Soluzione Esercizi Non Svolti

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ECONOMIA INDUSTRIALE:
ESERCIZI E APPLICAZIONI
Christian Garavaglia
SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI NON SVOLTI
Soluzione 1.4.
a) Impresa A: funzione di produzione lineare (con input perfetti sostituti). L’impresa utilizzerà uno
solo dei due input produttivi a seconda del costo relativo dei due input.
Impresa B: funzione di produzione di Leontief (con input perfetti complementi). L’impresa
utilizzerà i due input produttivi sempre congiuntamente e in proporzioni fisse tra loro.
Impresa C: funzione di produzione Cobb-Douglas. L’impresa utilizzerà i due input produttivi in
proporzioni variabili a seconda del loro costo.
b) I rendimenti di scala indicano la variazione della quantità prodotta in seguito alla variazione
dell’impiego di tutti gli input nella stessa proporzione. Si hanno rendimenti di scala crescenti
(decrescenti o costanti) quando, a seguito di un incremento nell’utilizzo di tutti i fattori produttivi
di uno stesso fattore λ (con λ >1), la quantità prodotta aumenta di un fattore maggiore (minore o
uguale) di λ . Formalmente, se X1 e X2 rappresentano i fattori produttivi, F la funzione di
produzione e Q=F(X 1 ; X2 ) l’output finale prodotto, si hanno rendimenti crescenti di scala se
F( λ X1 ; λ X2 )> λ Q (nel caso di rendimenti decrescenti il verso della disuguaglianza sarebbe <,
mentre per rendimenti di scala costanti si avrebbe un segno di uguaglianza).
c) Esaminiamo i tre casi.
Impresa A.
Calcoliamo dapprima F( λ X1 ; λ X2 ), che data la funzione di produzione risulta essere:
2 λX + 3λY , ossia raccogliendo λ si ottiene: λ (2 X + 3Y ) .
Occorre quindi determinare se tale grandezza sia maggiore, minore o uguale a λQ A , dove
QA = 2 X + 3Y , e quindi λQ A = λ (2 X + 3Y ) . Tale grandezza è esattamente uguale a quanto trovato
sopra. Quindi tale funzione di produzione esibisce rendimenti di scala costanti.
Procediamo nello stesso modo con le altre due funzioni.
Impresa B.
F( λ X1 ; λ X2 ) è dato da: min {2λX ;6λY } che è pari a λ min {2 X ;6Y }.
Essendo λQB uguale a λ min {2 X ;6Y } si hanno rendimenti di scala costanti.
Impresa C.
3
2
1
2
F( λ X1 ; λ X2 ) è pari a: 2(λX ) (λY ) ossia λ 2 X Y .
1
2
1
2
3
2
1
2
1
2
Essendo λQ C = λ 2 X Y , ed essendo λ >1 allora si ha che λ 2 X Y > λ 2 X Y , e quindi si hanno
redimenti di scala crescenti.
d) Il concetto di rendimenti di scala è legato alla funzione di produzione, mentre il concetto di
economie o diseconomie di scala è legato alla funzione dei costi. Ovviamente essendo la funzione di
produzione e la funzione dei costi tra loro strettamente connesse, allora anche i due concetti di
rendimenti di scala ed economie o diseconomie saranno tra loro legati.
In particolare, quando si hanno rendimenti di scala crescenti1 , significa che per ottenere un certo
ammontare di output aggiuntivo dovremmo aumentare l’utilizzo di tutti gli input ma in misura
proporzionalmente minore rispetto all’aumento dell’output. Essendo poi i costi totali pari alla
somma dei prodotti delle quantità utilizzate degli input per il loro costo (che assumiamo essere
costante), allora dal ragionamento sopra esposto consegue che il rapporto tra i costi totali e
l’output, ossia il costo medio, sia decrescente. In conclusione, rendimenti di scala crescenti
implicano costi medi, e dunque anche marginali, decrescenti.
Invece, rendimenti di scala decrescenti implicano costi medi, e dunque anche marginali, crescenti.
E rendimenti di scala costanti implicano costi medi, e dunque anche marginali, costanti.
e) Per trovare le curve di costo di lungo periodo occorre determinare la domanda condizionata
degli input produttivi. Procediamo con ordine.
Impresa A.
Calcoliamo il saggio marginale di sostituzione tecnica (MRTS):
∂Q A
2
MRTS = ∂X =
∂Q A 3
∂Y
p
Dato che MRTS > X , gli isoquanti hanno un’inclinazione maggiore delle curve di isocosto e
pY
quindi la scelta ottimale per l’impresa prevede l’utilizzo del solo input produttivo X.
Quindi dalla funzione di produzione si ricava la domanda condizionata del fattore produttivo X.
Q
Infatti: QA = 2 X e quindi: X * = A .
2
Dati i prezzi degli input, la curva di costo totale di lungo periodo è data da:
Q
TC (Q A ) = 2 A = Q A
2
Calcolando il costo medio e il costo marginale si ottiene:
Q
AC (Q A ) = B = 1
QB
∂TC( Q A )
MC ( Q A ) =
=1
∂Q A
AC (Q A )
L’indice di economie di scala quindi è: S =
=1
MC (Q A )
che essendo uguale a 1 indica la presenza di nessun effetto di scala.
Tale risultato è coerente con quanto ottenuto al punto c che indicava la presenza di rendimenti di
scala costanti nella funzione di produzione.
Impresa B.
Le combinazioni degli input produttivi che minimizzano il costo totale si trovano in corrispondenza
dei punti in cui le curve di isocosto intersecano i punti d’angolo degli isoquanti. I punti d’angolo
1
Il ragionamento che lega rendimenti di scala ad economie di scala vale per funzioni di produzione omotetiche, come le
CES e le Cobb-Douglas.
sono caratterizzati dalla seguente espressione: 2 X = 6Y , ossia: Y =
1
X . Mettendo a sistema la
3
funzione di produzione e la relazione appena trovata si ha:
Q B = min (2 X ;6Y )

 2 X = 6Y
Sostituendo si ottiene che:
QB = min (2 X ;2 X )
e
QB = min (6Y ;6Y ) .
da cui si ottiene:
Q
X * (Q B ) = B
3
e
Q
Y * (Q B ) = B .
6
Dati i prezzi degli input, la curva di costo totale di lungo periodo è data da:
Q
Q
TC (Q B ) = 2 B + 8 B = 2 Q B .
3
6
Calcolando il costo medio e il costo marginale si ottiene:
2Q B
AC (Q B ) =
=2
QB
∂TC (Q B )
MC ( Q B ) =
=2
∂Q B
AC (Q B ) 2
L’indice di economie di scala quindi è: S =
= =1
MC (Q B ) 2
che essendo uguale a 1 indica la presenza di nessun effetto di scala.
Ancora una volta, tale risultato è coerente con quanto ottenuto al punto c che indicava la presenza
di rendimenti di scala costanti nella funzione di produzione.
Impresa C.
Calcoliamo il saggio marginale di sostituzione tecnica (MRTS):
1
∂Q C
1 −2
2 X Y
1Y
MRTS = ∂X = 2 1 =
∂Q C
2X
2X 2
∂Y
p
Nella condizione di equilibrio deve valere che MRTS = X , ossia:
pY
1Y 2
=
2X 8
1
da cui si ricava Y = X oppure: X = 2Y .
2
Sostituendo nella funzione di produzione si ottiene la domanda condizionata dei fattori produttivi:
1
1
3
1
Q C = 2 X 2Y = 2 X 2 X = X 2
2
che risolvendo per X dà:
2
3
C
X =Q .
*
Similmente: Q C = 2 (2Y ) Y = 2 2 Y
1
2
3
2
2
1
da cui si ottiene: Y = Q C3 .
2
Dati i prezzi degli input, la curva di costo totale di lungo periodo è data da:
*
2
3
C
2
2
1
TC (Q C ) = 2Q + 8 Q C3 = 6Q C3 .
2
Calcolando il costo medio e il costo marginale si ottiene:
2
3
C
1
−
6Q
AC (QC ) =
= 6QC 3
QC
−
∂TC (Q C )
MC ( Q C ) =
= 4QC 3
∂Q C
1
−
1
3
AC (QC ) 6QC
6 3
=
= =
1
−
MC ( QC )
4 2
4QC 3
che essendo maggiore di 1 indica la presenza di economie di scala.
Tale risultato è coerente con quanto ottenuto al punto c che indicava la presenza di rendimenti di
scala crescenti nella funzione di produzione.
L’indice di economie di scala quindi è: S =
Soluzione 3.3.
a) Dato il valore dell’elasticità della domanda delle automobili ε F = 3 e del costo marginale di
Fiat (MC = 80 + h ) , possiamo agevolmente utilizzare la regola dell’elasticità per trovare il prezzo
p − MC
1
che massimizza il profitto dell’impresa Fiat, F
=
da cui si ottiene:
pF
εF
p F − 80 − h 1
=
pF
3
1
p F − 80 − h = p F
3
3
p F = 120 + h .
2
b) Per determinare la variazione del prezzo di Fiat al variare di h occorre calcolare la derivata di
pF rispetto ad h:
∂p F 3
=
∂h
2
Quindi al variare del prezzo h di 1, il prezzo di Fiat varierà di 1.5
c) L’elasticità della domanda al prezzo per l’impresa Turbo è data dall’espressione
∂Q h
εT = − T
.
∂h QT
Per ricavare tale valore, si può notare che ogni automobile contiene un motore e dunque si può
scrivere QT = QF . Di conseguenza, variazioni delle quantità dovranno essere le stesse, ossia
possiamo scrivere ∂QT = ∂QF .
∂p
3
Dal punto b dell’esercizio inoltre abbiamo ottenuto F = che possiamo riscrivere come:
∂h
2
3
2
∂p F = ∂h , ossia: ∂h = ∂p F .
2
3
In aggiunta sappiamo che nel caso in cui Turbo praticasse un prezzo pari a h=80 per ogni motore
3
venduto si avrebbe: p F = 120 + h = 120 + 120 = 240 . Quindi il rapporto tra p F ed h è pari a:
2
p F 240
1
=
= 3 da cui ricaviamo h = p F .
h
80
3
Abbiamo ora tutti gli elementi per calcolare l’elasticità della domanda al prezzo per l’impresa
Turbo. Sostituendo i valori trovati infatti possiamo scrivere:
1
p
∂QT h
∂Q F 3 F  ∂Q F p F  3 1
1 3
 ⋅ ⋅ = ε F = .
εT = −
=−
=  −
2
∂h Q T
QF
2 2
 ∂p F Q F  2 3
∂p F
3
d) Se Turbo pratica un prezzo pari a h=80 e sta massimizzando il suo profitto, allora utilizzando la
h − MC T
1
regola dell’elasticità
=
si avrà:
h
εT
80 − MC T 1
=
3
80
2
80
da cui si ottiene: MC T =
.
3
Soluzione 4.4.
a) Se il monopolista fissa lo stesso prezzo ad entrambi i consumatori allora indichiamo tale prezzo
con: pA=pB=p. Invertendo le funzioni domanda date si possono quindi ricavare le espressioni delle
quantità singole:
q A = 12 − p
1
qB = 6 − p
2
e quella della quantità totale domandata:
3
Q = q A + q B = 18 − p
2
da cui si ottiene invertendo di nuovo la domanda totale:
2
p = 12 − Q
3
La funzione del profitto del monopolista è quindi:
2 
2 2
2 2

