibrillazione Atriale persistente, mentre il 5,8% ha avuto la necessità di un Pacemaker permanente. La Fibrillazione Atriale costituisce la più frequente aritmia per i pazienti sottoposti ad SVA,55, 56 altre alterazioni della conduzione osservate in pazienti anche non anziani sono: il Blocco di Branca sinistro e l’Emiblocco Anteriore sinistro, il Blocco Atrioventricolare di I grado e blocchi di III grado. Le anormalità della conduzione e del ritmo sono da considerarsi fra le più importanti sequele del paziente operato di stenosi aortica: esse sembrano dovute sia a cause meccaniche (elevata pressione ventricolare sinistra) sia a fattori ischemici che danneggiano un sistema di conduzione, che è già andato in corso a cambiamenti connessi all’avanzare dell’età o a malattie degenerative. Fukuda et al.57 in uno storico lavoro del 1976 evidenziarono la netta associazione tra sostituzione valvolare aortica e alterazioni del sistema di conduzione, suggerendo che il trauma diretto di questo, la Pressione esercitata dalle calcificazioni e l’urto della protesi sulle fibre di miocardio specifico costituiscono le principali cause del danno. Lo sviluppo di difetti di conduzione è correlato in tutte le chirurgie cardiache alla durata della circolazione extracorporea, all’entità del raffreddamento cardiaco58 ed al metodo di cardioplegia59: tutti questi elementi riflettono presumibilmente il grado di danno ischemico a cui il sistema di conduzione è sottoposto. Come conseguenza di questi disturbi elettrici, vi è la necessità in taluni casi di impiantare Pacemaker permanenti (PPM): nello studio di Dawkins et al.55 la percentuale PPM richiesti è di 8,5% (29 su 342 pazienti totali). 32 1.6.2.4 Sistemi di stratificazione del rischio chirurgico. La valutazione del rischio operatorio ha un ruolo di primo piano nella chirurgia cardiaca e toracica. In particolare esistono diversi sistemi di scoring che hanno il compito di predire il rischio e quindi la mortalità di uno specifico paziente: ciò avviene utilizzando semplici elementi clinici ed anamnestici del paziente in questione. Tale predizione risulta possibile da evidenze statistiche di grandi popolazioni di pazienti già operati in passato. Il ruolo di questi sistemi appare fondamentale nella moderna cardiochirurgia, perché, in base al dato statistico ottenuto, si può essere più o meno propensi all’eseguire l’intervento od eventualmente a prendere in considerazione altre modalità terapeutiche. Sono disponibili molti sistemi di stratificazione del rischio, come l’EuroSCORE, l’ONTARIO, l’STS, il Parsonnet, o il System 97 score. L’EuroSCORE ( European System for Cardiac Operative Risk Evaluation) è il più comunemente utilizzato, esso prende in considerazione elementi relativi al paziente quali: l’età, il sesso, malattie polmonari croniche, arteriopatia periferica, la disabilità neurologica, la precedente chirurgia cardiaca, livelli di creatinina, l’endocardite attiva, o uno stato pre-operatorio grave. Sono valutati poi dati strettamente cardiaci del soggetto, come la presenza di angina instabile, di pregresso infarto, di una ridotta funzione ventricolare (calcolata con la frazione d’eiezione) ed anche di ipertensione polmonare. Costituiscono infine un ulteriore elemento predittivo, la tipologia di intervento, ossia se questo viene eseguito in urgenza, in associazione con un bypass aortocoronarico, se l’operazione interessa l’aorta toracica, o se il paziente presenta una rottura del setto post-infartuale. Nei pazienti a rischio molto elevato però, il modello di EuroSCORE semplice, può sottovalutare il rischio, in particolare quando coesistono certe combinazioni di fattori di 33 rischio. La versione Logistic EuroSCORE produce una previsione di rischio più accurata per particolari pazienti ad alto rischio. Altre modalità di stratificazione del rischio sono costituite da sistema Parsonnet e da quello STS, entrambi sono stati confrontati con l’EuroSCORE;60 in particolare l’algoritmo della Società Europea di Chirurgia Toracica (STS) rappresenta un buon predittore del rischio -così come l’EuroSCORE- della mortalità precoce dei pazienti sottoposti a bypass aortocoronarico. 1.7. Trattamento percutaneo. Sebbene il gold standard nel trattamento della stenosi aortica sia rappresentato dalla sostituzione valvolare chirurgica, per una classe di pazienti, non candidati all’intervento chirurgico, è disponibile una nuova e promettente opzione terapeutica, rappresentata dall’impianto valvolare aortico per via percutanea. Questo innovativo approccio interventistico, alla stenosi aortica severa, ha avuto inizio nel 2002 e molto rapidamente ha visto crescere intorno a sé attenzioni sempre maggiori, determinando un’incessante evoluzione dei devices utilizzati, delle metodiche e dei casi finora eseguiti. Il trattamento percutaneo ad oggi, si rivolge ai soggetti anziani, ed ad alto rischio chirurgico per la presenza di una ridotta funzione cardiaca, e di importanti comorbilità. Il primo studio randomizzato PARTNER 2010 61 ha dimostrato che nei pazienti con stenosi aortica severa, che non erano candidati per la chirurgia, la TAVI, rispetto alla terapia standard, ha ridotto in modo significativo i tassi di morte per qualsiasi causa, le ripetute ospedalizzazioni, i sintomi cardiaci, nonostante la maggiore incidenza di ictus ed eventi vascolari maggiori. Un secondo studio randomizzato PARTNER 2011 62 ha dimostrato che nei pazienti ad alto rischio con stenosi aortica severa, la TAVI e la procedura chirurgica per la 34 sostituzione della valvola aortica sono associati a tassi simili di sopravvivenza ad 1 anno, anche se vi erano differenze importanti nei rischi periprocedurali. 1.7.1 Storia del trattamento percutaneo e della sua evoluzione. La storia del trattamento percutaneo ha inizio nel 1985, quando Alain Cribier sviluppò per la prima volta la valvuloplastica percutanea (BAV); questa metodica frattura i lembi aortici calcifici, aumentando pertanto la loro flessibilità e dilatando l’anello aortico in modo tale da risolvere la stenosi. Dopo gli iniziali entusiasmi, la procedura fu gravata, fin da subito, da una spiccata tendenza alla richiusura dei lembi e da un peggioramento dell’iniziale miglioramento emodinamico, a distanza di settimane dall’intervento. Tutto ciò si esprime con una prognosi per i pazienti, pressoché invariata, infatti: la sopravvivenza libera da malattia a 24 mesi, si ha nel 18% dei pazienti trattati,63 nei pazienti anziani con stenosi aortica grave la mortalità a 30 giorni, ad 1 anno e a 3, è rispettivamente del 14%, del 35%, e del 71%; tali tassi sono simili a quelli osservati nella storia naturale della malattia.64 Pertanto le indicazioni a questa procedura da parte dell’European Society of Cardiology, sono limitate a quei casi gravi di stenosi aortica, con importanti comorbilità (ad esempio edema polmonare, shock cardiogeno) per cui l’intervento cardiochirurgico, di sostituzione valvolare, non può essere eseguito immediatamente (classe IIa).23 L’idea di una valvola cardiaca protesica che potesse essere supportata da uno stent fu introdotta da Anderson et al. nel 1992 con uno studio sperimentale in cui furono per la prima volta impiantate per via percutanea protesi porcine in maiali, senza aprire loro la cassa toracica. Poco dopo arrivò il primo impianto percutaneo anche nell’uomo, per opera di Cribier e colleghi.65 Il cardiologo francese eseguì il 16 aprile del 2002 l’impianto di una 35 protesi valvolare aortica in un paziente in shock cardiogeno ed altre importanti comorbilità. I risultati emodinamici e clinici di quell’impianto si dimostrarono ottimi, tuttavia dopo 17 settimane dall’intervento il paziente morì, per cause non connesse alla procedura. Questo primo approccio, pionieristico, all’impianto valvolare aortico per via percutanea, venne eseguito con una tecnica anterograda: il catetere su cui era posta la valvola (montata su di uno stent espandibile con pallone) era inserito dalla vena femorale, e da qui fatto scorrere fino all’atrio destro, dopodiché il setto interatriale era punto, ed attraverso questo passava il device, il quale si immetteva nella valvola aortica attraversando la valvola mitrale.66 Questa procedura, complessa e di difficile esecuzione anche per operatori esperti, è stata abbandonata, a favore di un approccio retrogrado più semplice. Gli studi di Cribier iniziati nel 2002 e proseguiti fino ad oggi, sono stati svolti con un unico sistema valvolare, che poi è stata la prima protesi percutanea messa in commercio: la Cribier-Edwards SAPIEN THV. Nel corso del tempo è avvenuto un progressivo miglioramento dell’ingegneria valvolare ed una riduzione delle dimensioni dell’introduttore, che hanno permesso una minore invasività nell’inserimento vascolare del catetere. Dal 2002 sono stati perfezionati e introdotti in commercio due tipi di dispositivi per il trattamento transcatetere della valvulopatia aortica: la CoreValve ( Medtonic, Inc., Minneapolis, MN) e la SAPIEN Valve ( Edwards Life Sciences, Inc., Irvine, CA). La procedura prevede l’accesso chirurgico all’arteria femorale, e l’introduzione del catetere in essa, da qui è fatto scorrere fino all’aorta ascendente e inserito retrogradamente attraverso la valvola nativa. Dieci anni dopo il primo impianto di Cribier e colleghi, più di 50.000 pazienti sono stati trattati con la TAVI ( Transcatheter Aortic-Valve Implantation) in tutto il mondo. 36 Figura -10- Figura -11- 10) Protesi valvolare aortica percutanea CoreValve: protesi autoespandibile di terza generazione completamente aperta. 11) Protesi valvolare aortica percutanea Cribier Edwards: bioprotesi pallone espandibile di terza generazione, completamente aperta. L’approccio transfemorale rappresenta oggi quello maggiormante utilizzato; secondo i dati riportati nel Gilard French Registry,67 dei 3195 pazienti arruolati, il 74,6% è stato trattato con l’approccio transfemorale, contro il 17,8% trattato con approccio transapicale. Il successo procedurale si attesta su valori di circa il 96,9% nei centri esperti, mentre i tassi di mortalità a 30 giorni e a 1 anno sono il 9,7% e 24% rispettivamente. In letteratura sono disponibili dati limitati riguardanti il follow-up a lungo termine, dai quali si evince il buon funzionamento della bioprotesi a circa 2 anni dall’impianto.68 I risultati sono incoraggianti essendo riportato un tasso di sopravvivenza del 70-80% e notevoli miglioramenti nella qualità della vita. Dal 2005, in alcuni centri al mondo è eseguito un ulteriore tipo di procedura, l’impianto per via transapicale. Quest’ultimo è stato per la prima volta eseguito da Webb, e prevede l’introduzione, dopo un’incisione intercostale antero-laterale, del catetere (22-24French) e del device -pallone espandibile- nell’apice cardiaco, e da qui a livello aortico.69 37 La protesi auto-espandibile è stata circa sei anni fa impiantata per la prima volta nell’uomo con un approccio transapicale,70 tuttavia i casi finora eseguiti sono limitati. Il successo della procedura di impianto attraverso l’apice del ventricolo sinistro è dell’ordine del 90%, con un range di mortalità variabile tra 9% e il 18% durante il periodo post-operatorio e del follow-up.71 1.7.2 Indicazioni al trattamento percutaneo. Come già ricordato la procedura di impianto della protesi valvolare per via percutanea rappresenta una valida opzione per la crescente popolazione giudicata inoperabile per l’elevato rischio chirurgico. Pazienti anziani con una grave stenosi aortica, con concomitanti coronaropatia e insufficienza ventricolare sinistra, con pneumopatie croniche, hanno un rischio di mortalità operatoria di più del 50%.72 Per essi così come per altri pazienti non candidati al trattamento tradizionale, la sostituzione valvolare aortica con tali modalità, assai meno invasive, può rappresentare una valida e promettente alternativa. 