Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999 65 LA MASTITE NEGLI OVINI* JOHN H. KIRK, DVM, MS, MPVM Auburn University JOHN S. GLENN, DVM, PhD University of California La mastite degli ovini si presenta in tre forme cliniche: acuta, subclinica e cronica. Quest’ultima può essere focale o diffusa. La mastite cronica diffusa è associata all’infezione da virus visna/maedi. Le altre forme sono correlate ad infezioni batteriche. La mastite può essere causa di mortalità negli ovini e negli agnelli, diminuzione della crescita degli agnelli e calo della produzione di latte dalle pecore in lattazione. L’infusione intramammaria di antibiotici, come quella effettuata per le bovine da latte, può spesso contribuire all’insorgenza della mastite delle pecore. La possibilità di consigliare vari trattamenti e metodi di controllo dipende dallo scopo per cui sono allevati gli animali, dal tipo di allevamento e dal valore del singolo capo. Nel presente lavoro vengono illustrate le varie forme di mastite degli ovini, descrivendone segni clinici, impatto economico, agenti eziologici, epizootologia, diagnosi, trattamento, controllo e prevenzione. Viene anche discusso il ruolo del California mastitis test e del conteggio delle cellule somatiche per l’identificazione dei casi subclinici della malattia. Summary Mastitis in ewes takes three clinical forms: acute, subclinical, and chronic. Chronic mastitis can be focal or diffuse. Diffuse chronic mastitis is associated with maedi/visna virus infection. The other forms are associated with bacterial infection. Mastitis can lead to mortality in ewes and lambs, to decreases in lamb growth, and to decreased yield of milk products from milking ewes. Intramammary infusion of antibiotics, like that used for dairy cows, can help prevent mastitis in ewes. The advisability of various treatment and control methods depends on the purpose of the sheep, the type of management, and the value of the individual ewe. This article reviews the various forms of ewe mastitis and discusses the clinical signs, economic impact, causative agents, epizootiology, diagnosis, treatment and control, and prevention of mastitis. It also discusses the role of the California mastitis test and somatic cell counts for detecting subclinical cases of mastitis in ewes. La mastite (infiammazione della ghiandola mammaria) negli ovini è nota da molti anni ed è stata descritta in tutti i principali paesi in cui è sviluppato l’allevamento di questi animali. La malattia si presenta in tre forme cliniche: acuta, subclinica e cronica. Quest’ultima può essere focale o diffusa. La frequenza di queste forme dipende dalla localizzazione e dall’impiego degli animali.1,2 La mastite può essere diagnosticata mediante osservazione diretta, esame clinico con palpazione della mammella, analisi microbiologiche o conteggio delle cellule somatiche. L’impatto della malattia dipende dalla sua prevalenza, dalla forma clinica, dal momento in cui insorge, dallo scopo per cui sono allevati gli ovini e dal metodo di allevamento. Alcune forme determinano significativi effetti sulle greggi, mentre altre alterano la produzione e la composizione del latte ed alcune influiscono sull’accrescimento degli agnelli. Nel presente lavoro vengono passate in rassegna le singole forme di mastite, il*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing Veterinarian” Vol. 18, N. 5, maggio 1996, 582. Con l’autorizzazione dell’Editore. lustrandone segni clinici, impatto economico, agenti eziologici, epizootologia, diagnosi, trattamento e controllo e prevenzione. Inoltre, viene descritto lo status attuale del conteggio delle cellule somatiche nel latte ovino. MASTITE ACUTA Segni clinici La mastite acuta è caratterizzata dall’insorgenza improvvisa di febbre, anoressia, anomalie del latte e tumefazione ed indurimento della mammella.3 Nella maggior parte delle infezioni acute è colpita una sola ghiandola.3 Molti ovini appaiono depressi e riluttanti a muoversi. Gli animali sembrano spesso manifestare una zoppia, dal momento che si muovono facendo oscillare gli arti verso l’esterno in modo da evitare di toccare la mammella infiammata.4 La ghiandola può essere gangrenosa.5 Il 5% circa delle pecore colpite sviluppa delle forme ascessuali. 3 Alcuni animali muoiono per la tossiemia.3 SPECIE MINORI Riassunto 66 La mastite negli ovini Impatto economico La mastite acuta può essere letale.6 La mortalità fra gli ovini colpiti è inferiore al 10% nella maggior parte delle greggi. In uno studio, venne attribuito alla mastite l’8,4% delle morti degli animali in un periodo di 3 anni.7 Molte delle morti correlate alla mastite si erano verificate nel periodo periparto.7 I costi del trattamento variano in funzione della regione geografica e della gestione dell’allevamento. In alcune aree sono insignificanti a causa dello scarso sforzo terapeutico profuso per i singoli capi. Altrove, il valore di un ovino eccezionale può giustificare considerevoli spese per antibiotici e terapia di sostegno. Nella maggior parte dei casi, bisogna tenere conto anche dei costi derivanti dal lavoro necessario per risolvere il problema. I danni subiti dal gregge sono spesso significativi, principalmente a causa della perdita di mammelle attive.2 In un primo studio, l’infezione mammaria si è sviluppata nel 2,3% di 19.550 ovini nell’arco di 17 anni. Nel 5% delle mammelle infette sono stati riscontrati degli