Π = p (Q )Q − TC(Q ) = 12 − Q Q − 4Q = 12Q − Q − 4Q = 8Q − Q .
3 
3
3

La condizione di massimizzazione del profitto del monopolista
∂Π
4
= 0 è data da: 8 − Q = 0 , e
∂Q
3
quindi: Q * = 6 .
Il prezzo uniforme ottimale, quindi, si ottiene sostituendo tale valore nella funzione di domanda
2
totale: p * = 12 − 6 = 8 .
3
b) Il profitto realizzato dal monopolista in questo caso è pari a:
Π * = p *Q * − TC Q* = 8 ⋅ 6 − 4 ⋅ 6 = 24
Il surplus del consumatore è dato dall’area sottostante la curva di domanda e al di sopra del prezzo
(12 − 8)⋅ 6 = 12 .
di equilibrio, quindi: S C =
2
( )
c) Dalla teoria, sappiamo che praticando una tariffa a due stadi, il monopolista può appropriarsi di
tutto il surplus del consumatore.
Una tariffa a due stadi ottimale consiste di 2 parti:
- una fissa
- una variabile (che è più bassa del prezzo di monopolio in generale).
La parte fissa ottimale è fissata esattamente pari al surplus del consumatore.
In una tariffa a 2 stadi in cui l’impresa è in grado di distinguere la tipologia del consumatore (o
esiste un solo tipo di consumatore) il prezzo (la parte variabile) che massimizza i profitti lordi è lo
stesso che massimizza il surplus totale… ossia è il prezzo efficiente!
In questo caso, per il consumatore di tipo A la parte variabile (ovvero il costo per chiamata) sarà
pari al costo marginale, ossia uguale a 4. In corrispondenza di tale prezzo la quantità domandata
(12 − 4 )⋅8 = 32 . Quindi
sarebbe pari a q A = 12 − p = 8 , ed il surplus del consumatore è pari a S CA =
2
la parte fissa di tale tariffa sarà uguale a 32. La tariffa è quindi data da: T A = 4q A + 32 .
Anche per il consumatore di tipo B varrà che la parte variabile è pari a 4. In corrispondenza di tale
1
prezzo avremmo una quantità domandata uguale a q B = 6 − p = 4 , con un conseguente surplus
2
(
12
−
4
)
⋅
4
del consumatore uguale a: S CB =
= 16 . La parte fissa della tariffa sarà, quindi, pari a 16.
2
Riassumendo, la tariffa è data da: T B = 4q B + 16 .
d) Il profitto che il monopolista farà nel caso in cui praticasse una tariffa a due stadi per ciascuno
dei due tipi di consumatore, essendo il prezzo praticato pari al costo marginale, sarà dato dalla
somma delle due parti fisse, ossia dalla somma dei due surplus, ovvero:
Π = S CA + SCB = 32 + 16 = 48 .
Il surplus per entrambi i consumatori sarà pari a zero dato che la tariffa a due stadi permette di
estrarre tutto il surplus.
e) La discriminazione di prezzo con le tariffe a due stadi permette al monopolista di ottenere un
profitto totale maggiore, e quindi sarebbe preferibile per l’impresa.
f) Se i consumatori sono liberi di scegliere quale piano tariffario utilizzare, essi sceglieranno il
piano che permetterà di ottener il surplus più alto. Entrambi i tipi di consumatori, quindi,
sceglierebbero il piano tariffario T B , in quanto è caratterizzato dalla stessa parte variabile del
piano TA ma ha una parte fissa inferiore. I consumatori del tipo B avranno un surplus nullo,
mentre i consumatori del tipo A, scegliendo la tariffa T B avranno un surplus positivo.
Soluzione 4.8.b1
Confrontiamo i profitti che l’impresa cinematografica Warnerbros otterrebbe vendendo i due film
congiuntamente con i profitti ottenibili dalla vendita separata. Iniziamo con la vendita separata.
L’impresa potrebbe vendere il film H ad un prezzo pari a p=9000 oppure a p=10000. Nel primo
caso entrambi i tipi di sale cinematografiche comprerebbero e quindi i profitti dell’impresa
Warnerbros sarebbero pari a: Π = 9000 ⋅ 2 = 18000 . Nel secondo caso solo le sale
cinematografiche di tipo 2 comprerebbero e quindi i profitti per la Warnerbros sarebbero:
Π = 10000 ⋅ 1 = 10000 . La scelta ottimale quindi sarebbe di vendere il film H ad un prezzo pari a
p=9000, realizzando così profitti Π = 18000 .
Per quanto concerne il film K, se la Warnerbros lo vendesse al prezzo p=2000, allora lo
acquisterebbero entrambi i tipi di sale e quindi i profitti di Warnerbros sarebbero
Π = 2000 ⋅ 2 = 4000 . Se invece fissasse il prezzo p=3000 allora acquisterebbe solo il tipo sala 1 e
quindi i profitti di Warnerbros sarebbero pari a Π = 3000 ⋅ 1 = 3000 . Ne consegue che la scelta
ottimale per Warnerbros è quella di fissare un prezzo per il film K pari a p=2000 vendendo ad
entrambi i tipi di sale cinematografiche e realizzando così profitti uguali a Π = 4000 .
In conclusione, nel caso di vendita separata dei film, la scelta ottimale di Warnerbros consiste nel
fissare i prezzi p=9000 per il film H, p=2000 per il film K, realizzando così in totale profitti pari a
Π = 18000 + 4000 = 22000 .
Nel caso invece di vendita collegata (bundling) dei due film, la Warnerbros potrebbe fissare un
prezzo del pacchetto pari a p=12000. A tale prezzo entrambi i tipi di sale cinematografiche
acquisterebbero il pacchetto (dato che la somma delle disponibilità a pagare per i due film di
ciascuna sala è esattamente pari a 12000). I profitti totali che ne derivano per Warnerbros sono
quindi Π = 12000 ⋅ 2 = 24000 .
E’ evidente che la scelta migliore per il produttore cinematografico Warnerbros sia quella di
vendere i due film a pacchetto (film H + film K), essendo 24000>22000.
Soluzione 5.2.
a) Per determinare l’equilibrio del mercato occorre risolvere il sistema tra le funzioni di risposta
ottima delle tre imprese. Per trovare la funzione di risposta ottima di ciascuna impresa, quindi, ne
massimizziamo la funzione del profitto rispetto alla quantità prodotta.
Il profitto dell’impresa 1 è dato da:
Π 1 = p (Q ) ⋅ q1 − TC1 ( q1 ) = (100 − 10 q1 − 10q 2 − 10q 3 )q1 − 20q1 = 80 q1 − 10q12 − 10q1q 2 − 10q1q3 .
∂Π 1
Dalla condizione del primo ordine per la massimizzazione di tale funzione,
= 0 , otteniamo:
∂q1
80 − 20q1 − 10q 2 − 10 q3 = 0
(si noti che tale procedimento equivale ad imporre l’uguaglianza tra ricavo marginale e costo
marginale per l’impresa considerata: MR1 =MC 1 . Il risultato ottenuto è equivalente).
Dall’espressione sopra ottenuta si ricava la funzione di risposta ottima dell’impresa 1:
1
1
q1 = 4 − q 2 − q 3 .
2
2
Essendo le imprese simmetriche possiamo direttamente dedurre che le funzioni di risposta ottima
dell’impresa 2 e dell’impresa 3 siano pari a:
1
1
q 2 = 4 − q1 − q 3
2
2
1
1
q 3 = 4 − q1 − q2 .
2
2
L’equilibrio di Cournot è dato dalla soluzione del sistema composto dalle tre funzioni di risposta
ottima.
Essendo le tre imprese simmetriche possiamo semplicemente imporre la condizione di simmetria.
Ossia in equilibrio varrà che: q1 = q 2 = q 3 = q * , e quindi sostituendo in una funzione di risposta
ottima otteniamo:
1
1
q * = 4 − q* − q*
2
2
da cui si ricava: q * = 2 .
Quindi abbiamo trovato la quantità prodotta in equilibrio da ciascuna delle tre imprese:
q1* = q *2 = q3* = 2 .
Possiamo così ricavare i valori della quantità totale e del prezzo di equilibrio:
Q * = q1* + q *2 + q3* = 6
e
p * = 100 − 60 = 40 .
b) Essendo le tre imprese simmetriche, per ciascuna i-esima impresa si avrà ovviamente lo stesso
livello di profitti in equilibrio, uguale a:
Π *i = p * qi* − TC i (q *i ) = p * − ACi (q *i ) ⋅ qi* = (40 − 20) ⋅ 2 = 40
dove i=1, 2, 3.
[
]
c) In seguito all’innovazione si ha che MC 1 =8, mentre continua a valere che MC 2 =MC 3 =20.
Dobbiamo, quindi, ora risolvere un modello di Cournot a tre imprese asimmetriche.
Occorre determinare la nuova funzione di risposta ottima dell’impresa innovatrice, la 1. Dalla
condizione di massimizzazione del profitto (o alternativamente imponendo MR1 =MC 1 ) si ottiene:
100 − 20q1 − 10q 2 − 10q 3 − 8 = 0
da cui si ricava la nuova funzione di risposta ottima dell’impresa 1:
92 1
1
q1 =
− q2 − q3 .
20 2
2
Per le imprese 2 e 3 si ha la stessa funzione di risposta ottima di prima, cioè:
1
1
1
1
q 2 = 4 − q1 − q 3 e q 3 = 4 − q1 − q2 .
2
2
2
2
L’equilibrio del modello si ottiene risolvendo il sistema con le tre funzioni di risposta ottima.
Procediamo con ordine!
Sostituendo la seconda espressione nella prima si ottiene:
1
1 