1.7.3 Complicanze del trattamento percutaneo. Le principali complicanze dell’intervento percutaneo di sostituzione valvolare aortica finora documentate sono rappresentate da: - una lieve e moderata insufficienza paravalvolare, osservata nel 50% dei casi e dovute essenzialmente ad un non corretto matching tra anulus e parete protesica: fra le cause che possono determinarlo vi è la presenza di estese calcificazioni anulari. - l’ictus è uno dei più gravi eventi avversi associati alla TAVI. Dai dati ottenuti dal PARTNER Trial,62 il rischio di ictus risulta del 3,8% a 30 giorni e del 5,1% ad 1 anno. La maggior parte dei casi di ictus sono dovuti a tromboembolismo dal sito valvolare o a causa di emboli aterotrombotici che originano dalla placca ulcerata nei 38 grandi vasi, come l’arco aortico. Tali particelle possono essere dislocate durante la manipolazione del catetere ed embolizzano le carotidi o le vertebrali causando occlusioni del ramo distale delle arterie intracerebrali. Altre cause possibili includono ipotensione associata a stimolazione ventricolare rapida o instabilità emodinamica durante la procedura, e raramente a dissezione aortica, complicando la TAVI.73 - i disturbi del ritmo, il Blocco di Branca sinistro e Blocco Cardiaco completo dopo la TAVI variano dal 14% al 83% e dal 19% al 22%, rispettivamente. I disturbi di conduzione atrioventricolare sono associati a molti fattori correlati al paziente e connessi alla procedura, tra cui lo stato di comorbidità preoperatoria, il grado e la voluminosità della valvola aortica e della calcificazione anulare, lo spessore del setto interventricolare, le anomalie elettrocardiografiche pre-esistenti, la profondità di impianto della protesi, e il profilo della protesi impiantata.74, 75 L'incidenza del Blocco Cardiaco completo, blocco che richiede l’impianto di Pacemaker permanente, è stato più elevato con la CoreValve ( da 19,2% a 42,5%) che con la valvola Sapien ( da 1,8% a 8,5%), potenzialmente grazie al suo profilo superiore ed alla bassa estensione nel tratto di efflusso del ventricolo sinistro. Nel più recente Registro UK, i Pacemaker sono stati impiantati nel 24,4% dei pazienti trattati con la CoreValve.76 Recentemente è stata osservata la comparsa di Fibrillazione Atriale e aritmie ventricolari dopo la TAVI e la SVA.75 - complicanze vascolari, classificate secondo le definizioni fornite dal VARC (Valve Academic Research Consortium),77 includono la dissezione aortica, la perforazione, la rottura, o il sanguinamento, che richiede notevoli trasfusioni di sangue, o ulteriori interventi percutaneo o chirurgico. L’incidenza delle principali complicazioni vascolari varia dal 2% al 26% con l’accesso transfemorale, ed è correlata alla dimensione del vaso, alla tortuosità, e al grado di malattia occlusiva aortoiliaca, e dal 5% al 7% con l’accesso transapicale.78-82 39 - l’infarto acuto del miocardio, osservato tra il 2% e l’11% dei casi. Il Valve Academic Research Consortium (VARC) propone di definire l’infarto del miocardio (MI) peri-procedurale come un evento ischemico acuto associato a documentata e clinicamente significativa necrosi miocardica. L'intervallo peri-procedurale è comprensivo di tutti gli eventi che iniziano entro 72 ore dalla procedura di indice. Gli eventi ischemici acuti che si verificano dopo 72 ore sono considerati MI spontanei e sono definiti in conformità con le Linee guida MI universali,83 come ulteriormente modificate da ARC.84 Il Valve Academic Research Consortium-285 raccomanda la raccolta sistematica dei biomarcatori di danno miocardico prima della procedura, tra le 12-24 ore dopo la procedura, a 24 ore, successivamente, alle 72 ore o al momento della dimissione, e, se ancora elevata, tutti i giorni fino a che i valori mostrano un declino. - complicanze renali acute, sono state osservate dal 12% al 28% dei pazienti sottoposti a TAVI e sono state associate con una mortalità post-procedurale quattro volte superiore.86, 87 Nel definire gli stadi del danno renale acuto (AKI), il VARC propone di adottare i criteri di creatinina sierica dalla classificazione RIFLE modificata (Risk, Lesioni, Fallimento, perdita, e la malattia renale di stadio finale).88 La classificazione RIFLE89-91 è stata convalidata nelle unità di terapia intensiva e chirurgia cardiaca,92-96 e fornisce le definizioni pratiche per i primi stadi di disfunzione renale, quando il danno renale può ancora essere prevenuto, nonché nelle fasi in cui il rene è già stato danneggiato e l'insufficienza renale è stabilita. Tuttavia, il VARC2 consiglia di utilizzare il sistema AKIN che è la versione modificata della classificazione RIFLE, secondo cui il danno renale acuto (AKI) può anche essere diagnosticato secondo le misurazioni del volume di urine. Un limite di 7 giorni dalla procedura è stato selezionato per la diagnosi di AKI sulla base dell’evidenza di eventi avversi che sono stati osservati quando l'aumento si 40 verificava entro 24-48 ore dalla procedura97 e per garantire che il processo acuto sia correlato alla procedura stessa, piuttosto che come conseguenza di MOF postprocedurale. Complicanze minori sono rappresentate dall’embolizzazione della protesi (circa 1% dei casi) e dall’ostruzione degli osti coronarici (meno dell’1%). La trombosi della valvola è un qualsiasi trombo attaccato nella zona di una valvola impiantata che occlude parte del percorso del flusso sanguigno, interferisce con la funzione valvolare o è sufficientemente grande da giustificare il trattamento.98 L’ostruzione coronarica meccanica dopo la TAVI o la SVA chirurgica è rara e si verifica nell'1% dei pazienti.77, 99 L'ostruzione tipicamente si verifica durante la procedura; segni e sintomi clinici possono essere lievi e non apprezzati fino a dopo la procedura. I possibili meccanismi di ostruzione coronarica meccanica comprendono: 1) l’interferenza degli osti coronarici da parte della struttura di supporto della valvola nella cornice di posizionamento della valvola non ottimale e / o anatomicamente 'piccola radice aortica'; 2) embolizzazione da calcio, trombo, aria, o dislocamento da endocardite dei lembi della della valvola aortica nativa verso gli osti coronarici durante la TAVI.74, 75 L’ostruzione dei seni coronarici soprattutto con l’utilizzo di sistemi valvolari, come quello CoreValve, che presentano un’anatomia tale da preservare l’orifizio coronario, si ha, perlomeno in fase operatoria e a breve termine, molto raramente. Lo spostamento della protesi, è un’evenienza che si è progressivamente ridotta con l’introduzione del rapid pacing, che riduce i valori Pressione sistolica nel ventricolo sinistro e quindi minimizza l’effetto della corrente sanguigna sulla protesi durante la fase di rilascio. Altre complicanze frequenti dopo la TAVI includono nuovi difetti del setto ventricolare e rottura, perforazione, dissezione, della radice aortica, che si siano verificati durante l'impianto della valvola trans-catetere.100, 101 41 1.7.3.1 Complicanze del trattamento percutaneo: leak paravalvolare I dispositivi di impianto della valvola aortica transcatetere sono associati ad una maggiore frequenza di lieve e moderato rigurgito paravalvolare aortico (AR) rispetto a quello chirurgico SVA.77, 78, 99, 102, 103 Recentemente, i criteri per la valutazione della gravità dell’AR paravalvolare prendono in considerazione la posizione, la misura della circonferenza, e la larghezza del getto AR.104 I fattori emodinamici possono anche essere utili per valutare la gravità dell’AR subito dopo l'impianto della valvola (ad esempio, perdita dell’incisura dicrota aortica, equalizzazione della pressione telediastolica aortica e ventricolare sinistra). La valutazione emodinamica quantitativa e semiquantitativa della gravità dell’AR deve essere effettuata con Doppler ecocardiografico secondo le linee guida.23, 105, 106 La valutazione Color Doppler deve essere eseguita appena sotto lo stent valvolare per getti paravalvolari, e al punto di coaptazione dei lembi, per rigurgito centrale. 42 2. MATERIALI E METODI L’impianto percutaneo della protesi valvolare aortica, rappresenta come già detto, una nuova e valida opzione di trattamento alla stenosi aortica. Sono pochi, ad oggi, i centri sia a livello nazionale che internazionale in cui si è incominciato ad eseguire questo tipo di intervento: fra questi vi è anche Pisa. Dal settembre 2007 ad oggi è stato elaborato un protocollo per l’impianto transvascolare retrogrado della protesi valvolare aortica CoreValve, nei pazienti con valvulopatia aortica severa (stenosi e/o insufficienza) ed alto rischio chirurgico. Lo studio è stato eseguito dalla sezione di Cardiologia Invasiva (Resp. Prof.ssa A.S. Petronio), dall’UO della CardioAngiologia Universitaria (Resp. Prof. Balbarini), dall’UO di Malattie Cardiovascolari I Universitaria (Resp. Prof. Marzilli), congiuntamente all’UO di Cardiochirurgia (Resp. Prof. Bortolotti). I pazienti candidati all’intervento sono stati valutati tanto dal punto di vista cardiologico, che dal punto di vista cardiochirurgico ed adeguatamente informati tramite un preciso consenso scritto. 2.1. Linee Guida e Criteri di Selezione dei pazienti. Secondo le Linee Guida della European Society of Cardiology (ESC/EACTS Guidelines)23 ( Tabella -1- ), la TAVI deve essere eseguita solo in ospedali con la chirurgia cardiaca in loco. L’ “ heart team”, un team costituito dal cardiologo clinico, dal cardiochirurgo e dal cardiologo interventista, che valuta i rischi del singolo paziente, come l'idoneità tecnica della TAVI e problemi di accesso, deve essere in grado di prendere decisioni in questa popolazione di pazienti. Sulla base dei dati attuali, la TAVI è raccomandata nei pazienti con SA severa e sintomatica che sono, secondo l’ “ heart team”, considerati non idonei per la chirurgia 43 convenzionale a causa delle gravi comorbidità. Tra i pazienti ad alto rischio che sono ancora candidati per la chirurgia, la decisione deve essere individualizzata. La TAVI dovrebbe essere considerata come alternativa alla chirurgia in quei pazienti per i quali l’ “ heart team” preferisce l’intervento percutaneo, prendendo in considerazione i rispettivi vantaggi/svantaggi di entrambe le tecniche. Il Logistic EuroSCORE ≥ 15% è stato suggerito come un’indicazione per la TAVI, ma l’EuroSCORE è noto per sovrastimare notevolmente la mortalità operativa. Nello stato attuale, la TAVI non dovrebbe essere eseguita in pazienti a rischio intermedio per la chirurgia. Tabella -1- Raccomandazioni per l’uso della TAVI Raccomandazioni Classa Levelb Refc La TAVI dovrebbe essere intrapresa soltanto con un “ heart team” multidisciplinare che includa, cardiologi, cardiochirurghi e altri specialisti, se necessario. I C La TAVI deve essere eseguita solo in ospedali con la cardiochirurgia in loco. I C La TAVI è indicate nei pazienti con grave SA sintomatica che non sono adatti per SVA come valutato dall’ “ herat team”, e che sono suscettibili di ottenere un miglioramento della loro qualità di vita e per avere un’aspettativa di vita dopo l’esame delle loro comorbidità. I B 99 IIa B 97 La TAVI dovrebbe essere considerata in pazienti ad alto rischio con grave SA sintomatica che possono ancora essere adatti per un intervento chirurgico, ma in cui la TAVI è preferita dall’ “ heart team” in base al profilo di rischio individuale e idoneità anatomica. a Class di raccomandazione, bLevel of evidence 44 Nella selezione dei pazienti candidati alla sostituzione valvolare aortica percutanea mediante protesi CoreValve, possiamo distinguere dei criteri di inclusione,107 richiesti obbligatoriamente, e dei criteri di esclusione che controindicano l’intervento. I primi sono costituiti da: 1) stenosi valvolare aortica calcifica con criteri derivati ecocardiograficamente: gradiente medio >40 mmHg o velocità di flusso >4.0 m/s e una AVA iniziale < 0,8 cm2 o area indicizzata <0.5 cm2/m2 ; 2) anulus valvolare aortico ≥ 18 mm e ≤ 29 mm, all’ecocardiogramma; 3) diametro dell’aorta ascendente 3cm sopra l’anulus (giunzione sino tubulare) ≤ di 43mm; 4) un elevato rischio chirurgico, documentato da ALMENO UNA delle seguenti condizioni: età ≥ a 75 anni; Logistic EuroSCORE ≥ a 15; età ≥ di 65 anni con una o più delle seguenti comorbilità: I. Cirrosi epatica con classe Childpugh A/B II. Insufficienza respiratoria con FEV1 < 1L III. Pregressa chirurgia cardiaca IV. Ipertensione polmonare grave con PAP > 60mmHg V. Embolie polmonari recidivanti VI. Insufficienza ventricolare destra VII. VIII. IX. Torace ostile (causato da radioterapia, ustioni, etc) Collagenopatia grave Cachessia Pertanto nei criteri di inclusione, rientrano tanto parametri di tipo anatomico (diametro dell’anulus aortico e della giunzione tubulare) che parametri patologici (entità della stenosi e/o del rigurgito). 45 Vi sono inoltre precisi canoni che identificano il rischio di un eventuale intervento chirurgico (Logistic EuroSCORE e l’età del paziente), così come la presenza di più comorbilità che possono, quando presenti, non permettere l’operazione cardiochirurgica tradizionale. Nella procedura di selezione dei pazienti, è necessario tener conto di altri aspetti che possono invece controindicare l’intervento di sostituzione per via percutanea, e che sono rappresentati dai criteri di esclusione.23, 76 Questi sono: 1. L’evidenza di un infarto miocardico acuto ≤ 1 mese (30 giorni) prima del trattamento previsto. 2. La valvola aortica è una valvola congenita unicuspide o bicuspide, o è non calcifica. 3. La malattia della valvola aortica mista (stenosi aortica e insufficienza aortica con predominante rigurgito aortico > 3+). 4. L’instabilità emodinamica o respiratoria che richiede il supporto inotropo, ventilazione meccanica, o di assistenza cardiaca meccanica entro 30 giorni dalla valutazione di screening. 5. La necessità di un intervento chirurgico di emergenza per qualsiasi motivo. 6. La cardiomiopatia ipertrofica con o senza ostruzione. 7. La grave disfunzione ventricolare sinistra con FEVS< 20%. 8. La grave ipertensione polmonare e disfunzione VD. 9. L’evidenza ecocardiografica di massa intracardiaca, trombo o vegetazione. 10. Una controindicazione nota o ipersensibilità a tutti i regimi di anticoagulanti, o l'incapacità di essere coagulato per la procedura di studio. 11. La dimensione dell'anulus aortico nativo <18 mm o >29 mm misurata con ecocardiogramma. 12. CVA o TIA confermati con MRI nei 6 mesi (180 giorni) dalla procedura. 46 13. L’insufficienza renale (creatinina >3.0 mg/dL) e/o malattia renale allo stadio terminale che richieda la dialisi cronica al momento dello screening. 14. La stima dell’aspettativa di vita <12 mesi (365 giorni) a causa di condizioni di comorbilità non cardiache. 