Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999
65
LA MASTITE NEGLI OVINI*
JOHN H. KIRK, DVM, MS, MPVM
Auburn University
JOHN S. GLENN, DVM, PhD
University of California
La mastite degli ovini si presenta in tre forme cliniche: acuta, subclinica e cronica. Quest’ultima può essere focale o diffusa.
La mastite cronica diffusa è associata all’infezione da virus visna/maedi. Le altre forme sono correlate ad infezioni batteriche.
La mastite può essere causa di mortalità negli ovini e negli agnelli, diminuzione della crescita degli agnelli e calo della produzione di latte dalle pecore in lattazione. L’infusione intramammaria di antibiotici, come quella effettuata per le bovine da latte,
può spesso contribuire all’insorgenza della mastite delle pecore. La possibilità di consigliare vari trattamenti e metodi di controllo dipende dallo scopo per cui sono allevati gli animali, dal tipo di allevamento e dal valore del singolo capo. Nel presente
lavoro vengono illustrate le varie forme di mastite degli ovini, descrivendone segni clinici, impatto economico, agenti eziologici, epizootologia, diagnosi, trattamento, controllo e prevenzione. Viene anche discusso il ruolo del California mastitis test e del
conteggio delle cellule somatiche per l’identificazione dei casi subclinici della malattia.
Summary
Mastitis in ewes takes three clinical forms: acute, subclinical, and chronic. Chronic mastitis can be focal or diffuse. Diffuse
chronic mastitis is associated with maedi/visna virus infection. The other forms are associated with bacterial infection. Mastitis can lead to mortality in ewes and lambs, to decreases in lamb growth, and to decreased yield of milk products from
milking ewes. Intramammary infusion of antibiotics, like that used for dairy cows, can help prevent mastitis in ewes. The advisability of various treatment and control methods depends on the purpose of the sheep, the type of management, and the value of the individual ewe. This article reviews the various forms of ewe mastitis and discusses the clinical signs, economic impact, causative agents, epizootiology, diagnosis, treatment and control, and prevention of mastitis. It also discusses the role
of the California mastitis test and somatic cell counts for detecting subclinical cases of mastitis in ewes.
La mastite (infiammazione della ghiandola mammaria)
negli ovini è nota da molti anni ed è stata descritta in tutti i
principali paesi in cui è sviluppato l’allevamento di questi
animali. La malattia si presenta in tre forme cliniche: acuta,
subclinica e cronica. Quest’ultima può essere focale o diffusa. La frequenza di queste forme dipende dalla localizzazione e dall’impiego degli animali.1,2 La mastite può essere
diagnosticata mediante osservazione diretta, esame clinico
con palpazione della mammella, analisi microbiologiche o
conteggio delle cellule somatiche. L’impatto della malattia
dipende dalla sua prevalenza, dalla forma clinica, dal momento in cui insorge, dallo scopo per cui sono allevati gli
ovini e dal metodo di allevamento. Alcune forme determinano significativi effetti sulle greggi, mentre altre alterano
la produzione e la composizione del latte ed alcune influiscono sull’accrescimento degli agnelli. Nel presente lavoro
vengono passate in rassegna le singole forme di mastite, il*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing
Veterinarian” Vol. 18, N. 5, maggio 1996, 582. Con l’autorizzazione
dell’Editore.
lustrandone segni clinici, impatto economico, agenti eziologici, epizootologia, diagnosi, trattamento e controllo e prevenzione. Inoltre, viene descritto lo status attuale del conteggio delle cellule somatiche nel latte ovino.
MASTITE ACUTA
Segni clinici
La mastite acuta è caratterizzata dall’insorgenza improvvisa di febbre, anoressia, anomalie del latte e tumefazione
ed indurimento della mammella.3 Nella maggior parte delle infezioni acute è colpita una sola ghiandola.3 Molti ovini
appaiono depressi e riluttanti a muoversi. Gli animali sembrano spesso manifestare una zoppia, dal momento che si
muovono facendo oscillare gli arti verso l’esterno in modo
da evitare di toccare la mammella infiammata.4 La ghiandola può essere gangrenosa.5 Il 5% circa delle pecore colpite sviluppa delle forme ascessuali. 3 Alcuni animali
muoiono per la tossiemia.3
SPECIE MINORI
Riassunto
66
La mastite negli ovini
Impatto economico
La mastite acuta può essere letale.6 La mortalità fra gli
ovini colpiti è inferiore al 10% nella maggior parte delle
greggi. In uno studio, venne attribuito alla mastite l’8,4%
delle morti degli animali in un periodo di 3 anni.7 Molte
delle morti correlate alla mastite si erano verificate nel periodo periparto.7
I costi del trattamento variano in funzione della regione
geografica e della gestione dell’allevamento. In alcune aree
sono insignificanti a causa dello scarso sforzo terapeutico
profuso per i singoli capi. Altrove, il valore di un ovino eccezionale può giustificare considerevoli spese per antibiotici e
terapia di sostegno. Nella maggior parte dei casi, bisogna tenere conto anche dei costi derivanti dal lavoro necessario
per risolvere il problema. I danni subiti dal gregge sono
spesso significativi, principalmente a causa della perdita di
mammelle attive.2 In un primo studio, l’infezione mammaria
si è sviluppata nel 2,3% di 19.550 ovini nell’arco di 17 anni.
Nel 5% delle mammelle infette sono stati riscontrati degli
ascessi.3 Nell’arco di un periodo di tre mesi durante il quale
furono macellati circa 10.000 capi, sono state prelevate 140
mammelle nel corso dei 12 abbattimenti effettuati. Lesioni
mammarie clinicamente manifeste (il 77% delle quali era
costituito da ascessi) sono state riscontrate nel 12,8% delle
1.650 mammelle esaminate. Durante la necroscopia delle
ghiandole mammarie prelevate, lesioni clinicamente inapparenti sono state osservate in un ulteriore 4,1% di mammelle.
Si ritenne che la maggior parte degli ascessi fosse correlata a
casi iniziali di mastite.8 La maggior parte degli ascessi era
dovuta ad infezione secondaria conseguente ad una mastite
acuta. In uno studio, è stato riscontrato lo sviluppo di un’infezione cronica nell’8% degli ovini con mastite clinicamente
manifesta.9 Tutte queste condizioni contribuiscono ad aumentare od anticipare l’abbattimento degli animali per fine
carriera8,10 e ad accrescere i relativi costi di rimonta.9
La mastite può anche ridurre la produzione di latte, incrementando la mortalità degli agnelli o riducendone l’accrescimento.11 Significativi cali (2 kg a metà del periodo di
svezzamento e 4 kg allo svezzamento) nel peso degli agnelli sono stati riscontrati quando le madri erano affette da
mastiti clinicamente manifeste.