20 q1 = 92 − 10 4 − q2 − q3  q2 − 10q3
2
2 

da cui abbiamo:
104 1
q1 =
− q3 .
30 3
Sostituendo questa espressione nella seconda funzione di risposta ottima si ha:
1  104 1  1
q2 = 4 − 
− q3  − q 3
2  30 3  2
da cui:
68 1
− q3 .
30 3
Sostituendo ora questa espressione e l’espressione precedente all’interno della terza funzione di
risposta ottima otteniamo il valore di equilibrio prodotto dall’impresa 3:
1  104 1  1  68 1 
q3 = 4 − 
− q 3  −  − q3 
2  30 3  2  30 3 
da cui si ricava:
q *3 = 1.7 .
Per sostituzione ora otteniamo:
q *2 = 1.7
q2 =
q1* = 2.9
Quindi si ottengono i valori di equilibrio del mercato:
Q* = 6.3 e p * = 100 − 63 = 37 .
d) Calcolando ora i profitti si ottiene per l’impresa 1 che ha innovato:
Π 1* = (37 − 8) ⋅ 2.9 = 84.1
mentre per le altre due imprese:
Π *2 = Π *3 = (37 − 20) ⋅1.7 = 28.9 .
e) Per poter valutare il beneficio dei consumatori occorre calcolare il surplus.
E’ evidente come in seguito all’innovazione introdotta dall’impresa 1 il prezzo di mercato sia
diminuito e la quantità totale prodotta sia aumentata. Ne consegue ovviamente che il surplus dei
consumatori è aumentato (calcolatelo!). Quindi, i consumatori trarranno beneficio
dall’introduzione dell’innovazione.
Soluzione 5.5.
a) Data una funzione di domanda inversa p=a–Q, dove Q=q1+q2 , la funzione dei profitti
dell’impresa 1 è:
Π 1 = (a − q1 − q 2 ) q1 − cq1 .
La condizione di ottimo è data da:
∂Π 1
= a − 2 q1 − q2 − c1 = 0
∂q1
da cui possiamo ricavare la funzione di risposta ottima:
a − c1 1
q1 =
− q2 .
2
2
Similmente per l’impresa 2 si ottiene la funzione di risposta ottima:
a − c2 1
q2 =
− q1 .
2
2
L’output di equilibrio delle due imprese è dato dalla risoluzione del sistema tra le due funzioni di
risposta ottima, da cui si ottiene:
 * a − 2c1 + c2
q1 =
3

q * = a − 2c 2 + c1
2
3

E’ quindi facilmente verificabile che chi ha un costo marginale più basso (ad esempio, l’impresa 1:
c1 <c2 ) produce di più in equilibrio. Se c1 <c2 , infatti, verificare che q1* > q *2 vorrebbe dire verificare
che vale la seguente relazione:
a − 2c1 + c 2 a − 2c 2 + c1
>
3
3
da cui si ottiene:
− 2c1 + c 2 > −2c2 + c1
ossia:
3c 2 > 3c1
e quindi:
c 2 > c1
che è quanto abbiamo supposto, e quindi la relazione impostata è vera!
b) Calcoliamo i profitti della generica impresa i.
Il prezzo di equilibrio di mercato è pari a:
 a − 2c1 + c2 a − 2c 2 + c1  a + c1 + c 2
p* = a − 
+
=
3
3
3


Quindi, per la generica impresa i si ha:
( a + ci + c j ) ( a − 2ci + c j )
( a − 2 ci + c j )  (a + ci + c j )
 ( a − 2c i + c j ) ( a − 2ci + c j ) 2
Πi =
⋅
− ci
=
− ci 
=
3
3
3
3
3
9


ed è quindi facilmente verificabile che in generale se ci<cj allora ? i> ? j.
Si noti come, ovviamente, imponendo in tale esempio cj=ci=c si ottengono gli stessi risultati del
modello di Cournot con costi simmetrici.
Soluzione 6.4.
a) Nel modello di Cournot, l’equilibrio si determina risolvendo il sistema tra le funzioni di risposta
ottima delle due imprese. Per l’impresa 1, dalla massimizzazione del suo profitto si ottiene:
∂Π 1
= 14 − 2q1 − q 2 − 2 = 0
∂q1
da cui si ricava la funzione di risposta ottima:
1
q1 = 6 − q2 .
2
Similmente la funzione di risposta ottima per l’impresa 2 sarà:
1
q 2 = 6 − q1 .
2
Quindi, risolvendo il sistema tra le due funzioni si ottiene:
q1* = q *2 = 4 .
Ne consegue che: Q * = q1* + q *2 = 8 e p * = 14 − 8 = 6 .
I profitti di equilibrio delle imprese quindi sono:
Π 1* = Π *2 = 6 ⋅ 4 − 2 ⋅ 4 =16 .
b) In caso di collusione, le due imprese si comporterebbero come se fossero un monopolista.
Essendo le due imprese simmetriche possiamo risolvere il problema imponendo la condizione di
ottimo per il monopolista MR=MC, ottenendo quindi:
14 − 2Q = 2
QC
= 3.
2
Ne consegue che il prezzo di equilibrio nel mercato sarebbe: p C = 14 − 6 = 8 . Ed i profitti
sarebbero ora:
Π 1C = Π C2 = 8 ⋅ 3 − 2 ⋅ 3 =18 .
da cui: Q C = 6 . Quindi: q1C = q C2 =
c) Per determinare la condizione di sostenibilità dell’accordo collusivo, dobbiamo verificare che
l’impresa i-esima (con i=1; 2) non abbia interesse a deviare dall’accordo nel lungo periodo. Ossia
deve valere che:
Π Ci + Π Ci (δ ) + Π Ci (δ 2 ) + ... ≥ Π iD + Π *i (δ ) + Π *i (δ 2 ) + ...
indicando con d il tasso di sconto, con Π Ci i profitti ottenibili colludendo, con Π iD i profitti
ottenibili deviando, e con Π *i i profitti ottenibili se, appena i devia, l’impresa j applica la trigger
strategy comportandosi per sempre à la Cournot.
Risolvendo la serie sopra riportata si ottiene:
1 
 δ 
C
D
Πi 
 ≥ Π i + Πi 

1 − δ 
1−δ 
da cui si ricava la seguente condizione per il tasso di sconto δ:
Π D − Π Ci
δ ≥ iD
Π i − Π *i
Nel nostro esercizio abbiamo trovato ai punti precedenti che:
Π *i =16 e Π Ci =18 .
Dobbiamo ora calcolare Π iD .
Se l’impresa i decide di deviare, allora produrrà la quantità che massimizza il suo output
considerando che l’impresa j continui a produrre la quantità stabilita dal cartello q Cj = 3 .
Perciò, riprendendo la funzione di risposta ottima di i ricavata al punto a si può scrivere la
quantità che i produce se devia come:
1 C 
1 