15. Una grave demenza invalidante. 16. Una malattia aortica significativa, tra aneurisma aortico addominale o toracico definito da un massimo diametro luminale 5 cm o maggiore. 17. Una grave insufficienza mitralica. A queste si aggiungono ancora: - stato settico, endocardite infettiva in fase acuta o subacuta; - diatesi emorragica o coagulopatia grave; - eccessiva tortuosità o calcificazione a livello della femorale comune, delle iliache o dell’aorta; - diametro di ambedue le femorali comuni inferiore a 6mm ( a 7mm se il paziente è in dialisi) per l’inserimento di un introduttore 18 French. Le principali motivazioni che controindicano l’intervento percutaneo per via transfemorale sono essenzialmente ragioni tecniche e cliniche. Le prime sono le dimensioni troppo strette e la morfologia tortuosa dell’asse iliacofemorale, che impedirebbero un accesso vascolare ottimale così come un passaggio adeguato del catetere e della protesi. Lo stesso motivo vale per gli archi aortici eccessivamente acuti, nei quali il transito del catetere di rilascio appare più difficoltoso. Le ragioni cliniche che possono non permettere l’impianto percutaneo sono: in primo luogo la “non possibilità” di eseguire un’adeguata terapia antiaggregante dopo l’intervento per la presenza di allergia o per un rischio emorragico maggiore, in secondo luogo la presenza di una valvulopatia mitralica severa, che richiede la correzione 47 contemporanea dei due vizi valvolari aortico e mitralico, la quale può avvenire solo per via chirurgica. Inoltre la presenza di un aneurisma dell’aorta toracica o addominale rappresenta un rischio per possibilità di rottura o di distacco di emboli presenti a livello della parete ectasica. L’impianto di una protesi percutanea su di una valvola con estese calcificazioni, potrebbe comprimere queste sugli osti coronarici.108 2.2. Protocollo diagnostico pre-intervento. La valutazione del paziente candidato alla sostituzione valvolare aortica per via percutanea, avviene sia con dati clinici che con dati strumentali. Il paziente selezionato, dal punto di vista clinico, ha le manifestazioni classiche della stenosi aortica: angina, dispnea (soprattutto con classi III e IV della classificazione NYHA) e/o episodi sincopali da sforzo. Tali dati vengono obbiettivati in una visita cardiologica preliminare, volta non solo a valutare se è presente l’indicazione alla sostituzione aortica (percutanea o chirurgica) ma anche a chiarire le eventuali comorbilità che rendono l’intervento tradizionale ad alto rischio. L’inquadramento clinico iniziale si conclude con la valutazione del rischio chirurgico specifico per quel paziente. Esso è calcolabile con varie metodiche di scoring, tra le quali il sistema “Logistic EuroSCORE”, che prendendo in considerazione alcuni parametri tra cui fattori relativi al paziente (genere, età, livelli creatinina, precedenti interventi cardiaci etc), fattori relativi alle condizioni cardiologiche (angina instabile, disfunzione sistolica, infarto miocardio recente, ipertensione polmonare) e quelli correlati al tipo di intervento ( in emergenza, precedente intervento cardiochirurgico, chirurgia dell’aorta toracica, etc), permette un calcolo predittivo della mortalità operatoria di un preciso soggetto.109 48 Dopo la valutazione clinica iniziale, sono necessari alcuni esami strumentali determinanti nella fase pre-procedurale. Essi sono costituiti da: Ecocardiografia; AngioTC; Aortografia ed arteriografia iliaco-femorale; Coronarografia e ventricolografia. L’ecocardiografia in modalità 2D e 3D ha la funzione anzitutto di misurare l’area valvolare, l’anulus aortico ed il diametro della giunzione sino-tubulare. Questi tre parametri sono fondamentali, in quanto ciascuno di essi costituisce un criterio di inclusione nel protocollo (area aortica indicizzata <0,6 cm2/m2, anulus aortico ≥18mm e ≤29mm, diametro dell’aorta ascendente 3cm sopra l’anulus ≤43mm) ed inoltre il diametro dell’aorta tanto all’anulus che alla giunzione sino-tubulare, indirizza sulla misura di protesi valvolare da utilizzare al momento della procedura. Ugualmente importanti all’ecocardiografia appaiono la valutazione dell’entità delle calcificazioni dell’anulus e delle commissure, la misurazione del diametro dell’aorta ascendente e della funzione ventricolare sinistra (EF%). Un’ulteriore metodica strumentale, utilizzata nella fase pre-intervento è costituita dall’angioTC. Essa è volta tanto alla valutazione dell’aorta toracica ed addominale, che degli assi iliaco-femorali, ed ha un ruolo decisivo come esame complementare tanto dell’ecocardiografia che dell’angiografia. I principali parametri su cui è necessario porre attenzione all'esito dell’angioTC sono anche in questo caso il diametro dell’anulus aortico, della giunzione sinotubulare e dell’ aorta ascendente. Inoltre la angioTC ci è utile per valutare l’entità delle calcificazioni dell’anulus e delle commessure, di placche aterosclerotiche dell’arco aortico e di placche o di calcificazioni dell’asse iliaco-femorale. 49 L’angioTC permette anche con ricostruzioni multiplanari e tridimensionali, di studiare la morfologia dei vasi aortici ed iliaco-femorali, in particolare di valutare l’angolo tra anulus aortico e aorta ascendente (un angolo eccessivamente stretto rappresenta infatti una difficoltà tecnica durante l’intervento), il diametro delle arterie femorali comuni e delle iliache esterne e comuni. Il loro calibro e la loro eccessiva tortuosità possono costituire una controindicazione alla procedura per via transfemorale. Un ultimo dato ottenibile all’angioTC è costituito dalla valutazione dell’eventuale presenza di un aneurisma dell’aorta addominale e dei trombi eventualmente adesi alla sua parete. La procedura di inquadramento strumentale prevede poi un’analisi del paziente, anche dal punto di vista emodinamico: in un’unica seduta il candidato alla sostituzione valvolare percutanea, è sottoposto ad un’aortografia ed arteriografia dell’asse iliacofemorale, ad un cateterismo cardiaco sinistro e destro, ed una coronarografia. L’aortografia ha l’obiettivo di studiare morfologicamente l’aorta toracica ed addominale, le eventuali dilatazioni aneurismatiche ed irregolarità presenti, nonché l’angolazione tra l’arco aortico e l’aorta ascendente. Questa procedura inoltre, è utile per quantificare tanto la stenosi aortica che l’eventuale insufficienza. L’arteriografia iliaco-femorale è determinante nel valutare la presenza di stenosi emodinamicamente significative bilateralmente, così come tortuosità di tutto o più tratti dell’asse, che possono controindicare la procedura. La valutazione emodinamica prosegue con il cateterismo sinistro, che permette di misurare la pressione sistolica e diastolica in ventricolo sinistro ed in aorta e di ricavarne il gradiente aortico picco-picco. Nella stessa seduta infine il paziente viene sottoposto ad una coronarografia selettiva destra e sinistra, volte ad individuare stenosi significative, ed eventualmente eseguire un’angioplastica coronarica se vi è l’indicazione. 50 2.3. Caratteristiche della protesi valvolare aortica CoreValve. Figura -12- Protesi aortica percutanea CoreValve: la struttura a maglie (frame) costituice il supporto della valvola protesica, che è posta al suo interno. Possiamo individuare una porzione superiore (outflow) che si presenta allargata, una centrale ristretta (constrined), ed una inferiore che si ancora all’anulus ( inflow). La valvola protesica si trova a livello della terza fila di rombi, partendo dal basso. 2.3.1 Frame Autoespandibile. La protesi valvolare aortica CoreValve (Figura -12-) consiste in una valvola a tre lembi in pericardio porcino, montata e suturata su di una struttura a maglie autoespandibile (frame). Il frame è in nitinolo ed è costituito da tante piccole celle romboidali tagliate con laser ed ha un aspetto a “clessidra”. L’intero sistema è radiopaco e vi si possono individuare tre differenti livelli. La parte superiore (outflow) (Figure -12-13-) ha una forza radiale ridotta, tende a facilitare l’allineamento del sistema al flusso sanguigno, ed ottimizzare l’ancoraggio alla parete aortica. Le punte delle maglie superiori inoltre sono indirizzate verso l’interno, ciò impedisce lesioni della parete aortica. 51 La parte centrale (constrained) (Figure -12-13-) è caratterizzata dall’avere un’elevata forza radiale in modo tale da mantenere un diametro ed una forma costanti nel tempo. Questa porzione del frame è quello che contiene la protesi valvolare e si localizza al livello dei seni aortici. In particolare la conformazione concava e convessa tra il sistema e i seni aortici impedisce l’occlusione degli osti coronarici lì presenti. La parte inferiore (inflow) (Figure -12-13-) presenta la maggiore forza radiale in modo tale da comprimere i lembi della valvola nativa contro l’anulus, per ancorare in modo sicuro il device e minimizzare le perdite paravalvolari (leak). Una caratteristica fondamentale del sistema CoreValve, e che lo differenzia da altre protesi aortiche di tipo percutaneo come quella Cribier-Edwards, è rappresentata dall’autoespandibilità. Mentre la protesi di Cribier è pre-montata su un pallone, ossia il rilascio della valvola all’anulus aortico avviene espandendo un pallone, la protesi CoreValve si autoespande. Ciò è reso possibile dall’ingegneria del catetere di rilascio (delivery catheter) ma sopratutto dalle proprietà del materiale utilizzato per il frame, il nitinolo. Questo è una lega di Nichel e Titanio che fa parte del gruppo dei materiali a memoria di forma; questi metalli hanno come caratteristica principale quella di essere in grado di recuperare una forma macroscopica preimpostata per effetto del semplice cambiamento della temperatura e dello stato di tensione applicato. Quando il nitinolo è posto al di sotto della sua temperatura di trasformazione ( tra 0 e 8 C°) può essere deformato facilmente, se il materiale è riscaldato sopra la sua temperatura di trasformazione (come alla temperatura corporea), subentra un cambio nella sua struttura cristallina che lo riporta alla forma originaria sviluppando una notevole forza. 52 Figura -13- Rappresentazione grafica della protesi in sede aortica: nella figura possiamo osservare la posizione che assume la valvola una volta rilasciata in sede. La porzione superiore del frame si ancora a livello della giunzione sino-tubulare dell’aorta ascendente, mentre quella inferiore aderisce perfettamente all’anulus aortico. La conformazione a clessidra della valvola, permette che il livello intermedio, più ristretto, si trovi a livello dei seni aortici, non interferendo con il flusso sanguigno attraverso gli osti coronarici. 2.3.2 Bioprotesi valvolare. All’interno del frame autoespandibile è presente la protesi valvolare. Il disegno valvolare risulta appositamente progettato per il rilascio endovascolare: esso infatti permette all’intera struttura di essere montata su di un catetere e di non essere danneggiata durante il rilascio, cosa che potrebbe influenzare negativamente la sua durabilità. Il pericardio porcino utilizzato per la formazione dei tre lembi della valvola ha subito dei processi di fissazione e di sterilizzazione simili a quelli utilizzati per le bioprotesi chirurgiche. L’uso di pericardio porcino permette inoltre di eliminare l’eventuale rischio di encefalopatie spongiformi. 53 Un’ulteriore caratteristica della protesi valvolare CoreValve è rappresentata dalla distribuzione del carico sulle pareti della valvola. La conformazione e sopratutto la struttura del frame determinano un omogeneo caricamento su tutti i punti dei tre lembi valvolari ed una mancata flessione delle pareti della struttura. Questo comportamento si differenzia da quello delle protesi chirurgiche dove la struttura ad anello suturata sull’anulus aortico o sopra di esso, determina un gravamento del peso essenzialmente sui margini della protesi rispetto ad esempio alle zone centrali, con una distribuzione disomogenea del carico. Attualmente le protesi valvolari aortiche CoreValve esistono di quattro misure, con un diametro del frame nella porzione inferiore (inflow) di 23mm, 26mm, 29mm e di 31mm. La valvola ha continuato a rinnovarsi, e da dispositivi iniziali di 25-French, attualmente vengono utlilizzati gli introduttori 18-French. Questi quattro tipi di valvole si adattono a circa il 90% della popolazione. La scelta del tipo di valvola da utilizzare dipende dalle misure dell’anulus aortico e dell’aorta ascendente (Tabella -2-). La valutazione accurata della dimensione anulare è critica. Una sottostima delle dimensioni anulari potrebbe portare alla selezione e dispiegamento di una valvola che è troppo piccola, con rischio di rigurgito paravalvolare, migrazione della valvola ed embolia. Una sovrastima delle dimensioni anulari e il posizionamento di una valvola che è troppo grande può portare ad altri esiti avversi, tra cui implementazione incompleta (con rigurgito sia valvolare che paravalvolare) o catastrofica rottura anulare. In generale, tutti TAVIs sono progettati per essere impiantati in anuli che sono leggermente inferiore alla dimensione della protesi.76 54 Tabella -2- Differenti tipi di protesi per differenti caratteristiche anatomiche del paziente CoreValve Modello CoreValve CoreValve CoreValve Evolut Dimensioni 23 mm 26mm 29mm 31mm Diametro Anulus 18-20mm 20-23mm 23-27mm 26-29mm Perimetro Anulus 56.5- 62.8- 72.3- 81.7- 62.8mm Area Anulus Diametro Ascendente 2 del 91.1mm 415.5-572.6mm ≤34mm ≤40mm ≤43mm ≤43mm @30mm @40mm @40mm @40mm 314.2-415.5mm dall’anulus Diametro 84.8mm 2 254.5-314.2mm Aorta 72.3mm ≥25mm dall’anulus dall’anulus 2 530.9-660.5mm 2 dall’anulus ≥27mm ≥29mm ≥29mm ≥15mm ≥15mm ≥15mm Seno di Valsalva Altezza del Seno ≥15mm di Valsalva Per i pazienti con un diametro dell’aorta ascendente ≤ 34 mm ed un anulus aortico compreso tra 18 e 20 mm l’indicazione è per la CoreValve Evolut da 23 mm di dimetro della sezione inferiore (inflow). Per i pazienti con un diametro dell’aorta ascendente ≤ 40 mm ed un anulus aortico compreso tra 20 e 23 mm l’indicazione è per la valvola da 26 mm di diametro della sezione inferiore (inflow), che presenta una porzione centrale (constrained) di 22 mm ed un tratto superiore (outflow) di 40 mm. I pazienti invece che presentano un anulus di dimensioni tra 23 e 27 mm ed un diametro dell’aorta ascendente alla giunzione sinotubulare ≤43 mm, sono quelli destinati alla protesi con diametro, nella porzione inferiore (inflow), di 29 mm, una parte 55 centrale (constrained) con diametro di 24 mm ed una sezione superiore di 43 mm (outflow). Per i pazienti con diametro dell’aorta ascendente ≤ 43 mm e un anulus aortico compreso tra 26 e 29 mm l’indicazione è per la valvola da 31mm di diametro nella porzione inferiore (inflow). Le dimensioni anulari possono essere misurate con TTE; il diametro anulare antero-posteriore viene misurato dalla visione ad asse lungo. Poiché l'anulus è spesso ellittico, la valutazione ottimale dovrebbe comprendere la misura del diametro trasversale (coronale). 