Agenti eziologici
Un microrganismo originariamente classificato come
Pasteurella mastitidis3 è stato spesso isolato in coltura pura
da campioni di latte prelevati da ovini con mastite clinicamente manifesta.4 Questo agente, oggi classificato come P.
haemolytica, è stato quello più comunemente isolato da 20
ovini al pascolo con mastite clinica. Pasteurella haemolytica è stata isolata dal 60% delle pecore. Al secondo posto
in ordine di frequenza, si è collocato Staphylococcus aureus, isolato dal 20% dei soggetti.12 In una grande indagine condotta su 30.000 pecore e durata 2 anni, questi due
microrganismi sono arrivati a costituire l’80% dei ceppi
batterici isolati.9 La forma gangrenosa della mastite può
essere causata da S. aureus o S. albus.13 Corynebacterium
spp.5 (C. bovis10 e C. pyogenes11) ed Histophilus ovis13 sono
isolati meno frequentemente. Sono stati riscontrati anche
Escherichia coli10 e Pseudomonas aeruginosa11. Nel riqua-
dro sono riportati gli agenti patogeni frequentemente
identificati negli ovini con varie forme di mastite.
Dalle pecore con mastite sono stati isolati fino a 6 sierotipi di P. hemolytica. Tali sierotipi variavano all’interno di
uno stesso gregge e fra un gregge e l’altro.12 L’infusione di
appena 10 unità formanti colonia di P. haemolytica è stata
costantemente in grado di riprodurre i casi clinici, determinando la comparsa di segni simili a quelli della malattia
ad insorgenza spontanea.14 L’inoculazione intramammaria
di P. haemolytica derivante da lesioni polmonitiche ovine e
bovine e dalle cavità nasali di agnelli sani è sempre riuscita
a determinare casi clinici di mastite.
Epizootologia
La mastite acuta si riscontra nel 5% circa delle pecore
con una lattazione all’anno (range da 0% a 25%).9 In uno
studio durato 6 anni e condotto su 8 razze allevate al coperto al momento dei parti e al pascolo per tutto il resto
del tempo, l’incidenza annuale è stata del 6,8%.16 Nelle
greggi al pascolo, la mastite acuta clinicamente manifesta è
più comune dopo la nascita degli agnelli1,16 e quando questi raggiungono l’età di 3-4 mesi. I casi più gravi sono stati
osservati in prossimità del momento della nascita degli
agnelli, mentre quelli meno gravi coincisero con una fase
più avanzata della lattazione.17 Al momento del picco della
produzione, gli agnelli sono grandi e succhiano vigorosamente il latte materno.4,13 Si ritiene che questa suzione par-
Agenti eziologici
Dal latte degli ovini con mastite vengono comunemente
isolati i seguenti agenti eziologici:
Mastite acuta
Pasteurella haemolytica a
Staphylococcus aureus a
Corynebacterium bovis
Corynebacterium pyogenes
Histophilus ovis
Escherichia coli
Pseudomonas aeruginosa
Mastite subclinica
Stafilococchi coagulasi negativi a
Corynebacterium bovis
Staphylococcus uberis
Staphylococcus dysgalactiae
Micrococcus spp.
Streptococchi fecali
Mastite cronica focale
Staphylococcus aureus
Corynebacterium pyogenes
Stafilococchi
Mastite cronica diffusa
Virus visna/maedi
a
Microrganismi isolati con maggior frequenza
Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999
Diagnosi
La diagnosi della mastite acuta si basa sull’esame clinico
della mammella, sull’ispezione del latte e sull’osservazione
delle manifestazioni sistemiche della malattia nei primi stadi dell’infezione. La diagnosi delle cause viene facilitata
dall’impiego degli esami colturali condotti sul latte e dall’isolamento dei batteri.
Trattamento e controllo
Il primo agente terapeutico che si è dimostrato efficace
per il trattamento della mastite acuta negli ovini è stata la
sulfametazina.4 Attualmente, la terapia deve comprendere
la somministrazione aggressiva di antibiotici ad ampio
spettro (sia per via intramammaria che sistemica) ed un
protocollo di sostegno che prevede l’infusione di fluidi e la
somministrazione di agenti antinfiammatori.1,2 Prima di
avviare alla commercializzazione gli ovini trattati o il loro
latte è necessario lasciar trascorrere i tempi di sospensione
previsti. Può essere utile mungere frequentemente la
ghiandola colpita, con l’aiuto della somministrazione di
ossitocina.2 Il trattamento topico delle lesioni mammarie
può contribuire a prevenire la mastite acuta.13
Le decisioni relative al trattamento possono essere influenzate da fattori economici. In Australia, dove gli ovini
vengono allevati per la produzione di agnelli e lana, spesso
non viene richiesta alcuna terapia, a causa dello scarso valore economico dei singoli capi.13
Per il controllo della diffusione dagli ovini infetti tenuti
al pascolo, è stato suggerito di spostare le greggi su nuove
lettiere ogni notte.3 L’allontanamento dei capi infetti dal
gregge ha ridotto la diffusione della malattia in alcune indagini,3,8,10 ma è risultato inefficace in altre.4 È importante
garantire una buona sanificazione al momento del parto.1
Alcuni ricercatori hanno suggerito di effettuare di routine
la palpazione della mammella al momento del parto e dello
svezzamento e immediatamente prima dell’accoppiamento,
per identificare le pecore con anomalie mammarie e separarle dal gregge.10,11 Per ridurre lo spreco degli agnelli è stata suggerita l’eliminazione dei capi con ascessi mammari.8
Prevenzione
La somministrazione di antibiotici a scopo profilattico
alle pecore al momento dello svezzamento ha ridotto la
durata dell’infezione presente in questa fase ed ha evitato
l’insorgenza di nuove infezioni per un certo periodo dopo
l’infusione.10,20-22 Questo trattamento può essere particolarmente indicato in condizioni di allevamento intensivo,
come quelle che si verificano nei parti accelerati e nel confinamento totale.10 Pur essendo efficace come misura preventiva, questo trattamento può essere costoso;10 è necessaria un’opportuna analisi dei costi e benefici.