ascessi.3 Nell’arco di un periodo di tre mesi durante il quale furono macellati circa 10.000 capi, sono state prelevate 140 mammelle nel corso dei 12 abbattimenti effettuati. Lesioni mammarie clinicamente manifeste (il 77% delle quali era costituito da ascessi) sono state riscontrate nel 12,8% delle 1.650 mammelle esaminate. Durante la necroscopia delle ghiandole mammarie prelevate, lesioni clinicamente inapparenti sono state osservate in un ulteriore 4,1% di mammelle. Si ritenne che la maggior parte degli ascessi fosse correlata a casi iniziali di mastite.8 La maggior parte degli ascessi era dovuta ad infezione secondaria conseguente ad una mastite acuta. In uno studio, è stato riscontrato lo sviluppo di un’infezione cronica nell’8% degli ovini con mastite clinicamente manifesta.9 Tutte queste condizioni contribuiscono ad aumentare od anticipare l’abbattimento degli animali per fine carriera8,10 e ad accrescere i relativi costi di rimonta.9 La mastite può anche ridurre la produzione di latte, incrementando la mortalità degli agnelli o riducendone l’accrescimento.11 Significativi cali (2 kg a metà del periodo di svezzamento e 4 kg allo svezzamento) nel peso degli agnelli sono stati riscontrati quando le madri erano affette da mastiti clinicamente manifeste. Agenti eziologici Un microrganismo originariamente classificato come Pasteurella mastitidis3 è stato spesso isolato in coltura pura da campioni di latte prelevati da ovini con mastite clinicamente manifesta.4 Questo agente, oggi classificato come P. haemolytica, è stato quello più comunemente isolato da 20 ovini al pascolo con mastite clinica. Pasteurella haemolytica è stata isolata dal 60% delle pecore. Al secondo posto in ordine di frequenza, si è collocato Staphylococcus aureus, isolato dal 20% dei soggetti.12 In una grande indagine condotta su 30.000 pecore e durata 2 anni, questi due microrganismi sono arrivati a costituire l’80% dei ceppi batterici isolati.9 La forma gangrenosa della mastite può essere causata da S. aureus o S. albus.13 Corynebacterium spp.5 (C. bovis10 e C. pyogenes11) ed Histophilus ovis13 sono isolati meno frequentemente. Sono stati riscontrati anche Escherichia coli10 e Pseudomonas aeruginosa11. Nel riqua- dro sono riportati gli agenti patogeni frequentemente identificati negli ovini con varie forme di mastite. Dalle pecore con mastite sono stati isolati fino a 6 sierotipi di P. hemolytica. Tali sierotipi variavano all’interno di uno stesso gregge e fra un gregge e l’altro.12 L’infusione di appena 10 unità formanti colonia di P. haemolytica è stata costantemente in grado di riprodurre i casi clinici, determinando la comparsa di segni simili a quelli della malattia ad insorgenza spontanea.14 L’inoculazione intramammaria di P. haemolytica derivante da lesioni polmonitiche ovine e bovine e dalle cavità nasali di agnelli sani è sempre riuscita a determinare casi clinici di mastite. Epizootologia La mastite acuta si riscontra nel 5% circa delle pecore con una lattazione all’anno (range da 0% a 25%).9 In uno studio durato 6 anni e condotto su 8 razze allevate al coperto al momento dei parti e al pascolo per tutto il resto del tempo, l’incidenza annuale è stata del 6,8%.16 Nelle greggi al pascolo, la mastite acuta clinicamente manifesta è più comune dopo la nascita degli agnelli1,16 e quando questi raggiungono l’età di 3-4 mesi. I casi più gravi sono stati osservati in prossimità del momento della nascita degli agnelli, mentre quelli meno gravi coincisero con una fase più avanzata della lattazione.17 Al momento del picco della produzione, gli agnelli sono grandi e succhiano vigorosamente il latte materno.4,13 Si ritiene che questa suzione par- Agenti eziologici Dal latte degli ovini con mastite vengono comunemente isolati i seguenti agenti eziologici: Mastite acuta Pasteurella haemolytica a Staphylococcus aureus a Corynebacterium bovis Corynebacterium pyogenes Histophilus ovis Escherichia coli Pseudomonas aeruginosa Mastite subclinica Stafilococchi coagulasi negativi a Corynebacterium bovis Staphylococcus uberis Staphylococcus dysgalactiae Micrococcus spp. Streptococchi fecali Mastite cronica focale Staphylococcus aureus Corynebacterium pyogenes Stafilococchi Mastite cronica diffusa Virus visna/maedi a Microrganismi isolati con maggior frequenza Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999 Diagnosi La diagnosi della mastite acuta si basa sull’esame clinico della mammella, sull’ispezione del latte e sull’osservazione delle manifestazioni sistemiche della malattia nei primi stadi dell’infezione. La diagnosi delle cause viene facilitata dall’impiego degli esami colturali condotti sul latte e dall’isolamento dei batteri. Trattamento e controllo Il primo agente terapeutico che si è dimostrato efficace per il trattamento della mastite acuta negli ovini è stata la sulfametazina.4 Attualmente, la terapia deve comprendere la somministrazione aggressiva di antibiotici ad ampio spettro (sia per via intramammaria che sistemica) ed un protocollo di sostegno che prevede l’infusione di fluidi e la somministrazione di agenti antinfiammatori.1,2 Prima di avviare alla commercializzazione gli ovini trattati o il loro latte è necessario lasciar trascorrere i tempi di sospensione previsti. Può essere utile mungere frequentemente la ghiandola colpita, con l’aiuto della somministrazione di ossitocina.2 Il trattamento topico delle lesioni mammarie