Capitolo 9, Lltalia fascista cietà italiana sul modello della nazificazione varata da Hitler dopo la presa del potere; il dirigismo economico fondato sul protezionismo assoluto; una nuova politica estera imperniata sull'alleanza con il nazismo e sulla scelta imperialista. Esaminiamoli uno per volta. nessi Il fascismo italiano negli anni trenta _I Svolta totalitari~ ! ~.= Fascistizzazione della società • Dirigismo economico Nuova politica estera verifica breve o Quali furono le ripercussioni sul piano internazionale dell'affermazione del fascismo italiano? autoritari europei negli anni venti? e Quale fu l'effetto dell'istituzione e Quali erano i caratteri del nazismo in Germania sui fascismi europei? dei regimi O Quali tre aspetti presentò la svolta totalitaria del fascismo italiano negli anni trenta? La fascistizzazione [organizzazione Il fascismo italiano crea organizzazioni nel mondo del lavoro e in quello giovanile per garantirsi il consenso della società del consenso Fino alla fine degli anni venti il progetto autoritario del regime aveva mirato al controllo della società combinando la creazione di un vero e proprio stato di polizia, con il compito di colpire ogni fonna di dissenso politico, con la costituzione di diversi organismi di massa attraverso i quali organizzare il consenso al fascismo. Già nel 1925 venne istituita l'Opera nazionale dopolavoro con il compito di controllare il tempo libero dei lavoratori delle industrie, che costituivano il gruppo sociale più tetragono ad accettare l'ideologia fascista, attraverso una complessa rete di iniziative sportive e culturali. Nello stesso anno venne creato dal Partito nazionale fascista l'Istituto nazionale fascista di cultura, presieduto dal filosofo Giovanni Gentile, con lo scopo esplicito di sviluppare una politica culturale espressamente fascista e di condizionare la libertà intellettuale degli studiosi, trasformandoli in strumenti della propaganda del regime. Uno sforzo specifico fu indirizzato al controllo dell'istruzione pubblica, che trovò il suo acme nella sostituzione nelle scuole elementari e poi nelle medie dei libri di testo con il testo unico di stato (1928) i cui contenuti erano vagliati e selezionati scrupolosamente dal ministero della Pubblica istruzione. Un processo analogo riguardò il mondo giovanile con la fondazione nel 1926 dell'Opera nazionale Balilla, dedicata alla fonnazione delle giovani generazioni - reclutava i giovani dagli otto ai diciotto anni - secondo i dettami dell'ideologia fascista: esaltazione della guerra e della prestanza fisica, adesione incondizionata al mito di Mussolini, duce della nazione, esaltazione nazionalistica. A queste iniziative se ne unirono altre, come l'Opera maternità e infanzia, volte a organizzare l'assistenza sociale nei confronti delle fasce più deboli della popolazione. La fascistizzazione rappresentò un ulteriore salto di qualità nella politica, mirante a realizzare la subordinazione totale della società al fascismo. 317 UdA3 .\ Balilla schierati a piazza San Pie- Jtro a Roma. Le associazioni giovanili furono da subito uno strumento essenziale del disegno di fascistizzazione della società. Affiancandosi all'azione della scuola, Leorganizzazioni giovanili si occupavano di formare le nuove generazioni ai valori di vigore fisico e di pronta obbedienza, funzionali alla conservazione del regime e alla preparazione militare dei cittadini. Il fascismo e la chiesa Con la stipula dei Patti lateranensi i rapporti fra stato e chiesa vengono regolati, garantendo ulteriore consenso al regime RICORDA CHE Le relazioni fra lo stato italiano e la chiesa durante l'età liberale erano state condizionate dalla reazione del papa all'istituzione di Roma capitale Nelle elezioni plebiscitarie del 1929 Mussolini raccoglie i frutti del consenso 318 Uno dei passaggi-chiave in questa direzione fu la pacificazione con la chiesa cattolica, sancita dai Patti lateranensi, sottoscritti l'Il febbraio 1929 da Mussolini e dal cardinale Gasparri, segretario di stato vaticano, e costituiti da tre documenti distinti: il trattato, la convenzione finanziaria e il concordato. Il trattato garantiva l'assoluta indipendenza alla Santa sede, riconosciuta come soggetto di diritto internazionale: sui territori circostanti la basilica di San Pietro, noti come Città del Vaticano, il pORtefice esercitava la piena sovranità e, a sua volta, riconosceva lo stato italiano con capitale Roma, nel quale la religione cattolica era la sola religione di stato. Con la convenzione finanziaria venne pagata un'indennità a risarcimento dei beni espropriati con la presa di Roma. Il concordato imponeva inoltre ai vescovi di giurare fedeltà allo stato italiano, contemporaneamente assicurava