D
q i =  6 − q j  =  6 − 3  = 4 .5 .
2  
2 

La quantità totale prodotta dal cartello nel caso di deviazione di i sarà quindi uguale a:
Q D = qiD + q Cj = 4.5 + 3 = 7.5 .
Il prezzo sarà quindi: p D = 14 − 7.5 = 6.5 .
Dati questi prezzi e quantità, possiamo calcolare il profitto dell’impresa i nel caso di deviazione:
Π iD = (6.5 − 2 )⋅ 4.5 = 20.25 .
La condizione sul tasso di sconto, δ ≥
δ ≥
20.25 − 18
20.25 − 16
Π Di − Π Ci
, quindi deve essere:
Π iD − Π *i
cioè se: δ ≥ 0. 529 (o alternativamenteδ ≥
9
).
17
d) Nel caso in cui le due imprese competessero à la Bertrand, la condizione di equilibrio sarebbe
data da un prezzo di equilibrio uguale al costo marginale delle imprese, cioè:
p* = 2 .
Ne consegue che la quantità di equilibrio di mercato sarebbe:
2 = 14 − Q *
da cui:
Q * = 12
e il profitto di ciascuna delle due imprese sarebbe nullo: Π 1* = Π *2 = 0 .
e) Nel caso di collusione le imprese si competerebbero come se fossero un monopolista ottenendo
così lo stesso risultato trovato al punto b, in cui si avrebbe che Q C = 6 , p C = 8 e ciascuna impresa
realizzerebbe in equilibrio collusivo profitti pari a:
Π 1C = Π C2 =18 .
f) La condizione di sostenibilità dell’accordo collusivo che dovrebbe valere per il tasso di sconto δ
sarebbe la stessa del punto c:
Π D − Π Ci
δ ≥ iD
.
Π i − Π *i
Dobbiamo ora determinare i profitti di un’impresa nel caso di deviazione. Qualora l’impresa i
deviasse dall’accordo, potrebbe fissare un prezzo di poco inferiore all’impresa j, ossia
p iD = p Cj = 8 − ε , ottenendo così tutta la domanda di mercato. Approssimando p iD = 8 − ε ≅ 8 , si
ottiene che: q iD = 6 e Π iD = (8 − 2)⋅ 6 = 36 , mentre l’impresa j non produrrebbe nulla realizzando
profitti nulli.
La condizione di sostenibilità sarebbe quindi:
36 − 18
δ ≥
36 − 0
ossia:
1
δ ≥ 0.5 (o alternativamenteδ ≥ ) .
2
9 1
> , allora la collusione è più facilmente sostenibile nella competizione à la
17 2
Bertrand rispetto alla competizione à la Cournot. Esiste infatti un intervallo per il tasso di sconto
1 9
δ , dato da  ;  , tale per cui la collusione sarebbe sostenibile se le imprese competessero à la
 2 17 
Bertrand ma non lo sarebbe se le imprese competessero à la Cournot, come si deduce dalle
condizioni trovate ai punti c ed f.
L’intuizione di tale risultato consiste nel fatto che qualora le imprese deviassero nella competizione
à la Cournot, la punizione sarebbe il ritorno all’equilibrio à la Cournot con profitti positivi per
entrambe le imprese. Invece, la punizione in caso di deviazione nella competizione à la Bertrand
porterebbe le imprese ad avere per sempre profitti nulli. Tale punizione rende meno desiderabile
l’incentivo a deviare nel caso di competizione à la Bertrand e quindi l’accordo collusivo
risulterebbe maggiormente sostenibile rispetto al caso di Cournot.
g) Essendo
Soluzione 8.3.
a) Il consumatore indifferente (marginale) si localizzerà nel punto x tale per cui il costo totale
(prezzo più costo di trasporto) di affitto dall’impresa A è uguale al costo totale di affitto
dall’impresa B, ossia: p A + τ x = p B + δ (1− xˆ )x , da cui si ottiene: (τ + δ )x = p B − p A + δ , cioè:
x=
pB − p A + δ
.
τ +δ
b) Essendo il numero dei consumatori N=100, la funzione di domanda per le due imprese sarà data
da:
( p − pA + δ )
q A ( p A , p B ) = N ⋅ x( p A , p B ) = 100 B
τ +δ
e da:
(p − p B + τ ) .
 ( p − p A + δ )
q B ( p A , p B ) = N ⋅ 1 − x ( p A , p B ) = 100 1 − B
= 100 A

τ +δ
τ +δ


[
]
c) Per determinare la funzione di risposta ottima dell’impresa A occorre massimizzare la funzione
dei profitti:
( p − pA + δ )
Π A = ( p A − c A )⋅ q A ( p A ; p B ) = ( p A − 2)100 B
τ +δ
rispetto alla variabile di scelta pA. La condizione del primo ordine per la massimizzazione,
∂Π A
= 0 , risulta essere:
∂p A
p
p
δ
1
100 B − 200 A + 100
+ 100
=0
τ +δ
τ +δ
τ +δ
τ +δ
da cui si ricava:
1
p A = ( pB + δ ) +1.
2
Similmente si trova la funzione di risposta ottima di B, ricordando che i costi marginali sono pari a
cB=8:
1
pB = ( pA +τ ) + 4 .
2
d) In equilibrio le due imprese sceglieranno il prezzo in base alla propria funzione di risposta
ottima. Occorre quindi risolvere il sistema tra le due funzioni di risposta ottima:
 p = 1 (p + δ ) + 1
 A 2 B

 pB = 1 ( pA + τ ) + 4

2
da cui si ha:
11
1

p A =  p A + τ + 4 +δ  +1
22
2

ossia:
1
2
p *A = τ + δ + 4 .
3
3
E quindi, sostituendo, per l’impresa B:
2
1
p *B = τ + δ + 6 .
3
3
e) Calcoliamo le quote di mercato (Share) delle due imprese in funzione dei parametri, ricordando
che la quantità totale di mercato è pari a 100.
Share A:
qA
=
qA + qB
Share B:
ShA =
100
(p
*
B
(p
*
A
)
− p *A + δ
2
1
1
2
1
2
τ + δ + 6 − τ − δ − 4 +δ
τ + δ +2
τ +δ
3
3
3
3
=3
=3
100
τ +δ
τ +δ
)
− p *B + τ
1
2
2
1
2
1
τ + δ + 4 − τ − δ − 6 +τ
τ + δ −2
qB
τ +δ
3
3
3
3
ShB =
=
=3
= 3
qA + qB
100
τ +δ
τ +δ
Quindi la condizione richiesta è che valga: ShA=2ShB. Ossia:
1
2
2
1
τ + δ +2
τ + δ −2
3
3
3
= 2⋅ 3
τ +δ
τ +δ
1
2
4
2
τ + δ +2− τ − δ +4 = 0
3
3
3
3
da cui si ottiene:
τ = 6 e ∀ δ con 0 < δ < τ .
100
f) In entrambi i modelli le imprese scelgono simultaneamente il livello del prezzo, ma in Hotelling
le imprese sono in grado di produrre beni differenziati (ossia di scegliere anche la localizzazione
del proprio prodotto) diversamente che nel caso di competizione à la Bertrand.
Il risultato del paradosso di Bertrand mostra che la competizione sui prezzi anche con due sole
imprese che producono un prodotto omogeneo conduce all’equilibrio perfettamente concorrenziale,
in cui le imprese non detengono nessun potere di mercato, i prezzi sono uguali al costo marginale e
le imprese realizzano profitti nulli.
Introducendo l’ipotesi più realistica di prodotti differenziati si ha, invece, che le imprese in
equilibrio avranno una curva di domanda inclinata negativamente (ossia hanno potere di mercato),
fissano prezzi maggiori dei costi marginali e realizzano profitti positivi.
Soluzione 8.5h
h) Per il generico consumatore posizionato in x, la funzione del costo totale di acquisto del
prodotto dell’impresa D sarà ancora una volta uguale alla somma del prezzo pagato più la
disutilità associata al fatto che non consuma la sua varietà strettamente preferita. Assumendo una
forma quadratica per il “costo di trasporto” si ha: p D + t ( x − d )2 .
Similmente il costo totale di acquisto del prodotto dell’impresa R sarebbe ora: p R + t (1 − r − x )2 .
Per determinare le funzioni di domanda, troviamo il consumatore marginale (indifferente), indicato
(
)
2
(
)
2
con x , che ora è dato dalla condizione: p D + t x − d = p R + t 1 − r − x , da cui si ricava:
2
2
p D + t x − 2t xd + td 2 − p R − t − tr 2 − t x + 2tr + 2t x − 2tr x = 0 .
Svolgiamo un po’ di calcoli:
2t (1 − r ) x − 2td x = p R − p D + t − td 2 + tr 2 − 2tr
(
)
p R − p D + t 1 − d 2 + r 2 − 2r
.
2t (1 − r − d )
Manipoliamo questa espressione:
pR − pD
t 1 − d 2 + r 2 − 2r
x=
+
=
2t (1 − r − d )
2t (1 − r − d )
x=
(
)
(
)
(
)
pR − pD
1 − d 2 + r 2 − 2r − (1 − r − d )2 + (1 − r − d )2
=
+
=
2t (1 − r − d )
2(1 − r − d )
pR − pD
1 − d 2 + r 2 − 2r − (1 − r − d )2 (1 − r − d )2
=
+
+
=
2t (1 − r − d )
2(1 − r − d )
2(1 − r − d )
pR − pD
2 d − d 2 − rd (1 − r − d )
=
+
+
=
2t (1 − r − d )
2(1 − r − d )
2
pR − pD
d (1 − d − r ) (1 − r − d )
=
+
+
2t (1 − r − d ) (1 − r − d )
2
che fornisce, infine, per l’impresa D l’espressione della propria funzione di domanda D D = x :
pR − pD
(1 − r − d ) .
x=
+d +
2t (1 − r − d )
2
Possiamo ora agevolmente calcolare la funzione di domanda dell’impresa R, D R = 1 − x :
pD − pR
(1 − r − d ) .
DR = 1 − x =
+r+
2t (1 − r − d )
2
Troviamo ora le funzioni di risposta ottima. Occorre trovare innanzitutto la funzione del profitto e
poi massimizzare. La funzione del profitto dell’impresa D è pari a:

(1 − r − d ) + p R − p D  .
Π D = ( p D − c )x = ( p D − c )  d +
2
2t (1 − r − d ) 

∂Π D
Dalla condizione di ottimo,
= 0 , otteniamo:
∂ pD
1− r − d
pR
2 pD
c
d+
+
−
+
= 0 , ossia:
2
2t (1 − r − d ) 2t (1 − r − d ) 2t (1 − r − d )
t (1 − r − d )(1 − r + d ) 1
pD =
+ ( pR + c)
2
2
che è la funzione di risposta ottima di D.
Analogamente si ottiene la funzione di risposta ottima di R:
t (1 − r − d )(1 + r − d ) 1
pR =
+ ( p D + c).
2
2
L’equilibrio di Nash nei prezzi si ottiene mettendo a sistema le due funzioni di risposta ottima.
Sostituendo l’espressione di p R nella funzione di risposta ottima p D otteniamo:
t (1 − r − d )(3 − r + d )
p D* =
+c
3
che riteniamo agevole riscrivere in questo modo:
d −r

*
p D = t (1 − r − d )1 +
+c.
3 

Sostituendo nell’espressione della risposta ottima di R si ottiene:
r−d

*
p R = t (1 − r − d ) 1 +
 + c.
3 

Siamo ora in grado di calcolare l’espressione dei profitti in equilibrio. Per l’impresa D si ha:

(1 − r − d ) p *R − p *D 
*
*
Π D = pD − c d +
+
.
2
2t (1 − r − d ) 