può contribuire a prevenire la mastite acuta.13 Le decisioni relative al trattamento possono essere influenzate da fattori economici. In Australia, dove gli ovini vengono allevati per la produzione di agnelli e lana, spesso non viene richiesta alcuna terapia, a causa dello scarso valore economico dei singoli capi.13 Per il controllo della diffusione dagli ovini infetti tenuti al pascolo, è stato suggerito di spostare le greggi su nuove lettiere ogni notte.3 L’allontanamento dei capi infetti dal gregge ha ridotto la diffusione della malattia in alcune indagini,3,8,10 ma è risultato inefficace in altre.4 È importante garantire una buona sanificazione al momento del parto.1 Alcuni ricercatori hanno suggerito di effettuare di routine la palpazione della mammella al momento del parto e dello svezzamento e immediatamente prima dell’accoppiamento, per identificare le pecore con anomalie mammarie e separarle dal gregge.10,11 Per ridurre lo spreco degli agnelli è stata suggerita l’eliminazione dei capi con ascessi mammari.8 Prevenzione La somministrazione di antibiotici a scopo profilattico alle pecore al momento dello svezzamento ha ridotto la durata dell’infezione presente in questa fase ed ha evitato l’insorgenza di nuove infezioni per un certo periodo dopo l’infusione.10,20-22 Questo trattamento può essere particolarmente indicato in condizioni di allevamento intensivo, come quelle che si verificano nei parti accelerati e nel confinamento totale.10 Pur essendo efficace come misura preventiva, questo trattamento può essere costoso;10 è necessaria un’opportuna analisi dei costi e benefici. Il primo tentativo descritto in letteratura di applicare agli ovini la terapia antibiotica per bovine in asciutta è stato studiato per controllare la mastite acuta dopo lo svezzamento.20 Gli animali sono stati trattati poco dopo lo svezzamento con l’infusione intramammaria di mezzo tubo per mammella di penicillina long-acting (1 g) e diidrostreptomicina (0,5 g).20 Questi antibiotici sono rimasti nella mammella anche per 28 giorni e l’incidenza delle nuove infezioni dopo lo svezzamento è stata significativamente ridotta.20 In un altro studio condotto su 931 ovini, nella metà dei capi è stata effettuata l’infusione allo svezzamento con un’analoga associazione penicillina/diidrostreptomicina. La penicillina è rimasta nella mammella anche fino a 7 settimane dopo l’infusione, mentre la streptomicina è stata riscontrata anche dopo 13 settimane.22 In un primo studio analogo condotto utilizzando la cloxacillina (500 mg per ghiandola) si è osservata una riduzione del numero di infezioni.21 È stato segnalato che l’infusione intramammaria di cloxacillina sodica (200 mg) al momento dello svezzamento ha ridotto l’isolamento di ceppi batterici e le anomalie mammarie ed ha aumentato l’incremento ponderale medio giornaliero degli agnelli durante l’anno successivo.11 Tutti i ricercatori hanno sottolineato la necessità di adottare tecniche di infusione rigorosamente igieniche.10,2022 Anche l’esecuzione di spugnature del capezzolo con un prodotto germicida prima e dopo l’infusione intramammaria può contribuire a ridurre la contaminazione accidentale della ghiandola. Negli allevamenti in cui si riscontra l’ectima contagioso, la vaccinazione può ridurre i nuovi casi di mastite diminuendo l’incidenza dell’infezione del capezzolo e della mammella.13 MASTITE SUBCLINICA Segni clinici I casi subclinici di mastite negli ovini possono essere rilevati solo indirettamente, ad esempio mediante le tecniche di conteggio cellulare. La maggior parte dei casi subclinici è monolaterale.6 Impatto economico I primi studi condotti su ovini al pascolo non hanno evidenziato associazioni fra mastite subclinica e mortalità degli agnelli.23 Tuttavia, il tasso di crescita di questi ultimi può subire una riduzione se durante il periodo dell’allattamento non è disponibile un integratore specifico per lo- SPECIE MINORI ticolarmente accentuata possa determinare ecchimosi mammarie, con conseguente sviluppo di infezioni.4 È stata descritta l’esistenza di portatori intramammari cronici di P. haemolytica, che possono costituire importanti fonti di infezione.4 È possibile che ciò non si verifichi per altri batteri. In alcune ricerche sono state riscontrate infezioni subcliniche, in particolare quelle sostenute da microrganismi identificati come stafilococchi coagulasi-negativi, che portavano a successive infezioni cliniche.18 In un’altra indagine sono stati ottenuti risultati contrari. Gli autori hanno ipotizzato che questa differenza possa essere spiegata in base alle diversità negli intervalli fra i prelievi dei campioni.19 Altri fattori associati ad un’elevata incidenza di mastite possono essere rappresentati da episodi di ectima contagioso,1,13 lesioni mammarie,13 aumento del numero degli agnelli, cattiva conformazione della mammella ed elevata produzione di latte.16 Un ulteriore fattore contribuente può essere la presenza di cattive condizioni sanitarie al momento del parto.1 67 68 La mastite negli ovini ro.24,25 Inoltre, si può avere una riduzione di determinati prodotti come i formaggi. Agenti eziologici I microrganismi isolati più comunemente dagli ovini con mastite subclinica al momento del parto, durante la lattazione o allo svezzamento sono di gran lunga gli stafilococchi coagulasi negativi.9,17,23-30 Risulta infetto il 20% circa delle ghiandole.26 Stafilococchi coagulasi