Il primo tentativo descritto in letteratura di applicare
agli ovini la terapia antibiotica per bovine in asciutta è stato studiato per controllare la mastite acuta dopo lo svezzamento.20 Gli animali sono stati trattati poco dopo lo svezzamento con l’infusione intramammaria di mezzo tubo per
mammella di penicillina long-acting (1 g) e diidrostreptomicina (0,5 g).20 Questi antibiotici sono rimasti nella mammella anche per 28 giorni e l’incidenza delle nuove infezioni dopo lo svezzamento è stata significativamente ridotta.20
In un altro studio condotto su 931 ovini, nella metà dei capi è stata effettuata l’infusione allo svezzamento con un’analoga associazione penicillina/diidrostreptomicina. La
penicillina è rimasta nella mammella anche fino a 7 settimane dopo l’infusione, mentre la streptomicina è stata riscontrata anche dopo 13 settimane.22 In un primo studio
analogo condotto utilizzando la cloxacillina (500 mg per
ghiandola) si è osservata una riduzione del numero di infezioni.21 È stato segnalato che l’infusione intramammaria di
cloxacillina sodica (200 mg) al momento dello svezzamento ha ridotto l’isolamento di ceppi batterici e le anomalie
mammarie ed ha aumentato l’incremento ponderale medio
giornaliero degli agnelli durante l’anno successivo.11
Tutti i ricercatori hanno sottolineato la necessità di
adottare tecniche di infusione rigorosamente igieniche.10,2022
Anche l’esecuzione di spugnature del capezzolo con un
prodotto germicida prima e dopo l’infusione intramammaria può contribuire a ridurre la contaminazione accidentale della ghiandola. Negli allevamenti in cui si riscontra
l’ectima contagioso, la vaccinazione può ridurre i nuovi
casi di mastite diminuendo l’incidenza dell’infezione del
capezzolo e della mammella.13
MASTITE SUBCLINICA
Segni clinici
I casi subclinici di mastite negli ovini possono essere rilevati solo indirettamente, ad esempio mediante le tecniche di conteggio cellulare. La maggior parte dei casi subclinici è monolaterale.6
Impatto economico
I primi studi condotti su ovini al pascolo non hanno evidenziato associazioni fra mastite subclinica e mortalità degli agnelli.23 Tuttavia, il tasso di crescita di questi ultimi
può subire una riduzione se durante il periodo dell’allattamento non è disponibile un integratore specifico per lo-
SPECIE MINORI
ticolarmente accentuata possa determinare ecchimosi
mammarie, con conseguente sviluppo di infezioni.4
È stata descritta l’esistenza di portatori intramammari
cronici di P. haemolytica, che possono costituire importanti
fonti di infezione.4 È possibile che ciò non si verifichi per altri batteri. In alcune ricerche sono state riscontrate infezioni
subcliniche, in particolare quelle sostenute da microrganismi identificati come stafilococchi coagulasi-negativi, che
portavano a successive infezioni cliniche.18 In un’altra indagine sono stati ottenuti risultati contrari. Gli autori hanno
ipotizzato che questa differenza possa essere spiegata in base
alle diversità negli intervalli fra i prelievi dei campioni.19 Altri fattori associati ad un’elevata incidenza di mastite possono essere rappresentati da episodi di ectima contagioso,1,13
lesioni mammarie,13 aumento del numero degli agnelli, cattiva conformazione della mammella ed elevata produzione di
latte.16 Un ulteriore fattore contribuente può essere la presenza di cattive condizioni sanitarie al momento del parto.1
67
68
La mastite negli ovini
ro.24,25 Inoltre, si può avere una riduzione di determinati
prodotti come i formaggi.
Agenti eziologici
I microrganismi isolati più comunemente dagli ovini
con mastite subclinica al momento del parto, durante la
lattazione o allo svezzamento sono di gran lunga gli stafilococchi coagulasi negativi.9,17,23-30 Risulta infetto il 20% circa delle ghiandole.26 Stafilococchi coagulasi negativi vengono spesso isolati da più del 50% dei campioni con batteri.23 Altri microrganismi identificati frequentemente sono C. bovis,23 S. uberis,23 S. dysgalactiae,23 Micrococcus spp.
(che può essere stato confuso con gli stafilococchi-coagulasi negativi),9,31 Bacillus spp.,9,19,23 e streptococchi fecali.19
Nel riquadro sono elencati gli agenti isolati da casi di varie
forme di mastite negli ovini. La maggior parte di questi
microrganismi si riscontra comunemente sulla cute del capezzolo o nell’ambiente.
Epizootologia
La prevalenza riportata in letteratura per la mastite subclinica varia dal 4 al 50% delle pecore in lattazione. Le
oscillazioni di questo valore possono riflettere differenze
esistenti nella definizione di “caso di mastite subclinica”
adottate dai vari autori. Alcuni studi intendono come mastite subclinica la presenza di un particolare numero di vari ceppi batterici in associazione con un elevato conteggio
di cellule somatiche. In altri lavori, per la definizione sono
stati utilizzati il conteggio delle colonie batteriche e quello
delle cellule somatiche.
Ad esempio, è stata riportata una prevalenza del 14%
degli ovini e dell’8% delle ghiandole mammarie quando il
“caso” veniva definito come una condizione caratterizzata
dalla presenza di 1-9 colonie e più di 750.000 cellule/ml.32
In un altro studio, la prevalenza era dell’11,7% per gli ovini e del 6,3% delle ghiandole mammarie utilizzando una
definizione corrispondente a più di 10 colonie associate alla positività del test di Whiteside.19 Quest’ultimo è basato
sulla reazione dell’idrossido di sodio con le cellule somatiche nel latte fresco. Questo test determina il riscontro di
“tracce” quando nel latte sono presenti approssimativamente 500.000 cellule/ml.
In un’altra indagine, sono state allestite colture con il
latte delle pecore ed è stato effettuato il conteggio delle
cellule somatiche, ripetuto per gli stessi 178 capi per rilevare l’infezione subclinica. I parametri per la definizione
di “caso” erano la positività delle colture ed il riscontro di
più di 1.000.000 di cellule/ml. La prevalenza è risultata del
4,4% entro 2 settimane dallo svezzamento, dell’11% entro
2-3 settimane dallo svezzamento e del 16,9% entro 6-8
settimane dallo svezzamento.29
Molti studi di prevalenza sono stati basati sull’analisi
batteriologica di campioni di latte e sull’identificazione dei
microrganismi isolati. Durante un periodo di 3 anni, la
prevalenza al parto è risultata del 13-25% circa delle pecore e del 9-17% delle ghiandole mammarie. Durante lo
stesso periodo, allo svezzamento risultavano infette il 1522% delle pecore e l’8-14% delle ghiandole mammarie.24
In un’altra ricerca, basata sui risultati degli esami colturali,
la prevalenza a 3-4 mesi di lattazione era del 36,7% delle
pecore e del 25,2% delle ghiandole mammarie (il 13,7%
delle infezioni era bilaterale).33 In nessuna di queste due
segnalazioni è stata fornita la definizione di “caso”.