(
(
)
)
Occorre calcolare p *R − p *D . Sostituendo i valori trovati abbiamo che:
2
t (1 − r − d )(r − d ) .
3
Quindi ora possiamo calcolare:
2

p *R − p *D  t
(
1− r − d )
 d −r
*
*
Π D = pD − c d +
+
= (1 − r − d ) 1 +
 .
2
2t (1 − r − d )  2
3 


Similmente avremo che:
p *R − p *D =
(
)

(1 − r − d ) + p *D − p *R  = t (1 − r − d ) 1 + r − d  2 .
Π *R = p *R − c  r +


2
2t (1 − r − d )  2
3 


Finalmente siamo in grado ora di calcolare l’effetto diretto e l’effetto strategico.
Ricordiamo l’espressione calcolata al punto 8.1b:
 ∂DD ∂DD ∂p R* 
dΠ D
*
= ∂pD − c 
+
.
dd
∂p R ∂d 
 ∂d
(
)
{
}
pR − pD
(1 − r − d ) , calcoliamo l’effetto diretto ∂DD :
+d +
2t (1 − r − d )
2
∂d
∂DD
2t ( p R − p D )
( pR − pD ) 1
1
=
+ 1− =
+ .
2
∂d
2 2t [1 − r − d ]2 2
[2t(1 − r − d )]
2
Sostituendo il valore p *R − p *D = t (1 − r − d )(r − d ) , otteniamo:
3
∂D D
3 − r − 5d
.
=
∂d
6(1 − r − d )
Data la domanda: D D =
∂DD ∂pR*
Calcoliamo ora l’effetto strategico
:
∂p R ∂d
∂DD
1
=
∂p R
2t (1 − r − d )
∂p *R
 4 − 2d 
= −t 
.
∂d
 3 
Sommando i risultati trovati si ottiene:
 ∂DD ∂DD ∂p *R  3 − r − 5d
1
 4 − 2d  − 1 − r − 3d
+
−t

=

=
∂p R ∂d  6(1 − r − d ) 2t (1 − r − d )  3  6(1 − r − d )
 ∂d
che ha un valore sicuramente negativo al numeratore e un valore positivo (fintantoché assumiamo
che l’impresa R si collochi alla destra dell’impresa D lungo il segmento lineare), e quindi in
definitiva è negativo.
Essendo poi la differenza tra prezzo e costo marginale positiva, allora possiamo concludere che:
 ∂D
dΠ D
∂DD ∂p *R 
= ∂p *D − c  D +
 <0.
dd
∂p R ∂d 
 ∂d
Ciò significa che l’impresa D si muove verso sinistra, ossia si allontana dall’impresa R. Similmente
troveremmo che per l’impresa R è conveniente spostarsi verso destra, allontanandosi così
dall’impresa D. In conclusione, le imprese in tal caso trovano conveniente differenziarsi al
massimo posizionandosi agli estremi del segmento lineare.
{
}
Soluzione 10.6.
a) La funzione di risposta ottima dell’impresa insediata Apple deriva dalla consueta condizione di
massimizzazione del profitto: 120 − 2Q A − QE − 6 = 0
1
da cui si ottiene: Q A = 57 − Q E .
2
Similmente, la funzione di risposta ottima dell’entrante E si ottiene dalla condizione di
massimizzazione del profitto di E: 120 − Q A − 2QE − 12 = 0
1
da cui si ricava: Q E = 54 − Q A .
2
b) Se A decide di accomodare l’entrata, si comporta da leader alla Stackelberg, dato che è in grado
di scegliere la quantità da produrre prima dell’entrante. A quindi sceglierà la quantità da produrre
sapendo che l’entrante produrrà quanto previsto dalla sua funzione di risposta ottima.
Calcoliamo quindi il profitto dell’insediata Apple, che sarà dato da:
π A = P(Q )QA − TC A (QA ) = (120 − Q A − QE )QA − 6QA = 120Q A − QA QE − QA2 − 6QA .
Sostituiamo ora al posto di QE l’espressione della sua funzione di risposta ottima, trovata al punto
a:
1
1 2


2
π A = 120Q A − Q A  54 − Q A  − Q A − 6Q A = 60Q A − Q A .
2
2


∂π A
Ora la condizione del primo ordine per la massimizzazione del profitto,
= 0 , ci dà:
∂Q A
60 − QA = 0 , ossia: Q*A = 60 .
Se QA* = 60 , siamo allora in grado di determinare quanto produce l’entrante, sostituendo tale
valore nella sua funzione di risposta ottima:
1
Q *E = 54 − 60 = 24 .
2
*
Quindi si ha che quantità e prezzo di equilibrio sono dati da: QTOT
= 60 + 24 = 84 e
P * = 120 − 84 = 36 .
Si può, quindi, calcolare il profitto dell’insediata come:
π A = 36 ⋅ 60 − 6 ⋅ 60 = 2160 − 360 = 1800 .
c) Se A volesse ostacolare l’entrata allora potrebbe praticare il prezzo limite, in corrispondenza del
quale il profitto di E sarebbe nullo e quindi E non sarebbe incentivata ad entrare.
Scriviamo l’espressione del profitto dell’entrante E in funzione della quantità dell’impresa A (QA)
sostituendo la funzione di risposta ottima di E:
π E = PQE − TC E (Q E ) = (120 − Q A − Q E )Q E − 100 − 12Q E =
1
1
1





= 120 − Q A − 54 + Q A  54 − Q A  − 12 54 − Q A  − 100
2
2
2





Uguagliamo ora a zero il profitto dell’entrante, possiamo trovare la quantità che l’insediata
produce in corrispondenza del prezzo limite:
1
1
1





120 − QA − 54 + QA  54 − Q A  − 12 54 − QA  − 100 = 0
2
2
2





1
1



 54 − Q A  54 − QA  − 100 = 0
2
2



2
1


 54 − Q A  = 100
2


1


 54 − Q A  = 10
2


da cui si ricava:
QAL = 88 .
Il prezzo limite sarà quindi dato da: P L = 120 − (QI + QE ) = 120 − (88 + 0 ) = 32 .
Se l’insediata pratica il prezzo limite, farà un profitto pari a:
π A = 32(88) − 6(88) = 2186 − 528 = 1658 .
d) Praticando il prezzo limite l’insediata fa un profitto pari a 1658. Accomodando l’entrata invece
fa un profitto pari a 1800. Quindi, con i dati dell’esercizio proposto, l’impresa A preferisce
accomodare comportandosi da leader à la Stackelberg invece che praticare il prezzo limite.
Soluzione 11.6.
a) Abbiamo un caso di competizione à la Cournot con 3 imprese simmetriche.
Calcoliamo quindi la funzione di risposta ottima della prima impresa massimizzandone la funzione
del profitto:
150 − 2q1 − q 2 − q3 − 30 = 0
da cui:
1
1
q1 = 60 − q2 − q 3 .
2
2
1
1
Per simmetria, in equilibrio varrà che q1 = q 2 = q 3 = q * e quindi: q * = 60 − q * − q *
2
2
*
*
*
*
da cui si ottiene: q1 = q 2 = q3 = q = 30 .
*
Quindi: QTOT
= 90 e P * = 150 − 90 = 60 .
I profitti di ciascun oligopolista i, saranno pari a:
π i* = 60 ⋅ 30 − 30 ⋅ 30 − F = 900 − F ,
che è positivo per valori di F ≤ 900 .
b) A fusione avvenuta restano nel settore due sole imprese. Esse si comportano come duopolisti à la
Cournot. La condizione di massimizzazione del profitto dell’impresa 1&2 nata dalla fusione sarà
data da: 150 − 2q1& 2 − q3 − 30 = 0
da cui si ottiene la funzione di risposta ottima:
1
q1& 2 = 60 − q 3 .
2
Similmente per l’impresa 3 si ottiene la funzione di risposta ottima:
1
q 3 = 60 − q1&2 .
2
Risolvendo il sistema tra le due funzioni di risposta ottima otteniamo:
q1*& 2 = q3* = 40 .
*
Quindi: QTOT
= 80 e P * = 150 − 80 = 70 .
I profitti dell’impresa nata dalla fusione saranno quindi pari a:
π 1*&2 = 70 ⋅ 40 − 30 ⋅ 40 − F1& 2 = 1600 − F1& 2 .
c) Affinché sia profittevole per le due imprese fondersi occorre che i profitti congiunti post-fusione
siano maggiori della somma dei profitti delle due imprese pre-fusione: π 1& 2 ≥ 2π i , con i=1; 2.
Ovvero deve valere che:
1600 − F1&2 ≥ 2(900 − F ) , ossia: F1& 2 ≤ 2 F − 200 .
Abbiamo quindi due condizioni. La prima è la condizione di positività dei profitti trovata al punto
a: F ≤ 900 . La seconda è la condizione di profittabilità della fusione: F1& 2 ≤ 2 F − 200 .
Rappresentando tali condizioni in un grafico aventi assi cartesiani F1&2 e F , possiamo delimitare
la regione di piano tale per cui la fusione risulta profittevole, data dal triangolo HKJ.
F1&2
J
H
100
K
900
F
d) Come nel precedente caso, dopo la fusione si avrà ancora un duopolio. Tuttavia ora la fusione
consente alle imprese di realizzare un risparmio di costi variabili dopo la fusione. Il profitto di
questa nuova impresa nata dalla fusione sarà uguale a:
π 1&2 = (150 − q1& 2 − q3 )q1&2 − γ 30q1& 2 = 150q1& 2 − q12& 2 − q1& 2 q3 − γ 30q1& 2 .
Dalla condizione di massimizzazione si ottiene la funzione di risposta ottima:
150 − γ 30 1
q1& 2 =
− q3 .
2
2
La funzione di risposta ottima dell’impresa 3 si deriva invece dalla condizione di massimizzazione
del suo profitto, ossia:
150 − q1&2 − 2 q3 − 30 = 0
da cui si ha:
1
q 3 = 60 − q1&2 .
2
L’equilibrio si ottiene mettendo in sistema le due funzioni di risposta ottima:
150 − γ 30 1
150 − γ 30 1 
1

q1& 2 =
− q3 =
−  60 − q1&2 
2
2
2
2
2

da cui:
q1*& 2 = 60 − 20γ .
Ne consegue: q *3 = 30 + 10γ .
*
Quindi QTOT
= 90 − 10γ e P * = 60 + 10γ .
Siamo ora in grado di calcolare il profitto dell’impresa nata dalla fusione:
π 1*&2 = [(60 + 10γ ) − 30γ ][60 − 20γ ] = [60 − 20γ ] 2 = 400(3 − γ ) .
2
e) Ancora una volta, la condizione se sia profittevole o meno per l’impresa fondersi sarà
determinata dal confronto tra i profitti prima e dopo la fusione. Come ricavato al punto a, nel caso
di un triopolio à la Cournot con imprese simmetriche, ciascuna impresa ottiene un profitto (si
ricordi che il testo dice che non ci sono costi fissi in questo caso) pari a:
π i* = 60 ⋅ 30 − 30 ⋅ 30 = 900 . Dopo la fusione, l’impresa nata dalla fusione realizza un risparmio di
costi variabili ed un profitto pari a π 1*&2 = 400(3 − γ ) .
La fusione risulta profittevole per le due imprese 1 e 2 se:
2
π 1*&2 ≥ 2π i*
400(3 − γ ) ≥ 1800
(3 − γ ) 2 ≥ 9
2
da cui si ricava la condizione:
2