negativi vengono spesso isolati da più del 50% dei campioni con batteri.23 Altri microrganismi identificati frequentemente sono C. bovis,23 S. uberis,23 S. dysgalactiae,23 Micrococcus spp. (che può essere stato confuso con gli stafilococchi-coagulasi negativi),9,31 Bacillus spp.,9,19,23 e streptococchi fecali.19 Nel riquadro sono elencati gli agenti isolati da casi di varie forme di mastite negli ovini. La maggior parte di questi microrganismi si riscontra comunemente sulla cute del capezzolo o nell’ambiente. Epizootologia La prevalenza riportata in letteratura per la mastite subclinica varia dal 4 al 50% delle pecore in lattazione. Le oscillazioni di questo valore possono riflettere differenze esistenti nella definizione di “caso di mastite subclinica” adottate dai vari autori. Alcuni studi intendono come mastite subclinica la presenza di un particolare numero di vari ceppi batterici in associazione con un elevato conteggio di cellule somatiche. In altri lavori, per la definizione sono stati utilizzati il conteggio delle colonie batteriche e quello delle cellule somatiche. Ad esempio, è stata riportata una prevalenza del 14% degli ovini e dell’8% delle ghiandole mammarie quando il “caso” veniva definito come una condizione caratterizzata dalla presenza di 1-9 colonie e più di 750.000 cellule/ml.32 In un altro studio, la prevalenza era dell’11,7% per gli ovini e del 6,3% delle ghiandole mammarie utilizzando una definizione corrispondente a più di 10 colonie associate alla positività del test di Whiteside.19 Quest’ultimo è basato sulla reazione dell’idrossido di sodio con le cellule somatiche nel latte fresco. Questo test determina il riscontro di “tracce” quando nel latte sono presenti approssimativamente 500.000 cellule/ml. In un’altra indagine, sono state allestite colture con il latte delle pecore ed è stato effettuato il conteggio delle cellule somatiche, ripetuto per gli stessi 178 capi per rilevare l’infezione subclinica. I parametri per la definizione di “caso” erano la positività delle colture ed il riscontro di più di 1.000.000 di cellule/ml. La prevalenza è risultata del 4,4% entro 2 settimane dallo svezzamento, dell’11% entro 2-3 settimane dallo svezzamento e del 16,9% entro 6-8 settimane dallo svezzamento.29 Molti studi di prevalenza sono stati basati sull’analisi batteriologica di campioni di latte e sull’identificazione dei microrganismi isolati. Durante un periodo di 3 anni, la prevalenza al parto è risultata del 13-25% circa delle pecore e del 9-17% delle ghiandole mammarie. Durante lo stesso periodo, allo svezzamento risultavano infette il 1522% delle pecore e l’8-14% delle ghiandole mammarie.24 In un’altra ricerca, basata sui risultati degli esami colturali, la prevalenza a 3-4 mesi di lattazione era del 36,7% delle pecore e del 25,2% delle ghiandole mammarie (il 13,7% delle infezioni era bilaterale).33 In nessuna di queste due segnalazioni è stata fornita la definizione di “caso”. In un’altra indagine, la diagnosi della mastite subclinica è stata basata sull’esecuzione due volte alla settimana del conteggio delle cellule somatiche per le prime 8 settimane di lattazione. La prevalenza basata sul riscontro di più di 500.000 cellule/ml era del 37%; quella per più di 1.000.000 di cellule/ml era del 20%. La ripetizione di queste prove ha permesso di riscontrare che il 50% ed il 29% delle pecore presentava infezioni subcliniche definite in base ai rispettivi conteggi cellulari.25 La persistenza dell’infezione da stafilococchi coagulasi negativi dopo il parto è controversa. In uno studio, è stata riscontrata una diminuzione della prevalenza durante la lattazione,26 mentre in un altro è stato ipotizzato che questo valore resti approssimativamente invariato.18 La maggior parte delle indagini è giunta alla conclusione che la prevalenza spesso aumenti dopo lo svezzamento. In uno studio, l’infezione subclinica persisteva fino a 6-8 settimane dopo lo svezzamento nel 90% dei casi.29 La maggior parte dei ricercatori concorda sul fatto che la prevalenza delle nuove infezioni subcliniche è più elevata poco dopo lo svezzamento o in prossimità dello stesso.24 La prevalenza della mastite subclinica è maggiore fra gli ovini delle razze con un’elevata produzione di latte.9,34 Inoltre, è più comune fra le pecore anziane.9,19 Secondo quanto segnalato in letteratura, anche i difetti del capezzolo, le lesioni della cute della mammella o del capezzolo, le dermatiti, la contaminazione fecale della mammella e del capezzolo e la trasmissione di vettori possono influire sulla prevalenza.9 Tuttavia, in almeno uno studio è stato riferito che le lesioni del capezzolo non sono associate alla mastite.19 Diagnosi Per rilevare l’infezione è possibile utilizzare l’analisi microbiologica dei campioni di latte. Sono anche stati studiati metodi indiretti per l’identificazione della mastite negli ovini, in particolare per i capi allevati per la produzione di latte. Per rilevare le infezioni subcliniche sono stati utilizzati il conteggio automatico delle cellule somatiche, il conteggio diretto al microscopio delle cellule somatiche, il California mastitis test ed altri metodi, ma il giudizio dei vari ricercatori sulla loro efficacia non è unanime. Il conteggio automatizzato delle cellule somatiche è il metodo d’elezione e si può riscontrare nei laboratori dei centri di miglioramento degli allevamenti di bovine da latte, oppure presso