In un’altra indagine, la diagnosi della mastite subclinica
è stata basata sull’esecuzione due volte alla settimana del
conteggio delle cellule somatiche per le prime 8 settimane
di lattazione. La prevalenza basata sul riscontro di più di
500.000 cellule/ml era del 37%; quella per più di
1.000.000 di cellule/ml era del 20%. La ripetizione di queste prove ha permesso di riscontrare che il 50% ed il 29%
delle pecore presentava infezioni subcliniche definite in
base ai rispettivi conteggi cellulari.25
La persistenza dell’infezione da stafilococchi coagulasi
negativi dopo il parto è controversa. In uno studio, è stata
riscontrata una diminuzione della prevalenza durante la
lattazione,26 mentre in un altro è stato ipotizzato che questo valore resti approssimativamente invariato.18 La maggior parte delle indagini è giunta alla conclusione che la
prevalenza spesso aumenti dopo lo svezzamento. In uno
studio, l’infezione subclinica persisteva fino a 6-8 settimane dopo lo svezzamento nel 90% dei casi.29 La maggior
parte dei ricercatori concorda sul fatto che la prevalenza
delle nuove infezioni subcliniche è più elevata poco dopo
lo svezzamento o in prossimità dello stesso.24
La prevalenza della mastite subclinica è maggiore fra gli
ovini delle razze con un’elevata produzione di latte.9,34 Inoltre, è più comune fra le pecore anziane.9,19 Secondo quanto
segnalato in letteratura, anche i difetti del capezzolo, le lesioni della cute della mammella o del capezzolo, le dermatiti, la contaminazione fecale della mammella e del capezzolo
e la trasmissione di vettori possono influire sulla prevalenza.9 Tuttavia, in almeno uno studio è stato riferito che le lesioni del capezzolo non sono associate alla mastite.19
Diagnosi
Per rilevare l’infezione è possibile utilizzare l’analisi microbiologica dei campioni di latte. Sono anche stati studiati metodi indiretti per l’identificazione della mastite negli
ovini, in particolare per i capi allevati per la produzione di
latte. Per rilevare le infezioni subcliniche sono stati utilizzati il conteggio automatico delle cellule somatiche, il conteggio diretto al microscopio delle cellule somatiche, il California mastitis test ed altri metodi, ma il giudizio dei vari
ricercatori sulla loro efficacia non è unanime.
Il conteggio automatizzato delle cellule somatiche è il
metodo d’elezione e si può riscontrare nei laboratori dei
centri di miglioramento degli allevamenti di bovine da latte, oppure presso aziende private nelle aree in cui questo
stesso allevamento è molto diffuso. Il conteggio delle cellule somatiche e la relativa distribuzione nel latte di pecora
ottenuto mediante mungitura meccanica sono simili a
quelli del latte bovino munto nello stesso modo. Il California mastitis test può essere utilizzato efficacemente in
azienda, a condizione di tenerne ben presenti i limiti. La
scala di valutazione più comunemente adottata per questo
test è 0, T, 1, 2 e 3. Un punteggio di 0 indica che la pecora
probabilmente non è infettata dai principali agenti patogeni, mentre un valore superiore ad 1 suggerisce un’elevata
probabilità di infezione. Il confronto fra le segnalazioni riportate in letteratura è fonte di confusione a causa delle
diverse scale di valori utilizzate per la lettura del California
mastitis test e della variabilità delle definizioni di “caso di
infezione” (Tab. 1).
È stato suggerito di allestire delle colture con il latte di
tutte le pecore con un conteggio di cellule somatiche superiore ad 1.000.000/ml.35 È prevedibile che molti di questi
campioni diano esito positivo. Man mano che il numero
delle cellule somatiche diminuisce, aumentano gli esiti colturali negativi. Come momento appropriato per eseguire il
conteggio delle cellule somatiche, è stato indicato il periodo di 3-7 settimane dopo il parto.
Trattamento e controllo
Il trattamento viene tentato raramente perché i casi non
vengono riconosciuti, a meno che non venga effettuata
routinariamente una qualche forma di conteggio delle cellule somatiche. Uno studio condotto su un piccolo numero di ovini ha però suggerito che l’eventuale terapia potrebbe ridurre l’infezione se le ghiandole con un elevato
numero di cellule somatiche fossero trattate poco dopo il
parto. Questa terapia potrebbe ridurre l’infezione quando
è ancora possibile il recupero del flusso di latte.36 Il trattamento potrebbe anche eliminare l’infezione prima che il
capo venga introdotto nel gregge in produzione di latte o
dopo lo svezzamento.
Prevenzione
L’infusione di antibiotici a scopo profilattico nelle pecore in asciutta previene le nuove infezioni e riduce la persistenza dell’infezione durante la lattazione.28 La prevenzione viene effettuata mediante trattamento in asciutta analogamente alla profilassi della mastite degli ovini in generale.
Si ritiene che sia utile la sospensione dell’alimentazione
Tabella 1
Definizioni suggerite di “caso di mastite subclinica”
negli ovini in lattazione
DEFINIZIONE DI CASO
RIFERIMENTO
BIBLIOGRAFICO
≥ 10 colonie batteriche
34
≥ 10 colonie batteriche e positività
del test Whiteside (>500.000 cellule/ml)
19
≥ 10 colonie batteriche e >750.000 cellule/ml
34
200.0000 – 600.000 cellule/ml
48
200.000 cellule/ml
47
2.500.000 cellule/ml
33
> 340.000 cellule/ml
2
> 342.000 cellule/ml media geometrica
35
> 630.000 cellule/ml
29
> 1.000.000 cellule/ml
9
> 1.660.000 cellule/ml
31
69
delle pecore in asciutta per 72 ore prima dell’infusione.34
In uno studio condotto su circa 120 ovini, la metà è stata
trattata con l’infusione intramammaria di cefapirina benzatina (5 ml ogni metà) durante il periodo di asciutta.
L’anno successivo, si è ripetuto questo trattamento oppure
è stata somministrata penicillina V benzatina (5 ml per via
intramuscolare). Allo svezzamento, a distanza di 60 giorni,
e al parto sono stati riscontrati tassi di guarigione più elevati e minori incrementi di nuove infezioni.37 In un’altra ricerca, condotta utilizzando l’iniezione intramuscolare di
penicillina G procaina (106 U) al momento dello svezzamento in ovini in allevamento intensivo, ha dimostrato un
calo della mastite subclinica ed un aumento della produzione di latte durante la lattazione successiva. È stata anche riscontrata una tendenza alla diminuzione delle mastiti
ed all’aumento della produzione di latte al momento del
parto e durante la lattazione.34 L’infusione di cefapirina
benzatina (10 ml) allo svezzamento in un’indagine controllata e ben studiata ha determinato una riduzione delle infezioni (11% invece del 22%) tre settimane dopo il parto
successivo.28 Le probabilità di una nuova infezione intramammaria nel gruppo non trattato erano di 2,63 volte
maggiori che in quello trattato.