importanti privilegi alla chiesa cattolica: lo stato italiano infatti riconosceva gli effetti civili del matrimonio religioso e si impegnava a far impartire nelle scuole pubbliche l'insegnamento della dottrina cattolica, resa obbligatoria nelle scuole elementari e medie, mentre i preti colpiti da censura ecclesiastica erano esclusi da tutti gli impieghi pubblici. Questo risultato rafforzò il consenso dell'opinione pubblica al regime e il prestigio del duce uscì accresciuto dalla "conciliazione", cui fu simbolicamente intitolato il largo rettilineo che, in seguito a un massiccio sventramento del vecchio tessuto urbano, unì la basilica di San Pietro alla riva del Tevere. Non a caso nelle elezioni del 1929, dette plebiscitarie perché i cittadini potevano soltanto approvare o respingere una lista di nomi predisposta dal Gran consiglio del fascismo, i "sì" furono la stragrande maggioranza. Mussolini fu salutato dal pontefice Pio Xl, all'indomani dei Patti, come "l'uomo della provvidenza". Ma, nonostante il concordato, il rapporto con la chiesa rimase non sempre pacifico, perché quest'ultima non intendeva rinunciare al suo magistero educativo nei confronti delle giovani generazioni, che invece il regime cominciò in quel periodo a ritenere dovesse essere interamente avocato al partito e allo stato. Questo contrasto degenerò in scontro quando, nel 1931, Mussolini impose di sciogliere tutte le organizzazioni cattoliche giovanili e inviò ai prefetti l'ordine di chiudere le sedi dell'Azione cattolica, la più grande organizzazione di massa della chiesa, perché la sua azione era considerata contraria al regime. Nonostante questo conflitto, però, la pace religiosa favorì il fascismo, che poté dispiegare la sua azione di fascistizzazione della società italiana potendo contare per lo meno sulla neutralità, quando non sull'aperto consenso, della più imponente organizzazione di formazione culturale esistente nel paese. UdA 3, tetà dei totalitarismi Le organizzazioni giovanili Le organizzazioni giovanili del Partito fascista vengono potenziate e riunite nella Gioventù italiana del Littorio Le organizzazioni universitarie fasciste vengono rivitalizzate e danno luogo a un'intensa produzione artistica e culturale SI Con lo scioglimento dell'associazionismo cattolico il dominio fascista sulla formazione dei giovani divenne totale. Per realizzare questo obiettivo di completa fascistizzazione delle giovani generazioni, il regime riorganizzò completamente gli organismi di massa fondati negli anni venti. Nel 1937 tutti gli organismi giovanili fino ad allora creati - i Balilla, gli Avanguardisti, i Figli della lupa, le Piccole e le Giovani italiane - vennero unificati nella Gioventù italiana del Littorio (Gil) che alla vigilia della Seconda guerra mondiale inquadrava oltre il 50% di tutti i maschi e le femmine nelle rispettive fasce d'età. Una struttura imponente con milioni di iscritti, posta sotto la diretta responsabilità del partito, che secondo un codice rigorosamente militaresco non solo si occupava di educazione e di svago, ma anche di prevenzione e cura delle malattie che ancora assillavano i bambini delle classi povere. Tra campi premilitari, colonie marittime e montane, gite e spettacoli teatrali e cinematografici il regime si incaricò dunque di riempire interamente il tempo libero delle giovani generazioni per finalizzarlo alla loro politicizzazione: una politicizzazione passiva ovviamente che non prevedeva la libera circolazione delle idee e il dibattito critico, ma l'adesione coatta ed esaltata ai miti del regime, attraverso la propaganda martellante promossa dai funzionari politici preposti alle attività della GiL La fascistizzazione dei giovani comportò anche la rivitalizzazione dei Gruppi universitari fascisti (GuD, nati anch'essi negli anni venti, ma progressivamente ridimensionati, per la disaffezione dei giovani universitari a questa organizzazione. Negli anni trenta il regime fece un poderoso investimento economico e politico per mobilitare gli studenti universitari proponendo una vasta gamma di attività culturali e di svago che ebbero notevole successo. «Tra le varie iniziative - ha scritto la storica Ruth BenGhiat - sono da ricordare i teatri sperimentali, molti dei quali si trasformarono in compagnie itineranti; le dozzine di riviste dei Guf che diedero a scrittori esordienti, giornalisti, disegnatori e fotografi l'opportunità di esordire nel mondo del lavoro; i Littoriali della cultura e dell'arte che [. .. ] fornirono [agli studenti] una sorta di vetrina su scala nazionale in cui esibire le rispettive capacità di dibattito e di lavoro intellettuale e creativo.» Un'intera generazione di scrittori e artisti che sarebbe stata attiva nel dopoguerra