aziende private nelle aree in cui questo stesso allevamento è molto diffuso. Il conteggio delle cellule somatiche e la relativa distribuzione nel latte di pecora ottenuto mediante mungitura meccanica sono simili a quelli del latte bovino munto nello stesso modo. Il California mastitis test può essere utilizzato efficacemente in azienda, a condizione di tenerne ben presenti i limiti. La scala di valutazione più comunemente adottata per questo test è 0, T, 1, 2 e 3. Un punteggio di 0 indica che la pecora probabilmente non è infettata dai principali agenti patogeni, mentre un valore superiore ad 1 suggerisce un’elevata probabilità di infezione. Il confronto fra le segnalazioni riportate in letteratura è fonte di confusione a causa delle diverse scale di valori utilizzate per la lettura del California mastitis test e della variabilità delle definizioni di “caso di infezione” (Tab. 1). È stato suggerito di allestire delle colture con il latte di tutte le pecore con un conteggio di cellule somatiche superiore ad 1.000.000/ml.35 È prevedibile che molti di questi campioni diano esito positivo. Man mano che il numero delle cellule somatiche diminuisce, aumentano gli esiti colturali negativi. Come momento appropriato per eseguire il conteggio delle cellule somatiche, è stato indicato il periodo di 3-7 settimane dopo il parto. Trattamento e controllo Il trattamento viene tentato raramente perché i casi non vengono riconosciuti, a meno che non venga effettuata routinariamente una qualche forma di conteggio delle cellule somatiche. Uno studio condotto su un piccolo numero di ovini ha però suggerito che l’eventuale terapia potrebbe ridurre l’infezione se le ghiandole con un elevato numero di cellule somatiche fossero trattate poco dopo il parto. Questa terapia potrebbe ridurre l’infezione quando è ancora possibile il recupero del flusso di latte.36 Il trattamento potrebbe anche eliminare l’infezione prima che il capo venga introdotto nel gregge in produzione di latte o dopo lo svezzamento. Prevenzione L’infusione di antibiotici a scopo profilattico nelle pecore in asciutta previene le nuove infezioni e riduce la persistenza dell’infezione durante la lattazione.28 La prevenzione viene effettuata mediante trattamento in asciutta analogamente alla profilassi della mastite degli ovini in generale. Si ritiene che sia utile la sospensione dell’alimentazione Tabella 1 Definizioni suggerite di “caso di mastite subclinica” negli ovini in lattazione DEFINIZIONE DI CASO RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO ≥ 10 colonie batteriche 34 ≥ 10 colonie batteriche e positività del test Whiteside (>500.000 cellule/ml) 19 ≥ 10 colonie batteriche e >750.000 cellule/ml 34 200.0000 – 600.000 cellule/ml 48 200.000 cellule/ml 47 2.500.000 cellule/ml 33 > 340.000 cellule/ml 2 > 342.000 cellule/ml media geometrica 35 > 630.000 cellule/ml 29 > 1.000.000 cellule/ml 9 > 1.660.000 cellule/ml 31 69 delle pecore in asciutta per 72 ore prima dell’infusione.34 In uno studio condotto su circa 120 ovini, la metà è stata trattata con l’infusione intramammaria di cefapirina benzatina (5 ml ogni metà) durante il periodo di asciutta. L’anno successivo, si è ripetuto questo trattamento oppure è stata somministrata penicillina V benzatina (5 ml per via intramuscolare). Allo svezzamento, a distanza di 60 giorni, e al parto sono stati riscontrati tassi di guarigione più elevati e minori incrementi di nuove infezioni.37 In un’altra ricerca, condotta utilizzando l’iniezione intramuscolare di penicillina G procaina (106 U) al momento dello svezzamento in ovini in allevamento intensivo, ha dimostrato un calo della mastite subclinica ed un aumento della produzione di latte durante la lattazione successiva. È stata anche riscontrata una tendenza alla diminuzione delle mastiti ed all’aumento della produzione di latte al momento del parto e durante la lattazione.34 L’infusione di cefapirina benzatina (10 ml) allo svezzamento in un’indagine controllata e ben studiata ha determinato una riduzione delle infezioni (11% invece del 22%) tre settimane dopo il parto successivo.28 Le probabilità di una nuova infezione intramammaria nel gruppo non trattato erano di 2,63 volte maggiori che in quello trattato. MASTITE CRONICA FOCALE Segni clinici La mastite cronica focale viene spesso individuata sulla base delle alterazioni macroscopiche della mammella che vengono rilevate manipolando la pecora al momento del parto e della tosatura.1 La palpazione manuale rivela la presenza di mammelle bozzellate e distorte, spesso ascessualizzate. 1 Possono essere colpite una o entrambe le ghiandole. Impatto economico Nelle ghiandole mammarie con mastite cronica focale la produzione di latte è marcatamente diminuita; in molti casi può essere del tutto assente. Il calo della produzione di latte determina un aumento della mortalità degli agnelli, in particolare nelle greggi in cui i nuovi nati non vengono tenuti sotto stretta osservazione al momento del parto e non si provvede ad identificare ed eliminare accuratamente le pecore con anomalie mammarie. Questa forma di mastite cronica può portare ad un aumento dei costi, perché rende necessario il trasferimento degli agnelli ad altre pecore in lattazione (balie) o l’attivazione delle opportune cure per gli agnelli che crescono male o orfani. Agenti eziologici Dalle mammelle delle pecore con mastite cronica focale vengono spesso isolati