2.3.3 Catetere di Rilascio della Protesi. Il catetere di rilascio della protesi ( Figura -14-), costituisce un’ulteriore peculiarità dell’intero “sistema CoreValve”. Su questo catetere è possibile montare un filo guida di diametro superiore agli 0,09 cm. La porzione distale del catetere ha il compito di trasportare la protesi e di liberarla una volta giunti sul sito di rilascio. Figura -14- Catetere di rilascio della protesi: come possiamo vedere nella foto, questo dispositivo è costituito 3 differenti porzioni: un’ impugnatura che comanda tutte le fasi di trasporto e di rilascio della valvola, una porzione prossimale del catetere ( nera) di calibro 12F, che collega l’impugnatura con la porzione distale del catetere, ed un’ultima porzione (bianca) che misura 18F dove è inserita la protesi. 56 L’impugnatura è caratterizzata da una micro-manopola, che è utilizzata per determinare la lenta e progressiva retrazione della guaina di rivestimento della protesi: inoltre è presente più prossimalmente un cursore più grande, che permette un rapido completamento della fase di rilascio, dopo che è terminata la fase di posizionamento. Entrambi i controlli infine permettono il caricamento della bioprotesi nel catetere subito prima dell’inizio della procedura. Al fine di rendere più semplice e sicuro il montaggio della protesi biologica nel catetere di rilascio è stato studiato un preciso sistema di caricamento (model-cls-300018 Fr). Esso risulta composto da due coni, uno per la porzione superiore (outflow) della valvola l’altro per la sua porzione inferiore (inflow), inoltre è costituito da due tubi per le due stesse porzioni valvolari, e da un cappuccio per il tratto inflow. Figura -15- Sistema di caricamento della protesi: questo modello, è composto da 2 coni: uno per il tratto superiore ed uno per quello inferiore della protesi. Da un cappuccio per il tratto superiore, e da due piccoli tubi per ciascuno dei livelli, superiore ed inferiore, della protesi. Questo sistema oltre ad assicurare un corretto caricamento, previene i traumi valvolari ed infezioni iatrogene, essendo monouso ed adeguatamente sterilizzato. Il caricamento della bioprotesi sul catetere avviene dopo avere eseguito una compressione della valvola protesica, all’interno di una bacinella contenente soluzione salina, ad una temperatura oscillante tra gli 0 C° e gli 8 C°. 57 Questa temperatura, inferiore a quella di trasformazione del Nitinolo, permette la modificazione della forma originaria del Frame. Una volta caricata sul catetere di rilascio, la bioprotesi deve essere mantenuta tra 0 e 8 C°, fino a quando non avviene l’impianto. Ovviamente tutte le fasi del caricamento, debbono avvenire seguendo tutte le consuete norme di asepsi. 2.4. Descrizione della procedura. La procedura di impianto avviene grazie ad un lavoro di equipe, in cui sono coinvolte numerose figure professionali, quali: - 2 emodinamisti, un primo ed un secondo operatore; - 1 anestesista; - 1 tecnico di radiologia; - 1 infermerie professionale addetto al caricamento ed alla preparazione delle bioprotesi; - 1 infermerie professionale di sala. L’intervento avviene in anestesia locale nel punto di introduzione del catetere e/o in sedazione profonda a seconda delle necessità, ed ha una durata di circa 90-110 minuti. Al fine di prevenire rischi trombotici, il paziente comincia prima dell’intervento la terapia con Acido Acetilsalicico 100mg/die, che poi proseguirà a vita, e durante la procedura è sottoposto anche a terapia anticoagulante con Eparina per via intravenosa, “aggiustata” per il peso del paziente. La fase iniziale della procedura prevede l’introduzione di un catetere tipo pig-tail in aorta ascendente, tramite un accesso radiale o brachiale: inoltre risulta necessario inserire nel ventricolo destro un catetere per la stimolazione ventricolare ad alta frequenza (180--220 bpm) per circa 10-15 secondi durante la valvuloplastica. Tale importante aumento della frequenza ventricolare, determina una riduzione del volume sistolico, della gittata cardiaca e del flusso transvalvolare in modo da 58 posizionare il dispositivo a livello transaortico in maniera corretta, senza gli effetti della motilità cardiaca e del flusso sistolico.110 Il rapid pacing viene eseguito sempre durante la manovra di valvuloplastica e talora durante l’impianto della protesi, se la presenza di insufficienza aortica comporta un’eccessiva oscillazione sisto-diastolica della protesi attraverso l’anulus. L’accesso succlavio, eseguito in anestesia locale, e/o quello trans-aortico, eseguito in anestesia generale ( mini-toracotomia destra), si rendono necessari qualora l’asse iliaco-femorale si presenti morfologicamente inadatto, per la presenza di stenosi o di eccessive tortuosità, all’esecuzione della procedura. Una volta introdotto il filo guida all’interno dell’accesso, sotto radioscopia si arriva fino alla valvola aortica. Il Filo guida viene introdotto all’interno dell’ ostio valvolare, e portato fino all’apice del ventricolo sinistro, viene eseguita così una valvuloplastica percutanea con palloncino (BAV). La procedura continua con lo scorrimento del catetere di rilascio sul filo guida, in radioscopica, fino a che non si è giunti in corrispondenza della valvola predilatata: a questo punto il device è introdotto attraverso l’ostio valvolare in modo tale che la porzione inferiore del frame (inflow) sia circa 5 mm al di sotto dell’anulus aortico. In questa fase dell’intervento ha un ruolo complementare l’ecotranstoracico che permette insieme alla radioscopia di avere informazioni decisive per la giusta collocazione della protesi. Una volta che il dispositivo è nella giusta posizione, si procede al rilascio lento della bioprotesi, che avviene con la massima cautela (durante le fasi iniziali del deployment la porzione rilasciata può essere riposizionata retraendo leggermente il catetere). Una volta che il tratto inflow del frame è ben ancorato all’anulus aortico, il distacco può avvenire più velocemente. 59 La protesi si autoespanderà adagiandosi alla parete dell’aorta, e mantenendo pervi gli osti coronarici, grazie alla conformazione concavo-convessa del frame e dei seni aortici. Una volta terminata questa fase è necessario assicurarsi che la bioprotesi si sia ben deconnessa dal catetere, dopodiché quest’ultimo può essere estratto dal paziente dopo essere stato chiuso. La valutazione della funzionalità della nuova valvola, è immediatamente valutata tramite un’aortografia ed un’ecografia transtoracica. L’aortografia permette di osservare: l’annullamento o la riduzione a pochi mmHg del gradiente transvalvolare, la continenza della valvola e gli eventuali leaks perivalvolari. Questi ultimi possono tendere a ridursi nei giorni a seguire dell’intervento, poiché il frame e la protesi continuano ad allargarsi nelle ore successive. Tuttavia si può rendere necessario in alcuni casi di leak una post-dilatazione durante la stessa procedura di impianto. Una volta terminata tutta la fase di impianto, l’accesso femorale viene chiuso tramite un meccanismo di chiusura percutanea (prostar) con due punti di sutura. 2.5. Assistenza post-operatoria. Una volta terminata la procedura, il paziente è ricoverato nell’unità di terapia intensiva coronarica. Al ritorno dalla sala di emodinamica il soggetto è sottoposto ad una valutazione elettrocardiografia ed ecocardiografica. La prima può mettere in luce alterazioni del ritmo sopraggiunte dopo l’impianto della protesi (in alcuni casi tali aritmie costituiscono reperti frequenti anche nei pazienti sottoposti all’intervento cardiochirurgico tradizionale, come il Blocco di Branca Sinistro). 60 L’ecografia cardiaca è eseguita anch’essa subito dopo l’intervento, al fine di valutare la posizione e la funzione della protesi valvolare, il gradiente massimo e medio transvalvolare. Inoltre gli ultrasuoni ci permettono di acquisire dati sulla funzione e la morfologia della valvola mitrale così come sulla presenza di eventuali shunt iatrogeni transettali. La valutazione con l’ecocardiografia continua in seconda ed in terza giornata postoperatoria ed anche alla dimissione. Il paziente risulta monitorato dei suoi parametri vitali (PA, FC, FR, SatO2) e sottoposto ovviamente a tutte le cure del caso per tutto il tempo del ricovero. La durata media della degenza post-operatoria è di circa una settimana. 2.6. Follow-up post-procedurale. Subito dopo l’impianto della protesi valvolare il paziente comincia una doppia terapia antiaggregante costituita da: -Acido Acetilsalicilico (Cardioaspirin) 100mg in compresse, per una volta al giorno per tutta la vita; -Clopidogrel (Plavix) 75mg in compresse, una volta al giorno per quattro mesi. Inoltre al paziente viene programmato un preciso follow-up, caratterizzato da controlli clinici, elettrocardiografici ed ecocardiografici ad 1 mese, a 6 mesi ad un anno e successivamente ogni 12 mesi dall’impianto, e vengono eseguiti presso gli ambulatori della SD di Emodinamica. 61 3. RISULTATI 3.1. Caratteristiche preoperatorie della popolazione. Dal settembre 2007 al maggio 2013, presso il Dipartimento Cardiotoracico di Pisa, sono stati eseguiti 267 interventi di impianto di protesi valvolare aortica CoreValve, tutti e 267 pazienti sono stati inclusi in questo studio. Le caratteristiche della popolazione sono descritte nella Tabella -3-. Nelle Tabelle che seguono, le variabili continue sono descritte come media e deviazione standard o intervallo di mediana e interquartile e variabili discrete come frequenze assolute e percentuali. Tabella -3- Caratteristiche preoperatorie dei pazienti (n=267) Età (anni) Donne Log EUROSCORE NYHA class III-IV Ipertensione Diabete CAD Pecedente MI Pecedente PCI Precedente CABG Precedente Protesi aortica Precedente evento ischemico Malattia Renale Creatinina (mg/dl) N 267 267 250 265 267 267 264 266 263 267 267 264 264 267 82 ± 5 126 (47%) 17 (12-26) 152 (57%) 224 (84%) 79 (30%) 121 (46%) 38 (14%) 76 (29%) 21 (8%) 6 (2%) 16 (6%) 97 (37%) 1.2 (0.9-1.5) L’età media della popolazione in studio è di 82 anni circa, di cui il 47% è rappresentato da donne; tutti i soggetti si presentavano sintomatici e con un alto rischio chirurgico, stimato con Logistic EuroSCORE di 17 (12-26). 62 La stima della gravità della dispnea è stata eseguita mediante la classificazione della New York Heart Association (NYHA), in cui il 57% dei pazienti presentava una classe NYHA compresa fra III e IV. I dati preoperatori evidenziano che 121 pazienti su 264 (46%) erano coronaropatici, di questi 21 (8%) erano stati sottoposti in precedenza ad una angioplastica coronarica, 38 (14%) avevano avuto un episodio di infarto acuto del miocardio e 76 ( 29%) avevano subito un precedente intervento coronarico percuteo. Possiamo notare inoltre che 97 (37%) di questi pazienti erano affetti da malattia renale. Tabella -4- Sistema di conduzione LBBB RBBB LAHB LBBB, RBBB, LAHB Portatore di PM N 267 267 267 267 267 18 (7%) 20 (7%) 34 (13%) 67 (25%) 27 (10%) Analizzando la popolazione dei pazienti possiamo evidenziare dalla Tabella-4- che molti di essi presentavano già difetti di conduzione prima della procedura. Il Blocco di Branca sinistro era presente in 18 (7%) pazienti, mentre il Blocco di Branca destro in 20 (7%) pazienti; l’Emiblocco Anteriore sinistro in 34 (13%) pazienti, mentre 27 (10%) erano i portatori di Pacemaker. La valutazione dell’entità della stenosi, può essere quantificata in primis mediante l’ecocardiografia (Tabella -5-), da cui risulta un gradiente di picco transvalvolare di 83 +∕− 26 mmHg, ed un gradiente medio di 51 +∕− 17 mmHg. L’area aortica è stata indicizzata in rapporto alla superficie corporea del paziente, ed è risultata in media 0,38 ( 0.28-0.50) cm2. 