e su posizioni politiche antifasciste fece le sue prime esperienze nei circuiti culturali: da scrittori come Vittorini e Prato lini, da registi come Lattuada a Comencini, a intellettuali come Bruno Zevi, a futuri dirigenti del Partito comunista come Mario Alicata. La scuola e le attività ricreative 5 I Il progetto totalitario investe anche la scuola e le organizzazioni preposte alle attività ricreative dei lavoratori 322 Questa pressione sulle giovani generazioni coinvolse direttamente la scuola, che sempre più il regime tese a trasformare in una cassa di risonanza della propria ideologia e delle proprie scelte politiche, imponendo agli insegnanti di diventare dei pedagoghi al servizio del fascismo, secondo i dettami della Carta della scuola promulgata nel 1937. Essa infatti individuava nell'esaltazione del fascismo il principio fondamentale dell'istruzione di stato, a cui materie e discipline dovevano essere subordinate e funzionalizzate. Il controllo sul tempo libero, perché fosse interamente permeato dal dominio totalitario sulla società civile, non si limitò ai giovani ma riguardò l'intera società. A questo fine venne potenziata l'attività dell'Opera nazionale dopolavoro, diffusa capillarmente nelle fabbriche e negli uffici. Attraverso gite di massa e viaggi organizzati, spettacoli e attività ricreative, gli italiani venivano messi in contatto con le opere pubbliche realizzate dal fascismo, oppure erano ammessi al contatto con il duce, che nel corso degli anni trenta subì un processo di vera e propria mitizzazione. Al motto "il duce ha sempre ragione" venne costruita !'immagine di un capo carismaticoinfallibile e preveggente cu: era affidato il compito di realizzare la grandezza della nazione. Capitolo 9, t1talia fascista Nel 1937 viene posata la prima pietra della nuova sede dell'Istituto Luce, tramite il quale il regime controllava i notiziari cinematografici. Dopo una prima fase di disinteresse, il regime si rese pienamente conto del valore che la cinematografia poteva avere nella sua azione di propaganda e di ricerca del consenso, dedicando grande attenzione al controllo anche di questo settore dei mezzi di comunicazione di massa. La propaganda Il regime stabilisce un rigido controllo su stampa, cinematografia e radiofonia La politicizzazione delle masse si affianca alf attività repressiva esercitata dalla polizia segreta e dal Tribunale speciale 5( In questo quadro un ruolo decisivo venne giocato anche dai mezzi di comunicazione di massa. La fascistizzazione della stampa fu attuata in modo graduale ma intransigente e curata direttamente da Mussolini: i diretLOlidelle testate non allineati furono allontanati e sostituiti; l'iscrizione all'albo professionale dei giornalisti fu subordinata alla presentazione di un certificato di buona condotta politica rilasciato dal prefetto, l'agenzia di stampa nazionale, la Stefani, doveva fornire ai quotidiani le "veline" delle notizie sulla base delle indicazioni provenienti dall'Ufficio stampa e propaganda (divenuto nel 1937 ministero della Cultura popolare). Sulla produzione cinematografica fu esercitata una stretta censura e solo in un secondo tempo fu favorita la produzione cinematografica nazionale; dal 1925 fu statalizzato l'Istituto Luce, che deteneva il monopolio dell'informazione cinematografica Anche le trasmissioni radio foniche erano monopolio dell'agenzia di stato, l'Eiar, che cercò di realizzare la massima diffusione degli apparecchi radiofonici; tuttavia, data la perdurante compressione dei consumi cui era sottoposta la popolazione italiana, la diffusione di questo bene non raggiunse mai i livelli desiderati. Emerge qui uno dei tratti salienti del progetto totalitario, vale a dire la creazione del consenso al regime attraverso la mobilitazione permanente della società: una politicizzazione di massa ma del tutto passiva (perché escludeva qualsiasi libera dialettica politica), interamente diretta dal partito unico e concentrata sulla figura mitizzata del duce. L organizzazione del consenso, peraltro, non andava mai disgiunta dall'esercizio della repressione, attraverso l'azione capillare degli organi di polizia, le iniziative dell'Ovra (la polizia segreta) e le sentenze del Tribunale speciale per la difesa dello stato (istituito nel 1926) che accentrò su di sé, sottraendoli alla magistratura ordinaria, i processi di natura politica verifica breve o Con quali strumenti associativi il regime cercò di organizzare il consenso degli italiani? e Quali materie vennero discipLinate con i Patti lateranensi? e Come si svolsero le elezioni definite dal regime «plebiscitarie»? O Come furono riorganizzate le formazioni giovanili nel corso degli anni trenta? Ci) Come si comportò il regime nei confronti di stampa e cinematografia? 