degli stafilococchi.1 Staphylococcus aureus, ben noto per la sua capacità di dare origine ad ascessi, costituisce un riscontro comune. Sono anche frequenti germi di irruzione secondaria come C. pyogenes. SPECIE MINORI Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999 70 La mastite negli ovini Epizootologia Le greggi con un’elevata incidenza di mastite acuta tendono anche a presentare un’alta prevalenza di mastite cronica focale. La mancata eliminazione dei capi colpiti aumenta l’impatto economico, permettendo agli animali che producono poco latte di rimanere nel gregge. Diagnosi La diagnosi viene formulata sulla base dell’osservazione clinica e della palpazione della mammella. Quest’ultima rivela le caratteristiche lesioni. greggi con un’elevata sieroprevalenza del virus visna/maedi (81%), le probabilità per le pecore di presentare indurimenti mammari erano 8 volte maggiori di quelle degli animali provenienti da greggi sieronegativi.43 Di solito, dalle mammelle colpite da questo tipo di mastite non si isolano batteri e micoplasmi.38,41 Casi sperimentalmente indotti di polmonite progressiva degli ovini nelle pecore hanno determinato una mastite cronica con indurimento omogeneo della ghiandola simile a quello che si osserva nei casi naturali.38 Agnelli inoculati entro 7 mesi dalla nascita hanno sviluppato le caratteristiche lesioni, dalle quali è stato possibile isolare il virus. In un altro esperimento, si è ottenuta la proliferazione linfoide intorno ai dotti galattofori. I ricercatori sono giunti alla conclusione che il virus era una causa specifica della mastite linfocitaria indurente.38 Trattamento e controllo Gli studi condotti suggeriscono che questa forma di mastite sia irreversibile e che il trattamento sia da sconsigliare.1 Le misure di controllo indicate sono rappresentate dalla terapia in asciutta mediante spugnature al momento dell’infusione dell’antibiotico nei capezzoli, riduzione della somministrazione di cibo ed acqua allo svezzamento ed eliminazione delle pecore colpite.1 Epizootologia Gli ovini sieropositivi per il virus visna/maedi presentano una maggiore prevalenza di mastite cronica indurente rispetto a quelli sieronegativi. In uno studio, il 13% dei soggetti sieropositivi mostrava le tipiche lesioni. Diagnosi Prevenzione Il controllo dell’infezione acuta e di quella subclinica riduce la prevalenza della mastite cronica negli ovini. Il sospetto di mastite cronica diffusa viene formulato sulla base della palpazione manuale della mammella. La conferma dell’infezione da virus visna/maedi viene ottenuta mediante test sierologici o con l’isolamento del virus.2 MASTITE CRONICA DIFFUSA Trattamento e controllo Segni clinici La mastite cronica diffusa viene spesso indicata col nome di “mammella dura”, mastite linfocitaria indurente o mastite indurente. Le lesioni mammarie sono tipicamente microscopiche, con accumulo interstiziale di linfociti, spesso intorno ai dotti galattofori.38 Il risultato è un indurimento omogeneo e diffuso dell’intera ghiandola.38,39 Le mammelle colpite sembrano spesso piene di latte, ma dal capezzolo ne fuoriesce molto poco.39,40,41 Di solito sono colpite entrambe le ghiandole.39 In genere, non è presente infiammazione.36 Impatto economico La mastite cronica diffusa è stata associata ad un aumento della mortalità degli agnelli.32 Le ghiandole colpite producono una quantità di latte insufficiente alla crescita dei nuovi nati.42 Al momento attuale, non è disponibile alcun trattamento per la mastite cronica diffusa. Il controllo si basa sulla esecuzione dei test sierologici e sulla rimozione dei capi sieropositivi. Anche le pecore che presentano i segni clinici classici della polmonite progressiva degli ovini devono essere eliminate, per evitare la diffusione della malattia e perché non sono in grado di allevare efficacemente i loro agnelli. Prevenzione È possibile prevenire la mastite cronica diffusa riducendo la prevalenza dell’infezione da virus visna/maedi attraverso l’esecuzione dei test sierologici e l’eliminazione dei capi sieropositivi. Tutti gli ovini acquistati devono provenire da greggi indenni per questa malattia. CONTEGGIO DELLE CELLULE SOMATICHE PER L’IDENTIFICAZIONE DELLA MASTITE Agenti eziologici La mastite cronica diffusa può essere causata dal virus visna/maedi, un retrovirus responsabile della polmonite progressiva degli ovini.2 La mastite cronica delle pecore è stata associata alla sieropositività per questo virus.41 In 4 L’uso del conteggio delle cellule somatiche come mezzo per l’identificazione della mastite, principalmente subclinica, è stato ampiamente accettato, in particolare per le bovine da latte. La definizione di “caso di infezione subclinica” (cioè il numero di colonie di microrganismi, la soglia utiliz- zata per il conteggio delle cellule somatiche ed il momento del prelievo del campione di latte) è variabile. È quindi difficile fornire delle indicazioni generali sull’impiego del conteggio delle cellule somatiche nello studio della mastite. Questo metodo è stato utilizzato per diversi scopi e per molteplici fini economici in vari tipi di allevamenti ovini. Produzione di agnelli Nelle pecore allevate per la produzione di agnelli, il principale motivo di preoccupazione è rappresentato dagli effetti della mastite sulla produzione di latte, con riferimento all’incremento ponderale ed alla mortalità degli agnelli. Il conteggio delle cellule