63 I dati mostrano anche che all’ecocardiografia, 166 pazienti avavano altri vizi valvolari associati, in particolare 47(20%) pazienti presentavano concomitante rigurgito aortico, 119 (48%) pazienti, invece, rigurgito mitralico. Tabella -5- Caratteristiche preoperatorie dei pazienti ( dati ecocardiografici, n=267) Rigurgito Aortico ≥3+ Rigurgito Mitralico ≥3+ Volume TD Volume TS LVEF (%) sPAP>60 mmHg Gradiente di picco valvolare Gradiente valvolare medio Area aortica media Velocità di Picco Aortico N 236 250 263 174 266 245 261 264 251 258 47 (20%) 119 (48%) 112 ± 46 61 ± 41 49 ± 11 17 (7%) 83 ± 26 51 ± 17 0.38 (0.28-0.50) 4.51 ± 0.71 3.2. Risultati della procedura. L’intervento è stato eseguito in anestesia generale solo in 56 (21%) dei 267 pazienti, per tutti gli altri l’intervento è stato eseguito in anestesia locale. L’approccio transfemorale è stato utilizzato in 210 (79%) dei 267 pazienti, nei restanti è stato eseguito l’approccio succlavio o trans-aortico. Si sono poi rese necessarie 29 (11%) post-dilatazioni dopo l’impianto della protesi, mediante valvuloplastica, al fine di migliorare la sua apertura e l’aderenza alle pareti aortiche. Per quanto riguarda la misura delle valvole ( Tabella -6-), in 3 (1%) pazienti sono state impiantate le valvole da 23 mm, in 135 (51%) le valvole da 26 mm, in 111 (42%) quelle da 29 mm e infine in 17 (6%) sono state impiantate le valvole da 31 mm. 64 Tabella-6- Dimensioni delle protesi D Dimensione Protesi Protesi 23mm Protesi 26 mm Protesi 29 mm Protesi 31 mm N=266 3 (1%) 135 (51%) 111 (42%) 17 (6%) La durata della procedura è stata in media di 90 minuti, calcolando dalla entrata del paziente in sala di emodinamica alla sua uscita. L’impianto vero è proprio invece presenta una durata assai più esigua ed è stata in tutti i pazienti di circa 10 minuti. 3.3. Eventi avversi correlati e non correlati con la procedura. Almeno una complicanza correlata procedura si è verificata in 53 (20%) pazienti. La Tabella seguente descrive la comparsa di complicanze legate alla procedura. Tabella -7- Eventi avversi correlati con la procedura (n=267). Tamponamento Cardiaco Conversione Cardiochirurgica Embolizzazione Transfusioni ≥3 unità di sangue Emorragia grave e pericolosa per la vita Emorragia periocolosa per la vita Morte Procedurale Numero di eventi 267pts 16 (6%) 0 (0%) 1 (0%) 14 (26%) 46 (32%) 8 (5%) 5 (2%) Fra le complicanze più frequenti rientra il tamponamento cardiaco che si è verificato in 16 (6%) pazienti; inoltre un’emorragia grave, minacciosa per la vita si è verificata in 46 (32%) pazienti. 65 Durante l’intervento si sono rese necessarie trasfusioni di 3 o più sacche di sangue in 14 (26%) pazienti. I casi di morte direttamente correlati alla procedura sono stati 5 (2%). 3.3.1. Altre complicanze in ospedale. Almeno una complicanza si è verificata in 198 (74%) pazienti durante la degenza in ospedale. Tabella -8- Altre complicanze Altre complicanze in ospedale Morte per tutte le cause Morte cardiovascolare Ictus Infarto del Miocardio Danno Renale Acuto Nuovo Blocco di Branca sinistro Nuovo Pacemaker Numero di eventi 267pts 15 (6%) 15 (6%) 6 (2%) 0 (0%) 115 (43%) 93 (35%) 70 (27%) I dati evidenziati nella Tabella-8- mostrano come i decessi avvenuti per qualsiasi causa sono stati 15 (6%) sul totale dei 267 pazienti, mentre le morti per cause cardiovascolari 15 (6%). Fra le complicanze maggiori, registrate dopo l’intervento, si possono notare i 6 (2%) casi di ictus. In 115 (43%) pazienti possiamo notare l’insorgenza di danno renale acuto. Dopo l’intervento si è notato un sensibile aumento dei casi di Blocco di Branca sinistra, i quali erano presenti in 18 dei 267 pazienti inizialmente (7%), mentre dopo la procedura si sono osservati in 93 soggetti (35%). 66 In 70 (27%) casi su 267 dopo la procedura il ritmo è diventato Pacemaker dipendente, questi si sono aggiunti ai 27 (10%) pazienti che già prima della procedura presentavano un Pacemaker permanente. Figura -16- Distribuzione della durata della degenza (LOS). La durata media della degenza post-operatoria, oscilla tra 1 e 46 giorni ( Figura -16), con una media di 7 (6-9) giorni. Tale variabilità è dovuta in questo caso alla presenza di pazienti complicati dopo l’intervento per cui è stato necessario prolungare il ricovero. 3.4. Risultati a 30 giorni dalla procedura. A 30 giorni dall’esecuzione della procedura, si è verificato almeno un evento avverso in 121 (45%) pazienti ( Tabella -9). Tabella -9- Risultati a 30 giorni Risultati a 30 giorni Morte per tutte le cause Morte Cardiovascolare Ictus Infarto del Miocardio Chirurgia Aortica Emorragia pericolosa per la vita Danno Renale Early safety composite endpoint Numero di eventi 233 pts 21 (8%) 17 (6%) 6 (2%) 0 (0%) 1 (0.4%) 8 (5%) 115 (43%) 162 (61%) 67 I pazienti che hanno eseguito il primo mese di follow-up sono 233, fra questi si sono verificati ulteriori 6 decessi, per un totale di 21 (8%) per varie cause e 2 (6%) sono state le morti per cause cardiovascolari, per un totale di 17 (6%). Si è reso necessario un intervento di chirurgia aortica in un paziente. Tutte le altre complicanze hanno mantenuto una percentuale invariata. 3.5. Analisi statistiche. Risultati a 6, 12 e 24 mesi dalla procedura. Le analisi statistiche, che sono state realizzate mediante il metodo di Kaplan-Meier (Figura -17-), riguardano tutte le cause di morte successivamente all’intervento e mostrano come a 6 mesi dalla procedura la sopravvivenza è dell’83,7% e si sono verificati 40 decessi, a 12 mesi è dell’80,7% con 46 decessi e a 24 mesi la sopravvivenza è del 77,2% con 51 decessi avvenuti. Figura -17- Metodo di Kaplan-Meier: tutte le cause di morte 1.00 0.95 0.90 Survival 0.85 0.80 0.75 0.70 0.65 0.60 0 6 12 Observation period (month) 18 24 Number at risk 267 173 141 107 84 Un’analisi ancora più accurata riguarda la morte per cause cardiovascolari; dalla curva di Kaplan-Meier ( Figura -18-) possiamo notare come a 6 mesi dalla procedura la 68 sopravvivenza è del 90,4% e si sono verificati 24 decessi, e a 12 e 24 mesi la sopravvivenza è dell’88,2% con 28 decessi avvenuti. Figura -18- Sopravvivenza cardiovascolare . 1.00 Cardiovascular Survival 0.95 0.90 0.85 0.80 0.75 0.70 0.65 0.60 0 6 12 Observation period (month) 18 24 Number at risk 267 173 141 107 84 3.6. Complicanze a lungo termine (24 mesi). Dal follow-up a lungo termine, 24 mesi ( Tabella -10-), si evince come i casi di ictus siano passati da 6 nei primi 30 giorni, a 13 (5%); i casi di infarto del miocardio da zero nei primi 30 giorni a 3 (1,1%); infine i casi in cui si è resa necessaria una chirurgia aortica sono stati 2 (0,8%), contro l’unico caso nei primi 30 giorni. Tabella -10- Valutazione delle complicanze a lungo termine. Complicanze a lungo termine (24 mesi ) Morte per tutte le cause Morte Cardiaca Ictus Infarto del Miocardio Chirurgia Aortica Efficacia clinica endpoint Numero di eventi 267 pts 51 (19%) 28 (10%) 13 (5%) 3 (1.1%) 2 (0.8%) 58 (22%) Tassi di eventi annuali Pt/anni 287 287 284 287 287 284 Tassi annuali (95%CI) 18% (13%-23%) 10% (6%-14%) 4.6% (2.4%-7.8%) 1.0% (0.2%-3.1%) 0.7% (0.1%-2.5%) 20% (16%-26%) 69 3.7. Classificazione funzionale NYHA. Dal punto di vista sintomatologico, i pazienti ad 1, 6 e 24 mesi dalla procedura stanno bene; ciò si evince dal fatto che, mentre la maggior parte di essi (152) nella valutazione pre-procedurale presentava una classe NYHA III-IV, successivamente alla procedura, già a 30 giorni, siano passati alla classe NYHA I ( Figura -19-). Figura -19- Classificazione NYHA Quasi tutti i pazienti considerati hanno avuto un buon recupero delle normali attività quotidiane, con assenza di sintomatologia nella grande maggioranza dei casi. 3.8. Riospedalizzazioni. I dati in nostro possesso mostrano che durante i primi 2 anni di follow-up, 54 pazienti sono stati ricoverati in ospedale per motivi cardiovascolari, con un totale di 65 ricoveri (il massimo numero di riospedalizzazioni per ogni paziente è stato 3). Analizzando i dati della Tabella -11- notiamo come nei primi 30 giorni dalla procedura si sono verificati 9 ricoveri, fra 30 giorni e un anno 37, infine tra il primo e il secondo anno 11. 70 Tabella -11- Riospedalizzazioni per motivi cardiovascolari Stato Numero di pazienti Numero di ospedalizzazioni 0-30 giorni 8 9 30 giorni 1anno 45 37 1 anno 2 anni 11 11 71 4. DISCUSSIONE 4.1. Esigenza del trattamento percutaneo della stenosi aortica degenerativa. I dati epidemiologici4, 8 evidenziano il crescente aumento dell’incidenza di stenosi aortica degenerativa, fra i pazienti affetti da valvulopatia. Si stima che una percentuale compresa fra il 2% ed il 9% della popolazione sopra i 65 anni sia affetta da un restringimento degenerativo della valvola aortica. La stenosi aortica è una malattia insidiosa con un lungo periodo di latenza seguito dalla rapida progressione dopo la comparsa dei sintomi, che comportano un elevato tasso di mortalità (circa il 50% nei primi due anni dopo la comparsa dei sintomi) tra i pazienti non trattati. La sostituzione chirurgica della valvola aortica riduce i sintomi e migliora la sopravvivenza in pazienti con stenosi aortica, e in assenza di gravi comorbidità, la procedura è associata a bassa mortalità operativa.61 Tuttavia, nella pratica clinica, almeno il 30% dei pazienti con grave stenosi aortica sintomatica non può sottoporsi ad intervento chirurgico per la sostituzione della valvola aortica, a causa dell’età avanzata, per disfunzione ventricolare sinistra o per la presenza di multiple comorbidità.44, 111-113 Sebbene quindi l’intervento chirurgico tradizionale di sostituzione valvolare aortica rappresenti il gold standard nel trattamento di questa valvulopatia, si è diffusa una nuova modalità di intervento meno invasivo: l’impianto percutaneo della protesi valvolare aortica. L’impianto transcatetere della valvola aortica (TAVI) è una nuova procedura, in cui una protesi valvolare viene inserita attraverso un catetere impiantato all’interno della valvola aortica nativa malata, senza la necessità di una sternotomia mediana, di una circolazione extracorporea e di un’anestesia generale prolungata. Dal 2002, quando la procedura è stata eseguita per la prima volta,65, 114 c’è stata una rapida crescita nel suo uso in tutto il mondo per il trattamento della stenosi 72 aortica in pazienti che sono ad alto rischio chirurgico,68, 108 per i quali la sostituzione valvolare chirurgica non sarebbe possibile, proprio per la minore invasività dell’intervento percutaneo. 4.2. Evoluzione del trattamento percutaneo. Dal 2002 ad oggi si è osservata una rapida evoluzione delle tecniche e dei materiali utilizzati, migliorando in pochi anni la fattibilità ed i risultati ottenuti da questo tipo di intervento. Al sistema valvolare utilizzato per la prima volta da Cribier (la protesi Edwards SAPIEN THV) si è affiancata dal 2004 una nuova generazione di valvola percutanea, la CoreValve (Medtronic, Inc., Minneapolis, MN), caratterizzata dall’essere autoespandibile una volta rilasciata in sede aortica. I due modelli di protesi sono simili, se pur con alcune peculiarità; la CribierEdwards Valve si presenta premontata su di un pallone, e necessita dell’espansione di questo per impiantarsi a livello aortico. La CoreValve è invece autoespandibile; ossia il suo impianto è realizzato dall’operatore mediante un apposito catetere di rilascio, mentre le caratteristiche strutturali della protesi permettono che questa si dilati verso la parete aortica senza l’ausilio di alcun pallone. Nel nostro Dipartimento viene comunemente utilizzata la protesi valvolare aortica CoreValve ed è proprio questa che abbiamo analizzato nel nostro studio. Essa viene normalmente impiantata mediante un approccio transfemorale, dopo aver eseguito una predilatazione della valvola nativa mediante una valvuloplastica percutanea. 73 Nei pazienti con grave arteriopatia degli arti inferiori viene utilizzato l’accesso attraverso l’arteria succlavia, previa un'esposizione chirurgica del vaso, e quando questa non è percorribile viene utilizzato l’approccio transaortico. 4.3. Studio clinico presso l’Università di Pisa. Dal settembre 2007 è stato avviato presso il Dipartimento CardioToracico di Pisa, uno studio clinico su 267 pazienti trattati mediante l’impianto della protesi valvolare aortica CoreValve. Lo studio ha preso in considerazione i dati clinici prima dell’intervento, quelli a 30 giorni, a 12 e 24 mesi dall’operazione. Fra i vari dati considerati, sono stati valutati attentamente: la mortalità, la classe funzionale NYHA e le complicanze che si sono verificate a seguito della procedura. 