323 UdA 3, tetà dei totalitarismi Tra dirigismo e autarchia > Gli effetti della crisi degli anni trenta In Italia gli effetti della crisi si inseriscono in un quadro di rallentamento complessivo della vita economica RICORDA CHE t:obiettivo di "quota 90", vale a - dire della rivalutazione della lira sulla sterlina, era stato deciso da Mussolini nel 1926 Il regime reagisce alla crisi cercando di rompere i legami di dipendenza economica dall'estero QUESTIONI In Italia, le conseguenze della crisi economica mondiale si intrecciarono con gli effetti dell'operazione di stabilizzazione della lira, che si tradussero in un rallentamento complessivo della crescita economica. "Quota 90" aveva infatti riportato lo stato al centro del sistema economico e riproposto i tradizionali contrappesi alle debolezze strutturali dell'industria italiana protezionismo, deflazione, sostegno alla produzione, spesa pubblica. In sostanza, si confermava il modello di sviluppo centrato sulla triangolazione fra stato, grandi gruppi industriali e banche che aveva caratterizzato l'Italia liberale. La particolare natura reazionaria del regime fece ricadere il costo della stretta deflazionistica sui salari dei lavoratori dipendenti e in particolare degli operai industriali, determinando un ulteriore indebolimento del mercato interno. A questa situazione di stagnazione si aggiunse il terremoto causato dalla grande crisi del 1929, determinando una spirale depressiva Negli anni 1929-32 il calo della produzione industriale oscillò mediamente tra il 15% e il 25%, toccando punte ancor più elevate nell'industria tessile (tra 25% e 34%), metallurgica (tra 25% e 35%) e meccanica (32%) Come negli Stati Uniti, anche in Italia dunque tutto lo sforzo del mondo imprenditoriale fu orientato a sostenere i prezzi e i profitti, con il risultato di alimentare la disoccupazione che, nel 1932-33, il peliodo più cupo dell'intero ciclo depressivo, superò il milione di unità solo nel settore secondario. La disoccupazione e la riduzione degli stipendi ebbero l'effetto di deprimere ulteriormente i consumi e il mercato interno, mentre la paralisi del commercio mondiale colpì le esportazioni italiane e inaridì i flussi di capitali internazionali. In questo contesto il regime tentò di superare la crisi piegando l'intero sistema economico all'interno dei confini nazionali e rompendo i legami di dipendenza dell'economia italiana con gli altri paesi capitalistici. Lagricoltura fu prevalentemente finalizzata a soddisfare i consumi intemi e dovette pertanto rinunciare alle esportazioni, che costituivano gran parte del suo potenziale E PROBLEMI Un caso di modernizzazione autoritaria n fascismo non ha rappresentato solo una reazione autoritaria alle istanze di partecipazione delle masse popolari, ma anche una delle forme possibili di gestione della modemizzazione della società italiana. In che modo ha svolto questa funzione? 324 • Fascismo e modernizzazione La nuova storiografia del fascismo ha messo al centro della sua proposta interpretativa il tema della modernità. La domanda a cui bisogna cercare di dare una risposta non consiste soltanto nel definire in che senso si può affermare che il fascismo ha modernizzato l'Italia, ma anche nell'individuare il tipo di modernizzazione generato dalla politica fascista sul versante economico e sociale. La modernizzazione infatti sintetizza i processi di cambiamento che consentono a una determinata società di raggiungere quell'insieme di condizioni materiali, sociali e culturali che comunemente vengono definite con i tennini moderno/modernità. Il rapporto tra fascismo e modernizzazione presenta molteplici sfaccettature. Alcuni partono dal presupposto che autoritarismo e totalitarismo si siano configurati come fenomeni politici interamente iscritti nelle dinamiche delle società di massa industrializzate. In quest'ottica la politica economica del fascismo, che ruota sulle tre coordinate del corporativismo, dell'autarchia e dell'espansionismo imperialista, esprimeva un modello economico e sociale che si proponeva esplicitamente come una "via" alla modernizzazione, alternativa al capitalismo e al comunismo. Altri presupposti discendono dalla sociologia della modernizzazione, secondo la quale i fascismi hanno costituito un'espe- Capitolo 9, TItalia fascista economico. Ne fecero le spese i settori più dinamici dell'agricoltura, con il tracollo delle produzioni olearie e vinicole meridionali, della zootecnia padana, delle colture specializzate ortofrutticole, a vantaggio della cerealicoltura estensiva a bassa produttività favorita dal regime protezionistico promosso dal governo. Assistito dai finanziamenti pubblici previsti dal piano della