3 

3 
γ < 3 −
 e γ > 3 +
.
2
2


Trascurando la seconda parte della condizione, in quanto violerebbe l’ipotesi che γ < 1 riportata

3 
nel testo, si ottiene: γ <  3 −
 , ossia approssimando: γ < 0.879 .
2

Soluzione 12.4.
a) Il compratore del bene altamente tecnologico B valuta il bene v (i , h) = 4 + 4i + 6h . Il venditore
del bene, S, sostiene un costo di produzione unitario pari a c = 5 .
Il guadagno (surplus) derivante dallo scambio del bene tra S e B è dato dalla differenza tra la
valutazione del bene da parte di B [v (i ; h ) − p ] ed il costo sostenuto da S [c − p] , ossia:
Surplus = {[v (i; h) − p ] − [c − p]} = 4 + 4i + 6h − 5 = 4i + 6 h − 1 .
Nel caso in cui le parti decidessero di completare il contratto con un processo di contrattazione
tipo Nash bargaining (ossia dividendosi equamente al 50% i guadagni derivanti dalla transazione),
allora ciascuno otterrà metà del surplus derivante dallo scambio, cioè: (2i + 3h − 0.5 ) .
Quindi, l’impresa acquirente del bene B per determinare il suo livello di investimento specifico
ottimale massimizzerà la sua funzione di surplus al netto del suo costo di investimento, che è pari a
∂Π B
i2
i2
, ossia: Π B = (2i + 3h − 0.5 ) − . La condizione di massimizzazione,
= 0 , fornisce:
2
2
∂i
2 − i = 0 da cui otteniamo: i * = 2 .
Il venditore S massimizzerà la sua funzione di surplus al netto del suo costo di investimento, che è
∂Π S
h2
h2
pari a
, ossia: Π S = (2i + 3h − 0.5) −
, dalla cui condizione di ottimo,
= 0 , si ottiene:
2
2
∂h
h* = 3 .
b) La soluzione di first best nel caso di integrazione tra l’impresa acquirente e venditrice si ottiene
massimizzando rispetto a i e h il surplus totale al netto dei costi di investimento, ossia
i2 h2
massimizzando la quantità: Π IV = (4i + 6h − 1) − −
.
2
2
∂Π IV
∂Π IV
Dalle condizioni del primo ordine per la massimizzazione,
=0 e
= 0 , ricaviamo:
∂i
∂h
4 − i = 0 e 6 − h = 0 , ossia: i IV = 4 e h IV = 6 .
c) Se fosse l’impresa B ad avere l’autorità di fissare il prezzo (avere l’autorità significa avere i
diritti residuali di controllo, ossia i diritti che consentono di stabilire cosa fare quando il contratto
risulta inapplicabile o non specificato) a cui viene scambiato il bene (caso che chiamiamo di
“integrazione a monte”, indicato con M), allora B sceglierebbe il prezzo più basso tra quelli che
inducono comunque S ad accettare lo scambio, ossia p=c. In tal modo B si accaparrerebbe tutto il
surplus lasciando a S un surplus nullo. Sostituendo p=c si ottiene il surplus totale, ancora uguale al
valore precedente:
{[v (i; h) − p] − [c − p ]} = {[v (i; h) − c ] − [c − c ]} = 4 + 4i + 6h − 5 = 4i + 6h − 1 .
Quindi ora l’impresa B massimizzerebbe la quantità: Π
M
B
i2
= (4i + 6h − 1) − , da cui otteniamo
2
iM = 4.
L’impresa venditrice S, invece, massimizzerebbe la quantità: Π MS = 0 −
h2
, che fornisce il
2
risultato: h M = 0 .
d) Se S avesse l’autorità di fissare il prezzo a cui viene scambiato il bene (caso che chiamiamo di
“integrazione a valle”, indicato con V), allora S al fine di massimizzare il proprio surplus sceglierà
il prezzo più alto tra quelli che inducono comunque il compratore B ad acquistare, ossia p=v. In tal
modo S si accaparrerà di tutto il surplus e B avrà un surplus pari a zero. Il surplus totale sarà
ancora uguale al valore precedente, infatti sostituendo p=v si ottiene:
{[v (i; h) − p] − [c − p ]} = {[v (i; h) − v ] − [c − v ]} = 4 + 4i + 6h − 5 = 4i + 6h − 1 .
Quindi il problema che S deve risolvere ora consiste nella massimizzazione di:
h2
Π VS = (4i + 6 h − 1) −
, da cui ricaviamo h V = 6 .
2
i2
Per l’impresa B il problema, invece, consiste nella massimizzazione di: Π VB = 0 − , da cui si
2
V
ottiene i = 0 .
e) Per definire quale regime sia preferibile occorre calcolare quanto vale il surplus al netto dei
costi di investimento nelle diverse situazioni.
Nash Bargaining. Surplus netto:
i* 2 h * 2
= 4i * + 6h * − 1 −
−
= 4 ⋅ 2 + 6 ⋅ 3 − 1 − 2 − 4.5 = 18.5 .
2
2
M (integrazione a monte). Surplus netto:
i M 2 hM 2
= 4i M + 6h M − 1 −
−
= 4 ⋅ 4 + 6 ⋅ 0 − 1− 8 − 0 = 7 .
2
2
V (integrazione a valle). Surplus netto:
iV 2 h V 2
−
= 4 ⋅ 0 + 6 ⋅ 6 − 1 − 0 − 18 = 17 .
2
2
Nel caso considerato il caso di non integrazione con contrattazione Nash Bargaining è il regime
preferibile. Questo risultato comunque non è un risultato generale.
= 4i V + 6h V − 1 −
Soluzione 13.3.
a) Per mostrare se un’innovazione di processo è drastica o non drastica occorre calcolare il prezzo
di monopolio associato al nuovo costo marginale c (post-innovazione) e confrontarlo col vecchio
livello del costo marginale c (pre-innovazione).
Data la funzione di domanda e il valore del costo marginale post-innovazione c = 60 , calcoliamo
PM* ( c ) , impostando la semplice regola di massimizzazione del profitto MR=MC in corrispondenza
di tale livello del costo marginale, ottenendo: 100 − 2Q = 60 , da cui si ricava: Q* = 20 .
Quindi, sostituendo nella funzione di domanda, otteniamo il prezzo, che sarebbe pari a:
PM* ( c ) = 100 − 20 = 80 .
Essendo tale valore PM ( c ) > c = 70 , allora possiamo concludere che l’innovazione considerata è
non drastica.
b) Affinché si possa classificare l’innovazione come drastica deve valere che PM ( c ) < c .
Calcoliamo quindi PM* ( c ) in funzione di c . La condizione di massimizzazione del profitto MR=MC
è data da: 100 − 2Q = c , da cui si può ricavare:
(100 − c ) e P * ( c ) = 100 − (100 − c ) = (100 + c ) .
Q* =
M
2
2
2
Imponendo che valga la condizione di innovazione drastica sopra riportata, si ha quindi che:
(100 + c ) < 70 , da cui risulta che deve valere: c < 40 .
2
c) Essendo l’innovazione non drastica, come mostrato al punto a, l’impresa concorrenziale che ha
introdotto l’innovazione sarebbe in grado di escludere le altre imprese dal mercato se fissasse un
prezzo appena al di sotto del costo marginale delle altre imprese, ossia pari a p * = (70 − ε ) , con
ε > 0 . La quantità di equilibrio sarebbe così uguale a:
100 − Q = 70 − ε , da cui, approssimando e trascurando l’ ε , si ottiene: Q * ≅ 30 . Sempre
approssimando, i profitti
dell’impresa
innovatrice
sarebbero
quindi
pari
a:
* POST
*
*
Πi
≅ ( p − MC )⋅Q = (70 − 60 ) ⋅ 30 ≅ 300 .
Per calcolare quanto sarebbe disposta a pagare l’impresa dovremmo calcolare quanto tale
innovazione consente all’impresa di incrementare i suoi profitti. Nel caso di valutazione
uniperiodale (consideriamo cioè l’incremento del profitto solo in un periodo), tale impresa sarebbe
così disposta ad offrire per introdurre l’innovazione un ammontare pari alla differenza del profitto
post-innovazione e del profitto pre-innovazione (che essendo in concorrenza perfetta è pari
ovviamente a zero):
VCP = Π *i POST − Π *i PRE ≅ 300 − 0 ≅ 300 .
d) Per determinare quanto sarebbe disposta a pagare l’impresa, ancora una volta, calcoliamo
quanto tale innovazione consente all’impresa di incrementare i suoi profitti. L’incentivo a pagare
per l’innovazione, che possiamo leggere in altri termini come l’incentivo ad investire in ricerca e
sviluppo per poter innovare, è quindi dato dalla differenza dei profitti post e pre-innovazione
dell’impresa. Calcoliamo allora i profitti post e pre-innovazione per l’ipotetico monopolista.
Nella situazione pre-innovazione abbiamo che i costi marginali sono uguali a c = 70 , quindi in
equilibrio si ha:
100 − 2Q = 70
da cui:
Q *PRE = 15 e PM*
PRE
= 85 .
Quindi i profitti sono uguali a: Π *M
= (85 − 70) ⋅ 15 = 225 .
Per la situazione post-innovazione abbiamo già ottenuto i valori necessari al punto a dell’esercizio.
Possiamo così ora calcolare:
PRE
Π *M
= (80 − 60) ⋅ 20 = 400 .
Nel caso di valutazione uniperiodale, si ha che il monopolista sarebbe quindi disposto a pagare:
POST
VM = Π *M
POST
− Π *M
PRE
= 175 .
e) Per rispondere alla domanda, occorre calcolare i profitti prima e dopo l’innovazione e
determinare così l’incentivo ad innovare per l’impresa in grado di introdurre l’innovazione.
Nella situazione pre-innovazione con due imprese che competono à la Cournot, troviamo
innanzitutto le funzioni di risposta ottima. La condizione del primo ordine per la massimizzazione