4.4. Caratteristiche pre-operatorie della popolazione. La popolazione presa in esame risulta essere tutta ad alto rischio chirurgico, ciò è osservabile dall’età dei pazienti, in media 82 anni, dalle comorbidità spesso presenti come l’infarto del miocardio (14%), coronaropatie (46%), e dal Logistic EuroSCORE in media 17 ( 12-26). Tutti i pazienti erano sintomatici per stenosi aortica con una classe funzionale NYHA III/IV nel 57% dei casi, con entità “severa” del restringimento ed elevato gradiente transprotesico (osservabile dai dati ecografici). Questi dati sottolineano la gravità della prognosi di tali pazienti, che in alcuni casi se la malattia non fosse stata trattata- avrebbe dato un esito fatale nell’arco di pochi mesi. 74 4.5. Risultati della procedura. Il successo procedurale nel nostro studio si è verificato nel 97,5% dei casi, paragonabile a quello del Registro Tedesco80 nel quale è stato del 93,8%. Tale successo è favorito senz’altro dal disegno della valvola e dal meccanismo di rilasciamento, la protesi infatti tende, per propria natura strutturale, ad auto-allinearsi e ad ancorarsi con la porzione inferiore (inflow) in maniera ottima; il dispositivo di rilascio infine minimizza gli errori di dislocamento della protesi, in quanto il rilasciamento può essere eseguito con tutta la tranquillità necessaria. Sul totale delle 267 procedure, 210 ( 79%) sono state eseguite tramite accesso femorale; le rimanti procedure sono state eseguite mediante un’esposizione chirurgica dell’arteria succlavia: ciò si è reso necessario in quei pazienti con asse iliaco-femorale troppo stretto e/o tortuoso o per la presenza di un aneurisma dell’aorta addominale ( > 5,5 cm). L’intervento è stato eseguito in anestesia locale nel 79% dei casi ( i primi casi eseguiti nel primo anno venivano effettuati tutti in anestesia generale), in questa percentuale rientrano sia i soggetti trattati mediante accesso attraverso l’arteria femorale sia attraverso la succlavia; inoltre l’anestesia generale si è resa necessaria in tutti quei casi nei quali è stato utilizzato l’accesso trans-aortico. L’accesso attraverso l’arteria succlavia si presenta come una valida alternativa per pazienti selezionati, sebbene il vaso si presenti “più delicato” dell’arteria femorale e l’esposizione iniziale, così come la sutura finale, richieda la presenza del chirurgo. Un nostro studio ha recentemente dimostrato che l’approccio succlavio è sicuro e fattibile con risultati a breve e lungo termine sovrapponibili a quello femorale.115 Nei pazienti in cui l’approccio succlavio non è possibile si ricorre all’approccio trans-aortico insieme all’accesso trans-apicale; quest’ultimo, data la sua maggiore invasività, risulta essere gravato anche da una maggiore mortalità a breve termine se paragonato all’accesso femorale e/o succlavio. 75 Infatti secondo i dati riportati dal Registro Francese la mortalità per l’accesso transfemorale risulta dell’8,5% contro il 13,9% dell’accesso trans-apicale ( P < 0,001).67 4.6. Complicanze procedurali. In seguito all’intervento si sono verificate alcune complicanze; tra queste descriviamo la morte procedurale nel 2% dei casi, paragonabile a quella riportata nel PARTNER 2011 dell’1%.62 Un altro evento avverso che appare direttamente correlato con la procedura è rappresentato dall’ictus che si è verificato nel 2% dei casi, avvenuto con tutta probabilità durante la valvuloplastica; i dati del nostro registro sono paragonabili ai valori che abbiamo riscontrato nel Registro Francese67 in cui l’incidenza di ictus risulta del 2,3%. Esso è probabilmente correlato al distacco di frammenti fibrocalcifici dai lembi della valvola nativa al momento della dilatazione con pallone. Per cercare di limitare tale rischio sono in studio sistemi di protezione embolica a livello dei tronchi sovraortici. Si sono inoltre verificate complicanze vascolari maggiori nel 5% dei casi per l’accesso succlavio e nel 7,8% per quello femorale. Analizzando i dati presenti nel Registro Francese67, notiamo che le complicanze vascolari maggiori sono state del 4,3% per l’accesso succlavio e del 5,5% per l’accesso femorale. Le complicanze vascolari sono elevate e ancor di più per l’accesso femorale in quanto i pazienti sono anziani e sono spesso affetti da arteriopatia obliterante degli arti inferiori, che aumenta il rischio di sanguinamento nel sito di accesso. Nel corso degli ultimi anni, con l’utilizzo di dispositivi di calibro minore e con l’aumento dell’esperienza degli operatori, si è assistito ad una riduzione delle complicanze vascolari correlate al sito di accesso. Una delle complicanze più frequenti dopo l’impianto della CoreValve è la necessità di impiantare un Pacemaker perché, la valvola, essendo autoepandibile, esercita maggiore compressione nel cono di efflusso con possibile compressione sul sistema di 76 conduzione. Recenti studi hanno comunque dimostrato che un posizionamento più alto della valvola riduce significativamente l’incidenza del Pacemaker. L’incidenza di Pacemaker è significativamente più bassa quando viene utilizzata la valvola SAPIEN, infatti il Registro Francese67 ha riportato un’incidenza di Pacemaker dell’11,5% per la valvola SAPIEN, contro il 24,2% per la CoreValve. Nel nostro registro la necessità di impiantare un Pacemaker risulta del 27%. Un’altra importante complicanza che si è verificata è l’embolizzazione che risulta essere dello 0,3% nel nostro studio, sovrapponibile ai dati evidenziabili nel Registro Tedesco80 ( 0,3%). Altre complicanze che si sono verificate, connesse alla procedura, sono stati il tamponamento cardiaco in 16 casi ( 6%), la necessità di trasfondere più di tre unità di sangue in 14 pazienti ( 26%), e gravi sanguinamenti a rischio di vita in 46 casi (32%). 4.7. Mortalità a 30 giorni, a 12 e 24 mesi. Nel nostro studio la mortalità a 30 giorni è stata dell’8%, percentuale simile a quella riportata dai registri presenti in letteratura, che vanno da 5,4 a 11,5%.80, 116 Facendo un confronto, i tassi di mortalità, riportati nello studio randomizzato PARTNER, sono stati del 5% per i pazienti ad alto rischio che non erano candidati alla sostituzione valvolare chirurgica ( Coorte B ) e del 5,2% per i pazienti ad alto rischio che erano candidati per la sostituzione chirurgica ( Coorte A ).61, 62 La sopravvivenza ad un anno e a due anni è stata rispettivamente dell’80,7% e del 77,2% paragonabile a quella riportata dal Registro Inglese116 che risulta rispettivamente del 78,6% e del 73,7%, in cui sono state utilizzate entrambe le valvole ( CoreValve ed Edwards SAPIEN). Inoltre il Registro Tedesco117, che riporta i dati di sopravvivenza ad un anno con l’uso della sola Edwards SAPIEN, mostra dati sovrapponibili a quelli del nostro studio ( 80,7% vs 76,1%). Questo dimostra che, indipendentemente dalla valvola scelta, i risultati in termini di sopravvivenza a breve e lungo termine sono sovrapponibili. 77 4.8. Miglioramento della qualità di vita e classe funzionale NYHA. Un ampio incremento dell’aspettativa di vita non rappresenta l’obiettivo primario in pazienti di età >75 anni e pertanto, nella valutazione dei risultati, non vanno considerate solamente la sicurezza della procedura e la sopravvivenza dei pazienti a medio e lungo termine, ma anche il miglioramento della qualità di vita del paziente, intesa anche come grado di autosufficienza. Dai dati del nostro studio, si evince come mentre 152 pazienti ( 57%) prima della procedura erano in classe funzionale NYHA III/IV, già a 30 giorni 145 ( 78,8%) sono stati i pazienti che si trovavano in classe NYHA I. Questi dati sono paragonabili a quelli riportati dal PARTNER II trial,61 in cui risulta che ad 1 anno, il 74,8% dei i pazienti sopravvissuti a TAVI, rispetto al 42,0% dei pazienti sopravvissuti che avevano ricevuto la terapia standard, erano asintomatici o avevano sintomi lievi (classe NYHA I o II) (P <0,001). Dallo stesso studio possiamo inoltre valutare come le riospedalizzazioni a 30 giorni sono state del 5,6% per la TAVI contro il 10,1% per la terapia medica, mentre ad un anno sono state rispettivamente del 22,3% contro il 44,1% ( p< 0,001). Nel nostro studio le riospedalizzazioni a 30 giorni sono state del 4% e ad un anno del 26%. 4.9. Fragilità del paziente che deve essere sottoposto a TAVI. Il concetto di fragilità è di centrale importanza nella selezione dei pazienti anziani per la TAVI, per le molte comorbidità spesso presenti in questa popolazione. La fragilità è una condizione importante e frequente nei pazienti anziani e dovrebbe essere considerata. Essa è una sindrome distinta ed è caratterizzata da un circolo vizioso di diminuzione della massa muscolare, della spesa energetica, e la malnutrizione che si conclude con la vulnerabilità a eventi avversi.118 Nello studio PARTNER, la fragilità era presente in circa il 23% dei pazienti in Coorte B e nel 16% in Coorte A. 78 L'impatto della fragilità sul decorso clinico e sui risultati dei pazienti che presentano SA severa, sta iniziando ad essere presa in considerazione, ma è difficile da valutare a causa del suo fenotipo multidimensionale. La futilità è anche una considerazione importante per la TAVI. Ci possono essere alcuni pazienti in cui questa procedura non deve essere eseguita perché la condizione clinica è troppo avanzata; in questi pazienti, anche un successo procedurale è inutile e non migliora la qualità di vita. Una più chiara definizione delle condizioni di comorbidità, che negativamente possono influenzare la sopravvivenza, nonostante l'attuazione dell’impianto valvolare, deve essere seguita da uno specialista multidisciplinare come il geriatra. Questa stessa figura è inoltre quella che deve informare il paziente sui rischi procedurali e sui suoi benefici, in modo tale da ottenere un “vero consenso informato”, nonostante l’età avanzata. 4.10. Limiti dello studio. Esiste un importante limite del nostro studio; i dati in nostro possesso sono estrapolati da un Registro in cui vengono inseriti tutti i dati dei pazienti, non si tratta quindi di uno studio prospettico o randomizzato. La popolazione inserita nello studio si presenta tutta ad alto rischio chirurgico e con comorbilità importanti, ciò limita il confronto anche con la letteratura chirurgica, la quale prende in considerazione generalmente soggetti operabili; ossia a basso rischio chirurgico e senza altre gravi patologie associate. 79 5. CONCLUSIONI Il presente studio espone le principali caratteristiche della stenosi aortica degenerativa, le linee diagnostiche e terapeutiche più attuali, ed i risultati dei 267 interventi di impianto percutaneo della protesi valvolare aortica CoreValve eseguiti, dal settembre 2007 al maggio 2013, presso l’Università di Pisa. I risultati ottenuti dimostrano che tale intervento è fattibile e con un ottimo successo procedurale nei i pazienti anziani ad alto rischio chirurgico. La mortalità perioperatoria osservata è stata del 6%, inferiore a quella predetta dagli algoritmi di previsione del rischio chirurgico (20%). La procedura si è dimostrata in grado di determinare un immediato miglioramento clinico nei pazienti con stenosi aortica degenerativa e ciò è osservabile, mediante la riduzione della classe funzionale NYHA. La stabilità dei dati clinici a 30 giorni, a 6, 12, e a 24 mesi dall’impianto, in associazione alla scomparsa della sintomatologia nei pazienti trattati, lascia ben presagire sull’efficacia di questo trattamento in pazienti selezionati con stenosi aortica severa. In conclusione, la TAVI è una nuova opzione terapeutica per i pazienti ad alto rischio con stenosi aortica grave. I tassi delle complicanze sembrano accettabili, considerando l'alta frequenza di malattie coesistenti in tali pazienti. Ulteriori progressi nei criteri di selezione dei pazienti, l'assistenza post-procedurale e la scelta di un accesso ottimale sono essenziali per migliorare i risultati. La TAVI sembra essere quindi una scelta ragionevole in pazienti inoperabili o ad alto rischio con grave stenosi aortica sintomatica. 80 BIBLIOGRAFIA 1. Rahimtoola SH. Valvulopatie aortiche. In: Fuster V, O'Rourke DJ, Walsh E, Poole-Wilson P, editors. Hurst Il cuore. 12.a ed. Milano: McGraw-Hill Companies; 2009. p. 1670-702. 2. Bonow RO, Braunwald E. Cardiopatia valvolare. In: Zipes DP, Libby P, Bonow RO, Braunwald E, editors. Malattie del cuore di Braunwald Trattato di medicina cardiovascolare. 7.a ed. Milano: Elsevier; 2007. p. 1553-632. 3. Rajamannan NM, Gersh B, Bonow RO. Calcific aortic stenosis: from bench to the bedside--emerging clinical and cellular concepts. Heart. 2003; 89(7): 801-5. 4. Faggiano P, Antonini-Canterin F, Baldessin F, Lorusso R, D'Aloia A, Cas LD. Epidemiology and cardiovascular risk factors of aortic stenosis. Cardiovasc Ultrasound. 2006; 4: 27. 5. Cleland JG, Swedberg K, Follath F, Komajda M, Cohen-Solal A, Aguilar JC, et al. The EuroHeart Failure survey programme-- a survey on the quality of care among patients with heart failure in Europe. Part 1: patient characteristics and diagnosis. Eur Heart J. 2003; 24(5): 442-63. 6. Soler-Soler J, Galve E. Worldwide perspective of valve disease. Heart. 2000; 83(6): 721-5. 7. Nkomo VT, Gardin JM, Skelton TN, Gottdiener JS, Scott CG, Enriquez-Sarano M. Burden of valvular heart diseases: a population-based study. Lancet. 2006; 368(9540): 1005-11. 8. Stewart BF, Siscovick D, Lind BK, Gardin JM, Gottdiener JS, Smith VE, et al. Clinical factors associated with calcific aortic valve disease. Cardiovascular Health Study. J Am Coll Cardiol. 1997; 29(3): 630-4. 9. Lindroos M, Kupari M, Heikkila J, Tilvis R. Prevalence of aortic valve abnormalities in the elderly: an echocardiographic study of a random population sample. J Am Coll Cardiol. 