somatiche è stato utilizzato in modo differente negli studi in cui le pecore venivano allevate per la produzione di agnelli e quando invece lo scopo era la produzione di latte. Ricerche condotte utilizzando il California mastitis test hanno dimostrato che la prevalenza della mastite subclinica nelle greggi destinate alla produzione degli agnelli è compresa fra il 10% ed il 15% dal parto a 15 settimane dopo.27,36,44,45 Il valore prognostico di questo test dipende dalla prevalenza dell’infezione e dal tipo di microrganismo patogeno presente. Quando la prevalenza della mastite era elevata e correlata ad agenti patogeni primari come S. aureus, il valore prognostico del California mastitis test era elevato. Era invece più basso nei casi in cui la mastite non aveva una prevalenza elevata o era correlata alla presenza di stafilococchi coagulasi negativi.27 Si ritiene che il test sia più utile per rilevare la mastite nei casi in cui gli esami colturali risultano negativi, piuttosto che in quelli in cui sono positivi.31 È stato riscontrato che un punteggio di California mastitis test superiore a 1 indica un’infezione subclinica.46 La Tabella 2 mostra la distribuzione della frequenza dei conteggi delle cellule somatiche in funzione del punteggio del California mastitis test. Valori superiori a 1 sono stati associati ad una diminuzione dei pesi allo svezzamento e ad un aumento della mortalità degli agnelli.44 È stato suggerito che il momento più appropriato per l’esecuzione del test per prevedere questi fattori sia fra 43 e 72 ore dopo lo svezzamento fino a 3-5 settimane dopo.44 In uno studio è stato ipotizzato che il trattamento degli ovini con elevati valori di cellule somatiche eliminasse l’infezione ed au- Tabella 2 Conteggi delle cellule somatiche e punteggi del California mastitis test a Punteggio del California mastitis test Percentuale di campioni Percentuale con conteggio delle cellule somatiche superiore a 200.000 cellule/ml 0 54 15 1 30 30 2 12 71 3 3 100 a Distribuzione dei conteggi delle cellule somatiche e dei punteggi del California mastitis test per campioni di latte prelevati da ovini dallo svezzamento all’asciutta. 73 mentasse i flusso di latte per gli agnelli.36 In una ricerca condotta nel 1992 su California mastitis test, conteggio delle cellule somatiche, infezione subclinica ed incremento ponderale, sono stati prelevati campioni di latte due volte alla settimana per 8 settimane dopo il parto.25 È stato riscontrato che il California mastitis test è meno affidabile del conteggio diretto microscopico delle cellule somatiche o di quello automatizzato per la valutazione del latte delle pecore. La determinazione delle cellule somatiche mediante microscopia diretta e quella automatica sono risultate fortemente correlate. I batteri più comunemente isolati in questo studio erano gli stafilococchi coagulasi negativi.25 I conteggi delle cellule somatiche determinati mediante microscopia diretta standard e metodi automatici erano fortemente correlati. Il California mastitis test, pur essendo meno costoso e facile da utilizzare in azienda, è meno affidabile, nel complesso, rispetto ai due metodi di conteggio delle cellule somatiche, entrambi da eseguire in laboratorio. Quando i ceppi batterici isolati con maggiore prevalenza sono rappresentati dai principali agenti patogeni, tuttavia, il California mastitis test è probabilmente abbastanza sensibile da avere un valore prognostico adeguato. Il conteggio delle cellule somatiche ed il California mastitis test possono essere utilizzati per rilevare l’infezione subclinica. Le pecore o le ghiandole mammarie caratterizzate da elevati punteggi di California mastitis test, e presumibilmente da un alto numero di cellule somatiche, tendono ad essere associate ad una più bassa produzione di latte, un minor incremento ponderale ed un aumento della mortalità degli agnelli. Il tipo e la prevalenza dei batteri, unitamente alle modalità di allevamento, possono influire sull’utilità dei conteggi delle cellule somatiche per gli ovini allevati per la produzione di latte. Alcuni lavori suggeriscono che i conteggi delle cellule somatiche presentino una soglia elevata per la differenziazione dei campioni di latte culturalmente positivi e negativi, mettendo così in discussione l’utilità di questi conteggi.10,31,35 Produzione di latte Negli ovini allevati per la produzione di latte, il principale motivo di preoccupazione è rappresentato dal potenziale effetto dell’infezione subclinica sulla lattazione e sulle componenti del latte. Recentemente, sono stati condotti studi su California mastitis test, conteggio delle cellule somatiche ed altri metodi, dal momento che sta aumentando l’interesse verso gli ovini da latte. La maggior parte delle ricerche indica che il conteggio medio delle cellule somatiche per i campioni di latte munti manualmente o automaticamente da ghiandole mammarie non infette è di circa 250.000/ml, con un range che può arrivare a quasi 500.000/ml.5,32,33,46 Nello studio recentemente condotto dagli autori del presente lavoro su 400 ovini da latte che non presentavano segni clinici di mastite e nei quali i principali agenti patogeni erano gli stafilococchi coagulasi negativi, è stato riscontrato che nell’87% dei campioni ottenuti mediante mungitura automatica erano presenti meno di 200.000 cellule/ml.47 La Figura 1 mostra la frequenza di distribuzione dei conteggi delle cellule