MASTITE CRONICA FOCALE
Segni clinici
La mastite cronica focale viene spesso individuata sulla
base delle alterazioni macroscopiche della mammella che
vengono rilevate manipolando la pecora al momento del
parto e della tosatura.1 La palpazione manuale rivela la
presenza di mammelle bozzellate e distorte, spesso ascessualizzate. 1 Possono essere colpite una o entrambe le
ghiandole.
Impatto economico
Nelle ghiandole mammarie con mastite cronica focale la
produzione di latte è marcatamente diminuita; in molti casi può essere del tutto assente.
Il calo della produzione di latte determina un aumento
della mortalità degli agnelli, in particolare nelle greggi in
cui i nuovi nati non vengono tenuti sotto stretta osservazione al momento del parto e non si provvede ad identificare ed eliminare accuratamente le pecore con anomalie
mammarie. Questa forma di mastite cronica può portare
ad un aumento dei costi, perché rende necessario il trasferimento degli agnelli ad altre pecore in lattazione (balie) o
l’attivazione delle opportune cure per gli agnelli che crescono male o orfani.
Agenti eziologici
Dalle mammelle delle pecore con mastite cronica focale
vengono spesso isolati degli stafilococchi.1 Staphylococcus
aureus, ben noto per la sua capacità di dare origine ad
ascessi, costituisce un riscontro comune. Sono anche frequenti germi di irruzione secondaria come C. pyogenes.
SPECIE MINORI
Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999
70
La mastite negli ovini
Epizootologia
Le greggi con un’elevata incidenza di mastite acuta tendono anche a presentare un’alta prevalenza di mastite cronica focale. La mancata eliminazione dei capi colpiti aumenta l’impatto economico, permettendo agli animali che
producono poco latte di rimanere nel gregge.
Diagnosi
La diagnosi viene formulata sulla base dell’osservazione
clinica e della palpazione della mammella. Quest’ultima rivela le caratteristiche lesioni.
greggi con un’elevata sieroprevalenza del virus visna/maedi (81%), le probabilità per le pecore di presentare indurimenti mammari erano 8 volte maggiori di quelle degli animali provenienti da greggi sieronegativi.43 Di solito, dalle
mammelle colpite da questo tipo di mastite non si isolano
batteri e micoplasmi.38,41
Casi sperimentalmente indotti di polmonite progressiva
degli ovini nelle pecore hanno determinato una mastite
cronica con indurimento omogeneo della ghiandola simile
a quello che si osserva nei casi naturali.38 Agnelli inoculati
entro 7 mesi dalla nascita hanno sviluppato le caratteristiche lesioni, dalle quali è stato possibile isolare il virus. In
un altro esperimento, si è ottenuta la proliferazione linfoide intorno ai dotti galattofori. I ricercatori sono giunti alla
conclusione che il virus era una causa specifica della mastite linfocitaria indurente.38
Trattamento e controllo
Gli studi condotti suggeriscono che questa forma di mastite sia irreversibile e che il trattamento sia da sconsigliare.1 Le misure di controllo indicate sono rappresentate
dalla terapia in asciutta mediante spugnature al momento
dell’infusione dell’antibiotico nei capezzoli, riduzione della somministrazione di cibo ed acqua allo svezzamento ed
eliminazione delle pecore colpite.1
Epizootologia
Gli ovini sieropositivi per il virus visna/maedi presentano una maggiore prevalenza di mastite cronica indurente
rispetto a quelli sieronegativi. In uno studio, il 13% dei
soggetti sieropositivi mostrava le tipiche lesioni.
Diagnosi
Prevenzione
Il controllo dell’infezione acuta e di quella subclinica riduce la prevalenza della mastite cronica negli ovini.
Il sospetto di mastite cronica diffusa viene formulato
sulla base della palpazione manuale della mammella. La
conferma dell’infezione da virus visna/maedi viene ottenuta mediante test sierologici o con l’isolamento del virus.2
MASTITE CRONICA DIFFUSA
Trattamento e controllo
Segni clinici
La mastite cronica diffusa viene spesso indicata col nome
di “mammella dura”, mastite linfocitaria indurente o mastite indurente. Le lesioni mammarie sono tipicamente microscopiche, con accumulo interstiziale di linfociti, spesso intorno ai dotti galattofori.38 Il risultato è un indurimento
omogeneo e diffuso dell’intera ghiandola.38,39 Le mammelle
colpite sembrano spesso piene di latte, ma dal capezzolo ne
fuoriesce molto poco.39,40,41 Di solito sono colpite entrambe
le ghiandole.39 In genere, non è presente infiammazione.36
Impatto economico
La mastite cronica diffusa è stata associata ad un aumento della mortalità degli agnelli.32 Le ghiandole colpite
producono una quantità di latte insufficiente alla crescita
dei nuovi nati.42
Al momento attuale, non è disponibile alcun trattamento
per la mastite cronica diffusa. Il controllo si basa sulla esecuzione dei test sierologici e sulla rimozione dei capi sieropositivi. Anche le pecore che presentano i segni clinici classici della polmonite progressiva degli ovini devono essere
eliminate, per evitare la diffusione della malattia e perché
non sono in grado di allevare efficacemente i loro agnelli.
Prevenzione
È possibile prevenire la mastite cronica diffusa riducendo la prevalenza dell’infezione da virus visna/maedi attraverso l’esecuzione dei test sierologici e l’eliminazione dei
capi sieropositivi. Tutti gli ovini acquistati devono provenire da greggi indenni per questa malattia.
CONTEGGIO DELLE CELLULE SOMATICHE
PER L’IDENTIFICAZIONE DELLA MASTITE
Agenti eziologici
La mastite cronica diffusa può essere causata dal virus
visna/maedi, un retrovirus responsabile della polmonite
progressiva degli ovini.2 La mastite cronica delle pecore è
stata associata alla sieropositività per questo virus.41 In 4
L’uso del conteggio delle cellule somatiche come mezzo
per l’identificazione della mastite, principalmente subclinica, è stato ampiamente accettato, in particolare per le bovine da latte. La definizione di “caso di infezione subclinica”
(cioè il numero di colonie di microrganismi, la soglia utiliz-
zata per il conteggio delle cellule somatiche ed il momento
del prelievo del campione di latte) è variabile. È quindi difficile fornire delle indicazioni generali sull’impiego del conteggio delle cellule somatiche nello studio della mastite.