bonifica integrale, il settore agricolo non riuscì a modernizzare le sue tecniche produttive. Molti dei lavori pubblici previsti si limitarono a promuovere interventi a vantaggio della grande proprietà tradizionale e si verificò piuttosto un ritorno a forme economiche arretrate, spesso basate sull'autoconsumo. La piccola proprietà diretto-coltivatrice, oberata dai debiti e svantaggiata da una caduta dei prezzi delle derrate agricole molto superiore a quella dei prezzi industriali, venne travolta dalla crisi o sopravvisse solo grazie alla contrazione dei consumi delle famiglie contadine. Dallo stato regolatore della vita economica allo stato imprenditore e banchiere [apparato industriale si riorganizza e aumenta la dipendenza dalle banche Gli effetti sul sistema industriale di questo ripiegamento strategico verso il mercato interno furono molto più complessi. Nei settori più legati ai consumi privati - l'agroalimentare, il tessile e il meccanico - si verificò una riorganizzazione produttiva che marginalizzò produzioni di grande tradizione, come quella della seta o delle paste alimentari, mentre irrobustì quelle che avevano conosciuto una più intensa innovazione tecnologica, come quella cotoniera e delle fibre artificiali. Parallelamente la crisi accentuò la dipendenza della grande industria dall'erogazione dei prestiti delle banche, che rapidamente si trovarono a dover risolvere il grave problema di immobilizzi di capitale giganteschi, confluiti nei finanziamenti alla grande industria. Le dimensioni inusitate della crisi industriale, infatti, resero impraticabile la consueta strategia di salvataggio, consistente nella "pubblicizzazione" delle perdite, ossia nell'assunzione dei debiti delle imprese da parte dello stato. In questo quadro il tradizionale intervento dello stato nella vita economica, che il fascismo aveva ereditato dallo stato liberale e che aveva potenziato negli anni venti, si trasformò in una vera e propria svolta dirigista, che modificava radicalmente i rapporti e le relazioni tra stato, imprese e sistema bancario. rienza politica propria di paesi che hanno conosciuto un processo di modernizzazione dotato di caratteri specifici. Il fascismo quindi non è stato soltanto l'artefice di un determinato processo di modernizzazione, ma è stato anche il frutto di un modello di modernizzazione di lunga durata che ha caratterizzato la storia degli stati-nazione nei quali quel sistema politico si è imposto. • Che cos'è la modernizzazione Per cogliere appieno quest'ultima questione è necessario confrontarsi con le molteplici implicazioni del concetto di modernizzazione. Con questo termine infatti si intendono sintetizzare i caratteri e la direzione del mutamento sociale al- l'interno di un determinato paese nella fase di passaggio tra una società tradizionale e una pienamente moderna. Gli elementi salienti del processo chiamano in causa non soltanto fenomeni di ordine economico, che pure sono compresi - e per questo non è sinonimo di sviluppo o di crescita -, ma si dispiegano a misurare e valutare l'intreccio tra la crescita economica, il miglioramento delle condizioni generali di esistenza della popolazione e le capacità del sistema politico e delle istituzioni statali di recepire i mutamenti strutturali sul piano del funzionamento della macchina amministrativa e su quello dei meccanismi e dei canali della partecipazione politica. Da ciò deriva il fatto che gli indicatori solitamente utilizzati per analizzare i processi di modernizzazione afferiscano non solo all'economia (prodotto interno lordo, reddito pro capite, produttività, distribuzione delle forze di lavoro nei settori produttivi), ma anche ad ambiti sociali (scolarizzazione, livelli della mortalità e dinamiche demografiche, speranza di vita alla nascita, grado di urbanizzazione, tipologie alimentari) e politici (livelli di centralizzazione dell'amministrazione, grado e forme della partecipazione politica, dimensioni e natura dei fenomeni associativi). Dalla combinazione di questa somma di variabili quantitative e qualitative discende la possibilità di superare ogni ottica economicista nella valutazione degli stadi dello sviluppo 325 UdA 3, tetà dei totalitansmi Colata d'acciaio nelle fonderie di 'emi, negli anni trenta. Il settore siderurgico, e in generale l'industria pesante, fu uno dei campi in cui più imponente fu il ruolo di imprenditore assunto dallo stato attraverso I1ri. l'intero comparto si trovò a essere gestito dallo stato, aggravando così Quella dipendenza della grande industria dalle commesse statali che era da sempre il difetto fondamentale del modello italiano di industrializzazione. La svolta dirigista Attraverso fIstituto per la ricostruzione industriale lo stato