1993; 21(5): 1220-5. 10.Otto CM, Lind BK, Kitzman DW, Gersh BJ, Siscovick DS. Association of aortic-valve sclerosis with cardiovascular mortality and morbidity in the elderly. N Engl J Med. 1999; 341(3): 142-7. 11.Fox CS, Vasan RS, Parise H, Levy D, O'Donnell CJ, D'Agostino RB, et al. Mitral annular calcification predicts cardiovascular morbidity and mortality: the Framingham Heart Study. Circulation. 2003; 107(11): 1492-6. 12.Jeon DS, Atar S, Brasch AV, Luo H, Mirocha J, Naqvi TZ, et al. Association of mitral annulus calcification, aortic valve sclerosis and aortic root calcification with abnormal myocardial perfusion single photon emission tomography in subjects age < or =65 years old. J Am Coll Cardiol. 2001; 38(7): 1988-93. 81 13.Adler Y, Koren A, Fink N, Tanne D, Fusman R, Assali A, et al. Association between mitral annulus calcification and carotid atherosclerotic disease. Stroke. 1998; 29(9): 1833-7. 14.Schoen FJ, Mitchell RN. Il cuore. In: Kumar V, Abbas AK, Fausto N, Aster JC, editors. Robbins e Cotran - Le basi patologiche delle malattie: Patologia generale. 8.a ed. Milano: Elsevier Health Sciences Italy; 2010. p. 519-77. 15.Otto CM, Kuusisto J, Reichenbach DD, Gown AM, O'Brien KD. Characterization of the early lesion of 'degenerative' valvular aortic stenosis. Histological and immunohistochemical studies. Circulation. 1994; 90(2): 844-53. 16.Tobin JR, Jr., Rahimtoola SH, Blundell PE, Swan HJ. Percentage of left ventricular stroke work loss. A simple hemodynamic concept for estimation of severity in valvular aortic stenosis. Circulation. 1967; 35(5): 868-79. 17.Nadal-Ginard B, Kajstura J, Leri A, Anversa P. Myocyte death, growth, and regeneration in cardiac hypertrophy and failure. Circ Res. 2003; 92(2): 139-50. 18.Legget ME, Kuusisto J, Healy NL, Fujioka M, Schwaegler RG, Otto CM. Gender differences in left ventricular function at rest and with exercise in asymptomatic aortic stenosis. Am Heart J. 1996; 131(1): 94-100. 19.Cheitlin MD. Pathophysiology of valvular aortic stenosis in the elderly. Am J Geriatr Cardiol. 2003; 12(3): 173-7. 20.Rahimtoola SH, Frye RL. Valvular heart disease. Circulation. 2000; 102(20 Suppl 4): IV24-33. 21.Gould KL, Carabello BA. Why angina in aortic stenosis with normal coronary arteriograms? Circulation. 2003; 107(25): 3121-3. 22.Kasper DL, Braunwald E, Fauci AS. Harrison. Principi di medicina interna. 16.a ed. Milano: McGraw-Hill Companies; 2004. 23.Vahanian A, Alfieri O, Andreotti F, Antunes MJ, Baron-Esquivias G, Baumgartner H, et al. Guidelines on the management of valvular heart disease (version 2012): the Joint Task Force on the Management of Valvular Heart Disease of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Association for CardioThoracic Surgery (EACTS). Eur J Cardiothorac Surg. 2012; 42(4): S1-44. 24.Laskey WK, Kussmaul WG. Pressure recovery in aortic valve stenosis. Circulation. 1994; 89(1): 116-21. 25.Garcia D, Dumesnil JG, Durand LG, Kadem L, Pibarot P. Discrepancies between catheter and Doppler estimates of valve effective orifice area can be predicted from the pressure recovery phenomenon: practical implications with regard to quantification of aortic stenosis severity. J Am Coll Cardiol. 2003; 41(3): 435-42. 82 26.Niederberger J, Schima H, Maurer G, Baumgartner H. Importance of pressure recovery for the assessment of aortic stenosis by Doppler ultrasound. Role of aortic size, aortic valve area, and direction of the stenotic jet in vitro. Circulation. 1996; 94(8): 1934-40. 27.Gjertsson P, Caidahl K, Svensson G, Wallentin I, Bech-Hanssen O. Important pressure recovery in patients with aortic stenosis and high Doppler gradients. Am J Cardiol. 2001; 88(2): 139-44. 28.Clark C. Turbulent velocity measurements in a model of aortic stenosis. J Biomech. 1976; 9(11): 677-87. 29.Passik CS, Ackermann DM, Pluth JR, Edwards WD. Temporal changes in the causes of aortic stenosis: a surgical pathologic study of 646 cases. Mayo Clin Proc. 1987; 62(2): 119-23. 30.Okura H, Yoshida K, Hozumi T, Akasaka T, Yoshikawa J. Planimetry and transthoracic two-dimensional echocardiography in noninvasive assessment of aortic valve area in patients with valvular aortic stenosis. J Am Coll Cardiol. 1997; 30(3): 7539. 31.Leborgne L, Tribouilloy C, Otmani A, Peltier M, Rey JL, Lesbre JP. Comparative value of Doppler echocardiography and cardiac catheterization in the decision to operate on patients with aortic stenosis. Int J Cardiol. 1998; 65(2): 163-8. 32.Baumgartner H, Stefenelli T, Niederberger J, Schima H, Maurer G. "Overestimation" of catheter gradients by Doppler ultrasound in patients with aortic stenosis: a predictable manifestation of pressure recovery. J Am Coll Cardiol. 1999; 33(6): 1655-61. 33.Garcia D, Pibarot P, Dumesnil JG, Sakr F, Durand LG. Assessment of aortic valve stenosis severity: A new index based on the energy loss concept. Circulation. 2000; 101(7): 765-71. 34.Rosenhek R, Binder T, Porenta G, Lang I, Christ G, Schemper M, et al. Predictors of outcome in severe, asymptomatic aortic stenosis. N Engl J Med. 2000; 343(9): 611-7. 35.Rosenhek R, Klaar U, Schemper M, Scholten C, Heger M, Gabriel H, et al. Mild and moderate aortic stenosis. Natural history and risk stratification by echocardiography. Eur Heart J. 2004; 25(3): 199-205. 36.Currie PJ, Hagler DJ, Seward JB, Reeder GS, Fyfe DA, Bove AA, et al. Instantaneous pressure gradient: a simultaneous Doppler and dual catheter correlative study. J Am Coll Cardiol. 1986; 7(4): 800-6. 37.Zoghbi WA, Farmer KL, Soto JG, Nelson JG, Quinones MA. Accurate noninvasive quantification of stenotic aortic valve area by Doppler echocardiography. Circulation. 1986; 73(3): 452-9. 83 38.Taylor R. Evolution of the continuity equation in the Doppler echocardiographic assessment of the severity of valvular aortic stenosis. J Am Soc Echocardiogr. 1990; 3(4): 326-30. 39.Binet JP, Duran CG, Carpenter A, Langlois J. Heterologous aortic valve transplantation. Lancet. 1965; 2(7425): 1275. 40.Budoff MJ, Mao S, Takasu J, Shavelle DM, Zhao XQ, O'Brien KD. Reproducibility of electron-beam CT measures of aortic valve calcification. Acad Radiol. 2002; 9(10): 1122-7. 41.Gilbert T, Orr W, Banning AP. Surgery for aortic stenosis in severely symptomatic patients older than 80 years: experience in a single UK centre. Heart. 1999; 82(2): 138-42. 42.Melby SJ, Zierer A, Kaiser SP, Guthrie TJ, Keune JD, Schuessler RB, et al. Aortic valve replacement in octogenarians: risk factors for early and late mortality. Ann Thorac Surg. 2007; 83(5): 1651-6; discussion 6-7. 43.Iung B, Baron G, Butchart EG, Delahaye F, Gohlke-Barwolf C, Levang OW, et al. A prospective survey of patients with valvular heart disease in Europe: The Euro Heart Survey on Valvular Heart Disease. Eur Heart J. 2003; 24(13): 1231-43. 44.Varadarajan P, Kapoor N, Bansal RC, Pai RG. Clinical profile and natural history of 453 nonsurgically managed patients with severe aortic stenosis. Ann Thorac Surg. 2006; 82(6): 2111-5. 45.Novaro GM, Katz R, Aviles RJ, Gottdiener JS, Cushman M, Psaty BM, et al. Clinical factors, but not C-reactive protein, predict progression of calcific aortic-valve disease: the Cardiovascular Health Study. J Am Coll Cardiol. 2007; 50(20): 1992-8. 46.Palta S, Pai AM, Gill KS, Pai RG. New insights into the progression of aortic stenosis: implications for secondary prevention. Circulation. 2000; 101(21): 2497-502. 47.Kolh P, Wijns W, Danchin N, Di Mario C, Falk V, Folliguet T, et al. Guidelines on myocardial revascularization. Eur J Cardiothorac Surg. 2010; 38 Suppl: S1-S52. 48.Braunwald E. Aortic valve replacement: an update at the turn of the millennium. Eur Heart J. 2000; 21(13): 1032-3. 49.Calvo D, Lozano I, Llosa JC, Lee DH, Martin M, Avanzas P, et al. [Aortic valve replacement in octogenarians with severe aortic stenosis. Experience in a series of consecutive patients at a single center]. Rev Esp Cardiol. 2007; 60(7): 720-6. 50.Brown JM, O'Brien SM, Wu C, Sikora JA, Griffith BP, Gammie JS. Isolated aortic valve replacement in North America comprising 108,687 patients in 10 years: changes in risks, valve types, and outcomes in the Society of Thoracic Surgeons National Database. J Thorac Cardiovasc Surg. 2009; 137(1): 82-90. 84 51.Santoro G, Vitali E, Tamburino C, Quaini E, Ramondo A, Pizzuto F, et al. [Transcatheter aortic valve implantation for patients with aortic stenosis: a scientific statement from the Italian Federation of Cardiology (FIC) and the Italian Society for Cardiac Surgery (SICCH)]. G Ital Cardiol (Rome). 2010; 11(1): 45-53. 52.Stout KK, Otto CM. Indications for aortic valve replacement in aortic stenosis. J Intensive Care Med. 2007; 22(1): 14-25. 53.Alexander KP, Anstrom KJ, Muhlbaier LH, Grosswald RD, Smith PK, Jones RH, et al. Outcomes of cardiac surgery in patients > or = 80 years: results from the National Cardiovascular Network. J Am Coll Cardiol. 2000; 35(3): 731-8. 54.Craver JM, Puskas JD, Weintraub WW, Shen Y, Guyton RA, Gott JP, et al. 601 octogenarians undergoing cardiac surgery: outcome and comparison with younger age groups. Ann Thorac Surg. 1999; 67(4): 1104-10. 55.Dawkins S, Hobson AR, Kalra PR, Tang AT, Monro JL, Dawkins KD. Permanent pacemaker implantation after isolated aortic valve replacement: incidence, indications, and predictors. Ann Thorac Surg. 2008; 85(1): 108-12. 56.Emkanjoo Z, Mirza-Ali M, Alizadeh A, Hosseini S, Jorat MV, Nikoo MH, et al. Predictors and frequency of conduction disturbances after open-heart surgery. Indian Pacing Electrophysiol J. 2008; 8(1): 14-21. 57.Fukuda T, Hawley RL, Edwards JE. Lesions of conduction tissue complicating aortic valvular replacement. Chest. 1976; 69(5): 605-14. 58.Baerman JM, Kirsh MM, de Buitleir M, Hyatt L, Juni JE, Pitt B, et al. Natural history and determinants of conduction defects following coronary artery bypass surgery. Ann Thorac Surg. 1987; 44(2): 150-3. 59.Flack JE, 3rd, Hafer J, Engelman RM, Rousou JA, Deaton DW, Pekow P. Effect of normothermic blood cardioplegia on postoperative conduction abnormalities and supraventricular arrhythmias. Circulation. 1992; 86(5 Suppl): II385-92. 60.Berman M, Stamler A, Sahar G, Georghiou GP, Sharoni E, Brauner R, et al. Validation of the 2000 Bernstein-Parsonnet score versus the EuroSCORE as a prognostic tool in cardiac surgery. Ann Thorac Surg. 2006; 81(2): 537-40. 61.Leon MB, Smith CR, Mack M, Miller DC, Moses JW, Svensson LG, et al. Transcatheter aortic-valve implantation for aortic stenosis in patients who cannot undergo surgery. N Engl J Med. 2010; 363(17): 1597-607. 62.Smith CR, Leon MB, Mack MJ, Miller DC, Moses JW, Svensson LG, et al. Transcatheter versus surgical aortic-valve replacement in high-risk patients. N Engl J Med. 2011; 364(23): 2187-98. 63.Kuntz RE, Tosteson AN, Berman AD, Goldman L, Gordon PC, Leonard BM, et al. Predictors of event-free survival after balloon aortic valvuloplasty. N Engl J Med. 1991; 325(1): 17-23. 85 64.Rahimtoola SH. Catheter balloon valvuloplasty for severe calcific aortic stenosis: a limited role. J Am Coll Cardiol. 1994; 23(5): 1076-8. 65.Cribier A, Eltchaninoff H, Bash A, Borenstein N, Tron C, Bauer F, et al. Percutaneous transcatheter implantation of an aortic valve prosthesis for calcific aortic stenosis: first human case description. Circulation. 2002; 106(24): 3006-8. 66.Routledge HC, Lefevre T, Morice MC, De Marco F, Salmi L, Cormier B. Percutaneous aortic valve replacement: new hope for inoperable and high-risk patients. J Invasive Cardiol. 2007; 19(11): 478-83. 67.Gilard M, Eltchaninoff H, Iung B, Donzeau-Gouge P, Chevreul K, Fajadet J, et al. Registry of transcatheter aortic-valve implantation in high-risk patients. N Engl J Med. 2012; 366(18): 1705-15. 68.Cribier A, Eltchaninoff H, Tron C, Bauer F, Agatiello C, Nercolini D, et al. Treatment of calcific aortic stenosis with the percutaneous heart valve: mid-term follow-up from the initial feasibility studies: the French experience. J Am Coll Cardiol. 2006; 47(6): 1214-23. 69.Lichtenstein SV, Cheung A, Ye J, Thompson CR, Carere RG, Pasupati S, et al. Transapical transcatheter aortic valve implantation in humans: initial clinical experience. Circulation. 2006; 114(6): 591-6. 70.Lange R, Schreiber C, Gotz W, Hettich I, Will A, Libera P, et al. First successful transapical aortic valve implantation with the Corevalve Revalving system: a case report. Heart Surg Forum. 2007; 10(6): E478-9. 71.Vahanian A, Alfieri OR, Al-Attar N, Antunes MJ, Bax J, Cormier B, et al. Transcatheter valve implantation for patients with aortic stenosis: a position statement from the European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS) and the European Society of Cardiology (ESC), in collaboration with the European Association of Percutaneous Cardiovascular Interventions (EAPCI). Eur J Cardiothorac Surg. 2008; 34(1): 1-8. 72.Kvidal P, Bergstrom R, Horte LG, Stahle E. Observed and relative survival after aortic valve replacement. J Am Coll Cardiol. 2000; 35(3): 747-56. 73.Holmes DR, Jr., Mack MJ, Kaul S, Agnihotri A, Alexander KP, Bailey SR, et al. 2012 ACCF/AATS/SCAI/STS expert consensus document on transcatheter aortic valve replacement: developed in collabration with the American Heart Association, American Society of Echocardiography, European Association for Cardio-Thoracic Surgery, Heart Failure Society of America, Mended Hearts, Society of Cardiovascular Anesthesiologists, Society of Cardiovascular Computed Tomography, and Society for Cardiovascular Magnetic Resonance. J Thorac Cardiovasc Surg. 2012; 144(3): e29-84. 