Questo metodo è stato utilizzato per diversi scopi e per
molteplici fini economici in vari tipi di allevamenti ovini.
Produzione di agnelli
Nelle pecore allevate per la produzione di agnelli, il
principale motivo di preoccupazione è rappresentato dagli
effetti della mastite sulla produzione di latte, con riferimento all’incremento ponderale ed alla mortalità degli
agnelli. Il conteggio delle cellule somatiche è stato utilizzato in modo differente negli studi in cui le pecore venivano
allevate per la produzione di agnelli e quando invece lo
scopo era la produzione di latte.
Ricerche condotte utilizzando il California mastitis test
hanno dimostrato che la prevalenza della mastite subclinica
nelle greggi destinate alla produzione degli agnelli è compresa fra il 10% ed il 15% dal parto a 15 settimane dopo.27,36,44,45 Il valore prognostico di questo test dipende dalla
prevalenza dell’infezione e dal tipo di microrganismo patogeno presente. Quando la prevalenza della mastite era elevata e correlata ad agenti patogeni primari come S. aureus,
il valore prognostico del California mastitis test era elevato.
Era invece più basso nei casi in cui la mastite non aveva una
prevalenza elevata o era correlata alla presenza di stafilococchi coagulasi negativi.27 Si ritiene che il test sia più utile
per rilevare la mastite nei casi in cui gli esami colturali risultano negativi, piuttosto che in quelli in cui sono positivi.31
È stato riscontrato che un punteggio di California mastitis test superiore a 1 indica un’infezione subclinica.46 La
Tabella 2 mostra la distribuzione della frequenza dei conteggi delle cellule somatiche in funzione del punteggio del
California mastitis test. Valori superiori a 1 sono stati associati ad una diminuzione dei pesi allo svezzamento e ad un
aumento della mortalità degli agnelli.44 È stato suggerito
che il momento più appropriato per l’esecuzione del test
per prevedere questi fattori sia fra 43 e 72 ore dopo lo
svezzamento fino a 3-5 settimane dopo.44 In uno studio è
stato ipotizzato che il trattamento degli ovini con elevati
valori di cellule somatiche eliminasse l’infezione ed au-
Tabella 2
Conteggi delle cellule somatiche e punteggi
del California mastitis test a
Punteggio
del California
mastitis test
Percentuale di
campioni
Percentuale con conteggio
delle cellule
somatiche superiore
a 200.000 cellule/ml
0
54
15
1
30
30
2
12
71
3
3
100
a
Distribuzione dei conteggi delle cellule somatiche e dei punteggi
del California mastitis test per campioni di latte prelevati da ovini
dallo svezzamento all’asciutta.
73
mentasse i flusso di latte per gli agnelli.36
In una ricerca condotta nel 1992 su California mastitis test, conteggio delle cellule somatiche, infezione subclinica ed
incremento ponderale, sono stati prelevati campioni di latte
due volte alla settimana per 8 settimane dopo il parto.25 È
stato riscontrato che il California mastitis test è meno affidabile del conteggio diretto microscopico delle cellule somatiche o di quello automatizzato per la valutazione del latte
delle pecore. La determinazione delle cellule somatiche mediante microscopia diretta e quella automatica sono risultate
fortemente correlate. I batteri più comunemente isolati in
questo studio erano gli stafilococchi coagulasi negativi.25
I conteggi delle cellule somatiche determinati mediante
microscopia diretta standard e metodi automatici erano fortemente correlati. Il California mastitis test, pur essendo meno costoso e facile da utilizzare in azienda, è meno affidabile, nel complesso, rispetto ai due metodi di conteggio delle
cellule somatiche, entrambi da eseguire in laboratorio.
Quando i ceppi batterici isolati con maggiore prevalenza sono rappresentati dai principali agenti patogeni, tuttavia, il
California mastitis test è probabilmente abbastanza sensibile
da avere un valore prognostico adeguato. Il conteggio delle
cellule somatiche ed il California mastitis test possono essere
utilizzati per rilevare l’infezione subclinica. Le pecore o le
ghiandole mammarie caratterizzate da elevati punteggi di
California mastitis test, e presumibilmente da un alto numero di cellule somatiche, tendono ad essere associate ad una
più bassa produzione di latte, un minor incremento ponderale ed un aumento della mortalità degli agnelli. Il tipo e la
prevalenza dei batteri, unitamente alle modalità di allevamento, possono influire sull’utilità dei conteggi delle cellule
somatiche per gli ovini allevati per la produzione di latte. Alcuni lavori suggeriscono che i conteggi delle cellule somatiche presentino una soglia elevata per la differenziazione dei
campioni di latte culturalmente positivi e negativi, mettendo
così in discussione l’utilità di questi conteggi.10,31,35
Produzione di latte
Negli ovini allevati per la produzione di latte, il principale motivo di preoccupazione è rappresentato dal potenziale
effetto dell’infezione subclinica sulla lattazione e sulle componenti del latte. Recentemente, sono stati condotti studi
su California mastitis test, conteggio delle cellule somatiche
ed altri metodi, dal momento che sta aumentando l’interesse verso gli ovini da latte. La maggior parte delle ricerche
indica che il conteggio medio delle cellule somatiche per i
campioni di latte munti manualmente o automaticamente
da ghiandole mammarie non infette è di circa 250.000/ml,
con un range che può arrivare a quasi 500.000/ml.5,32,33,46
Nello studio recentemente condotto dagli autori del presente lavoro su 400 ovini da latte che non presentavano segni clinici di mastite e nei quali i principali agenti patogeni
erano gli stafilococchi coagulasi negativi, è stato riscontrato
che nell’87% dei campioni ottenuti mediante mungitura
automatica erano presenti meno di 200.000 cellule/ml.47 La
Figura 1 mostra la frequenza di distribuzione dei conteggi
delle cellule somatiche in questo studio. Nei campioni di
spoliazione, i conteggi delle cellule somatiche possono essere quasi il doppio dei campioni di latte ottenuto mediante mungitura manuale o automatica.48
SPECIE MINORI
Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999
74
La mastite negli ovini
70
60
Percentuale di ovini
(n = 55)
50
40
30
20
10
0
0-99
100-199
200-299
300-399
400-499
≥ 500
Conteggio delle cellule somatiche
(migliaia/ml)
FIGURA 1 - Frequenza di distribuzione dei conteggi delle cellule somatiche in ovini (n=55) che non presentavano segni clinici di mastite (dati da Kirk JH,
Glenn JS, Maas JP: Mastitis in a flock of milking sheep. Small Rumin Res, accettato per la pubblicazione).