somatiche in questo studio. Nei campioni di spoliazione, i conteggi delle cellule somatiche possono essere quasi il doppio dei campioni di latte ottenuto mediante mungitura manuale o automatica.48 SPECIE MINORI Large Animals Review, Anno 5, n. 3, Settembre 1999 74 La mastite negli ovini 70 60 Percentuale di ovini (n = 55) 50 40 30 20 10 0 0-99 100-199 200-299 300-399 400-499 ≥ 500 Conteggio delle cellule somatiche (migliaia/ml) FIGURA 1 - Frequenza di distribuzione dei conteggi delle cellule somatiche in ovini (n=55) che non presentavano segni clinici di mastite (dati da Kirk JH, Glenn JS, Maas JP: Mastitis in a flock of milking sheep. Small Rumin Res, accettato per la pubblicazione). I punteggi del California mastitis test inferiori o pari ad 1 corrispondono a valori di cellule somatiche di circa 250.000/ml. Dai campioni in cui si riscontrano questi valori si isolano in coltura meno batteri di quelli che si ottengono dai campioni con punteggi superiori a 2.32 Fissando un punteggio soglia pari ad 1 è stato possibile rilevare l’86% delle infezioni sostenute dai principali agenti patogeni.5 Altri autori hanno ipotizzato che il California mastitis test sia semplice ed economico, che i campioni di latte con punteggio pari o superiore a 2 siano appropriati per gli esami colturali e che il riscontro di risultati ripetutamente elevati indichi che il capo deve essere eliminato.32 È stato riscontrato che gli apparecchi contacellule Fossomatic e Coulter costituiscono un metodo accettabile per la stima del numero delle cellule somatiche nel latte degli ovini.35 Quando è stata utilizzata una soglia di 250.000 cellule/ml, il conteggio delle cellule somatiche ha fatto riscontrare una sensibilità del 91% ed una specificità dell’89% in un gregge con il 36,7% di prevalenza negli ovini ed il 25,2% di prevalenza nelle ghiandole mammarie per gli stafilococchi coagulasi negativi.33 La Tabella 1 riporta le definizioni di “caso di mastite subclinica” sulla base del conteggio delle cellule somatiche. I risultati variano in funzione dei batteri presenti, del tipo di campione prelevato,48 del momento del prelievo,49 della durata e delle modalità di conservazione,50 e dello stadio della lattazio- ne. Nonostante queste variazioni, i conteggi delle cellule somatiche sono metodi efficaci per la stima della prevalenza dell’infezione subclinica, in particolare quando è necessario effettuare ripetuti campioni di routine. Per aumentare l’accuratezza della valutazione, è stato suggerito di associare il conteggio delle cellule somatiche all’isolamento dei batteri.6 Si ritiene generalmente che il California mastitis test sia meno affidabile del conteggio elettronico delle cellule somatiche.25,31 Considerazioni generali Utilizzando campioni di latte di ovini con conteggi di cellule somatiche variabili fra 15.000 e 4.000.000/ml, è stata riscontrata un’elevata correlazione fra il conteggio delle cellule somatiche effettuato mediante microscopia diretta e quello automatico (r = 0,986).50 Altri ricercatori hanno rilevato correlazioni elevate.25 È stato dimostrato che il conteggio delle cellule somatiche varia in funzione della frazione di latte campionata. I conteggi medi sono risultati pari a 125.000 cellule/ml per il latte fresco munto manualmente e a 201.000 cellule/ml per quello munto automaticamente.50 Anche le condizioni di conservazione possono alterare il numero delle cellule somatiche. Queste sono diminuite del 14% quando il campione è stato refrigerato a 4°C per 7 giorni.50 Il congelamento ne riduce il numero anche del 34%.50 Questi riscontri suggeriscono che il conteggio delle cellule somatiche debba essere effettuato entro 3 giorni dal prelievo del campione e che questo non debba essere congelato. Variazioni diurne sono state riscontrate nel numero delle cellule somatiche nei campioni di latte prelevati da allevamenti di ovini da latte alla distanza di circa 65-75 giorni dal parto.49 Il conteggio più elevato delle cellule somatiche (226.000/ml) è stato registrato un’ora dopo la mungitura. Il valore diminuiva gradualmente fino a 10 ore dopo la mungitura (93.000 cellule/ml). Per ridurre la variazione dovuta all’irregolarità nei metodi di campionamento, è necessario stabilire un protocollo standardizzato di prelievo. Anche le procedure di stoccaggio devono essere standardizzate per controllare la variabilità del conteggio delle cellule somatiche. È necessario effettuare la valutazione su campioni di latte fresco entro 3 giorni dal prelievo ed evitando il congelamento. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. Note sugli autori Il Dr. Kirk è affiliato al Department of Large Animal Surgery and Medicine, College of Veterinary Medicine, Auburn University, Alabama. Il Dr. Glenn è affiliato al Veterinary Medicine Extension, School of Veterinary Medicine, University of California, Davis, California. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. Clarkson MJ: Mastitis, in Clarkson MJ (ed): Notes for the Sheep Clinician, ed 3. Liverpool, UK, Liverpool University Press, 1983, pp 94-97. Kimberling CV: Mastitis, in Kimberling CV (ed): Jensen and Swift’s Diseases of Sheep, ed 2. Philadelphia, Lea & Febiger, 1988, pp 34-38. Marsh H: Mastitis in ewes, caused by infection with Pasteurella. JAVMA 81:376-382, 1932. Tunnicliff EA: Pasteurella mastitis in ewes. Vet Med 49:498-502, 1949. 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