74.Bleiziffer S, Ruge H, Horer J, Hutter A, Geisbusch S, Brockmann G, et al. Predictors for new-onset complete heart block after transcatheter aortic valve implantation. JACC Cardiovasc Interv. 2010; 3(5): 524-30. 86 75.Piazza N, Onuma Y, Jesserun E, Kint PP, Maugenest AM, Anderson RH, et al. Early and persistent intraventricular conduction abnormalities and requirements for pacemaking after percutaneous replacement of the aortic valve. JACC Cardiovasc Interv. 2008; 1(3): 310-6. 76.Holmes DR, Jr., Mack MJ, Kaul S, Agnihotri A, Alexander KP, Bailey SR, et al. 2012 ACCF/AATS/SCAI/STS expert consensus document on transcatheter aortic valve replacement: developed in collaboration with the American Heart Association, American Society of Echocardiography, European Association for Cardio-Thoracic Surgery, Heart Failure Society of America, Mended Hearts, Society of Cardiovascular Anesthesiologists, Society of Cardiovascular Computed Tomography, and Society for Cardiovascular Magnetic Resonance. Ann Thorac Surg. 2012; 93(4): 1340-95. 77.Leon MB, Piazza N, Nikolsky E, Blackstone EH, Cutlip DE, Kappetein AP, et al. Standardized endpoint definitions for transcatheter aortic valve implantation clinical trials: a consensus report from the Valve Academic Research Consortium. European heart journal. 2011; 32(2): 205-17. 78.Godino C, Maisano F, Montorfano M, Latib A, Chieffo A, Michev I, et al. Outcomes after transcatheter aortic valve implantation with both Edwards-SAPIEN and CoreValve devices in a single center: the Milan experience. JACC Cardiovasc Interv. 2010; 3(11): 1110-21. 79.Tamburino C, Capodanno D, Ramondo A, Petronio AS, Ettori F, Santoro G, et al. Incidence and predictors of early and late mortality after transcatheter aortic valve implantation in 663 patients with severe aortic stenosis. Circulation. 2011; 123(3): 299308. 80.Thomas M, Schymik G, Walther T, Himbert D, Lefevre T, Treede H, et al. Thirty-day results of the SAPIEN aortic Bioprosthesis European Outcome (SOURCE) Registry: A European registry of transcatheter aortic valve implantation using the Edwards SAPIEN valve. Circulation. 2010; 122(1): 62-9. 81.Lefevre T, Kappetein AP, Wolner E, Nataf P, Thomas M, Schachinger V, et al. One year follow-up of the multi-centre European PARTNER transcatheter heart valve study. Eur Heart J. 2011; 32(2): 148-57. 82.Kodali SK, O'Neill WW, Moses JW, Williams M, Smith CR, Tuzcu M, et al. Early and late (one year) outcomes following transcatheter aortic valve implantation in patients with severe aortic stenosis (from the United States REVIVAL trial). Am J Cardiol. 2011; 107(7): 1058-64. 83.Thygesen K, Alpert JS, White HD. Universal definition of myocardial infarction. J Am Coll Cardiol. 2007; 50(22): 2173-95. 84.Cutlip DE, Windecker S, Mehran R, Boam A, Cohen DJ, van Es GA, et al. Clinical end points in coronary stent trials: a case for standardized definitions. Circulation. 2007; 115(17): 2344-51. 87 85.Kappetein AP, Head SJ, Genereux P, Piazza N, van Mieghem NM, Blackstone EH, et al. Updated standardized endpoint definitions for transcatheter aortic valve implantation: the Valve Academic Research Consortium-2 consensus document. J Thorac Cardiovasc Surg. 2013; 145(1): 6-23. 86.Aregger F, Wenaweser P, Hellige GJ, Kadner A, Carrel T, Windecker S, et al. Risk of acute kidney injury in patients with severe aortic valve stenosis undergoing transcatheter valve replacement. Nephrol Dial Transplant. 2009; 24(7): 2175-9. 87.Bagur R, Webb JG, Nietlispach F, Dumont E, De Larochelliere R, Doyle D, et al. Acute kidney injury following transcatheter aortic valve implantation: predictive factors, prognostic value, and comparison with surgical aortic valve replacement. Eur Heart J. 2010; 31(7): 865-74. 88.Lameire N, Van Biesen W, Vanholder R. The changing epidemiology of acute renal failure. Nat Clin Pract Nephrol. 2006; 2(7): 364-77. 89.Bellomo R, Ronco C, Kellum JA, Mehta RL, Palevsky P. Acute renal failure definition, outcome measures, animal models, fluid therapy and information technology needs: the Second International Consensus Conference of the Acute Dialysis Quality Initiative (ADQI) Group. Crit Care. 2004; 8(4): R204-12. 90.Bellomo R, Kellum JA, Ronco C. Defining acute renal failure: physiological principles. Intensive Care Med. 2004; 30(1): 33-7. 91.Kellum JA, Levin N, Bouman C, Lameire N. Developing a consensus classification system for acute renal failure. Curr Opin Crit Care. 2002; 8(6): 509-14. 92.Abosaif NY, Tolba YA, Heap M, Russell J, El Nahas AM. The outcome of acute renal failure in the intensive care unit according to RIFLE: model application, sensitivity, and predictability. Am J Kidney Dis. 2005; 46(6): 1038-48. 93.Bell M, Liljestam E, Granath F, Fryckstedt J, Ekbom A, Martling CR. Optimal follow-up time after continuous renal replacement therapy in actual renal failure patients stratified with the RIFLE criteria. Nephrol Dial Transplant. 2005; 20(2): 35460. 94.Hoste EA, Clermont G, Kersten A, Venkataraman R, Angus DC, De Bacquer D, et al. RIFLE criteria for acute kidney injury are associated with hospital mortality in critically ill patients: a cohort analysis. Crit Care. 2006; 10(3): R73. 95.Kuitunen A, Vento A, Suojaranta-Ylinen R, Pettila V. Acute renal failure after cardiac surgery: evaluation of the RIFLE classification. Ann Thorac Surg. 2006; 81(2): 542-6. 96.Uchino S, Bellomo R, Goldsmith D, Bates S, Ronco C. An assessment of the RIFLE criteria for acute renal failure in hospitalized patients. Crit Care Med. 2006; 34(7): 1913-7. 88 97.Guitterez NV, Diaz A, Timmis GC, O'Neill WW, Stevens MA, Sandberg KR, et al. Determinants of serum creatinine trajectory in acute contrast nephropathy. J Interv Cardiol. 2002; 15(5): 349-54. 98.Akins CW, Miller DC, Turina MI, Kouchoukos NT, Blackstone EH, Grunkemeier GL, et al. Guidelines for reporting mortality and morbidity after cardiac valve interventions. J Thorac Cardiovasc Surg. 2008; 135(4): 732-8. 99.Avanzas P, Munoz-Garcia AJ, Segura J, Pan M, Alonso-Briales JH, Lozano I, et al. Percutaneous implantation of the CoreValve self-expanding aortic valve prosthesis in patients with severe aortic stenosis: early experience in Spain. Revista espanola de cardiologia. 2010; 63(2): 141-8. 100.Koos R, Mahnken AH, Aktug O, Dohmen G, Autschbach R, Marx N, et al. Electrocardiographic and imaging predictors for permanent pacemaker requirement after transcatheter aortic valve implantation. J Heart Valve Dis. 2011; 20(1): 83-90. 101.Nuis RJ, Van Mieghem NM, Schultz CJ, Tzikas A, Van der Boon RM, Maugenest AM, et al. Timing and potential mechanisms of new conduction abnormalities during the implantation of the Medtronic CoreValve System in patients with aortic stenosis. European heart journal. 2011; 32(16): 2067-74. 102.Dalmau MJ, Gonzalez-Santos JM, Blazquez JA, Sastre JA, Lopez-Rodriguez J, Bueno M, et al. Hemodynamic performance of the Medtronic Mosaic and Perimount Magna aortic bioprostheses: five-year results of a prospectively randomized study. European journal of cardio-thoracic surgery : official journal of the European Association for Cardio-thoracic Surgery. 2011; 39(6): 844-52; discussion 52. 103.Eltchaninoff H, Prat A, Gilard M, Leguerrier A, Blanchard D, Fournial G, et al. Transcatheter aortic valve implantation: early results of the FRANCE (FRench Aortic National CoreValve and Edwards) registry. Eur Heart J. 2011; 32(2): 191-7. 104.Ussia GP, Capodanno D, Barbanti M, Scarabelli M, Imme S, Cammalleri V, et al. Balloon aortic valvuloplasty for severe aortic stenosis as a bridge to high-risk transcatheter aortic valve implantation. The Journal of invasive cardiology. 2010; 22(4): 161-6. 105.Bonow RO, Carabello BA, Chatterjee K, de Leon AC, Jr., Faxon DP, Freed MD, et al. 2008 focused update incorporated into the ACC/AHA 2006 guidelines for the management of patients with valvular heart disease: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to revise the 1998 guidelines for the management of patients with valvular heart disease). Endorsed by the Society of Cardiovascular Anesthesiologists, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and Society of Thoracic Surgeons. Journal of the American College of Cardiology. 2008; 52(13): e1-142. 106.Zamorano JL, Badano LP, Bruce C, Chan KL, Goncalves A, Hahn RT, et al. EAE/ASE recommendations for the use of echocardiography in new transcatheter interventions for valvular heart disease. Eur Heart J. 2011; 32(17): 2189-214. 89 107.Grube E, Schuler G, Buellesfeld L, Gerckens U, Linke A, Wenaweser P, et al. Percutaneous aortic valve replacement for severe aortic stenosis in high-risk patients using the second- and current third-generation self-expanding CoreValve prosthesis: device success and 30-day clinical outcome. J Am Coll Cardiol. 2007; 50(1): 69-76. 108.Webb JG, Chandavimol M, Thompson CR, Ricci DR, Carere RG, Munt BI, et al. Percutaneous aortic valve implantation retrograde from the femoral artery. Circulation. 2006; 113(6): 842-50. 109.Roques F, Michel P, Goldstone AR, Nashef SA. The logistic EuroSCORE. European heart journal. 2003; 24(9): 881-2. 110.Webb JG, Pasupati S, Achtem L, Thompson CR. Rapid pacing to facilitate transcatheter prosthetic heart valve implantation. Catheter Cardiovasc Interv. 2006; 68(2): 199-204. 111.Bouma BJ, van Den Brink RB, van Der Meulen JH, Verheul HA, Cheriex EC, Hamer HP, et al. To operate or not on elderly patients with aortic stenosis: the decision and its consequences. Heart. 1999; 82(2): 143-8. 112.Iung B, Cachier A, Baron G, Messika-Zeitoun D, Delahaye F, Tornos P, et al. Decision-making in elderly patients with severe aortic stenosis: why are so many denied surgery? European heart journal. 2005; 26(24): 2714-20. 113.Bach DS, Siao D, Girard SE, Duvernoy C, McCallister BD, Jr., Gualano SK. Evaluation of patients with severe symptomatic aortic stenosis who do not undergo aortic valve replacement: the potential role of subjectively overestimated operative risk. Circulation Cardiovascular quality and outcomes. 2009; 2(6): 533-9. 114.Cribier A, Eltchaninoff H, Tron C, Bauer F, Agatiello C, Sebagh L, et al. Early experience with percutaneous transcatheter implantation of heart valve prosthesis for the treatment of end-stage inoperable patients with calcific aortic stenosis. Journal of the American College of Cardiology. 2004; 43(4): 698-703. 115.Petronio AS, De Carlo M, Bedogni F, Maisano F, Ettori F, Klugmann S, et al. 2-year results of CoreValve implantation through the subclavian access: a propensitymatched comparison with the femoral access. J Am Coll Cardiol. 2012; 60(6): 502-7. 116.Moat NE, Ludman P, de Belder MA, Bridgewater B, Cunningham AD, Young CP, et al. Long-term outcomes after transcatheter aortic valve implantation in high-risk patients with severe aortic stenosis: the U.K. TAVI (United Kingdom Transcatheter Aortic Valve Implantation) Registry. Journal of the American College of Cardiology. 2011; 58(20): 2130-8. 117.Thomas M, Schymik G, Walther T, Himbert D, Lefevre T, Treede H, et al. One-year outcomes of cohort 1 in the Edwards SAPIEN Aortic Bioprosthesis European Outcome (SOURCE) registry: the European registry of transcatheter aortic valve implantation using the Edwards SAPIEN valve. Circulation. 2011; 124(4): 425-33. 90 118.Fried LP, Tangen CM, Walston J, Newman AB, Hirsch C, Gottdiener J, et al. Frailty in older adults: evidence for a phenotype. J Gerontol A Biol Sci Med Sci. 2001; 56(3): M146-56. 91 RINGRAZIAMENTI Ringrazio il Prof. Alberto Balbarini per avermi permesso di sviluppare la mia tesi sulla CoreValve e di frequentare a tal fine il Reparto di Emodinamica, e della gentilezza e disponibilità mostrate nei mie confronti. Ringranzio la Dott.ssa Cristina Giannini per i numerosi consigli e per l’aiuto prezioso datomi nella stesura della tesi. Ringrazio di cuore i miei genitori e i miei nonni per aver creduto sempre in me e nelle mie capacità, per avermi sostenuto in tutti i momenti, anche quelli più difficili, e per aver gioito insieme a me ad ogni piccolo passo fino ad arrivare a questo grande traguardo, il primo di tanti altri. Ringrazio la mia sorellina Laura che mi conosce meglio di chiunque altro, che mi capisce solo con uno sguardo, che ha condiviso con me questo percorso sostenendomi e che, con la sua grande determinazione e grinta, mi ha incoraggiata per realizzare ciò che desidero. Ringrazio Stefano, un ragazzo speciale che da quando è entrato nella mia vita, tutto è cambiato, che mi ha fatto capire che essere felici è la cosa più importante, che ha permesso che venisse fuori la vera Cristina e che mi ha fatto capire che donarsi agli altri ti fa arricchire in maniera esponenziale. Ringrazio Simona ed Antonella, due amiche quasi sorelle, su cui posso sempre contare, con cui ho condiviso tantissimi momenti e a cui ho aperto il mio cuore. 92 Ringrazio tutti i miei amici, compagni di avventure, con cui ho condiviso pezzi della mia vita che porterò sempre dentro di me. Paola Cristina Ferrauto 93