I punteggi del California mastitis test inferiori o pari ad
1 corrispondono a valori di cellule somatiche di circa
250.000/ml. Dai campioni in cui si riscontrano questi valori si isolano in coltura meno batteri di quelli che si ottengono dai campioni con punteggi superiori a 2.32 Fissando
un punteggio soglia pari ad 1 è stato possibile rilevare
l’86% delle infezioni sostenute dai principali agenti patogeni.5 Altri autori hanno ipotizzato che il California mastitis test sia semplice ed economico, che i campioni di latte
con punteggio pari o superiore a 2 siano appropriati per
gli esami colturali e che il riscontro di risultati ripetutamente elevati indichi che il capo deve essere eliminato.32
È stato riscontrato che gli apparecchi contacellule Fossomatic e Coulter costituiscono un metodo accettabile per
la stima del numero delle cellule somatiche nel latte degli
ovini.35 Quando è stata utilizzata una soglia di 250.000 cellule/ml, il conteggio delle cellule somatiche ha fatto riscontrare una sensibilità del 91% ed una specificità
dell’89% in un gregge con il 36,7% di prevalenza negli
ovini ed il 25,2% di prevalenza nelle ghiandole mammarie
per gli stafilococchi coagulasi negativi.33 La Tabella 1 riporta le definizioni di “caso di mastite subclinica” sulla
base del conteggio delle cellule somatiche. I risultati variano in funzione dei batteri presenti, del tipo di campione
prelevato,48 del momento del prelievo,49 della durata e delle modalità di conservazione,50 e dello stadio della lattazio-
ne. Nonostante queste variazioni, i conteggi delle cellule
somatiche sono metodi efficaci per la stima della prevalenza dell’infezione subclinica, in particolare quando è necessario effettuare ripetuti campioni di routine.
Per aumentare l’accuratezza della valutazione, è stato
suggerito di associare il conteggio delle cellule somatiche
all’isolamento dei batteri.6 Si ritiene generalmente che il
California mastitis test sia meno affidabile del conteggio
elettronico delle cellule somatiche.25,31
Considerazioni generali
Utilizzando campioni di latte di ovini con conteggi di
cellule somatiche variabili fra 15.000 e 4.000.000/ml, è stata riscontrata un’elevata correlazione fra il conteggio delle
cellule somatiche effettuato mediante microscopia diretta
e quello automatico (r = 0,986).50 Altri ricercatori hanno
rilevato correlazioni elevate.25 È stato dimostrato che il
conteggio delle cellule somatiche varia in funzione della
frazione di latte campionata. I conteggi medi sono risultati
pari a 125.000 cellule/ml per il latte fresco munto manualmente e a 201.000 cellule/ml per quello munto automaticamente.50 Anche le condizioni di conservazione possono
alterare il numero delle cellule somatiche. Queste sono diminuite del 14% quando il campione è stato refrigerato a
4°C per 7 giorni.50 Il congelamento ne riduce il numero
anche del 34%.50 Questi riscontri suggeriscono che il conteggio delle cellule somatiche debba essere effettuato entro 3 giorni dal prelievo del campione e che questo non
debba essere congelato. Variazioni diurne sono state riscontrate nel numero delle cellule somatiche nei campioni
di latte prelevati da allevamenti di ovini da latte alla distanza di circa 65-75 giorni dal parto.49 Il conteggio più
elevato delle cellule somatiche (226.000/ml) è stato registrato un’ora dopo la mungitura. Il valore diminuiva gradualmente fino a 10 ore dopo la mungitura (93.000 cellule/ml). Per ridurre la variazione dovuta all’irregolarità nei
metodi di campionamento, è necessario stabilire un protocollo standardizzato di prelievo. Anche le procedure di
stoccaggio devono essere standardizzate per controllare la
variabilità del conteggio delle cellule somatiche. È necessario effettuare la valutazione su campioni di latte fresco entro 3 giorni dal prelievo ed evitando il congelamento.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
26.
27.
28.
29.
Note sugli autori
Il Dr. Kirk è affiliato al Department of Large Animal Surgery and Medicine, College of Veterinary Medicine, Auburn
University, Alabama. Il Dr. Glenn è affiliato al Veterinary
Medicine Extension, School of Veterinary Medicine, University of California, Davis, California.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
Clarkson MJ: Mastitis, in Clarkson MJ (ed): Notes for the Sheep Clinician, ed 3. Liverpool, UK, Liverpool University Press, 1983, pp 94-97.
Kimberling CV: Mastitis, in Kimberling CV (ed): Jensen and Swift’s Diseases of Sheep, ed 2. Philadelphia, Lea & Febiger, 1988, pp 34-38.
Marsh H: Mastitis in ewes, caused by infection with Pasteurella. JAVMA 81:376-382, 1932.
Tunnicliff EA: Pasteurella mastitis in ewes. Vet Med 49:498-502, 1949.
Schalm OW: CMT applied to milk of sheep, in Schalm OW, Carroll EJ,
Jain NC (eds): Bovine Mastitis. Philadelphia, Lea & Febiger, 1971, pp
151-153, 269-270.
Watson DL, Franklin NA, Davies Hl, et al: Survey of intramammary infections in ewes on the New England Tableland of New South Wales.
Aust Vet J 67(1):6-8, 1990.
Johnston WS, MacLachlan GK, Murray IS: A survey of sheep losses
and their causes on commercial farms in the north of Scotland. Vet
Rec 106:238-240, 1980.
Madel AJ: Observations on the mammary glands of culled ewes at the
time of slaughter. Vet Rec 109:362, 1981.
Jones JET: Mastitis in sheep, in Owen JB, Axfor RFE (eds): Breeding
for Disease Resistance in Farm Animals. Tucson, AZ, CAB International, 1991, pp 412-423.
East NE, Birnie EF: Symposium on sheep and goat medicine: Diseases
of the udder. Vet Clin North Am Large Anim Pract 5(3):591-600, 1983.
Watson DJ, Buswell JF: Modern aspects of sheep mastitis. Br Vet J
140:529-534, 1984.
Shoop DS, Myers LL: Serologic analysis of isolates of Pasteurella
haemolytica and Staphylococcus aureus from mastitic ewes. Am J Vet
Res 45(10):1944-1946, 1984.
Belschner HG: Mastitis, in Belschner HG (ed): Sheep Management
and Diseases, ed 10. Sydney, Australia, Angus & Robertson, 1976, pp
463-466.