del profitto per l’impresa 1 fornisce la condizione: 100 − 2 q1 − q 2 − 70 = 0 , da cui si ricava la
funzione di risposta ottima dell’impresa 1:
30 − q 2
q1 =
.
2
Simmetricamente per l’impresa 2 si ha:
30 − q1
q2 =
.
2
In equilibrio, per simmetria, varrà che q1* = q *2 = q * , e quindi sostituendo si ottiene:
30
q1* = q *2 =
= 10 .
3
Quindi: Q *PRE = 20 , P *PRE = 80 e Π 1*PRE = Π *2PRE = 100 .
Nella situazione post-innovazione con due imprese asimmetriche che competono à la Cournot,
determiniamo le nuove funzioni di risposta ottima, indicando con I l’impresa che innova e con NI
quella che non innova.
La condizione del primo ordine per la massimizzazione del profitto per l’impresa I fornisce la
condizione: 100 − 2 q I − q NI − 60 = 0 , da cui si ricava:
40 − q NI
qI =
2
che è la funzione di risposta ottima dell’impresa I.
Per l’impresa NI, che continua ad avere costi marginali uguali a 70, si ha ancora la funzione di
risposta ottima:
30 − q I
q NI =
.
2
Risolvendo il sistema tra le due funzioni di risposta ottima si ottiene:
30 − q I
40 −
2
qI =
, da cui:
2
50
3
e quindi, sostituendo nella rispettiva funzione di risposta ottima:
20
q *NIPOST =
.
3
70
230
Quantità totale e prezzo di equilibrio sono ora: Q *POST =
, P *POST =
.
3
3
I profitti delle due imprese sono uguali a:
 230
 50 2500
* POST
ΠI
=
− 60  =
= 277.7
9
 3
 3
q *I POST =
 230
 20 400
=
− 70 
=
= 44.4
9
 3
 3
L’impresa innovatrice che compete à la Cournot sarà disposta a pagare per l’innovazione
(considerando la valutazione uniperiodale):
Π NI
* POST
POST
PRE
VC = Π *I
− Π *I
= 277.7 − 100 = 177.7
Confrontando VM e V C possiamo concludere che essendo:
177.7 > 175 , ossia, valendo:
VC >VM
allora in una competizione à la Cournot le imprese sarebbero disposte a pagare di più per poter
introdurre l’innovazione rispetto alla situazione di monopolio (ma meno rispetto al caso di
concorrenza perfetta, come è facilmente verificabile dato che 177.7 < 300 ).
Tale effetto si chiama “effetto di rimpiazzo”. Ciò che è rilevante ai fini della valutazione
dell’innovazione è la differenza dei profitti post e pre introduzione dell’innovazione. Il monopolista
ha profitti di monopolio positivi prima e profitti di monopolio più elevati in seguito all’introduzione
dell’innovazione. Quindi introducendo l’innovazione il monopolista “cannibalizzerebbe” i suoi
profitti di monopolio pre-innovazione.
In concorrenza perfetta, invece, si passerebbe da una situazione di profitti nulli prima
dell’introduzione dell’innovazione e di profitti positivi post-innovazione, e quindi non ci sarebbero
profitti da “cannibalizzare”, e la differenza tra i profitti (i.e. l’incentivo!) sarebbe così maggiore
rispetto al caso di monopolio!
In una competizione à la Cournot si ha una valutazione intermedia.
Soluzione 13.5.
a) Per determinare se l’innovazione di processo è drastica o non drastica calcoliamo PM* ( c ) .
Dalla condizione MR=MC otteniamo:
60 − 4Q = k 40
da cui si ricava:
Q* = 15 − 10k , e PM* ( c ) = 30 + 20k .
Affinché sia vero che PM ( c ) > c , ossia che l’innovazione considerata sia non drastica, deve valere:
30 + 20k > 40 , ossia: k > 0.5 .
b) Dato k=0.6, allora i costi marginali post-innovazione sono pari a (0.6 ⋅ 40) = 24 . Se E ottiene
l’innovazione, il problema ci dice che le due imprese E ed N competono à la Cournot, e quindi
entrambe faranno i profitti à la Cournot. Calcoliamo quindi in tal caso l’equilibrio à la Cournot
asimmetrico, con costi marginali di E uguali a 24 e costi marginali di N uguali a 40.
La funzione di risposta ottima di E si ottiene come al solito impostando la condizione di
massimizzazione dei profitti di E rispetto alla variabile qE.
Dati i profitti: Π Cournot
= P(Q ) q E − c E q E = [60 − 2(q N + q E ) ]q E − 24q E , dalla condizione del primo
E
ordine otteniamo: 60 − 2q N − 4 q E − 24 = 0 , da cui:
1
q E = 9 − qN .
2
Allo stesso modo, massimizzando la funzione dei profitti di N rispetto alla variabile qN:
Π Cournot
= Pq N − c N q N = [60 − 2( q N + q E )]q N − 40q N , si ottiene: 60 − 4q N − 2 q E − 40 = 0 , e quindi:
N
1
q N = 5 − qE .
2
L’equilibrio di Cournot è dato dalla risoluzione del sistema delle due funzioni di risposta ottima;
risolvendo per sostituzione, abbiamo:
1
1
1
q E = 9 − q N = 9 − (5 − q E )
2
2
2
da cui:
26
q E* Cournot =
3
e:
1 26
13 2
q *N Cournot = 5 − ⋅
=5− = .
2 3
3 3
Il prezzo di equilibrio è:
 26 2  124
* Cournot
.
P
= 60 − 2 +  =
3
 3 3
I profitti sono ora dati da:
 124
 26 52 26 1352
* Cournot
ΠE
=
− 24 
=
⋅
=
3 3
9
 3
 3
 124
2 4 2 8
* Cournot
ΠN
=
− 40  = ⋅ = .
 3
3 3 3 9
Quindi il potenziale entrante sarebbe disposto ad offrire (o in altri termini quanto sarebbe disposto
a investire in ricerca e sviluppo) fino all’ammontare:
1352
Π *E Cournot − 0 =
= 150.2
9
per ottenere l’innovazione (nel caso di valutazione uniperiodale).
c) Se N ottenesse l’innovazione allora farebbe profitti di monopolio (associati al nuovo costo
marginale uguale a 24), mentre il potenziale entrante E resterebbe fuori dal mercato.
Calcoliamo i profitti di monopolio in corrispondenza del nuovo costo marginale. Dalla condizione
MR=MC si ha: 60 − 4Q = 24 , da cui:
Q* = 9 e P * = 42
e quindi Π *N ( c ) = ( 42 − 24) ⋅ 9 = 162 .
Il monopolista N per ottenere l’innovazione sarebbe così disposto ad offrire la differenza dei
profitti che otterrebbe se avesse l’innovazione rispetto ai profitti che avrebbe se invece fosse E ad
avere l’innovazione e ad entrare nel mercato, ossia:
8 1450
Π *N ( c ) − Π *NCournot = 162 − =
≅ 161 .1 .
9
9
d) In tale contesto il monopolista N sarebbe disposto a offrire di più (ossia a investire
maggiormente in ricerca e sviluppo) rispetto ad E e quindi otterrebbe l’innovazione. La forma di
mercato che ne risulterebbe sarebbe quindi una persistenza del monopolio.
Questo è il risultato del così detto effetto in letteratura economica conosciuto come “effetto
efficienza”.
e) Considerando che ora il monopolista N non è sicuro sull’esistenza o meno del concorrente
potenziale entrante, ci attendiamo che N mostri un comportamento più inerziale essendo meno
soggetto alla pressione competitiva di altre imprese.
Calcoliamo quanto ora il monopolista sarebbe disposto ad offrire.
Π *N ( c ) sono i profitti nel caso in cui acquistasse l’innovazione.
Nel caso in cui invece N non acquistasse l’innovazione, essendo la probabilità che l’acquisti il
potenziale entrante pari a (1 − ρ ) = 0.7 , allora i profitti attesi del monopolista sarebbero uguali a:
{(1 − ρ )Π
* Cournot
N
}
+ ρΠ *N ( c )
ossia:
- con probabilità (1 − ρ ) il potenziale entrante acquista il brevetto, entra e compete con N à la
8
Cournot, e così N ottiene i profitti Π *N Cournot = ;
9
- con probabilità ρ il potenziale entrante non riesce ad ottenere il brevetto e non entra: N
resterebbe così monopolista, ma non acquistando il brevetto avrebbe costi marginali pari a c ,
realizzando quindi i profitti Π *N ( c) .
Abbiamo tutti i dati che ci servono per risolvere l’esercizio. Ci manca solo Π *N ( c ) , che calcoliamo
impostando la condizione di ottimo: 60 − 4Q = 40 , da cui: Q * = 5 ,
P * = 50 e quindi
Π *N ( c ) = (50 − 40) ⋅ 5 = 50 .
Quindi possiamo ora determinare quanto il monopolista sarebbe disposto ad offrire:
8
Π M (c ) – (1 − ρ ) Π *N Cournot + ρΠ *N ( c) = 162 − 0.7 ⋅ − 0.3 ⋅ 50 = 146. 37
9
che è minore di quello che è disposto ad offrire il potenziale entrante 150.2 . La motivazione di
tale risultato risiede nel fatto che essendo incerta la presenza effettiva dell’impresa potenziale
concorrente (con un grado di incertezza pari a ρ ) allora il monopolista sarebbe meno
preoccupato, rispetto al caso precedente, di perdere la propria posizione dominante e
conseguentemente sarebbe meno incentivato ad investire in ricerca e sviluppo per innovare.
{
}
(
)
f) Per determinare il valore dell’incertezza ρ per cui il potenziale entrante ha un maggiore
incentivo del monopolista ad acquistare il brevetto, occorre che
1352
Π *E Cournot − 0 =
= 150.2
9
sia maggiore di
8
Π M (c ) – (1 − ρ ) Π *N Cournot + ρΠ *N ( c) = 162 − (1 − ρ ) + ρ 50  .
9