assume il diretto controllo di interi settori industriali e delle maggiori banche 328 Attraverso una serie di interventi venne nel tempo smantellata la ~ banca mista, nata dopo la riforma bancaria del 1894. Essa era caratterizzata dalla commistione tra funzioni ordinarie (raccolta di risparmio e credito a breve termine) e funzioni di finanziamento alle imprese attraverso l'erogazione di prestiti a lungo termine (gli immobilizzi), che, in caso di mancata restituzione, venivano compensati con l'acquisizione, da parte delle banche miste, di quote azionarie delle imprese debitrici. La strategia seguita puntò invece a scindere tale commistione, separando le funzioni di credito ordinario, che rimasero di competenza delle banche, da quelle di prestito a lungo termine. Queste, insieme al portafogli di partecipazione azionaria alle imprese, vennero attribuite ad appositi enti economici pubblici, assorbiti poi nel 1933 dall'lri, l'Istituto per la ricostruzione industriale. In questo istituto, di cui fu primo presidente Alberto Beneduce, si trovò concentrato un impero industriale costituito dall'intera industria siderurgica bellica (Terni e Ansaldo), da quella estrattiva e cantieristica (Odero-Terni-Orlando, Cantieri riuniti dell'Adriatico), dalla quasi totalità delle società di navigazione marittima e delle imprese costruttrici di locomotive, da parte dell'industria automobilistica, con l'acquisizione dell'Alfa Romeo, oltre che da partecipazioni azionarie cospicue in settori strategici come l'industria elettrica, la siderurgia civile, le fibre artificiali. A questo patrimonio industriale l'Iri, durante il 1933, aggiunse la proprietà delle tre principali banche miste, il Credito italiano, la Banca commerciale (Comit) e il Banco di Roma. Attraverso questo istituto, cui si affiancò l'Imi, Istituto mobiliare italiano (finalizzato al finanziamento delle attività industriali a medio e lungo termine attraverso l'emissione di obbligazioni), lo stato si trovò ad assumere una funzione del tutto nuova, quella di principale "imprenditore" italiano e di centro dell'intermediazione finanziaria, al posto delle grandi banche d'affari. Nel crogiuolo della crisi erano nate due istituzioni originali che avrebbero segnato l'organizzazione economica del paese fino ai nostri giorni: !'industria di stato o a ~ partecipazione statale e la banca pubblica. A uno stato promotore e regolatore della vita economica nazionale si sostituì insomma lo stato imprenditore e lo stato banchiere. Capitolo 9, TItalia fascista nessi Il dirigismo economico Iri Industria ~imento siderurgica "'--- delle banche Funzione economica dello stato miste ~ .. Imi Credito industriale Industria estrattiva e cantieristica Corporativismo rorganizzazione corporativa regolamenta il mercato interno eliminando la concorrenza fra produttori e perseguendo fobiettivo delfautosufficienza e autarchia Parallelamente a questo processo si verificò il definitivo consolidamento dello stato corporativo le quattordici corporazioni riunite nel 1934 nel ministero delle Corporazioni, diretto dallo stesso Mussolini, erano chiamate a disciplinare !'intera vita economica con l'obiettivo di porre sotto un rigido controllo gli interessi contrapposti tra lavoratori e datori di lavoro, nella convinzione che il conflitto sociale causasse una dispersione di energie produttive e la concorrenza del mercato. La concorrenza era ritenuta la causa principale del collasso economico del 1929 e per combatterla le uniche armi ritenute efficaci erano da un lato la regolamentazione del mercato interno attraverso la creazione di consorzi tra i produttori, sottoposti al controllo delle corporazioni, e dall'altro la dilatazione delle politiche protezionistiche fino a raggiungere l'autosufficienza rispetto al mercato internazionale. Era la politica economica dell'autarchia, che venne lanciata nel 1936, quando 1'Italiavenne sottoposta a sanzioni economiche dalla Società delle nazioni per aver invaso l'Etiopia. Oltre ad accentuare l'indirizzo protezionistico della politica economica, nello sforzo di potenziare le imprese nazionali sostituendo le importazioni con le merci di produzione italiana, l'autarchia assunse una forte valenza ideologica, diventando uno strumento di mobilitazione dell'opinione pubblica a favore del fascismo, paladino della nazione impegnata in questa impari lotta contro le altre potenze industriali verifica breve '}o Quali furono le ripercussioni della crisi del 1929 in Italia? f) Con quale politica economica il regime affrontò la crisi? 