El-Masannat ETS, Jones JET, Scott MJ: The experimental production
of mastitis in sheep by intramammary inoculation of Pasteurella haemolytica. J Comp Pathol 105:455-564, 1991.
Watkins GH, Jones JET: The effect of intra-mammary inoculation of
lactating ewes with Pasteurella haemolytica isolates from different
sources. J Comp Pathol 106:9-14, 1992.
Larsgard AG, Vaabenoe A: Genetic and environmental causes of variation in mastitis in sheep. Small Rumin Res 12:339-347, 1993.
Quinlivan TD: Survey observations on ovine mastitis in New Zealand
stud Romney flocks. NZ Vet J 16:153-160, 1968.
30.
31.
32.
33.
34.
35.
36.
37.
38.
39.
40.
41.
42.
43.
44.
45.
46.
47.
48.
49.
50.
75
Winkler ABM, Gootwine E: Non-clinical intramammary infection in lactating ewes and its association with clinical mastitis. Br Vet J
143:178-184, 1989.
Watkins GJ, Burriel AR, Jones JET: A field investigation of subclinical
mastitis in sheep in southern England. Br Vet J 147:413-420, 1991.
Gibson IR, Hendy PG: Mastitis in dry ewes. Vet Rec 98:511-512, 1976.
Buswell JF, Yeoman GH: Mastitis in dry ewes. Vet Rec 99:221-222, 1976.
Hendy PG, Pugh KE, Harris AM, et al: Prevention of postweaning mastitis in ewes. Vet Rec 109:56-57, 1981.
Kirk JH, Huffman EM, Anderson BC: Mastitis and udder abnormalities
as related to neonatal lamb mortality in shedlambed range ewes. J
Anim Sci 50(4):610-616, 1980.
Ahmad G, Timms LL, Morrical DG, et al: Dynamics and significance of
ovine subclinical intramammary infections and their effects on lamb
performance. Sheep Res J 8(1):30-33, 1992.
Keisler DH, Andrews ML, Moffatt RJ: Subclinical mastitis in ewes and
its effect on lamb performance. J Anim Sci 70:1677-1681, 1992.
Hueston WD, Hartwig NR, Judy JK: Patterns of nonclinical intramammary infections in a ewe flock. JAVMA 188(2):170-172, 1986.
Hueston WD, Hartwig NR, Judy JK: Detection of ovine intramammary
infection with the California mastitis test. JAVMA 188(5):522-524,
1986.
Hueston WD, Boner GJ, Baertsche SL: Intramammary antibiotic treatment at the end of lactation for prophylaxis and treatment of intramammary infections in ewes. JAVMA 194(8):1041-1044, 1989.
Fthenakis GC: Prevalence and aetiology of subclinical mastitis in ewes
of southern Greece. Small Ruminant Res 13:293-300, 1994.
Fthenakis GC, Marples RR, Richardson JR, et al: Some properties of
coagulase-negative staphylococci isolated from cases of ovine mastitis. Epidemiol Infect 112:171-176, 1994.
Maisi P, Junttila J, Seppanen J: Detection of subclinical mastitis in
ewes. Br Vet J 143:402-409, 1987.
Arranz J, de Heredia FB: Testing on the CMT methods in the detection
of subclinical mastitis in sheep. Int Symp Machine Milk Small Rumin:369-380, 1989.
de la Cruz M, Serrano E, Montoro V, et al: Etiology and prevalence of
subclinical mastitis in the Manchega sheep at mid-late lactation. Small
Rumin Res 14:175-180, 1994.
McCarthy FD, Lindsey JB, Gore MT, et al: Incidence and control of
subclinical mastitis in intensively managed ewes. J Anim Sci 66:27152721, 1988.
Green TJ: Use of somatic cell counts for detection of subclinical mastitis in ewes. Vet Rec 114:43, 1984.
Mackie DP, Rodgers SP: Mastitis and cell content in milk from Scottish Blackface ewes. Vet Rec 118:20-21, 1986.
Ahmad G, Timms LL, Morrical DG, et al: Ovine subclinical mastitis: Efficacy of dry treatment as a therapeutic and prophylactic measure.
Sheep Res 8(1):30-33, 1992.
Cutlip RC, Lehmkuhl HD, Brogden KA, et al: Mastitis associated with
ovine progressive pneumonia virus infection in sheep. Am J Vet Res
46:326-328, 1985.
Wolf C, Barnes D: A preliminary study of “hardbag” syndrome in SW
Minnesota ewes. Symp Dis Small Rumin:70-73, 1990.
Huffman EM, Kirk JH, Winward L, et al: Serological prevalence of ovine progressive pneumonia in a Western range flock of sheep. JAVMA
178:708-710, 1981.
Anderson BD, Bulgin MS, Adams S, et al: Firm udder in periparturient
ewes with Iymphocytic accumulations, retrovirus infections, and milk
unavailable at the teat. JAVMA 186(4):391-393, 1985.
van der Molen EJ, Vecht U, Houwers DJ: A chronic indurative mastitis
in sheep, associated with maedi/visna virus infection: Vet Q 7(2):112119, 1985.
van der Molen EJ, Houwers DJ: Indurative Iymphocytic mastitis in
sheep after experimental infection with maedi/visna virus. Vet Q
9(3):193-202, 1987.
Gross SJ, Pollak EJ, Anderson JG, et al: Incidence and importance of
subclinical mastitis in sheep. J Anim Sci 46(1):1-8,1978.
Torres-Hernandez G, Hobenboken W: Genetic and environmental effects on milk production, milk composition and mastitis incidence in
crossbred ewes. J Anim Sci 49(2): 410-417, 1979.
Ziv G, Shacked A, Rinsenberg-Tirer R: The effectiveness of the California mastitis test as a measure of somatic cell counts of ewe’s milk.
Refuah Vet 25(1):179-184, 1968.
Kirk JH, Glenn JS, Maas JP: Mastitis in a flock of milking sheep. Small
Rumin Res, accepted for publication.
Peris C, Molina P, Fernandez N, et al: Variation in somatic cell count,
California mastitis test, and electrical conductivity among various
fractions of ewe’s milk. J Dairy Sci 74:1553-1560, 1991.
Gonzalo C, Carriedo JA, Gomez JD, et al: Diurnal variation in the somatic cell count of ewe milk. J Dairy Sci 77:1856-1859, 1994.
Gonzalo C, Baro JA, Carriedo JA, et al: Use of the Fossomatic method to
determine somatic cell counts in sheep. J Dairy Sci 76:115-119, 1993.
SPECIE MINORI
Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999