Risolvendo la disuguaglianza per ρ si ottiene:
8


150.2 > 162 − (1 − ρ ) + ρ 50
9


ossia: ρ > 0.221 .
{
}
Al di sotto di tale valore il livello di incertezza ρ sulla presenza del potenziale entrante sarebbe
basso, e quindi il monopolista sarebbe ancora una volta maggiormente incentivato ad investire
nell’ottenimento del brevetto per difendere la propria posizione: si evolverebbe così verso una
struttura monopolistica.
Soluzione 14.2.
a) I payoff corrispondenti alle varie situazioni sono indicati nella matrice seguente:
Impresa 2
Impresa 1
V
N
V
(7; 7)
(0; 14)
N
(14; 0)
(8; 8)
E’ evidente come la strategia V sia dominante per entrambe le imprese, e quindi come l’unico
equilibrio di tale gioco sia dato da (V;V).
b) Si ha eccesso di inerzia quando la nuova tecnologia, se adottata da entrambe, permetterebbe di
ottenere profitti più elevati di quella già esistente ma ciascuna impresa è riluttante ad adottarla per
paura che l’impresa rivale non la adotti.
Questa è proprio la situazione che si verifica nel caso esaminato dell’impresa 1 e dell’impresa 2.
Infatti la situazione (N;N) sarebbe Pareto-efficiente, e il passaggio dalla vecchia (V;V) alla nuova
(N;N) piattaforma tecnologica rappresenterebbe un miglioramento paretiano. Tuttavia per timore
che adottando la nuova piattaforma, l’impresa rivale non faccia lo stesso, garantendosi così tutti
clienti, nessuno adotterà la nuova e più efficiente tecnologia.
c) La strategia N è dominante per entrambe le imprese. Qu indi il gioco presenta un unico equilibrio
di Nash dato da (N;N).
d) Per eccesso di mobilità di intende una situazione in cui la nuova tecnologia è Pareto-dominata
dalla vecchia, ossia è di fatto inferiore, ma riesce ugualmente a soppiantare la vecchia tecnologia.
In tal caso le imprese (gli agenti) accolgono troppo favorevolmente la novità tecnologica, anche se
sarebbe preferibile che ciò non avvenisse.
Questo è il caso presentato al punto precedente. Infatti se entrambe le imprese mantenessero la
vecchia tecnologia avrebbero ciascuna un payoff maggiore rispetto alla scelta di adozione della
nuova tecnologia (4>3). Però, il timore che l’impresa rivale adotti la nuova tecnologia e quindi
attragga tutti i clienti lasciando all’impresa che non adotta un payoff nullo, spinge entrambe le
imprese ad adottare la nuova tecnologia nonostante i payoff minori rispetto al mantenimento della
vecchia.
Soluzione 14.8.
a) Analizziamo il caso in cui il software non sia protetto dalla pirateria (pirateria tollerata).
Sappiamo che il numero di consumatori/ricercatori che richiedono supporto (di tipo S) è uguale a
n S =100, mentre il numero di consumatori/ricercatori indipendenti (di tipo I) è n I =300.
Consideriamo i due tipi di consumatori separatamente.
Consumatori di tipo I. In base alla funzione di utilità i consumatori di tipo I preferiranno sempre
piratare il software J-plus, infatti si ha che: n > n − p , per ogni p>0.
Inoltre, ovviamente preferiscono piratare piuttosto che non utilizzare il software in quanto n > 0
per ogni n>0.
Consumatori di tipo S. Questi consumatori preferiranno comperare il software se: λ n − p > n ,
vale a dire se: p < (λ − 1) n .
Siamo a conoscenza del valore di n. Infatti i consumatori di tipo I utilizzano il software (abbiamo
visto sopra che infatti lo piratano) mentre i consumatori tipo S lo acquistano, quindi il numero
totale di utilizzatori del software in questa situazione è: n = nS + n I = 100 + 300 = 400 . Quindi il
prezzo che massimizza i profitti per l’impresa è il più elevato tra quelli possibili, indicati dalla
relazione sopra individuata, ossia: p * = (λ − 1) n = (λ − 1) 400 = 20(λ − 1) .
I profitti dell’impresa fornitrice del software J-plus, essendo gli acquirenti/ricercatori solamente in
numero n S , sono quindi uguali a: Π = p * nS = 20 (λ − 1) ⋅ 100 = 2000(λ − 1) .
b) Consideriamo la situazione in cui l’impresa fornitrice possa mettere in atto, a costo zero,
pratiche che impediscano la pirateria del software J-plus.
La strategia dell’impresa ora potrebbe essere quella di praticare un prezzo, che indichiamo con p L
(strategia di prezzo basso), tale per cui tutti i tipi di consumatori/ricercatori acquisterebbero
oppure di fissare un prezzo p H (strategia di prezzo alto), più elevato del precedente, tale per cui
solo i consumatori/ricercatori S che richiedono supporto vorrebbero acquistare.
Esaminiamo le due strategie.
Strategia di prezzo alto ( p H ) . Per fare sì che i consumatori tipo S acquistino il software, deve
valere che: λ n − p > 0 , da cui si ricava: p < λ n . Ora abbiamo che n = nS = 100 . Quindi il
prezzo massimo che l’impresa fornitrice può fissare è: p H* = λ n = 10λ . I profitti che ne
conseguono sono uguali a: Π H = p *H ⋅ n S = 10λ ⋅100 = 1000λ .
Strategia di prezzo basso ( p L ) . Per fare sì che tutti i consumatori acquistino (anche i ricercatori di
tipo I) deve valere che: n − p > 0 , da cui otteniamo: p < n . In corrispondenza di tale prezzo
tutti
i
consumatori/ricercatori
acquisterebbero,
dato
che λ > 1 ,
e
quindi:
*
n = nS + n I = 100 + 300 = 400 . Quindi il prezzo massimo possibile sarebbe: p L = n = 20 . Il
livello dei profitti dell’impresa sarebbe in tal caso: Π L = p *L ⋅ (n S + n I ) = 20 ⋅ 400 = 8000 .
Come indica il testo dell’esercizio, essendo il parametro 1 < λ < 8 , allora Π L > Π H : quindi la
strategia ottimale dell’impresa nel caso di protezione del software dalla pirateria sarebbe quella di
praticare un prezzo pari a p *L = 20 .
c) L’impresa può scegliere se tollerare la pirateria conseguendo un livello di profitti, come visto al
punto a, uguali a Π = 2000 (λ − 1) , oppure proteggere dalla pirateria il proprio software, nel qual
caso la strategia ottimale, come visto al punto b, sarebbe di vendere a tutti praticando un prezzo
pari a p *L = 20 e conseguendo profitti pari Π L = 8000 .
Quindi, l’impresa preferirà tollerare la pirateria se vale che 2000 (λ − 1) > 8000 , il che richiede che
valga: λ > 5 . In definitiva, ricordando le restrizioni sul parametro imposte dal testo, la condizione
che deve valere è la seguente: 5 < λ < 8 .
Se invece vale che: 1 < λ < 5 , l’impresa fornitrice preferirà proteggere il proprio software dalla
pirateria.
Quale è l’intuizione di tale risultato?
Tollerare la pirateria ha l’effetto di fare aumentare gli utenti del software e quindi, tramite l’effetto
di esternalità di rete, di fare aumentare il prezzo che l’impresa può praticare ai consumatori di tipo
S che richiedono supporto. Ciò vale perché il prezzo che S sono disposti a pagare (ossia la loro
disponibilità a pagare) per l’assistenza (che è indicato dal parametro λ ) è sufficientemente elevato
(nel nostro caso λ > 5 ) , e quindi l’effetto di esternalità di rete compensa i mancati ricavi derivanti
dal fatto che i consumatori di tipo I non acquistano.
Se invece il prezzo che i consumatori di tipo S sono disposti a pagare (cioè quanto valutano) per
l’assistenza è basso (ossia λ ) allora l’esternalità di rete non riesce ad esercitare i propri effetti
positivi e non compensa i mancati ricavi sui “consumatori pirati”.
f) Quando valutiamo le diverse situazioni e strategie dell’impresa occorre considerare sia la
disponibilità a pagare dei gli consumatori di tipo S (ossia nel nostro esercizio il valore del
parametro λ , come mostrato al punto precedente) sia il numero totale e la composizione dei due
tipi di consumatori n S e n I . Infatti, generalmente se il numero n I dei consumatori che piratano
(tipo I) fosse molto basso, i vantaggi dal tollerare la pirateria si ridurrebbero. Quindi il peso
relativo dei consumatori di tipo S e tipo I sul numero totale di consumatori è fondamentale per
determinare la strategia ottimale dell’impresa.
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