11Come si attuò la svolta dirigista del 1933? O In che cosa consisteva l'organizzazione corporativa dell'economia~Che cosa indica~a la pa- rola d'ordine dell'autarchia? glossario Banca mista Istituto finanziario che pratica sia il credito a breve termine sia il finanziamento a lungo termine di attività industriali. Il modello della banca mista si affermò dapprima in Germania, dove consentì di finanziare il decollo industriale. In Italia le banche miste si diffusero dopo la riorganizzazione del mercato finanziario seguita agli scandali del 1893. Nel 1936 tuttavia un'apposita legge distinse il finanziamento alle imprese dal credito a breve termine, affidando il primo compito a istituti specializzati. Partecipazione statale La partecipazione statale consiste nel diretto controllo di pacchetti azionari di società private da parte dello stato. Inaugurata dal fascismo con il salvataggio delle banche miste e l'incorporazione dei relativi pacchetti nazionali, la politica di partecipazione statale proseguì nel dopoguerra, anche con l'istituzione dell'Eni (Ente nazionale idrocarburi, 1953). Trail1956 e il1993 è esistito in Italia un apposito ministero delle Partecipazioni statali. I 32", UdA3 Manifesto celebrativo della fondazione dell'impero. Voluta da Mussolini per incrementare il prestigio internazionale dell'Italia, la conquista dell'Etiopia, oltre a essere un'ingiustifica bile aggressione a uno stato sovrano, si collocava in un periodo in cui il colonialismo europeo si avviava al tramonto. Anche dal punto di vista economico i benefici dell'impresa furono ben lontani da quelli propagandati dal regime. [imperialismo e la nuova politica estera La scelta imperialista Utalia conquista fEtiopia, spinta da motivazioni ideologiche ma anche dalfobiettivo di ampliare il mercato nazionale 330 Lautarchia prefigurava in una certa misura un mondo in guerra: una guerra che si manteneva, almeno fino ad allora, sul piano economico, ma che avrebbe potuto rapidamente degenerare in uno scontro militare. In effetti dall'ottobre del 1935, quando era iniziata l'invasione dell'Etiopia, !'Italia era un paese belligerante, impegnato nell'ultima guerra coloniale europea. La guerra fu avviata prendendo a pretesto alcuni incidenti avvenuti alla frontiera dei possedimenti italiani in Somalia e in Eritrea. Il maresciallo d'Italia Rodolfo Graziani, a capo di un imponente spiegamento di mezzi e di uomini, la portò a termine in pochi mesi (maggio 1936), distinguendosi per la ferocia con cui condusse le operazioni militari: egli utilizzò armi chimiche bandite dagli accordi internazionali stipulati al termine della Prima guerra mondiale e coinvolse nel conflitto le popolazioni civili. La Somalia italiana, l'Eritrea e l'Etiopia formarono l'Aoi (Africa orientale italiana), parte integrante dell'impero proclamato il 9 maggio dal duce. La guerra d'Africa rispondeva a ragioni di politica economica, volte ad allargare i confini del mercato nazionale nel quadro della scelta autarchica; ma rispose anche all'obiettivo di rianno dare i fili del consenso popolare, che il peggioramento delle condizioni economiche dei ceti meno abbienti aveva notevolmente indebolito. La retorica imperiale era parte integrante dell'ideologia del regime e si saldava con l'autarchia per propagandare un'immagine dell'Italia come nazione contadina, prolifica e operosa, impegnata nella ricerca di un "posto al sole", indispensabile per sostenere la propria espan- Capitolo 9, TItalia fascista La conquista dell'Etiopia Pianificata fra il 1932 e il 1934, la conquista dell'Etiopia (1936) rappresentò il culmine di un progetto di espansione coloniale a lungo perseguito dall'Italia (nel . ·· 1896 la sconfitta di Adua aveva posto termine a un analogo tentativo). L'im- 0- •: Debr. presa italiana si collocava tuttavia in un periodo che vedeva ormai il declino del .••••• colonialismo: la resistenza etiope conti-, nuò a manifestarsi sotto forma di guerri- r? '. ..... ..... NeghelliO •,",::_."" ."' . - - _00- ' ''..•.-. i .-' ~ ',,:l . ...,'. o o c e a n I o : K E N I A : : -' glia durante tutta l'occupazione, mentre l'opinione pubblica mondiale, ormai contraria al colonialismo, condannò unanimemente l'Italia. a I ....'' : : : Indiano . confini dell'Africa orientale italiana (1936-1941) -----+- direttr1c1di invasione delle truppe italiane sione demografica. Il mito dell'impero veniva lanciato non solo come un ritorno alle antiche glorie romane, di cui l'ltalia fascista si sentiva erede, ma anche come una concreta risposta alla perdurante disoccupazione, aggravata dalla recessione economica e dal blocco dell'emigrazione transoceanica per la chiusura delle frontiere da parte degli Stati Uniti La nuova politica estera La posizione internazionale delrltalia si avvicina a quella tedesca, abbandonando raspirazione a fungere da elemento di equilibrio europeo La guerra d'Etiopia rappresentava un cambiamento nei tradizionali indirizzi della politica estera fascista. Infatti fino alla ~conferenza di Stresa dell'aprile del 1935, nella quale i vincitori della Grande guerra avevano condannato il riarmo tedesco in nome degli accordi di Versailles, Mussolini era riuscito ad accreditarsi presso le grandi potenze come uno dei garanti della pace europea, mentre nei confronti dei movimenti e dei governi di stampo nazionalista e di ispirazione fascista nell'area balcanica e nell'Europa centroorientale e mediterranea aveva cercato di assumere un ruolo di primo piano nel processo di costruzione di un nuovo ordine europeo. La commistione tra i fini di eversione e quelli di conservazione della politica estera fascista venne messa a dura prova dall'avvento del nazismo. [irruzione sulla scena di una potenza quale la Germania, dichiaratamente orientata a scardinare l'ordine di Versailles, lidusse i margini di manovra del fascismo, che inizialmente, preoccupato delle mire espansionistiche della Germania nei confronti dell'Austria, accentuò il suo sforzo di diventare "ago della bilancia", facendosi mediatore tra la Germania nazista da un lato e la Francia e la Gran Bretagna dall'altro, affinché si giungesse a una revisione consensuale dei trattati di pace e in particolare della spinosa questione dei crediti di guerra [edeschi. Ma l'irriducibilità del nazismo nel negare ogni legittimità all'ordine europeo favorì le spinte interne al regime orientate a promuovere un'alleanza con la GeI1Il.al'!ia~ ad adottare una più aperta politica di potenza UdA 3, tetà dei totalitansmi [Asse Roma-Berlino Il regime stringe con la Germania un' alleanza nella quale è destinato a svolgere un ruolo subordinato date e fatti Con la guerra d'Africa, dunque, il fascismo scelse una via di aperta rottura dell'equilibrio internazionale le sanzioni economiche che la Società delle nazioni inflisse all'Italia per aver aggredito uno stato membro - l'Etiopia - e che rimasero in vigore per tutta la durata del conflitto, se ebbero scarso esito sul piano materiale (l'Italia si avvalse infatti di rifornimenti presso stati estranei alla Società, come gli Stati Uniti 6 la Germania), ebbero però l'effetto di peggiorare le relazioni diplomatiche dell'Italia con le due grandi democrazie europee e nel contempo determinarono un inevitabile avvicinamento alla Germania nazista, caldeggiato del resto dal nuovo ministro degli Esteri italiano Galeazzo Ciano, dichiaratamente filotedesco, che aveva sostituito nel 1936 il più prudente Dino Grandi. LAsse Roma-Berlino, stabilito con gli accordi diplomatici dell'ottobre del 1936, che prevedevano un comune indirizzo di politica estera nello scacchiere europeo, sanciva la fine del sistema di equilibri che faticosamente si era venuto formando nella seconda metà degli anni venti e !'inizio di una nuova fase fondata sulla costituzione di un blocco degli stati fascisti, desiderosi di imporre la loro egemonia sull'intero continente. ralleanza poté subito concretizzarsi con il sostegno alle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco nella guerra civile, scoppiata nel giugno del 1936 in Spagna, dove Mussolini inviò uomini e mezzi, e si rafforzò l'anno successivo con l'adesione dell'Italia al patto anti Comintern che già univa Germania e Giappone. Questa alleanza si fondava su una marcata mobilitazione ideologica in senso antidemocratico e anticomunista, anche se in realtà si tradusse rapidamente in una sempre più evidente subordinazione dell'Italia fascista al nazismo hitleriano. La politica internazionale fascista l Alla conferenza 1935 1935-36 1936 1937 di Stresa Mussolini si propone come garante dell'equilibrio europeo Il regime si impegna nella conquista dell'Etiopia I Viene sottoscritto l'Asse Roma-Berlino I malia aderisce al patto anti Comintern, insieme a Germania e Giappone I verifica breve ~n quali mezzi venne condotta la campagna per la conquista dell'Etiopia? gime nei confronti della Germania sul piano internazionale?~ome sta? ~n e Quale fu in una prima fase l'atteggiamento del re- si svilupparono le relazioni fra Italia fascista e Germania nazi- occasione di quale conflitto iniziò la cooperazione di Italia e Germania a sostegno dei regimi fascisti in Europa? glossario Conferenza di Stresa Incontro (11-14 aprile 1935) fra rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Italia (i vincitori del primo conflitto mondiale) per discutere delle violazioni di Hitler nei confronti delle clausole del trattato di pace di Versailles, che in particolare proibiva il riarmo della na- zione tedesca. t:incontro si concluse con una semplice dichiarazione d'intenti. Il cosiddetto fronte di Stresa che si formò in questa occasione si spezzò poco dopo con l'aggressione fascista all'Etiopia.